STUDIO DI RISONANZE BARIONICHE ATTRAVERSO LA

STUDIO DI RISONANZE BARIONICHE ATTRAVERSO LA
FOTOPRODUZIONE DI MESONI SCALARI, VETTORIALI E DI
PARTICELLE STRANE (I Parte)
Rachele Di Salvo
Lezione 22
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RICHIAMI DI QCD
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA QCD (Cromodinamica Quantistica)
La QCD è considerata attualmente come la teoria più accreditata per la descrizione delle
interazioni forti.
Ricordiamone gli elementi fondamentali:
I quark sono i costituenti elementari che risentono delle interazioni forti e i mediatori
sono i gluoni, che non risentono nè dell’interazione e.m. nè di quella debole.
I quark esistono in 6 varietà di sapore (flavour): u, d, s, c, b, t.
Ciascun quark di un determinato sapore può esistere in tre varietà di “colore”: R, G, B.
Il “colore” è la sorgente del campo forte, come la carica elettrica lo è del campo e.m.
Gli unici stati che si realizzano in natura sono quelli completamente antisimmetrici nelle
variabili di colore (singoletti di colore). Gli adroni sono quindi globalmente neutri dal
punto di vista del colore, cioè non portano colore.
I quark all’interno del nucleone si comportano come se fossero liberi (proprietà della
libertà asintotica), come si osserva dalla diffusione di elettroni sul nucleone ad elevato
momento trasferito (Q2 → ∞ che equivale a r → 0).
I quark non esistono allo stato libero (proprietà del confinamento), come si osserva dalla
diffusione a basso momento trasferito (Q2 → 0 che equivale a r → ∞). Nel regime del
confinamento la costante di accoppiamento è molto grande.
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RICHIAMI DI QCD
Dagli ultimi due punti precedenti si evince il comportamento della costante di accoppiamento
αS (Q2 ) delle interazioni forti, nei limiti di r → 0 e di r → ∞:
αS (Q2 )
−→
Q2 →∞,r→0
αS (Q2 )
0
−→
Q2 →0,r→∞
regime di libertà asintotica
∞
regime di confinamento
Tale comportamento può essere confrontato con quello della costante di accoppiamento e.m.:
αE.M. (Q2 )
αE.M. (Q2 )
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−→
Q2 →∞,r→0
−→
Q2 →0,r→∞
∞
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SPETTRO DELLE RISONANZE BARIONICHE
Il nucleone possiede un ricco spettro di risonanze, il che dimostra che esso è un oggetto
composito, cioè non puntiforme (al contrario, ad esempio, dei leptoni). Le risonanze del
nucleone sono osservabili nel grafico della sezione d’urto di diffusione di elettrone su protone:
e + p → e0 + X
in funzione dell’energia dell’elettrone diffuso, E 0 a un angolo fissato di diffusione, o, il che è lo
stesso, in funzione del modulo della massa invariante W del sistema fotone virtuale-protone e
che rappresenta la massa dello stato intermedio creato.
N.B. m2R = W 2 = (pN + qγ ∗ )2 , pN e qγ∗ = quadrimpulso del nucleone e del γ virtuale
scambiato.
Per valori di W dell’ordine di 1.2 GeV (1a regione delle risonanze), è presente un’unica
risonanza, la ∆(1232). Per valori superiori (2a , 3a , 4a regione), sono presente molte
risonanze e non è più possibile separarne il contributo a causa della loro larghezza.
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SPETTRO DELLE RISONANZE BARIONICHE
Quando il protone viene eccitato, ciò significa che l’urto non è più elastico e che una parte
dell’energia dell’elettrone viene ceduta al protone non per produrre energia cinetica, ma per
eccitare i quark all’interno del protone stesso (lo stesso si può dire se l’urto avviene su
neutrone). Lo stato eccitato di un protone o di un neutrone è detto “risonanza” del protone
o del neutrone. La risonanza è ancora un barione, cioè ha numero barionico=1.
