Costa-and-Pesce final.indb

annuncio pubblicitario
CA PI TOLO 9
Verso uno standard di catalogazione su
software e dati aperti: il progetto VRC
Fabrizio Giudici*, Alick Macdonnel McLean†,
Augusto Palombini‡,
Sommario. Il progetto Visual Resource Collaborative (VRC), della
Syracuse University in Florence (SUF) è un Database relazionale studiato per la catalogazione e la fruizione on-line del patrimonio culturale. La sua realizzazione si basa sull’idea di una condivisione di codici,
dati e metadati secondo la quale, a valle della realizzazione del software open source, ciascuna istituzione può fruire liberamente di esso,
mettendo a propria volta a disposizione i propri dati e divenendo un
nodo del sistema. Le istituzioni e i singoli interessati possono sin d’ora
contattare il progetto VRC scrivendo agli autori.
Abstract. The Syracuse University in Florence “Visual Resource Collaborative Project” (VRC), is a relational database conceived for the classification and on-line diffusion of Cultural Heritage. The project core is an
extention of the concept of source code sharing: thanks to the use of Open
Source software, each institution can use the VRC to share its data and,
thus, becoming a system ’node’. Insitutions and people who are interested
in the project may contact VRC project, writing to the authors.
1. Le origini di VRC
Le origini del progetto Visual Resource Collaborative (VRC), della Syracuse
University in Florence (SUF), aiutano a comprendere la struttura e le potenzialità di uso allargato di questo strumento. Il Media Lab della Syracuse Uni-
Standard di catalogazione: VRC
101
versity in Florence iniziò a sviluppare Visual Resource Collaborative nel 2003,
in rapporto alle necessità interne dei propri docenti di passare dagli strumenti
analogici per la gestione di diapositive a quelli digitali. Si concluse che la via più
conveniente per portare dall’analogico al digitale una parte quanto più ampia
possibile del materiale, nel minor tempo, era quella di proporre un “do ut des”
che è poi divenuto il nucleo del lavoro e della filosofia della SUF. Ogni docente
mise a disposizione una parte della propria collezione di slides elaborate alla
Syracuse University, e le ricevette indietro su CDs, in directories distinte e con
i dati di catalogazione incorporati nel formato dei files.
Tutte le slides di ciascun professore vennero quindi messe a disposizione,
a turno, di colleghi e studenti di tutte le classi. Lo scambio era e resta tuttora
semplice: in cambio della possibilità di ricevere, da parte dell’università, il
servizio di digitalizzazione e catalogazione delle proprie slides, per uso individuale, ciascuno deve consentire all’intera comunità universitaria l’accesso
ai propri dati.
La rapida adozione di tali servizi di catalogazione e digitalizzazione da parte
di svariate discipline ha poi costretto a sviluppare strumenti di catalogazione
molto flessibili, in grado di adattarsi anche a nuovi campi della conoscenza, con
il crescere degli interessi interdisciplinari.
Nessuna soluzione già pronta soddisfaceva tali esigenze, e si è quindi deciso
di sviluppare un database in autonomia, optando per il DB relazionale Open
Source PostgreSQL, che è stato usato per offrire uno strumento di catalogazione semplice e tuttavia infinitamente estendibile, consistente in entità, date,
valori e modificatori di relazione. Tutti i termini sono basati su standard e tutti
i dati immessi dispongono di backup bibliografico.
2. VRC e la catalogazione del Patrimonio Culturale
La proposta di VRC, al di là del suo uso contingente e delle indubbie utilità
pratiche, può essere vista anche sotto la prospettiva di un valore metodologico
che ha una precisa collocazione nel contesto della storia delle discipline cui si
riferisce. Vi è un evidente analogia fra l’idea originale di VRC e gli interessi di
archeologi e storici: la consapevolezza della pubblica utilità dei dati, da sottolineare, e la trasparenza dei processi. L’idea di una catalogazione flessibile, grazie
alla quale è possibile ridisegnare costantemente i rapporti tassonomici fra gli
attributi di un oggetto, rappresenta infatti un potente strumento di ricerca.
La storia dei processi di classificazione in archeologia è strettamente legata
all’evoluzione stessa della disciplina, delineando i diversi approcci che si sono
succeduti allo studio del passato. Già per gli studi antiquari del XVII secolo la
classificazione (almeno nelle intenzioni) rappresentava una forma basilare di
conoscenza e di attribuzione di valore. La svolta rappresentata dagli studi di
Winckelmann si pone proprio su questo piano.1. Le crono-tipologie della prima
metà del XX secolo, prima che il radiocarbonio risolvesse su un altro piano il
problema della determinazione cronologica, rappresentano ulteriori sforzi nella
102
Open Source, Free Software e Open Format nei processi di ricerca archeologica
medesima direzione. Ma il denso dibattito sull’effettiva capacità delle classificazioni di contribuire a reali passi in avanti della ricerca è un problema tutt’oggi
aperto (per una trattazione dettagliata della questione si veda: Palombini 2001).
