DISPENSA TECNICA L’Echinacea dagli indiani d’America all’estratto Echina2-LMF Contenuto in echinacoside derivante dalla selezione clonale Echinacea pallida var. Marghit selezione Aboca Processo di liofilizzazione di Echina2-LMF L’EVOLUZIONE DELLA FITOTERAPIA Coltivazione biologica di Echinacea pallida var. Marghit DISPENSA TECNICA L’Echinacea dagli indiani di America all’estratto Echina2-LMF A cura della Dott.ssa Marinella Pescari (staff tecnico Aboca) Composizione e impaginazione: Ufficio Grafico Aboca S.p.A. Tutti i diritti sono riservati. Riproduzioni anche parziali sotto qualsiasi forma sono vietate senza autorizzazione dell’Editore. In copertina foto Photos.com, Steven Foster, Marco Covi. All’interno foto di Sergio Fulceri, Steven Foster e Azimut Photo Copyright © 2011 Aboca Edizioni © Aboca S.p.A. Società Agricola Stampato presso: Poligraf srl - Città di Castello INDICE Introduzione ............................................................................................................................................5 1 Echinacea pallida var. Marghit una nuova varietà selezionata da Aboca ...............................................................................................................6 1.1 - Il genere Echinacea ............................................................................................................6 1.2 - Echinacea pallida (Pale purple coneflower) descrizione botanica......................7 1.3 - Il progetto di selezione varietale Aboca ........................................................................8 1.3.1- Individuazione delle caratteristiche fenotipiche e chemiotipiche finalizzate alla produzione agricola della specie ottimale di Echinacea pallida ...........................................................................................................8 1.3.2 - Il miglioramento qualitativo dell’Echinacea pallida....................................9 1.3.3 - Miglioramento genetico di tipo massale e selezione morfologica dell’Echinacea pallida ............................................................................ 10 1.3.4 - Individuazione delle “piante elite”e test di micropropagazione ............ 10 1.3.5 - La varietà Marghit di Echinacea pallida ....................................................... 12 2 Il profilo fitochimico dell’Echinacea pallida .............................................................15 2.1 - Costituenti chimici caratteristici dell’Echinacea pallida....................................... 15 2.1.1 -Derivati dell’Acido caffeico................................................................................. 15 2.1.2 -Polisaccaridi ........................................................................................................... 16 2.1.3 -Olio essenziale ....................................................................................................... 16 2.1.4 Alchilamidi ............................................................................................................... 16 2.1.5 Altri componenti minori (Fitomelanina, alcaloidi pirrolizidinici, flavonoidi) ................................................ 17 2.2 - Profilo di sicurezza dell’Echinacea pallida: possibili reazioni avverse e tossicità ........................................................................... 18 2.2.1 Assenza degli alcaloidi pirrolizidinici ............................................................... 19 2.2.2 Inibizione di varie forme di Citocromo P450 .................................................. 20 3 Proprietà farmacologiche dell’Echinacea pallida e meccanismi di azione ........................................................................................................22 3.1 - Influenza sul Sistema Immunitario............................................................................. 22 3.1.1 Echinacea pallida e sistema immunitario associato alle mucose .......... 23 4 Dall’Echinacea pallida var. Marghit un esclusivo estratto brevettato: Echina-2LMF......................................................29 4.1 -Caratteristiche tecniche e produttive dell’estratto Echina2-LMF ........................ 29 4.2 -Studio sulla modulazione “in vitro” del sistema immunitario da parte di Echinacea pallida, Propoli, Uncaria tomentosa e due loro miscele ..... 30 3 4.2.1 Effetti sull’interleuchina 6 (IL-6) .......................................................................... 31 4.2.2 Effetti sulla Interleuchina 10 (IL-10) .................................................................. 31 4.2.3 Effetti sulle cellule Natural Killer (NK) .............................................................. 32 4.2.4 Altri risultati.............................................................................................................. 33 4.2.5 I possibili riflessi sulla salute umana dell’attività dei vari estratti ............ 33 4.3 Dosaggio giornaliero dell’estratto liofilizzato multifrazione Echina2 -LMF ..... 35 4.3.1 - Il dosaggio dell’Echinacea pallida ................................................................. 35 5 Conclusioni ............................................................................................................................... 38 Appendice 1: Echinacea: pianta sacra degli Indiani d’America .........................40 Bibliografia ............................................................................................................................................54 4 INTRODUZIONE ECHINACEA PALLIDA: dalla varietà Marghit all’estratto Echina2-LMF Le piante medicinali del genere Echinacea, Echinacea pallida Nutt., Echinacea angustifolia DC., Echinacea purpurea (L.) Moench, sono certamente tra quelle che suscitano un grande interesse nella comunità scientifica oltre ad essere anche tra le piante medicinali più vendute e utilizzate al mondo. Ne abbiamo un’ampia dimostrazione nell’elevato numero di studi sia farmacologici che clinici riportati in letteratura, che ne evidenziano un’attività di supporto per le difese immunitarie. Era inevitabile quindi, che fin dall’inizio della sua attività, Aboca abbia voluto impegnarsi in un importante lavoro di ricerca su queste piante medicinali. Coinvolgendo le divisioni del settore Ricerca e Sviluppo è stato possibile percorrere tutte le fasi della filiera produttiva delle Echinacee, scegliendo di specializzarsi nella produzione di Echinacea pallida e arrivando alla selezione di una varietà particolarmente ricca delle sostanze utili per la specifica attività immunomodulante, echinacoside e polisaccaridi. Lo scopo di questa dispensa è quindi quello di fornire una visione completa del percorso intrapreso dall’Azienda partendo dalle coltivazioni biologiche, passando per le tecniche di selezione agronomica e arrivando alla realizzazione dell’estratto brevettato Echina-2LMF che rappresenta la sintesi dell’intero know-how aziendale su questa importante pianta medicinale. Abbiamo inoltre focalizzato la nostra attenzione sulle caratteristiche fitochimiche e farmacologiche dell’Echinacea pallida in modo che questa monografia possa essere considerata come un utile momento di riflessione che aiuti il lettore a fare chiarezza su quali siano i parametri di qualità che devono essere rispettati per poter garantire efficacia e sicurezza ad un prodotto a base di Echinacea e nello specifico di Echinacea pallida. In effetti risulta abbastanza difficile trovare delle informazioni chiare sui dosaggi, sulle sostanze attive, i modi di utilizzo delle singole specie di Echinacea e degli estratti che da esse vengono ottenuti e, come confermato anche nelle metanalisi e nelle reviews sistematiche che negli anni sono state condotte, questo rappresenta per l’Echinacea un punto di estrema criticità. Con questa dispensa il lettore, avendo la possibilità di percorrere l’intera filiera di qualità dell’Echinacea pallida, potrà comprendere al meglio le caratteristiche dell’estratto liofilizzato multifrazione Echina2-LMF sviluppato e brevettato da Aboca, ma anche quanto questo estratto sia diverso dagli altri presenti nel mercato grazie alle tecnologie agricole e produttive utilizzate per la sua realizzazione. Infine il percorso di conoscenza sull’Echinacea non poteva dirsi concluso senza fare un seppur breve racconto dell’impiego storico di questa pianta medicinale. Nella parte finale della dispensa quindi si fa un breve accenno all’uso dell’Echinacea da parte dei nativi americani che per primi ne hanno testimoniato l’efficacia per un gran numero di disturbi e ne hanno tramandato l’uso fino ad oggi. 5 1. Echinacea pallida var. Marghit una nuova varietà selezionata da Aboca a cura di: Sergio Fulceri e Sara Mercati 1.1 Il genere Echinacea Il genere Echinacea (Asteraceae), dal greco echinos (riccio) per le brattee pungenti del capolino secco, comprende 9 specie secondo l’interpretazione tassonomica di Mc Gregor (1968). Si tratta di piante erbacee perenni indigene dell’America settentrionale, denominate in inglese purple coneflowers o semplicemente coneflowers, per la conformazione conica od emisferica del ricettacolo: t t t t t t t t t Echinacea angustifolia DC. var. angustifolia e var. strigosa McGregor Echinacea atrorubens (Nutt.) Nutt. Echinacea laevigata (Boynton e Beadle) Blake Echinacea pallida (Nutt.) Nutt. Echinacea paradoxa (Norton) Britton var. paradoxa (con fiori ligulati gialli) e var. neglecta McGregor Echinacea purpurea (L.) Moench Echinacea simulata McGregor (simile ad Echinacea pallida, ma diploide, con polline giallo ed un po’ più bassa) Echinacea sanguinea Nutt. Echinacea tennesseensis (Beadle) Small. Areali di distribuzione geografica delle diverse specie di Echinacea 6 All’interno del genere Echinacea tre sono le specie ritenute medicinali: Echinacea pallida, Echinacea angustifolia ed Echinacea purpurea. Sebbene queste siano state considerate in passato delle varietà, vengono descritte da Mc Gregor come specie distinte sulla base di criteri morfologici, esperimenti di coltivazione ed ibridazione e di caratteristiche citologiche. Di seguito prenderemo in considerazione la sola Echinacea pallida che descriveremo a partire dalle caratteristiche botaniche e dalle tecniche di produzione agricola di una sua varietà selezionata; proseguiremo nelle successive sezioni della dispensa con gli aspetti fitochimici, farmacologici in modo da comprendere tutto il percorso di studio che si è concluso con la realizzazione dell’estratto brevettato e standardizzato Echina-2 LMF. 1.2 Echinacea pallida (Pale purple coneflower): descrizione botanica Vive allo stato spontaneo nei boschi radi, nei territori paludosi e nelle praterie rocciose ed il suo areale si estende dal Texas nord orientale, all’Oklahoma orientale, al Kansas settentrionale fino all’Iowa e Wisconsin a nord e ad est fino all’Indiana. Vi sono popolazioni sparse di questa specie anche in altri stati. La pianta ha un apparato radicale fittonante di colore bruno chiaro, steli semplici o raramente ramificati alti 40-90 cm, con peli fitti in alto e radi in basso. Le foglie presentano forma da lineare-lanceolata a lineare-ellittica, con margine intero, colore verde scuro e tre nervature: le foglie della rosetta sono lunghe 10-35 cm e larghe 1-4 cm, con un corto picciolo nella parte bassa, mentre sono sessili in quella alta. I capolini sono emisferici con i fiori ligulati lunghi e stretti (4-9 cm e 0,8-1 cm), pendenti, porporini, rosa o bianchi. Il polline è di colore bianco. La fioritura si manifesta da Maggio a Luglio. Gli acheni sono di forma quadrangolare, lunghi 3,7-5 mm ed hanno un Figura 1: Coltivazione di Echinacea pallida in piena fioritura al secondo anno vegetativo Figura 2: Particolare di radice appea estratta dal terreno e sezionata per evidenziare la tipica colorazione scura circolare dell’anello corticale esterno. 7 colore che va dal biancastro al bruno chiaro con pigmentazione marrone all’apice. Il numero cromosomico è 2n = 44 (tetraploide). In fitoterapia, dell’Echinacea pallida, si utilizza la radice che in conformità con quanto riportato nella monografia della Farmacopea europea contiene non meno dello 0,2% di echinacoside calcolato in riferimento alla droga secca. Le infiorescenze dell’Echinacea pallida presentano fiori ligulati sterili, mentre quelli tubulosi sono fertili, ma autoincompatibili (McGregor, 1968; Li, 1998). Il peso di 1000 semi è variabile nell’ambito delle tre specie, ma in genere si aggira sui 3,5 - 4,5 g (quindi da 222 a 285 semi/g). 