riccardo petroni
‫יהושע‬
Yehoshua ben Yosef
detto
Gesu’
La sua vera storia.
La forza delle sue idee.
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Copyright by Riccardo Petroni
Via Dante, 5 – 38068 Rovereto (TN)
Settembre 2014
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Tutti i diritti riservati
Vietata la duplicazione e diffusione in ogni forma e mezzo dei
contenuti.
Foto di copertina: Colruyt (Bruxelles) - collezione di famiglia.
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“Chi ha ucciso quel giovane angelo che girava senza spada?”
F. De Gregori
A Carlotta: la mia vera ed unica ispirazione!
A Papa Francesco: grazie per quello che stai facendo!
A tutti i giovani…che stanno cercando…
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Al fine di mantenere la massima indipendenza di pensiero, l’autore ha
direttamente editato e prodotto questo testo.
Si scusa dunque per eventuali refusi od imperfezioni.
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PREFAZIONE
Immagina il mondo senza Gesù; anzi senza l’ebreo Yehoshua ben Yosef,
scrive Riccardo Petroni, al termine di un viaggio iniziato tra la folla
dell’aereoporto di Copenhagen e proseguito assieme agli ospiti delle
carceri di Rovereto, della Comunità di San Patrignano e della Comunita’
Nuovi Orizzonti.
Immagina: sarebbe un mondo ferito, privo di amore gratuito, di
tenerezza e di misericordia, dove si invoca giustizia senza speranza di
ottenerla.
Un mondo irrigidito nella condanna a non cambiare: né cuore, né mente,
né vita.
Petroni, di vite, invece ne ha cambiate tante: contabile ed assistente
per un’agenzia di viaggi mentre, giovanissimo, studia Economia a Firenze;
manager ai piu’ alti livelli di industrie ed aziende internazionali,
direttore di istituti bancari, educatore volontario nelle case
circondariali e negli istituti di recupero dalle tossicodipendenze.
Però con due costanti nel cuore e nella mente: la passione per i Beatles
e l’attrazione verso la figura di Gesù.
E se Petroni da tempo “racconta” i Beatles a gruppi di appassionati
ascoltatori sempre più numerosi, da qualche anno ha iniziato anche a
“narrare” Gesù ad un uditorio multiforme per provenienza, cultura,
religione, ricostruendo la storia dell’uomo Yehoshua, vissuto in un tempo
ed in uno spazio precisi, e morto promettendo il paradiso agli affamati
ed assetati di giustizia, agli operatori di pace, ai poveri, agli umili, ai
peccatori pentiti…
Immagina…(…Imagine…)
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Sappiamo che la storia di Gesu’ è stata scritta più volte, da più autori,
che si sono serviti di molteplici fonti.
Ma Petroni qui la ricostruisce attraverso un serratissimo confronto tra
il contenuto dei testi veterotestamentari, dei vangeli canonici ed
apocrifi e dei manoscritti del Mar Morto.
Approfondendone la natura e la storia, avvicina inoltre Yehoshua alla
comunità degli Esseni.
Attraverso una analisi fondata sui più aggiornati documenti, compresi gli
scritti più recenti di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco, rivela
infine come una trasmissione acritica dei fatti abbia nel tempo tradito
la verità storica di molti personaggi (…Giuseppe, Pietro, Paolo, Apollo,
Marco, Stefano…) ed abbia modificato la rivoluzionaria portata delle
parole e dei gesti di Yehoshua ben Yosef, vero anticipatore di tutte le
moderne Carte Costituzionali, di tutte le Dichiarazioni dei Diritti
dell’uomo, della donna e del cittadino.
Non v’è nulla di sensazionalistico nel lavoro di Petroni, dove
puntualissimi riferimenti storici si intrecciano a delicate riflessioni
personali attraverso un linguaggio colloquiale, il “linguaggio del cuore” di
cui scrive James Hillman, nato dalla saldezza delle fonti utilizzate e
sostenuto dalla volontà di trasferire , a chi legge, sapienza e grazia.
In fondo, “la vera storia di Yehoshua” è quella di un viaggio che parte
dalla Galilea e termina, o meglio continua, nella mente e nell’anima di chi
legge anche questo libro…
Donata Loss
Ricercatrice ed autrice di testi storici .
Ottobre 2014
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INTRODUZIONE
Mi sono piu’ volte chiesto: ma perche’ la figura di Yehoshua ben Yosef,
detto Gesu’, deve essere monopolio esclusivo della Chiesa e non invece
“Patrimonio dell’Umanità”?
Questa domanda me la sono posta in quanto sono sempre piu’ convinto
che il suo messaggio, ancorche’ lo considerassimo proveniente soltanto
da un “uomo”, possa destare - oggi ancor piu’ che in passato – grande
interesse, fascino ed attrazione anche in ambienti non cattolici.
Cercheremo di trovare una risposta insieme, ripercorrendo la storia
“terrena” ed il pensiero di Gesù non in termini di “fede “, ovvero nella
sua veste di “Figlio di Dio”, bensì quale “maestro di vita” e “personaggio
storico carismatico”.
Verificheremo cosi’ come la sua “vision” fosse orientata verso altissimi
obiettivi di pace e di tolleranza, di uguaglianza e di fratellanza, ma
soprattutto di grandissimo rispetto verso tutti gli esseri umani, senza
distinzione di sesso, di religione o di condizione sociale.
Principi che, messi insieme, possiamo oggi definire come lo straordinario
prototipo “ante-litteram” di una moderna “carta costituzionale ”.
Ma scopriremo anche che gran parte del suo pensiero si riferisce a
contenuti prevalentemente “laici”, in quanto relativi a vicende tratte
dalla vita quotidiana.
Aspetto questo in perfetta sintonia con il contenuto dei “Dieci
Comandamenti”, che parlano esplicitamente di Dio solo nei primi due,
mentre gli altri otto richiamano le regole piu’ elementari presenti nel
“diritto naturale”: non rubare, non uccidere, non desiderare le cose e le
donne degli altri ecc.
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Prenderemo inevitabilmente atto dell’impossibilita’ di comprendere
anche una sola parola detta da Gesu’, se non e’ calata nel contesto
dell’ebraismo del I secolo.
Come ci ricorda anche il Cardinale Carlo Maria Martini:
“Il cristianesimo non puo’ capirsi senza un attento studio ed un
sincero amore verso le tradizioni ebraiche e senza un contatto
cordiale ed aperto verso il popolo ebraico”.
Ebraismo che pero’ non riconobbe in Gesu’ il Messia atteso, ad
esclusione della corrente “giudeo-cristiana” facente capo a Giacomo il
Giusto, “fratello” di Gesu’, a Pietro, Giovanni, Paolo, Apollo, Marco,
ecc…
Cercheremo dunque di capire con spirito libero e sereno chi era
quell’ebreo che dagli ebrei non fu accettato e perche’.
Ebreo che non voleva assolutamente far nascere una nuova religione,
come piu’ volte aveva detto e che invece in suo nome fu fondata.
Religione che ad oggi conta oltre 2.500.000.000 ca. di fedeli in tutto il
mondo.
Gesu’ dunque, un ebreo che duemila anni fa annuncio’ che tutto sarebbe
passato, tranne che le sue parole.
E cosi’ e’ stato, tanto che siamo ancora qui a parlare di lui.
E la stessa storia dell’umanità si calcola in “prima” e “dopo di lui”.
Ed ancora pochi giorni fa proprio Gesu’ e’ risultato il personaggio piu’
“cliccato” in assoluto sul “web”!
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Affronteremo questo tema, apparentemente cosi’ complesso, con la
massima semplicità ed elementarita’, quella stessa che ci aveva
suggerito lo stesso Gesu’ quando disse:
“Ti benedico o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai
sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”.
Concetto ripreso pienamente da Papa Francesco, nella sua esortazione
pastorale “La Gioia del Vangelo” (“Evangelii Gaudium”), nella quale ha
affermato che l’obiettivo e’ quello di recuperare…
“…la freschezza originale del Vangelo”…
che non va relegato in…
“schemi noiosi…”
Dunque non utilizzeremo il metodo dei grandi “eruditi”, che ritengono
questa materia destinata solo a loro, ma con l’umilta’ di chi, come me, si
ritiene un “piccolo”, ma appassionato ricercatore.
E’ questa l’impostazione che ho voluto dare a questo testo, anche
perche’ nella vita e nel messaggio di Gesu’ non c’e’ assolutamente niente
di cosi’ complesso, da richiedere sofisticati studi “esegetici”.
Ma anche questo l’aveva detto proprio lui, Gesu’:
“Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato,
né di segreto che non sarà conosciuto”.
Questo libro, che ha richiesto oltre quarant’ anni di studi e ricerche, e
dieci per scriverlo, e’ rivolto soprattutto ai giovani ed in particolare
proprio a quelli che si stanno allontanando dal pensiero evangelico.
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Ed ancor di piu’ a quelli che l’hanno del tutto rifiutato, in quanto lo
collocano in un contesto religioso che non condividono.
Ed e’ stato scritto anche per tutti coloro che stanno cercando una via di
riscatto e di rinascita personale.
Ecco perche’ prima di proporvi la lettura di questo mio scritto…alla
riscoperta del suo messaggio… e quindi della sua figura, sono andato a
presentarlo personalmente (…per oltre due anni…) ai detenuti della
Casa Circondariale di Rovereto.
Uomini e donne carcerati, prevalentemente atei, di cultura e religione
islamica, nomade e zingara, che ringrazio ancora di cuore per avermi
accolto.
Ho voluto incontrarli perche’ e’ stato lo stesso Gesu’ a sostenere,
provocatoriamente, che e’ necessario confrontarsi proprio con chi e’ più
distante dal proprio modo di pensare.
