Estratto distribuito da Biblet DIZIONARI 586 collana diretta da Federico del Giudice Federico del Giudice DIZIONARIO di STORIA del DIRITTO MEDIEVALE e MODERNO SIMONE EDIZIONI ® Gruppo Editoriale Esselibri - Simone Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30) Della collana «Dizionari» segnaliamo: Vol. n. 581/1 - Dizionario Giuridico Vol. n. 582 - Dizionario di Economia politica Vol. n. 583 - Dizionario Giuridico Romano Vol. n. 585 - Dizionario di Economia e gestione aziendale Della serie «Manuali» segnaliamo: Vol. n. 17/1 - Compendio di storia del diritto medievale e moderno Vol. n. 17/3 - Storia del Diritto medievale e moderno Vol. n. 33/2 - L’esame di Storia medievale Vol. n. 33/3 - L’esame di Storia moderna Vol. n. 224/1 - Elementi di Storia delle istituzioni politiche Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.it Hanno collaborato i dott. M.R. Venittelli e C. Petrosino Finito di stampare nel mese di novembre 2010 dalla «MultiMedia» - V.le Ferrovie dello Stato Zona Asi - Giugliano (NA) per conto della ESSELIBRI S.p.A., Via F. Russo 33/D - 80123 Napoli Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet PREMESSA Questo Dizionario arricchisce la fortunata collana dei Dizionari Simone, già presente sul mercato con il Dizionario Giuridico Romano, il Nuovo Dizionario Giuridico, il Dizionario di Economia e altri ancora. Quest’opera, contenente circa mille lemmi, rappresenta un agile supporto didattico che delinea i lemmi nodali che hanno caratterizzato, nel corso del tempo, il percorso giuridico e politico dei principali ordinamenti europei. Il Dizionario intende agevolare gli studenti universitari nella preparazione di quelle discipline specialistiche che presuppongono un ampio bagaglio di nozioni storiche, giuridiche e politiche, quali ad esempio: Storia del diritto medievale e moderno, Storia delle istituzioni politiche, Storia del diritto pubblico, Esegesi delle fonti del diritto italiano, Diritto Comune, Diritto Canonico, offrendo le opportune risposte ad eventuali dubbi sulle conoscenze interdisciplinari che possono affiorare durante la lettura dei manuali universitari. Il volume, dunque, presenta le principali notizie su istituti, fonti, protagonisti nonché sugli avvenimenti della storia del diritto sia in Italia che in Europa e che hanno costituito i prodromi di molte realtà giuridiche moderne e contemporanee. Completano l’opera una selezione di termini di diritto romano che presentano strette connessioni con il diritto attuale, nonché una puntuale scelta di lemmi essenziali di diritto comparato, che fanno da trait d’union tra il diritto italiano e quello vigente nei principali paesi dell’Unione europea. Estratto della pubblicazione 583 - Dizionario Giuridico Romano V edizione - pp. 560 - € 20,00 con introduzione di Antonio Guarino Una summa alfabetica di tutti gli istituti giuridici dell’antica Roma nella loro evoluzione storica e con riferimenti al diritto e alla codicistica vigente. Un prontuario per un corretto uso delle espressioni latine rivolto a quanti, privi di una conoscenza di base della lingua latina, hanno difficoltà di pronuncia e di traduzione. Uno strumento di consultazione realizzato a misura degli studenti, e con oltre 2600 lemmi, utile per lo studio e il ripasso del diritto romano e della storia del diritto romano. Una raccolta commentata di brocardi latini per l’oratoria forense e per «arricchire» il proprio lessico giuridico anche dopo aver superato l’esame istituzionale. In appendice: consigli per la stesura della tesi di laurea nelle discipline romanistiche. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet A CHI SI RIVOLGE IL «DIZIONARIO DI STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO» 1) Agli studenti della facoltà di Giurisprudenza e delle facoltà umanistiche e socio-politiche, che necessitino di uno strumento di consultazione agile che li accompagni durante la preparazione degli esami. L’uso del dizionario, tra l’altro, consente di chiarire eventuali dubbi su istituti di diritto straniero. 2) Agli operatori del diritto che intendano riscoprire e approfondire le origini delle fonti e degli istituti giuridici, per un loro uso più consapevole e appropriato. 3) A chi è interessato alla storia giuridica e politica europea, il quale, in poche pagine, dispone di una summa alfabetica della storia del diritto italiano ed europeo. TIPOLOGIA DELLE VOCI Il «Dizionario» è articolato in: — voci monografiche: descrivono gli istituti centrali della storia del diritto privato (es.: divorzio, famiglia) e pubblico (es.: legge, parlamenti). Per rendere più agevole la lettura si è cercato, con l’utilizzo di appropriati accorgimenti tipografici, di evidenziarne i punti cardine; — biografie dei protagonisti: concernono i personaggi storici che hanno segnato, attraverso la loro opera, la storia del diritto (es.: Giustiniano, Carlo Magno), i giuristi più significativi nella storia del diritto italiano ed europeo (es.: Irnerio, Accursio), i pensatori e i filosofi che presentano rilevanti punti di contatto con la materia del dizionario (es.: Montesquieu, Hegel); — eventi storici: sono analizzati soprattutto gli avvenimenti che maggiormente hanno influenzato la formazione storica del diritto europeo (es.: Guerre di religione, Rivoluzione francese); — leggi e codici di fondamentale rilievo nella storia giuridica europea: dalle leges fondamentali del diritto medievale (es.: Corpus iuris civilis, Legge salica) fino alle più importanti codificazioni moderne (es.: Code Napoléon, Codice penale del 1889); — voci di diritto positivo: sono succintamente riportate per consentire anche a chi non ha una specifica preparazione di poter accedere alla terminologia giuridica (es.: decreto legge); Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet — voci di diritto comparato: per la peculiarità che rivestono nell’ambito dell’opera sono segnalate con la dizione (d. comp.), perché di complemento alla preparazione degli esami storici; — tavole fuori testo: per offrire una visione sistematica di alcune successioni dinastiche (Borbone, Savoia) o un riepilogo di avvenimenti storici complessi (es.: Rivoluzione francese). RICHIAMI E SISTEMATICA · · I richiami sono riferiti: — ai singoli lemmi [vedi →], per agevolare la ricerca delle parole attraverso una serie articolata di rinvii da una voce all’altra, creando un continuum che collega, in un percorso unitario, le singole voci. Si è evitato qualsiasi riferimento bibliografico per non appesantire la trattazione. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet A ◆ Accolti Francesco (Arezzo 1418 ca-1486) Giureconsulto esponente della scuola dei Commentatori [vedi →]. Fu detto anche semplicemente l’Aretino. Per la sua dottrina fu definito «il principe dei giureconsulti». Rivelò la sua grandezza in tutte le scienze, oltre che nella poesia e nella musica. Fu segretario di Francesco Sforza. ◆ Accursio (o Accursi o Accurso) Francesco (Bagnolo, Firenze 1182 - Bologna 1260) Famoso giureconsulto. Si laureò intorno al 1213 a Bologna, ove tenne la cattedra di diritto romano. Fu discepolo di Azzone [vedi →Azzo Porzio] e rivale dell’altro grande glossatore Odofredo Denari [vedi →]. Avendo saputo che Odofredo stava scrivendo un libro sulla spiegazione e concordanza delle leggi, abbandonò la cattedra di Bologna per dedicarsi completamente all’elaborazione di un’opera che da tempo aveva concepito. In circa sette anni diede dunque vita ad un ampio apparato di annotazioni (circa 96.000) al Corpus iuris civilis [vedi →], che erano la risultante di un’accurata attività interpretativa compiuta nei tempi precedenti dai giuristi della scuola dei Glossatori [vedi →]. Tale imponente sistema di annotazioni fu denominato Magna Glossa o Glossa Ordinaria o Glossa Accursiana [vedi →], che segnò il punto di massima maturità della scuola stessa. L’opera di (—) divenne in tutta Europa oggetto di studio imprescindibile accanto al Corpus iuris giustinianeo. Nelle edizioni a stampa che si ebbero di quest’ultimo durante i secoli XV-XVII, la Glossa Accursiana veniva stampata tutt’intorno al testo del Corpus, che occupava lo spazio centrale di ogni foglio. (—) ebbe tre figli, che pure si diedero allo studio del diritto e vi acquistarono fama: Francesco jr. (1225-1314), Cervotto (1240-1287) e Guglielmo (1246-1314). ◆ Act (d. comp.) Negli Stati di Common Law [vedi →], ispirati ad una legalità più sostanziale che formale, le varie manifestazioni di volontà del soggetto, privato o pubblico, sono riunite sotto l’unica denominazione di (—), a differenza del nostro ordinamento che prevede una ripartizione tra le fattispecie giuridiche di atto, fatto e negozio giuridico. Particolarmente importante risulta la categoria degli Acts of Parliament [vedi →Act of Parlament], ovvero tutti quegli atti che formano la legislazione scritta [vedi → Statute Law] dei paesi anglosassoni. ◆ Act of Parliament (d. comp.) Espressione che definisce la legge emanata dal Parlamento inglese. L’(—) è fonte di diritto prevalente su ogni altra e produce la Statute Law [vedi →], contrapposta alle regole giurisprudenziali [vedi → Common Law]. Entra in vigore in seguito al beneplacito del sovrano (royal assent →). La distinzione più importante tra gli Acts of Parliament risulta essere quella tra public general Acts e special o private Acts (local, personal or private). I primi costituiscono la categoria delle leggi generali, applicabili a tutti i soggetti, mentre i secondi hanno un’esclusiva rilevanza locale o personale; in quest’ultimo caso spetta al convenuto in giudizio l’onere della prova dell’esistenza di tali (—). Act of Settlement È da ricordare che il potere esecutivo (governo) non è titolare di nessun potere legislativo autonomo, se non in seguito ad un’espressa delega del Parlamento. ◆ Act of Settlement (d. comp.) Atto approvato nel 1701 dal parlamento inglese e accolto dal re Guglielmo III d’Orange. Con esso si stabiliva, definitivamente, che l’accessione al trono inglese non derivava da un’investitura divina, ma dalla volontà del popolo sovrano, espressa attraverso gli atti del Parlamento (il quale poteva anche stabilire le procedure di trasmissione della Corona nonché le condizioni richieste per potervi accedere). ◆ Act of Supremacy (Atto di supremazia) Legge voluta da Enrico VIII (1509-47) e votata dal Parlamento inglese nel 1534. Con essa veniva designato il sovrano quale capo supremo della Chiesa anglicana. Un secondo (—) fu deliberato nel 1559 da Elisabetta I Tudor (15581603). ◆ Adfiliatio Istituto medievale nettamente distinto dalla affiliazione [vedi →] contemplata fino al 1983 dal nostro codice civile. Il termine (—), probabilmente, veniva usato nel Medioevo per indicare l’adozione [vedi →]. Tuttavia, essa era ben diversa dall’adozione romana e dalle forme barbariche, poiché non produceva patria potestà sull’affiliato, né creava un rapporto di parentela (agnazione), né veniva esclusa dalla presenza di altri figli naturali. Da essa scaturivano, invece, effetti sia personali sia di contenuto patrimoniale. L’(—) poteva farsi con riferimento sia a persone fisiche sia giuridiche (per lo più una chiesa). Nell’epoca del diritto comune [vedi →], a causa del rinato interesse per le fonti del diritto romano giustinianeo, l’(—) venne a cadere, pur restando molto frequenti, nella prassi, le adozioni di fatto (adoptiones non iure factae). ◆ Adfratatio [vedi → Affratellamento]. 8 ◆ Adozione Istituto tipico del diritto di famiglia che, accanto all’affidamento consente di instaurare un rapporto sotto molti aspetti simile a quello che lega genitori e figli. Con l’(—) si costituisce, fra adottante e adottato un rapporto di parentela legale e non naturale, dal momento che manca il vincolo di sangue. Nel diritto romano l’adoptio era il procedimento inteso a trasferire la patria potestas su un filius da un pater ad altro pater. L’adoptio in senso lato si divideva in due specie: l’adoptio in senso stretto (denominato anche adoptio impèrio magistràtus) e l’adrogàtio (denominata anche adoptio pòpuli auctoritàte). L’adoptio in senso stretto era preordinata all’adozione di un filius familias, ossia di un soggetto già sottoposto alla potestà del suo pater familias originario. La procedura era la seguente: — l’adottando veniva sottratto alla patria potestàs del pater originario mediante tre successive vendite; — in un secondo momento, il soggetto liberato veniva posto in mancipio presso il pater o anche presso un terzo; — infine, egli veniva rivendicato dall’adottante e, a seguito della non opposizione di colui che lo aveva in mancipio, il giudice lo assegnava all’adottante, dichiarandolo figlio legittimo dello stesso. L’adottato usciva dalla famiglia originaria, perdendo ogni rapporto di parentela ed ogni diritto e dovere nei suoi confronti; acquistava, invece, rapporti di parentela e relativi diritti e doveri nei confronti della famiglia dell’adottante. L’adrogatio era una forma molto antica di adozione, anteriore alle XII Tavole [vedi →Lex XII Tabularum]. Essa consisteva nell’atto con cui un pater familias assumeva sotto la propria potestas una persona sui iuris, cioè non soggetta alla patria potestà di nessuno, anzi normalmente pater familias essa stessa. Per effetto dell’adrogatio non soltanto l’adrogato ma l’intera sua famiglia entravano in quella dell’adottante. In diritto giustinianeo si distinse tra: — adoptio plena (piena), compiuta nei riguardi del filius in potestate di un proprio di- Estratto distribuito da Biblet 9 Affatomia scendente emancipato o di un proprio discendente in linea femminile. Comportava la capitis deminutio minima dell’adottato che era del tutto equiparato, anche ai fini successori, ai filii dell’adottante; — adoptio minus quam plena (meno che piena) non compiuta dall’ascendente e non comportante né l’acquisto della patria potestas sull’adottando, né la perdita dei diritti successori di questo nei confronti della sua famiglia d’origine; ciò in quanto non determinava l’acquisto della patria potestas. Anche se da parte di taluni si ritiene che il diritto germanico [vedi →] conobbe l’(—) solo dopo il contatto col mondo romano, tuttavia si ammette in generale che gli antichi diritti germanici accogliessero diversi modi d’ingresso civile nella famiglia, accompagnati dall’espletamento di formalità simboliche che ripetevano quelle usate per il riconoscimento da parte del padre del figlio naturale. Presso i Longobardi [vedi →] l’(—) si