1.3 Il progetto di selezione varietale Aboca 1.3.1 Individuazione delle caratteristiche fenotipiche e chemiotipiche finalizzate alla produzione agricola della specie ottimale di Echinacea pallida Sulle specie appartenenti al genere Echinacea l’azienda Aboca ha impostato una filiera di produzione controllata e validata che, partendo dall’attività agricola, ha potuto individuare la specie più adatta agli scopi fitoterapici. Inoltre grazie ad una selezione fenotipica e chemiotipica (attuata su una popolazione eterogenea ad elevata variabilità) ha realizzato, mediante polincrocio, una varietà caratterizzata da un elevato e standardizzato contenuto di sostanze caratteristiche presenti nel fitocomplesso. Come accade ogni volta che vengono introdotte in Azienda specie alloctone (cioè provenienti da un areale di origine completamente diverso, in questo caso da un altro continente) è necessario implementare una serie di osservazioni agronomiche che consentano di verificare l’adattamento e la compatibilità ambientale delle specie considerate ai nuovi ambienti colturali compatibilmente anche agli aspetti tecnici imposti dall’Agricoltura Biologica, che rappresenta la metodologia di produzione agricola adottata dall’Azienda. La realizzazione di un’attività agricola produttiva, basata su decine di migliaia di piante coltivate su svariati ettari (si consideri che 1 ettaro, equivalente a 10.000 mq di coltivazione, dopo il trapianto presenta sulla superficie circa 50.000 piante), deve passare attraverso valutazioni molto accurate di fattibilità agronomica che consentano, inizialmente su “modelli pilota”, di progettare l’operatività produttiva su grandi superfici. Durante questo periodo si valutano tutti gli aspetti di adattamento agroambientale delle nuove specie in coltivazione su dimensioni cospicue mettendo soprattutto in evidenza le potenzialità delle stesse rispetto alla capacità di compiere in maniera fisiologica il loro ciclo vitale e, più in particolare il buon esito di vari stadi vegetativi quali: germinazione ed energia germinativa, 8 crescita delle plantule, tolleranza allo stress del trapianto, resistenza ai parassiti, resistenza alla siccità, induzione alla fioritura, fecondazione, maturazione del frutto, induzione al riposo vegetativo, resistenza al freddo, ricaccio vegetativo, potenzialità produttive ed altro. Le tre specie di Echinacea messe a confronto in azienda nei primi anni hanno indicato che mentre per Echinacea pallida ed Echinacea purpurea le caratteristiche vegetative si esprimevano al meglio dando indicazioni positive per lo sviluppo produttivo agricolo di queste specie, per Echinacea angustifolia si sono incontrati difficoltà di sopravvivenza dovuti a morie in campo durante la crescita, attacco particolarmente virulento di patogeni fungini soprattutto a carico dell’apparato radicale con esito distruttivo delle piante coltivate in campo e scarsa germinazione ed energia germinativa dei semi. Tali problematiche richiedevano trattamenti a base di fitofarmaci e sostanze non compatibili con il disciplinare ammesso dal regime di coltivazione biologica. Per tali motivi, anche considerata la sostanziale equivalenza di efficacia riportata in letteratura tra le varie specie di Echinacea, Aboca ha scelto di iniziare la produzione agricola di Echinacea pallida. Ma cerchiamo di percorrere insieme le tappe che hanno portato alla definizione di una nuova varietà di Echinacea pallida. Figura 3 - Echinacea pallida in campo al secondo anno con soggetti a fiore “albino”. Evidente presenza di elevata variabilità genetica all’interno della popolazione 1.3.2 Il miglioramento qualitativo dell’Echinacea pallida La maggior parte delle piante medicinali coltivate vengono da una popolazione selvatica non selezionata nella quale è presente un’alta variabilità genetica che riguarda soprattutto i principi attivi. Questo aspetto diventa più evidente per 9 le specie allogame, come l’Echinacea pallida, dove la fecondazione incrociata (allogamia), operata da individui geneticamente molto diversi, determina una elevata segregazione dei geni e quindi delle conseguenti caratteristiche che si ottengono nella progenie. L’industria moderna, che considera le piante come carriers di principi attivi, ha bisogno di varietà con un alto e standardizzato contenuto di composti chimici attivi. Le fasi iniziali del piano di coltivazione che è stato condotto sull’Echinacea pallida sono state finalizzate al controllo della variabilità nel contenuto di echinacoside che si verifica da soggetto a soggetto nella specie. 1.3.3 Miglioramento genetico di tipo massale e selezione morfologica dell’Echinacea pallida Le Echinacee sono piante erbacee poliennali (vivono fino a 12 anni) con riposo vegetativo invernale, la parte epigea appare dalla primavera inoltrata sino all’autunno; la fioritura è tra Giugno e Settembre, mentre la produzione dei semi, che in realtà sono acheni e quindi frutti, parte dal secondo anno e arriva a piena maturazione nel mese di Ottobre. La propagazione dell’Echinacea pallida avviene per seme e nell’ottica di un “miglioramento genetico di tipo massale” è necessario coltivare piante selezionate, le cosidette “piante madri”, in modo che non subiscano inquinamento genetico da soggetti con caratteristiche indesiderate, tenendole appositamente separate da quelle destinate alla produzione delle radici. Lo scopo è quello di produrre il seme necessario da cui ottenere le piante per le colture produttive. Nel corso della selezione massale si valutano tutti i parametri fenotipici delle piante e solo quelle che hanno le caratteristiche agronomiche positive, valutate attraverso il rilevamento in campo di dati biometrici (habitus vegetativo, resistenza alle malattie, produzione quantitativa di biomassa epi ed ipogea, anticipo vegetativo, ecc.) possono essere mantenute nelle successive generazioni. Dal ’95 al ’98 è stata pertanto realizzata la selezione morfologica dell’Echinacea pallida, valutandone caratteristiche quali altezza, vigorosità, scapi fiorali, resistenza, anticipazione alla ripresa vegetativa. Le piante con le caratteristiche morfologiche migliori sono state scelte e “portate avanti” ossia prelevate in toto, isolate e trasferite a dimora su un nuovo terreno. 1.3.4 Individuazione delle “piante elite”e test di micropropagazione Finita la selezione morfologica ha avuto inizio la selezione biochimica della specie e nel 1998 la popolazione di Echinacea fino a quel punto selezionata morfologicamente e coltivata nelle coltivazioni biologiche Aboca, è stata testata 10 rispetto alla variabilità di contenuto di echinacoside al fine di individuare le “piante élite” (cioè quelle ad alto contenuto di echinacoside). Tre appezzamenti di 300 m2 ciascuno con 1500 individui al secondo anno di crescita sono stati posizionati in una regolare coltivazione di 7 ettari (Box1). Nell’autunno sono stati fatti 90 campionamenti individuali non distruttivi, che consistevano nel prelevare da ciascuna pianta una porzione 1cm x 10 cm di radice principale. I campioni sono stati essiccati ad una corrente d’aria a bassa temperatura e per ciascun campione è stata fatta un’analisi HPLC dalla quale è emerso che il contenuto di echinacoside di queste piante era compreso tra lo 0,1 e il 4 %. Di queste 90 piante campionate sono state scelte tredici piante élite, con un contenuto di echinacoside compreso tra lo 0,91 e l’1,37%. Queste piante sono state prelevate fisicamente e a partire dal 1999 sottoposte a trials di micropropagazione vegetativa. Il meristema apicale (apice vegetativo) è stato coltivato in un medium specifico (MS 1962 più 6BA 0,2 mgl-1) per la produzione del callo. I trials di micropropagazione inizialmente sono partiti dal meristema della radice, ma i risultati non sono stati ottimali a causa dell’alta e incontrollata contaminazione batterica. Buoni Box 1 - Le proprietà del terreno Il terreno nel quale si coltivano le piante di Echinacea deve essere lavorato molto in profondità, in modo da permettere alla radice di svilupparsi. Viene adottata la tecnica del “sovescio”, un metodo di coltivazione biologica mediante il quale il terreno viene arricchito con elementi nutritivi sotto forma organica. Il sovescio si basa sulla coltivazione di alcune Leguminose, piante che attraverso i batteri simbionti delle radici sono in grado di catturare l’azoto atmosferico trasferendolo al terreno. Tale azoto, accumulato in tutte le parti della pianta, verrà reso disponibile per la coltivazione che si vuole “concimare”, interrando le leguminose che si trasformeranno in questo modo in una sorta di “trappola” per l’azoto. Il sovescio, come tecnica generale, porta con sè anche altri ed importanti vantaggi, infatti le leguminose: 1. riducono l’erosione mediante la copertura del suolo; 2. migliorano la struttura del suolo; 3. tengono a freno lo sviluppo delle malerbe ed inoltre esplicano proprietà antagoniste nei confronti di parassiti quali funghi e nematodi; 4. limitano la perdita per dilavamento delle sostanze nutritive (soprattutto nitrati) qualora presenti nei suoli. Per l’Echinacea, e in generale per le piante a sviluppo radicale, si utilizzano come piante da sovescio la Favetta (Vicia faba minor) e la Colza (Brassica napus). 11 risultati per la produzione dei calli si sono ottenuti invece dalle cellule della gemma floreale. Una volta ottenuti gli Shoots, ossia i germogli, si è passati alla fase di attecchimento delle piantine che è stata quella più difficile dello studio. Differenti genotipi hanno mostrato una differente capillarità rizogena (attitudine alla radicazione formando numerosi capillari radicali), compresa tra il 30 e il 100%. Infine soltanto tre piante madri hanno risposto sufficientemente alla micropropagazione e da esse si sono ottenute 13.000 piantine che sono state sistemate in serra. Figura 4: Semi germinati in piastra per valutare l’energia germinativa della varietà selezionata di Echinacea pallida. 1.3.5 La varietà Marghit di Echinacea pallida Nell’estate 2000, le tre popolazioni clonali sono state trapiantate in mix (cioè miscelate random all’interno dell’appezzamento) in tre diverse localizzazioni allo scopo di ottenere, mediante impollinazione incrociata, una nuova varietà per polincrocio di piante madri. Sono state eseguite inoltre osservazioni morfologiche e fenologiche anche nel campo clonale. Nell’autunno del 2000 sono state effettuate anche analisi HPLC su campioni individuali di piante clone. Le analisi HPLC condotte sulle radici delle piante ottenute dai semi provenienti dal polincrocio, hanno confermato omogeneità di sviluppo e lo stesso valore di echinacoside trovato nelle piante madri, ossia con una percentuale compresa tra lo 0,91 e l’ 1,37%, dimostrando la dipendenza genetica del contenuto di echinacoside. La fase successiva di questo lavoro ha previsto continui studi e controlli sulla progenie clonale, ispezioni in campo e verifiche che hanno confermato la ridotta variabilità della varietà ottenuta che è stata definita con il nome di Marghit (Box 2). La varietà Marghit di Echinacea pallida che abbiamo ottenuto ha una buona adattabilità e racchiude al suo interno le caratteristiche delle pianti madri da cui proviene con una accettabile segregazione dei caratteri genetici all’interno di un range genetico quantificabile. Il lavoro di ricerca e i primi risultati ottenuti sono stati oggetto di una pubblicazione 12 che ha prodotto un poster di comunicazione che è stato presentato al World Conference on Medicinal Plants tenuto a Budapest dall’ 8 all’11 Luglio 2001: Echinacea pallida Nutt. breeding through élite plant micropropagation: first contribution. (Fulceri S., Ghiara C., Primavera A. Navacchi O.) Il risultato finale della selezione agronomica realizzata dal Gruppo Aboca è quindi la varietà di Echinacea pallida “Marghit”. Questa presenta caratteristiche di omogeneità, standardizzazione e un range elevato di sostanze caratteristiche presenti nel fitocomplesso. In modo particolare la nuova varietà presenta un contenuto di echinacoside (variabile entro i valori 0,91 e l’ 1,37%), che risulta da 4,5 a 6,8 volte più elevato rispetto al contenuto minimo riportato nella Box 2 - Echinacea pallida varietà Marghit L’Echinacea pallida var. Marghit da un punto di vista botanico viene definita varietà sintetica intendendo con questo termine una varietà ottenuta favorendo l’impollinazione incrociata da una serie di piante madri selezionate (in questo caso 3) che riesce a sintetizzare (ecco perché la definizione di sintetica) le caratteristiche presenti nelle piante madri stesse. Si tratta quindi di un polincrocio la cui progenie (le piante che si ottengono dai semi ottenuti) conserva comunque una certa variabilità genetica, ma contenuta e all’interno di un range accettabile. Questo modo di operare è opposto a quello di autoincrocio nel quale si opera mediante autoimpollinazione all’interno della stessa pianta (con cappucci di rete che impediscono l’ingresso sul fiore di polline estraneo). Solo con le specie autocompatibili o autogame (cioè quelle in cui il polline riesce a fecondare l’ovario della stessa pianta senza fenomeni di incompatibilità genetica) è però possibile operare in questo modo. Nell’Echinacea questo non è possibile per la sua autoincompatibilità e comunque l’alto livello di omozigosi che si verrebbe a generare è rischioso perché potrebbe determinare dei fattori recessivi negativi che segregherebbero nelle generazioni successive, con effetti indesiderati. Nell’Echinacea pallida invece, volendo mantenere la naturale ampiezza genetica (che è un fattore positivo per varie ragioni: agronomiche, fitochimiche, ecc.) abbiamo operato attraverso un polincrocio ottenuto, come in questo caso, da un gruppo selezionato di piante madri ben valutate e testate. 13 Monografia della Farmacopea Europea ( ≥ 0,2%) tra le specifiche di qualità dell’Echinacea pallida. Variazione del contenuto di echinacoside in Echinacea pallida Miglioramento genetico mediante selezione clonale di piante elite di Echinacea pallida Nutt. finalizzato all’ottenimento di una varietà ad elevato e standardizzato titolo di echinacoside. Fulceri S., Ghiara C., Primavera A. (Ricerca e Sviluppo Aboca Az. Agr., Sansepolcro (AR) Navacchi, O. (Vitroplant, Cesena (FC) Italy. 14 2. Il profilo fitochimico dell’Echinacea pallida a cura di: Marinella Pescari, Andrea Lugli, Anna Maidecchi Dopo aver presentato il lavoro di selezione agronomica, che ha portato alla produzione della nuova varietà di Echinacea pallida “Marghit”, è importante soffermarci sulla composizione fitochimica propria di questa specie, perché questo servirà a comprendere meglio l’intero percorso di ricerca che si è concluso con l’ottenimento di un innovativo estratto brevettato e standardizzato di Echinace pallida: ECHINA2-LMF. 2.1 Costituenti chimici caratteristici dell’Echinacea pallida Di seguito riportiamo i costituenti chimici caratteristici dell’Echinacea pallida ripartendoli sulla base delle classi chimiche a cui appartengono: 2.1.1 DERIVATI DELL’ACIDO CAFFEICO Appartengono a questa classe di composti glicosilati dell’acido caffeico l’echinacoside, il verbascoside, il caffeoilechinacoside, gli esteri dell’acido caffeico quali l’acido clorogenico, l’isoclorogenico, la cinarina, l’acido caftarico e l’acido cicorico (Pietta et al. 1998) (Figura 5). OR 4 HOOC R2 H R3 H R 2O OR 2 R2 O OH HO R4 caffeoyl HO chlorogenic acid (5-caffeoylquinic acid R1 CH 2 OR 1 O HO O OR 1 R1 H O OR 3 ) OH 1 R3 R4 echinacosid e caffeoy lc affeoyl H H cynarin (1,3-dicaffeoylquinic acid ) R glucosyl (1 6) caffeoyl echinacosid e rhamnosyl H verbascoside R2 rhamnosyl 6-caffeoylglucosyl (1 6) rhamnosyl (1 6) HO HOOC HO O OH O OH O O COOH cichoric acid (2,3-dicaffeoyltartaric acid (caftaric acid = 2-caffeoyltartaric acid ) ) Figura 5: Struttura chimica dei principali derivati dell’acido caffeico contenuti nella radice di Echinacea pallida. L’echinacoside insieme al 6-caffeoilechinacoside è uno dei componenti principali dell’Echinacea pallida: si concentra a livello delle radici dove raggiunge concentrazioni comprese tra 0,5-1,6 %. 