507 Recenti Prog Med 2015; 106: 507-516 Invecchiare bene nel XXI secolo: strategie politiche, sociali e individuali Martina Ronchetto1, Flavio Ronchetto2 Riassunto. L’invecchiamento della popolazione è una conquista, ma a causa della tendenza all’aumento del fenomeno in tutti i Paesi del globo è anche una preoccupazione e una sfida per gli Stati e la società. Partendo dal quadro demografico attuale negli Stati membri dell’Unione europea e dalle previsioni future, viene fornito un quadro generale della relazione tra invecchiamento e salute, enfatizzandone alcuni aspetti di carattere sociale, politico e attinenti la persona. In particolare, vengono presi in esame i modelli teorici, le strategie e le azioni multilivello proposte per invecchiare bene e dignitosamente, soffermandosi sul modello dell’invecchiamento attivo e in salute promosso nel 2012 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unione Europea. Well ageing in the XXI century. Political, social and individual strategies. Parole chiave. Invecchiamento demografico, invecchiare bene, invecchiamento attivo e in salute, politica sociale, solidarietà intergenerazionale, stile di vita. Key words. Active and healthy ageing, demographic ageing, intergenerational solidarity, lifestyle, social policy, well ageing. Introduzione 65 e più anni pone una grande sfida per la politica sociale – in particolare per l’impatto sul sistema dei servizi e la finanza pubblica – e per il lavoro, chiamando direttamente in causa la solidarietà tra generazioni. Le preoccupazioni sono di tale portata da indurre organizzazioni e istituzioni internazionali a intervenire con proposte e suggerimenti rivolti agli Stati membri perché rispondano alla sfida con politiche adeguate3-5. In Europa, per sensibilizzare al problema e promuovere una nuova cultura dell’invecchiamento basata su una “società per tutte le età”, l’Unione Europea (UE), con la decisione 940/2011/UE (in Italia pubblicata su GU L246/5 del 23.09.2011), ha proclamato il 2012 Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni4. In questo lavoro, partendo dalla situazione demografica attuale e dalle previsioni future, si intende fornire un quadro della relazione tra invecchiamento e salute, enfatizzandone alcuni aspetti di carattere sociale, politico e attinenti la persona. In particolare, saranno illustrate le strategie e le azioni multilivello proposte per invecchiare bene e dignitosamente. Invecchiamento e salute sono argomenti che sempre più si collocano al centro dell’interesse scientifico di molteplici discipline, quali la gerontologia/geriatria, l’epidemiologia, la sociologia e l’economia1. In alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, alcuni aspetti relativi alle conseguenze sociali, economiche e finanziarie dell’invecchiamento della popolazione (si pensi al tema delle pensioni, alla sostenibilità del welfare, all’accesso alle cure e all’assistenza) trovano ampia diffusione mediatica e animano il dibattito pubblico. Da molti cittadini e da alcuni settori della società questo fenomeno, conosciuto anche come “population greying”, è visto con preoccupazione e percepito come una minaccia (un onere a carico delle persone più giovani e in età lavorativa), da molti altri come una conquista, nella misura in cui consegue all’allungamento dell’aspettativa di vita, legata al miglioramento delle condizioni sociali e dei sistemi sanitari, al progresso scientifico e tecnologico1-3. Il trend demografico che muove verso un ulteriore aumento della percentuale di persone di Assolombarda, Milano; 2ASL TO4 Ivrea. Pervenuto il 29 marzo 2015. Accettato l’8 giugno 2015. 1 Summary. Population ageing is a triumph, but because to the tendency to the increase of the phenomenon in all countries of the globe, it is also a concern and a challenge for national governments and societies. Starting from the current picture in the States of European Union and the future predictions, it’s provides an overview of the relationship between ageing and health, emphasizing some social, political and person-related aspects. In particular, it’s examined the theoretical models, strategies and multilevel actions proposed to well-ageing and with dignity, focusing on the model of “active and healthy ageing” promoted in 2012 by the World Health Organization and the European Union. 508 Recenti Progressi in Medicina, 106 (10), ottobre 2015 Dimensione, previsioni future, conseguenze dell’invecchiamento demografico Europa e Italia Lo scenario demografico attuale e le previsioni future delineano una popolazione mondiale sempre più longeva: le persone con più di 60 anni, se oggi sono poco meno di un miliardo, nel 2050 ammonteranno a due miliardi3. In Europa (UE27) l’invecchiamento demografico – sebbene con un andamento diseguale e divari di grandezza, rapidità e tempistica all’interno dei Paesi e tra i vari Paesi membri – è una realtà comprovata e in corso da decenni4-7. L’età media è la più alta del mondo e l’aspettativa di vita è aumentata di 5 anni dal 1980 superando, a oggi, i 76 anni sia per le donne che per gli uomini7 (tabella 1). Al 1° gennaio 2010, le persone di 65 anni e oltre erano 87 milioni, corrispondenti al 17,4% della popolazione complessiva (501 milioni); la comparazione di questi dati con quelli registrati al 1° gennaio 1985 permette di rilevare un aumento della componente anziana rapportata al totale della popolazione di 4,6 punti percentuali (dal 12,8% al 17,4%)7. Si prevede che la speranza di vita alla nascita passerà, per gli uomini, da 76,7 anni nel 2010 a 84,6 nel 2060 e, per le donne, da 82,5 a 89,1 anni8. Entro il 2060 quasi un terzo (27,6%) degli europei avrà 65 e più anni su una popolazione totale di 570 milioni e vi saranno meno persone in età lavorativa (la quota della popolazione tra i 15 e i 64 anni di età scenderà dal 67% al 56%). In Italia, dove la speranza di vita raggiunge oggi i 79,6 anni per gli uomini e l’84,4 anni per le donne, una radicale trasformazione della struttura per età della popolazione è in atto da qualche