Indice
Presentazione (Piero Iozzia e Luigina Mariani)
Introduzione (Cristina Lodi et al.)
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Capitolo primo
Il concetto ecologico-sociale e la complessità
della sofferenza umana (Giuseppe Corlito e Francesco Bardicchia)
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Capitolo secondo
La formazione e l’aggiornamento nei
programmi ecologico-sociali (Angelo Tedioli)
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Capitolo terzo
Indicazioni per il medico di base (Claudio Zorzi)
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Capitolo quarto
La medicina di base e i servizi socio-sanitari:
una riflessione «meridiana» (Giovanni Aquilino)
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Capitolo quinto
L’approccio ecologico-sociale e la trasformazione
della cultura dominante: la spiritualità antropologica
(Giuseppe Corlito e Maria Antonia Papapietro)
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Capitolo sesto
Problemi complessi (doppi, tripli e multipli):
le «ricadute» (Francesco Bardicchia)
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Capitolo settimo
Depressione e problemi alcolcorrelati (Giuseppe Corlito)
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Capitolo ottavo
Il club degli Alcolisti in Trattamento e i problemi
doppi e complessi (Stefano Alberini e Francesco Piani)
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Il concetto ecologico-sociale e la complessità della sofferenza umana
Capitolo primo
Il concetto ecologico-sociale
e la complessità della
sofferenza umana
Giuseppe Corlito e Francesco Bardicchia
«Le idee non muoiono, sire sonnecchiano talvolta,
si risvegliano poi più forti di prima»
IL GIACOBINO NORTIER A NAPOLEONE
in A. Dumas, IL CONTE DI MONTECRISTO (1844)
Introduzione
Da quando Hudolin ci ha lasciato con l’impegno di continuare il suo (e
nostro) lavoro, molti temi della metodologia ecologico-sociale da lui fondata
sono rimasti «fermi», intendendo non solo che è mancata la produzione
di nuove idee-forza, ma l’aggiornamento del suo notevole lascito teorico e
pratico riguardo l’intero sistema dei Club degli Alcolisti in Trattamento. È il
doppio problema di innovare e di stabilizzare al tempo stesso la metodologia,
per renderla trasmissibile alle prossime generazioni di membri di Club, di
famiglie, di servitori-insegnanti e di formatori.
Il tema dei problemi doppi, cioè l’uso dell’alcol combinato con il disagio
psichico, ha seguito questa strada. A mia memoria l’ultima iniziativa è quella
del «Corso Monotematico dell’Amiata», il primo organizzato nel 1995, i cui
atti sono stati pubblicati dalle Edizioni Erickson e sono ormai andati del
tutto esauriti. Vi era un impegno a produrre un manuale per l’aggiornamen-
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Alcologia e salute mentale
to dei servitori-insegnanti, di cui ero stato investito come uno dei curatori,
che è rimasto lettera morta, nonostante almeno tre miei tentativi, di cui uno
con l’esplicito appoggio della professoressa Hudolin. Non ho potuto quindi
sottrarmi all’invito degli amici dell’Associazione Regionale dei Club degli
Alcolisti in Trattamento, che ha avviato un lavoro di lunghissima e impegnativa
gestazione; ma come Dumas padre fa dire al giacobino Nortier le idee non
muoiono, possono sonnecchiare per poi risvegliarsi.
Fra l’altro questa è una necessità imposta dalla realtà: vi è la diffusa
sensazione che questa problematica sia in aumento; essa ha avuto una risposta neo-istituzionale, la Comunità terapeutica separata per la cosiddetta
doppia diagnosi, che si configura come una riedizione del manicomio, su
cui ho cercato di attrarre l’attenzione di tutti dal 1999. Noi, come sistema
dei Club, abbiamo in merito una «primogenitura» a cui sarebbe colpevole
rinunciare per il classico piatto di lenticchie. Ad oggi non abbiamo dati
certi su quanti siano i problemi doppi nei Club, ma vi è la sensazione che
siano in aumento. Quindi vi sono molte ragioni per cercare di riorganizzare
una risposta.