Ma in quegli stessi anni sono andato a raccontare le “idee di Gesù” anche
ai ragazzi ed alle ragazze di San Patrignano di San Vito di Pergine (TN),
che stavano seguendo un percorso di recupero dalla tossicodipendenza.
L’inevitabile preoccupazione che avevo nei primi incontri, sia in carcere
che in Comunita’, dovuta anche al fatto che mi trovavo in ambienti a me
totalmente sconosciuti, si e’ subito trasformata – credetemi - in un
fortissimo entusiasmo, sia da parte loro, che mia.
Entusiasmo che spero “contagi” anche voi.
Ho avuto cosi’ l’eccezionale, unica ed irripetibile possibilita’ di scoprire
in prima persona, insieme a loro, il grandissimo fascino che emana la
forte personalita’ di Gesù, calato nel suo reale contesto, e staccato da
qualsiasi credo od altare.
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Riguardo al motivo del mio interesse per questi temi e della mie
conoscenze al riguardo, rimando alla lettura del “post-scriptum” ed alla
“bibliografia”.
Vorrei chiudere questa breve introduzione con questi particolari
ringraziamenti:
A Carlotta, mia moglie, che mi ha supportato e…sopportato…in questa
impresa, come in tutte le altre nella mia vita!
Alla Prof.ssa Donata Loss, per i suoi preziosi suggerimenti e per avermi
spronato fin dall’inizio a portare avanti il progetto.
Al grande amico Franco Camerini, che mi ha introdotto alla religione e
cultura ebraica ed a Rav Paolo Mordechay Schiunnach, Professore di
Ebraismo presso le scuole della Comunità Ebraica di Milano, che ho
avuto la grande fortuna di ascoltare.
A loro chiedo fin d’ora scusa se, avendo una cultura cattolica, non sono
riuscito a rappresentare il pensiero ebraico in forma compiuta.
Ma ce l’ho messa tutta!
Al Prof. Miglietta, Ordinario di Diritto Romano presso l’Universita’ di
Trento, che mi ha sintetizzato tutto il complesso impianto del processo
intentato a Gesu’ per arrivare alla sua crocifissione.
A Padre Fabrizio, Cappellano del Carcere di Rovereto e responsabile
della Mensa della Provvidenza di Trento, che mi ha insegnato per la
prima volta, con il suo modo di vivere, cos’e’ davvero il cristianesimo
Un grazie speciale infine a tutti i giovani che mi hanno fino ad oggi
ascoltato, soprattutto carcerati ed in percorso di recupero a San
Patrignano, perche’ mi hanno dato l’entusiamo necessario a spingermi in
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questo vero e proprio…“campo minato”.
A questo punto non mi rimane che augurare a tutti un…buon viaggio…
Perche’ di un viaggio si tratta, quello stesso che Gesu’ fece dal Nord al
Sud della Palestina, ovvero dall’erbosa ed ombreggiata Galilea alla
desertica ed arsa Giudea, attraverso i piu’ elevati sentimenti e le piu’
profonde emozioni umane…
Riccardo Petroni
Ottobre 2014
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“AEREOPORTO DI COPENHAGEN (25 Agosto 2007 ore 17,20)
Una voce metallica annuncio’ il ritardo del volo che, facendo scalo a
Monaco di Baviera, mi avrebbe riportato a Verona.
Era un sabato pomeriggio del mese di agosto, caldo anche fra i fiordi
del nord.
Una moltitudine umana attendeva pazientemente di raggiungere la
propria destinazione.
Nel sottofondo suonava una dolce melodia di John Lennon,
accompagnata dal suo pianoforte bianco:
"Immagina non ci sia il paradiso: e' facile se ci provi.
E nessun inferno sotto di noi.
Sopra di noi solo il cielo.
Immagina tutta la gente vivere solo nel presente.
Immagina non esistano le Nazioni: non e' difficile.
Niente per cui uccidere o morire e nessuna religione.
Immagina tutta la gente vivere in pace la vita.
Immagina che non esista il possesso: mi meraviglio se ce la fai.
E nessuna cupidigia o bramosia.
Una fratellanza umana.
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Immagina tutta la gente dividersi tutto il mondo.
Tu puoi dire che sono un sognatore, ma non sono il solo.
Spero che un giorno tu ti unirai a noi.
…Ed il mondo sara' una cosa sola".
Davanti a me spiccava una bella ragazza indiana, coperta dai veli della
propria casta.
Mi guardava con due occhi neri da cerbiatta spaesata.
Aveva dipinte sulle braccia e sulle mani variopinte serpentine
multicolori, incorniciate da una lunga serie di braccialetti, che
duettavano forme e colori.
Quegli occhi.
Quanta emozione, pensai, e quanta violenza nelle vite violate di migliaia
di donne in ogni angolo del mondo e di vecchi e bambini.
E di gente di ogni genere, costretta a subire in ogni luogo piccole e
grandi torture fisiche e psicologiche.
Ed a morire nel vomito di luci al neon accecanti.
Come avevo visto nel 1969, in viaggio con papa’ e mamma in Asia.
Li’ avevo toccato con mano la vera poverta’, che in Europa non avevo mai
visto.
E la sottonutrizione, al limite della sopravvivenza ed oltre.
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E poi la prostituzione infantile ed il degrado umano.
E l’effetto spietato e distruttivo della guerra.
Quella del Vietnam.
Tremende immagini che sono ancora oggi davanti ai miei occhi.
Immerso in quell’immane movimento ondivago, delle persone in attesa
all’aeroporto di Copenhagen, comincio’ a vorticare nella mia mente una
spirale di tremende, macabre immagini
Cassonetti di spazzatura colmi di gentili pensieri e di amori materni.
Ruderi di case ammuffite, oramai abbandonate dall’amore e dal fraterno
senso di appartenenza.
Cornicioni di bontà sbrecciati, in bilico su ringhiere di affetto,
arrugginite ai bordi di strade senza sbocco.
E poi muri di fedelta’ e di buona fede, fatiscenti e abbandonati per
sempre, circondati da giardini invasi da ortiche velenose.
E supermercati di armi e di organi umani, irrorati da sangue infetto e
stracolmi di droga e di sesso.
E ancora: vagiti di culture in subbuglio che, come ciechi topi bianchi, si
scomponevano e decomponevano in uno schizofrenico ballo infernale.
Maschere funebri di lealtà, travolta da detriti putrescenti.
Discariche sociali, dove e’ solo l’abuso a regolare gli eventi.
E tutto cio’ a dispetto del rispetto, oramai timido retaggio di pochi
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sognatori.
Gia’, i sognatori.
Come John Lennon, che nella canzone che stavo ascoltando parlava di
pace.
Sì, di pace.
Ascoltai allora con attenzione quelle parole.
Ed avvertii così, nitidamente, che in quel testo di “Imagine”, che
ancora suonava nel sottofondo dell’aeroporto affollato, vi era l’essenza
della speranza.
Speranza di poter tornare ad una vita civile e tollerante.
Speranza di poter riconquistare quell’equilibrio sociale, che oggi sembra
irreversibilmente infranto.
Ma mentre pensavo che Imagine e’ la canzone piu’ ascoltata al mondo,
mi venne da chiedermi: ma perche’ il giovane Lennon, con questo testo,
e’ riuscito a diventare un cosi’ importante “simbolo di pace”,
universalmente riconosciuto?
Forse perche’ parla di valori Universali?
Ed e’ allora Universale anche l’anelito di pulizia e di quiete dopo tanto
immondo frastuono?
Ed il potente amore materno?
E l’amore che lega un uomo a una donna alla ricerca di un futuro
migliore?
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Ed il vagito di una vita che nasce e che pretende di essere rispettata?
Ed un anziano, che stringe sua moglie in un vortice di capelli bianchi?
E l’alba, il tramonto, l’aurora boreale, la fantasia, i talenti, l’arte, la
musica, l’affetto, l’amicizia, l’umilta’.
Ed e’ un valore Universale anche la rettitudine?
Gia’, la rettitudine!
Quella di mio padre Carlo e di mia madre Lara.
Se tutto cio’ e’ Universale, pensai, e’ tempo per un nuovo inizio.
Esatto: un nuovo inizio.
E’ tempo di partire per un nuovo viaggio, da intraprendere pero’, questa
volta, accanto a chi - per primo nella storia - ha aperto la strada al
pacifismo ed alla convivenza civile.
Ho allora cambiato destinazione e mi sono imbarcato per Israele, per
ripercorrere al fianco di Gesu’ quel tragitto che feci nel 2000 con
Carlotta, Bettina ed Erica (…la mia famiglia…).
Proprio così: con Gesu’.
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GESU’
Il nome Gesu’ viene dall’aramaico ‫ע‬
(…Iēsoûs…) ed in latino Iesus.
‫י‬
(…Yeshu'a…), in greco Ἰησοῦς
In ebraico Jeshu e’ l’abbreviativo di Yehoshua (…si pronuncia “Isciua” o
“Iasciua”…)
Ovvero Giosue’: nome molto comune all’epoca, che vuol dire “Dio salva”.
Yehoshua era probabilmente uno dei 5 nomi piu’ diffusi in Palestina nel I
secolo.
Gli ebrei non avevano i cognomi, ma si identificavano indicando il nome
del padre.
Il padre di Gesu’, Giuseppe, si chiamava Yosef ben Heli.
Dunque Gesu’ si chiamava Yehoshua ben Yosef : Giosue’ figlio di
Giuseppe
Da evidenziare che Yehoshua in vita non fu mai chiamato con il nome di
Gesu’, che di fatto e’ una “italianizzazione” del suo vero nome.