Quando la risonanza barionica si diseccita, essa decade generalmente in un protone (o in un
neutrone) e uno o più mesoni (in generale pioni, ma può anche decadere in η, η 0 , ω). Il
barione prodotto dal decadimento può anche non essere il protone o il neutrone, bensı̀ una Λ
o una Σ, purchè sia conservato il numero barionico. In tal caso il mesone prodotto in
concomitanza dovrà essere un kaone K, per la conservazione della stranezza nelle interazioni
forti. Vediamo qualche esempio:
e + p → e0 +
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N∗
,→
,→
,→
,→
,→
,→
p + π0
n + π+
p + π+ + π−
n + π+ + π0
p+η
Λ + K+
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RISONANZE BARIONICHE NELLA DIFFUSIONE
PIONE-NUCLEONE
Le risonanze barioniche sono osservabili anche nelle reazioni pione-nucleone (le vide Fermi
per la prima volta negli anni ’40-’50).
I picchi della sezione durto in corrispondenza di determinati valori dell’energia nel C.M.
possono essere interpretati come la formazione di stati risonanti del nucleone di massa pari a
quell’energia. Alle risonanze, stati di vita media molto breve (perchè decadono per
interazioni forti), possono essere associati numeri quantici, come la massa, la parità, il
momento angolare.
In tal caso esempi di reazione sono le seguenti:
π+ + p →
π− + p →
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∆++
∆0
∆0
→ π+ + p
→ π− + p
→ π0 + n
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RISONANZE BARIONICHE NELLA DIFFUSIONE
PIONE-NUCLEONE
Anche in questo caso, nella prima regione delle risonanze è chiaramente visibile la risonanza
∆(1232). N.B. La scala delle energie è rovesciata, rispetto a quella di prima, nella quale
erano raffigurati da sx. verso dx. valori crescenti delle energie dell’elettrone uscente e quindi
decrescenti della massa invariante del sistema.
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RISONANZE BARIONICHE NELLA DIFFUSIONE
PIONE-NUCLEONE
In questo caso la risonanza ha una massa MR pari all’energia totale del C.M., che,
supponendo il protone fermo nel sistema del laboratorio, è data da:
(MR )2 = (pπ + pp )2 = (EπLAB + mp )2 − (~
pπLAB ) 2 =
=
(EπLAB )2
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+ m2p + 2EπLAB mp − (~
pπLAB ) 2 = m2π + m2p + 2EπLAB mp
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RISONANZE BARIONICHE NELLA FOTOPRODUZIONE DI
MESONI (DIFFUSIONE FOTONE-NUCLEONE
Gli stessi stati risonanti sono poi stati osservati anche nelle reazioni di fotoproduzione, nelle
quali il fotone eccita elettromagneticamente il nucleone e produce una risonanza barionica,
che poi decade fortemente in uno o più mesoni e un nucleone.
Ecco qualche esempio di reazioni di fotoproduzione:
γ + p → π0 + p
γ + n → π0 + n
γ + p → π+ + n
γ + n → π− + p
γ+p→η+p
γ+n→η+n
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CARATTERISTICHE DELLE RISONANZE BARIONICHE
Poichè il principale modo di decadimento delle risonanze barioniche è il decadimento forte (in
un nucleone e uno o più mesoni), la vita media di tali risonanze sarà molto breve e cioè
dell’ordine dei tempi tipici delle interazioni forti:
τ ≤ 10−23 ÷ 10−24 s
Per la relazione di indeterminazione di Heisenberg, questo equivale a dire che
l’indeterminazione sull’energia della risonanza (cioè la larghezza della risonanza), che è
inversamente proporzionale a τ , sarà molto grande:
=10−15 m
Γ=
z}|{
~c
200M eV · f m
~
=
≥
' centinaio di M eV
τ
τc
(10−24 ÷ 10−23 )s · 3 · 108 m/s
Le larghezze tipiche delle risonanze barioniche sono dell’ordine del centinaio di MeV.
Considerando che i valori delle loro masse possono differire tra loro anche solo di poche decine
di MeV, questo significa che nella sezione d’urto totale le varie risonanze si sovrappongono.
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CARATTERISTICHE DELLE RISONANZE NUCLEONICHE
Ecco una lista di alcune delle risonanze del nucleone previste dai modelli nella seconda
regione delle risonanze:
P11 (1440)
D13 (1520)
S11 (1535)
F15 (1680)
ed ecco un dettaglio del contributo di tali risonanze che ci si attende per la fotoproduzione
del π 0 (si intravede la coda della ∆(1232)).