In sintesi, il problema nasce da un duplice uso possibile delle classificazioni:
come griglie rigide, in cui incasellare oggetti e definirli, cioè attribuire loro
una precisa identità, o come strumenti di lavoro flessibili, che tratteggiano gli
aspetti salienti di un oggetto solo in funzione di una momentanea operazione
euristica, che può essere rielaborata alla luce della creatività del ricercatore
nel formulare nuove ipotesi di lavoro. Questo aspetto è già stato affrontato da
altre discipline, e cruciale nell’epistemologia moderna2, con la distinzione “fra
aspetto ontologico e aspetto epistemologico dell’eidos (l’eidos è un dato o un
posto? lo trovo nella cosa o lo applico alla cosa per renderla intelligibile? )”
(ivi, 258, corsivo originale), ma tale piano di riflessione non è sempre chiaro
agli archeologi, tuttavia è indubbia la possibilità infinitamente maggiore del
secondo tipo di approccio dal punto di vista delle potenzialità di ricerca.
Va inoltre osservato che a fianco di alcuni parziali vantaggi (diffusione di
modelli standard, possibilità di query meccaniche e facilitate), una tipologia
intesa come rigida griglia classificatoria presenta molti inconvenienti: l’adattamento di modelli rigidi a realtà multiformi (si pensi ai dibattiti sulla tipologia
litica), la difficoltà di traduzione e switching delle definizioni nei diversi sistemi
di misura (si pensi ai diversi calendari o alle definizioni territoriali succedutisi
nella storia dell’umanità).
Inoltre, e soprattutto, la definizione di relazioni rigide e precostituite fra gli
attributi di un elemento ostacola in modo spesso fatale il mutamento dello
schema nel tempo, l’autocorrezione dello schema stesso, la messa in discussione delle strategie utilizzate, il riconoscimento di nuovi criteri degni di considerazione, etc.
La difficoltà a riconoscere il valore di una classificazione dinamica, in grado
di riformulare continuamente se stessa, di arricchirsi di nuovi attributi e di
riformulare le relazioni fra gli attributi stessi, è oggi superata dalle possibilità
offerte dai database di ultima generazione, ed in questo contesto VRC rappresenta una novità assoluta in grado di aprire alla ricerca archeologica e storicoartistica delle prospettive assolutamente innovative su diversi piani:
•Sul piano della divulgazione: facilitando la diffusione di informazioni sul
patrimonio culturale, e insegnando che la creatività è elemento essenziale
nell’attività di ricerca per mettere a fuoco relazioni nuove fra le informazioni.
•Sul piano metodologico della ricerca: come potente strumento dinamico
per costruire e riorganizzare archivi senza rischi di obsolescenza, ma anche
aprendo la via a un nuovo pensiero classificatorio, e spingendo gli studiosi
a strategie di comunicazione e collaborazione.
•Sul piano finanziario: grazie all’approccio Open Source che consente filiere
di lavoro fruibili per un uso diffuso anche nei paesi in via di sviluppo, dove
Standard di catalogazione: VRC
103
l’uso di software commerciale presenta insormontabili problemi economici. Inoltre, come l’Unesco ha spesso sottolineato3 i file realizzati in formati aperti, nell’ambito dei Beni Culturali, offrono una maggiore garanzia
di non divenire obsoleti o andare perduti, in quanto è molto più diffusa,
frequente e semplice la loro riproduzione e trasmissione, anche attraverso
il web.
3. VRC: gli aspetti tecnici
Il progetto VRC è basato sul concetto di catalogazione di entità generiche
(oggetti d’arte, reperti, agenti umani, luoghi, materiali, geo-dati, etc…) che
possono essere legate da relazioni arbitrarie (ad esempio “L’oggetto X si trova
alle coordinate X,Y”, “L’oggetto Y è stato scoperto da Tizio” etc). Questa impostazione prevede la gestione di una serie di campi (le entità: nomi geografici,
di persone, date, etc., in modo analogo ad un DB tradizionale, ma anche la
gestione di una serie di relazioni, che possono essere trattate a propria volta
come campi. In questo modo è possibile non solo modificare dinamicamente
e in qualunque momento l’intera struttura della definizione di un elemento:
es. da:
“l’oggetto x è stato scoperto da Paolo ed è conservato nel museo di Torino
dall’anno 2000”
a:
“l’oggetto x è stato scoperto da Mario ed è conservato nel museo di Firenze dall’anno 2002” )
ma di creare catene di campi, personalizzando costantemente dimensioni e
definizioni dei record:
es. da:
“l’oggetto x è stato scoperto da Paolo ed è conservato nel museo di
Torino”
a:
“l’oggetto x è stato scoperto da Mario, la scoperta è stata erroneamente
attribuita a Paolo, è conservato nel museo di Firenze dal 2001 ed è stato
conservato nel museo di Torino dal 2000 al 2001”
Particolare attenzione è infatti rivolta alla rappresentazione di relazioni
mutevoli (la storia degli spostamenti di un manufatto o i cambi di nome) e
104
Open Source, Free Software e Open Format nei processi di ricerca archeologica
alla rappresentazione delle date, attraverso un sistema pensato appositamente
per le esigenze archeologiche e storico-artistiche in grado di mantenere precisione di giorno e ora, come pure rappresentare datazioni archeologiche e
paleontologiche con vari gradi di approssimazione, dal giorno-mese-anno
all’era geologica.
