Manager tedeschi a scuola di etica

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Martedì 13 Marzo 2012
ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
Violare le leggi non scritte della morale non è reato, ma, alla lunga, produce gravi danni
Manager tedeschi a scuola di etica
L’osservanza dei principi vale per le imprese come per lo sport
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
P
erché i manager tedeschi
sono i primi della classe?
Avranno i loro difetti,
ma quasi sempre sono
meglio dei loro colleghi europei,
o americani. Forse perché vanno
a scuola di etica. Conoscere i principi fondamentali, e imparare a
rispettarli, non porta sempre al
successo, ma aiuta a conservarlo
una volta conquistato. In Germania nei corsi per Mba, Master of
business administration, accanto
alle materie classiche, c’è sempre
un corso di etica, quella di Hegel,
di Kant o di Lutero. Per guidare migliaia di dipendenti, e saper
fronteggiare la concorrenza, bisogna conoscere gli esseri umani, e
se stessi. E rispettare il prossimo,
e la propria coscienza. A volte, si
insegna, violare le leggi non scritte della morale non è un reato,
magari ci procura un vantaggio
immediato. Però, sui tempi lunghi, non rende, ci può condurre
al disastro, al fallimento. Una
massima che non vale solo per
i capitani d’industria, ma per
chiunque voglia emergere, dagli
artisti agli sportivi.
Economia e morale non devono
essere separate, commenta il settimanale Die Zeit. La crisi da cui
non siamo ancora usciti è stata
provocata dal comportamento
poco etico dei banchieri americani. Avranno rispettato il codice,
ma violato la morale, l’etica del
loro mestiere. Leadership, si insegna, significa più che la gestione
di un sistema produttivo. Un capo
dovrebbe ispirare i suoi collaboratori e dipendenti, conquistare
la loro fiducia per condurli alla
meta. Come può farlo un leader
senza principi? Guidi una fabbrica o una nazione?
La Merkel è lodata o criticata,
ma i suoi tedeschi, anche chi non
voterebbe mai per lei, sono convinti che non menta. Se sbaglia,
lo ammette. E i suoi connazionali
si fidano, e finiscono per seguirla,
quando chiude le centrali atomiche o decide di aiutare la Grecia.
Le questioni etiche sono sempre presenti in ogni materia del
programma, dicono alla Gisma
Business School di Hannover.
Jürgen Wenger, che ha seguito
un corso all’Mba dell’Università
di Monaco, dichiara: «L’etica è
La Merkel è lodata o criticata, ma i suoi tedeschi, anche chi
non voterebbe mai per lei, sono convinti che non menta
una componente fondamentale
della leadership, un’impresa ha
successo solo se vengono rispettati i principi morali». «Dobbiamo rispettare l’etica, se vogliamo
sopravvivere», sostiene il professore Rudolf Steiger, dell’Mba
dell’università di Zurigo. L’integrità è una dote indispensabile
per un manager, per un politico,
per uno sportivo.
Buffon, il portiere della Juve,
tanto per fare un esempio, dopo
aver respinto un pallone che
chiaramente aveva oltrepassato
la linea di porta, ha dichiarato
di non essersene reso conto, ma
che in ogni caso non lo avrebbe
confessato. Allo sdegno generale
(tranne dei suoi tifosi), ha aggiunto: non sono un ipocrita, dovete
rispettare il mio pensiero. Non
è un ipocrita, ma non è degno di
rispetto come pretende. Sarà un
grande portiere, ma alla scuola di
etica lo avrebbero bocciato.
Uno sportivo dovrebbe essere
d’esempio, soprattutto per i giovani. Una frase retorica? Perché,
allora, i calciatori entrano in campo tenendo per mano bambini e
bambine, e prima dell’incontro
leggono a volte proclami contro
il razzismo? Perché, sempre in
teoria, dovrebbero essere dei
modelli di comportamento. Nel
lontano 1994, ai campionati del
mondo in Usa, dopo la brutta
partita contro la Corea del Sud,
a Dallas, Stefan Effenberg, che
allora militava nella Fiorentina,
rivolse un gestaccio contro il pubblico che lo fischiava. L’allenatore
Berti Vogts lo rimandò a casa.
