PARTE VI (bozza incompleta)
DISPOSITIVI E CIRCUITI A SEMICONDUTTORI
cronologia essenziale dei dispositivi
1900 diodi a baffo di gatto (cristalli di galena, solfuro di piombo)
1920 raddrizzatori a ossido di rame, al selenio, ecc.
1930 proposta di un transistore MOS (Lilienfeld)
1939 quaderno di laboratorio di Shockley1
1947 transistore a contatto puntiforme (laboratori Bell Telephone)
1951 transistore a giunzione, a cui seguono: diodo a giunzione, cella solare, zener, ecc.
circuito integrato (J.S. Kilby, Texas Instruments, Nobel per la Fisica2)
1960 processo planare (Fairchild), con cui si realizzano poi circuiti integrati: “micrologici”,
amplificatori, ecc.
1965 legge di Moore3
1971 primo microprocessore (Federico Faggin, Intel)
1997 microprocessore Pentium II Intel (7,5∙106 transistori)
1998 memoria DRAM da 264 Mbit (~108 transistori)
2009 processore grafico GF100 (Fermi) NVIDIA (~3∙109 transistori)
fascicoli speciali dedicati all’elettronica dei semiconduttori
nascita dei dispositivi bipolari: IEEE Spectrum, gennaio 1973
nascita dei dispositivi MOS: Proc. IEEE, ottobre 1988
nanoelettronica d’oggi: Proc. IEEE, aprile 1997
nanoelettronica e “nanoscale processing”: Proc. IEEE, novembre 2003
futuro dell’elettronica integrata: Proc. IEEE, febbraio 2008
Gli straordinari progressi dell’elettronica integrata negli ultimi decenni derivano da:
a) tecnologie realizzative, incluse le tecnologie di crescita
- cresce l’area delle fette (wafer) di silicio  diametro di 12 pollici 
- cresce l’area dei chip e diminuisce la densità dei difetti
- diminuiscono le dimensioni minime dei dispositivi frazioni dim (22 nm)
b) dispositivi e tecniche circuitali
- controllo degli effetti fisici che entrano in gioco via via che si riducono le dimensioni
- diminuisce la potenza dissipata nei singoli dispositivi
1
Nel quaderno di laboratorio di William Shockley, 29 dicembre 1939, troviamo scritto: “Oggi mi sono reso conto che
è possibile, in linea di principio, realizzare un amplificatore a semiconduttori anziché tubi a vuoto”.
2
http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/2000/kilby-lecture.pdf
3
Nel 1965 Gordon Moore stabilisce la legge empirica di Moore, estrapolando i dati di pochi anni: la densità dei
circuiti integrati si raddoppia ogni circa 18 mesi (e una legge esponenziale analoga seguono varie altre grandezze
fisiche, tecniche ed economiche relative a questa industria). Interpretazione matematica: soluzione di equazione
differenziale del primo ordine a coefficienti costanti (per decenni....). Interpretazione fisica in termini di reazione
positiva: i progressi tecnologici, migliorando le prestazioni e riducendo i costi di fabbricazione dei dispositivi, ne
estendono continuamente le applicazioni; alla crescita del mercato corrisponde un aumento del fatturato dell’industria,
che questa investe in nuove tecnologie, che a loro volta.... Fino a quando la legge di Moore continuerà a valere? Non
certamente quando nella fabbricazione dei dispositivi si arriverà a strati di spessore confrontabile con le dimensioni
atomiche. Ma ancora prima i fenomeni di natura quantistica cominceranno a prevalere su quelli di natura classica. Già
oggi, d’altra parte, questi fenomeni trovano impiego in nuovi dispositivi.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 1
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
RICHIAMI SUI SEMICONDUTTORI4
1. Bande di energia e distribuzione in energia degli elettroni
Facciamo riferimento in quanto segue al modello a bande, per cui nei cristalli, a differenza di
quanto avviene negli atomi isolati, le energie degli elettroni più esterni, a causa delle interazioni fra
gli atomi, si modificano assumendo livelli diversi molto poco spaziati fra loro, costituendo così