15 L’echinacoside è un glicoside dell’acido caffeico che appartiene alla classe dei fenilpropanoidi. È costituito da un trisaccaride composto da una molecola di glucosio e da due di ramnosio legate con legame glicosidico ad una molecola di acido caffeico e ad un residuo diidrossifeniletanolico. Come evidenziato nel capitolo precedente il contenuto di echinacoside rappresenta per l’Echinacea pallida un marker di qualità importante tanto è vero che la Farmacopea Europea fissa lo 0,2% come contenuto minimo nella radice in riferimento alla droga secca. 2.1.2 POLISACCARIDI Sono presenti ad elevate concentrazione nel rizoma di tutte tre le specie di Echinacea. Nella radice di Echinacea pallida si trovano polisaccaridi di varia natura tra cui gli arabinani e glicoproteine costituite da una componente arabinogalattanica. I polisaccaridi sono tra i composti maggiormente implicati nell’azione immunomodulante di cui parleremo nel capitolo 3. 2.1.3 OLIO ESSENZIALE La radice di Echinacea pallida rispetto alle altre specie ha un più elevato contenuto di olio essenziale, con livelli compresi tra 0,2 e 2%. I composti principali dell’olio essenziale appartengono alla classe dei polieni e poliacetileni che includono il pentadeca-1,8Z-diene (Fig. 6) e alcuni differenti cheto alchini e cheto alcheni tra cui l’8-Hydroxytetradeca-9(E)-ene-11,13 diyn-2-one, 8-Hydroxypentadeca9(E)-ene-11,13-diyn-2-one, Tetradeca-8(Z)-ene-11,13-diyn-2-one, Pentadeca8(Z)-ene-11,13-diyn-2-one, Pentadeca-8(Z),13(Z)-diene-11-yn-2-one, Pentadeca8(Z),11(Z)-diene-2-one, Pentadeca-8(Z)-ene-2-one. (Bauer R et all. 1987). Nelle altre specie di Echinacea l’olio essenziale si differenzia per la presenza prevalente di alchilchetoni. I componenti dell’olio essenziale comuni alle tre specie sono principalmente borneolo, bornile acetato, germacrene D e cariofillene (Bauer R et all. 1991 ). O O O H 3C H 3C CH 3 H 3C pentadeca- 8Z-ene-11,13-diyne-2-one CH 3 pentadeca- 8Z,1 1Z-diene-2-one CH 3 pentadeca- 8Z,1 3Z-diene-11-yne-2-one Figura 6: Polieni e poliacetileni della radice di Echinacea pallida 2.1.4 ALCHILAMIDI Nel genere Echinacea sono state identificate circa 20 alchilamidi, principalmente 16 isobutilammidi di acidi grassi a catene lunghe con legami acetilenici o olefinici (Bauer et al 1998; Lienert et al.1998). Una delle alchilamidi presente in maggiore quantità è l’isobutilamide dell’ acido dodeca-2E,4E,8Z,10E/Z tetradecanoico (fig.7). Le alchilamidi sarebbero presenti in percentuale maggiore nelle parti aeree e nelle radici di Echinacea purpurea ed angustifolia, mentre sarebbero presenti solamente in tracce nell’Echinacea pallida ( 0,001% Sloley et al 2001, ESCOP monographs, supplement ed. 2009). Questa classe di composti, se da una parte risulta essere importante per l’attività antiinfiammatoria soprattutto dell’Echinacea purpurea e angustifolia, sembrerebbe essere anche implicata nelle probabili interazioni con i farmaci, producendo effetti su alcune isoforme del citocromoP450. Le alchilamidi sono strutturalmente simili all’anandamide (arachidonoil etanol amide), un ligando endogeno dei recettori dei cannabinoidi. Uno dei meccanismi per spiegare l’attività immunomodulante delle alchilammidi si basa proprio sulla capacità di questa classe di composti di legarsi ai recettori CB, suggerendo quindi un’attività cannabinoide-mimetica. Si è messo in evidenza, inoltre, un’attività stimolante nei confronti delle citochine pro-infiammatorie (Woelkart K et Bauer R. 2007). H N O dodeca- 2E,4 E,8 Z,1 0Z-tetraenoic acid isobutylamid e Figura 7: Struttura chimica dell’isobutilamide dell’acido dodeca-2E,4E,8Z,10E/Z tetradecanoico costituente principale delle alchilamidi dell’Echinacee. 2.1.5 ALTRI COMPONENTI MINORI Fitomelanina: Un componente importante presente nelle sole radici di Echinacea pallida e Echinacea angustifolia, pur se a bassa concentrazione, è la Fitomelanina (Wichtl et al. 2004). La caratterizzazione strutturale dei polimeri della melanina è notoriamente difficile, dovuta alla sua insolubilità in molti solventi ed alla difficoltà ad idrolizzarla nei singoli monomeri. Nei tessuti vegetali la ritroviamo con una diversa distribuzione dal punto di vista dimensionale, con una porzione (circa il 36%) con peso molecolare maggiore ai 10000 D ed una frazione (circa il 25%) con peso molecolare compreso tra 10000 e 100000 D. Le frazioni con peso molecolare maggiore sono risultate essere le più attive nei confronti dei monociti. Alcaloidi pirrolizidinici: Sono stati trovati nelle radici di Echinacea alcuni alcaloidi pirrolizidinici quali tussilagina e isotussilagina, anche se non sono stati ritrovati nella Echinacea pallida. È importante comunque sottolineare la differenza sostanziale tra gli alcaloidi della Echinacea (tussilagine ed isotussilagine) e quelli epatotossici (tipo senecionina) (fig. 8): quelli dell’Echinacea sono molto 17 semplici e piccoli, a struttura biciclica (2 cicli a 5 atomi fusi su di un lato), mentre molti degli alcaloidi pirrolizidinici epatotossici sono a struttura triciclica (3 cicli, 2 a 5 atomi e 1 a 12 atomi fusi a formare un macrociclo di 17 atomi) con un doppio legame su uno dei due anelli a 5 atomi (eterociclici). Altri non hanno la struttura triciclica ma hanno funzioni che ricordano questo terzo ciclo. La differenza strutturale rende gli alcaloidi epatotossici apolari e quindi con una farmacocinetica diversa da quella degli alcaloidi dell’Echinacea. La presenza di un doppio legame e di due funzioni estere (anello 1,2 insaturo della necina) rendono l’anello estremamente reattivo nei confronti di enzimi, proteine e DNA, evento che non si verifica per gli alcaloidi delle Echinacee, che quindi risultano essere privi di tossicità epatica (WHO monographs 1999). Anello della necina degli alcaloidi pirrolizidinici: : HC O H3 O H3C O H 7 7a O H 5 N4 OH 1 2 6 O H CH 3 3 7 7a O H 1 6 CH3 tussilagina 2 5 N 4 3 isotussilagina 1,2 saturo CH3 H CH3 O O H O H CH 3 OH 1 7 8 5 N 2 6 3 4 senecionina 1,2 insaturo Figura 8: Struttura chimica di tussilagina e isotussilagina gli alcaloidi pirrolizidinici ritrovati in tracce nelle Echinacee in comparazione alla struttura del senecione, alcaloide con provata attività epatotossica. 2.2 Profilo di sicurezza dell’Echinacea: possibili reazioni avverse e tossicità Gli studi clinici ben condotti tranquillizzano sulla sicurezza delle piante studiate e per l’Echinacea riportano solo effetti collaterali di entità simili a quelli del placebo. Da un’analisi attenta della letteratura emerge che il numero di eventi seri sembra essere molto basso soprattutto se rapportato al numero di persone esposte al rischio. Come già detto dell’Echinacea vengono consumate parecchie decine di milioni di dosi ogni anno con un numero di segnalazioni di eventi avversi veramente irrisorio. Che il fenomeno sia infrequente lo conferma un recente studio prospettico di sorveglianza attiva condotto in Germania nel periodo settembre 2004-settembre 2006 (Jeschke E et al. 2009) che ha analizzato i pattern prescrittivi dei prodotti a base di piante medicinali di un gruppo di medici che registravano contemporaneamente, mediante un sistema computerizzato, tutte le reazioni avverse a piante appartenenti alla famiglia delle Asteraceae (o Compositae). Il 55% dei partecipanti era costituito da medici di medicina 18 generale e il restante 45% da specialisti, di cui il 25% pediatri. Tutti hanno registrato le reazioni avverse più gravi, 7 medici hanno accettato di registrare anche gli effetti collaterali minori. In due anni sono state redatte 199.387 prescrizioni (complessivamente 360.488 tra farmaci e prodotti non convenzionali) per 50.115 pazienti. Al 37,6% del campione (18.830 pazienti) sono stati prescritti 42.378 prodotti contenenti piante della famiglia delle Asteraceae, più frequentemente Camomilla (Matricaria recutita), Calendula (Calendula officinalis), Arnica (Arnica montana) e Echinacea (Echinacea spp.), e tra questi non è stato registrato alcun evento avverso di rilievo. Il sottogruppo di medici che sorvegliava anche gli eventi avversi minori (effetti collaterali) ha prescritto Asteraceae a 6.961 pazienti e ha registrato 11 eventi avversi minori, quasi tutti a carico della cute. Dallo studio si ricava che i maggiori consumatori di prodotti a base di Asteraceae sono i bambini. Pur considerando che qualche evento possa essere sfuggito all’attenzione dei segnalatori e che questi, essendo prescrittori di prodotti naturali, potessero avere un atteggiamento più indulgente nei confronti delle piante medicinali, i dati dello studio confermano senza dubbio che non sussistono particolari rischi di reazioni avverse quando si assumono prodotti a base di Asteraceae. Ciononostante è preferibile una certa cautela nell’uso dell’Echinacea in pazienti con importanti e gravi malattie allergiche (asma poco controllato dal trattamento, precedenti episodi di angioedema o anafilassi, ecc). In questi soggetti l’indicazione al trattamento andrebbe fatta esclusivamente dal medico che dovrebbe informare i pazienti su quali siano le manifestazioni che richiedono l’immediata interruzione del trattamento. Ci sono inoltre notizie abbastanza contraddittorie sulla potenziale tossicità epatica dei preparati contenenti Echinacea che si basano, sia sulla presenza nella droga di alcaloidi pirrolizidinici, che sugli effetti potenziali di un gruppo di sostanze, le alchilamidi, sul metabolismo dei farmaci. È stato pertanto affermato che l’assunzione di Echinacea per un periodo superiore alle 8 settimane potrebbe indurre epatotossicità, che potrebbe comportare anche interazioni negative (potenziamento dell’attività tossica) con diversi farmaci notoriamente tossici per il fegato come gli steroidi anabolizzanti, amiodarone, metotressato e ketoconazolo e paracetamolo (Abebe W. et al., 2002). Al fine di fare maggiore chiarezza sul profilo di sicurezza riteniamo importante approfondire meglio questi aspetti analizzando nel dettaglio i dati disponibili in letteratura e quelli analitici eseguiti da Aboca sulla Echinacea pallida varietà Marghit e sugli estratti preparati a partire da essa. 2.2.1 Assenza degli alcaloidi pirrolizidinici Come già descritto nel capitolo sul profilo fitochimico dell’Echinacea pallida gli alcaloidi pirrolizidinici isolati nelle specie di echinacea sono specificamente la 19 tussilagina e la iso-tussilagina che nella struttura chimica mancano della funzione (sistema ad anello 1,2 insaturo) che li rende epatotossici; questo porta già ad escludere una possibile tossicità di queste piante medicinali. Peraltro occorre sottolineare che la presenza degli alcaloidi pirrolizidinici non epatotossici, è stata riportata in letteratura solo per le specie purpurea e angustifolia e mai per la pallida. (Von E. Röder et al., 1984) Prendendo in stretta considerazione questa problematica Aboca ha condotto scrupolose analisi su alcuni prodotti ottenuti dalla lavorazione della radice di Echinacea pallida var. Marghit selezionata in azienda (polvere, estratto liofilizzato, estratto liofilizzato multifrazione Echina-2LMF) per escludere la presenza di alcaloidi pirrolizidinici epatotossici. Per mezzo di analisi GC-MS è stato possibile escludere (con un limite di quantificazione del metodo pari a 0.05 ppm) la presenza di tale famiglia di alcaloidi (tipo retronecionina, tipo otonecionina, tipo senecionina e tipo senkirkina)sia nella nostra varietà di Echinacea che sull’estratto Echina2-LMF. 2.2.2 Inibizione di varie forme di Citocromo P450 Alcuni studi in vitro pubblicati in letteratura hanno messo in evidenza come gli estratti di Echinacea ed in particolare quelli di Echinacea angustifolia possano inibire l’attività di alcune isoforme del citocromo P450 e nello specifico il CYP3A4 e il CYP1A2 (Badzinski et al., 2000). Gli effetti degli estratti su questo sistema enzimatico sono complessi (dati in vivo suggeriscono che gli estratti della pianta sono in grado di inibire debolmente il CYP3A4 intestinale e di indurre quello epatico) e potrebbero essere correlati a interazioni con alcuni farmaci (midazolam, caffeina, etc.) che vengono metabolizzati da queste isoforme o anche comportare potenziamento dell’attività epatotossica di alcuni farmaci tra cui anche il paracetamolo. In realtà da un’ampia analisi degli studi di farmacocinetica eseguiti su diversi estratti di Echinacea gli effetti inibitori di questi sul citocromo P450 sono di entità molto variabile e comunque tali da non avere significatività clinica. Tali effetti sono stati riscontrati in maniera significativa soltanto in modelli in vitro e sarebbero correlati al contenuto di alchilamidi. Le alchilamidi contribuirebbero alla inibizione di CYP2C19, CYP2D6, CYP3A4, a dosi 4900 volte più alte rispetto a quelle raggiungibili in seguito ad assunzione orale (ipotesi di 0,4 ng/ml negli epatociti, rispetto alla più bassa IC50 per le alchilamidi che è stata 1,96 microg/ml). Considerato il fatto che, come evidenziato nel capitolo della fitochimica, l’Echinacea pallida non contiene quantitativi rilevanti di alchilamidi, non è possibile ipotizzare una qualche rilevanza clinica. Ciò detto, il contenuto 20 di alchilamidi può essere tenuto sotto controllo anche dal punto di vista produttivo ed analitico. In particolare Aboca ha condotto analisi per verificare il contenuto di alchilamidi sia nella varietà di Echinacea pallida da noi selezionata (Marghit) sia nei prodotti finiti, in particolare nel prodotto di trasformazione Echina2-LMF (Estratto brevettato liofilizzato multifrazione di Echinacea pallida). Le analisi, condotte attraverso GC-MS con un limite di quantificazione pari a 0,05 ppm, hanno evidenziato quantitativi molto bassi di alchilamidi per i quali si può escludere una rilevanza clinica se confrontati con le concentrazioni utilizzate negli esperimenti in vitro. In particolare: Echinacea pallida radice (var. Marghit) 0,0017% Echinacea angustifolia radice EL 0,213% Echinacea purpurea sommità 0,010% Echina2-LMF 0,008% Infine per quel che riguarda il possibile potenziamento della tossicità epatica del paracetamolo è necessario precisare che l’Echinacea dovrebbe poter indurre l’attività dell’isoforma CYP2E1, che è responsabile della formazione di un intermedio tossico per il fegato. Nessuno studio disponibile ha mai finora evidenziato per l’Echinacea ed in particolare per l’Echinacea pallida una qualche effetto sull’attività del CYP2E1 nell’uomo, suggerendo che non sono da attendersi effetti clinicamente rilevanti. Tutto quanto riportato in questo paragrafo conferma quanto riportato nella Monografia ESCOP sulla Echinacea pallida Suppl. 