attuava col taglio dei capelli e della barba dell’adottato da parte dell’adottante e con la consegna delle armi davanti all’assemblea in armi (in gairethinx →). In seguito, presso i Longobardi, l’(—) assunse il contenuto economico d’una donazione, allo scopo di creare un rapporto di successione legittima. Caratteristiche di una donazione vera e propria ebbe l’(—) presso i Franchi [vedi →], attraverso la previsione dell’istituto dell’affatomia [vedi →], volta ad assicurare la successione volontaria dell’adottante. Nelle province orientali dell’impero dell’Alto medioevo si usava, inoltre l’(—) fatta in chiesa, ad imitazione del vincolo divino che legava Dio agli uomini da lui accolti in adoptionem spiritu. Nei territori italiani soggetti all’influenza bizantina si prevedeva, accanto alla adoptio per chartulam, perfezionantesi con la redazione di un atto scritto, la necessità che l’(—) venisse fatta dinanzi ad un giudice pubblico. Nel periodo del diritto comune [vedi →] venne sancita l’inefficacia dell’adozione per scrittura privata e fu disposta l’obbligatorietà dell’inter- vento di un pubblico funzionario. L’(—) solitamente era compiuta nella forma del rescriptum concesso (come una regalia) dall’Imperatore o da un suo delegato. La dottrina operò la fusione tra le figure concettuali dell’adoptio e dell’adrogatio ma nella prassi l’istituto decadde, ammettendosi solo poche ipotesi di adoptio plena. Nel sistema feudale i figli adottivi vennero esclusi dalla successione nei feudi, nei fedecommessi [vedi →] e nel patrimonio ricevuto in eredità dall’adottante. Inoltre, l’esigenza pratica di fare ricorso all’adozione fu resa sempre meno pressante dalla possibilità di effettuare, ormai, la delazione volontaria dell’eredità attraverso altri atti (patti successori e testamento). Nel Seicento l’istituto sembrò destinato ad estinguersi. Il Code Napoléon [vedi →] richiamò in vita l’(—), consentendola tuttavia soltanto in forma pubblica e concedendola solo a chi si fosse trovato nell’impossibilità di avere figli. Accanto alla (—) ordinaria fu introdotta quella testamentaria e quella rimuneratoria (prevista come ricompensa per un salvataggio compiuto in circostanze eccezionali). In Italia il codice civile del 1865 [vedi →] mutuò da quello francese i requisiti formali e di efficacia dell’(—) in esso disciplinata. ◆ Affatomia Termine di derivazione franca [vedi → Franchi], che discende dalla stessa radice di fathum e che designava, nell’ambito della procedura dell’adozione [vedi →] il trasferimento, prevalentemente a titolo gratuito, della proprietà del patrimonio dall’adottante all’adottato. L’(—) veniva realizzata dinnanzi ad un magistrato (Tunginus) e alcuni testimoni. Essa si perfezionava, comunque, con la traditio cioè l’effettiva consegna del bene (simboleggiata dal lancio di una festuca) e costituiva un antesignano della c.d. categoria dei contratti reali. Per la nomina dell’adottato era prevista l’assitenza di un fiduciario che, probabilmente, assolveva funzioni analoghe all’attuale esecutore testamentario. L’adottato si trasferiva nella dimora dell’adottante per tre giorni (sessio triduaria), compiendo simbolici atti d’imperio. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Affidavit 10 Poi se ne andava, ed entro l’anno provvedeva a restituire all’adottante il godimento dei suoi beni conservandone tuttavia la nuda proprietà. In tal modo, alla morte dell’adottante, l’adottato subentrava a pieno titolo e naturalmente nella piena proprietà. Scopo dell’(—) era, dunque, quello di creare un erede, essendo sconosciuto presso i Germani [vedi →] l’istituto del testamento. L’(—) fu accolta in un capitolare [vedi →] di Carlo Magno [vedi →] dell’803, entrò a far parte del Capitulare italicum [vedi →] e della Lombardia ed ebbe, in tal modo, sicura applicazione in Italia. ◆ Affidavit (d. comp.) Atto o documento giurato che trova un equivalente nel nostro ordinamento, con le dovute differenze, nella categoria degli atti notori. È un atto utilizzato come mezzo di prova nella pratica giudiziaria anglosassone ed in particolare nella procedura civile; in materia penale viene utilizzata l’espressione information o deposition. La parte che pone in essere questo atto è definita deponent ed il soggetto abilitato a riceverlo commissioner for oaths. ◆ Affiliazione Istituto di diritto di famiglia abrogato in Italia dalla l. 184/1983 che lo ha sostituito con l’affidamento temporaneo dei minori. Esso creava un vincolo assistenziale tra affiliante e affiliato, che comportava l’obbligo per il primo di educare ed istruire il minore. A tal fine, l’affiliante aveva poteri assimilabili alla potestà dei genitori. ◆ Affrancato Nel diritto germanico [vedi →] era l’uomo che aveva acquistato la libertà in seguito ad affrancazione [vedi →]. Pur essendo un uomo libero e potendo accedere alle più alte cariche politiche, l’(—) era di condizione inferiore e il suo guidrigildo [vedi →] era la metà di quello previsto per l’arimanno [vedi →]. A seconda delle condizioni stabilite nella carta di riscatto, l’(—) poteva essere sottomesso al diritto di patronato (ed essere obbligato a prestare dei servigi vitalizi o ereditari al suo padrone), oppure poteva esserne esonerato. Nei casi in cui l’(—) non era sottoposto al diritto di patronato, sorgeva la necessità per esso di cercarsi un tutore sociale e politico che gli avrebbe fornito l’appoggio necessario per farsi una posizione sociale. Tale protettore poteva essere il padrone stesso oppure una chiesa o un funzionario. L’(—) che aveva ottenuto il riscatto per danarium (cd. denarialis) si trovava in una posizione privilegiata rispetto agli altri, poiché non poteva più perdere la sua libertà ed il suo protettore era il re stesso, al quale doveva i suoi servigi. ◆ Affrancazione Nella società germanica (ed in particolare in quella dei Merovingi → del VI secolo) era l’istituto attraverso cui lo schiavo acquistava la libertà. Il padrone poteva affrancare gli schiavi a titolo di ricompensa per i servigi ottenuti, oppure lo schiavo stesso poteva, talvolta, pagare la propria libertà, quando avesse ricevuto in godimento una somma di denaro (peculium). Infine, in alcuni casi, una terza persona poteva affrancare lo schiavo anche senza il consenso del padrone: ciò avveniva quando il vescovo, al fine di farne un prete, acquistava uno schiavo pagando il doppio del prezzo di esso e quando una terza persona riscattava uno schiavo altrui rimborsandone il prezzo. Le forme di affrancazione dalla schiavitù erano numerose, alcune di origine romana ed altre di origine germanica. Di origine romana era quella che si realizzava in sacrosanctis ecclesiis: in tal caso lo schiavo veniva consegnato al vescovo che lo riscattava, e quella che avveniva per cartam: il padrone consegnava allo schiavo una carta di riscatto, in cui venivano indicate le caratteristiche dell’affrancazione. La forma principale di affrancazione germanica era quella che avveniva per danarium ante regem: il padrone dichiarava dinanzi al re di volere liberare uno schiavo e consegnava a quest’ultimo del denaro. Il re confermava la libertà e lo schiavo diventava libero per sempre. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 11 ◆ Affratellamento Istituto estraneo al diritto romano che assunse, invece, notevole importanza nella prassi in età medievale. Frequenti applicazioni si ebbero nell’Italia meridionale e insulare fino al secolo XII. Consisteva in un vincolo puramente civile che si realizzava tra diverse famiglie di liberi coloni e livellari i quali, non potendo da soli sopportare i pesi di censi e di soprusi e spinti dalla necessità di sopperire al bisogno di braccia per il dissodamento di terreni incolti, davano vita ad un consorzio molto simile a quello familiare. Tale vincolo nasceva da una convenzione scritta di trattarsi reciprocamente come fratelli germani. L’(—) importava l’obbligo della vendetta del sangue se l’affratellato fosse stato ferito o ucciso, nonché diritti di successione legittima tra gli affratellati. I riti di (—) riecheggiavano usanze slave o di popolazioni barbare dell’Asia centrale, quale il bere il sangue l’uno dell’altro. Nell’Italia meridionale l’istituto venne introdotto dai Bizantini. Già a partire dal secolo X l’(—) fu malvisto dalla Chiesa, la quale era contraria alla creazione di nuovi impedimenti al matrimonio. ◆ Africano (Sesto Cecilio) Giurista vissuto nell’epoca tra Adriano e Antonino Pio (II secolo d.C.); fu allievo di Salvio Giuliano [vedi →], di cui divulgò i principali orientamenti. Le sue opere principali, contraddistinte da uno stile oscuro e complesso furono: — i libri IX quaestionum, raccolta di un ingente materiale casistico, desunto probabilmente dall’opera del maestro; — i libri epistularum, almeno 20, probabilmente anch’essi consistenti in una raccolta di materiale elaborato da Salvio Giuliano. ◆ Agilulfo Fu re dei Longobardi [vedi →] dal 591 al 615, avendo preso in moglie la vedova di Autari [vedi →] Teodolinda. Tentò di sottomettere, sottraendola ai Bizantini, l’Italia intera, ad eccezione di Roma e Ravenna. Pur conservando la fede ariana [vedi → Arianesimo] favorì la Agostino Aurelio (Santo) diffusione del Cristianesimo tra il suo popolo, in ciò esortato dalla moglie Teodolinda e da papa Gregorio I Magno [vedi →]. ◆ Agostino Aurelio (Santo) Teologo, filosofo e padre della Chiesa. Nacque a Tagaste, in Numidia (odierna Algeria) nel 354 e morì nel 430 ad Ippona (Bona, odierna Annaba, in Algeria) città della quale fu vescovo. Insegnò retorica a Tagaste, Cartagine, Roma e Milano. Qui si convertì al Cristianesimo. Nell’ambito del suo pensiero la tematica filosofico-giuridica occupa un notevole spazio. Rimasto sconvolto dal saccheggio di Roma del 410 ad opera dei Visigoti [vedi →] di Alarico I [vedi →], egli si rese conto della debolezza di Roma pagana, ma si rifiutò di attribuire alla nuova religione cristiana la causa dell’indebolimento dello Stato. Allo scopo di confutare tale accusa scrisse La Città di Dio (De civitate Dei), in cui descrisse la nascita di due città costantemente in lotta tra loro: una del bene, del vero, dello spirito e della gloria divina; l’altra del male, della fallacia, della materia e della vanagloria umana. Secondo (—) un’associazione di cittadini fondata sul diritto può esistere solo se vi regna la giustizia, che è la conformità della coscienza dell’uomo al disegno di Dio e si realizza nell’adempimento scrupoloso del proprio dovere e nell’attribuzione a ciascuno di ciò che gli spetta (suum cuique tribuere) senza inganni o favoritismi. L’uomo ha per natura bisogno della società ed ogni società necessita di un’autorità (ubi societas ibi ius; ubi ius ibi societas), che è indispensabile e trascendente. Scopo di ogni potere, la cui legittimazione è data da Dio, è la realizzazione della giustizia e quando un regnante allontana da essa la propria politica, il potere si travia e si perde. Una vera civitas non può fare a meno di condizionare alla realizzazione della giustizia il perseguimento degli interessi comuni. Tuttavia, alla fine della sua analisi (—) giunge alla conclusione secondo cui nessuna città terrena è capace di conservare l’equilibrio, poiché gli individui lottano costantemente tra i due Estratto distribuito da Biblet Agreement 12 principi contrapposti dell’amore per Dio e dell’amore per se stessi. La giustizia risulta così estromessa dall’organizzazione terrena e si rinviene solo nella città retta da Cristo. I regni terreni, caratterizzati dalla difformità dei rapporti umani rispetto alla legge divina non sono altro che immani imprese di sopraffazione, in cui non si ha una vera costituzione politica e l’ordinamento giuridico risulta segnato dalla corruzione. ◆ Agreement (d. comp.) Nel diritto anglosassone il termine ha un significato assai vasto ed indica, in genere, l’accordo. Esiste, tuttavia, una distinzione importante tra la categoria degli (—) e quella dei contracts, in quanto i secondi costituiscono soltanto una particolare fattispecie dei primi. Non sempre gli (—) sono sanzionati giuridicamente; avviene spesso che, per volontà delle parti (espressa o tacita) o per altre ragioni, essi restino nella sfera dell’extragiuridico, costituendo la categoria degli unenforceable agreements (accordi non sanzionabili giuridicamente). Sono da ricordare in particolare i cd. domestic (—) e gentlemen’s (—), ovvero accordi stipulati da persone con particolari legami di natura familiare o sociale; in questi casi l’esecuzione dell’accordo è affidata all’impegno morale delle parti. ◆ Alani Popolo di origine sarmatica della Russia sudorientale, che dilagò nelle terre dell’Impero romano al tempo delle migrazioni germaniche e si spinse fino alla Spagna e al Portogallo. Gli (—) furono sconfitti da Pompeo nel 65 a.C. e tenuti a freno da Marco Aurelio. Nel 370 furono sottomessi dagli Unni [vedi →]. Una parte di essi scese in Italia nel 405 e nel 464, venendo sgominata dai Visigoti [vedi →]. ◆ Alarico I Re dei Visigoti [vedi →]. Nacque nel 370 ca a Torris (Stiria, attuale Austria) e morì a Cosenza nel 410. Abbandonata la Tracia (Regione della penisola balcanica) nel 396, si rovesciò con il suo eser- cito sulla Grecia. Di là passò in Italia; nel 403 campeggiò contro Onorio nel milanese e lo rincorse fino ad Asti ma dovette fronteggiare gli attacchi di Stilicone, da cui venne sconfitto a Pollenza (Macerata) e Verona e dal quale fu costretto alla ritirata dall’Italia. Ben presto, tuttavia, (—) infranse la pace e, rioccupata l’Italia, assediò Roma nel 408, 409 e 410. Le prime due volte si accontentò di un forte tributo, mentre alla terza sottopose la città al saccheggio, che durò tre giorni. Poco dopo raggiunse l’Italia meridionale, allo scopo, forse, di passare in Africa ed assediò Cosenza. Qui fu colto da morte e secondo la leggenda il suo corpo venne sepolto nel fiume Busento. Gli successe il cognato Ataulfo [vedi →]. ◆ Alarico II Ottavo re dei Visigoti di Spagna (dal 484 al 507). Fu ucciso in guerra dal re dei Franchi Clodoveo [vedi →] nella battaglia di Poitiers del 507. A lui si deve la emanazione di una raccolta di leggi romane nota come Breviarum Alarici [vedi →Lex romana Wisigothorum]. ◆ Alberico da Rosate (? - 1354) Giurista esponente della scuola dei commentatori [vedi →]. Fu definito «il pratico» dal momento che non esercitò mai l’insegnamento. Scrisse ampi commentari al Digesto [vedi →] e al Codice [vedi → Corpus iuris civilis], un Dictionarium viris ed il trattato Opus statutorum, in cui affrontò la delicata questione degli statuti e dei loro rapporti col diritto comune [vedi →]. ◆ Alberto da Gandino (Crema 1278-1310) Avvocato e magistrato, incentrò la sua attività di scrittore negli ultimi anni del XIII secolo. Appartenne alla scuola dei Postaccursiani [vedi →], legò il suo nome soprattutto a due opere monografiche. Nelle Quaestiones statutorum venne riorganizzata ed approfondita l’intera disciplina delle norme statutarie e del loro fondamento giuridico. Nel Tractatus de maleficiis venne risistemata l’intera materia dei delitti e delle pene, profondamente innovata dalla normativa statutaria. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 13 Magnus practicus venne definito da Giovanni d’Andrea [vedi →], canonista del Trecento, per le profonde ispirazioni che egli traeva dalla sua quotidiana pratica di avvocato e giudice. ◆ Albinaggio [DIRITTO DI] Era il diritto, di origine feudale, in base al quale i beni dello straniero non naturalizzato o che non avesse disposto mediante testamento, passavano in proprietà dello Stato in cui essi si trovavano, con esclusione di ogni diritto degli eredi del defunto. L’(—) divenne appannaggio del sovrano, che in seguito lo sostituì con un diritto di ritenzione parziale, ossia col diritto di incamerare una certa percentuale del valore del patrimonio ereditario. L’istituto venne abolito in seguito al diffondersi delle istanze ideologiche della Rivoluzione francese [vedi →] che esaltava la proprietà individuale come diritto naturale dell’uomo. ◆ Alciato Andrea (Alzate, Milano 1492 Pavia 1550) Giurista italiano. Studiò diritto presso le Università di Pavia e Bologna e si laureò nel 1516 a Ferrara. Insegnò ad Avignone, Pavia, Bologna, Bourges e Ferrara. A lui si deve il merito di aver iniziato un nuovo indirizzo dello studio del diritto, che sostituì quello della scuola dei commentatori [vedi →] e segnò il momento dell’ingresso delle correnti umanistiche [vedi →umanesimo giuridico] nella scienza giuridica. Dalla ricostruzione del diritto romano secondo un metodo che, dal luogo ove (—) insegnò, viene definito francese [vedi → mos gallicus] emerse il problema della natura della legge, che venne considerata diretta emanazione della volontà dell’imperatore, al quale il popolo aveva delegato il potere di legiferare. Per (—) ogni potere legittimo necessitava del consenso popolare ed i prìncipi italiani ed i monarchi europei erano vincolati all’autorità imperiale, considerata originaria e prevalente rispetto ai poteri spettanti ai regnanti territoriali. ◆ Aldio È il soggetto semilibero della società germanica e altomedievale, ossia il soggetto che si trova Alessandro III in una in una posizione intermedia tra il libero e lo schiavo. Gli aldii si dividevano essenzialmente in due categorie sociali: i coloni ed i leti (o lidi). I coloni erano uomini liberi, come persone, ma legati al fondo che coltivavano. Erano obbligati a prestare al signore dei servigi (obsequia), dei canoni in natura ed una rendita (o capitazione) di quattro denari. Generalmente la loro condizione giuridica era assimilata a quella degli affrancati [vedi → Affrancato]. I leti provenivano da stirpi vinte ma affini ed erano soggetti alla potestà [vedi →Mundeburdio] di un signore, al quale erano legati da un vincolo reale e non personale: il lete non poteva essere separato dalla terra concessagli in coltivazione, né poteva allontanarsene. In generale, l’(—) aveva un guidrigildo [vedi →] pari alla metà di quello di un uomo libero e poteva essere riscattato attraverso il pagamento della corrispondente somma di denaro. L’(—) poteva sposarsi e costituire una famiglia legittima, previo consenso del signore. Poteva avere un patrimonio proprio, citare in giudizio e stipulare atti giuridici. ◆ Alemanni Confederazione di numerose tribù germaniche di stirpe sveva. Nel secolo III d.C. si stanziarono in Germania, sulle sponde del Meno. Più tardi si spinsero verso le Alpi ma furono respinti dai Romani. Nel secolo V invasero la Francia orientale ma vennero sconfitti dal re dei Franchi [vedi →] Clodoveo [vedi →]. Una parte di essi si sottomise al re franco ed un’altra scelse la protezione di Teodorico [vedi →] re degli Ostrogoti [vedi →] che lasciò ad essi la Rezia [vedi →]. Nel 556 giunsero in Italia ma non vi si fermarono. ◆ Alessandro III (Rolando Bandinelli) (Siena, inizi XII secolo - Civita Castellana, 1181) Canonista e pontefice. Allievo di Graziano [vedi →], scrisse una summa esplicativa del Decretum [vedi → Summa; Decretum (magistri) Gratiani]. Docente di diritto a Bologna, Estratto distribuito da Biblet Alessandro Tartagni 14 divenne cardinale (1150), poi cancelliere della Chiesa (1153). Fu assistente di papa Adriano IV nelle controversie con l’Impero, durante la dieta di Besançon (1157). Alla morte di Adriano (1159) fu eletto pontefice. La minoranza filoimperiale dei cardinali gli contrappose l’antipapa Vittore IV, appoggiato dall’imperatore Federico I di Hohenstaufen [vedi →]. (—), sostenuto da Francia, Spagna e Inghilterra, scomunicò l’antipapa, l’imperatore e i loro sostenitori. Tra il 1160 e il 1165 risiedette in Francia, lottando contro gli antipapi successivi. Rientrato a Roma, appoggiò la formazione della lega veneta e della lega lombarda [vedi →] nel 1167, in funzione anti-imperiale. Dopo la sconfitta dell’imperatore a Legnano (1176) [vedi → Legnano (battaglia di)], (—) ottenne il riconoscimento da parte di Federico. Nel 1179 indisse il Concilio lateranense III, a cui parteciparono trecento vescovi e durante il quale furono emanati 26 canoni [vedi →Canone]. In esso fu stabilita la regola, tuttora vigente, che prevede il voto della maggioranza dei 2/3 dei cardinali per l’elezione papale. La figura di (—) costituisce un caso esemplare di fusione tra l’attività teorica e l’azione politica: egli utilizzò, da pontefice, la sua cultura giuridica e la sua produzione scientifica per affermare la libertà della Chiesa, l’indipendenza del papato e l’obbligo per i sovrani di aiutare la Chiesa. ◆ Alessandro Tartagni [vedi → Tartagni Alessandro]. ◆ Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch (Codice civile generale) Codice civile austriaco promulgato nel 1811. L’(—) rappresentò il prodotto finale del movimento per la codificazione [vedi →] iniziato in Austria con Maria Teresa d’Asburgo (17401780) e proseguito con i suoi figli e successori Giuseppe II (1780-1790) e Leopoldo II (17901792). Tra il 1753 e il 1766 una commissione imperiale lavorò ad un abbozzo di codice, il Codex Theresianus, e pubblicò i Principi di compilazione, vale a dire i criteri-guida dell’operato della commissione. Tali principi consistevano nella scelta delle leggi più eque del- l’impero e nell’eliminazione delle «lacune», secondo le norme della ragione e del diritto naturale [vedi →]; in tal modo la commissione stabilì un debito nei confronti delle teorie del diritto naturale, e in particolar modo verso quella di Christian Wolff [vedi →Wolff Christian]. Il progetto fu comunque respinto dalla sovrana per la sua prolissità; solo nel 1786 Giuseppe II ne fece pubblicare una parte (il cd. Codice giuseppino). Sotto Leopoldo II, un’altra commissione