delle bande di energie permesse che si assumono continue.
C
La banda di conduzione C, che rappresenta le
gap
energie degli elettroni liberi, e quella di valenza V sono
separate da un intervallo (gap) di energia proibita EG negli
isolanti (oltre 5 eV) e nei semiconduttori ( 1÷2 eV). Nel
C
V
isolante
V
semiconduttore
metallo
silicio, per esempio, si ha EG = 1,21 eV (a T = 0, dato che il gap dipende dalla temperatura). Le
isolante
semiconduttore
metallo
differenze si manifestano vistosamente nella conducibilità elettrica. Si ha approssimativamente, in
unità di S/m: isolanti, 10-16 ÷ 10-8; semiconduttori, 10-5 ÷ 102; metalli, 106 ÷ 108.
Chiamando n il numero totale di particelle, per esempio elettroni, in un dato volume di un
solido (chiamato densità o concentrazione se riferito all’unità di volume), la loro distribuzione
secondo l'energia E è descritta dalla funzione (E) tale che (E) dE = n.
Tale funzione è data dal prodotto della densità degli stati permessi N(E), che stabilisce
quanti stati ci sono in funzione dell'energia, e della probabilità di occupazione degli stati f(E) in
condizioni di equilibrio termodinamico:
 ( E)  f ( E) N ( E)
(1)
Per esempio in un metallo si ha N(E) =  E, dove è una opportuna costante.
La funzione f(E) dipende dal tipo di particelle. Per le molecole di un gas, per esempio, vale
le legge di Boltzmann: f(E) = exp(1.5
E/kT). Agli elettroni liberi in un
cristallo si applica invece la legge di
Fermi-Dirac:
f ( E  zero)
1
f ( E  300)
f ( E  3000)
0
0
0.1
 .2
0
0.1
E EF
4
S.M. Sze Dispositivi a semiconduttori:Comportamento fisico e tecnologia Hoepli, 1991
J. Millman, C. Halkias Microelettronica Bollati Boringhieri, 1978
M. Guzzi Principi di fisica dei semiconduttori Hoepli, 2004
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 2
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
.2
(2)
f (E) 
1
1 e
( E  EF ) / kT
dove EF è il livello di Fermi, che rappresenta l'energia per cui la probabilità di occupazione vale ½
(f(EF) = ½), k = 1,38 10-23 J/K è la costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta.
Si noti che per energie sufficientemente lontane dal livello di Fermi la (2) è bene
approssimata dalle seguenti semplici leggi esponenziali:
(2a)
f (E) e
 ( E  EF )/ kT
per  E  EF   3kT
f (E) 1  e
 ( EF  E )/ kT
per  E  EF   3kT
Possiamo così stabilire, per esempio, la parte degli elettroni liberi di un metallo che possiede energia sufficiente a subire
il
fenomeno
termoelettronica.
della
Il
emissione
grafico
mostra
qualitativamente la coda di elettroni che
può sfugge dal catodo riscaldato di un tubo
elettronico a vuoto, se il lavoro di
estrazione dal metallo è EW.
2. Semiconduttori intrinseci
In un semiconduttore puro (intrinseco) il livello di Fermi, come poi vedremo meglio, si trova a
metà della banda proibita: EF = (EV + EC)/2. Per T = 0 la banda di conduzione è vuota e non vi sono
elettroni liberi. Per T > 0 qualche elettrone, dotato di energia sufficiente, può passare dalla banda di
valenza in quella di conduzione, diventando così libero di muoversi nel cristallo. Ma in tal caso,
corrispondentemente, si creano delle lacune (o buche), anch’esse libere di muoversi (in realtà le
lacune non si muovono: si muovono gli elettroni che vanno a occuparle, liberando altre lacune). Sia
gli elettroni che le lacune sono portatori di carica. La liberazione di un elettrone produce quindi
due portatori nel cristallo: uno dotato di carica negativa (l’elettrone) l’altro di carica positiva (la
lacuna). Il numero di questi portatori, come vedremo subito, dipende fortemente dalla temperatura.
Nella banda di conduzione si ha, similmente ai metalli, Nn ( E )   E  EC per la densità
degli stati e quindi, in base alla (1) la densità n degli elettroni liberi, utilizzando la (2a), è:

