APPROFONDIMENTO-REGOLE

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LE REGOLE FANNO BENE AL CERVELLO
Si sa, nell’adolescenza, la voglia di esprimersi, decidere e… volare non ammette limiti. Scontrarsi
con regole e divieti per molti ragazzi può sembrare perciò inconciliabile.
La ricerca di affermazione e autonomia dei figli adolescenti non è tuttavia in antitesi con il rispetto
delle regole e con il contenimento educativo.
Appare inopportuno pensare che i figli adolescenti siano già grandi e maturi da essere in grado di
gestire da soli la propria vita: la loro voglia di crescere li porta, a volte, a bruciare qualche tappa e a
mettere in atto comportamenti errati e pericolosi.
Non significa mancare di fiducia, ma semplicemente continuare ad accompagnare i figli verso l’età
adulta, orientandoli nelle scelte e stando loro vicini nelle difficoltà, facendo così evitare loro rischi e
problemi.
In tale prospettiva è necessario dunque mantenere alto il potere contrattuale dell’educazione:
concessioni e divieti, aperture e sanzioni vanno commisurati a quanto i figli riescono a meritarsi sul
campo, senza eccezioni e senza deroghe: in un clima di chiarezza, autorevolezza e disponibilità i
figli saranno in grado di capire gradualmente cosa è bene fare per conquistarsi libertà e autonomia
senza rischiare più di tanto e introiettando i giusti valori.
In questa direzione stanno andando anche alcuni recentissimi studi di neurofisiologia in tema
di psicologia dello sviluppo e di educazione. Attraverso infatti l’utilizzo della Risonanza
magnetica funzionale (REM) e della Tomografia a emissioni di positroni (PET) si è potuto
constatare che una relazione educativa basata su regole, contenimento e ovviamente disponibilità
(rispecchiamento e conferma dei bisogni altrui) favorisce una “chimica” cerebrale in grado di
sviluppare neuroni in numero, forma e funzionalità di livello superiore e quindi più adattivo.
Tale risultato neurofisiologico realizza nei bambini e negli adolescenti (il cui cervello è ancora
plastico e suscettibile di modificazioni strutturali e funzionali) una maggiore capacità di affrontare
con successo situazioni, relazioni e contesti grazie alla possibilità di usufruire di maggiori e più
adattive competenze relative alla sfera emozionale e affettiva.
Oggi i giovani, i giovanissimi e i bambini, al di là dell’apparente sicurezza e autonomia ostentate,
appaiono disorientati, fragili e frastornati, proprio in virtù di un maggior livello di stress interno,
causato da alti livelli di cortisolo (ormone dello stress) nel cervello, provocati soprattutto dalla
mancanza di un adeguato contenimento da parte degli adulti di riferimento. E’ come se fossero
lanciati in corsa senza freni, senza casco e non avendo, perché nessuno lo insegna loro, alcuna
consapevolezza di limiti, pericoli e finalità delle azioni e dei comportamenti.
In questa situazione, se si cade, ci si può far male. A volte parecchio.
E al giorno d’oggi le occasioni per farsi male sono numerose.
Sintonizzarsi con un figlio non significa solamente sentire ed accogliere le sue richieste, ma
anche sentire il suo profondo bisogno di confini.
E’ dunque proprio certo: i “no” fanno davvero crescere. Anche a livello neurofisiologico.
I FIGLI CI LEGGONO (QUASI) NEL PENSIERO
Da sempre le scienze dell’educazione, della psicologia dello sviluppo e gli studi sull’infanzia e
l’adolescenza hanno dibattuto circa la migliore modalità per uno sviluppo ottimale della personalità
dei soggetti in età evolutiva.
Nel corso del tempo sono stati numerosi (e spesso non in accordo tra loro) gli approcci al tema e le
teorie, tanto da sviluppare mode, tendenze e controtendenze non sempre rispondenti ai reali bisogni
dei bambini e dei ragazzi.
La confusione su queste tematiche è aumentata soprattutto quando i ritmi accelerati e lo stress
caratteristici degli ultimi tempi hanno prodotto una serie di luoghi comuni sull’educazione,
funzionali più alle esigenze degli adulti che a quelle dei figli: il lavoro, la carriera, la realizzazione
professionale, gli impegni e il tempo sempre più contratto hanno via via sviluppato e addirittura
organizzato una serie di false teorie e luoghi comuni molto radicati, difficili da scalzare e da
modificare.
Una discreta quota di persone è convinta infatti che ai figli debba essere concesso tutto, non si
debba far mancare nulla, non si debbano dare troppe regole e che fino ad una certa età (all’incirca 34 anni) siano completamente inconsapevoli della realtà esterna, tanto da non riuscire a capire quanto
sta succedendo intorno a loro.
Si è convinti altresì che il malessere, il disagio e le condotte disadattate degli adolescenti con il
crescere vadano quasi sempre incontro ad una remissione spontanea: basta solo aspettare che passi e
sopraggiunga un po’ di maturità.