rielaborò il progetto, il quale fu promulgato, in via sperimentale, per la sola Galizia. Successivamente furono raccolte le osservazioni di magistrati e professori. Nel 1801 un’ennesima commissione imperiale pose mano al codice. Dopo essere stato respinto per tre volte e sottoposto a riesame, l’(—) fu finalmente promulgato il 1° giugno 1811. Entrò in vigore il 1° gennaio 1812 con riguardo ai «territori ereditari di lingua tedesca» (für die Deutschen Erblande), vale a dire Austria, Stiria [vedi →], Tirolo, Boemia, Moravia e Slesia. Nel 1816 fu esteso al Lombardo-Veneto, successivamente al Liechtenstein, alla Croazia, alla Slovenia, alla Dalmazia, alla Transilvania e alla Polonia. L’(—) tolse efficacia alle fonti vigenti in precedenza, venendo a costituire l’unica fonte di diritto positivo; escluse, inoltre, la validità delle consuetudini che si fossero formate anche in futuro. Esso previde il ricorso all’interpretazione analogica in caso di «lacune», e sussidiariamente ai principi naturali. L’(—), tuttora vigente in Austria, è diviso in tre parti. La prima concerne il diritto delle persone; la seconda disciplina i diritti reali (possesso, proprietà, privilegi, servitù, successioni) e i contratti; la terza è relativa alle modificazioni dei rapporti giuridici, all’estinzione di diritti ed obblighi, alla prescrizione e all’usucapione. ◆ Allgemeines Landrecht (Legge generale del Paese) Codice prussiano in vigore dal 1794 al 1900. Fu il primo codice nazionale ad entrare effettivamente in vigore. Nel 1780 il re di Prussia Federico II il Grande di Hohenzollern emanò un editto (Cabinets- Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 15 Allodio Ordre), con il quale autorizzò la codificazione [vedi →]. Secondo quest’atto il codice avrebbe dovuto ispirarsi al diritto naturale [vedi →], sostituendo il diritto romano nei territori governati dal re di Prussia. Solo il diritto romano che si fosse rivelato compatibile con il diritto naturale avrebbe potuto essere incluso nel codice. Tra il 1780 e il 1786 un gruppo di giuristi lavorò a un «Progetto per un codice generale». A tal fine venne redatto un riassunto del Corpus iuris civilis [vedi →], furono raccolte legislazioni provinciali e sentenze. Ma il risultato fu respinto dal sovrano, perché ritenuto troppo voluminoso. Federico morì nel 1786. Durante il regno di Federico Guglielmo II di Hohenzollern (17861797), si lavorò alla rielaborazione del «Progetto», il quale fu inviato a vari studiosi europei, per riceverne indicazioni e suggerimenti. Un’ulteriore opera di revisione (1789-1792) portò alla pubblicazione, nel giugno 1792, di un «Codice generale», entrato in vigore in via sperimentale, per la sola Prussia meridionale, nel 1793. Dopo alcuni cambiamenti, l’(—) entrò in vigore nel luglio del 1794. Nell’Introduzione all’(—) si identificavano i diritti dell’individuo nella libertà di promuovere il proprio benessere, senza ledere gli altrui diritti; al contempo fu enunciata la regola secondo la quale «tutto ciò che non è vietato, è permesso». Era sancita l’uguaglianza giuridica: «le leggi dello Stato vincolano tutti i suoi sudditi, senza riguardo allo stato, al rango, o alla famiglia» (Introduzione). Era infatti prevista la possibilità di chiamare in giudizio il sovrano; in tal caso le cause sarebbero state giudicate da tribunali ordinari. L’(—) comprendeva una prima parte che disciplinava i diritti reali, suddivisa a sua volta in sei libri: modi diretti di trasferimento della proprietà; modi indiretti di trasferimento della proprietà; diritto successorio; perdita della proprietà; proprietà collettiva; diritti sulle cose. La seconda parte concerneva le associazioni, a sua volta divisa in tre parti: diritto di famiglia; diritti dei ceti nello Stato; diritti e doveri dello Stato nei confronti dei cittadini. L’(—) lasciò in vigore il diritto consuetudinario locale, a differenza della successiva codificazione austriaca e francese [vedi →Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch; Code Napoléon]. Benché talune sue parti siano rimaste in vigore fino al XX secolo, l’(—) trovò difficoltà di applicazione, anche per la sua prolissità. Esso fu inoltre attaccato dalla scuola storica [vedi →], particolarmente critica verso la codificazione. Ciò nonostante l’(—) rappresentò l’espressione di una notevole cultura giuridica, capace di esprimere un monumentale ordinamento statale, partendo da un rigoroso sistema di principi giusnaturalistici [vedi → Giusnaturalismo]. ◆ Allodio (lat. mediev. allodium der. dall’ant. tedesco lod «possesso libero») Nel diritto germanico [vedi →] costituiva la proprietà su un bene (terra, casa, vigna, bottega, pascolo comunale ecc.) che il singolo riceveva per effetto della successione, in seguito a divisione in quote (reale o ideale) del patrimonio ereditario. Poiché i caratteri dell’istituto erano strettamente connessi ai princìpi regolatori della proprietà nel diritto germanico, intesa come proprietà collettiva del gruppo, il singolo non poteva disporre del bene allodiale, qualora ciò avesse arrecato danno agli eredi necessari e, sotto questo aspetto, l’(—) si contrapponeva ai singoli beni che il soggetto acquistava con i proventi del proprio lavoro, sui quali aveva piena disponibilità. A differenza del feudo, ricevuto dal signore e non dagli avi, l’(—) era considerato terra libera da ogni vincolo feudale e quest’ultimo elemento finì col prevalere e caratterizzare la figura dell’(—). Dal punto di vista giuridico si distinguevano generalmente tre tipi di (—): — l’(—) semplice, che non comportava alcun potere pubblico dell’allodiere, essendo semplicemente una proprietà privata libera da vincoli feudali; — l’(—) giustiziale, nel quale l’allodiere era tenuto, come munus publicum, a dirimere le eventuali controversie insorgenti tra gli occupanti le terre; Estratto della pubblicazione Alta e bassa giustizia 16 — l’(—) sovrano, che costituiva un principato indipendente, in quanto l’allodiere non dipendeva neppure dal sovrano. A partire dalla fine del XII secolo il numero degli allodi diminuì, poiché diventarono sempre più aspri i conflitti di interesse tra i feudatari, che volevano imporre i loro diritti sugli allodi e gli allodieri. Il termine è usato oggi, nel diritto agrario, per indicare un bene in proprietà scevro da vincoli o tributi feudali. ◆ Alta e bassa giustizia Espressione che indica i due diversi ambiti di giurisdizione in cui, nel Medioevo e nella prima età moderna, veniva ripartita l’amministrazione della giustizia. La distinzione tra (—) risale all’epoca carolingia, quando le cause maggiori vennero attribuite alla decisione dei placiti generali [vedi → Placitum] e quelle minori furono affidate ad un rappresentante del conte. L’alta giustizia, esercitata dal sovrano e dai grandi feudatari, riguardava l’esame delle cause relative alla proprietà fondiaria e alla libertà personale, nonché i più gravi reati (omicidio, stupro, lesioni gravi, incendio volontario, furto e rapina), punibili con la pena di morte o la mutilazione. La bassa giustizia, attribuita ai vassalli [vedi → Vassallo] riguardava i reati meno gravi e le liti civili di minor valore. ◆ Amicus curiae (d. comp.) Nel diritto processuale di Common