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STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE
La scala delle energie alla quale il nucleone si eccita in una delle sue risonanze (senza quindi
venire spaccato dal proiettile, come succede nella diffusione profondamente anelastica) e poi
si diseccita, è la scala delle energie dette intermedie, in corrispondenza delle quali la costante
di accoppiamento delle interazioni forti (come abbiamo visto prima) è grande, perchè siamo
nel regime del confinamento.
In tale regime energetico, i quark che compongono il nucleone (e che si scambiano gluoni tra
loro) non possono quindi essere descritti come liberi e quando il fotone li colpisce, l’effetto è
quello di far transire lo stato in un livello eccitato (eccitazioni radiali, angolari), cioè i quark
si dispongono in uno stato energetico diverso, ma il nucleone non si spacca. Successivamente
esso ritorna allo stato fondamentale, diseccitandosi, e cioè emettendo uno o più mesoni.
Non è possibile quindi descrivere le ampiezze di probabilità dei processi, usando quello che
viene definito un approccio “perturbativo” della teoria di QCD, come si fa alle alte energie
(quando cioè si sviluppano le ampiezze in termini di potenze della costante di accoppiamento,
termini che, essendo questa molto minore di 1, vanno decrescendo in importanza fino ad
essere trascurabili).
Alle basse energie, occorre invece costruire dei modelli semi-fenomenologici che tentano di
descrivere il nucleone in termini dei suoi gradi di libertà effettivi. Ciascuno di tali modelli si
basa sull’assunzione di una certa hamiltoniana per descrivere l’interazione quark-quark e
quindi prevede un diverso spettro delle risonanze del nucleone e loro modi di decadimento.
Perchè un modello possa essere considerato valido, esso deve predire non solo lo spettro degli
stati eccitati ma anche le ampiezze di transizione tra gli stati eccitati e lo stato fondamentale.
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STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE
Molti modelli per la descrizione del nucleone partono dalla descrizione di tre quark
costituenti equivalenti (Constituent Quark Models) e sono basati su:
un potenziale a lungo ”range” responsabile del confinamento (ad esempio un potenziale
di tipo oscillatore armonico più un termine anarmonico perturbativo per eliminare le
degenerazioni nel numero quantico principale N );
un termine iperfine a corto ”range”, dipendente dallo spin, che provoca la separazione
tra risonanze che si trovano nello stesso livello di oscillatore armonico, ma hanno spin
differenti (come il nucleone e la ∆(1232)).
Altri modelli, invece, considerano due dei tre quark più legati tra loro (“di-quark”) e il terzo
meno legato. Gli stati eccitati predetti da tali modelli sono ovviamente in numero minore,
perchè minore è il numero di gradi di libertà del sistema.
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STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE
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STUDIO DELLA STRUTTURA DEL NUCLEONE
La teoria è in grado di riprodurre in modo abbastanza soddisfacente l’andamento dei primi
livelli sperimentali. Tuttavia il numero di risonanze previste dai modelli è di gran lunga
superiore a quello osservato sperimentalmente. Questo dà origine al problema delle
cosiddette “risonanze mancanti” (“missing resonances” in inglese).
Le risonanze vengono indicate con una notazione analoga alla notazione spettroscopica dei
livelli eccitati nucleari:
L2I 2J (mR )
dove:
L = S, P, D, ... è il momento angolare con il quale viene
emesso il pione rispetto al nucleone nel decadimento
della risonanza ⇒ determina diverse distribuzioni
angolari dei prodotti finali nel sistema del C.M.
I è l’isospin della risonanza;
J è lo spin della risonanza;
mR è la massa della risonanza.
Le risonanze si dividono in due grandi categorie:
isospin I = 1/2 → chiamate N ∗ : esistono in due stati di carica (+/0). Il protone e il
neutrone sono i livelli più bassi.
isospin I = 3/2 → chiamate ∆∗ : esistono in quattro stati di carica (++/+/0/-). Le
∆(1232) sono il livello più basso.
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In generale l’ampiezza di una fotoreazione (e quindi la sua sezione d’urto) contiene il
contributo di più risonanze simultaneamente.