Mentre riviste ed opinion leader dell’ultima ora tentano di offrire ricette e formule preconfezionate
e i contributi scientifici tradizionali non riescono a modificare le condotte educative nella direzione
di un migliore approccio ai figli, studi recentissimi e le più avanzate ricerche in questo ambito
stanno offrendo risultati, e quindi indicazioni, di portata notevolissima, addirittura
rivoluzionaria.
Qualche anno fa è stata scoperta nel cervello una nuova classe di neuroni, detti specchio (neuro
mirror), i quali si attivano non solo quando un soggetto compie un’azione, ma anche quando
vede compiere un’azione: è come se ognuno di noi fosse provvisto di un simulatore interno che gli
consente di sentire quello che fa un nostro simile, percependone sensazioni, emozioni e intenzioni.
Questi neuroni, insieme ad altre strutture neurofisiologiche del cervello, costituiscono
probabilmente la base dell’empatia, competenza posseduta da noi esseri umani per sentire in tempo
reale quello che l’altro sta sentendo. Ma la cosa più straordinaria è che questa competenza la
possiedono anche i bambini, probabilmente fin dal quarto mese di vita (sembra che il vecchio detto
che “i bambini hanno le antenne” sia proprio vero).
La scoperta è rivoluzionaria, paragonabile alla scoperta in biologia del DNA. I bambini, fin da
piccolissimi, riescono a percepire l’intenzione degli adulti di riferimento, essendo in grado di
sintonizzarsi con gli stati d’animo, con le emozioni e con le sensazioni di chi li accudisce e si
prende cura di loro.
Durante la crescita tali competenze possono svilupparsi o meno in base alla qualità dell’interazione
tra genitori e figli (l’incontro tra l’attaccamento e l’accudimento è cruciale per lo sviluppo di ogni
futuro itinerario di vita).
Questi studi, confermati da sofisticate metodiche di indagine non invasiva quali la Risonanza
magnetica funzionale (REM) o la Tomografia a emissione di positroni (PET), abbattono quindi
una grande quantità di luoghi comuni sull’educazione e relativizzano numerose teorie psicologiche
giudicate fino ad ora incrollabili: i bambini non sono una tabula rasa né possiedono alla nascita
caratteri preformati ed ogni figlio, per sviluppare appieno la propria personalità, necessita di
realizzare una buona sintonia con gli adulti che lo circondano, affinché possa sentire serenamente e
chiaramente che gli altri sentono quello che lui sta percependo. Solamente attraverso
rispecchiamenti nutrienti e sintonie decodificabili i figli, fin da piccolissimi, sono in grado di
crescere forti e autonomi, sviluppando un attaccamento sicuro foriero di indipendenza,
autostima e buona capacità di connettersi con gli altri lungo l’intero arco dell’esistenza.
Una buona educazione emotiva appare quindi il migliore rapporto da istaurare con il proprio
figlio per renderlo competente, efficace, autonomo, sicuro e in grado di affrontare con successo le
inevitabili frustrazioni della vita. Una sorta di “vaccino” in grado di aiutare ciascun figlio ad
evitare quei pericoli che soprattutto nella preadolescenza e nell’adolescenza diventano insidiosi
(bullismo, tossicodipendenza, alcolismo, anoressia, bulimia, dipendenza da Internet, ecc…).
La scoperta dei neuroni specchio e della capacità di sintonizzarsi con i genitori è talmente recente
che, oltre ai resoconti dei protocolli scientifici di ricerca e ad articoli per addetti ai lavori, non esiste
ancora nulla che possa aiutare i genitori e gli educatori a realizzare una buona educazione emotiva
sulla base di queste scoperte.
GLI SPECCHI DELLA MENTE
E' ormai accertato che i figli, da quando nascono, sono completamente dipendenti dalle figure di
accudimento non soltanto da un punto di vista fisico (nutrimento, pulizia, difesa da ogni possibile
pericolo, ma anche mentale. Pur non sapendo di esistere infatti, i neonati percepiscono comunque di
essere: più precisamente tendono automaticamente a rispecchiarsi nella mente di chi si prende cura
di loro per crearne una propria.
I bambini, ma anche i figli più grandi, hanno infatti bisogno di sperimentare genitori in grado di
stabilire chiare e prevedibili connessioni tra quanto 'pensano' e quanto 'sentono'; hanno altresì
bisogno che gli stessi genitori insegnino loro a fare altrettanto.
Una buona sintonia tra gli stati mentali interni di un soggetto e tra gli stati mentali di soggetti
in relazione tra loro è foriera di benessere, autonomia e sviluppo.
Quando in questo gioco di specchi il livello di sintonia e di regolazione reciproca (cioè
chiarezza, prevedibilità, intesa, condivisione) viene a mancare o è in difetto, si genera
inevitabilmente malessere, soprattutto nei bambini.
Madri che soffrono per un trauma non risolto e che non riescono a trovare appoggi e aiuti
significativi possono trasmettere ai loro figli gli effetti negativi del trauma (ansia, paura, angoscia)
attraverso il proprio modo di comportarsi, di sentire e di reagire.