(3)
n
 N ( E ) f ( E )dE  N
n
C
e ( EC  EF )/ kT
EC
dove NC (densità effettiva degli stati in banda di conduzione) è direttamente proporzionale a T3/2.
Nella banda di valenza, dove i portatori liberi sono le lacune, si ha N p ( E )   EV  E e
siccome fp(E) = 1 - f(E), la densità p delle lacune è:
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 3
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
p
(4)
EV
N
p
( E )(1  f ( E ))dE  NV e  ( EF  EV ) / kT

dove NV (densità effettiva degli stati in banda di valenza) dipende dalla temperatura come NC. Si
trova che NV ≈ NC; le due grandezze, in effetti, differiscono in ragione della differenza fra le masse
efficaci delle due specie di portatori, questione che rimandiamo a trattazioni più specifiche.
La neutralità elettrica del cristallo impone evidentemente che sia ni = pi , indicando con i
simboli ni e pi le densità dei portatori in un semiconduttore intrinseco. E del resto il numero delle
lacune, per come esse sono generate, deve corrispondere esattamente a quello degli elettroni liberi.
Dall’uguaglianza fra la numerosità delle due specie deriva la condizione:
NC e( EC  EF ) / kT  NV e( EF  EV ) / kT
(5)
e quindi, dato che NV ≈ NC, ne consegue che EC – EF ≈ EF - EV, cioè il livello di Fermi si trova a
metà della banda proibita
EF 
(6)
EC  EV
E
 EC  G
2
2
Consideriamo ora il prodotto fra le densità delle due specie, indicato generalmente con il
simbolo ni2. Nel caso di un semiconduttore intrinseco dalle (3) e (4) si ricava
(7)
ni2  ni pi  NC e( EC  EF )/ kT NV e( EF EV )/ kT  NC NV e EG / kT
Ma il risultato è del tutto generale, dato che il prodotto n p = ni2 non dipende dalla posizione del
livello di Fermi ma solo dall’ampiezza EG della banda proibita. Per evidenziarne la dipendenza dalla
temperatura si può scrivere:
(8)
ni2  aT 3e EG / kT
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 4
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
dove a è una costante caratteristica del materiale.
3
Qui la temperatura interviene sia nel fattore T sia,
assai più vivacemente, nell’esponenziale sia ancora
nell’energia di gap, che dipende anch’essa dalla
Ge
Si
GaAs
(m -3)
EG a 0 K
EG a 300 K
ni
0,74 eV
1,17 eV
1,52 eV
0,66 eV
1,11 eV
1,43 eV
2,5 ∙1019
1,5 ∙ 1016
1.8 ∙ 1012
temperatura, seppur debolmente.
3. Semiconduttori drogati
E’ possibile modificare le proprietà elettriche di un cristallo semiconduttore puro inserendovi
piccolissime quantità controllate di atomi di altre specie, ottenendo così semiconduttori estrinseci o
drogati. Questi atomi vanno a sostituire altrettanti atomi di semiconduttore nel cristallo senza
alterarne, idealmente, la struttura cristallina, ma modificandone la struttura a bande. A un cristallo
di silicio o germanio (IV gruppo della tavola periodica, tetravalenti) si possono aggiungere atomi
del V gruppo (pentavalenti), che si comportano allora come donatori di elettroni; oppure atomi del
III gruppo (trivalenti), che si comportano come accettori di elettroni; con densità rispettivamente
ND e NA, molti ordini di grandezza sotto a NC ed NV.
Drogando il silicio con elementi donatori (fosforo, arsenico, antimonio, ...) si ottengono
semiconduttori di tipo N, cioè con un eccesso di elettroni liberi rispetto alle lacune (n > p). In tal