Law [vedi →] indica l’intervento in giudizio di un terzo, autorizzato dal giudice, per fornire pareri su questioni di fatto o di diritto. L’istituto si è sviluppato soprattutto negli Stati Uniti consentendo l’intervento in giudizio di gruppi o individui portatori anche di interessi che non coincidono con quelli delle parti in causa. ◆ Ammiragli Funzionari del governo centrale nel Regno di Sicilia, istituiti dai Normanni [vedi →]. Ai tempi di Ruggiero II (1095-1154) l’Ammiragliato fu la più alta magistratura finanziaria. Gli (—) erano numerosi ed agivano sotto la diretta responsabilità giuridica del Grande Ammiraglio, che aveva il potere di rappresentare all’esterno l’ufficio. La loro competenza si estendeva in campo amministrativo e fiscale e a questa fu connesso il controllo delle forze armate terrestri e marine; queste ultime hanno conservato la dizione per designare i loro comandanti in capo. Federico II di Svevia [vedi →] nell’ottobre del 1239 emanò i famosi Capitula ad Officium Ammiratiae, con cui riorganizzò l’ufficio in capo ad un Grande Ammiraglio, da cui dipendevano alcuni vice-ammiragli. Tra le funzioni attribuite agli (—) dai Capitula rientravano tutti i compiti di natura amministrativa collegati all’esercizio di attività marinare (non necessariamente militari); il controllo sulla riparazione delle navi nei cantieri; la concessione dei permessi (licentiae) per l’armamento delle navi e per la navigazione; la nomina dei comandanti di flotta; la vigilanza sulla sicurezza sui mari e l’esperimento della giurisdizione civile e penale sugli arruolati e sugli imbarcati. I capitula fissavano, inoltre, sostanziosi compensi agli (—), consistenti in parte in denaro e in parte in vantaggiose esenzioni: ad es. essi erano esonerati dal pagamento dei dazi doganali per le imprese commerciali che attuavano in proprio ed avevano il diritto di impossessarsi dei bottini di guerra o derivanti da naufragi occasionali sulle coste del Regno. ◆ Ammiragliato [vedi → Ammiragli]. ◆ Amparo [RICORSO DI] (d. comp.) Istituto di protezione dei diritti fondamentali tipico degli ordinamenti dell’America Latina. Introdotto dalla Costituzione spagnola del 1931, è previsto anche da quella del 1978, che affida alla Corte suprema la tutela in ultima istanza dei diritti pubblici costituzionalmente garantiti, su ricorso di qualunque persona fisica o giuridica che invochi un legittimo interesse. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 17 Antistoricismo ◆ Ancien Régime Espressione coniata dal fisiocratico [vedi → Fisiocratici] Honoré-Gabriel Mirabeau nel 1790 e utilizzata dai membri dell’Assemblea Nazionale Costituente [vedi →] (1789-1791) per indicare l’insieme delle istituzioni giuridico-sociali in vigore dalla fine del Medioevo sino alla Rivoluzione francese [vedi →], che gli stessi intendevano demolire. In sostanza, i costituenti francesi identificarono l’(—) nel regime feudale [vedi →feudalesimo], fondato su rapporti di servitù personale, sulla giurisdizione signorile e sulla strutturazione del potere imperniato sull’egemonia della nobiltà e del clero, ai quali venivano attribuiti privilegi particolari in materia fiscale, di accesso agli uffici pubblici e di immunità [vedi →]. ◆ Andi-gawere Termine in uso presso i Germani [vedi →] per indicare i beni disponibili acquisiti da un soggetto con la propria opera (Hand). ◆ Andrea Barbazza [vedi → Barbazza Andrea]. ◆ Andrea d’Isernia (Isernia 1220 ca - Napoli 1316) Giureconsulto e magistrato, fu professore nello Studio [vedi →Studium] di Napoli. Esperto di diritto feudale, tanto da passare ai posteri come «monarcha feudistarum», scrisse il Super usibus feudorum, che dettò legge sulla materia. Fu autore di una lectura sulle costituzioni federiciane [vedi →Liber Augustalis; Federico II di Svevia] e di una raccolta delle leggi finanziarie del Regno di Sicilia, successivamente conosciuta come Ritus regiae Camerae summariae [vedi →]. Dotato di un profondo senso della giustizia, che fece valere anche nei confronti dei potenti, secondo la tradizione, venne ucciso per conto di un feudatario tedesco, privato di alcuni possedimenti, per effetto di una sua sentenza. ◆ Angli Popolazione germanica [vedi →Germani] che unitamente ai Sassoni [vedi →] e ad altre tribù affini invase verso la seconda metà del V secolo la Britannia, stanziandosi nella parte sud-orientale della regione. Dagli (—) deriva il nome attuale di Inghilterra. ◆ Anticurialismo Movimento di opposizione alle pretese della curia papale di controllare e governare chierici e laici cattolici di ogni nazione, con ciò interferendo non solo nelle questioni religiose ma anche negli affari giuridici, politici e sociali di ogni singolo Stato. L’(—) affonda le sue radici nel basso Medioevo ed assunse un’enorme portata nel secolo XVIII. Frequenti furono, infatti, nell’età moderna i tentativi, già enunciati dalle dottrine del febronianismo [vedi →], di dare vita a chiese nazionali autonome dall’autorità papale e di assoggettare il clero al potere temporale, limitandone le prerogative. Numerose furono le riforme, attuate dai sovrani settecenteschi, rivolte a colpire lo strapotere della Chiesa di Roma ed i suoi canali d’intervento. Le iniziative anticuriali conobbero un forte momento di coesione soprattutto nella lotta contro i Gesuiti [vedi →], che sfociò nell’espulsione di questi dalle principali monarchie cattoliche e che portò alla soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773. ◆ Antistoricismo Dottrina che si oppone allo storicismo, in quanto rifiuta di considerare gli avvenimenti umani come il prodotto dell’ambiente storico e nega che i fatti, in quanto reali, siano razionali. Di (—) parlò soprattutto Benedetto Croce [vedi → Croce Benedetto] in riferimento all’Illuminismo [vedi →], poiché tale ultima corrente di pensiero operò l’affrancamento dalla tradizione, che non solo venne sottoposta alla libera critica e si vide disconoscere qualsiasi valore indipendente dalla ragione ma venne anche condannata sommariamente. Secondo Croce l’(—) illuministico era ravvisabile nel paragone arbitrario istituito dagli storici settecenteschi fra quanto era accaduto di fatto e quanto sarebbe dovuto Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Antitribonianus 18 accadere secondo ragione. Tale arbitrio risultava particolarmente evidente nei discorsi sul Medioevo, condannato radicalmente dagli illuministi come età oscurantistica del fanatismo e della violenza. ◆ Antitribonianus Volumetto scritto nel 1567 dall’esponente della scuola culta [vedi →Culti (scuola dei)] François Hotman [vedi →Hotman François] e pubblicato per la prima volta a Parigi in lingua francese nel 1603. In esso è contenuta un’acre ed esplosiva serie di accuse demolitrici sia al Corpus iuris civilis [vedi →] voluto da Giustiniano I [vedi →] e realizzato da Triboniano [vedi →], sia ai metodi interpretativi del diritto romano adoperati dalla giurisprudenza medievale e soprattutto dai bartolisti [vedi → Bartolismo]. Nell’(—) il diritto giustinianeo viene giudicato un fenomeno meramente storico, privo di auctoritas intrinseca e, quindi, inapplicabile alle strutture politiche ed alle esigenze ormai diverse della presente società