DA CHI DISCENDEVA GESU’?
Le due “genealogie” di Gesu’, ovvero la sua discendenza, cosi’ come ce le
descrivono i Vangeli, non concordano.
Per L’Evangelista Matteo e’ questa:
“Re Davide, Re Salomone, Roboamo, Abia, Asaf, Giosafat, Joram,
Ozia, Jotham, Acaz, Ezechia, Manasse, Amon, Giosia, Ieconia;
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dopo la deportazione in Babilonia: Salatiel, Zorobabele, Abiud,
Eliacim, Azor, Sadok, Achim, Eliud, Eleazar, Mattan, Giacobbe,
Giuseppe”.
Per Luca quest’altra:
“Re Davide, Nathan, Mattatha, Menna, Melea, Eliakim, Jonam,
Joseph, Judah, Simeon, Levi, Matthat, Jorim, Eliezer, Joshua, Er,
Elmadam, Cosam, Addi, Melki, Neri, Salatile, Zorobabele, Rhesa,
Joanan, Joda, Josech, Semein, Mattathias, Maath, Naggae, Esli,
Nahum, Amos, Mattathias, Joseph, Jannai, Melchi, Levi, Matthat,
Eli, Giuseppe”.
Anche considerando i tratti comuni, le due linee non coincidono.
Su questo punto cosi’ si esprime Papa Ratzinger in “Gesu’ di Nazaret”:
“Colpisce che Matteo e Luca concordino soltanto su pochi nomi….
Ritengo semplicemente inutile avanzare delle ipotesi al riguardo”.
Pero’, nonostante le notevoli differenze riscontrabili, ambedue le
genealogie partono da Re David, secondo Re d'Israele (X secolo a.C.),
affinche’ si avverassero – ci dicono i Vangeli - le parole di Isaia, che
aveva cosi’ profetizzato:
“Un germoglio spunterà dalla stirpe di Iesse”
Iesse era il padre di Re Davide…
“Un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Egli giudicherà con giustizia i miseri e deciderà con dirittura a
favore degli umili della terra”.
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Isaia (VIII secolo a.C.) è considerato fra i piu’ importanti profeti di
tutta la Bibbia.
Ed ambedue le genealogie concludono affermando che e’ Giuseppe il
padre di Gesu’, circostanza coerente con il fatto che - come abbiamo
visto - lo chiamassero proprio …“Giosue’ figlio di Giuseppe”.
Ma se cosi’ e’, perche’ allora gli stessi Vangeli ci dicono che Giuseppe fu
solo il “padre putativo”, non avendo avuto Maria rapporti coniugali con
lui:
“Maria,si trovo’ incinta per opera dello Spirito Santo”
E perche’ anche il “Catechismo della Chiesa Cattolica”, alla domanda:
“Giuseppe fu il padre di Gesù Cristo?”
Cosi’ risponde?:
“Giuseppe non fu vero padre di Gesù Cristo, ma padre putativo,come
custode di Lui”.
Ed inoltre, perche’ le genealogie avrebbero inserito solo il suo “padre
putativo”, ovvero il suo “custode” e non l’unica persona “terrena”, che a
questo punto avrebbe avuto un rapporto di “sangue” con Gesu’, cioe’
Maria?
Ma le sorprese nella descrizione degli “antenati” di Gesu’ non finiscono
qui.
Va infatti segnalato che nell’elenco di Matteo appaiono 4 donne
“scandalose”: Tamar, Rut, Raab, e Betsabea.
Tutte e quattro non erano ebree.
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Tamar fu resa incinta dal suocero e peccò cosi’ d'incesto, Raab era una
prostituta di Gerico, Rut era una moabita e quindi una straniera che si
concesse ad un ebreo (…Booz…), per poi costringerlo a sposarla ed
infine Betsabea, moglie di Uria, commise adulterio con Davide.
La presenza di queste donne “indecenti” e’ di forte imbarazzo per la
Chiesa e si sprecano le tesi che si “precipitano” a giustificare la loro
presenza.
Primi fra tutti Papa Ratzinger che nel suo ultimo libro cosi’ ci riferisce:
“Perche’ compaiono queste donne nella genealogie?
Secondo quale criterio sono state scelte?
Si e’ detto che tutte e quattro sarebbero state peccatrici.
Cosi’ la loro menzione implicherebbe l’indicazione che Gesu’ avrebbe
preso su di se’ i peccati e con questo i peccati del mondo”.
Ma gli studiosi sostengono che l’aver sottolineato da parte di Matteo la
presenza di quelle quattro donne peccatrici “non ebree”, le cui storie
pero’ coincidono perfettamente con quanto scritto nelle sacre scritture
ebraiche, sarebbe stato fatto “ad hoc”, per creare un distinguo fra
“ebrei=Popolo Eletto” e “non ebrei=popolo di peccatori”.
E’ comunque un indizio a favore della veridicità storica dei Vangeli
canonici.
Non avrebbe infatti giovato in alcun modo, per la Chiesa delle origini,
inventare una genealogia con queste caratteristiche.
Anche perche’ la loro presenza invalidava, per il diritto ebraico,
l’attendibilita’ della genealogia da un punto di vista giuridico, non
essendo accettate all’epoca le donne come testimoni.
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Poi perche’ la loro condotta gravemente sconveniente, avrebbe gettato
inevitabilmente un'ombra sulla stessa figura di Yehoshua.
Riguardo infine alle non poche discordanze che riscontreremo nelle
citazioni degli Evangelisti, difficilmente comprensibili ove i Vangeli
fossero ispirati direttamente da Dio o dallo Spirito Santo, sempre Papa
Ratzinger cosi’ si esprime:
“Non c’era l’intenzione di raccontare in modo completo, ma di
annotare cio’ che, alla luce della parola e per la comunione nascente
della Fede, appariva importante”.
Ma proseguiamo il nostro cammino…
GESU’…“IL”… CRISTO
Gesu’ fu chiamato “Cristo”.
Ma lui non si defini’ mai cosi’.
“Cristo” viene dal greco “Χριστός” (Khristòs) o “Messia": in ebraico
“Mashiach”
E’ un appellativo…e non un nome od un cognome come molti
pensano…che vuol dire “unto”, quindi “regale”.
In Israele infatti i Re ed i Sacerdoti venivano investiti del loro incarico
con l’unzione, ovvero con il versamento dell’olio sulla testa del
consacrando.
Nel 1988 venne fatta un'importante scoperta vicino a Qumran.
In una grotta, a circa un metro di profondità sotto il livello attuale del
terreno, venne rinvenuta una piccola anfora risalente all'epoca di Erode.
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Doveva essere considerata di grande valore, poiché era stata nascosta
con molta cura ed era stata avvolta in un telo di fibre di palma.
Conteneva un olio denso di colore rosso la cui composizione, in base a
delle analisi chimiche, e’ risultata essere sconosciuta.
Si pensa che questo olio fosse un balsamo, una preziosa essenza
prodotta a Gerico, usata per consacrare i Re d'Israele.
L'albero da cui veniva estratto è pero’ ormai estinto da oltre
millecinquecento anni.
Si ritiene che quest’olio facesse parte del tesoro di cui parla il Rotolo
di Rame di Qumran, di cui parleremo piu’ oltre.
“Cristo” , “Messia”, “il Consacrato” o l’Unto sono quindi sinonimi di
“figura regale consacrata”, quella stessa che gli ebrei attendevano
venisse, per liberarli dalla schiavitu’ e per riportare giustizia e pace al
Popolo di Israele.
Dunque la giusta dizione non e’ “Gesu’ Cristo”, come comunemente si
dice, bensi e’ “Gesù…il…Cristo”.
GESU’ IL “FIGLIO DELL’UOMO “
Nei Vangeli Gesù parla spesso di se stesso come se si riferisse ad
un'altra persona, ovvero non dice "io", bensi dice "il Figlio dell'Uomo”.
Riguardo a questo cosi’ si esprime Papa Ratzinger:
“Figlio dell’Uomo, questa misteriosa affermazione e’ il titolo che
Gesu’ usa piu’ frequentemente quando parla di se’”
Dunque e’ quella l’espressione preferita da Gesu’.
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Nei Vangeli ricorre complessivamente 69 volte.
Il termine “Figlio dell’Uomo” e’ utilizzato in alcuni testi biblici per
indicare “uno della stirpe umana” e come tale esposto alla sofferenza ed
alla morte.
Ma questa espressione si trova anche nel Profeta Daniele, in un
contesto in cui Dio conferisce a questo personaggio, che viene sulle nubi
del cielo, un potere nel giudizio finale.
“Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi
del cielo, uno, simile ad un Figlio di Uomo.
Tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano.
Il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai e il suo
regno è tale che non sarà mai distrutto”.
Daniele nacque intorno al 610 a.C.
Venne imprigionato da Nabucodonosor, che lo deportò giovanissimo a
Babilonia.
Interpretò sogni e visioni dei re babilonesi e fu così nominato capo dei
saggi e Governatore di Babilonia.
In tutte le sue profezie annunciò la venuta del regno di Dio e l’avvento
di un misterioso Figlio dell’Uomo.
Gesu’, definendosi “Figlio dell’Uomo”, intendeva cosi’ esprimere da un
lato la sua profonda solidarietà con la condizione umana e dall’altro
preannunciare la sua funzione di “inviato di Dio”.
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Si voleva cosi’ identificare con quella figura di Messia che gli Ebrei
aspettavano.
IL MESSIA
Uno dei concetti fondamentali dell'Ebraismo era proprio quello di
“Messia”.