caso gli elettroni costituiscono i portatori maggioritari, la lacune i portatori minoritari. L’elettrone
in più di un atomo pentavalente inserito nel cristallo costituito da atomi tetravalenti ha bassa energia
di legame (0,01 ÷ 0,05 eV) sicché si libera facilmente già a temperatura ambiente. In tal caso non si
produce però una lacuna, ma una carica fissa (ione donatore carico positivamente). Notiamo anzi
che il numero delle lacune diminuisce rispetto al caso del semiconduttore intrinseco a causa del
maggior numero di elettroni liberi che possono andare a occuparle.
La presenza di atomi donatori facilmente ionizzabili modifica
la struttura a bande introducendo un livello5 ED nella banda proibita
(linea spessa in figura), subito sotto al bordo inferiore EC della banda
di conduzione, e provocando lo spostamento verso l’alto del livello di
Fermi. Più precisamente, per T = 0 la situazione resta immutata
rispetto al caso intrinseco (EF = EF0), mentre per T > 0, man mano che
i donatori si ionizzano, il livello di Fermi sale e quindi EF > EF0.
Quando tutti gli atomi donatori hanno liberato il loro elettrone,
si ha n = ND + ntermici
5
ND. Uguagliando allora n con ND nella (3)
Per cui l’energia di legame dell’elettrone facilmente liberabile è EC – ED.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 5
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
n  NC e( EC  EF ) / kT  N D
(9)
si ottiene (EC - EF)/kT = ln(NC/ND), da cui si ricava la posizione del livello di Fermi (linea
tratteggiata in figura) in presenza di drogaggio nel caso di ionizzazione totale:
N 
EF  EC  kT ln  C 
 ND 
(10)
Per esempio, drogando il silicio con una concentrazione di donatori ND = 10-6 NC, a 300 K
(kT = 0,026 eV) si ottiene: EF = EC – 0,026 ln(106)
(EF = EC – EG/2
EC – 0,36 eV, più alto che nel caso intrinseco
EC – 0,56 eV). Si noti poi che dall’entità del drogaggio dipende il segno del
secondo termine nella (10): per drogaggi eccezionalmente forti il livello di Fermi può spostarsi
sopra a EC, cioè entrare nella banda di conduzione, e in tal caso il semiconduttore si chiama
degenere.
Drogando il silicio con elementi accettori (gallio, boro, alluminio, indio, ...) si ottengono
semiconduttori di tipo P, cioè con un eccesso di lacune rispetto agli elettroni liberi (p>n). In tal
caso le lacune costituiscono i portatori maggioritari, gli elettroni i portatori minoritari. L’elettrone
che manca a un atomo trivalente inserito nel cristallo costituito da atomi tetravalenti (e che occorre
per stabilire i necessari legami) viene facilmente catturato, sottraendolo a un altro atomo del
cristallo. Si produce così una lacuna, accompagnata da una carica fissa (ione accettore carico
negativamente). Ma allora gli elettroni liberi diminuiscono rispetto al caso del semiconduttore
intrinseco a causa del maggior numero di lacune che possono catturarli.
La presenza di atomi accettori facilmente ionizzabili
modifica la struttura a bande introducendo un livello EA nella
banda proibita (linea spessa in figura), subito sopra al limite
superiore EV della banda di valenza.
Provocando così lo
spostamento del livello di Fermi verso il basso. Più precisamente,
per T = 0 la situazione resta immutata rispetto al caso intrinseco
(EF = EF0), mentre per T > 0, man mano che i donatori si
EA
