12-Massari (388-391) - Giornale Italiano di Cardiologia

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CASO CLINICO
Sindrome tako-tsubo in giovane uomo
affetto da sclerosi laterale amiotrofica.
Descrizione di un caso clinico
Ferdinando Maria Massari1, Tatiana Tonella2, Paolo Tarsia3, Sonia Kirani3,
Francesco Blasi3, Fabio Magrini1
1
U.O. di Medicina Cardiovascolare, Dipartimento Toraco-Polmonare e Cardiocircolatorio,
Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Università degli Studi, Milano
2
Fondazione Polizzotto, Milano
3
U.O. di Broncopneumologia, Dipartimento Toraco-Polmonare e Cardiocircolatorio,
Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Università degli Studi, Milano
A 40-year-old man with amyotrophic lateral sclerosis undergoing home non-invasive ventilation, with no risk
factors for coronary artery disease, was admitted with bilateral lung infiltrates. Given the lack of a favorable
clinical response, transfer to our department was scheduled. During ambulance transport the patient experienced chest discomfort. Upon arrival at our department, a diagnosis of tako-tsubo syndrome was made. In this
report, the clinical aspects are taken as a basis to highlight differences with common available findings, and
an international registry is proposed to help piece together fractional information present in the literature.
Key words. Amyotrophic lateral sclerosis; Non-invasive ventilation; Tako-tsubo syndrome.
G Ital Cardiol 2011;12(5):388-391
INTRODUZIONE
Dagli inizi degli anni ’90 l’argomento tako-tsubo è fonte di numerosi casi clinici, approfondimenti fisiopatologici, documenti
di consenso, rassegne ed editoriali1-6 e numerosi sono anche i
sinonimi coniati nel corso degli anni: cardiomiopatia da stress,
“broken heart”, “left ventricular apical ballooning”, “tako-tsubo-like left ventricular dysfunction”. In questo periodo sono
state delineate le caratteristiche epidemiologiche4,5,7-9, sono stati stabiliti i criteri diagnostici10 ed è stato definito lo shift dalla
cardiopatia ischemica alla cardiomiopatia11: la classificazione
dell’American Heart Association (AHA) del 200612 ha inserito
la tako-tsubo tra le cardiomiopatie acquisite mentre la più recente classificazione della Società Europea di Cardiologia
(ESC)13 la comprende tra le “unclassified cardiomyopathies” insieme alla “left ventricular non compaction cardiomyopathy”.
Più complesse sono le argomentazioni etiopatogenetiche e
fisiopatologiche, in quanto gli eventi in grado di scatenare il quadro clinico, la molteplicità dei sintomi e l’eterogeneità del quadro clinico all’esordio nonché le varianti strumentali sia elettrocardiografiche14 che ventricolografiche15 rendono difficile l’approccio dei ricercatori, una difficoltà che Maseri6, in un recente
editoriale, ha riassunto in una domanda: “lumpers or splitters”?
Il presente caso clinico viene proposto sia per le particolari
caratteristiche socio-demografiche del paziente sia per le cir-
© 2011 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 09.12.2010; nuova stesura 22.02.2011; accettato 24.02.2011.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Ferdinando Maria Massari Via Caposile 8, 20137 Milano
e-mail: [email protected]
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costanze che hanno scatenato la fenomenologia clinica e strumentale: due elementi che ci hanno indotto a proporlo come
un nuovo tassello da inserire in quel grande mosaico di conoscenze che è la sindrome tako-tsubo.
CASO CLINICO
La storia clinica si riferisce ad un uomo di 40 anni senza fattori di rischio coronarico, affetto da sclerosi laterale amiotrofica
(SLA) diagnosticata nel 2008 ed evoluta in 2 anni verso la tetraplegia, l’assoluta incapacità di autonoma espressione verbale e gestuale, la disfagia per solidi e liquidi, la necessità di ventilazione non invasiva (NIV) domiciliare notturna.
Ricoverato presso altro ospedale per addensamento basale
bilaterale con versamento pleurico basale destro, veniva inizialmente trattato con azitromicina e, causa il peggioramento
dell’insufficienza respiratoria, sottoposto a NIV anche durante
le ore diurne.