Inoltre, la catalogazione è studiata per la coesistenza di criteri multipli prevedendo classificazioni di località secondo criteri amministrativi, geografici
o geopolitici e persino storici (le province dell’Impero Romano o di quello
Cinese). Ad ogni oggetto sono associabili documenti (fotografie, planimetrie,
modelli 3D, etc.) per cui definire politiche di accesso in base al copyright. Un
motore di ricerca consente selezioni complesse e facenti uso di relazioni.
Oltre a realizzare nodi di database, fruibili sia attraverso un’interfaccia web
che applicazioni specializzate, VRC consente di costruire reti “peer to peer”
che scambiano informazioni grazie a tecnologie di Web Semantico. L’uso della
lingua franca RDF rende anche possibile interfacciamenti con altri archivi.
VRC è un progetto modulare, composto da parti che possono anche integrarsi a componenti diversi:
(1)
(2)
(3)
(4)
il nucleo di gestione della base di dati;
un’interfaccia Web;
moduli per l’integrazione con applicazioni indipendenti “rich client”;
un modulo di elaborazione fotografica.
L’interfaccia web è studiata con criteri di semplicità ed efficienza e richiede
semplicemente l’uso di un browser con capacità Ajax, senza particolari requisiti hardware (ad esempio mantenendo la compatibilità con dispositivi economici come il laptop da $100 del M.I.T.).
Per la parte fotografica, VRC può estrarre informazioni dai metadati presenti nei formati di immagine più diffusi (EXIF, XMP) per facilitare l’attività
di catalogazione. Nella roadmap del progetto è inclusa la capacità di archiviare immagini in formato “camera raw” proprietario o aperto, e convertirle
al volo, in toto o in parte, in formati più facilmente fruibili sul web (JPEG,
PDF) o per scopi editoriali. Nella roadmap di VRC sono incluse le capacità
di elaborare immagini HDR, panoramiche, in realtà virtuale e CAD 2D/3D.
Infine, l’elaborazione di immagini si basa su una libreria di digital imaging
ricca di funzionalità (usata anche dalla NASA) prestandosi all’implementazione di sofisticati algoritmi, qualora necessari per scopi specialistici. È anche
supportato il Grid Computing.
Syracuse University in Florence è orientata ad offrire VRC come un progetto
open source in due sensi: code e data chiedendo alle altre istituzioni la stessa
disponibilità alla condivisione sia del software che dei dati. Il progetto è basato
su Java e altre tecnologie open source, garantendo la portabilità su qualsiasi
piattaforma (Linux, Windows, Mac OS X).
Standard di catalogazione: VRC
105
Aggiornamento (2013)
Gli sviluppi del progetto VRC successivi alla realizzazione di questo lavoro non
sono stati ulteriormente seguiti dagli scriventi a seguito dell’interruzione del
rapporto del lavoro di uno di essi con la Syracuse University of Florence. Il
tema dell’uso delle tecniche di web semantico per forme di archiviazione on
line di elementi del Patrimonio è stato peraltro affrontato nell’ambito di altri
progetti quali ad esempio blueOcean (Giudici e Palombini 2010).
Notes
*
†
‡
1
2
3
Tidalwave s.a.s.
Syracuse University in Florence.
Virtual Heritage Lab, ITABC-CNR, Roma.
Bianchi Bandinelli 1976, p. 12.
Eco 1968.
Bradley, Lei e Blackall 2007.
Riferimenti bibliografici
Bianchi Bandinelli, R. (1976). Introduzione all’archeologia. Roma Bari: Laterza.
Bradley, K., J. Lei e C. Blackall (2007). Towards an Open Source Repository and
Preservation System. UNESCO.
Eco, U. (1968). La struttura assente. Milano: Bompiani.
Giudici, Fabrizio e Augusto Palombini (2010). «blue Ocean: un framework
open source per la realizzazione di CMS semantici». In: ARCHEOFOSS
Atti del IV Workshop: “Open Source, free formats, open software nei processi di ricerca archeologica. A cura di P. Cignoni, A. Palombini e Pescarin S.
Archeologia e Calcolatori, supplemento. Firenze: All’Insegna del Giglio,
pp. 245-249.
Palombini, Augusto (2001). «Miti e pregiudizi nell’uso dei sistemi di classificazione in archeologia». In: Rassegna di Archeologia 18, pp. 127-144.
Scarica