“Mashiach“ è colui che verrà scelto dal Signore e che, seguendo la Sua
ispirazione, redimerà Israele ed introdurrà una nuova era di pace, di
felicità, di bontà fra gli uomini di tutta la terra.
“Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli.
Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si
eserciteranno più nell'arte della guerra”.
Con il suo avvento cesseranno le sofferenze, le distruzioni, le guerre.
“Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l'arco di
guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio
sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra”.
Il malvagio sarà punito ed il giusto premiato.
Il “Popolo di Israele”, per tanti secoli rimasto in esilio, sparso in tutto il
mondo a partire dai tempi della conquista da parte dei babilonesi, potrà
cosi’ finalmente tornare alla terra dei suoi Padri:
“Il Signore radunerà gli esuli di Israele e raccoglierà i dispersi di
Giuda dai quattro angoli della terra…".
E tutti i popoli riconosceranno per sempre la sovranità di Israele:
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“Il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e
non sarà trasmesso ad altro popolo”.
Gli ebrei aspettavano dunque “l'era messianica”, nella quale avrebbe
avuto il sopravvento il "Regno di Dio" il “Malkhùth Shaddài”.
Gesu’, che insegnava i testi sacri, conosceva perfettamente questa
profezia.
E sapeva che sempre il Profeta Isaia, nove secoli prima della sua
venuta, aveva profetizzato che tutto questo sarebbe avvenuto
attraverso il sacrificio cruento del Messia stesso.
Isaia si era infatti cosi’ espresso:
“Si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri
dolori.
E’ stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre
iniquità.
Il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca.
Era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte
ai suoi tosatori e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo.
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo
fu percosso a morte.
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Ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli
empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i
peccatori”.
E sempre Isaia aveva cosi’ concluso:
“Il Figlio dell'Uomo deve essere consegnato nelle mani degli uomini e
lo uccideranno"
Ed anche Daniele aveva cosi’ profetizzato:
“Un Unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui”.
Dunque Gesu’ aveva ben chiaro fin dall’inizio, quale sarebbe stato il suo
destino, nel momento in cui avesse manifestato con parole e “segni” la
sua natura “messianica”.
E che solo la sua morte traumatica sarebbe stata la sua vera “vittoria”.
E non la vittoria “militare” sull’ostile dominazione romana, come molti
ebrei si aspettavano, per dare inizio “in concreto” alla nuova era attesa.
IL SUO MESSAGGIO ERA INCOMPRENSIBILE
Questa visione “biblica” di Gesu’, ovvero che solo la sua morte cruenta
sarebbe stata la chiave di lettura dell’arrivo della “nuova era”, che
nell’immaginario collettivo era quella di un “perdente”, risultava spesso
del tutto incomprensibile.
Come sarebbe stata possibile infatti un’epoca di pace e di giustizia
sociale, senza che prima non si abbattesse con le armi il giogo della
dominazione romana?
E come sarebbe stato possibile cio’, senza l’arrivo di un condottiero
30
forte e vincente, piuttosto che di una figura destinata ad essere uccisa
con ignominia?
I discepoli, sovente, non riuscirono a capire il concetto di Messia che
aveva in mente il loro Maestro, tanto che quando glielo spiego’…
"…Essi furono molto rattristati"
Non capivano infatti perche’ Gesu’ da un lato affermava che:
"Il mio regno non è di questo mondo"
E dicendo cosi’ faceva presagire la sua natura regale e divina.
Ma di contro, quando vollero nominarlo Re, se ne ando’:
“Sapendo Gesu’ che stavano per venire a prenderlo per farlo Re, si
ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo”.
Ed il primo a porsi il quesito se Gesu’ fosse o meno il Messia, fu proprio
Giovanni il Battista, che come vedremo era suo cugino:
"Mentre era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del
Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: sei tu colui che
deve venire o dobbiamo attenderne un altro?"
Ed anche Natanaele, chiamato da Gesu’ a seguirlo insieme a Filippo, fu
molto scettico su quanto gli riferirono i discepoli in merito alla figura
messianica di un uomo proveniente da Nazareth.
E beffardamente disse:
“Da Nazareth puo’ mai venire qualcosa di buono?”
31
E sempre gli Apostoli, che erano stati cosi’ tanto tempo accanto a lui,
quando Gesu’ disse loro:
“Mettetevi in mente queste parole: il Figlio dell’Uomo sta per essere
consegnato in mano degli uomini”
così reagirono:
“Non comprendevano questa frase.
Per loro restava cosi’ misteriosa che non ne comprendevano il senso
ed avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento”.
E Gesu’ stesso si rese conto che alcuni dei suoi uomini, dopo tre anni al
suo fianco ancora non credevano che fosse lui il Messia:
“Vi sono alcuni tra voi che non credono.
.
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non
credevano”.
E capi’ che, a causa di cio’ stava per avvenire una sorta di
“ammutinamento”:
“Molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con
lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: forse anche voi volete andarvene?".
Le sue parole disorientavano inevitabilmente i suoi ascoltatori.
Quando infatti disse:
32
“Dove vado io voi non potete venire”.
I Giudei si chiesero:
“Dove andrà dunque ché noi non lo troveremo?
Andrà forse da quelli che sono dispersi tra i Greci, a insegnare ai
Greci?
Che significano queste sue parole?"
E quando prosegui’ cosi’:
“Voi siete di quaggiu’, io sono di lassu’.
Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo.
Se non credete che io sono, morirete nei vostri peccati”
Gli chiesero:
“Tu chi sei?”
…ed alla sua risposta…
“Sono proprio cio’ che vi dico.
Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto, ma colui
che mi ha mandato e’ veritiero ed io dico al mondo le cose che ho
udito da lui”.
…la loro reazione fu questa:
33
“Non capirono che parlava del padre”.
E nel momento piu’ difficile per Gesu’, gli attimi prima dell’arresto, i
discepoli, completamente incuranti, dormivano ed ancora una volta non
avevano capito niente di quello che stava accadendo, a partire proprio
da Pietro:
Gesù disse loro: la mia anima è triste fino alla morte.
Restate qui e vegliate.
Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: Simone,
dormi?
Non sei riuscito a vegliare un’ora sola?”.
Ma accadde anche che due suoi discepoli, ancora dopo la sua morte, cosi’
si espressero:
“Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele”.
Ed anche la mattina della resurrezione i discepoli dormivano tutti, ad
esclusione delle donne.
E quando Maria di Magdala preannuncio’ loro la resurrezione di
Yehoshua, cosi’ reagirono:
“Essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero
credere”.
E poi:
“Quelle parole parvero loro un vaneggiamento e non credettero ad
esse”
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Ed anche Tommaso dopo la resurrezione, disse:
“Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito
nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non
crederò”.
Ma anche nel momento dell’Ascensione alcuni dubitarono:
"Quando lo videro gli si prostrarono innanzi: alcuni però dubitavano"
Su di lui si era creato un grande, inevitabile, disorientamento:
Alcuni dicevano:
“È un uomo per bene!”
Questi è davvero il Profeta”
Altri dicevano:
“No, anzi, svia la gente!”
Ed anche la sua posizione di Rabbino fu messa in discussione:
“Come mai conosce così bene le Scritture senza aver fatto studi?”
Ma quello che e’ piu’ clamoroso e’ che anche la sua famiglia non gli
credette.
Pensarono infatti che fosse “fuori di sé”.
“In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una
folla, tanto che non potevano neppure mangiare.
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Allora i suoi parenti, sentito questo, uscirono per andare a
prenderlo; dicevano infatti: è fuori di sé.
Neppure i suoi fratelli, evidentemente, credevano in lui”.
GESU’ “IL GALILEO”
Gesu’ viene chiamato anche “Il Galileo” per la sua frequentazione di
quel territorio:
“Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella
Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del
mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali”.
E questo avvenne, ci dicono i Vangeli, affinche’…
“Si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta
Isaìa:Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,sulla via del mare, oltre il
Giordano,Galilea delle genti!”
La popolazione della Galilea aveva una propria identita’ fortemente
autonoma e si considerava molto diversa da tutte le altre etnie presenti
in Palestina nel I secolo.
Reza Aslan cosi’ si esprime:
“Flavio Giuseppe si riferisce esplicitamente a loro come ad un
‘ethnos’, o popolo separato dagli altri.
La Mishnah (…vedi piu’ oltre…) riferisce che i galilei avevano leggi e
costumi diversi dagli abitanti della Giudea in materia di matrimoni,
pesi e misure.
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Conducevano una vita rurale ed erano facilmente riconoscibili per via
delle abitudini rustiche e l’accento marcato”
E poi…
“Molto prima dell’invasione romana il termine ‘galileo’ era diventato
sinonimo di ‘ribelle’…e la Galilea…viene dipinta come sempre
resistente ad invasioni ostili’.
Nemmeno Re Salomone riusci’ nell’impresa di domarli
Fino alla dominazione romana del 63 a.C. non riuscirono mai ad
indurli a sottomettersi”.
Infine:
“I galilei nutrivano un profondo sdegno nei confronti dei sacerdoti
del Tempio di Gerusalemme, che si vedevano come i soli depositari
della volonta’ di Dio”.
Caratteristiche queste che si ritrovano pienamente nel modo di pensare
e di atteggiarsi di Yehoshua.
GESU’ NAZARENO O NAZIREO?
Gesu’ viene identificato anche come “il Nazareno”, per il periodo
passato a Nazaret.
Ma dalla sua nascita alla sua presentazione al Tempio di Gerusalemme, a
12 anni e dai 12 anni ai 30 anni, i Vangeli non ci dicono assolutamente
dove sia stato e cosa abbia fatto, cosi’ come non ci dicono se la famiglia
di Gesu’, tornata a Nazaret qualche anno dopo la sua nascita, li’ rimase.