2009, che alla voce Interazioni indica: “Non ci sono report derivanti da studi clinici. Solo un debole effetto è stato osservato sui citocromi CYP1A2 e 3A in test in vitro.” Infine anche la controindicazione all’uso in soggetti con malattie sistemiche progressive e autoimmuni, sembra essere basata esclusivamente su considerazioni teoriche senza alcuna evidenza clinica o dato epidemiologico a sostegno (Blumenthal, 2003; Ulbricht, 2005). 21 3. Proprietà farmacologiche dell’Echinacea pallida e meccanismi di azione a cura di: Andrea Lugli, Marinella Pescari, Anna Maidecchi Tutte le pubblicazioni di riferimento consigliano di utilizzare l’Echinacea pallida e le altre specie medicinali del genere per il supporto delle difese immunitarie. Il meccanismo proposto è correlato alla capacità degli estratti di Echinacea di promuovere effetti di modulazione prevalentemente sul sistema immunitario non specifico. L’esatto meccanismo d’azione con cui si produce questa azione non è ancora del tutto conosciuto, ma si stanno delucidando i possibili processi coinvolti come riportato negli studi che seguono. Studi in vitro e in vivo sugli animali hanno evidenziato come i composti responsabili di tale azione siano principalmente i polisaccaridi, i derivati dell’acido caffeico (echinacoside) e i composti lipofili in modo particolare le alchilamidi per Echinacea angustifolia ed Echinacea purpurea, i composti poliacetilenici per l’Echinacea pallida. Di seguito prenderemo in esame le principali frazioni estrattive in modo da poter mettere in evidenza come queste contribuiscano all’attività biologica dell’Echinacea pallida. 3.1 Influenza sul sistema immunitario L’azione immunomodulante dell’Echinacea si manifesta con una stimolazione prevalentemente aspecifica delle reazioni difensive, che si concretizza in un globale aumento della resistenza dell’organismo nei confronti degli agenti esterni. Oggi si ritiene possa essere più appropriato parlare in termini di immunomodulazione per descrivere gli effetti immunologici dell’Echinacea, anche se è ancora ampiamente utilizzato il termine “immunostimolazione” che è ubiquitario nelle prime pubblicazioni scientifiche sull’Echinacea. Gli effetti immunologici di numerose preparazioni di Echinacea sono stati analizzati estesamente attraverso studi sia in vitro che in vivo. Complessivamente i dati indicano che i preparati a base di Echinacea producono effetti su alcuni indici della funzione immunitaria (aumento della fagocitosi, stimolazione della produzione di alcune citochine, numero delle cellule immunocompetenti ecc.) anche se ad oggi non è possibile affermare con certezza quale sia la preparazione o la sostanza all’interno del fitocomplesso più attiva. Di seguito riportiamo una sintesi dei principali studi farmacologici eseguiti sull’Echinacea pallida. Una frazione ad alto peso molecolare (PM >10.000 D) costituita da polisaccaridi e glicoproteine della radice di Echinacea pallida ha promosso la proliferazione degli splenociti di topo e stimolato la produzione di INFα/β e di immunoglobuline M ed 22 ha aumentato il numero di anticorpi prodotti. Ha anche aumentato la produzione di alcune citochine (IL1, IL6 e TNFα) e di NO in colture di macrofagi di topo. L’incubazione di questa frazione con i monociti umani ha provocato la produzione di IL1, IL6 e TNFα. (Bodinet K 1999). Bauer et al. (1988) hanno studiato un’estratto etanolico (1:10) di Echinacea pallida in un test in vivo (nel ratto) di clearance del carbonio: la somministrazione orale ai ratti dell’estratto etanolico per 2 giorni ha prodotto un aumento di 2,2 volte della fagocitosi confermando quanto osservato in vitro. Sono state somministrate anche le frazioni in cloroformio e in acqua, nelle concentrazioni corrispondenti al loro contenuto nell’estratto alcolico: la frazione lipofila (incremento di 2,6 volte) è risultata più attiva della idrofila (incremento di 1,3 volte). La somministrazione i.v. di 50, 100 o 500 μl di una frazione ad alto peso molecolare (Mr≥10000 D) contenente polisaccaridi e glicoproteine di Echinacea pallida radice ha aumentato in maniera significativa la concentrazione dell’IL-1 nel siero dei topi (p<0,05). Una singola somministrazione orale di questa frazione (3,7 mg / topo) ha favorito la formazione di anticorpi nelle cellule delle placche del Peyer (Bodinet 1999). Dai numerosi studi farmacologici, eseguiti come abbiamo visto sopra, sia sull’Echinacea pallida ma anche sull’Echinacea angustifolia e Echinacea purpurea, il fitocomplesso della pianta induce un aumento della fagocitosi e della motilità nei polimorfonucleati umani, del numero totale dei leucociti, aumenta anche il numero e l’attività dei macrofagi e la produzione di diversi tipi di citochine tra cui interleuchina-1 (IL-1), interleuchina-6 (IL-6), interleuchina -10 (IL-10), TNF-α ed interferone (Bauer, 2002; Burger 1997). Il sito d’azione molecolare con cui queste azioni si producono rimane ad oggi sconosciuto, comunque l’attivazione dei macrofagi e dei polimorfonucleati dimostra come l’Echinacea abbia un’azione attivante sulla funzione fagocitaria e prevalentemente sulle difese aspecifiche. Dagli ultimi studi pubblicati in letteratura emergono in realtà nuove informazioni riguardanti i meccanismi attraverso i quali le macromolecole vegetali e tra queste anche i polisaccaridi dell’Echinacea possono modulare il sistema immunitario andando a stimolare il sistema immunitario associato alle mucose (MALT) tramite uno stimolo mucosale superficiale senza necessità di assorbimento. Ci sembra opportuno soffermarci ad approfondire maggiormente questo aspetto attraverso una breve sintesi sulle caratteristiche di questa parte del sistema immunitario, proponendo una discussione sui meccanismi attraverso i quali esso possa essere modulabile con macromolecole vegetali presenti nel fitocomplesso dell’Echinacea pallida. 3.1.1 Echinacea pallida e sistema immunitario associato alle mucose Tratteremo delle caratteristiche del sistema immunitario associato alle mucose per meglio comprendere come i polisaccaridi dell’Echinacea ed altre macromolecole 23 presenti nel fitocomplesso possano influenzare l’attività del sistema immunitario anche senza essere assorbite. Il sistema immunitario associato alle mucose Da un punto di vista anatomico il sistema immunitario associato alle mucose (MALT: mucosal associated limphoid tissue) appartiene agli organi linfoidi periferici (o secondari) assieme ai linfonodi, alla milza ed al sistema immunitario cutaneo (SALT: skin associated limphoid tissue). Il MALT a sua volta è suddivisibile in BALT (B=bronchus), NALT (N=nose), GALT (G=gut) e comprende le tonsille, le adenoidi, l’appendice e le placche di Peyer (localizzate prevalentemente nell’intestino tenue). Dato che siamo particolarmente interessati a come le macromolecole vegetali interagiscono con il GALT vediamo sinteticamente la localizzazione e le caratteristiche dei linfociti presenti in prossimità della mucosa del canale digerente. In generale i linfociti sono localizzati in tre diversi compartimenti: all’interno dello strato epiteliale, nella lamina propria, disseminati o presenti in specifici nuclei denominati placche di Peyer. Di seguito alcune osservazioni: t Linfociti intraepiteliali: principalmente linfociti T CD8 molto specializzati nel riconoscere gli antigeni comunemente presenti nel lume intestinale. t Linfociti disseminati nella lamina propria: presenti molti linfociti T CD4 (attivati nei linfonodi regionali e ricollocatisi nella lamina propria). Presenti anche macrofagi, plasmacellule, eosinofili, mastociti, cellule dendritiche. t Linfociti delle placche di Peyer nella lamina propria: come suddetto nella lamina propria sono presenti anche le placche di Peyer (PP) le quali sono costituite da un tessuto linfoide organizzato, caratterizzato da un’elevata presenza di linfociti B (50-70% nel topo). Le PP sono prevalentemente localizzate nell’intestino tenue. Interessante la presenza e il ruolo delle cellule M presenti nella superficie epiteliale sovrastante le placche di Peyer. Queste cellule, ricche di villi, hanno il ruolo di catturare e trasportare tramite pinocitosi le macromolecole (tra queste anche gli antigeni) presenti nel lume intestinale alle strutture sottostanti della placca. Va osservato che le cellule M non “campionano” tutte le molecole presenti nel lume intestinale ma principalmente quelle che sono in grado di aderire alla mucosa. È utile riassumere brevemente alcune caratteristiche della risposta immunitaria ad antigeni somministrati per via orale. In sintesi essa si contraddistingue per l’elevata produzione di SIgA (IgA secretorie) tipica dei tessuti mucosi, oltre che per l’induzione di tolleranza dei linfociti T e la tendenza alla immunizzazione (quando si somministrano antigeni proteici). La produzione di SIgA è notevole e si calcola possa essere intorno ai 2 g (per un adulto di 70 Kg) ovvero approssimativamente 24 il 60-70% di tutti gli anticorpi prodotti dall’organismo. Ovviamente questo è la conseguenza dell’ampia superficie da difendere. La risposta anticorpale ad antigeni introdotti per via inalatoria o orale è quindi principalmente di carattere SIgA. Ricordiamo infine che le SIgA fondamentalmente si legano a microbi e tossine impedendone l’entrata nelle cellule e facilitandone l’eliminazione (Abbas et al., 2002). La sequenza di eventi attraverso la quale si sviluppa la risposta anticorpale citata è la seguente: i linfociti T e B naive circolanti grazie a specifiche integrine e L-selectine si localizzano nei siti mucosali citati. Le cellule M trasportano gli antigeni dal lume alle cellule dendritiche nella sottomucosa che li ripresentano ai linfociti T e B attivandoli, questi ultimi tramite la circolazione sanguigna raggiungono i siti effettori, dove in particolare i linfociti B si trasformano in plasmacellule produttrici di SIgA. Nello schema 1 si può osservare come i linfociti attivati raggiungano i differenti siti effettori. Il sistema immunitario mucosale integrato (“Comune sistema immunitario mucosale”) Come è stato accennato precedentemente il sistema immunitario associato alle mucose è presente in differenti sistemi, in particolare il respiratorio ed il gastrointestinale. Emerge con sempre maggior forza che GALT, BALT, NALT etc in realtà costituiscono un sistema integrato denominato “comune sistema immunitario mucosale”. Le evidenze nei modelli animali sono fortissime, ed anche nell’uomo, come discutono con chiarezza, Kang et al., (2007) nella loro review, l’analisi dei dati a disposizione fa ritenere che si tratti molto di più di un ipotesi. Va menzionato che recenti studi lasciano intravvedere una certa compartimentalizzazione della risposta mucosale (Brandtzaeg 2011), per cui appare probabile che una percentuale importante di linfociti attivati in un dato sito induttore (ad esempio le placche di Peyer) tendano a ricollocarsi nel medesimo tessuto, tuttavia diversi dati (vedi a seguire) in effetti mostrano chiaramente la possibilità di ricollocazione anche in siti effettori distanti. L’importanza dello stimolo delle macromolecole sulla funzionalità del GALT Di particolare interesse è l’effetto della nutrizione enterale o parenterale sulla funzionalità dell’immunità mucosale (Kang et al., 2007). Nel modello animale la via di nutrizione (enterale o parenterale) ha un effetto notevole sia sulla massa del GALT che sul livello di SIgA secrete nel sistema gastrointestinale e respiratorio. Più precisamente si ha una riduzione nella espressione di specifiche molecole d’adesione (MAdCAM-1) essenziali per la localizzazione dei linfociti nel GALT, il risultato è un riduzione dei linfociti in 25 questi tessuti di circa il 50%. Inoltre si verifica una riduzione delle citochine importanti nello stimolare la secrezione di SIgA. Complessivamente in assenza Schema 1: Comune sistema immunitario mucosale (tratto da Kang W, Kudsk KA. Is there evidence that the gut contributes to mucosal immunity in humans? JPEN J Parenter Enteral Nutr. 2007 May-Jun;31(3):246-58 modificato). Linfociti näive migrano alle placche di Peyer, vengono attivati quindi si rilocalizzano nei siti effettori portando alla secrezione di IgA antigene specifiche. di stimolo luminale si ha un diminuzione della secrezione di SIgA sia nel sistema gastrointestinale che respiratorio (Zarzur et al., 2001; Wu et al., 1999). Lo