Ogni risonanza può venir eccitata da un multipolo elettrico e uno magnetico (a eccezione di
alcuni casi particolari), a seconda dei numeri quantici del fotone incidente, e a questi
corrispondono distribuzioni angolari diverse della sezione d’urto nel C.M.
⇒ Risonanze con diverso J producono distribuzioni angolari diverse nella sez. d’urto diff.
⇒ Come si vede però dalla tabella, le risonanze con lo stesso J ma opposta parità hanno
stesse distribuzioni angolari.
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Problema delle “risonanze
mancanti”
⇒ è un problema teorico?
(non sono stati individuati i
corretti gradi di libertà del
nucleone?)
⇒ è un problema sperimentale?
(non sono state adoperate
tecniche adeguate per rivelare
gli stati risonanti?)
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DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE
Il principale problema che si incontra è quello già descritto prima e cioè che il canale di
decadimento dominante delle risonanze nucleoniche è il decadimento forte attraverso
l’emissione di uno o più mesoni
⇒ le vite medie degli stati eccitati sono quelle tipiche delle interazioni forti
(τ ' 10−23 − 10−24 s)
⇒ le larghezze degli stati risonanti sono dell’ordine del centinaio di MeV
⇒ Dal momento che le masse delle risonanze spesso differiscono tra loro di appena una
decina di MeV, vi è una grande sovrapposizione tra le diverse risonanze nella sezione d’urto
totale del processo.
⇒ Questo rende molto difficile identificare e separare le varie risonanze nella sezione d’urto
totale inclusiva di fotoassorbimento su nucleone:
γ+p→X
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γ+n→X
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DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE
⇒ La situazione migliora se si seleziona uno specifico canale di decadimento nello stato
finale. Si ha infatti il vantaggio che si riduce il numero delle risonanze coinvolte nel processo
e quindi il quadro da analizzare è più chiaro. Vediamo ad esempio la differenza tra le
risonanze che contribuiscono in queste due reazioni di fotoproduzione:
γ + p → p + π0
γ+p→p+η
Fotoproduzione di π 0
Fotoproduzione di η
Come si vede, nel caso della fotoproduzione di η, per ragioni che spiegheremo tra poco, le
risonanze che contribuiscono sono molte di meno e quindi possono essere individuate più
facilmente.
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DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE
⇒ Nel caso della fotoproduzione dell’η si verifica che ad energie poco sopra la soglia di
fotoproduzione dell’η, contribuisce solo la risonanza S11 (1535) che è una risonanza di tipo
N ∗ . Infatti il contributo di tale risonanza è chiaramente visibile nella sezione d’urto totale di
fotoproduzione di η:
γ+p→η+p
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DAL PUNTO DI VISTA SPERIMENTALE
⇒ Dato che le risonanze hanno momenti angolari definiti, i loro prodotti finali hanno
distribuzioni angolari diverse nel C.M.; quindi, se le risonanze che contribuiscono al processo
sono poche, è possibile individuarle anche nel comportamento delle sezioni d’urto differenziali
della reazione.
Se però le risonanze che contribuiscono simultaneamente nella stessa regione di energia sono
molte, le distribuzioni angolari si mescolano e quindi lo studio può non essere sufficiente.
⇒ Un modo per ovviare a questo problema è quello di usare un fascio di fotoni polarizzato
(e/o un bersaglio di nucleoni polarizzati) e ciò permette di separare meglio il contributo delle
varie risonanze (per ragioni che non spieghiamo qui).
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REGOLE DI CONSERVAZIONE DI ISOSPIN
L’isospin, come sappiamo, è un numero quantico che viene conservato nelle interazioni forti.
Pertanto esso deve essere conservato nel vertice del decadimento forte della risonanza in
mesone e nucleone.
La fotoproduzione di un mesone con
I = 0 può avvenire solo se nello stato
intermedio la risonanza prodotta ha
I = 1/2 (risonanze di tipo N ∗ )
La fotoproduzione di un mesone con I = 1
può avvenire se nello stato intermedio è
stata prodotta sia una risonanza con
I = 1/2 sia una con I = 3/2 (risonanze di
tipo N ∗ e di tipo ∆)
⇒ I mesoni isoscalari (η, η 0 , ω) sono un “filtro” di isospin.
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