decennio. Alla data del 1° gennaio 2013 l’indice di vecchiaia era 151,4 (ovvero, vi erano 151,4 anziani con più di 65 ogni 100 giovani con meno di 15 anni) – tra i Paesi UE28, solo la Germania aveva un indice di vecchia più alto (158,0) – (tabella 1)9. Nel prossimo futuro, si prevede che questa tendenza proseguirà: se, a oggi, gli italiani over 65 sono il 21,4% del totale della popolazione residente, nel 2050 rappresenteranno il 31,5%9,10. In tale contesto, nei Paesi europei, in assenza di politiche efficaci, tra qualche anno potrebbero essere seriamente compromessi dimensioni e forma dei servizi pubblici, capacità di crescita economica e tenore di vita dei cittadini. Sulla base di queste considerazioni, nel 2001 il Consiglio europeo di Stoccolma ha definito una strategia in tre punti, composta da: 1) riduzione del debito pubblico; 2) accrescimento dell’occupazione, in particolare dei lavoratori più anziani, e della produttività; 3) riforma dei sistemi di sicurezza sociale. Più recentemente, la triplice strategia si è arricchita nell’ambito del programma Europa 2020 che prevede, tra gli altri obiettivi di crescita, quello di aumentare il tasso di occupazione per donne e uomini di età compresa tra 20 e 64 anni al 75% entro il 2020, da conseguire offrendo maggiori opportunità lavorative, in particolare a donne, giovani, lavoratori più anziani e meno qualificati e immigrati regolari12. Il raggiungimento del target produrrebbe grande beneficio per tutte le età sulle condizioni di vita. Le implicazioni macroeconomiche Nella UE27, l’indice di dipendenza strutturale degli anziani (che fornisce una misura, seppure approssimativa, del grado di dipendenza economico-sociale tra le generazioni che per età si collocano fuori e dentro il mercato del lavoro – rispettivamente 65 e più anni e 15-64 anni) raggiungerà livelli senza precedenti (al 2010 la media europea era di 49,3% e nel 2060 arriverà al 53,5%)10. Si stima che la spesa pubblica direttamente legata all’età per la protezione sociale (pensioni, sanità e assistenza a lungo termine) crescerà, dal 2010 al 2060, di oltre 4 punti percentuali del prodotto interno lordo (PIL)11. Nella media UE28 la quota destinata alla protezione sociale assorbe attualmente il 29% del PIL, e l’Italia con il 29,7% si colloca al settimo posto tra i Tabella 1. Speranza di vita e indice di vecchiaia* nella UE28 e in alcuni Paesi europei (anno 2013). Speranza di vita alla nascita Indice di vecchiaia Uomini Donne UE28 77,5 83,1 116,6 Francia 78,7 85,4 96,7 Germania 78,6 83,3 158,0 Italia 79,6 84,4 151,4 Regno Unito 79,1 82,8 97,7 Spagna 79,5 85,5 115,8 *L’indice di vecchiaia è il rapporto percentuale tra l’ammontare della popolazione anziana di 65 anni e oltre, e la popolazione di età inferiore a 15 anni. Dati Istat9. M. Ronchetto, F. Ronchetto: Invecchiare bene nel XXI secolo. Strategie politiche, sociali e individuali Tabella 2. Spesa per la protezione sociale in alcuni paesi della UE28 rispetto al prodotto interno lordo (Pil), (anno 2011)9. Paesi 2011 UE28 29,0 Austria 29,5 Belgio 30,4 Francia 33,6 Germania 29,4 Italia 29,7 Lussemburgo 23,1 Paesi Bassi 32,3 Polonia 19,2 Regno Unito 27,3 Repubblica Ceca 20,02 Romania 16,3 Spagna 26,1 Svezia 29,6 Ungheria 23,0 Dati Istat . 9 Paesi membri (tabella 2)9. Tradizionalmente l’Italia è uno dei Paesi che destinano la parte più elevata della spesa sociale (espressa in termini di spesa pro capite) alla previdenza (il 52% delle risorse contro il 40% della media UE) e la quota meno elevata alla sanità (24,9% contro 29,4%). L’incidenza delle sole pensioni sul PIL il si colloca intorno al 17% (16,83% nel 2011; 17,28% – oltre 270 milioni di euro – nel 2012)9. Le risposte alla sfida demografica Invecchiare bene è possibile Sul piano biologico, il processo di invecchiamento è caratterizzato da una perdita progressiva dell’integrità fisiologica dell’organismo che porta a compromissione delle funzioni e rende l’individuo vulnerabile alle malattie (come i disturbi cardiovascolari e le malattie neurodegenerative – principalmente la malattia di Parkinson e le demenze –, diabete e cancro), alla disabilità e alla morte13. La modalità attraverso cui esso si compie è il risultato della interazione di fattori genetici e socio-ambientali che possono guidarlo verso esiti diversi, come dimostra il fatto che, accanto a un sottogruppo di anziani funzionalmente dipendenti e fragili – principalmente a causa della co- e multi-morbilità14,15 – esiste un sottogruppo che conserva, durante il corso della propria esistenza, elevate capacità funzionali e di partecipazione alle attività sociali16,17. La constatazione che invecchiare bene è possibile ha stimolato la mo- derna gerontologia e le scienze sociali a porre al centro della loro ricerca l’individuazione dei metodi e degli strumenti atti a sostenere e rinforzare le capacità della persona che invecchia16-18. Gli approcci strategici suggeriti a questo scopo sono diversi, talora sottilmente, a seconda dei termini utilizzati per conferire significato e contenuto all’espressione “invecchiare bene”. Così, la nozione di invecchiamento è declinata in cinque modi: “di successo”, “attivo”, “in salute”, “positivo”, “produttivo” e “competente”19. I termini prevalentemente utilizzati sono invecchiamento “di successo” negli Stati Uniti, e “attivo” in Europa. Quantunque questi termini siano spesso impiegati in maniera intercambiabile, essi presentano differenze che apparentemente possono sembrare sottili, ma strategicamente sono rilevanti. L’aggettivo “successo” conferisce alla nozione una connotazione individualista, enfatizzando l’aspetto clinico e medico, ovvero l’importanza di agire per mantenere intatte in età avanzata le capacità fisiche e mentali che facilitano l’impegno produttivo e, nella prospettiva di Rowe e Khan16,17, l’azione nel contesto della società. I due ricercatori statunitensi hanno identificato tre componenti costitutive dell’invecchiamento di successo: 1) bassa probabilità di malattia e disabilità; 2) alta capacità funzionale cognitiva e fisica; 