stimolo enterale risulta importante anche per garantire la corretta risposta ad uno stimolo antigenico. In assenza di stimolo enterale infatti essa risulta ridotta. Ad esempio si è osservato che il livello di immunizzazione (indotto nei confronti di un virus dell’influenza), in assenza di stimolo alimentare enterale, è notevolmente ridotto (in termini di secrezione di SIgA specifiche), mentre riprende normalmente quando si reinizia ad alimentare gli animali per via enterale (Kang et al., 2007). Emerge quindi l’idea che stimoli enterali siano necessari come prerequisito (localizzazione dei linfociti nella mucosa ed adeguata espressione di citochine) affinché si possa sviluppare una corretta risposta secretoria (SIgA) a specifici stimoli antigenici. Anche nell’uomo la massa del GALT è fortemente influenzata dalla presenza od assenza luminale di nutrienti (Kang et al.2007). Azione immunomodulante dell’Echinacea pallida sul sistema immunitario mucosale. Visto l’interessante influenza di nutrienti luminali sulla risposta mucosale, resta da determinare se tale effetto dipenda da uno stimolo aspecifico o dipenda da 26 determinate molecole. Pugh et al., (2005) ricordano che ad esempio le cellule dendritiche presenti nel MALT sono dotate di toll like receptors (TLR) i quali sono recettori specializzati nel riconoscimento di pattern strutturali ampi. Le macromolecole presenti negli alimenti come ad esempio nel caso specifico da loro studiato, la melanina polimerica, hanno dimostrato di essere in grado di stimolare tali recettori. Tale stimolazione si traduce in un’adeguata produzione delle citochine necessarie per indurre un elevata secrezione di IgA. La melanina è presente in numerosa frutta e verdura oltre che (in maggior quantità) in piante note per l’attività immunomodulante come ad esempio l’Echinacea pallida. Anche Bodinet et al. (2004) dimostrano che la somministrazione orale, nel topo, di una frazione ricca di componenti macromolecolari (ottenuta da diverse piante medicinali tra cui l’Echinacea pallida) aumenta in modo significativo la risposta immunitaria delle placche di Peyer ad uno stimolo antigenico. Gli autori concludono quindi che le macromolecole estratte dalle piante immunodulanti sono effettivamente in grado di entrare in contatto con le cellule del tessuto linfoide associato alle mucose e di modularne la risposta immunitaria mucosale. In effetti Kyohara et al. (2008) sottolineano come sistemi di riconoscimento di strutture polisaccaridiche siano presenti in tutte le forme viventi. Macromolecole polisaccaridiche isolate da numerosi organismi (marini, funghi, piante) sono in grado di interagire con sistemi recettoriali di riconoscimento riscontrabili anche nei mammiferi. Dal loro studio emerge che macromolecole polisaccaridiche estratte da numerose piante medicinali sono in grado di modulare, grazie a specifici elementi oligosaccaridici in esse presenti, la funzionalità delle placche di Peyer. Se è possibile comprendere come polisaccaridi vegetali possano in effetti stimolare il GALT (gut associated lymphoid tissue) ora è necessario verificare se questo stimolo in effetti possa estendersi, tramite il comune sistema immunitario mucosale, anche ad altre mucose in particolare quelle respiratorie. A questo proposito di grande interesse risulta lo studio di Matsumoto et al. (2007) il quale mostra come il pretrattamento orale con piante ad attività immunomodulante (ricche di polisaccaridi), seguito da stimolo antigenico (microparticelle di ovoalbumina), produca alcuni risultati di particolare interesse sull’immunità mucosale, che riassumiamo qui di seguito: t Aumento delle SIgA antigene specifiche sia nelle secrezioni intestinali che nasali (effetto adiuvante) t La secrezione totale di SIgA non risulta variata 27 t L’analisi dell’espressione genica, tramite microarray, nelle placche di Peyer mostra un aumento nell’espressione di L-selectine nei linfociti B. Da questi dati possiamo quindi dedurre che l’effetto sulla immunità mucosale dei polisaccaridi vegetali è di carattere adiuvante, ovvero porta ad una maggior reattività dell’immunità mucosale a stimolo antigenico. Inoltre si dimostra un aumento della secrezione di SIgA specifiche non solo nell’intestino (luogo di induzione), ma grazie al comune sistema immunitario mucosale, anche nella mucosa nasale. Questo appare possibile in quanto aumenta l’espressione di L-selectine specifiche che sono essenziali affinché i linfociti B attivati e ricircolanti si ricollochino sui siti effettori (nel nostro caso in particolare intestino e mucose del tratto respiratorio). Ritornando alla Echinacea pallida la fitochimica ci conferma la presenza di componenti polisaccaridiche e glicoproteiche, in particolare sono stati identificati polimeri arabinogalattanici associati a proteine e arabinani (Thude et al., 2005), mentre studi farmacologici mostrano che l’assunzione orale di una frazione ad alto peso molecolare aumenta in modo significativo la produzione anticorpale da parte delle placche di Peyer (Bodinet 1999). Conclusioni: I dati oggi a disposizione in effetti sembrano evidenziare come esistano composti macromolecolari, sia negli alimenti che nelle piante medicinali immunomodulanti, in grado di interagire con recettori presenti sulle cellule del GALT. Queste interazioni appaiono importanti per mantenere la risposta immunitaria SIgA mediata. Il mantenimento dell’immunità mucosale in buona efficienza rientra certamente in un concetto di sostegno della funzione protettiva del sistema immunitario contribuendo a spiegare, assieme a tutti gli altri meccanismi citati nel testo, l’attività delle piante immunomodulanti e nel nostro caso specifico dell’Echinacea pallida. 28 4. Dall’Echinacea pallida var. Marghit: un esclusivo estratto brevettato Echina2-LMF a cura di: Marinella Pescari, Vitalia Murgia 4.1 Caratteristiche tecniche e produttive dell’estratto Echina2-LMF L’estratto liofilizzato multifrazione brevettato Echina2-LMF è il frutto di anni di studi e ricerche che l’azienda ha condotto con l’obiettivo di ottenere un ingrediente con le seguenti caratteristiche: t prodotto senza l’impiego di solventi chimici t standardizzato in principi attivi (echinacoside e polisaccaridi) t solubile anche in forme liquide non alcoliche senza l’impiego di eccipienti t privo di sostanze indesiderate La tecnologia di estrazione di Echina2-LMF applicata anche alla radice di Echinacea pallida prevede l’esecuzione di estrazioni successive con miscele di acqua ed etanolo di diversa composizione. La polarità della miscela solvente impiegata permette di estrarre in modo selettivo le differenti classi di composti e di ottenere concentrazioni ripetibili di questi. Applicata all’Echinacea permette di ottenere un estratto ad elevato titolo sia di echinacoside che di polisaccaridi, che abbiamo visto essere particolarmente importanti per l’attività di questa pianta. Gli estratti idroalcolici ottenuti dalle varie estrazioni vengono prima concentrati fino a completa eliminazione dell’etanolo poi disidratati per liofilizzazione, utilizzando temperature e pressioni di esercizio molto basse. Si procede quindi alla miscelazione dei differenti liofilizzati ottenuti dalle frazioni estrattive: l’estratto liofilizzato multifrazione Echina2-LMF ottenuto in questo modo, è un prodotto 100% naturale, senza eccipienti o diluenti aggiunti. Sostanze contenute in Echinacea pallida Estratto Liofilizzato multi-frazione % Polifenoli totali HPLC costituiti da: 2,659 Echinacoside % 2,052 Ac. clorogenico % 0,050 Ac. cicorico % 0,304 Ac. caftarico % 0,253 Fenoli tot. come Ac. gallico SFM % 2,09 Polisaccaridi % Alchilamidi (o isobutilammidi) % Alcaloidi Pirrolizidinici ppm Flavonoidi totali come Iperoside (SFM) % 20 0,0085 Non rilevabili <0,1 29 L’originalità della metodica estrattiva impiegata nella produzione di estratti liofilizzati multifrazione di piante è protetta da brevetto: con questa tecnica a partire da una droga, in questo caso dalla radice di Echinacea pallida, si ottiene prima una ripartizione dei principi attivi nelle diverse frazioni estrattive, poi la riunificazione di questi in uno stesso estratto liofilizzato, ricostituendo quindi l’intero fitocomplesso della pianta in una forma solubile perché priva della matrice fibrosa, quindi adatta anche a forme di dosaggio liquide non alcoliche. La scelta di particolari condizioni estrattive (composizione della miscela solvente, rapporto droga/solvente, temperatura e tempi di estrazione) può anche permettere di concentrare i principi attivi (echinacoside e polisaccaridi) ma anche di ridurre al minimo la concentrazione di sostanze indesiderate. L’attività dell’estratto Echina2-LMF è stata testata in studi in vitro di cui riportiamo di seguito il più rappresentativo. 4.2 Studio sulla modulazione “in vitro” del sistema immunitario da parte di Echinacea pallida, Propoli, Uncaria tomentosa e due loro miscele. La capacità di Echinacea pallida di modulare il sistema immunitario è stata già indagata con risultati positivi in studi clinici e farmacologici, anche se sono rari gli studi che hanno preso in considerazione l’attività di estratti di elevata qualità produttiva, ottenuti con tecnologie all’avanguardia o quella di combinazioni di estratti di Echinacea con altre sostanze o piante medicinali. Presso il laboratorio di Immunità e Nutrizione del Dipartimento di Scienze Pediatriche dell’Università di Pavia è stata perciò condotta una ricerca per valutare le potenzialità di modulazione del sistema immunitario da parte di estratti liofilizzati di Echinacea pallida, Propoli e Uncaria tomentosa, testati singolarmente, e di due mix degli stessi estratti: Echinacea e Propoli (Mix 2), Echinacea, Propoli ed Uncaria (Mix 3) in una co-cultura “in vitro” di linfociti umani di volontari sani (Valsecchi et al. 2009). Prima di iniziare i test di immunomodulazione è stata effettuata una curva di proliferazione dose-risposta, per determinare le concentrazioni delle miscele e degli estratti liofilizzati, che meglio stimolano la proliferazione dei linfociti in coltura. La fitoemoagglutinina (PHA) è stata utilizzata come controllo positivo per verificare l’effettiva vitalità delle cellule. L’attivazione cellulare è stata misurata in 6° giornata mediante valutazione della proliferazione con incorporazione di H3 (timidina tritiata). Il test di proliferazione ha mostrato che le cellule erano vitali. Le colture di linfociti di volontari sani, scongelate e risospese in terreno di coltura sono state, quindi, esposte a diverse concentrazioni degli estratti singoli Echinacea pallida 25 ng/ml, Uncaria tomentosa 1 ng/ml, Propoli 100 ng/ml e delle miscele (1μg/ml and 10ng/ml). 30 A 24 ore e 5 giorni è stata valutata l’espressione di particolari marcatori di superficie cellulare e la produzione di citochine nei surnatanti di coltura. Sono stati valutati: la percentuale di differenti sottopopolazioni linfocitarie, la produzione “in vitro” di citochine nel supernatante colturale usando il metodo Elisa e l’attività NK (Natural Killer). 4.2.1 Effetti sulla Interleuchina 6 (IL-6) Alla valutazione a 24 ore e 5 giorni si è osservato: un incremento significativo della produzione di interleuchina 6 (IL-6) dopo 24 ore di stimolazione con Echinacea pallida 25ng/ml (p=0,02), Uncaria tomentosa 1ng/ml (p=0,02) e Propoli 100 ng/ml (p=0,003) (Figura 9) e dopo 5 giorni con il Mix 2 (Echinacea pallida e Propoli) a 1μg/ml (p=0,04) (Figura 10). Figura 9 Produzione di IL-6 nei surnatanti di coltura: Dopo 24 ore e 5 giorni, con estratti singoli di Echinacea pallida, Propoli e Uncaria tomentosa Figura 10 Produzione di IL-6 nei surnatanti di coltura dopo 24 ore e 5 giorni: con Mix 2 (Echinacea pallida e Propoli ) e Mix 3 (Echinacea pallida, Propoli e Uncaria tomentosa) 4.2.2 Effetti sulla Interleuchina 10 (IL-10) Dopo 5 giorni di stimolazione si è assistito ad un incremento statisticamente significativo della produzione di IL-10 con Mix 2 (Echinacea pallida e Propoli) 1μg/ml (p=0,04). La produzione di questa citochina è aumentata dopo 5 giorni anche con tutte le altre miscele, pur se non in maniera statisticamente 31 significativa soprattutto per l’ampia deviazione standard dovuta alla variabilità interpersonale. Nelle prime 24 ore dello studio non era stato osservato, invece, alcun incremento nella produzione della IL-10 (Figura 11). Figura 11 Produzione di IL-10 nei surnatanti di coltura dopo 24 ore e 5 giorni: con Mix 2 (Echinacea pallida e Propoli ) e Mix 3 (Echinacea pallida, Propoli e Uncaria tomentosa) 4.2.3 Effetti sulle cellule NK (Natural Killer) L’attività delle cellule NK è aumentata significativamente dopo stimolazione con tutti gli estratti testati singolarmente (Echinacea pallida, Propoli e Uncaria tomentosa). In particolare in presenza di Echinacea pallida in rapporto di concentrazione 1:30 e 1:100 (25 ng/ml 1:30: *p= 0,012; 1:100 **p=0,0006), di Uncaria tomentosa in rapporto di concentrazione 1:30 e 1:100 (1 ng/ml 1:30: °p=0.044; 1:100 °°p=0,021) e di Propoli in rapporto di concentrazione 1:10 (§ p=0,016); 1:30 (§§ p= 0,0254); 1:100 (§§§ p= 0,015) (Figura 12). È stato osservato un trend positivo in aumento dell’attività NK dopo stimolazione “in vitro” con tutte le miscele di Echinacea pallida, Uncaria tomentosa e Propoli a tutti i rapporti di concentrazione che seppure non statisticamente significativo fa ritenere che le miscele di fitoestratti testate inducano il sistema immune, di soggetti adulti sani, a reagire con un aumento dell’attività NK di fronte ad eventuali stimoli antigenici esterni. °° §§§ ** §§ * ° §§ Figura 12: Attività NK (Natural Killer) dopo stimolazione con i 3 estratti in diversi rapporti di concentrazione. Echinacea 25 ng/ml 1:30: *p= 0.012; 1:100 **p=0.0006 ;Uncaria 1 ng/ml 1:30: °p=0.044; 1:100 °°p=0.021; Propoli in rapporto di concentrazione 1:10 (§ p=0.016); 1:30 (§§ p= 0.0254); 1:100 (§§§ p= 0.015) 32 4.2.4 Altri risultati Con tutte le miscele la produzione di TNF-α è aumentata dopo 24 ore, pur se non in maniera statisticamente significativa, se ne è osservata una riduzione altrettanto non significativa dopo 5 giorni. La produzione di IFN-γ è variata in modo non significativo ad entrambi i tempi in presenza degli estratti. Con Echinacea a 24 ore e 5 giorni si è notato un notevole incremento anche se statisticamente non significativo (Basale: 1,28±1,77 vs Echinacea: 51.55±121.74 a 24 ore e Basale: 56.57±21.67 vs Echinacea: 94.98 ± 68.61pg/ml a 5 giorni). L’IFN-γ è aumentato anche dopo stimolazione con le miscele pur se in maniera non significativa. Conclusioni Complessivamente i singoli estratti liofilizzati di Echinacea pallida, Uncaria tomentosa e Propoli e le miscele sembrano modulare la risposta del sistema immunitario stimolando la produzione di alcune citochine e l’attività NK, senza influire in modo significativo sulla percentuale delle varie sottopopolazioni linfocitarie. La risposta ”in vitro” dei linfociti dei soggetti adulti sani, il cui sistema immunitario non è deficitario, ha messo in evidenza la capacità degli estratti e delle miscele testati di attivare le cellule del sistema immunitario e di modularne la risposta, influendo in maniera importante sulla risposta delle cellule Natural Killer, deputate alla difesa primaria. 