Molti autorevoli studiosi per questo motivo ritengono che il termine di
“nazareno” derivi dal fatto che Gesu’ fosse un “nazireo”, ovvero avesse
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aderito al “nazireato”.
Il “nazireato” era uno specifico voto – normalmente temporaneo - di
consacrazione a Dio, previsto dalla Bibbia, che comportava l’obbligo di
seguire alcuni precetti di vita particolarmente rigidi, fra i quali non
bere vino e lasciarsi crescere i capelli.
Cosi’ si esprime la Torah:
“Quando un uomo o una donna farà un voto speciale, il voto di
nazireato, per consacrarsi al Signore, si asterrà dal vino e dalle
bevande inebrianti.
Per tutto il tempo del suo voto di nazireato il rasoio non passerà sul
suo capo; finché non siano compiuti i giorni per i quali si è
consacrato al Signore, sarà santo; si lascerà crescere la
capigliatura”.
E poi:
“Per tutto il tempo in cui rimane consacrato al Signore, non si
avvicinerà a un cadavere; si trattasse anche di suo padre, di sua
madre, di suo fratello e di sua sorella, non si contaminerà per loro
alla loro morte, perché porta sul capo il segno della sua
consacrazione a Dio”.
Forse pensando ad un Gesu’ “Nazireo” e’ piu’ compresibile questo passo
evangelico:
“Gesu’ disse: seguimi.
E costui rispose:Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio
padre.
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Gesù replicò: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e
annunzia il regno di Dio”.
Gesù pero’, come testimoniano i Vangeli, era nato a Betlemme e non a
Nazaret.
Dunque sarebbe piu’ giusto chiamarlo “Gesu’ di Betlemme”.
GESU’ “IL SIGNORE”, IL “FIGLIO DI DIO”
Gesu’ veniva chiamato anche “Kyrios”, cioè “Signore”.
La parola “Signore” nell’Antico Testamento era sinonimo del nome di
Dio.
Naturalmente si trattava esclusivamente del Dio ebraico, ovvero di
YAHVEH, come vedremo.
In analogia con l’espressione “Figlio di Dio”, si intendeva dire che lo
stesso Gesu’ fosse “Dio”.
Ma “Figlio di Dio”, nel mondo ebraico, voleva anche dire “ispirato da
Dio”, dunque “profeta” .
Alla luce di quanto sopra, Gesu’ va allora considerato Dio “…in persona”
oppure un “profeta”…”ispirato da Dio…?
Questa domanda, che taluni potrebbero ritenere blasfema, e’ invece del
tutto lecita, tanto che anche Papa Ratzinger si pone il quesito:
“Egli e’ Figlio di Dio in senso translato, nel senso di una vicinanza
particolare a Dio, oppure Figlio di Dio indica che in Dio stesso vi e’
un Padre ed un Figlio, che egli e’ davvero uguale a Dio, Dio vero da
Dio vero?”
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E ci riferisce che questo argomento:
“Divenne oggetto di faticose discussioni”.
E conclude che fu solo il Concilio di Nicea, tre secoli dopo la morte di
Gesu’, a risolvere la questione definitivamente nella misura in cui:
“Ha riassunto il risultato di questa ricerca faticosa, nella parola
“homooùsios”.
“Homooùsios”, vuol dire letteralmente “della stessa sostanza”…del
Padre.
Cosi’ e’ solo dal 325 d.C. che Gesu’ deve essere definitivamente
identificato con “Dio”, anche in termini di…”sostanza”.
IL VOLTO DI GESU’
I Vangeli non ci parlano mai dell’aspetto fisico di Gesu’.
Curiosa la citazione dell’Evangelista Luca, che ci riferisce cosi’ di un
certo Zaccheo:
“Essendo Gesù giunto a Gerico, cercava di vedere Gesu' per
conoscere chi fosse, e non poteva a causa della folla, perché di
statura era piccolo.
E fatta prima una corsa in avanti, salì su un sicomoro (…un acero…)
per vederlo, perché di la’ stava per passare”.
Ma detto questo, Luca non ci dice se Zaccheo riusci a vederlo o meno!!
Dunque la classica immagine iconografica di Gesu’, con i capelli lunghi,
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barba rossastra ecc…non ha alcun riferimento attendibile.
L’unico documento relativo all’aspetto fisico di Gesù, e’ quello di un
ufficiale romano di nome Lentulo, che si trovava nella provincia della
Giudea all'epoca di Tiberio Cesare, che scrive cosi’ al senato romano:
“In quei tempi apparve, e vive tuttora, un uomo dotato di
straordinario potere di nome Gesù Cristo.
Dalla gente è detto profeta di verità, i suoi discepoli lo chiamano
Figlio di Dio, risuscita i morti, e guarisce le malattie.
E' un uomo dalla statura alta e ben proporzionata, dallo sguardo
improntato a severità.
Quanti lo guardano lo possono amare e temere.
I suoi capelli hanno il colore delle noci di Sorrento molto mature e
discendono dritti quasi fino alle orecchie.
Dalle orecchie in poi sono increspati e a ricci alquanto più chiari e
lucenti ondeggianti sulle spalle.
Nel mezzo ha una riga secondo il costume dei nazarei.
La sua fronte è liscia e serenissima, il viso non ha né rughe né
macchie, ed è abbellito da un moderato rossore.
Il naso e la bocca sono perfettamente regolari.
Ha barba abbondante dello stesso colore dei capelli: non è lunga e
sul mento è biforcuta.
Il suo aspetto è semplice e maturo.
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I suoi occhi sono azzurri, vivaci e brillanti.
Terribile quando rimprovera, accarezzevole e amabile quando
insegna, gioviale pur conservando la gravità.
Qualche volta ha pianto, ma non ha mai riso.
La statura del suo corpo è alta e diritta, le mani e le braccia sono
graziose alla vista.
Parla poco, grave e misurato”.
Alcuni studiosi ci riferiscono che questa lettera sia stata trovata nel
1421 da un certo Giacomo Colonna, in un documento proveniente da
Costantinopoli e che risalga all’epoca di Diocleziano, databile intorno al
300 d.C. circa.
Ma i piu’ la trovano di nessun interesse, in quanto ritenuta di origine
medioevale, dunque del tutto inattendibile.
GESU’ ERA EBREO
Gesu’ era ebreo.
D’ora in poi allora lo chiameremo con il suo nome originario: Yehoshua
Nacque da ebreo.
Parlo’ da ebreo.
Mori’ da ebreo.
Fu educato secondo le tradizioni ebraiche da Myriam e Yosef .
42
Ce lo ricorda in modo netto anche Papa Ratzinger che cosi’ scrive:
“Gesu’ ha vissuto in base all’insieme della Torah e dei Profeti
ebraici, come ha sempre ripetuto ai suoi discepoli”
E poi, sempre Papa Ratzinger:
“Abbiamo individuato tre espressioni in cui Gesu’ insieme vela e svela
il mistero di se’: Figlio dell’Uomo, Figlio, Io sono.
Tutte e tre le espressioni dimostrano il suo profondo radicamento
nella parola di Dio, la Bibbia di Israele, l’Antico Testamento (…la
Torah Ebraica…).
E Yehoshua, da ebreo osservante, dichiaro’ in modo molto esplicito e
determinato che non aveva alcuna intenzione di fondare una nuova
religione:
“Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti.
Non son venuto per abolire, ma per dare compimento”.
Il Cristianesimo infatti – come ben noto - non fu fondato da Yehoshua,
bensi si sviluppo’ - circa vent’anni dopo la sua morte - sulla “scia” del suo
passaggio terreno, si ritiene ad Antiochia, come ci riferiscono gli Atti
degli Apostoli:
“Ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati
cristiani”.
Ma torneremo su questo tema.
E fu Paolo di Tarso, secondo la piu’ comune interpretazione, a
costruire il primo “..telaio” organizzativo/dottrinale scritto…di questa
“nuova religione”
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Su questo argomento – su cui anche torneremo al termine di questo
scritto - cosi’ scrive Papa Francesco nel suo “Dialogo” con Eugenio
Scalfari:
“San Paolo (…Paolo di Tarso…) e’ quello che mise i cardini della
nostra religione e del nostro credo.
Tradusse la predicazione di Cristo in una struttura dottrinaria”.
E cosi’ scrive Jacob Neusner, considerato il massimo esperto di
ebraismo vivente al mondo:
“Non pochi apologisti dell’ebraismo, inclusi gli apologisti cristiani
dell’ebraismo, distinguono fra il Gesu’ che visse ed insegno’ – che
essi onorano e stimano – ed il Cristo che la Chiesa avrebbe
inventato.
Essi sostengono che fu l’apostolo Paolo ad inventare il cristianesimo”
E Reza Aslan cosi’ scrive al riguardo:
“Solo dopo aver predicato per tre anni un messaggio che afferma di
aver ricevuto non dagli uomini, intendendo Giacomo il Giusto e gli
Apostoli, ma direttamente da Gesu’, Paolo si degna di far visita alle
genti di Gerusalemme, che diversamente da lui avevano davvero
conosciuto l’uomo che egli professava come il Signore.
Paolo propone una dottrina del tutto nuova che, agli occhi della
persona alla quale dichiarava di essersi ispirato per formularla,
ovvero Gesu’, sarebbe risultata del tutto incomprensibile.
Riusci’ cosi’ a risolvere il dilemma dei discepoli, che non riuscivano a
conciliare la vergognosa morte di Gesu’ sulla croce, con le
aspettative messianiche dei giudei.
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Paolo semplicemente abbandono’ tali aspettative e trasformo’ Gesu’
in una creatura del tutto nuova, quasi un prodotto della sua
immaginazione: Cristo”.