3) impegno attivo nella vita. Negli Stati Uniti il loro modello è stato ripreso in molti discorsi sul tema dell’invecchiamento, ma in modo tale da gerarchizzare i determinanti del successo: nella posizione più alta della scala sono stati collocati i determinanti medici e clinici (che portano a distinguere i soggetti tra non patologici e patologici, vincitori e perdenti), nella parte più bassa della scala quelli che fanno riferimento ad aspetti sociali (lo “engagement with life” del modello iniziale di Rowe e Khan). In altri termini, è scattata un’interpretazione non perfettamente il linea con il pensiero originale dei due ricercatori, sfociata nella nozione di invecchiamento produttivo19. L’aggettivo “attivo” tiene in maggior conto il fatto che i cambiamenti nella vita delle persone e nelle strutture sociali sono fondamentalmente interdipendenti. Di conseguenza, i determinanti sociali acquisiscono un ruolo fondamentale nel processo di invecchiamento delle persone. L’enfasi si sposta dal concetto di “produttività” (nell’accezione dell’impegno posto a lavorare a fini produttivi) a quello di “impegno nella vita” (inteso come partecipazione attiva nell’ambito di diverse dimensioni della vita e durante il suo intero corso). Il modello dell’invecchiamento attivo, con un approccio rights-based, rivendica il diritto dei soggetti anziani a rimanere sani (riducendo i costi e facilitando l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria e sociale), a rimanere al lavoro più a lungo (riducendo in questo modo i costi delle pensioni) e a partecipare in vari modi, compreso il volontariato e in generale le attività non remunerate, alla vita comunitaria18-21. 509 510 Recenti Progressi in Medicina, 106 (10), ottobre 2015 In considerazione della visione più olistica (multidimensionale) e orientata all’intero decorso della vita, del modello dell’invecchiamento attivo rispetto agli altri, nei paragrafi che seguono l’analisi e la riflessione verteranno su di esso. Genesi e sviluppo del modello dell’invecchiamento attivo Alla sfida lanciata dall’invecchiamento demografico, l’OMS e la Commissione europea hanno risposto con la promozione dell’invecchiamento attivo e in salute (active and healthy ageing AHA)4,5. Anche le Nazioni Unite sono intervenute in merito e, con riferimento al Piano di Azione Internazionale di Madrid, formulato in occasione delle Seconda Assemblea Mondiale sull’Invecchiamento tenutasi nel 2012, hanno indicato una serie di priorità per massimizzare le opportunità delle persone anziane, tra le quali: 1) la necessità di migliorare la comprensione del problema, rafforzare le capacità nazionali e locali, e attuare le riforme politiche, economiche e sociali necessarie per adattare le società a un mondo che invecchia; 2) garantire che tutte le persone anziane vivano in condizioni di dignità e sicurezza; 3) sostenere le comunità e le famiglie per sviluppare un sistema di sostegno allo scopo di garantire alle persone anziane più fragili le cure a loro necessarie sul lungo periodo e promuovere a livello locale un invecchiamento attivo e in buone condizioni di salute nella propria comunità; 4) integrare l’invecchiamento in tutte le politiche e le questioni di genere, prendendo in considerazione le diverse esigenze di uomini e donne anziani; 5) sviluppare una nuova cultura dell’invecchiamento basata sui diritti e un cambiamento di mentalità e atteggiamenti sociali nei riguardi delle persone anziane, perché da beneficiari dello stato sociale possano trasformarsi in cittadini attivi e partecipi3. L’espressione “invecchiamento attivo” è stata adottata dall’OMS per la prima volta alla fine degli anni ’90, con il proposito di enfatizzare il legame tra salute e attività18,19. Il messaggio lanciato ha rappresentato una svolta paradigmatica in quanto si è connotato come un rifiuto del “paradigma del declino e della perdita” collegato al deterioramento fisico senile, facendo emergere con forza un concetto “positivo” dell’invecchiamento, descritto come un processo che permette agli individui di realizzare al meglio il proprio potenziale per ottenere il benessere fisico, sociale e mentale attraverso l’intero corso dell’esistenza e di prendere parte come contributori attivi, oltre che come beneficiari, allo sviluppo della società22; questo messaggio ha avuto il merito di rinforzare il focus centrale del 1999-United Nations international year of older persons, ovvero incoraggiare la partecipazione delle persone anziane alla vita della comunità, nell’ottica di una “società per tutte le età”. L’OMS ha descritto in dettaglio i determinanti (sociali, ambientali, biogenetici, comportamentali, economici e sanitari) dell’invecchiamento attivo, inserendo il genere e la cultura come fattori “traversali” (poiché in grado di influenzare tutti gli altri determinanti) (tabella 3)22. Inoltre, ha fissato tre pilastri o ambiti tematici sui quali sviluppare la risposta politica al fenomeno demografico: la prevenzione delle malattie croniche e la loro gestione (continuità di assistenza e cura), la partecipazione alla vita sociale (vita attiva e indipendente) e la sicurezza finanziaria e sociale (tabella 4). Nel 2012, l’Ufficio Regionale OMS per l’Europa, in sinergia con le direttive della nuova politica sanitaria per la salute (indicata come Salute 2020)4, ha proposto ai governi degli Stati membri e alle società civili un ventaglio di iniziative e interventi strategici (quattro trasversali, tre prioritari e tre di supporto) utili per assicurare un invecchiamento attivo e in salute (tabella 5). Secondo l’Ufficio regionale, il concetto di invecchiamento attivo si traduce in un disegno strategico ottimale di azione quando sono soddisfatti i seguenti requisiti: 1) deve comprendere tutte le persone anziane, anche quelle che sono, in qualche misura, fragili e dipendenti e ciò in conseguenza del fatto che l’attività fisica porta benefici per la salute fisica e mentale anche nell’età più avanzata; 2) deve essere un concetto preventivo e, come tale, riguardare le persone