4.2.5 I possibili riflessi sulla salute umana dell’attività dei vari estratti L’effetto modulatorio complessivo sul sistema immunitario esplicato dagli estratti e dalle miscele potrebbe avere senz’altro dei riflessi positivi sull’organismo umano. Giova forse ricordare, innanzitutto, che le citochine sono una famiglia di molecole proteiche che agiscono da mediatori nelle interazioni tra le cellule del sistema immunitario e tra queste e altre cellule dell’organismo. La stessa citochina può agire su cellule molto diverse tra loro e che non hanno in comune l’origine, la localizzazione o la funzione (pleiotropismo). La produzione delle citochine è finemente regolata e spesso una o più citochine sono responsabili della stimolazione e dell’inibizione di un’altra citochina. Inoltre la produzione delle citochine è limitata nel tempo e richiede l’attivazione delle cellule che la producono. La citochina IL-6 è una proteina con un peso molecolare variabile tra 22 e 29 kD che viene prodotta da svariati tipi cellulari. In particolare IL-6 viene prodotta dai macrofagi in seguito alla stimolazione con antigeni e induce l’attivazione dei linfociti, la produzione delle proteine di fase acuta nel fegato e aumenta la produzione di 33 anticorpi. Pertanto, l’aumento dei livelli di IL-6 osservato nei surnatanti di coltura dopo stimolazione con gli estratti liofilizzati e con le loro miscele, lascia intuire che nell’utilizzo sull’uomo essi potrebbero svolgere un’azione immunomodulante sulla funzione linfocitaria, favorendo l’attivazione e la produzione anticorpale con riflessi positivi sulla capacità di difesa dell’organismo nei confronti di agenti esterni. La citochina IL-10 è una citochina con effetti pleiotropici descritta inizialmente come fattore inibitorio per la sintesi di altre citochine. Viene prodotta da cellule Th1, Th0 e Th2, dai macrofagi attivati e dalle cellule dendritiche dell’immunità innata e favorisce il differenziamento dei linfociti T naïve in T regolatori Th1 e Th3. IL-10 svolge principalmente azioni regolatorie in senso negativo su vari tipi cellulari, inibendo sia la flogosi dipendente dalla risposta immune naturale, sia quella dipendente dalla risposta antigene-specifica. Una citochina pro-infiammatoria come IL-6 viene prodotta dalle cellule stimolate da un agente esterno e attira nella sede interessata altre cellule immunitarie stimolandole ad attivarsi e a rispondere all’aggressione. Una citochina ad attività immunoregolatoria come IL-10 attenua invece la risposta immune inibendo l’attività delle cellule immunitarie, la replicazione, l’attivazione e la sintesi di altre citochine. Pertanto, l’aumento dei livelli di IL-6 osservato nei surnatanti di coltura dopo stimolazione con gli estratti liofilizzati e le miscele studiati, lascia intuire che nell’utilizzo sull’uomo essi potrebbero svolgere un’azione inducente la funzione linfocitaria, favorente l’attivazione e la produzione anticorpale con riflessi positivi sulla capacità di difesa dell’organismo, l’aumento della IL-10 modulerebbe la risposta immune impedendone un’eccessiva attivazione e/o durata. La produzione di IFN-γ, a seguito di stimolazione con le miscele di estratti liofilizzati, lascia intuire una modulazione positiva del sistema immune attraverso l’attivazione di neutrofili (regolandone positivamente il metabolismo ossidativo), l’aumento dell’attività litica di cellule NK e l’attivazione delle cellule endoteliali necessaria per l’attivazione di una pronta risposta. L’azione di modulazione e supporto dell’attività del sistema immunitario si esplica anche attraverso la stimolazione dell’attività delle cellule Natural Killer (NK). Nell’esperimento si è osservato un aumento statisticamente significativo dell’attività NK dopo stimolazione in vitro con Echinacea pallida, Uncaria tomentosa e Propoli a tutti i rapporti di concentrazione e un aumento importante anche con le diverse miscele. Ciò fa pensare a una maggiore capacità del sistema immune di soggetti esposti agli estratti e alle miscele testate di reagire di fronte ad eventuali stimoli antigenici esterni. Interessante è anche osservare come la 34 duplice azione di stimolo su IL-6 e IL-10 rilevata nello studio sia particolarmente utile ai fini della sicurezza degli estratti. Infatti, l’attivazione dei processi infiammatori indotta dalla IL-6, utile per rendere più attive ed efficaci le risposte immunitarie nei confronti di agenti esterni, non può tradursi in un eccesso di stimolo infiammatorio per la contemporanea stimolazione di IL-10 che ha un’attività inibitoria. In conclusione questo studio confermando la già nota attività immunomodulante di Echinacea, Uncaria e Propoli lascia intuire che l’assunzione degli estratti e delle loro miscele possa tradursi in un effetto benefico che supporta il sistema immunitario in maniera non aggressiva, fisiologica e autolimitantesi. 4.3 Dosaggio giornaliero dell’estratto liofilizzato Echina2-LMF La definizione dei dosaggi da assumere giornalmente, per l’adulto e per il bambino, è uno degli aspetti problematici a livello di pratica clinica, infatti spesso la dose da assumere è indicata solo come quantità di droga vegetale secca nelle autorevoli Monografie dell’ESCOP, testo di riferimento internazionale per i dosaggi delle piante medicinali (ESCOP, 2009). Di seguito si riporta il metodo utilizzato per la definizione del dosaggio di Echina2-LMF con particolare riferimento all’impiego in età pediatrica. 4.3.1 Il dosaggio di Echinacea pallida Le più autorevoli Monografie (ESCOP, OMS, Commissione E tedesca) riportano il seguente dosaggio per l’adulto di Echinacea pallida: estratti idroetanolici corrispondenti a 900 mg di radice essiccata al giorno (corrispondenti a 1,8 mg di echinacoside/die) o altri preparati equivalenti. Questi dosaggi rappresentano il risultato dell’elaborazione di tutti i dati a disposizione in letteratura opportunamente mediati e bilanciati. Calcolo del RAPPORTO DROGA/ESTRATTO o DER (Drug Extract Ratio) Per poter calcolare l’equivalenza tra la quantità di droga essiccata indicata nelle Monografie e la dose di estratto da assumere giornalmente, occorre calcolare la concentrazione di fitocomplesso nell’estratto. Questo dipende dalla “resa” di estrazione, il cui parametro di quantificazione è il Rapporto Droga/Estratto o DER (Drug Extract Ratio) cioè il rapporto tra la massa della materia vegetale essiccata di partenza e la massa dell’estratto finale ottenuto: Calcolo del DER (Drug Extract Ratio) Droga iniziale (kg) : estratto finale (kg) = DER : 1 DER = droga iniziale (Kg) x 1 estratto finale (Kg) Nel caso dell’estratto liofilizzato multifrazione Echina2-LMF, da 100 kg di 35 droga secca (radice essicata di Echinacea pallida var. Marghit) sono stati ricavati 16 kg di estratto liofilizzato, si può dire quindi che la droga ha il 16% di materia estraibile (o resa) e che il suo DER, ottenuto applicando la formula sopraesposta è di 6,25 come si vede nel calcolo sottostante. DER = 100 kg 16 kg x 1 = 6,25 DER = 6,25 Calcolo del dosaggio di estratto liofilizzato multifrazione Echina2-LMF Una volta calcolato il DER dell’estratto che si vuole utilizzare si può calcolare la quota giornaliera di estratto equivalente al dosaggio di droga secca indicata in letteratura, in questo caso parliamo di Echina2-LMF ma la regola è valida per qualunque estratto. Con un DER di 6,25 e una quantità di 900 mg per giorno di droga secca indicata da ESCOP, la quota giornaliera di estratto da assumere per un uomo del peso medio di 70 kg è: 900 : 6,25 = 144 mg di estratto liofilizzato al giorno Calcolo del dosaggio di estratto liofilizzato multifrazione Echina2-LMF per il bambino L’assorbimento delle sostanze attive (estratti di piante, farmaci, ecc) varia profondamente con il variare dell’età del bambino. La clearance di alcune sostanze esogene, molto ridotta nel lattante, aumenta progressivamente nel primo anno di vita sino a raggiungere valori superiori a quelli dell’adulto, si riduce poi nelle età successive e raggiunge i valori dell’adulto in età adolescenziale. Secondo il Goodman & Gilman del 2008, non esistono formule completamente affidabili per convertire i dosaggi impiegati nell’adulto in dosaggi efficaci e sicuri nel bambino. Quando però ci si trova nella necessità di definire la dose di una determinata sostanza da somministrare a un bambino e non si ha un dosaggio derivante da studi farmacologici e/o clinici in età pediatrica, il metodo più attendibile è quello di calcolare la percentuale della dose dell’adulto in rapporto alla superficie corporea (Ministero della Salute, 2003). Un calcolo pratico da applicare, con risultati quasi sovrapponibili a quello basato sulla superficie corporea, se si escludono i prematuri e l’età neonatale, può essere quello noto come “Regola di Ausberger”. 36 Si ottiene la percentuale della dose dell’adulto da somministrare giornalmente al bambino a partire dal peso del piccolo. % della dose rispetto all’adulto = 1,5 x peso in kg bambino + 10 Partendo dal dato che 144 mg è la quantità di estratto secco di Echina2-LMF che un adulto deve assumere quotidianamente la quantità di estratto da somministrare a un bambino di 15 kg di peso usando la regola di Ausberger sarà: % della dose rispetto all’adulto = 1,5 x 15 + 10 = 32,5% 144 x 32,5 = 46,8 mg di Echina2-LMF 100 Risultato praticamente coincidente con quello ottenibile con la tabella consigliata dal Ministero della Salute e basata sul calcolo della superficie corporea. Applicando la regola di Ausberger è possibile conoscere la dose giornaliera adeguata al peso dei bambini per le varie fasce di età e formulare prodotti che forniscano una posologia di estratto/i di pianta medicinale più precisa e personalizzata per le esigenze del singolo bambino. 37 5. Conclusioni L’attività di Ricerca portata avanti da Aboca sull’Echinacea pallida dimostra chiaramente che per ottenere un estratto di una pianta medicinale efficace e sicuro è necessario intraprendere un percorso di ricerca lungo e complesso. Ciò è dovuto sia alla vastità della problematica sia al grado di approfondimento scientifico che ogni specifico aspetto richiede. Per ottenere Echina2-LMF è stato necessario: 1 FASE AGRONOMICA - selezione della varietà Marghit 1. Studiare le caratteristiche agronomiche della pianta medicinale 2. Sviluppare un programma di miglioramento della specie attraverso tecniche di selezione “naturali”, alternative a quelle OGM e alla mutagenesi 3. Selezionare le piante in funzione del loro contenuto in principi attivi utili per l’azione salutistica 4. Mettere a punto tecniche di coltivazione efficaci, nel rispetto di quanto disciplinato dal regolamento CE 834/07 sull’agricoltura Biologica Il risultato di questa ricerca ha prodotto un varietà, Echinacea pallida Var. Marghit, che presenta caratteristiche genetiche costanti e un contenuto di echinacoside da 4,5 a 6,85 volte superiore a quello minimo previsto dalla Monografia della Farmacopea Europea di riferimento, elemento fondamentale a garanzia dell’efficacia del prodotto. 2 FASE PRODUTTIVA - Estratto multifrazione Echina2-LMF Per non disperdere i risultati ottenuti dalla fase “agronomica” è necessario elaborare processi produttivi specifici che permettano di conservare e migliorare le caratteristiche del fitocomplesso. In particolare la tecnologia di produzione di Echina2-LMF permette di: t concentrare e standardizzare il contenuto di due importanti classi di principi attivi presenti nel fitocomplesso: echinacoside e polisaccaridi, principali responsabili dell’attività della pianta. t Grazie alla tecnologia della liofilizzazione ottenere un estratto altamente concentrato e biodisponibile, condizioni necessarie per garantirne l’efficacia t Evitare di concentrare sostanze indesiderate, a garanzia della sicurezza del prodotto Il risultato è un estratto brevettato di Echinacea pallida con un contenuto costante (standardizzato) di echinacoside e polisaccaridi. In particolare 38 Echina2-LMF concentra l’echinacoside ad un valore pari al 2%; questo dato è particolarmente importante perché permette di aumentare il contenuto di questa sostanza funzionale fino a 10 volte se paragonato a quello minimo che deve essere presente nella droga secondo quanto riportato in Farmacopea. Questo processo di arricchimento è ottenuto mantenendo le peculiari caratteristiche del fitocomplesso di Echinacea pallida, condizione necessaria per garantire efficacia e sicurezza secondo quanto previsto dalle Monografie per questa specifica varietà di Echinacea. 