Massimo Mucchetti Gli operai e il sogno tedesco, in Corriere della

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di: Massimo Mucchetti
da: Corriere della Sera, 28 Maggio 2008
LA PROPOSTA SACCONI SUI DIPENDENTI AZIONISTI
Gli operai e il «sogno» tedesco
La partecipazione dei lavoratori alle decisioni delle imprese è stata evocata da Maurizio
Sacconi, nell' intervista a Sergio Rizzo su questo giornale, e prontamente rilanciata da
Raffaele Bonanni e Tiziano Treu. Il tempo dirà se si tratta della mera riaffermazione dell'
originaria identità socialista del ministro del Welfare e della matrice cristiano-sociale del
leader della Cisl e dell' ex ministro prodiano, o se, invece, i tre siano i pionieri di una svolta
che non piacerebbe alla Confindustria e alla Cgil. Nell' attesa si può ragionare. Per
cominciare, va ricordato che già oggi nessuna norma impedisce la partecipazione dei
dipendenti al capitale e al governo di un' impresa. Serve però il consenso delle parti. L'
imprenditore, infatti, non può essere obbligato a cedere parte del capitale né l' acquisizione
ostile di una minoranza azionaria avrebbe senso. E anche in un quadro consensuale con il
management di una società quotata, sarebbe comunque arduo per i lavoratori comperare
abbastanza titoli da imporre in assemblea proprie liste di minoranza per il consiglio di
amministrazione e per il collegio sindacale. Certo, se si reinvestisse il trattamento di fine
rapporto, talvolta ci sarebbero i numeri. Ma poi come alimentare i fondi pensione e
ripartire il rischio? Piccole quantità di azioni sono state offerte ai dipendenti nel corso delle
privatizzazioni o dei collocamenti in Borsa. Ma si è trattato di premi, di forme di
remunerazione variabile, non della premessa di quella nuova governance che Bonanni
individua nella partecipazione dei dipendenti al consiglio di sorveglianza al quale tocca poi
nominare il consiglio di gestione. Chi volesse soffocare i sogni di Bonanni potrebbe citare
Alitalia, Fs o Rai quali esempi di invadenza sindacale. Ma farebbe demagogia come chi
citasse Parmalat o Enron per bocciare padroni e manager. In realtà, la proposta della Cisl è
nobile e riflette l'esperienza tedesca della Mitbestimmung.
Sacconi, è vero, non la vorrebbe riprendere tal quale: in questa fase postideologica, il
ministro ipotizza quale forma di partecipazione la nomina di un sindaco da parte dei
dipendenti-soci; e a questo lega gli eventuali incentivi, nella convinzione che un' editio
minor basterebbe a garantire una maggior condivisione di obiettivi e risultati dell' impresa.
E però la vicenda tedesca resta ineludibile. La codecisione venne avviata nel 1951 nelle
grandi imprese siderurgiche e minerarie dal cancelliere democristiano Konrad Adenauer
quale forma di governo dell' economia sociale di mercato mentre i comunisti venivano
esclusi dalle cariche pubbliche. Fu invece, nel 1976, il socialdemocratico Helmut Schroeder
a estendere la codecisione a tutti i gruppi maggiori. Nelle imprese con oltre 12 mila
dipendenti, il consiglio di sorveglianza è ora equamente diviso tra i rappresentanti dei soci e
dei lavoratori con voto doppio per il presidente.
In quelle dai 2 mila ai 12 mila, il lavoro ha solo un terzo dei seggi. Nel 2004, la
Confindustria tedesca ha cercato di far decadere la codecisione, ma senza risultati: le forme
di flessibilità introdotte dal cancelliere Gerard Schroeder sono bastate a rilanciare la
Germania al vertice del commercio mondiale. Mezzo secolo di storia tedesca ha fatto ormai
emergere tre punti: a) se la ritiene conveniente, un governo democratico può introdurre la
codecisione per legge e senza incentivi che, una volta ammessa la pluralità delle formule
gestionali, distorcerebbero la concorrenza; b) la codecisione poggia non su partecipazioni
azionarie, ma su una cultura della collaborazione che depotenzia i conflitti tra capitale e
lavoro, nel presupposto che entrambi esprimano interessi legittimi e di pari dignità; c) la
codecisione rallenta il processo decisionale, ma assicura coesione ed efficienza nel lungo
termine in un' economia ricca di grandi gruppi. Chi identifica l' impresa con i suoi azionisti
potrà accettare la distribuzione di azioni ai dipendenti, non il modello tedesco, che in Italia
trova un solo parziale precedente nell' eresia di Adriano Olivetti. Del resto, la codecisione
deriva da una scelta politica, che nel tempo si è rivelata bipartigiana e dunque
postideologica, ma che politica rimane.
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