ionizzano, il livello di Fermi scende e si ha EF < EF0.
Quando tutti gli atomi accettori hanno catturato
l’elettrone, si ha p = NA + ptermici
(11)
p  NV e
NA, sicché, utilizzando la (4)
 ( EF  EV ) / kT
 NA
si ottiene (EV – EF)/kT = ln(NV/NA), da cui si ricava la posizione del livello di Fermi (linea
tratteggiata in figura) in presenza di drogaggio nel caso di ionizzazione totale:
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 6
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
N 
EF  EV  kT ln  V 
 NA 
(12)
E’ importante notare che nei semiconduttori drogati, non importa se di tipo N o P, il livello
di Fermi si sposta, ma il prodotto n p resta costante, indipendentemente da E F, come indica la (7),
che esprime la condizione di equilibrio chiamata legge di azione di massa, che qui riscriviamo per
comodità
n p  ni2  NC NV e EG / kT
(13)
Da essa si ricava che in un semiconduttore di tipo N la densità dei minoritari è p
di tipo P è n
ND / ni2; in uno
NA / ni2.
tipo di semiconduttore
Intrinseco
Drogato di tipo N
Drogato di tipo P
elettroni liberi
n ni
n ND
n ni2/ NA
lacune
p ni
p ni2/ND
p NA
livello di Fermi
EFo = ½ (EC + EV)
EF > EF0
EF < EF0
La figura rappresenta qualitativamente
l'andamento con la temperatura della
densità
di
elettroni
semiconduttore
liberi
intrinseco
in
un
(curva
a
puntini) e in un semiconduttore con
drogaggio di tipo N (curva continua). In
quest'ultimo,
al
crescere
della
temperatura, il numero degli elettroni
aumenta rapidamente grazie alla ionizzazione degli atomi donatori, fino a raggiungere una
condizione di saturazione (ionizzazione totale). A temperature più elevate la curva ricomincia poi a
salire grazie all'effetto termico, fino a che il semiconduttore torna a comportarsi come intrinseco.
Quando un cristallo semiconduttore viene drogato sia con donatori che con accettori si verificano effetti di
compensazione. Quando i due drogaggi sono esattamente della stessa entità, si ha EF = EF0; allora il semiconduttore, che
prende il nome di compensato, si comporta come se fosse intrinseco. Ma solo idealmente, perché gli inevitabili difetti
introdotti dal drogaggio nella struttura cristallina provocano una diminuzione delle vite medie dei portatori (vedi sotto).
4. Generazione e ricombinazione
Le densità di portatori ricavate sopra (vedi tabella) esprimono una condizione di equilibrio
termodinamico. Più precisamente, si tratta di valori medi attorno ai quali i valori effettivi fluttuano
continuamente. I portatori, infatti, non sono sempre gli stessi, ma continuamente si ricombinano
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 7
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
mentre continuamente se ne generano di nuovi per effetto termico. Un elettrone libero sussiste, in
media, per un tempo caratteristico (vita media) n, una lacuna per un tempo p.
Considerando le lacune, chiamiamo p0 la densità di equilibrio, p la densità effettiva a un
dato istante. Le lacune si ricombinano con tasso di ricombinazione rp = p/p (proporzionale a
quante ce ne sono effettivamente), mentre se ne generano di nuove con tasso di generazione
gp = p0/p (proporzionale a quante ce ne dovrebbero essere, all’equilibrio). Si può quindi scrivere
per le lacune
p p
dp
 g p  rp  o
dt
p
(14)
e analogamente per gli elettroni liberi si ha
n n
dn