39 Appendice 1 ECHINACEA: pianta sacra degli Indiani d’America a cura della prof.ssa Rita Pagiotti Illustrazione tratta dal libro della Bibliotheca Antiqua Aboca Museum: “Les Fleurs de Jardins” Par A. Guillaumin, vol III,Paul Lechevalier et Fils, Paris, 1934. 40 Introduzione L’Echinacea è una pianta originaria dell’America del Nord nota fin dall’antichità agli Indiani del Nord America che la considerarono sacra grazie alle sue numerose proprietà medicamentose. I nativi americani erano distinti in circa 500 Nazioni prima dell’arrivo degli europei alla fine del XV secolo, avevano tradizioni e rituali diversi tra le varie tribù ma per tutti la cura delle malattie partiva dall’assunto che l’Uomo è parte della Natura. La malattia non è definita dalla sola patologia fisica, non è mai circoscritta all’organo colpito ma va considerata in un contesto più ampio che comprende corpo, mente e stile di vita. Raccogliere, trasformare, impiegare le erbe per curare è sempre stato un patrimonio di conoscenze che porta grande considerazione e rispetto a colui che lo detiene, segreti gelosamente custoditi che assumono spesso forma di rituali sacri, alla pianta si riconosce un potere quasi soprannaturale, un ruolo trascendentale tra la terra e gli dei. Le informazioni relative all’uso delle piante dei Nativi americani furono raccolte da studiosi europei con indagini tipiche dell’etnobotanica, dato che i reperti scritti in lingua originale erano del tutto assenti. Nel Nord America il metodo più comune di raccolta delle erbe era quello di pregare facendo offerte di tabacco o, nel Sud Ovest, di farina di mais alla pianta. Tutta la raccolta segue un procedimento rituale che può variare in parte da una tribù all’altra ma che prevede sempre la preghiera, la richiesta del permesso alla pianta stessa di poter essere raccolta e la spiegazione del fine per cui essa viene raccolta, usando la forma antica di linguaggio riservata ai rituali. Le radici vengono raccolte in primavera, i fusti in estate, le foglie in autunno. I fiori appena aperti, i frutti quando maturi, i semi quando disponibili e la corteccia quando facilmente staccabile - primavera o inverno: in genere dal lato est della pianta, quello bagnato dai potenti raggi del “Sole nascente”. A volte si raccolgono le piante secondo numeri e quantità specifiche, ad esempio in gruppi di quattro o sette radici, foglie o piante intere. Le erbe possono essere usate fresche o essiccate al sole, semplici o in combinazioni con altre erbe, lavorate in mortai di pietra o legno: se toccate dal metallo le erbe perdono potenza. L’acqua usata nelle infusioni è ugualmente importante: deve venire da una sorgente o da un ruscello e può essere attinta nel senso della corrente o contro corrente perché solo queste acque contengono lo Spirito dell’Acqua. Nella medicina tradizionale di queste culture è la partecipazione di spirito, mente e 41 cuore che fa sì che la medicina funzioni. Ritenevano importanti per l’ applicazione ad una data malattia anche colore, forma, odore e gusto di un’erba o pianta: ad esempio piante rosse erano buone per il sangue, oppure piante che assomigliavano nell’aspetto al fegato erano usate per risolvere problemi del fegato stesso. Questo modo di procedere richiama la nota “teoria della signatura”, prevede l’uso di forme e colori simile all’organo da curare e si ritrova nella medicina tradizionale di molte culture, in cui l’aspetto della pianta è considerato un segno divino del suo uso. Un altro modo per individuare un uso appropriato delle erbe era quello di osservare gli animali e vedere di quali erbe si cibavano, specie l’orso, che per la costituzione della zampa anteriore è capace di scavare le radici delle piante ed è considerato il raccoglitore di piante e “l’erborista” degli animali. Parlando del mondo della cura con le erbe in questo contesto si deve tener conto delle credenze soprannaturali proprie della cultura dei Nativi, strettamente intrecciate ad ogni aspetto della vita quotidiana, per cui anche le erbe curative appropriate venivano a volte indicate in sogno o attraverso visioni. L’Echinacea e i Nativi del Nord America L’Echinacea è un genere appartenente alla famiglia delle Compositae, piante erbacee perenni originarie del Nord America. In passato è regnata una certa confusione sulla nomenclatura di questo genere e delle specie che vi appartengono, largamente confuse tra loro nelle caratteristiche e nelle proprietà, a causa anche di una certa somiglianza morfologica. Nella corrente classificazione del genere Echinacea, utilizzata anche nel “National List of Scientific Plant Name” sono segnalate nove specie più due varietà. Come piante medicinali sono state sempre raccolte le specie Echinacea purpurea (L.) Moench, Echinacea angustifolia D.C. ed Echinacea pallida (Nutt.) Nutt. Come droga veniva utilizzata soprattutto la radice, ma anche la pianta intera nell’epoca di fioritura. Le Echinacee sono assai diffuse nel Nord America, presenti in un areale molto esteso che va dalle zone costiere del Golfo del Messico alle Grandi Pianure (Great Plains), fino al Lago Grande a Nord, alle Montagne Rocciose ad Ovest ed alla catena degli Appalachi ad Est: abbastanza sovrapponibile quello di Echinacea purpurea e di Echinacea pallida e ben differenziato quello di Echinacea angustifolia. Sinonimi di Echinacea sono anche le denominazioni Brauneria e Rudbeckia, quest’ultima si deve a Linneo che la chiamò così in onore di O. Rudbeck, botanico svedese del XVII secolo. Il genere fu poi rinominato da Moench, nel 1794, Echinacea dal greco echinos, riccio: secondo alcuni autori in riferimento al tipico ricettacolo dall’aspetto spinoso per la presenza di brattee rigide ed acuminate, secondo altri per la struttura quadrangolare degli acheni che presenta alla sommità un margine con quattro 42 denti appuntiti. Le tribù nord americane conoscevano l’Echinacea probabilmente da millenni, certamente da secoli l’utilizzavano per curare dal morso di serpenti velenosi tanto che era chiamata anche “Snakeroot”, radice serpente. John King, medico eclettico, in un suo primo articolo sull’Echinacea del 1887 racconta: .. “Ho iniettato un po’ di veleno di serpente a sonagli nel primo dito della mano sinistra; il rigonfiamento fu rapido e in sei ore era arrivato al gomito. A questo punto ho preso una dose di medicina e dopo aver lavato con la stessa anche la parte gonfia mi sono messo a letto. Ho dormito per quattro ore e al risveglio non ho trovato alcun segno di gonfiore sulle mie dita o braccio. Il recupero da morsi di serpente sotto il suo effetto varia dalle due alle dodici ore”. Ma l’Echinacea serviva anche per ferite e tagli superficiali e bruciature, puntura di insetti velenosi e malanni di varia natura, dal mal di denti a malattie da raffreddamento ed altro ancora. Ad esempio i Kiowa e i Cheyenne la usavano per la cura di tosse e mal di gola; i Pawnee per il mal di testa mentre i Lakotah-Sioux la utilizzavano come analgesico. Secondo le credenze popolari si racconta che gli Indiani avessero appreso l’utilizzo dell’Echinacea dalle alci che quando malate o ferite ne andavano alla ricerca e la consumavano: per questo l’Echinacea è anche conosciuta presso alcune tribù come Elk Root, radice dell’alce. La prima attestazione scritta dell’uso di piante come medicamento risale solo al momento del primo contatto con gli Europei. Nel 1535 l’esploratore francese Areali di distribuzione Echinacea spp Echinacea angustifolia Echinacea pallida Echinacea purpurea 43 Jaques Cartier nel suo secondo viaggio in Canada registra come gli uomini al suo seguito furono guariti dallo scorbuto dal capo di una tribù di Uroni con un infuso di pino bianco. Per quello che riguarda l’echinacea scavi archeologici nel sito di un villaggio di Sioux Lakota del 1600 hanno portato al rinvenimento di campioni di radice che ne attestano l’uso in quel periodo. L’uso scritto e documentato dell’Echinacea angustifolia e dell’Echinacea purpurea risalgono al 1762 nel libro intitolato “Flora Virginica” pubblicato da Grovonius, dove l’uso dell’Echinacea purpurea è indicato per curare le piaghe da sella dei cavalli. Dagli anni in cui fu scoperta la pianta a quando ne iniziò un uso medicinale sistematico trascorse molto tempo, Riddel nel 1835 illustrò l’Echinacea purpurea definendola “Radice spessa, nera, dal sapore molto pungente, aromatica, carminativa, poco conosciuta.” Questa tradizione e questo know how passò almeno in parte nella cultura tradizionale curativa degli occidentali insediatisi nell’America del tempo e forse ne agevolò la sopravvivenza nelle nuove Terre d’America, una traccia è rimasta fino a oggi: Virgil J. Vogel nel suo libro American Indian Medicine del 1970 afferma che “circa 170 medicamenti che sono stati e che sono ancora ufficiali nella Pharmacopeia of the United States of America o nel National Formulary erano usati dagli Indiani del Nord America, a nord del Messico, mentre 50 altri erano usati dagli Indiani delle Indie Occidentali, dell’America centrale e del Sudamerica”. L’Echinacea vi è stata presente dal 1916 al 1950 per poi vedere una fase di diminuito interesse, forse dovuto all’uso sempre più massiccio degli antibiotici. Particolare degli acheni dell’Echinacea che presentano alla sommità un margine con denti appuntiti. Le ricerche di Moerman Gli Indiani del Nord America avevano una notevole conoscenza dei molteplici usi delle piante: dalle ricerche di D.E. Moerman, antropologo e autore di uno degli studi più accurati a tale proposito, sappiamo che usavano 2874 specie come medicine, 44 1886 come cibo, 240 per le tinture e 494 come fibra da manifatture, 190 specie erano usate per scopi vari. L’Echinacea è attestata nel solo uso di pianta medicinale. Per quanto riguarda l’uso dell’Echinacea, Moerman si è basato sulla raccolta di dati da fonti di prima mano di chi ha lavorato con nativi indiani che facevano uso di piante. La fonte più antica pubblicata nel 1840, la più recente nel 1993. Ne riportiamo una sintesi distinguendo l’uso specifico a seconda delle diverse tribù di Pellerossa, tuttavia è evidente il ripetersi degli usi principali, comuni a tutte le tribù. CHEYENNE Antireumatico: decotto di radici e foglie per reumatismi e artrite. Medicazione bruciature: decotto di radici usato anche come lavaggio per bruciature. Rimedio per raffreddamento: radice masticata. Dermatologico: radice mescolata con spore di fungo vescia e olio di puzzola usato per bolle/foruncoli. Radice usata per bolle. Dietetico: radice usata per aumentare flusso di saliva e diminuire il senso di sete. Febbrifugo: decotto di radici usato come lavaggio per le febbri. Miscellaneo: decotto di radici e foglie per parotite e morbillo. Decotto di sole radici usato per vaiolo, parotite e morbillo. Orale: infuso di radici polverizzate e foglie per bocca e gengive infiammate. Gola: infuso di radici e foglie polverizzate per gola infiammata. Mal di denti: radice masticata. CROW Rimedio per raffreddamento: radice masticata. Gastrointestinale: infuso di radice per coliche. Mal di denti: radice masticata. 45 SIOUX Analgesico: Pianta usata in fumigazioni per il mal di testa. Antidoto: morsi serpenti a sonagli, altri morsi e punture velenose e altri avvelenamenti. Bruciature: decotto di radici. Succo usato come protezione anestetizzante nel maneggiare carne e acqua bollente. Mal di denti: radice masticata. Veterinario: pianta usata in fumigazione per cavalli con cimurro. CHOCTAW Medicina per tosse: radice masticata, saliva ingerita, e tintura di radice. Gastrointestinale: radice masticata, saliva ingerita, e tintura di radice per la dispepsia. DELAWARE Venereo: radice combinata con radici di sommaco corno di cervo (staghorn sumac). Infusioni di radice usate per casi avanzati di malattie veneree. Infuso di radice semplice o composto per la gonorrea. OKLAHOMA Venereo: Infuso di radice semplice o composto per la gonorrea. PIEDI NERI Rimedio per mal di denti: la radice masticata per provocare intorpidimento nella bocca e lenire il dolore. DAKOTA Analgesico: il succo usato come lavaggio per il dolore da bruciature. Allo stesso scopo usato dagli stregoni come anestetico per le mani per proteggersi dall’acqua e dai carboni bollenti. Pianta intera usata per fumigazioni per il mal di testa. Antidoto: usata come antidoto in molte condizioni di avvelenamento. Antinfiammatorio: una poltiglia della pianta applicata alle ghiandole ingrossate, come nella parotite. Altro: pianta usata nel bagno di vapore per “rendere il grande caldo sopportabile”. Rimedio morsi di serpente e anche morsi di altri animali velenosi e punture. Mal di denti: pezzetto di radice applicata al dente. Veterinario: pianta usata in fumigazione per cavalli con cimurro. LAKOTA Antireumatico (esterno);poltiglia di radici masticate applicata alle tumefazioni. Dermatologico: poltiglia usata per ferite e piaghe. Gastrointestinale: pianta masticata per mal di stomaco. Orale: pianta masticata quando assetati. Altro: pianta masticata per aumentare la salivazione. Gola: radici masticate per tonsillite. Mal di denti: radici masticate o polverizzate. INDIANI MONTANA: Orale: radice essiccata con sapore acre per provocare l’aumento di produzione di saliva. 