Dunque “il Risorto”.
Figura tanto piu’ incomprensibile se si considera che Rabbi ’ Yehoshua,
maestro di ebraismo, insegnava in modo assolutamente chiaro ed
inequivocabile la gravita’ del fatto di discostarsi da quanto richiesto
dalle Sacre Scritture:
“Chiunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e
insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo
nel regno dei cieli”.
I “precetti “ a cui Yehoshua faceva riferimento erano contenuti nella
“Torah” ebraica (…Antico Testamento…), che lui – Rabbino - andava
insegnando.
E quando Yehoshua parlava di Dio si riferiva esclusivamente a
“Yahveh”…YHWH: il Dio del Popolo Ebraico.
Il tetragramma ebraico:
‫יהוה‬
Tetragramma deriva dal greco “tetragràmmaton”: τέτρα (…che vuol
dire “quattro”…) e “γράμματα” (…che significa “lettere”…).
E’ dunque la sequenza delle quattro lettere ebraiche che compongono il
nome proprio di Dio, che per gli ebrei e’ troppo sacro per essere
nominato.
E’ infatti prescritto che per farvi riferimento si debba usare la forma
impersonale “ha Shem” che significa "il Nome".
45
E se si deve scrivere Dio, in italiano – nel mondo ebraico - si deve
scrivere cosi’: “D-o”.
Cosa che faremo anche noi d’ora in poi.
Ma sulla provenienza e sul significato della parola “Yahveh” cosi’ si
esprime Simone Paganini, Professore Ordinario di Teologia Biblica
all’Universita’ di Aquisgrana, ricercatore alla Facolta’ di Teologia
protestante dell’Universita’ di Monaco di Baviera ed ex assistente alla
Facolta’ di Teologia Cattolica dell’Universita’ di Vienna:
“Il passo fondamentale per scoprire il nome di Yahveh e’ il racconto
della vocazione di Mosè”.
Mose’ chiese a Yahveh:
“Se mi chiederanno qual e’ il tuo nome che cosa dovro’ dire loro?
E D-o gli rispose:
“Ehjeh ‘ascher ‘ehjeh”
Pronuncio’ dunque il suo nome all’interno di un’espressione che ancora
oggi non smette di creare problemi agli interpreti.
Queste tre parole possono essere infatti interpretate in maniera
estremamente differenti:
…io
…io
…io
…io
sono colui che sono,
sono colui che io sempre sarò,
saro’ colui che sono,
sono colui che ero”.
Ma la profonda, indiscutibile ed esclusiva ebraicità di Yehoshua, appare
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chiara soprattutto leggendo i passi dei Vangeli.
Yehoshua frequentava le sinagoghe:
“Gesu’ andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro
Sinagoghe”.
“Sinagoga” è un termine greco che significa "assemblea”, “luogo di
riunione", “luogo di culto”.
La Sinagoga dunque, all’epoca come adesso, per gli ebrei non e’, al pari di
una chiesa cattolica, un luogo esclusivamente di culto, bensì prima di
tutto un luogo di incontri e di studi e poi...anche di culto.
Secondo la tradizione ebraica la sua origine sarebbe molto antica e
risalirebbe ai tempi del patriarca Giacobbe (tra il 2000 e il 1700 a.C.).
Yehoshua vestiva poi secondo i riti e da Rabbino portava il classico
mantello con le frange:
“I malati delle piazze lo pregarono di potergli toccare almeno la
frangia del mantello…”
Partecipava inoltre alle feste ebraiche:
“Si avvicinava intanto la festa dei giudei, detta della capanne.
Andati i suoi fratelli alla festa, allora vi ando’ anche lui”
La “festa delle Capanne” (…“Sukkot”…) e’ una delle festività ebraiche più
importanti.
Ricorda la vita del popolo di Israele nel deserto durante il loro viaggio
verso la Terra Promessa, periodo in cui vissero in capanne ("sukkot").
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…e poi…
“Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione.
Era d’inverno.
Gesu’ passeggiava nel Tempio, sotto il portico di Salomone”…
La festa della “Dedicazione” detta anche “delle Luci” (“Hannukah”)
avviene a dicembre, terzo mese del calendario ebraico.
Commemora la ridedicazione del Tempio di Gerusalemme da parte di
Giuda Maccabeo nel 165 a.C.
...e ancora…
“Gesu’ mando’ Pietro e Giovanni dicendo: andate a preparare per noi
la Pasqua”.
La Pasqua “ebraica”, come vedremo.
Yehoshua compiva anche i riti secondo le tradizioni ebraiche:
“Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia.
Apertolo trovo’ il passo dove era scritto: lo spirito di Geova (...Do...) è su di me, perché egli mi ha unto per dichiarare la buona
notizia ai poveri.
Mi ha mandato per predicare la liberazione ai prigionieri e il
ricupero della vista ai ciechi, per mettere in libertà gli oppressi,
per predicare l’anno accettevole di Geova”.
Finito di leggere questo brano Yehoshua:
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“Arrotolo’ il volume, lo consegno’ all’inserviente e sedette”.
LA CHIESA CATTOLICA E LA “NEMESI STORICA”
L’esclusiva ebraicita’ di Yehoshua e’ adesso ben nota alla Chiesa
Cattolica.
Nel 1985 i “Sussidi per una corretta presentazione degli Ebrei e
dell’ebraismo nella predicazione della catechesi della Chiesa
Cattolica”, edito dalla Commissione per i rapporti con L’Ebraismo cosi’
si espresse:
“Gesù è ebreo e lo è per sempre.
Gesù è pienamente un uomo del suo tempo e del suo ambiente
ebraico palestinese del I secolo, di cui ha condiviso gioie e
speranze”.
E riguardo all’ebraismo, il 6 marzo 1982, Papa Giovanni Paolo II,
rivolgeva le seguenti parole ai delegati delle Conferenze Episcopali e
agli altri esperti riuniti a Roma per studiare le relazioni tra Chiesa ed
Ebraismo:
"Voi vi siete preoccupati, durante la vostra sessione,
dell'insegnamento cattolico e della catechesi in rapporto agli ebrei
ed all'ebraismo”
Occorrerà fare in modo che la formazione religiosa, nella catechesi
fatta ai bambini ed agli adolescenti, presenti gli ebrei e l'ebraismo
non solo in maniera onesta ed obiettiva, ma ancor più con una viva
coscienza del patrimonio comune agli ebrei ed ai cristiani "
E poi – sugli ebrei - sempre Papa Wojtyla:
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“Gesù era un discendente di Davide.
Dal popolo ebraico nacquero la Vergine Maria e gli Apostoli.
Gli ebrei sono nostri cari e amati fratelli.
In un certo senso, sono veramente i nostri fratelli maggiori”.
Ed il concetto di “fratelli maggiori” e’ stato pienamente ripreso
nell’Omelia del 10.11.2013 da Papa Francesco, che si e’ inoltre cosi’
espresso nella sua recente esortazione “La Gioia del Vangelo”:
“La Chiesa, che condivide con l’ebraismo una parte importante delle
Sacre Scritture, considera il Popolo dell’Alleanza (…gli ebrei…) e la
sua fede, come una radice sacra della propria identita’ cristiana.
Crediamo insieme con loro nell’unico D-o che agisce nella storia e
accogliamo con loro la comune Parola rivelata.
L’affetto che si e’ sviluppato ci porta sinceramente ed amaramente
a dispiacerci per le terribili persecuzioni di cui furono e sono
oggetto, particolarmente per quelle che coinvolgono o hanno
coinvolto cristiani”.
Infine, nel “Dialogo tra credenti e non credenti” con Eugenio Scalfari,
Papa Francesco conclude cosi’:
“Attraverso le terribili prove di questi secoli, gli ebrei hanno
conservato la loro fede in D-o.
Di questo, a loro, non saremo mai sufficientemente grati, come
Chiesa, ma anche come umanità”.
Meno male che le cose sono cambiate in modo così positivo in questi
ultimi 50 anni – anche a livello “ufficiale” - nella concezione degli ebrei,
da parte del mondo cattolico.
50
Non dobbiamo infatti dimenticare la forte ostilita’ che la Chiesa aveva
nei loro confronti, ancora negli anni ’50 e ‘60 e che cosa si diceva in
merito all’Olocausto.
Ovvero che era stato certamente un evento criminale da parte dei
nazisti, ma che era “storicamente” ineluttabile, tenuto conto che gli
ebrei si erano macchiati di sangue innocente, con l’uccisione di “Nostro
Signore”.
Erano stati infatti proprio loro – secondo un’opinione molto diffusa –
che avevano compiuto il “deicidio” (…uccisione di D-o..), vera assurdità,
sulla quale torneremo ampiamente piu’ oltre.
La storia dunque li avrebbe dovuti comunque punire, in virtu’ della
cosiddetta “nemesi storica”.
Per noi bambini, era allora difficile pronunciare questo temine ed era
incomprensibile il suo tremendo ed altrettanto criminale significato,
che e’ questo (Enciclopedia Treccani):
“Espressione riferita ad avvenimenti storici che sembrano quasi
vendicare, sui discendenti, antiche ingiustizie o colpe di uomini e
nazioni.
Avvenimento considerato come un atto di giustizia ‘compensativa’.
Talvolta anche col significato generico di punizione o vendetta, con
carattere di ineluttabile fatalità”.
Dunque la “nemesi storica” sarebbe una sorta di “giustizia
compensativa” che vendicherebbe in modo ineluttabile sui discendenti le
colpe dei padri…
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Non aggiungo altro, se non che ho avuto la fortuna di avere una famiglia,
che durante la guerra, rischiando la vita, ha nascosto alcuni amici ebrei,
per evitare che fossero deportati.