L’approccio ecologico-sociale
Dal punto di vista teorico la questione è al centro della concezione
complessiva di Vladimir Hudolin; non si tratta di un tema «specialistico»
da lasciare agli addetti ai lavori. Non solo il problema della combinazione
con il disagio psichico è alle origini del lavoro del Professore (che ha trattato il tema dell’alcolismo secondario al disturbo psichico fin dall’inizio;
troviamo, infatti, la ripresa di questo concetto, che è dei primi anni Settanta
nella letteratura professionale [Winokur, 1971], sin nei primi opuscoli
divulgativi curati da Hudolin), ma da esso muove tutta l’elaborazione
dell’ultimo Hudolin, quella degli anni Novanta con la concettualizzazione
dell’approccio ecologico-sociale e della cosiddetta spiritualità antropologica.
Sono i grandi temi dei Congressi di Assisi, che si incentrano sul concetto
della multidimensionalità della sofferenza, termine con cui indichiamo le
varie combinazioni delle diverse tipologie di disagio umano combinate con
i problemi alcolcorrelati. Esse rimandano a una concezione complessiva
dell’uomo inteso come unità bio-psico-sociale inscindibile da quella rete di
Il concetto ecologico-sociale e la complessità della sofferenza umana
relazioni che formano la cultura umana, i suoi codici etici, le sue istituzioni,
la sua produzione e riproduzione longitudinalmente nella storia.
Hudolin considera una dualità artificiale distinguere nella personalità
umana e nella cultura sociale (intesa nel senso complesso del termine tedesco
di Kultur, come civiltà) la «spiritualità» e la struttura bio-fisica nella quale essa
è «inclusa»: essa è frutto di un antico inganno della cultura occidentale che
distingue tra corpo e mente, tra materia e spirito, per cui dobbiamo considerare «doppio» quello che in realtà è unico, anche se complesso proprio perché
attiene all’umano. Dice Hudolin: «Questa dualità artificiale, vuol dire la qualità
spirituale e quella bio-fisica, è da molto tempo discussa anche nella medicina,
senza che si sia trovata né una risposta teorica né una spiegazione somatica,
nonostante l’introduzione di molte teorie somatopsichiche» (1994). Non abbiamo neppure la parola che indica questa unità. Egli insiste: «Questo significa
guardare all’uomo e alla sua famiglia, nella sua complessità cercando di evitare
una dicotomia totale che da una parte vede solo i problemi somatici, e dall’altra
le caratteristiche spirituali umane, da una parte la qualità economica-materiale
e dall’altra la qualità spirituale umana. Tale divisione non può essere fatta».
Tutto ciò ci porta a pensare al concetto ecologico-sociale come a un
approccio teorico-pratico, che concepisce l’essere umano e il suo gruppo
sociale di appartenenza come il risultato di un equilibrio dinamico, un
sistema aperto, in cui la dimensione culturale e sociale sono preminenti.
La multidimensionalità della sofferenza
Per concretezza didattica sotto la categoria di multidimensionalità della
sofferenza indichiamo alcuni problemi complicati o multipli:
– i problemi doppi, di cui è oggetto questa trattazione, che riguardano la
combinazione tra uso dell’alcol e disagio psichico;
– i problemi tripli che riguardano la combinazione tra uso dell’alcol, quello
delle droghe e disagio psichico;
– i problemi multipli o complessi propriamente detti, che indicano le molteplici
combinazioni tra uso dell’alcol, quello delle droghe e disagio psichico,
condotta violenta o illegale, problemi fisici, essere senza dimora ecc.
L’attualità di tali problematiche, introdotte con notevole perspicacia da
Hudolin sulla base dell’esperienza e dello studio della letteratura internaziona-
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Alcologia e salute mentale
le — con almeno un decennio di anticipo rispetto allo sviluppo del dibattito
italiano — è legata anche a nuove evidenze di natura epidemiologica.