46 Rimedio morsi di serpente: radice usata come antidoto per morsi serpenti a sonagli. OMAHA Analgesico: succo usato come lavaggio per dolori e bruciature. Pianta usata in fumigazioni per l mal di testa. Anestetico: poltiglia di radici spezzettate applicata come anestetico a braccia e mani. Antidoto: poltiglia di radici spezzettate applicata a parti infette. Pianta usata come antidoto in molte situazioni di avvelenamento Medicazione bruciature: succo usato come lavaggio per dolori da bruciatura. Succo usato da uomini - medicina come lavaggio anestetico per le braccia così da poter togliere pezzi di carne dall’acqua bollente. Pianta masticata per rendere la bocca insensibile alla brace ardente messa in bocca durante i riti. Dermatologico: poltiglia di radici spezzettate applicata a punture e malattie settiche. Occhi: pianta usata per irritazioni oculari e radici usate per malattie agli occhi. Miscellaneo: poltiglia della pianta usata sulle ghiandole gonfie come nella parotite. Altro: pianta usata nel bagno di vapore per rendere il caldo più sopportabile. Rimedio morsi serpente: poltiglia di radici spezzettate. Mal di denti: pianta applicata al dente. Veterinario: pianta usata in fumigazione per cavalli con cimurro. PAWNEE Analgesico: succo usato come lavaggio per dolori e bruciature. Pianta usata in fumigazioni per il mal di testa. Antidoto: pianta usata come antidoto per molte condizioni di avvelenamento. Medicazione ferite: succo usato come lavaggio per dolori da bruciatura. Succo usato da uomini - medicina come lavaggio anestetico per le braccia così da poter togliere pezzi di carne dall’acqua bollente. Miscellaneo: poltiglia della pianta usata sulle ghiandole gonfie come nella parotite. Altro: pianta usata nel bagno di vapore per rendere il caldo più sopportabile. Rimedio morsi serpente ed altri morsi velenosi e punture. Mal di denti: pianta applicata al dente. Veterinario: pianta usata in fumigazione per cavalli con cimurro. PONCA Analgesico: succo usato come lavaggio per dolori e bruciature. Pianta usata in fumigazioni per il mal di testa. Antidoto: pianta usata come antidoto per molti tipi di avvelenamento. Medicazione ferite: succo usato come lavaggio per dolori da bruciatura. Succo usato da “prestigiatori” come lavaggio per le braccia per proteggersi dall’acqua bollente. Miscellaneo: poltiglia della pianta usata sulle ghiandole gonfie come nella parotite. Altro: pianta usata nel bagno di vapore per rendere il caldo più sopportabile. Rimedio morsi serpente. Mal di denti: pianta applicata al dente. Veterinario: pianta usata in fumigazione per cavalli con cimurro. WINNEBAGO Analgesico: succo usato come lavaggio per dolori e bruciature. Pianta usata in 47 fumigazioni per il mal di testa. Antidoto: pianta usata come antidoto per molte condizioni di avvelenamento. Medicazione ferite: succo usato come lavaggio per dolori da bruciatura. Succo usato da uomini - medicina come lavaggio anestetico per rendere la bocca insensibile al calore così da poter mettere un carbone ardente in bocca e mostrare il loro potere. Miscellaneo: poltiglia della pianta applicata sulle ghiandole gonfie come nella parotite. Altro: pianta usata nel bagno di vapore per rendere il caldo più sopportabile. Rimedio morsi serpente: pianta usata come antidoto per morsi serpente ed altri morsi velenosi. Mal di denti: pianta macinata e applicata al dente. Veterinario: pianta usata in fumigazione per cavalli con cimurro. KIOWA Medicina per la tosse: radice masticata per la tosse. Gola: radice masticata per gola infiammata. MESKWAKI Analgesico: radice usata per crampi e traumi allo stomaco. Anticonvulsivo: composto contenente la radice usato per crampi e fitte allo stomaco e problemi Gastrointestinali. I medici Eclettici e l’uso di Echinacea L’introduzione dell’Echinacea nell’uso medico comune avviene ad opera dei medici Eclettici americani, la cui scuola fiorì in America intorno al 1850 quando scompariva la tradizione Thomsoniana. Un ricettario eclettico venne pubblicato nel 1852 ed ebbe 19 edizioni, l’ultima nel 1909. Nel 1880 la medicina eclettica era forte e contava circa 10000 medici praticanti nella nazione. Il contributo maggiore degli Eclettici fu lo sviluppo di una farmacologia basata sulle piante medicinali americane. Un personaggio emerge in tale contesto: il dott. John King coautore del The Eclectic Dispensatory of the United States of America (1852) nelle successive edizioni chiamato King’s American Dispensatory, che resta una delle opera di riferimento sulle piante medicinali americane e sulla botanica medica in generale. La guida di King indirizzò un farmacista, John Uri Lloyd, verso lo sviluppo di prodotti farmaceutici ad uso della medicina eclettica derivati da piante medicinali usate dai Nativi americani. Lloyd è stato chiamato “il padre della materia medica americana”. Assieme ai fratelli era il proprietario della Lloyd Brothers Pharmacists, Inc. e producevano 379 “medicine specifiche” derivate primariamente da piante medicinali americane. Le prime preparazioni farmaceutiche di Echinacea uscirono da qui. Uomo di grande cultura e interessi, creò assieme ai fratelli il Lloyd Library and Museum a Cincinnati che è tuttora la più importante biblioteca sulle piante medicinali. Nel 1852 Echinacea purpurea è citata in letteratura sia da medici eclettici che allopatici. Una nota sull’uso medico dell’Echinacea purpurea compare nella prima edizione 48 dell’Eclectic Dispensatory di John King: “La Rudbeckia porpurea, o pigna rosso, si dice sia usata con beneficio nella sifilide; la parte usata è la radice, la quale quando fresca è acre e bruciante” (King e Newton 1852). L’’Echinacea angustifolia fu introdotta nella professione medica nel 1887 e precisamente da un dottore ciarlatano H.C.F. Meyer di Pawnee City in Nebraska che per primo portò l’Echinacea all’attenzione di Lloyd e King. Per 16 anni Meyer aveva commercializzato la sua formula segreta “Meyer’s blood purifier” che conteneva fra gli ingredienti oltre all’Echinacea anche il Luppolo e l’Assenzio, pur senza conoscere l’identità della pianta, avendone imparato l’uso dagli Indiani. Nel 1885 Meyer inviò campioni di radice di Echinacea angustifolia a Lloyd e campioni del suo preparato al dott. King con la speranza di incrementare le vendita alla comunità medica. King era scettico sulla sperimentazione di un preparato di cui non erano neanche citati gli ingredienti sull’etichetta. Era il segno di riconoscimento delle cosiddette medicine “brevettate” ma che di fatto non lo erano. Per il brevetto era necessario citare gli ingredienti. Lloyd replicò che non poteva identificare la pianta dalla radice soltanto e che la sua compagnia poteva introdurre una nuova medicina solo sotto il suo proprio nome botanico. Il 7 giugno 1886 Meyer inviò un’ intera pianta essiccata a Lloyd che la identificò come Echinacea angustifolia. Meyer faceva eclatanti affermazioni riguardo all’uso del suo prodotto e l’etichetta sul retro del suo preparato diceva: ”Prendere un oncia tre volte al giorno nei seguenti casi: reumatismi, mal di testa, erisipela, dispepsia, infiammazioni/ulcere persistenti, bile, ferite aperte,capogiro/vertigine, scrofula, occhi irritati.In caso di avvelenamento da erbe ecc. prendere una dose doppia e in caso di morsi di serpente a sonagli prendere tre once tre volte al giorno finchè il gonfiore passi. Questa è una cura certa entro 24 ore.”(Lloyd 1924). Meyer era così fiducioso delle sue affermazioni che si offrì di andare a Cincinnati portando con sè dei serpenti a sonagli per esserne morso di fronte ai due e provare così la veridicità delle sue affermazioni. Lloyd e King declinarono l’offerta! . King si dimostrò alla fine più disposto alla sperimentazione del prodotto e diede indicazione a Lloyd di inviare dei campioni ad alcuni medici eclettici per ulteriori sperimentazioni affermando: “…si vedrà da quello che segue che il dott. Meyer ha una idea molto esaltante della sua scoperta, che certamente merita una attenta investigazione da parte dei nostri praticanti: se dovesse avere solo la metà delle virtù che le attribuisce, porterebbe un grande contributo alla nostra materia medica per il quale i professionisti come i malati sarebbero per sempre in debito con lui…” (King 1887). Dopo tale articolo di King la Lloyd Brothers Pharmacists Inc. inziò a commercializzare preparazioni di Echinacea nonostante lo scetticismo personale di Lloyd sull’Echinacea continuasse. 49 La popolarità dell’Echinacea crebbe rapidamente fra i medici eclettici. Dott. H.T. Webster scrisse un resoconto estensivo sull’uso terapeutico della pianta nel suo Dynamical Therapeutics, un testo standard della medicina eclettica. Nel 1888 il dott. Goss di Chicago apprezzò il rimedio nei morsi di cane rabbioso, catarro cronico, ulcere croniche, gonorrea e sifilide. Il dottor Parker di Wilbur, Nebraska, riportò successi usando l’echinacea in casi disperati di avvelenamento del sangue. Harvey Wickes Felter un altro importante medico eclettico e collaboratore di Lloyd in una edizione del King’s eclectic dispensatory, la include fra i più importanti contributi eclettici: “ fra i rimedi introdotti negli anni recenti l’Echinacea senza dubbio ha il primo posto..” I dubbi e lo scetticismo intorno al valore dell’Echinacea continuavano però, alimentati dalle esagerate rivendicazioni delle sue proprietà ma anche dalla personalità del suo scopritore, Meyer un medico non scolarizzato, che si era fatto da sé. Il suo rimedio fu categorizzato in alcuni circoli immediatamente come rimedio ciarlatano. Anche il dott. King pur essendo molto rispettato per la sua capacità era pur sempre un dottore “irregolare” un seguace della scuola eclettica. In gran parte gli eclettici erano considerati ciarlatani dai medici regolari. Gli eclettici attaccavano costantemente i regolari per il loro uso di rimedi minerali pericolosi come le preparazioni al mercurio, mentre i dottori regolari attaccavano gli eclettici valutando l’uso delle loro droghe come inutile! Ciò non fermò la crescita in popolarità dell’Echinacea che nel 1921 vide i prodotti 50 con essa preparati divenire la medicina derivata da una pianta medicinale americana più venduta. Queste erano vendute solo ai dottori e non al pubblico. Naturalmente non mancarono svariate diatribe sugli effetti di questa pianta, ad esempio il dottor Felter contesta la descrizione iniziale data da Lloyd della funzione dell’ Echinacia come alterativo stimolante e tonico ecc. definendola come un “correttore della corruzione dei fluidi del corpo” pur ammettendo che anche questo tuttavia non copriva tutto il campo d’azione (1898). Secondo Felter l’azione principale dell’Echinacea era quella di bilanciare i cambiamenti dei fluidi del corpo prodotti sia da cause interne che esterne. Bolle, carbonchio, ascessi, infiammazioni delle ghiandole causate da veleno, difterite, meningite cerebrospinale, “sangue cattivo” debolezza, potevano effettivamente essere trattate con i preparati di Echinacea. In effetti ci sono molti report dell’efficacia dell’Echinacea in casi di avvelenamento del sangue. Si riporta che una mano rovinata e già affetta da cancrena e in procinto di essere amputata viene salvata grazie all’Echinacea. Ellingwood M.D. (1914) un importante dottore eclettico raccomandava la tintura di Echinacea come anestetico locale che produceva inizialmente una sensazione di bruciore seguito da “completa liberazione dal dolore in molti casi”. Lo stesso annovera fra gli effetti di questa pianta la stimolazione del sistema linfatico e “la migliorata digestione nello stomaco e nelle viscere”. Un altro medico eclettico, A.M: Liebstein, chiamò la Echinacea angustifolia “il re dei rimedi fra le piante che influenzavano le caratteristiche del sangue, e l’alterativo leader nell’intera materia medica”. Affermava che migliorava molto la funzione endocrina, stimolava la circolazione capillare e la respirazione e aveva un effetto benefico sul sistema nervoso simpatico. (Liebstein 1927). Conclusioni Lo scopo di questo se pur brevissimo escursus storico sull’utilizzo tradizionale delle varie specie di Echinacea (Echinacea pallida, Echinacea angustifolia, Echinacea purpurea) da parte dei Nativi Americani prima e dei medici Eclettici poi, non è stato solamente quello di riportare curiosità ed aneddoti di sapore folcloristico e forse anche un po’ primitivo, su di un mondo a noi abbastanza lontano, ma piuttosto quello di fornire una chiave di lettura che meglio ci aiuti a penetrare in una cultura medica, quella pellerossa per l’appunto, certamente dissimile dalla nostra ma non per questo meno ricca di Verità e Conoscenza. È di estremo interesse interpretare e quindi tradurre un Sapere di millenni in un patrimonio che sia provocazione per la nostra mentalità scientifica, talvolta un po’ impigrita e troppo ancorata alle conquiste degli ultimi decenni, ma che soprattutto sia di stimolo allo studio e alla verifica sperimentale delle proprietà attribuite ai vari rimedi naturali e, nel caso 51 specifico, all’Echinacea. Certamente la prima suggestione che si prova andando ad indagare l’attività medicamentosa delle tre specie medicinali di Echinacea è quella di aver scoperto quasi una divina panacea per ogni sorta di malanno: attività immunostimolante, antinfiammatoria e cicatrizzante, detossificante, antibiotica e antivirale, analgesica e forse altro ancora! Un genere che tuttavia ha sempre presentato incertezze tassonomiche, e quindi difficoltà di attribuzione delle sue proprietà farmacologiche alle varie specie medicinali. Echinacea pallida ed Echinacea angustifolia considerate a lungo la stessa specie dai medici Eclettici che le distinguevano soprattutto per l’areale di crescita: Echinacea pallida ad est del Mississipi ed Echinacea angustifolia ad ovest. Ma è l’Echinacea in senso lato, con il suoi magnifici fiori, con il suo odore aromatico, il gusto dolciastro delle radici che lasciava sulla lingua un certo pizzicore, ad aver accompagnato per secoli la vita quotidiana degli Indiani d’America, ad averli salvati dall’insidia dei serpenti a sonagli, ad aver sanato le loro ferite infette, sedato mal di denti e mal di testa, ad aver dato sollievo all’arsura durante il cammino, ad aver guarito da febbri e tonsilliti. L’Echinacea: davvero la pianta sacra degli Indiani d’America. 52 BIBLIOGRAFIA AAVV , Medicamenta 1914. Guida teorico-pratica per sanitari, Cooperativa Farmaceutica, Milano Abbas AK, Lichtman AH, Pillai S. 2010. Cellular and Molecular Immunology. pp 268280. Edition 6. Saunders Elsevier. 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