E che mia madre, per motivi che non sapro’ mai, essendo morta troppo
presto, da non ebrea, frequentava la comunita’ femminile ebraica di
Firenze.
E ci porto’ anche in Sinagoga, in occasione di una loro festa, per
trasmetterci nel modo piu’ diretto possibile, il grande fascino che lei
avvertiva nei confronti di quel mondo.
Fascino che mi e’ rimasto indelebile!
LA BIBBIA: TANAKH – TORAH
IL VECCHIO ED IL NUOVO TESTAMENTO
Yehoshua, come abbiamo detto, era Maestro di Torah e dunque
l’insegnava.
Il “Tanakh” e la “Torah” sono le “pietre miliari” certamente
dell’ebraismo, ma anche di tutto “l’impianto” culturale e spirituale
dell’intero Occidente.
Scrive al riguardo Simone Paganini:
“Non c’e’ altra opera che abbia influenzato la nostra civilta’
occidentale piu’ della Bibbia: una gran parte delle nostre visioni
religiose, della nostra comprensione della nostra societa’, della
nostra concezione di cio’ che e’ bene e di cio’ che si deve fare.
Addirittura proverbi ed espressioni derivano dai testi dell’Antico
Testamento”.
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La Bibbia – forse per questo - rimane comunque ad oggi il libro piu’
tradotto al mondo.
Il “Tanàkh”, la cosiddetta "Bibbia Ebraica” o “Vecchio Testamento” è
composto da 24 libri, cinque dei quali compongono la “Torah”, chiamata
anche – per questo – Pentateuco (…”pénte” in greco significa cinque,
“teuchos” significa libro…).
Nella Bibbia sono narrate le vicende storiche del popolo ebraico,
l'Alleanza instaurata fra quest’ultimo ed il suo D-o ed i princìpi che gli
ebrei devono seguire per non rompere questa Alleanza.
Sul significato del termine “Bibbia” cosi’ ci riferisce Paganini:
“Bibbia deriva dal termine latino “biblia”, una forma singolare che
significa “i Libri”.
Come la forma greca chiaramente esprime, non si tratta di un solo
libro, ma di un’intera raccolta, una biblioteca, o meglio un’antologia
di libri.
Quanto sia lunga l’intera Bibbia, di quanti libri sia composta, in che
ordine questi siano posizionati, l’uno dopo l’altro, sono questioni
decisamente discusse.
La risposta a queste domande dipende fondamentalmente da quale
Bibbia si decide di prendere in mano.
La Bibbia Ebraica - ad esempio - e’ differente da quella dei
Cattolici o dei Protestanti, per non parlare delle Bibbie della Chiesa
Ortodossa o di quella della Chiesa Copta o di quella Etiope.
La Bibbia Ebraica e’ cosi’ composta: Genesi , Esodo , Levitico ,
Numeri , Deuteronomio.
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E’ la base del “Vecchio Testamento”.
Interessante leggere quanto scrive, sempre Paganini, riguardo ai
termini “Antico” e “Nuovo Testamento”:
“Tutte le confessioni cristiane (cattolici, protestanti, luterani,
ortodossi ecc.), dividono la Bibbia in due parti.
Queste vengono denominate “Testamenti”: il primo o “Antico” ed il
secondo o “Nuovo” Testamento.
Il “Nuovo Testamento” non sostituisce “l’Antico”, anzi ne e’ parte
integrante e fondamentale.
La terminologia “Antico” non e’ nel senso di “vecchio”, “trapassato”,
ma di “originario”, “autorevole”, “primario”.
Il termine Testamento poi non ha nulla a che vedere con le ‘ultime
volonta’ di un morente’ o con le “disposizioni per gli eredi”.
“Testamentum” infatti in latino significa “Alleanza”, contratto,
patto, che a sua volta cerca di trasmettere il significato del
termine ebraico “Berit”, che identifica un patto che puo’ essere
concluso tra uomini, ma soprattutto tra uomo e D-o.
All’interno dell’Antico Testamento ci sono diverse “Berit”: quella con
Noe’, con Abramo, con Mose’ al Sinai, quella rinnovata ed eterna in
Isaia, quella di Geremia ecc.
Gesu’ si inserisce su questa linea di alleanze e ne propone una
nuova, che e’ compimento di quella unica ed originaria stretta con i
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padri del popolo”.
L'Ebraismo rabbinico sostiene che la Torah fu data a Mosè da D-o sul
Monte Sinai.
Maimonide spiega:
"Non sappiamo esattamente come la Torah sia stata trasmessa a
Mosè.
Ma quando fu trasmessa, Mosè l'ha semplicemente scritta come un
segretario scrive sotto dettatura ...
Così ogni versetto della Torah è ugualmente santo, poiché tutti
provengono da D-o, e sono tutti parte della Torah di D-o, che è
perfetta, santa e vera".
Rabbi Moshe ben Maimon, meglio noto come Maimonide visse dal 1135
al 1204 d.C.
I 13 principi di fede di Maimonide furono formulati nel suo commentario
della Mishnah (trattato Sanhedrin).
I libri del Pentateuco sono definiti anche "Libri di Mosè", poiché ad
esclusione della Genesi, hanno come protagonista Mosè (ca. 1.400 a.C.).
Sono:
Il Libro della Genesi (in ebraico ‫בראשית‬: "in principio”).
E’ il primo libro.
Inizia cosi’:
“In principio Dio creò il cielo e la terra.
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La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e
lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”.
Nei primi 11 dei suoi 50 capitoli descrive la creazione, il peccato
originale, il diluvio universale.
Nei successivi la storia dei Patriarchi.
Il Libro dell'Esodo, dal greco "uscita", narra l'oppressione del popolo
israelita, la successiva persecuzione voluta dal faraone, il concepimento
e la salvezza del neonato Mosè, allevato dalla figlia del sovrano e
divenuto profeta a seguito della chiamata divina.
Descrive poi lo scontro col faraone, le piaghe d'Egitto e l'esodo
attraverso il mar Rosso, la consegna della Legge sul monte Sinai e le
varie norme di vita comunitaria.
Il Levitico non narra episodi della vita di Mosè, ma è comunque lui il
protagonista, in quanto contiene le norme riguardanti i rituali, i sacrifici
e le varie cerimonie ad uso dei sacerdoti e dei leviti, che Mosè diede
agli Ebrei durante il soggiorno nel deserto del Sinai.
Il Libro dei Numeri riprende il filo della storia interrotto dal Levitico,
descrivendo il cammino di Israele nel deserto che lo separava dalla
terra promessa, a partire dal monte Sinai fino alle soglie di Canaan,
dopo un soggiorno di quasi quarant'anni a Kades (deserto del Negev).
Il Deuteronomio presenta tre discorsi di Mosè, il quale, prima di
morire, ricorda al popolo gli avvenimenti passati e riprende con accenti
nuovi la legge già definita nell'Esodo.
Il libro si conclude con il racconto della successione di Giosuè e della
morte del profeta sul Monte Nebo.
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Il principio che fonda la religione ebraica è la credenza in un solo D-o
che - dopo avere creato il mondo - si è manifestato agli uomini
attraverso una “Rivelazione”, tramandata per mezzo dei Libri Sacri.
Per questo motivo l'Ebraismo è chiamato anche “Religione del Libro”.
Un altro principio fondamentale, strettamente collegato al precedente,
è quello – come detto - dell'Alleanza tra D-o ed il popolo ebraico.
Attraverso questa Alleanza, che in origine D-o strinse con Abramo, il
popolo ebraico si impegnò a riconoscere D-o, a sostenere il suo progetto
ed a rispettare le sue Leggi.
È tramite l'accettazione di questo patto, come abbiamo visto “Berit”,
che gli ebrei si riconobbero come il "Popolo Eletto", ovvero ritennero di
essere stati designati da D-o per testimoniare la Sua presenza sulla
terra, attraverso l'esempio delle loro azioni.
L'Alleanza di D-o e con il popolo ebraico, viene rinnovata quando gli
ebrei osservano nella vita pratica le leggi di D-o.
Come scrisse Moses Mendelssohn (1729-1786), filosofo tedesco di
origini ebraiche, nella sua opera “Gerusalemme”:
“L’ebraismo non e’ una “religione” rivelata, ma una ‘legislazione’
rivelata, il che significa che l’ebraismo non ha tendenza ad
insegnare verita’ eterne, ma ad indicare norme di azione ‘tu agirai
cosi’ o tu non agirai così.
Questa e’ la pietra di paragone di tutto l’ebraismo”.
Alla base del sistema etico ebraico ci sono i Dieci Comandamenti che
D-o consegnò a Mosé sul Monte Sinai.
Dei 10 Comandamenti i primi due sono religiosi:
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-Io sono il Signore, tuo D-o,che ti fece uscire dalla terra d'Egitto,
dalla casa degli schiavi.
-Non avrai altro D-o all'infuori di me.
Gli altri 8 sono “laici”, in quanto norme “comportamentali” di vita
quotidiana: non rubare, non fornicare, non desiderare…
L’ebraismo, più che sul “credere”, si basa dunque “sull’agire” in
conformità alle norme contenute nella Torah e nei suoi successivi
commenti.
L’ebraismo in sostanza non ha “dogmi” in cui credere, ma norme di
comportamento da seguire.
Scrive infine Jacob Neusner:
“La Torah ha due significati, l’uno con la ‘T maiuscola’, l’altro con la
‘t minuscola’.
Torah con la ‘T maiuscola’ indica la rilevazione di D-o a Mose’ sul
Monte Sinai.