In terza giornata i curanti organizzavano il trasferimento
presso il nostro dipartimento a seguito del mancato miglioramento del quadro clinico e la totale dipendenza dal ventilatore. All’arrivo in reparto il paziente non manifestava alcun atteggiamento di sofferenza, né presentava segni clinici di bassa
portata cardiaca; la pressione arteriosa era di 120/80 mmHg, la
frequenza cardiaca 114 b/min e l’emogasanalisi (effettuata in
NIV con maschera facciale, modalità pressometrica) mostrava
pH di 7.41, HCO3 27.9 mmol/l, PaO2 78 mmHg (FiO2 50% rapporto PaO2/FiO2 156), PaCO2 44 mmHg.
L’ECG, effettuato come di routine all’ingresso, risultava indicativo di alterazioni della ripolarizzazione con sopraslivellamento del tratto ST di 1 mm in DI-aVL con T negativa, ST/T di-
TAKO-TSUBO IN SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA
fasico in DII, lieve sopraslivellamento del tratto ST in V3-V4 ed
ST/T difasico in V5-V6 (Figura 1). Per tale riscontro si approfondiva l’anamnesi e, grazie anche al contributo della moglie,
si riusciva a ricostruire che durante il trasporto era iniziata una
sintomatologia stenocardica andata aumentando durante il
viaggio ed ancora presente, seppure in attenuazione, all’arrivo
nel nostro reparto.
A seguire l’ecocardiogramma mostrava il tipico apical ballooning (Figura 2A e 2B) con una frazione di eiezione del 30%
ed una minima insufficienza mitralica; non era presente ostruzione all’efflusso del ventricolo sinistro, gli spessori di parete e
le dimensioni del ventricolo sinistro risultavano normali e non vi
era coinvolgimento delle sezioni destre.
La coronarografia eseguita entro 1h dall’ingresso (Figura 3)
avrebbe documentato l’integrità dell’anatomia coronarica seppure con coronaria destra ipoplasica (non è stata eseguita la
ventricolografia sia perché il paziente mal tollerava il decubito
supino, causa la ventilazione assistita, sia perché l’ecocardiogramma era già stato dirimente per la presenza di apical bal-
looning). Contestualmente veniva iniziato un trattamento con
nitroderivati, carvedilolo, enalapril, aspirina ed eparina a basso
peso molecolare.
L’evoluzione della ripolarizzazione iniziava in 24a ora ed in
settima giornata appariva evidente la negativizzazione delle onde T in DI-aVL-DII e nelle precordiali V3-V6 con un intervallo QT
di 0.40 ms (QTc 400 ms secondo la formula di Bazett); il miglioramento stabile della ripolarizzazione si realizzava dopo circa 30 giorni dall’esordio del quadro clinico (Figura 1). La cinesi
e la geometria del ventricolo sinistro, invece, risultavano essersi completamente normalizzate già in quinta giornata (Figura
2C).
Le creatinchinasi modestamente elevate già in prima giornata (242 U/l) si normalizzavano in quinta giornata (163 U/l)
mentre la troponina T è andata incontro ad un lieve incremento già in prima giornata (da 0.29 a 0.41 ng//ml) per poi normalizzarsi in quarta giornata.
La patologia neurologica ha necessitato il confezionamento di una tracheostomia con successivo buon adattamento al-
Figura 1. In sequenza sono rappresentati gli ECG all’arrivo, dopo 7 giorni e prima della dimissione: è evidente l’evoluzione verso le onde T negative e quindi la progressiva normalizzazione della ripolarizzazione.
Figura 2. In sequenza sono rappresentate tre immagini ecocardiografiche in 4 camere apicali (da considerare che l’esame è stato effettuato in posizione semiseduta ed in concomitanza alla ventilazione assistita): all’arrivo, evidente l’apical ballooning (A) presente ancora dopo 24h (B); dopo
5 giorni ripristino della normale geometria del ventricolo sinistro e della frazione di eiezione (C).
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Figura 3. Coronarografia: discendente anteriore (A) integra; coronaria
destra (B) integra seppure ipoplasica.
la ventilazione invasiva domiciliare, e di una gastrostomia endoscopica percutanea per la nutrizione enterale.