Un esempio di questo 'transfert traumatico intergenerazionale' è dato dai figli dei sopravvissuti ai
campi di concentramento, in quanto hanno spesso condiviso la biochimica del trauma dei genitori
senza aver subito personalmente alcun tipo di trauma.
I genitori che non hanno la capacità di pensare ai propri vissuti negativi, che non trovano le parole
per riflettere suoi propri stati d'animo (in clinica viene definita 'mancanza di funzione riflessiva') e
che per questo si mostrano inaccessibili a qualsiasi 'lettura del pensiero', non offrono ai propri figli
lo sviluppo della capacità di comprendere e gestire il loro mondo interno.
I bambini infatti costruiscono la propria identità regolandosi sugli stati mentali dei genitori e se
questi stati, per qualche problema, si rivelano misteriosi e inaccessibili, per i figli diventa
drammatico trovare un valido baricentro attorno al quale sviluppare un'identità solida e continua.
Qualora i bambini rimangano per lungo tempo in simili situazioni (tendono cioè a ricercare invano
una qualche sintonizzazione), possono disorganizzarsi con gravi ricadute sullo sviluppo e sul
comportamento futuro.
A causa di una prolungata non sintonizzazione il cervello dei bambini e le reti neurali possono
svilupparsi in modo anomalo, con diminuzione dei volumi di alcuni centri nervosi e con decremento
di molte importanti integrazioni dei neuroni della corteccia cerebrale.
LA REGOLA E L'ECCESSO
E’ curioso osservare come, mentre viviamo in una società attenta alla salute (vaccinazioni, cure
mediche, profilassi, ingenti spese economiche per sostenere il Servizio sanitario nazionale) e alla
sicurezza (obbligo del casco e delle cinture, norme fortemente vincolanti per costruire auto e case,
regole precise per la distribuzione e la conservazione dei cibi), il “mercato” di questa nostra
stessa società si muove prevalentemente in direzione opposta, invitando le nuove generazioni a
rischiare e favorendo una enorme quantità di comportamenti a rischio.
Fino a 10, 20 anni fa i valori richiesti potevano considerarsi il “contegno” e il rispetto delle regole;
attualmente si è invece strutturata una vera e propria incitazione a consumare e a godere di quel
consumo, andando incontro inevitabilmente a dei rischi.
Gran parte della produzione di beni, merci e servizi è finalizzata al target giovanile:
abbigliamento, tecnologia, divertimento, tempo libero e altro ancora si orientano quasi
esclusivamente sui bisogni e sui desideri dei giovani, anch’essi sapientemente indotti e portati
all’eccesso dal mercato.
Mode, tendenze e stili di vita sono confezionati ad arte per innescare una domanda acritica e
sfrenata che porta a ingenti guadagni
Ci si trova così nella paradossale situazione di affrontare le stragi del sabato sera, ma continuando
ad aprire le discoteche non prima di mezzanotte; di promuovere vaste campagne contro l’abuso di
bevande alcoliche, ma di vendere e pubblicizzare tali prodotti ovunque e a chiunque, anche ai
minorenni; di essere contro la droga, ma continuando ad affermare l’assurda dicotomia tra sostanze
pesanti e leggere ( cosa vuol dire “leggere?” Che si può usare? Che non fa male? Che è tollerata?);
di sospettare dell’influenza negativa dell’abuso di prodotti tecnologici, ma continuando a rifornire i
figli di qualsiasi cosa le aziende lancino sul mercato.
Anche la cultura sta diventando una “merce insidiosa”: il buon vecchio tema d’italiano sta
lasciando il posto al “pezzo giornalistico”, estromettendo di fatto gli studenti dalla possibilità di
metacomunicare, di riflettere e di esprimersi; all’Università gli esami si affrontano rispondendo a
dei quiz, tanto facilitanti quanto deprimenti.
Il tutto abbassa i livelli di preparazione e chiude le poche possibilità di esprimere talenti e di
realizzarsi in una dimensione futura sempre più incerta e nebulosa (no work, no study).
Ecco dunque aprirsi una nuova dimensione esistenziale: quella del fare, dell’agire, del godere e
del consumare tutto e subito. La Regola ha ormai lasciato il posto all’Eccesso. La Regola aveva
una dimensione temporale proiettata sul futuro; l’Eccesso è imbrigliato in un presente che non
“svolta” mai. La Regola covava il desiderio; l’Eccesso lo deforma e lo spegne. La Regola era fatta
per essere superata e per diventare autonomi e intraprendenti; l’Eccesso fa collassare nella
dipendenza.
I ragazzi del terzo millennio hanno un grande disordine dentro di loro; non riuscendo a gestirlo, lo
spostano nel fare le cose e tendono all’anestesia eccedendo in quello stesso fare.
Prima che si arrivi al codice rosso, conviene ripensare seriamente alla cultura, all’educazione, a
rilanciare valori e a proporre itinerari per un futuro agibile, pensabile e quindi desiderabile.
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