 g n  rn  o
dt
n
(15)
Un modo semplice e non invasivo per perturbare l’equilibrio di un semiconduttore è quello
di illuminarlo. In tal caso per effetto fotoelettrico interno si crea un eccesso di densità,
evidentemente uguale per le due specie di portatori. Ma se il cristallo è drogato l’aumento relativo
dei minoritari è assai più vistoso di quello dei maggioritari. Consideriamo in particolare un
materiale di tipo N. A seguito dell’illuminazione, esso raggiunge una nuova condizione di
equilibrio: la densità delle lacune in un suo punto generico assume il valore pl, con eccesso
p’ = pl – p0 > 0 rispetto all’equilibrio termodinamico. Interrompendo l’illuminazione, l’eccesso p’
decade fino ad annullarsi come stabilito dalla (14), riscritta nell’eccesso: dp’/dt = -p’/p. Si ha
pertanto:
(16)
t
p
p '  t   p ' 0  e
cioè
p  t   p0   p  0   p0  e
t
p
Si ha ricombinazione quando un elettrone libero della banda di conduzione si ricombina con
una lacuna della banda di valenza. L’energia che si libera (≈ EG) può dar luogo a emissione di fotoni
oppure può essere ceduta al reticolo ( §17). Ma prevale spesso un altro meccanismo, legato alla
presenza di centri di ricombinazione: impurità chimiche e imperfezioni fisiche del cristallo. Sicché
gli effetti di ricombinazione sono tanto più vistosi quanto meno perfetto e puro è il cristallo. Le vite
medie n e p dipendono moltissimo da tutto ciò, assumendo valori che possono estendersi su molti
ordini di grandezza (fra 1 ns e 1 ms). Notiamo in particolare che esistono varie tecniche per
diminuire i valori di queste grandezze, per un dato materiale, quando ciò risulta necessario (una di
queste è il drogaggio con atomi di oro); ma non per aumentarli.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 8
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
5. Trasporto di cariche per deriva e diffusione
In un metallo c’è un “gas” di elettroni liberi in moto casuale, dovuto all’agitazione termica, che
urtano continuamente contro il reticolo. In presenza di un campo elettrico
, questi elettroni sono
soggetti a un moto ordinato di deriva (drift) o migrazione che si sovrappone a quello casuale, e che
generalmente è assai più lento.
Sebbene gli elettroni siano soggetti a una forza elettrica costante, la velocità di questo moto
non cresce senza limite a causa degli urti con il reticolo. A ogni urto, infatti, viene persa gran parte
dell’energia cinetica acquistata. Ammettendo che dopo ogni urto la velocità dell’elettrone si annulli
e chiamando u il tempo medio fra gli urti, si conclude che la velocità media di deriva è vD = a u ,
se a è l’accelerazione. Si ha pertanto:
vD 
(17)
qe
 u  
me
dove qe e me sono la carica e la massa dell’elettrone, e la grandezza , che si misura in unità di
m2/(V s), prende il nome di mobilità.
In un semiconduttore vi sono due specie di portatori, e quindi per esse avremo
rispettivamente le velocità: vn = -n , vp = p .Il valore della mobilità dipende dalla temperatura ed
è determinato da vari meccanismi di scattering: scattering reticolare (dovuto, come si è detto, alle
vibrazioni termiche), con le impurità (che dipende dal drogaggio), ... In generale gli elettroni sono
più “mobili” delle lacune; si ha infatti n/p > 1 (~2 nel Ge, ~3 nel Si, ~20 nel GaAs). Ma la
proporzionalità diretta fra velocità e intensità del campo non si mantiene quando questa diventa
elevata, nel silicio per circa | | > 106 V/m. In queste condizioni la mobilità diminuisce perché la
velocità dei portatori tende a saturare quando essi diventano sufficientemente “caldi” rispetto al
reticolo.
Considerando una sbarretta di semiconduttore omogeneo di sezione A, possiamo scrivere le
seguenti espressioni per le correnti delle due specie in presenza di un campo elettrico
 J n 
In
 qe nvn  qe nn
A
;
Jp 
Ip
A
 qe pv p  qe p p