L’andamento clinico legato alla patologia polmonare ha visto un progressivo miglioramento del quadro radiologico e degli indici di flogosi (globuli bianchi 12.8×103/µl all’ingresso,
17.9×103/µl in quarta giornata e 6.6×103/µl in predimissione;
proteina C-reattiva 4.27 mg/dl all’ingresso, 7.26 mg/dl in quinta giornata e 1.87 mg/dl in predimissione) dopo terapia con
imipenem, vancomicina e amikacina prima e quindi sulfametossazolo e trimetroprim in sostituzione dell’amikacina, antibioticoterapia impostata per l’isolamento da sangue periferico
di Staphylococcus capitis. Il quadro emogasanalitico ha mostrato un andamento positivo permanendo la PaO2 tra 70 e 100
mmHg, la SaO2 tra 90 e 99%, la PaCO2 tra 35 e 40 mmHg, il
rapporto PaO2/FiO2 tra 300 e 400 in ventilazione. L’ultima emogasanalisi eseguita in ventilazione in aria ambiente mostrava:
pH 7.49, PaCO2 36 mmHg, PaO2 86 mmHg, HCO3 27.4 mmol/l,
SaO2 97.5%.
Dopo 43 giorni di degenza Il paziente veniva trasferito presso un Centro specializzato nell’assistenza a pazienti affetti da
SLA.
DISCUSSIONE
La diagnosi di cardiomiopatia tako-tsubo è stata da noi effettuata sulla base dei criteri indicati dalla Mayo Clinic10: discinesia apicale transitoria, coronarie prive di stenosi critiche all’angiografia, alterazioni elettrocardiografiche compatibili con sindrome coronarica acuta ed assenza di traumatismo, feocromocitoma, emorragia subaracnoidea e cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva.
I più recenti dati epidemiologici indicano che il medico di un
dipartimento di urgenza-emergenza ha circa una probabilità al
mese di imbattersi nella sindrome tako-tsubo8. Inoltre sono
concordi nell’indicare che il quadro clinico si realizza in prevalenza nel sesso femminile ed in età postmenopausale con un
rapporto femmine/maschi da 6/1 sino a 12/17,8: nel nostro caso si trattava, invece, di un uomo giovane-adulto senza fattori
di rischio coronarico.
Un’altra peculiarità che segnaliamo è il quadro clinico di
esordio e il modo, oseremmo dire quasi occasionale, in cui si
è giunti alla diagnosi. Notoriamente i sintomi all’esordio simulano una sindrome coronarica acuta e le sue complicanze: dolore toracico, dispnea sino all’edema polmonare acuto, shock
cardiogeno, sincope e aritmie ventricolari sino all’arresto cardiaco.
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Le gravi difficoltà di espressione verbale e gestuale impedivano al paziente di esporre i propri sintomi. L’ECG di routine
previsto nel protocollo di ingresso per qualsiasi paziente venga
ricoverato in reparto, ha permesso di riconoscere quelle alterazioni della ripolarizzazione che hanno poi innescato l’ulteriore
catena di provvedimenti diagnostici, vale a dire ecocardiografia
e coronarografia, che hanno portato alla diagnosi nell’arco di
1h. È importante sottolineare, a tale proposito, come solo una
rapida diagnosi strumentale può evitare un’evoluzione clinica
negativa, comunque di per sé rara, e soprattutto può consentire di riconoscere un quadro clinico che ancora oggi la letteratura indica essere ancora troppo sottostimato16.
Per ciò che concerne le circostanze che possono scatenare
tale evento clinico, in letteratura vengono riportati gli stress psico-fisici più disparati17,18 e l’ipossiemia acuta è compresa tra
questi. Sharkey et al.18, nella loro serie di 136 pazienti con sindrome tako-tsubo, hanno identificato l’insufficienza respiratoria acuta come evento trigger in 15 casi, l’11% del totale, laddove la crisi respiratoria poteva derivare da una riacutizzazione
di broncopneumopatia cronica ostruttiva, da un’embolia polmonare acuta, da un distress respiratorio su base influenzale, sino ad un’ostruzione neoplastica laringea e ad un’epiglottidite
acuta richiedente l’intubazione.
Citro et al.19 descrivono un quadro clinico-strumentale di
tako-tsubo in una donna con principio di annegamento laddove riflessi polmonari, panico e ipossia cerebrale vengono indicati alla base di un’attivazione simpatica a sua volta responsabile di un miocardio “stordito” neuromediato quale si verifica
nei danni acuti cerebrali, vedi l’emorragia subaracnoidea20.