durante tutto il corso della vita, nell’otTabella 3. I determinanti dell’invecchiamento attivo. Genere Maschio Femmina Cultura Stato sociale (educazione, alfabetizzazione, diritti umani, prevenzione dei maltrattamenti) Fattori ambientali (ambiente urbano o rurale, abitazione, prevenzione dei danni) Fattori personali (biologia e genetica, capacità di adattamento) Fattori economici (reddito, lavoro, protezione sociale) Servizi sanitari e sociali (prevenzione, promozione della salute, assistenza a lungo termine, assistenza primaria) Fattori comportamentali o stili di vita (attività fisica, nutrizione, cessazione del fumo WHO22. Tabella 4. I pilastri dell’invecchiamento attivo. Ambito tematico Iniziative Salute Prevenzione e promozione Partecipazione alla vita sociale Attività socioeconomiche, culturali e spirituali Sicurezza Protezione sociale, finanziaria e fisica WHO22. M. Ronchetto, F. Ronchetto: Invecchiare bene nel XXI secolo. Strategie politiche, sociali e individuali Tabella 5. Proposte strategiche OMS/Salute 20204. Aree trasversali per l’azione strategica Salute e benessere delle persone attraverso tutto il corso della loro esistenza Creazione di ambienti favorevoli alla salute Sistemi sanitari e di assistenza a lungo termine adeguate a popolazioni in via di invecchiamento Potenziamento delle basi fattuali della ricerca Interventi prioritari Prevenzione delle cadute Promozione dell’attività fisica Vaccinazione delle persone anziane e prevenzione delle malattie infettive nelle strutture sanitarie Sostegno pubblico all’assistenza informale, con particolare riguardo all’assistenza domiciliare, ivi inclusa l’automedicazione Rafforzamento delle competenze geriatriche e gerontologiche del personale impegnato nell’assistenza sanitaria e sociale Interventi di supporto Prevenzione dell’isolamento e dell’esclusione sociale Prevenzione dei maltrattamenti agli anziani Strategie per assicurare la qualità dell’assistenza alle persone anziane, inclusa quella per la demenza e le cure palliative per i pazienti che necessitano di cure a lungo termine WHO4. tica di evitare disabilità, perdita di autonomia e di competenze; 3) deve includere diritti e doveri (il diritto alla protezione sociale, all’istruzione e formazione, deve essere accompagnato dal dovere di trarne vantaggio e sfruttare tutte le opportunità per rimanere attivi); 4) deve avere un’impronta partecipativa, ad azione politica top-down deve corrispondere un’azione dei cittadini bottom-up (ossia, devono sviluppare essi stessi forme proprie di attività); 5) deve rispettare la diversità culturale (per es., esistono differenze delle forme di partecipazione tra nord e sud dell’Europa ed esistono diversità sul giudizio di quale forma di attività partecipativa sia migliore). Quando interventi mirati al campo della salute, al mercato del lavoro, alle politiche sociali e all’educazione supportano l’invecchiamento attivo i benefici attesi sono di ordine individuale, sociale e politico, come illustrato nella tabella 6. In Europa, la Commissione Europea nei primi anni ’90 ha messo per la prima volta al centro della politica il tema dell’invecchiamento demografico, istituendo un osservatorio per studiare l’impatto sul fenomeno esercitato dalle politiche nazionali. Il 1993 è stato proclamato “Anno europeo degli anziani e della solidarietà tra generazioni” in cui l’accento è stato posto sui meriti e sull’inclusione dei lavoratori anziani attraverso misure di pari opportunità. Nel 1999, nel documento politico “Verso Tabella 6. Benefici attesi quando salute e politiche sociali supportano l’invecchiamento attivo. Un numero minore di adulti morirà prematuramente nelle età della vita più produttive Un numero minore di anziani presenterà disabilità funzionale Un numero maggiore di anziani rimarrà autonomo e godrà di una migliore qualità di vita Un numero maggiore di anziani continuerà a svolgere una attività produttiva e contribuire all’economia e a iniziative sociali, culturali e politiche Un numero minore di anziani dovrà ricorrere a costosi trattamenti medici e assistenziali un Europa per tutte le età” venivano individuate quattro sfide principali: 1) declino della popolazione in età lavorativa; 2) spesa pensionistica e finanza pubblica; 3) crescente necessità di cura; 4) diversità tra risorse e rischi degli anziani23. Pochi anni dopo, la Commissione, oltre a suggerire agli Stati un ampio ventaglio di misure e servizi per affrontare la sfida, faceva emergere come un’importante finalità quella di estendere la vita lavorativa degli anziani24. In un rapporto successivo, si faceva sostenitrice di un approccio più produttivistico sostenendo la necessità di limitare i regimi di prepensionamento e di stabilire legami più forti tra contributi e benefit pensionistici, come incentivi per rimanere nel mercato del lavoro25. Nel 2010, il Consiglio Europeo proponeva un approccio diverso, non più limitato alla creazione di opportunità per gli anziani di rimanere più a lungo nel mercato del lavoro, ma esteso al lavoro non retribuito nelle comunità (volontariato) o per trasmettere le proprie competenze ai più giovani o per vivere più a lungo possibile come soggetti autonomi26. La scelta dell’approccio “esteso” è stata definitivamente sancita nel 2012, quando con la proclamazione dell’Anno europeo5, e in armonia con le iniziative OMS e UN, sono stati stabiliti un obiettivo generale – favorire la creazione di una cultura dell’invecchiamento attivo, fondata su una “società per tutte le età” – e alcuni obiettivi specifici, questi ultimi riassunti in quattro punti nella tabella 712. Per il raggiungimento di questi obiettivi è stata disegnata una strategia coerente di attività multilivello coinvolgente la UE (orientamento strategico, impulso e finanziamenti), gli Stati membri (politiche sociali), le amministrazioni regionali (politiche attive) e locali (attivazione e sperimentazione), la società civile, le organizzazioni sindacali e il mondo dell’impresa, comprese le piccole e medie imprese. Il governo italiano (Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia), nello spirito dell’Anno europeo, ha elaborato nel 2012 un “Programma Nazionale di lavoro per un invecchiamento attivo, vitale e dignitoso in una società solidale”27 in cui trova posto una serie di progetti di formazione degli adulti e delle 511 512 Recenti Progressi in Medicina, 106 (10), ottobre 2015 Tabella 7. Obiettivi specifici per l’invecchiamento attivo e in salute. Tabella 8. Persone con una malattia cronica grave o con almeno tre o più malattie croniche. Sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della partecipazione degli anziani alla società e all’economia, attraverso la promozione dell’invecchiamento attivo. Età (anni) Almeno una malattia cronica grave* (%) Promuovere il dibattito, gli scambi di informazione e potenziare l’apprendimento reciproco tra i Paesi dell’UE e parti in causa a tutti i livelli al fine di promuovere politiche sull’invecchiamento attivo, identificare e promuovere la buona prassi e sostenere la cooperazione e le sinergie. < 45 2,75 45-54 9,6 55-64 21,2 65-69 31,7 70-74 38,5 75 + 53,3 Fornire un quadro favorevole all’impegno e all’azione concreta, affinché l’Unione, gli Stati membri e le parti in causa a tutti i livelli sviluppino attività e soluzioni innovative e fissino obiettivi politici a lungo termine. Lottare contro le discriminazioni basate sull’età e rimuovere le barriere, in particolare nell’ambito dell’occupazione. Commissione Europea12. istituzioni, tra i quali il sottoprogetto Grundtvig per rispondere alla sfida educativa posta dall’invecchiamento della popolazione e Progetti di Volontariato Senior (PVS) per valorizzare l’attività dei volontari, in particolare dei volontari senior, favorendo la mobilità e offrendo loro possibilità di apprendimento e crescita in altri Paesi europei. I PVS sono ancora più giustificati se si tiene conto che in Italia il tasso di volontariato è del 12,6% (corrispondente a una persona su 8) e i volontari appartengono prevalentemente alla classe di età 55-64 anni (15,9%), mentre il contributo di giovani e anziani in termini di presenza attiva si mantiene inferiore alla media nazionale (ma è anche nettamente inferiore al tasso osservato nei Paesi nordeuropei). Iniziative individuali e collettive Come già osservato, per invecchiare bene sono richieste iniziative messe in atto dai singoli e dalla collettività. Nell’ambito delle iniziative personali una particolare rilevanza è data ai comportamenti e gli stili di vita, in grado di prevenire malattie e disabilità che mostrano una incidenza crescente con l’età, come illustrato nella la tabella 89. Tra le iniziative sociali emergono quelle che richiedono un coinvolgimento comunitario, la relazione esistente tra ambiente fisico e ambiente sociale e il rapporto tra le generazioni. La persona e i comportamenti Vi sono prove che modificare certi comportamenti precocemente nel corso della vita e proseguendo nelle età più anziane è un’azione che correla positivamente con una riduzione del rischio di mortalità e favorisce un rallentamento del processo di deterioramento della stato di salute fisico e mentale28-36. *Diabete; infarto del miocardio; angina pectoris; altre malattie del cuore; ictus; bronchite cronica; cirrosi epatica; tumore maligno; parkinsonismo; demenze. Modificato da Istat9. Wahlqvist e Savige29, forniscono alcune raccomandazioni nutrizionali che si sono dimostrate benefiche per la salute degli anziani (malattia coronarica, ictus, diabete, obesità) e che possono contribuire a una riduzione della mortalità: l’assunzione abbondante di frutta e vegetali (almeno 400 grammi al giorno secondo le raccomandazioni dell’OMS); soia, legumi e noccioline; pesce; riduzione dei grassi alimentari; acqua e tè come bevande; utilizzo di olio di oliva e semi; infine, particolare attenzione al tempo, frequenza e volume dei pasti nelle persone più anziane. Lo studio SENECA28, condotto da ricercatori olandesi su una popolazione europea anziana di oltre 2.500 persone provenienti da 19 Paesi e seguita lungo un periodo di 10 anni, ha dimostrato che la qualità della dieta (dieta mediterranea), l’attività fisica e la non abitudine al fumo risultano fattori fondamentali per il conseguimento della salute nel corso dell’invecchiamento, sia negli uomini sia nelle donne di età compresa tra i 70 e i 75 anni. Nello studio longitudinale HALE30, focalizzato sul ruolo della dieta mediterranea combinata con altre modificazioni degli stili di vita (astensione dal fumo e moderazione alcolica), è stata osservata una riduzione di oltre il 50% della mortalità causa-specifica e per tutte le cause negli anziani dai 70 ai 90 anni. Per quanto concerne l’attività fisica, è noto che la sedentarietà è un comportamento che interessa in particolare soggetti di oltre 50 anni di età e aumenta nelle persone di 75 e più anni35. Altresì sono noti i benefici in termini di mortalità e morbilità assicurati da un’appropriata attività fisica35,36. Lo studio pilota LIFE-P36, condotto su 424 persone di 70-89 anni, dimostra che nell’anziano sedentario l’adesione a un programma di attività fisica guidata e strutturata (150 minuti alla settimana di cammino di buon passo, specifici esercizi per migliorare l’equilibrio e per aumentare la forza degli arti inferiori) migliora nelle persone di 70-89 anni la velocità del cammino riducendo conseguentemente il rischio di disabilità. M. Ronchetto, F. Ronchetto: Invecchiare bene nel XXI secolo. Strategie politiche, sociali e individuali Nel prendere in esame il ruolo dell’attività fisica per assicurare un invecchiamento sano, l’OMS sottolinea che essa deve essere intesa non solo come l’esercizio derivante da un impiego remunerato nel settore lavorativo, ma come tutto ciò che concerne il benessere della famiglia, della comunità locale e della società. Inoltre, specifica che l’attività extra-occupazionale include quella legata ai momenti ricreativi e di svago, i mezzi di trasporto (per es., camminare o andare in bicicletta), i lavori domestici, i giochi, lo sport e l’esercizio