Sala Acaia Piano terra 31 Due vetrate con Fuga in Egitto e Gesù fra i dottori 32 Pietro Vaser 1503 circa Piombo, vetro colorato in pasta, grisaille, giallo d’argento dal castello di issogne (valle d’aosta). acquisto, 305, 306/vd Madonna in trono col Bambino e quattro angeli Giovanni Martino Spanzotti 1475-1480 Tempera su tavola acquisto, 1971 - 476/d 1867 I due antelli provengono dalla cappella del castello di Issogne e sono probabilmente del “factor verreriarum” Pietro Vaser, attivo a Issogne a inizio Cinquecento per il priore Giorgio di Challant. Appartengono alla piccola ma importante collezione di vetrate del Museo. L’anta con Gesù fra i dottori presenta un’iconografia molto rara, quella “dei due Gesù fanciulli” che deriva da un’interpretazione eterodossa dei vangeli: Gesù è raffigurato due volte, in piedi davanti ai dottori del tempio e in primo piano, rannicchiato con la testa sulle ginocchia. Le vetrate sono opera di un artista probabilmente ginevrino, che unisce la rude espressività dei volti alle cadenze ampie e spezzate dei panneggi, il gusto prezioso dei colori alla finezza cesellata di dettagli come le barbe, i capelli, il turbante in primo piano. Una Vergine dall’aspetto regale, inquadrata nella cornice classicheggiante del trono, ma teneramente umana nei gesti che la legano al Bambino, nel rossore delle gote, nei volti infantili e dolcemente accostanti degli angeli. L’opera di Spanzotti ricalca la vetrata eseguita nel 1467 da Giacomo e Domenico Cabrini, su disegno di Francesco del Cossa, per la chiesa di San Giovanni in Monte a Bologna e mostra l’aggiornamento e la ricerca compiuta dal pittore nella sua fase giovanile. Uno degli esiti più alti del Rinascimento piemontese, fedele a una lezione di umanità che verrà raccolta da Gaudenzio Ferrari. 33 Polittico con Madonna col Bambino in trono, santi e due donatori Macrino d’Alba 1495 Tempera su tavola acquisto, 1957 - 448/d La destinazione originaria di questa pala è ignota, ma si può ipotizzare una provenienza dall’ambiente vicino alla corte di Casale Monferrato (Alessandria), a cui Macrino era legato, dopo un primo periodo di attività a Roma. La cultura del dipinto è ancora profondamente influenzata dalla frequentazione della bottega di Pinturicchio e dal gusto antiquariale romano di fine Quattrocento; 62 63