Con riferimento specifico alla SLA, in letteratura vi sono due
segnalazioni: in un caso21 il riscontro è avvenuto in una donna
di 52 anni dopo 2 mesi dall’allettamento e dall’inizio della ventilazione assistita, nel secondo caso22 la sindrome era insorta in
una donna di 75 anni in occasione di un intervento chirurgico
di gastrostomia effettuato previa induzione dell’anestesia con
propofol e sevoflurano ad alta concentrazione, intubazione
orotracheale senza miorilassanti e mantenimento dell’anestesia
con sevoflurano e iniezione di bupivacaina e fentanyl per via
epidurale toracica.
Appare arduo trovare elementi che portino a correlare la
tako-tsubo direttamente con la SLA, semmai sono le evenienze
di ordine psichico e fisico che intercorrono nel corso della malattia che possono indurre la cardiomiopatia da stress. Nel caso
da noi proposto possiamo riferirci a due concomitanze: da un
lato l’annullamento dell’autonomia della vita fisica e di relazione cui era andato incontro il paziente in soli 2 anni, dall’altro la
sovrapposizione dell’insufficienza respiratoria acuta correlata alla patologia infettiva polmonare, il tutto a sfociare nella rottura di un equilibrio psichico particolarmente labile in quanto già
minato dal rapido deterioramento della malattia di base.
Non esistono in letteratura vere linee guida sul trattamento della cardiomiopatia tako-tsubo: nel nostro caso la terapia è
stata impostata secondo quanto comunemente si effettua nella sindrome coronarica acuta con insufficienza ventricolare sinistra e la rapida favorevole evoluzione clinica ed ecocardiografica non ha reso necessario il ricorso a metodiche più invasive quale la contropulsazione aortica.
La prognosi è favorevole con una restitutio ad integrum clinica e strumentale registrabile nella quasi totalità dei pazienti
in tempi ragionevolmente brevi, da pochi giorni a 2-3 mesi. La
mortalità ospedaliera è bassa, intorno all’1-3%4,5,18, con rare
segnalazioni vicine all’8%9. Anche la storia clinica da noi de-
TAKO-TSUBO IN SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA
scritta è andata incontro ad una positiva evoluzione cardiopolmonare nonostante il contesto clinico generale alquanto
complesso. La normalizzazione della cinesi ventricolare si è verificata in soli 5 giorni, elemento questo che, oltre alla negatività dei dati di laboratorio, ha fatto escludere un’eventuale ipotesi di miocardite, mentre relativamente più lenta è stata l’evoluzione elettrocardiografica con un ritorno alla quasi normalità intorno alla 20a giornata in linea con quanto descritto da
altri autori14.
Il nostro paziente si aggiunge alla lunga serie di casi clinici
segnalati in letteratura ed il cui denominatore comune è l’estrema difformità nelle notizie anamnestiche, nella presentazione
clinica e nei dati strumentali. Considerato che la patologia, pur
non essendo di frequente osservazione, comunque non rappresenta più neppure una rarità, anche sull’esempio del Registro istituito presso la Regione Toscana7 e del Tako-tsubo Italian Network23, appare utile un centro di raccolta dati internazionale cui liberamente afferire e che consentirebbe di aprire
un forum di discussione sui casi clinici più interessanti, di dub-
bia diagnosi, con presentazione atipica, così da raggiungere
un’omogeneizzazione di quelle conoscenze fisiopatologiche e
cliniche che ancora oggi rimangono frammentarie.
RIASSUNTO
Un uomo di 40 anni, senza fattori di rischio coronarico e affetto da
sclerosi laterale amiotrofica in ventilazione non invasiva domiciliare,
viene ricoverato per un addensamento polmonare bibasale. Causa
l’instabilità clinica, i curanti programmano un trasferimento interospedaliero, ma durante il trasporto compare oppressione precordiale. Giunto alla nostra osservazione, le indagini strumentali confluivano nella diagnosi di sindrome tako-tsubo. Nella descrizione del
caso clinico si prende spunto dalla storia clinica per mettere in luce
le differenze con quanto comunemente riportato in letteratura e si
propone un registro internazionale per omogeneizzare la frammentazione di informazioni presenti in letteratura.
Parole chiave. Sclerosi laterale amiotrofica; Sindrome tako-tsubo;
Ventilazione non invasiva.
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