– In primo luogo vi è un aumento dei disturbi emotivi nelle società occidentali: ricerche nei paesi anglossassoni avevano rilevato una prevalenza
annua della morbilità psichiatrica nella popolazione generale del 25% nei
primi anni Ottanta e del 30% nei primi anni Novanta.
– Secondo l’OMS i consumi di alcol rimangono elevati in tutto l’Occidente,
per quanto si segnalino in diminuzione soprattutto in Italia, mentre sono
in aumento nel terzo e quarto mondo.
– Sono aumentati i rischi psicopatologici connessi all’impatto massiccio delle
cosiddette «nuove droghe» o «sintetiche», che sono un mix di «vecchie
droghe» (anfetamine e allucinogeni), e all’effetto a lungo termine dell’uso
epidemico della cannabis, rischi che colpiscono soprattutto le giovani
generazioni, che esordiscono con un’età di primo «assaggio» sempre più
bassa (13-14 anni) e per i quali la porta d’ingresso è l’alcol.
– Paradossalmente in Italia, a fronte del «paradosso» della riduzione del
consumo di alcol, è aumentato il suo consumo da parte dei giovani: coloro
che determinano la riduzione complessiva sono stati i forti bevitori, che
hanno smesso o ridotto.
– Circa la metà degli utenti dei servizi psichiatrici fanno uso di alcol o di
sostanze.
– Circa la metà degli utenti dei Ser.T hanno un disturbo psichico.
Tutto questo significa che la combinazione tra uso dell’alcol e disagio
psichico, casualmente combinati tra loro, è in aumento, a fronte di una
politica istituzionale che separa i servizi competenti e condanna a «cadere
nel crepaccio» quella fetta consistente di essi, che è portatore di entrambi
i problemi.
I problemi doppi
I problemi doppi, cioè la combinazione tra uso dell’alcol e disagio
psichico, sono stati spesso presenti nei Club fin dalla loro origine; tale
presenza è stata spesso sovradimensionata, soprattutto all’inizio del lavoro
dei Club per il rapporto con i servizi psichiatrici. Hudolin, allo scopo di
Il concetto ecologico-sociale e la complessità della sofferenza umana
proteggere il sistema da tendenze «distruttive», cioè dal gravarlo di un carico
eccessivo oltre le sue effettive possibilità, indicò una quota limite del 20%,
cioè 2 famiglie con problemi complessi ogni 10 per Club: tale percentuale,
pur rappresentando una regola aurea, che ha trovato conferma in un recente
studio sperimentale del gruppo grossetano, è stata molto spesso violata. Per
fare fronte a questo tipo di problemi, vale ancora la raccomandazione che i
servitori insegnanti devono essere preparati e aggiornati sui problemi doppi;
durante la settimana di sensibilizzazione su 50 ore complessive di lavoro sono
dedicate ad essi nell’ipotesi migliore solo alcune ore del giovedì. Sul tipo di
aggiornamento rimando alle interessanti considerazioni di Angelo Tedioli
(vedi capitolo due), che raccomanda una educazione alla comprensione e alla
tolleranza nei confronti della diversità, cosa che condivido.
Sulla percentuale esatta di problemi doppi nei Club non vi sono dati
certi; la stessa banca dati nazionale non ne fornisce direttamente. Ho fatto
una stima indiretta considerando la percentuale di coloro che all’ingresso nel
Club riferiscono di ricorrere a cure psichiatriche in rapporto a tutti coloro
che hanno problemi con l’alcol (la scelta di una rilevazione per Club e non
per membro limita l’indagine): la media così ricavata per gli anni 2000,
2001 e 2002 è del 6%. Credo che sia un calcolo per difetto, che riguarda
la metà circa di tutti i Club italiani.