rientrante nel contesto delle attività giornaliere, familiari e delle comunità (per es., volontariato)4. Nel 2012 un gruppo di studiosi italiani, sulla base delle evidenze scientifiche raccolte, ha fornito un decalogo di raccomandazioni per il conseguimento di una vecchiaia in salute e attiva37 (tabella 9). Ambiente fisico e ambiente sociale La teoria ecologica suggerisce l’esistenza di una stretta relazione tra individui e ambiente e che questa avviene a diversi livelli, incluso il livello micro, macro e crono sistemico. Dove la relazione tra infrastrutture fisiche outdoor e ambiente sociale è bene interpretata e declinata si parla di “agefriendly city (or community)”38,39. In accordo con questo modello teorico, le persone più anziane devono non solo interagire a livello micro, come la loro abitazione o famiglia, ma anche a livello dei sistemi più ampi concernenti gli aspetti architettonici urbani e gli aspetti sociali che possono favorire le loro capacità di operare nella più vasta comunità dei cittadini. Come sottolineato dall’OMS/Salute 2020, un ambiente favorevole a livello di comunità contribuisce alla qualità della vita e si accompagna a un invecchiamento sano4. Nel caso specifico degli anziani, gli aspetti Tabella 9. Le dieci regole per invecchiare bene. Curare la propria vita sociale e i legami affettivi Assumere una dieta ricca di verdura e frutta (almeno cinque porzioni al giorno) Mantenere un peso corporeo adeguato (l’obesità si associa a un aumento di morbilità e mortalità per malattie cardiovascolari) Praticare regolarmente attività fisica Ridurre l’assunzione di alcolici Evitare di fumare Assicurare adeguata esposizione al sole, ma senza esagerare Utilizzare sempre le opportunità di prevenzione sanitaria Prevenire gli incidenti domestici Assumere correttamente i farmaci Modificato da Decalogo 201237. ambientali più rilevanti sono rappresentati, oltre che dall’edilizia e dai trasporti, dal sostegno alla partecipazione e all’inclusione sociale, la sicurezza, l’educazione e il settore della comunicazione e dell’informazione39. Il rapporto tra generazioni L’interazione, ovvero la cooperazione e la solidarietà intergenerazionale, è un concetto sociologico (e una nobile aspirazione) che include due differenti forme: quella familiare, o di microlivello, e quella comunitaria, o di macrolivello. La forma familiare, intesa come mutua assistenza tra membri, include dimensioni diverse ma interrelate, come la solidarietà: 1) “associazionale”, che si riferisce alla frequenza dei contatti con i familiari; 2) “effettuale”, che concerne i sentimenti di vicinanza tra i membri familiari; 3) “funzionale”, riguardante lo scambio di aiuto tra genitori e figli; 4) “strutturale”, che è una misura di prossimità geografica che comprende le modalità di vita di genitori e figli che condividono lo stesso spazio o una spazio in vicinanza o lontani uno dall’altro40,41. La forma comunitaria configura quello che è comunemente definito “contratto o patto generazionale”, sulla base del quale tutti i cittadini trovano sancite negli ordinamenti istituzionali la protezione sanitaria e la sicurezza socioeconomica42. Durante l’Anno europeo 2012, la AGE Platform Europe ha sottolineato il ruolo chiave della solidarietà intergenerazionale nel promuovere l’indipendenza e l’invecchiamento attivo e in buona salute, in quanto può contribuire in modo rilevante a correggere fattori socio-economici, quali la povertà e la scarsa educazione, che incidono negativamente sulla salute e sulla vita delle persone (un esempio è la relazione esistente tra la demenza di Alzheimer, educazione e stato socioeconomico)43. L’interesse progressivo nella pratica intergenerazionale è la risposta ai cambiamenti correlati all’età avvenuti nella società odierna, siano essi economici, legali, industriali, tecnologici o culturali. Le pratiche intergenerazionali proposte da Thomas44 sono riconducibili a cinque attività: 1. imparare gli uni con gli altri (per es., sviluppo di competenze e capacità; educazione e training; alfabetizzazione digitale; storia locale e orale; preservazione dell’eredità culturale); 2. favorire e sostenersi a vicenda (per es., supporto assistenziale dei bambini per i genitori singoli; supporto per i migranti; guida per alunni e giovani; interazione tra centri per bambini e le residenze per anziani; partecipazione civica); 3. vivere insieme; 4. fare esperienze comuni, aprendo spazi di collaborazione (per es., iniziative pedagogiche nei musei, lavori in comunità); 5. interagire e collaborare (per es., recitare, suonare, dipingere, partecipare a lavori di svago, ecc.). 513 514 Recenti Progressi in Medicina, 106 (10), ottobre 2015 Kaplan45, un ricercatore dell’UNESCO Institute for Education, individua diversi tipi di interazione generazionale nelle scuole, in grado di generare reciproci benefici: • gli adulti senior, in qualità di mentori e tutor, forniscono un servizio ai bambini e ai giovani studenti (per es., attività di educazione per la lotta contro l’uso di sostanze stupefacenti); • i giovani, in qualità di mentori e tutor, forniscono un servizio agli adulti anziani (per es., assistenza a domicilio e nelle residenze per anziani); • iniziative congiunte in cui gruppi di giovani e di anziani uniscono le loro forze per raggiungere un obiettivo comune, per avvantaggiare entrambi i gruppi o anche per portare benefici ad altri gruppi o a tutta la comunità. L’interazione generazionale così intesa aderisce, tra l’altro, alla logica unificante alla base dell’apprendimento continuo (lifelong learning LL) che si connota come una contaminazione tra le conoscenze acquisite attraverso la istruzione/ formazione e quelle derivanti dall’esperienza. Il LL coinvolge direttamente il mondo del lavoro in quanto valorizza il capitale umano aumentando il grado di competenza, ma cambia anche il rapporto tra genitori e figli inserendoli in una nuova prospettiva culturale: giovani e adulti, compresi gli adulti senior, impegnati per tutto il corso della loro vita nella creazione di una