Quando noi scriviamo torah con la ‘t minuscola’ intendiamo:
l’istruzione impartita da un maestro nel contesto dell’insegnamento
della Torah”.
MA CHI HA SCRITTO LA “BIBBIA” E QUANDO?
In merito a chi abbia scritto “la Bibbia” Simone Paganini cosi’ si
esprime:
“Gli specialisti – teologi ed esegeti – non sono ancora in grado di
ricostruire definitivamente l’inizio dei testi biblici.
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Nel corso degli ultimi decenni si e’ giunti a perdere la fiducia nella
possibilita’ di presentare un unico “grande modello” per spiegare la
genesi e lo sviluppo dei testi biblici.
Nessun libro biblico come oggi lo leggiamo – con eccezione del Libro
del Siracide – e’ stato materialmente scritto da colui che da’ il
nome al libro”.
Il Libro del Siracide, composto da 51 capitoli, e’ in pratica una sintesi
del pensiero religioso ebraico e della sapienza che ne emerge.
E’ stato scritto in ebraico a Gerusalemme attorno al 180 a.C. da Giosuè
figlio di Sirach (..da cui deriva il termine Siracide…) e successivamente
tradotto in greco dal nipote intorno al 132 a.C.
Ma andiamo avanti, sempre con Paganini:
“La Bibbia e’ una collezione di testi, che sono stati elaborati,
discussi ed infine messi per iscritto all’interno della comunita’
religiosa cui appartenevano.
I libri dell’Antico Testamento, a differenza di quelli del Nuovo
Testamento (…i Vangeli…), non sono stati composti nel corso di pochi
decenni, all’interno di una societa’ dalle caratteristiche simili, ma si
sono sviluppati piuttosto nel corso di secoli all’interno delle piu’
diverse culture appartenenti al mondo dell’oriente antico.
Il testo ebraico che funge da base di tutte le traduzioni moderne e’
stato fissato definitivamente solo nel periodo medioevale, ad opera
di studiosi chiamati ‘masoreti’”
Il termine “masoreta” deriva dall’ebraico “Mesorah” e corrisponde al
significato di “trasmettitore di una tradizione”.
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I “masoreti” (VII all’ XI secolo d.C.) erano infatti studiosi e scribi che
si erano dati come obiettivo quello di “compattare” l’immane quantita’ di
testi all’epoca esistenti - relativi all’Antico Testamento - rivedendo od
eliminando tutto cio’ che - secondo il loro punto di vista - derivava da
errori od aggiunte dei copisti nei secoli, al fine di pervenire ad un “testo
unico” adottabile da tutte le comunita’ ebraiche.
Il tentativo di ricostruire un’unica versione biblica deve essere stato
estremamente complicato, non solo per la molteplicita’ e disomogeneita’
delle fonti, ma anche per il problema che oggi definiremmo “linguistico”.
E’ necessario infatti tener presente che, come vedremo piu’ oltre, gia’
dal VI secolo a.C. una parte del popolo ebraico non viveva piu’ nel Regno
di Giuda a seguito di deportazioni e dunque non parlava piu’ l’ebraico,
bensi’ il greco.
Si era dunque resa necessaria gia’ all’epoca una traduzione dell’Antico
Testamento in quella lingua, il greco, che secondo gli studiosi richiese
almeno due secoli.
Questa traduzione viene chiamata “Septuaginta”, ovvero “dei
Settanta”, secondo la tradizione/leggenda che vuole che sia stata
tradotta da 72 saggi ad Alessandria d'Egitto intorno al 285-246 a.C.
Le differenze pero’ fra il “testo masoretico” del medioevo e la
“Septuaginta” sono profonde, tanto che Paganini afferma:
“A parte le differenze nella numerazione dei salmi, le aggiunte od i
tralasciamenti di brevi ‘pericopi’ (…ritagli…) e le correzioni di interi
passaggi, allo scopo di uniformare il testo, si notano profonde
differenze sia nell’ordine, sia anche nella lunghezza di alcuni libri
biblici”.
E cosi’ conclude:
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“Le citazioni greche tratte da questa traduzione ebbero spesso
gravi conseguenze dal punto di vista della comprensione del
messaggio dell’Antico Testamento”.
Ma altre traduzioni dell’Antico Testamento furono fatte dopo la
Septuaginta.
Vale la pena ricordare quelle di:
-Aquila di Sinope (II secolo d.C.) matematico, architetto e studioso
biblico.
Di origini pagane si convertì giovane al cristianesimo per poi passare
all’ebraismo.
-Simmaco, vissuto verso la fine del II secolo.
-Teodozione, vissuto nel I secolo.
La piu’ importante traduzione pero’ si ritiene sia stata “l’Exapla” di
Origene di Alessandria (…185 – 254 d.C…) considerato forse il massimo
teologo dei primi tre secoli d.C., direttore della “Scuola Catechetica”
(..teologica…) di Alessandria di Egitto.
Lo scopo di Origene, nello scrivere la sua monumentale opera (…50
volumi con oltre 6.000 pagine…), fu quello di dare ordine alle
innumerevoli versioni della Bibbia allora esistenti, creando un testo
“sinottico”, ovvero con colonne allineate delle varie versioni, compresa
quella dei “Settanta”.
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L’unica copia esistente dell’Exapla ando’ pero’ persa con la distruzione
della Biblioteca di Cesarea, avvenuta nel 653 d.C.
Possiamo dunque solo ricorrere alle testimonianze principalmente dello
storico della Chiesa Eusebio di Cesarea (265 – 340 ca. d.C.) ed alle
brevi citazioni che si trovano nei testi scritti dai Padri della Chiesa (V
secolo d.C.).
Ma la complicazione relativa alle traduzioni non finisce qui.
Ci dice infatti, sempre Paganini:
“Nel periodo persiano, l’ebraico venne sostituito dall’aramaico”.
Era infatti avvenuto questo:
-Nel 538 a.C. Ciro il Grande di Persia aveva conquistato Babilonia ed il
suo impero e concesse la liberta’ religiosa, anche agli ebrei che erano
stati li’ deportati.
-Come conseguenza fra il 538 a.C. ed il 520 a.C. circa 50.000 ebrei,
guidati da Zerubabel, tornarono a Gerusalemme e ricostruirono il
Tempio.
-Nel 456 a.C. torno’ in Palestina un secondo gruppo di circa 5.000
israeliti.
Questi due gruppi avevano adottato a Babilonia l’alfabeto aramaico,
lingua antichissima, che introdussero cosi’ nei territori dove erano
tornati.
Quindi:
“Fu normale approntare traduzioni della Bibbia ebraica nella nuova
lingua, cosi’ da favorirne la diffusione.
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Nacquero cosi’, nel corso di quasi 300 anni un gran numero di
cosiddetti ‘targumim’.
Testi spesso in contraddizione fra loro furono perfezionati, affinati
e rifiniti, in modo da risolvere le incoerenze”.
Ma poi:
“Con lo sviluppo del cristianesimo all’interno dell’impero romano si
rese infine necessaria una traduzione in latino degli scritti
dell’Antico Testamento.
Nel corso del III secolo d.C. si venne cosi’ a formare la ‘Vetus
latina’ cui segui’ circa 100 anni dopo la ‘Vulgata’ (…che significa: per
il popolo…).
Il suo autore, il monaco Girolamo, utilizzo’ per la sua versione latina
il testo ebraico aiutandosi con le versioni greche a sua disposizione.
Nel tradurre passaggi discussi si attenne molto spesso alla versione
del testo ebraico.
La sua traduzione divenne nel corso dei secoli la traduzione per
eccellenza all’interno della Chiesa cristiana d’Occidente”.
Dunque, come abbiamo visto, quando si parla di “Antico Testamento”
non e’ di fatto possibile far riferimento ad un unico testo, ad un’unica
fonte.
Ed una sorta di “canone dell’ Antico Testamento”, ovvero di una lista di
testi accettati, fu fissata in sede ebraica solo fra il I ed il III secolo
d.C., prevalentemente a seguito della diffusione della “concorrente”
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religione cristiana e del conseguente rischio che quest’ultima usurpasse
la paternita’ di quei sacri testi.
Interessante sapere che il piu’ antico frammento della Bibbia ebraica e’
stato fino al 1947 il “Papiro Nash” (7,5x12,5 cm), ritrovato nel 1902 in
Egitto e risalente al II secolo a.C., che contiene il testo dei Dieci
Comandamenti e parti del sesto capitolo del Deuteronomio.
E che il testo ebraico piu’ antico dell’Antico Testamento, realizzato in
pergamena, e’ stato – sempre fino al 1947 - il “Codex Leningradensis”,
scritto nel 1008, conservato nella Biblioteca Nazionale Russa di San
Pietroburgo
L’autore del “Codex Leningradensis” , certo Šemû'ēl ben Ya'ăqōb,
dichiaro’ di averlo copiato al Cairo, da un manoscritto originale del
caposcuola masoreta 'Ahrōn ben Mōšeh ben 'Āšêr.
Dunque fino alla meta’ del XX secolo ben poca era la documentazione
scritta disponibile dell’Antico Testamento.
Dice al riguardo Paganini:
“Mancavano testi originali con cui confrontare i risultati.
Le argomentazioni scientifiche restavano puramente teoriche”
Ma nel 1947, ovvero a quasi due millenni dalla morte di Yehoshua, a
Qumran, con il ritrovamento dei famosissimi Rotoli del Mar Morto, di
cui parleremo in modo molto approfondito piu’ oltre, successe qualcosa
di davvero incredibile.
Fra i manoscritti ritrovati nelle grotte vicine a Qumran “sbucarono”
infatti – come dal nulla – tutti i libri dell’Antico Testamento, databili fra
il III ed il I secolo a.C.
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