È oggi di moda parlare di doppia diagnosi; più correttamente nella
letteratura professionale si parla di comorbilità a indicare la compresenza
di due o più patologie. Il tema si è imposto dopo che le classificazioni internazionali, soprattutto quella proposta dagli psichiatri americani, hanno
accentuato la segmentazione delle categorie diagnostiche, smarrendo il senso
dell’unità dell’essere umano e dovendo poi ricostruire «contenitori» più
ampi per far fronte alle esigenze della realtà. In tal senso «doppia diagnosi»
è una definizione amministrativa, necessaria per affrontare il problema delle
competenze separate dei servizi (salute mentale e Ser.T in Italia), problema
esplosivo di fronte al crescere dei bisogni. Come abbiamo già detto il 50%
degli utenti dei due servizi rischiano di essere abbandonati e questa fetta
di popolazione non assistita può incrociare i programmi dei Club. Siamo
ben lontani dalla soluzione del problema, i tentativi di consensus conference
promossi da varie associazioni di professionisti hanno dato pochi risultati.
L’approdo reale, complice l’indicazione ministeriale di due anni fa, è quello
delle Comunità Terapeutiche «separate», di cui ho già criticato il rischio
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Alcologia e salute mentale
neo-manicomiale, e per i quali, a fronte di costi economici rilevantissimi,
non ci sono evidenze scientifiche che ne dimostrino la validità.
Per quanto riguarda i Club ritengo utile rimanere alla lezione di Hudolin
e continuare a parlare di problemi doppi sulla scorta anche di un’abbondante
letteratura internazionale, che usa la stessa dizione.
Psichiatria e alcologia
A suo tempo Hudolin, nel rivendicare un trattamento congiunto dei
due problemi e una competenza unitaria dell’addictionalogy o addiction
psychiatry (1994), ridefinì i rapporti tra i campi disciplinari della psichiatria
e dell’alcologia con un doppio incrocio:
1. la psichiatria alcologica descrive i sintomi psichici di un problema alcolcorrelato (da qui in avanti PAC) o complesso, che quindi risulta essere
primario, e quindi è considerata parte dell’alcologia;
2. la alcologia psichiatrica descrive le sindromi psichiatriche combinate con
un PAC, che quindi risulta essere secondario; essa deve essere considerata
parte normale della psichiatria.
In tutta la sua lunga carriera Hudolin, per quanto fosse sostenitore di
un approccio demedicalizzato e depsichiatrizzato ai PAC, ha sostenuto la
necessità di collocare, almeno in parte, l’alcologia nel campo della psichiatria.
Egli riteneva che in entrambi i gruppi di problemi doppi, indicati da queste
categorie, i Club e i servizi pubblici debbano cooperare, come è scritto nel
patrimonio genetico dei Club, soprattutto nel secondo caso, quello dell’alcologia psichiatrica, cioè nel gruppo dei disturbi psichiatrici combinati
con i PAC, dove l’intervento specialistico psichiatrico è indispensabile ed è
rischioso che ai Club venga delegato l’intero trattamento.
Si è a lungo discusso, spesso ideologicamente, sul rapporto tra PAC e
disagio psichico (la famosa distinzione tra primario e secondario). Su questo
la posizione di Hudolin è stata chiara: la combinazione può essere causale
nel senso che un problema provoca l’altro e si tratta della minoranza dei casi;
oppure può essere casuale, cioè per caso i due problemi possono coesistere
nella stessa persona in quanto si tratta di problemi ad alta incidenza e prevalenza (30% della popolazione generale per i disturbi emotivi e 40% per i
PAC). È ovvio che questa seconda situazione rappresenta la maggioranza dei
Il concetto ecologico-sociale e la complessità della sofferenza umana
casi. Il professore sulla base della sua esperienza riteneva che il trattamento
nei Club potesse essere utile per entrambi i problemi. Credo che dovremmo
sviluppare ricerche idonee a confermare questa ipotesi.