francese. Inoltre, Giustiniano e soprattutto Triboniano vengono accusati di avere arbitrariamente alterato e confuso l’enorme patrimonio giuridico dell’antica Roma, dando vita attraverso il Corpus iuris ad un ammasso di errori e contraddizioni normative, su cui i giuristi medievali, nella loro stoltezza e barbarie, si sarebbero gettati senza discernimento, considerando le leggi giustinianee non come scritte da un uomo, bensì cadute dal cielo, perseverando così nell’errore. Nell’(—) Hotman propone di affidare ad una commissione di giuristi e di funzionari statali il compito di estrapolare dal diritto romano i princìpi ancora vivi e validi e sulla base di questi e delle consuetudini del regno di Francia dare vita ad un codice che semplificasse tutto il diritto francese, ponendo fine al caos giurisprudenziale creato nei secoli dagli interpreti del diritto giustinianeo. Nell’(—) è dunque presente la proposta di uno dei primi veri progetti di codificazione nazionale, che in gran parte la Francia accoglierà solo due secoli più tardi. ◆ Antonio da Budrio (1338 - 1408) Giurista canonista appartenente alla scuola dei Commentatori [vedi →], allievo di Pietro d’Ancarano [vedi →]. Scrisse ampi commentari alle Decretali [vedi →] e al Liber Sextus [vedi →], nonché lodevoli trattati: De iure patronatus, De emptionibus et venditionibus, De notorio, De symonia ed un Repertorium de iure civili. ◆ Antrustione [vedi → Gasindi]. ◆ Aquisgrana [PACE DI] In questa città della Renania-Westfalia attualmente denominata Aachen e che sotto la dominazione francese fu chiamata Aix-la Chapelle, furono conclusi due accordi. La prima (—) fu stipulata il 2 maggio 1668, al termine della guerra di devoluzione (1667-68) condotta dal re di Francia Luigi XIV contro i Paesi bassi spagnoli (Fiandre), che il sovrano voleva annettere in virtù di una norma di diritto privato in vigore nella regione di Brabante, secondo la quale l’eredità spettava ai figli di primo letto del padre defunto, indipendentemente dal sesso [vedi → Legge salica]. Luigi XIV rivendicava le Fiandre spagnole per la moglie Maria Teresa, figlia di Filippo IV di Spagna (morto nel 1665). L’alleanza tra l’Olanda, la Svezia e l’Inghilterra costrinse, però, il sovrano francese alla (—), con la quale la Francia restituiva la Franca contea alla Spagna, mentre a Luigi XIV veniva riconosciuta solo la parte meridionale delle Fiandre (Lilla, Charleroy). La seconda (—) fu stipulata il 18 ottobre 1748. Concluse la guerra di successione austriaca (1740-1748), condotta contro Maria Teresa d’Austria da Carlo Alberto di Baviera e Federico Augusto III di Sassonia, i quali non riconoscevano la validità della Prammatica sanzione [vedi →] (1713), deliberazione di Carlo VI d’Austria, con la quale egli cercava di assicurare il trono ai propri discendenti (anche se femmine). Spagna, Prussia, Francia e Regno di Napoli avanzarono pretese nei confronti dell’Austria. Dopo alcuni anni di alterne vicende si addivenne alla (—), con la quale la Francia Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 19 Arbitrato restituiva tutte le conquiste; Filippo di Borbone otteneva Parma, Piacenza e Guastalla; Maria Teresa veniva riconosciuta imperatrice ma cedeva a Federico II di Prussia la Slesia. Carlo Emanuele III otteneva Vigevano e l’Alto Novarese. ◆ Aragonesi Membri della casa d’Aragona (regione della Spagna settentrionale), che regnarono a partire dal 1282 in Sicilia con Pietro III il Grande il quale, dopo aver ispirato la rivolta popolare dei vespri siciliani contro il dominio angioino, assunse la corona dell’isola con l’appoggio dei fedeli alla casa sveva e dell’imperatore d’Oriente Michele VIII Paleologo. Dal 1442 gli (—) regnarono su Napoli e Sicilia. Ad inaugurare il dominio aragonese su tutto il mezzogiorno d’Italia fu Alfonso I. Egli, succeduto in Aragona e Sicilia al padre Ferdinando I, fu adottato nel 1421 dalla regina di Napoli Giovanna d’Angiò. Alla morte di quest’ultima la successione al trono gli venne contestata da Renato d’Angiò, appoggiato dai governanti di Milano, Venezia e Firenze. Sconfitto e fatto prigioniero dal duca di Milano Filippo Maria Visconti, Alfonso I si accordò segretamente con lui e ciò gli valse la possibilità di conquistare Napoli, che annetté alla Sicilia. Successori di Alfonso I furono Ferdinando I (1458-94), Alfonso II (1494-95), Ferdinando II (1495-96), Federico I (1496-1501) e Ferdinando III (1504-1516), che fu l’ultimo della dinastia. A partire da Ferdinando III, iniziò per il regno di Napoli e di Sicilia il periodo dei vicerè (15041700), continuato sotto il dominio degli Asburgo di Spagna. ◆ Arbitrato Nel diritto processuale civile è il mezzo al quale le parti possono ricorrere per sottrarre alla giurisdizione ordinaria la decisione di una lite, realizzando così una sorta di giustizia privata, dettata cioè da un privato anziché da un giudice dello Stato. È sempre lo Stato, comunque, che attribuisce alla decisione privata il carattere giurisdizionale, cioè il carattere di sentenza. L’istituto dell’(—) è previsto anche dal diritto internazionale, quale procedimento di risoluzione di una controversia affidata ad un giudice internazionale, la cui giurisdizione è stata preventivamente accettata dalle parti in controversia. Nel diritto romano l’arbitratus prevedeva la facoltà delle parti di affidare ad un terzo, l’arbiter, la decisione di una o più controversie, sulla base di un accordo detto compromissum. Con tale accordo, i soggetti si obbligavano all’accettazione e all’osservanza della decisione del giudice, e, contemporaneamente, dettavano le modalità e l’oggetto del giudizio. La sentenza non costituiva res iuridica, ma produceva esclusivamente gli effetti obbligatori del compromesso, ai quali era quindi connessa una actio ex stipulatu. Forme di (—) nelle controversie civili si ebbero anche nel Medioevo. Si pensi all’istituto dell’episcopalis udientia, strutturata su due caratteristiche essenziali: la facoltà delle parti di ricorrere liberamente al tribunale del vescovo per la risoluzione delle liti e la natura in origine tipicamente arbitrale della sentenza vescovile, emessa sulla base di valutazioni equitative. Riferimenti a procedure arbitrali sono contenuti anche nelle raccolte legislative barbariche; la Lex Wisigothorum [vedi →] contemplava espressamente l’(—), la Lex romana Wisigothorum [vedi →] faceva riferimento ad una costituzione di Costantino sull’episcopalis audientia e la legge salica [vedi →] affidava ai cd. apretiatores pretii il compito di determinare il valore delle cose che il debitore avrebbe dovuto corrispondere al creditore, qualora fosse stato impossibilitato a pagare il debito in denaro. Inoltre, l’ordinamento anglosassone rinveniva nel saamend la persona incaricata di determinare l’ammontare dei danni e l’entità del risarcimento, che l’autore di un reato avrebbe dovuto corrispondere alla vittima o ai parenti di essa. Spetta, tuttavia, ai giuristi dell’età del diritto comune [vedi →] il merito di aver disciplinato minutamente l’(—). Ai Commentatori [vedi →] si deve l’approfondimento della distinzione, già attuata dai Glossatori [vedi →] tra arbiter e arbitrator e poi accolta dall’ordinamento statutario. Estratto della pubblicazione