La nazionale tedesca perdeva il
suo miglior difensore ma, disse
Berti, i campioni devono dare
un buon esempio ai nostri figli. I
tedeschi gli diedero ragione. Che
cosa sarebbe avvenuto in Italia?
© Riproduzione riservata
Iniziative in occasione del sesto centenario dalla nascita I posti migliori a 1.000 dollari per due
In pellegrinaggio alla casa I mormoni star
di Giovanna d’Arco
di Broadway
DI
ANDREA BRENTA
U
na casetta bianca, dal tetto
spiovente, con
finestre a crociera e una piccola porta.
All’interno quattro stanze
vuote, un camino e qualche pannello esplicativo.
Nulla di più.
Così si presenta ai visitatori la casa natale
di Giovanna d’Arco a
Domrémy-la-Pucelle, 50
chilometri da Nancy, in
Francia.
«Siamo sicuri che si
tratti proprio di essa, poiché Giovanna la descrive
durante il suo processo e
i suoi discendenti l’hanno
abitata», spiega Magali
Delavenne, conservatriLa casa natale di Giovanna d’Arco a Domrémy
ce del sito. «Ma la confi gurazione dei locali si è
ferenze, rappresentazioni teatrali, rievocazioni
senza dubbio ampiamente evoluta».
storiche, mostre su Giovanna d’Arco e il Medioevo
Ogni anno 25 mila persone visitano questa
e celebrazioni religiose.
piccola dimora e la chiesa di Saint-Rémy, dove
Un anniversario che capita proprio in concoGiovanna d’Arco pregava. Ma quest’anno la citmitanza con le elezioni politiche francesi. Fin
tadina si attende il doppio di turisti. Per una radal XIX secolo la classe politica transalpina si è
gione precisa: la Pulzella d’Orléans è nata infatti
appropriata del mito di questa giovane morta a
esattamente 600 anni fa, nel 1412.
soli 17 anni per aver voluto liberare il suo paese.
Oltre alla casa natale e alla piccola chiesa, si
Monarchici, repubblicani, laici, religiosi, destra
possono visitare a Domrémy due statue della Vere sinistra: tutti hanno rivendicato un’affiliazione
gine davanti alle quali l’eroina nazionale francese
morale con Giovanna d’Arco. E dopo 600 anni il
era solita pregare, la porta dalla quale partì per
suo mito è più vivo che mai.
Chinon, dove incontrò Carlo VII e un museo.
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Fino alla fine dell’anno sono in programma con-
I protagonisti del musical Book of Mormon
D
al suo lancio, un anno
fa, il musical Book of
Mormon continua
a registrare il tutto
esaurito a Broadway, dove ci
vogliono mesi per trovare un
biglietto a prezzi abbordabili:
i posti migliori venduti all’ultimo minuto arrivano fino a 1.000
dollari per due persone.
Protagonisti di questo musical irriverente, che il New York
Times ha eletto «commedia
musicale del secolo», sono due
missionari mormoni, giovani e
ingenui, inviati in un remoto
villaggio dell’Uganda per convertire la popolazione locale.
Ma l’Africa non è quella del Re
leone: il villaggio è infatti devastato dalle violenze, dalla fame
e dall’Aids e minacciato da un
sanguinario signore della guerra. L’educazione religiosa dei
due missionari non li ha affatto preparati a un tale choc. Ma
alla fine i due maldestri giovani
riusciranno nel loro intento.
Talvolta volgare e sacrilego, il
musical scritto da Trey Parker
e Matt Stone (noti per la serie
South Park) insieme a Robert
Lopez, è riuscito nella missione
più difficile: non attirarsi le ire
della Chiesa di Gesù Cristo dei
Santi degli ultimi giorni.
I biglietti per la tournée nazionale, che comincia quest’estate prima dell’attesissima tappa
a Londra, nel 2013, vanno già
a ruba.
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