La psichiatria alcologica
La psichiatria alcologica si occupa di sintomi psichiatrici causati da
una disfunzione cerebrale. Essi hanno dunque una chiara causa organica;
possono essere secondari all’alcolismo come, ad esempio, nel caso della
demenza alcolica che provoca un processo deteriorativo cerebrale causato
dall’uso prolungato dell’alcol; possono anche essere secondari al bere come
nel caso di disturbi psicotici acuti caratterizzati da una florida sintomatologia
delirante e allucinatoria che sono scatenati anche dall’assunzione di modeste
quantità di alcol.
I PAC possono eccezionalmente derivare da un danno organico cerebrale; se c’è stato un trauma cranio-cerebrale, che ha danneggiato la barriera ematoencefalica la quale protegge il sistema nervoso centrale (di qui
in avanti SNC), si può determinare una ipersensibilità all’alcol, nel senso
che piccole quantità di alcol possono produrre rilevanti sintomi psichici.
Può anche accadere che durante lo sviluppo di una demenza di Alzheimer
la tipica perdita dell’autocontrollo con il deterioramento delle facoltà superiori, produca un ricorso all’alcol prima inesistente o in qualche misura
tenuto sotto controllo.
In tutti questi casi è necessario che la persona sofferente segua le prescrizioni del medico, anche se la frequenza costante del Club e il raggiungimento
di una sobrietà stabile sono molto utili. L’unico rischio è che si sviluppi un
rapporto molto forte tra le persone, che soffrono di danni cerebrali deteriorativi, le loro famiglie e il servitore insegnante del Club.
La psichiatria alcologica si occupa anche dei disturbi mentali e
comportamentali causati dagli effetti psicoattivi dell’alcol:
– Il delirium tremens, che è un disturbo complesso psico-fisico, uno stato
tossico confusionale, caratterizzato da un grave squilibrio idro-elettrolitico,
potenzialmente mortale nel 15% dei casi; da un tremore marcato, che
lo può precedere nell’insorgenza; da un annebbiamento della coscienza e
da una vivida sintomatologia psichiatrica, caratterizzata da allucinazioni
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di piccoli animali, le cosiddette microzopsie, per cui la persona continua
a scacciare dal letto insetti, che solo lui percepisce, e da allucinazioni dei
grandi animali (più rare); e infine dal delirio occupazionale, per cui la persona
in ospedale ripete i gesti del proprio lavoro. Esso richiede un’assistenza in
unità di trattamento intensivo. Il delirium tremens viene considerato la
sindrome di astinenza dall’alcol, anche se differisce molto dall’astinenza da
altre sostanze psicoattive, che non presentano sintomi psichici così forti.
Tale caratteristica, che probabilmente sottolinea il carattere relazionale
dell’uso dell’alcol, si associa anche alla rilevazione empirica che nel Club
molte persone sospendono anche bruscamente l’assunzione di alcol senza
incorrere nel delirium tremens.
– L’allucinosi alcolica acuta è un quadro caratterizzato da allucinazioni uditive
e visive, che si manifestano durante o dopo un periodo di forte consumo
di alcol. Essa è caratterizzata da coscienza lucida, a differenza del delirium,
ed è considerata la manifestazione più di uno stato di deterioramento
che di astinenza. È tipico il quadro della persona che si sente offesa e
ingiuriata da voci allucinatorie soprattutto dopo il crepuscolo oppure
può vedere — più raramente — delle ombre minacciose. La sospensione
totale dell’assunzione di alcol è molto utile, mentre una ricaduta alcolica
può produrre una ripresa dell’allucinosi, anche se questo non è scontato.
Sono descritte anche forme ad andamento cronico, che sono interpretate
come schizofrenie che l’uso dell’alcol ha slatentizzato, funzionando cioè
da fattore scatenante, non causale.
– La sindrome alcolica intermedia raggruppa una serie di quadri intermedi tra
il delirium tremens e l’allucinosi con sintomatologia digradante dall’una
all’altra.