Si ha quindi
(19)
J A
J
I
 J n  J p  (nn  p p )qe  
A

dove  è la conducibilità elettrica, che si misura in unità di S/m
(20)
   n   p  qe (nn  p p ) 
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 9
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
La
figura
a
qualitativamente
destra
rappresenta
l’andamento
della
conducibilità in funzione della temperatura
per un semiconduttore intrinseco e per uno
drogato,
evidenziando
l’effetto
dello
scattering sulla mobilità.
La diffusione è un meccanismo di
trasporto di natura statistica, che si manifesta quando non è uniforme la distribuzione spaziale di un
insieme di particelle soggette a moto casuale (come nel caso dell’agitazione termica). Il suo effetto
è di tendere ad uniformare questa distribuzione. Il fenomeno della diffusione è molto generale: si
spostano per diffusione le molecole di gas che si trovano in un recipiente, gli atomi di drogante che
penetrano a caldo attraverso la superficie di un semiconduttore, i portatori di carica in un cristallo
semiconduttore, ecc. A noi questo fenomeno interessa come meccanismo di trasporto di portatori di
carica, sottolineando che esso ha luogo anche in assenza di un campo elettrico.
Consideriamo le lacune in cristallo semiconduttore. Il loro moto per diffusione in una
dimensione è descritto dalla legge
J p  qe Dp
(21)
dp
dx
dove Jp è la densità di corrente, proporzionale al gradiente della densità, qe la carica elementare e Dp
la costante di diffusione per le lacune. Il segno meno indica che le particelle si spostano in verso
opposto al gradiente della densità (muovendosi cioè da dove sono più numerose verso dove sono
meno numerose). Un’espressione analoga vale per gli elettroni liberi, con costante di diffusione Dn:
J n  qe Dn
(22)
dn
dx
dove il segno meno non figura perché …
La costante di diffusione, che si misura in unità di m2/s, è legata alla temperatura e alla
mobilità dalla relazione di Einstein
qe D  kT 
(23)
sicché si ha:
(24)
Dp
p

Dn
n

kT
T
 VT 
qe
11600
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 10
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
dove la grandezza VT prende il nome di “tensione termica” o di equivalente in tensione della
temperatura (VT
26 mV a 300 K).
Più in generale, in presenza di un campo elettrico , al moto dei portatori contribuisce sia la
deriva che la diffusione. Utilizzando le formule (18), (21) e (22), e considerando ancora il caso
unidimensionale, si ha:
J p  qe  p p
(25)
 qe Dp dp
dx
J n  qe n p
;
 qe Dn dn
dx
E quindi la corrente è complessivamente:
(26)
J
I
 J n  J p  qe n n
A
A
 qe Dn dn  qe  p p  qe Dp dp
dx
dx


J
Per fissare le idee su questa molteplicità di termini consideriamo come
esempio la sbarretta in figura, dove si ha dn/dx = dp/dx < 0, ed è presente