società solidale. Conclusioni L’invecchiamento demografico è un argomento di interesse multisciplinare e la ricchezza della letteratura scientifica prodotta su questo tema dimostra che cittadini, governi e organizzazioni sovranazionali si trovano a dover affrontare un fenomeno di grandi dimensioni, in aumento nel prossimo futuro e con rilevanti ricadute sociali. Il fenomeno del “population greying” solleva grande preoccupazione per l’economia e la società, e spesso nel trattarlo prevalgono toni allarmistici. Come osservato da un economista italiano, nel 1999 il settimanale The Economist, adottando il termine di Paul Wallace autore di un saggio dal titolo “Age quake”, paragonò le conseguenze dei mutamenti demografici negli anni a venire all’epidemia di peste dell’Europa del XIV secolo46. Dai numerosi contributi letterari sull’invecchiamento della popolazione emergono per rilevanza i seguenti punti: 1) la grande dimensione e la diffusione globale del fenomeno, in atto da più tempo nei Paesi occidentali; 2) l’entità e la molteplicità delle sfide poste alla persona, alle famiglie e alla comunità in generale; 3) la complessità delle risposte strategiche che queste sfide richiedono; 4) le responsabilità individuali, colletti­ve e politiche direttamente chiamate in causa. Infatti, se i comportamenti individuali (attività fisica, dieta, astensione dal fumo, ecc.) sono in grado di ridurre la morbilità e la mortalità negli anziani (in particolare per malattia ischemica cardiaca e ictus, che rappresentano le principali causa di morte tra le persone di 65 anni e oltre), un ruolo altrettanto fondamentale per invecchiare bene giocano le politiche sociali di prevenzione delle malattie e della disabilità, la protezione sanitaria e assistenziale, nonché la sicurezza anche sul piano finanziario. Il nucleo concettuale e teorico che ha ispirato le iniziative messe in campo dall’OMS4 e dalla UE5 per rispondere alle sfide lanciate dal fenomeno consiste nella promozione del modello di invecchiamento attivo e in salute, centrato sulla partecipazione alla vita sociale – compreso il volontariato e le iniziative intergenerazionali atte a favorire lo scambio propositivo e il LL tra le generazioni più anziane e più giovani (intervento in scuole, organizzazioni comunitarie, ospedali e luoghi di culto) – nell’ottica di creare una “società per tutte le età”. Una società di questo tipo, per potersi realizzare, richiede che sia perseguita la solidarietà tra generazioni, intesa come una pratica che, abolendo i conflitti generazionali in famiglia, società e gruppi, può contribuire a correggere la povertà, la scarsa educazione e l’isolamento sociale, tutti fattori che incidono negativamente sulla salute e sul benessere delle persone giovani e anziane40-44. La dimensione della condizione di indigenza e di isolamento sociale in Europa (UE28) è tale – 122 milioni di persone, un cittadino su quattro47 – da costituire un vero e proprio pericolo per la coesione sociale e territoriale. Per garantirla, è stata elaborata la strategia Europa 2020 avente come target la riduzione, entro tale data, di 20 milioni di persone povere o rischio12,48. La UE, nell’intento di promuovere la lotta in questa direzione ha deciso la creazione di una “Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale” fornendo ai Paesi membri un quadro d’azione dinamico volto a garantire che i benefici della crescita e i posti di lavoro siano equamente distribuiti e le persone vittime di povertà ed esclusione sociale possano vivere in condizione dignitosa e partecipativa della vita sociale48. Infine, un aspetto non trascurabile del modello dell’invecchiamento attivo e in salute è rappresentato dalla relazione tra ambiente fisico e ambiente sociale. La nozione di “città/comunità amica dell’età” (age friendly city/community) enfatizza il fatto che l’architettura urbana, se in armonia con il contesto sociale, può favorire la capacità degli persone anziane a operare nella più vasta comunità dei cittadini38,39. Bibliografia 1. Zrinščak S, Lawrence S. Active ageing and demographic change: challenges for social work and social policy. European Journal of Social Work 2014; 17: 313-21. M. Ronchetto, F. Ronchetto: Invecchiare bene nel XXI secolo. Strategie politiche, sociali e individuali 2. Avramov D, Maskova M. Active ageing in Europe. Strasburg: Council of Europe, 2003. 3. UNFPA-Help Age International. Ageing in the Twenty-First Century. A celebration and a challenge. New York: UNFPA, 2012. 4. WHO-Regional Office for Europe. Health 2020: a European policy frame work supporting action across government and society for health and wellbeing , Malta 10-13 Sept.2012 (on line: http://www. euro.who.int/data/assets/pdf_file/0009/169803/RC62wd09-Eng.pdf) – OMS, Comitato Regionale Europeo. Strategie e piano di azione per l’invecchiamento sano in Europa 2012-2020 (versione italiana), Malta 10-13 settembre 2012. 5. Commissione Europea 2012-Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni. Il contributo della UE all’invecchiamento attivo e alla solidarietà tra generazioni, UE. Lussemburgo 2012 (on line http://ec.europa.eu/social/ main.jsp?catId=738&langId=it&pubId=6920&furt herPubs=yes). 6. WHO-Regional office for Europe. The European Health Report 2012: charting the way to well-being. Copenhagen: WHO, 2013. 7. Eurostat. 2012-Active ageing and solidarity between generation. A statistical portrait of the European Union. Luxemburg: European Union, 2012. 8. European Community. The 2012 Ageing Report. Economic and budgetary projections for the EU27 Member States (2010-2060). Joint Report prepared by the European Commission (DG ECFIN) and the Economic Policy Committee (AWG). European Economy 2/2012. 9. Istat. Rapporto annuale 2014. Tendenze demografiche e trasformazioni sociali. Nuove sfide per il sistema di welfare. Roma: Istat-Istituto Nazionale di Statistica, 2014. 10. Istat. Noi Italia. 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo. Roma: Istat-Istituto Nazionale di Statistica, 2012. 