– L’ebbrezza patologica indica l’insorgenza improvvisa in persone abitualmente tranquille, da sobri, di comportamenti aggressivi e spesso violenti
in seguito all’assunzione di quantità di alcol anche modeste, che in altri
non producono di solito ubriachezza. Essa spesso è seguita da un lungo
sonno e da amnesia. Sembra essere associata ad anomalie elettroncefalografiche che sembrano legate a danno cerebrale soprattutto a carico del
lobo frontale.
Tutti e quattro i quadri precedenti necessitano della prescrizione di una
terapia medica e psichiatrica, di natura sedativa, ansiolitica e neurolettica
(i neurolettici sono «tranquillanti maggiori» indicati nel trattamento dei
Il concetto ecologico-sociale e la complessità della sofferenza umana
sintomi psicotici, cioè deliri e allucinazioni). Contemporaneamente essi
richiedono una prolungata astinenza che può essere conseguita con una
frequenza prolungata e costante del Club.
L’alcologia psichiatrica
Nell’ambito della alcologia psichiatrica il Professore propose tra il 1993 e il
1994 — durante due corsi di sensibilizzazione tenuti a Collegno, a Lenno e poi
nel Corso Monotematico dell’Amiata e nell’introduzione al libro sui programmi
toscani — una semplice classificazione a uso dei servitori-insegnanti, basata sulle
classificazioni professionali internazionali, che credo dobbiamo mantenere. Essa
risente della cultura psichiatrica di Hudolin, una cultura «tradizionale», che
si rifà alla psichiatria europea classica, recepita dalla classificazione dell’OMS,
soprattutto la nona revisione, a cui egli stesso aveva contribuito, partecipando
a lungo al Comitato degli esperti, e che prescinde dalle successive classificazioni
dell’Associazione degli psichiatri americani, oggi di moda. A mio avviso essa
ha il vantaggio di mantenere una comprensione antropofenomenologica dei
sintomi psichiatrici, che si è persa nella classificazione eccessivamente categoriale
dei vari DSM (III e IV). Nella tradizione europea la descrizione dei sintomi è
finalizzata alla comprensione del mondo psichico della persona, nella definizione categoriale statunitense invece, i sintomi psichiatrici, la loro elencazione
e il loro numero servono solo a inserire riduttivamente il comportamento di
una persona in una certa categoria diagnostica.
La classificazione proposta da Hudolin mostra le sindromi psichiatriche
tradizionali nella loro combinazione con i PAC, in questo consiste la sua
originalità.
1. Schizofrenie e psicosi simili
2. Disturbi affettivi (specialmente la depressione) con il connesso rischio
di suicidio (vedi capitolo sei)
3. Ansia, disturbi associati allo stress, disturbi psicosomatici
4. Ritardo mentale
5. Disturbi del comportamento: personalità asociali e antisociali
6. Disturbi psichici associati al puerperio
7. Disturbi della condotta alimentare (tale categoria, trattata nel presente
Manuale, non era presente nella Classificazione proposta da Hudolin)
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Alcologia e salute mentale
A questi quadri diagnostici vanno aggiunte delle condizioni specifiche,
che completano la classificazione di Hudolin:
1. Disturbi psichici nell’infanzia e nell’adolescenza
2. Alcolismo nell’età anziana
3. Alcolisti senza dimora o skid row alcoholics
Nell’ambito dell’alcologia psichiatrica dobbiamo collocare alcune
«vecchie» sindromi psichiatriche, cioè quelle che oggi consideriamo delle
«complicanze estreme» dell’alcolismo, sempre più rare dal punto di vista
epidemiologico, ma che nella nosografia psichiatrica tradizionale costituivano
il nucleo centrale delle patologie alcolcorrelate di pertinenza psichiatrica.
