persona umana uomo – persona umana donna

PERSONA UMANA UOMO – PERSONA UMANA DONNA
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 17 novembre 2014
Che cosa è la persona umana? E’ la sola creatura voluta (da Dio) per se stessa; è la creatura che realizza se
stessa nel dono sincero di sé. Dio ha creato l’uomo e la donna con amore e per amore, e non li ha
condannati alla sterile solitudine, ma alla comunione delle persone unite dall’amore reciproco. La
mascolinità/femminilità qualifica la persona, è una qualità della persona e non solo del corpo: è il modo
originario di essere persona. La persona si realizza diversificata in due modalità diverse: è duale. Si tratta di
una qualità che diversamente da altre correla la persona: la pone in relazione con l’altro, la orienta all’altro.
Questa modalità di realizzare se stessi nel dono da parte delle persone «è segnata dalla diversità del loro
corpo e del loro sesso, e contemporaneamente dall’unione in questa diversità e attraverso questa». Esiste
un’intima unità fra il dono ed il modo di essere proprio della donna e dell’uomo. La sfera sessuale è di certo
qualcosa di proprio rispetto all’amore, ma tra essa e l’amore coniugale c’è per così dire un’armonia
prestabilita. Il suo senso autentico è per esperienza inseparabile dal suo carattere di espressione e
dispiegamento di uno specifico tipo di amore. E’ da questa comunità coniugale che nasce la famiglia
attraverso la generazione-educazione dei figli. Esiste un legame molto intimo fra la comunione personale,
che si forma e si stabilisce fra uomo e donna come marito e moglie, e il loro diventare genitori. Il passaggio
da una visione personalista a una visione individualista è la più grande minaccia al matrimonio e alla
famiglia. La visione individualista nega l’esistenza di legami originari dell’uomo con l’uomo: ogni uomo è
esclusivamente se stesso. Pertanto ogni legame umano deve essere pensato come una contrattazione, una
negoziazione fra soggetti autonomi. E’ il prodursi di un consenso sociale, che deve solo rispettare regole
formali procedurali, che determina la comunità umana, che istituisce i legami fra gli uomini. Dal punto di
vista etico, una visione individualista è tendenzialmente incapace di pensare e realizzare un bene comune
umano, se non come la somma dei beni individuali o le mere condizioni esterne in cui ciascuno può
liberamente perseguire il proprio interesse privato. Se uno si lascia convincere da questa visione, in una
cultura individualistica l’istituzione matrimoniale e familiare non ha più alcuna consistenza e in essa
ciascuno non è più riconosciuto nella sua dignità propria di persona. E’ priva di qualsiasi consistenza perché
diventa la contrattazione di due individui tesi ad una felicità che è propria, costruita quindi sul presupposto
che alla fine fra il dare e l’avere ci debba essere parità. E il progetto del figlio rischia di essere pensato
all’interno del proprio desiderio di autorealizzazione: o un impedimento da evitare o un bisogno da
soddisfare, costi quello che costi. Nell’attuale crisi dell’istituzione matrimoniale è giunta alla luce piena la
divaricazione teoreticamente radicale fra un’antropologia coniugale secondo la quale «l’esperienza rivela la
libertà dell’uomo e l’uomo stesso come auto dipendenza del rendersi dipendente dalla verità che non
dipende da lui, e un’antropologia coniugale che presenta la libertà dell’uomo e l’uomo stesso come auto
dipendenza pura, ossia come il potere di determinare la verità su di sé, e dunque il potere di costruire la sua
propria essenza, la sua natura». La separazione della sessualità dalla persona, ha causato la separazione del
corpo dalla persona. Il risultato è stato che la sessualità ha perduto ogni serietà: ha cessato di essere “un
caso serio” per trasformarsi progressivamente in gioco. Il processo della separazione del corpo dalla
persona è stato lungo e complesso. Per visione utilitaristica si intende quella concezione secondo la quale
l’uomo non dispone di una ragione egemone capace di misurare e di ordinare i suoi desideri secondo
specifiche virtù. Al contrario: l’uomo è portatore di desideri, passioni, interessi della cui soddisfazione la
ragione è posta al servizio. Nel campo della sessualità ciò significò e significa l’espulsione, dalla sua
comprensione, di ogni riferimento alla verità del dono, cioè dell’amore. Rimane solo la dimensione erotica
come dimensione egemone. La separazione dell’eros dall’amore ha così legittimato una visione edonista
della sessualità. E non c’è dubbio che una visione prevalentemente o esclusivamente edonista lavora nel
senso di una separazione della sessualità dal matrimonio, e quindi del matrimonio dalla famiglia. Per quale
ragione? Perché una visione edonista della sessualità de-responsabilizza profondamente la persona nei
confronti della propria sessualità medesima: è un esercizio individualista. L’amore coniugale non è più
orientato al dono della vita perché si è pensato come possibile un amore coniugale vero e nel contempo
deliberatamente chiuso alla vita. Se il matrimonio è «l’unione legittima di uomo e donna per il dono della
vita», la separazione del “dono della vita” dalla unione legittima e dalla sessualità umana ha distrutto la
naturalità di matrimonio e famiglia. Logicamente si è giunti al fatto forse più decostruttivo del rapporto
matrimonio-famiglia: la progressiva legittimazione-equiparazione al matrimonio e alla famiglia di qualsiasi
tipo di convivenza, anche fra omosessuali. In vari paesi sono già stati riconosciuti diritti legati alle unioni fra
omosessuali, di conseguenza si sta promuovendo anche il diritto di questi ultimi ad avere figli mediante la
procreazione artificiale. Sostenere una tale visione equivale a dire che: la sessualità è unitiva e procreativa
solo di fatto, non di diritto; dunque ci può essere una unione solo per gioco o piacere; ci può essere una
unione omo-sessuale che ha lo stesso valore di quella coniugale; sessualità - amore – procreazione non
sono connessi. La ricostruzione della comprensione del matrimonio e della famiglia, fondati sulla natura
della persona umana, è in primo luogo un’ opera del pensiero che non può essere rinviata. Infatti questa
ricostruzione può essere fondata sull’antropologia della persona e del dono come sua unica realizzazione
piena. La ricostruzione è opera dell’educazione delle persone. Questa dimensione dell’impegno può essere
fondata su una profonda teoria dell’atto educativo come atto che introduce la persona nella realtà.