11. European Commission, White paper. An Agenda for adequate, safe and sustainable pensions. Brussel, COM(2012) 55 final. 16.2.2012. 12. Commissione Europea. Comunicazione della Commissione Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Bruxelles, 3.3.2010. COM(2010)2010 def. 13. Lopez-Otin C, Blasco MA, Partridge L, et al. The hallmarks of aging. Cell 2013; 153: 1194-217. 14. Marengoni A, Angleman S, Melis R, et al. Aging with multimorbidity: a systematic review of the literature. Ageing Res Rev 2011; 10: 430-9. 15. Vogeli C, Shields AE, Lee TA, et al. Multiple chronic conditions: prevalence, health consequences, and implications for quality, care management, and costs. J Gen Intern Med 2007; 22 (suppl 3): 391-5. 16. Rowe JW, Kahn RL. Successful aging. Gerontologist 1997; 37: 433-40. 17. Rowe J. The new gerontology. Science 1997: 278: 367. 18. Walker A. A strategy for active ageing. Int Soc Secur Rev 2002; 55: 121-39. 19. Foster L, Walker A. Active and successful aging: a European policy perspective. Gerontologist 2015; 55: 83-90. 20. Depp C, Jeste D. Definitions and predictors of successful ageing: a comprehensive review of larger quantitative studies. Am J Geriatr Psychiatry 2006; 14: 6-20. 21. Boudiny K. Active ageing: from empty rhetoric to effective policy tool. Ageing Soc 2013; 33: 1077-98. 22. World Health Organization. Active Ageing. A framework. Geneve: WHO, 2002. 23. European Commission (EC). Towards a Europe for all ages – Promoting prosperity and intergenerational security (COM (1999) 221 final). Luxembourg: Office for Official Publications of the European Community, 1999. 24. Commission of European Communities (CEC). Europe’s response to world ageing: promoting economic and social progress in an ageing world. A contribution of the European Commission to the 2nd World Assembly on Ageing, COM(2002) 143 final. 25. European Commission (EC) 2009 Ageing Report: Economic and budgetary projections for the EU27 Member States (2008-2060) European Economy 2009; 2. 26. European Council. Council conclusions on active ageing. 3019th Employment, Social Policy, Health and Consumer Affairs Council meeting, Luxembourg June 7 and 8, 2010. 27. www.invecchiamentoattivo.politicheperlafamiglia. it 28. Haveman-Nies A, de Groot LCPGM, Burema J, et al. for the SENECA Investigators. Dietary quality and lifestyle factors in relation to 10-year mortality in older Europeans: the SENECA study. Age Ageing 2003; 32: 427-34. 29. Wahlqvist ML, Savige GS. Intervention aimed at dietary and lifestyle changes to promote healthy aging. Eur J Clin Nutr 2000; Suppl. 3: S148-S156. 30. Knoops KTB, de Grot LCPGM, Kromout D, et al. Mediterran diet, lifestyle factors and 10-years mortality in elderly european men and women. The HALE Project. JAMA 2004; 292: 1433-9. 31. Strawbridge WJ, Deleger S, Roberts RE, Kaplan GA. Physical activity reduces the risk of subsequent depression for older adults. Am J Epidemiol 2002: 156: 328-35. 32. Warburton DE, Nicol C, Bredin SS. Health benefits of physical activity: the evidence. Can Med Assoc J 2006; 174: 801-9. 33. Hermanson B, Omenn GS, Kronmal RA, Gersh BJ, Phil D, and Participants in the Coronary Artery Surgery Study. Beneficial six-year outcome of smoking cessation in older men and women with coronary artery disease. N Engl J Med 1988; 319: 1365-9. 34. La Croix A Z, Lang J, Scherr P, et al. Smoking and mortality among older men and women in three communities. N EngI J Med 1991; 324: 1619-25. 35. King AC, Rejeski WJ, Buchner DM. Physical activity interventions targeting older adults. A critical review and recommendations. Am J Prev Med 1998; 15: 316-33. 36. Pahor M, and the LIFE Study Investigators. Effects of a physical activity intervention on measures of physical performance: results of the lifestyle interventions and independence for Elders Pilot (LIFEP) Study. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2006: 61: 1157-65. 37. Decalogo 2012 Healthy Ageing. Dieci regole per invecchiare in buona salute (a cura di Università Cattolica del Sacro Cuore-Roma, Istituto di Igiene UCSC Roma, Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane. Milano: HPS, 2012. 38. Emlet C, Moceri JT. The importance of social connectedness in building age friendly communities. J Aging Res 2012;2012: 173247. 515 516 Recenti Progressi in Medicina, 106 (10), ottobre 2015 39. Alley D, Liebig P, Pynoos J, et al. Creating elderfriendly communities: preparations for an aging society. J Gerontol Soc Work 2007; 49: 1-18. 40. Bengtson VL, Schrader SS. Parent-child relations. In: Mangen D, Peterson W (eds). Handbook of research instruments in social gerontology. Minneapolis: University of Minnesota Press, 1982. 41. Lawton L, Silverstein M, Bengtson VL. Solidarity between generations in families. In: Bengtson VL, Harootyan RA (eds). Intergenerational linkages: hidden connections in American society. New York: Springer Publishing Company, 1994. 42. Bengtson VL, Oyama PS. Intergenerational solidarity and conflict. United Nations Department of Economic and Social Affairs Division for Social Policy and Development, 23-25 October 2007. 43. AGE platform Europe Manifesto 2012 Ognuno ha il proprio ruolo da svolgere. Bruxelles, 2012. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Flavio Ronchetto Via XX Settembre 1 10082 Cuorgnè (Torino) E-mail: [email protected] 44. Thomas F. EAGLE. Intergenerational Learning in Europe – Policies, Programs & Practical Guidance. Final report. Institute for Innovation in Learning (FIM-New Learning), University of ErlangenNuremberg, 2008. 45. Kaplan M. School-based Intergenerational programs. Hamburg, Germany: UNESCO Institute for Education, 2001. 46. Zenezini M. Invecchiamento della popolazione, crescita, occupazione. Studi e Note di Economia, 2009; 14: 431-68. 47. http://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table &plugin=1&language=en&pcode=tipslc10 48. Unione Europea. La Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale. Documento redatto sulla base di COM(2010) 758 def. Lussemburgo: Unione Europea, 2011.