Tra queste vanno ricordate:
1. Delirio cronico di gelosia
2. Psicosi amnesica di Korsakov
3. Dipsomania o alcolismo periodico
4. Epilessia alcolica
5. Demenza alcolica
Epidemiologia e definizioni dei problemi doppi (la cosiddetta «comorbilità psichiatrica»)
Abbiamo visto come sempre più spesso nella letteratura scientifica si
incontrino termini come doppia diagnosi o più opportunamente double
sindrome o comorbilità per indicare ciò che Hudolin definiva «problemi
alcolcorrelati e complessi»: la combinazione di problemi alcolcorrelati con
un disagio di tipo psichico (problemi doppi), combinazione a volte complicata da problemi drogacorrelati, comportamentali, somatici, spirituali
(Hudolin, 1994).
Gli studi effettuati riportano dati discordanti sul rapporto che
esiste fra i problemi alcolcorrelati e i disturbi psichici: ci sono delle
situazioni in cui esiste un rapporto di pura casualità e situazioni in cui
è possibile riscontrare una relazione causa-effetto. Sicuramente è più
utile e pratico affrontare tali problemi, parlando di «multifattorialità»,
termine che rimanda alla complessità della sofferenza di chi convive con
tali problematiche.
Il concetto ecologico-sociale e la complessità della sofferenza umana
Dalla letteratura scientifica, comunque, emerge che la condizione di
comorbilità con disturbi psichiatrici fa sì che la gravità e la tendenza alla
cronicizzazione delle problematiche mediche, sociali e psicologiche siano
maggiori rispetto alla condizione di un unico problema, a causa dei maggiori tassi di ospedalizzazione, dei peggiori esiti di trattamento e dei costi
sociali totali (Drake et al.,1993; Okin et al., 1995). I dati epidemiologici
ci indicano quanto è esteso percentualmente il problema.
Con la diffusione dei criteri di classificazione nosografica del DSM
(Diagnostic and Statistical Manual Disorders), l’interesse per la comorbilità psichiatrica, ha ricevuto un impulso sorprendente (Cassano et al.,
1999). In accordo ai criteri del DSM, nel 32% delle donne e nel 24%
degli uomini la «dipendenza da alcol» si associa a un altro disturbo psichiatrico di Asse I (dove si classificano i disturbi psichiatrici maggiori)
o di Asse II (dove si classificano i disturbi di personalità); la frequenza
di comorbilità sale al 62% e rispettivamente al 39% se si prendono in
esame anche i disturbi psichiatrici pregressi, cioè accaduti in passato
(Robins et al., 1988).
In particolare nei disturbi d’ansia, l’associazione più frequente sembra aversi con l’agorafobia (cioè la paura degli spazi aperti) nelle donne e
con la fobia sociale (cioè la paura dei rapporti sociali) nei maschi, con una
incidenza complessiva (misura epidemiologica che indica il numero dei
nuovi casi in una popolazione) relativamente all’agorafobia e al disturbo di
panico (cioè l’attacco acuto d’ansia), che oscilla tra il 5% ed il 42% (Otto
et al., 1992).
Tra i disturbi dell’umore o affettivi, una depressione clinicamente
significativa si può ritrovare nel 40-50% dei casi (O’ Sullivan et al., 1983;
Cassano e Garonna, 1984; Schuckit, 1986) e può essere potenzialmente
suicidaria nel 10-15% di essi (Weissman e Myers, 1980).
Gli studi sulla comorbilità di Asse II sono numerosi, anche se il ruolo
dei disturbi di personalità o anche dei singoli aspetti della personalità nell’uso dell’alcol, rimane controverso (Guazzelli et al., 1997). Utilizzando il
DSM III De Jong et al. (1996) hanno dimostrato che almeno un disturbo
di Asse II è diagnosticabile nel 25%-91% di chi utilizza sostanze, con una
netta predominanza dei disturbi borderline (5%-65%), istrionico (12%64%) e antisociale (3%-55%).
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