portatori
effetto
lacune
lacune
elettroni
elettroni
deriva
diffusione
deriva
diffusione
moto dei
portatori
verso convenzionale
della corrente
un campo elettrico .
In tal caso il moto
dei portatori è quello
descritto in tabella.
6. Alcuni effetti su cui si basano certi dispositivi utilizzati come trasduttori
6.1 termistori
Nei metalli la resistività 1/cresce con la temperatura (scattering reticolare), con legge
approssimativamente lineare. A 300 K si ha tipicamente circa 0,4%/K, cioè l’effetto è relativamente
debole, ma trova impiego, per esempio, nei termometri al platino o al nichel. Nei semiconduttori il
fenomeno ha segno opposto e l’andamento con la temperatura è assai più vivace. In un cristallo
intrinseco per la (20) si ha i = ni (n+p), dove ni cresce esponenzialmente con la temperatura,
sicché la resistività diminuisce molto rapidamente con la temperatura: a 300 K nel Ge si ha ~ 6%/K,
nel Si ~ 8%/K.
Si realizzano vari tipi di termistori usando miscele di ossidi di determinati metalli, con
resistenza   M e coefficiente di temperatura ~35%/K, che sono usati come termometri
(sensibili, ma poco precisi), elementi di compensazione termica nei circuiti, bolometri (rivelatori di
radiazione elettromagnetica) e in varie altre applicazioni.
6.2 Effetto Hall
La forza di Lorenz f  qv  B provoca una d.d.p. trasversale in un cristallo semiconduttore in cui
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 11
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
scorre corrente in presenza di un campo magnetico B. L’effetto Hall è usato per eseguire misure di
concentrazione e di mobilità nei semiconduttori, e per realizzare trasduttori di campo magnetico.
6.3 Fotoconducibilità e fotoresistori
Quando un semiconduttore è investito da radiazione elettromagnetica, per effetto fotoelettrico
interno si possono creare coppie elettrone-lacuna che ne aumentano la conducibilità. Per ogni tipo
di materiale l’energia minima dei fotoni è EG. Dato che deve essere E = hc/EG, la lunghezza
d’onda dovrà verificare la condizione: G = 1,24 m /EG, con EG espresso in eV. Questa
regione si estende nell’infrarosso per i materiali a più basso E G. Si hanno in particolare i seguenti
valori di G a 300 K: 0,51 m per CdS; 0,87 m per GaAs; 1,1 m per Si; 3,3 m per PbS.
L’efficienza quantica rappresenta la frazione di fotoni incidenti (con E ≥ EG) che produce
effettivamente coppie di elettroni e lacune; con una dipendenza dalla lunghezza d’onda che
rappresenta la risposta spettrale del materiale.
Questo effetto è sfruttato nei fotoresistori, realizzati utilizzando un semiconduttore
intrinseco o relativamente poco drogato, con resistenza 100   M, in cui  = (n n+p p).
Quesiti. Per aumentare la sensibilità di questi dispositivi conviene raffreddarli o riscaldarli? Che succede quando la luce
che li illumina viene a cessare?
6.4 Strain gage
Sebbene non abbiano nulla a che fare con i semiconduttori, menzioniamo fra i trasduttori anche gli strain gage o
estensimetri, che producono un segnale elettrico proporzionale alla deformazione (strain) è sottoposto il metallo che li
costituisce. Generalmente sfruttano la seconda legge di Ohm, come il Lettore potrà verificare per esercizio,
considerando l’allungamento di una sbarretta, supponendone costante il volume. Dato che le variazioni di resistenza
sono molto piccole, la lettura degli estensimetri viene fatta usando un circuito a ponte, una soluzione che permette
anche di compensare gli effetti di temperatura.
7. Equazione di continuità. Iniezione di portatori minoritari.
Ricaviamo
l’equazione
conservazione
della
di
carica,
continuità,
nel
caso
che
esprime
Jp
la
A Jp+dJp
x
x+dx
unidimensionale
considerando una sbarretta di semiconduttore avente sezione A. La variazione nell’unità di tempo
del numero di lacune contenute nel volumetto Adx si esprime come segue:
a) in assenza di fenomeni di generazione e ricombinazione:
(27)
p
A
Adx   dJ p
t
qe
cioè
p
1 J p

t
qe x
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 12
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
b) in presenza di generazione e ricombinazione, in base alla (14), ma quando dJp = 0:
p p0  p  t 

t
p
(28)
Pertanto nel caso generale si ha per le lacune, e analogamente per gli elettroni:
(29)
p p0  p  t  1 J p


t
p
qe x
n n0  n  t  1 J n


t
n
qe x
Consideriamo ora una lunga sbarretta di semiconduttore omogeneo di
tipo N, con densità di equilibrio termico n0 D e p0  ni /ND.
luce
cristallo N
2
Illuminiamo la faccia a x = 0 producendo localmente coppie di
portatori con eccessi p’ e n’ (con n’ = p’), tali però che p’ < n0
0
x
(condizione di iniezione a basso livello). Si avrà allora p(x) < n0 lungo tutta la sbarretta. Per x = 0 si
ha in particolare: p(0) = p0 + p’(0). Quanto avviene per le lacune lungo la sbarretta è descritto dalla
(29), che riscriviamo nella forma seguente, evidenziando la dipendenza dall’ascissa x:
x
p  x, t  p0  p  x, t  1 J p  x, t 


(30)
t
p
qe
x
x+dx
Ammettendo che la corrente di deriva delle lacune sia trascurabile6 (per la bassa densità di questa
specie) rispetto a quella di diffusione, utilizziamo la (21) per ottenere l’equazione
(31)
p p0  p  t 
2 p

 Dp 2
t
p
x
Quesito. Questa equazione è la stessa che descrive una linea di trasmissione. Di che tipo?
Il transitorio descritto nella figura a fianco segue una
luce
legge esponenziale governata dalla costante di tempo p
densità delle lacune
Considerando costante l’illuminazione sulla faccia a
p(x,t)
p0
x = 0, la soluzione a regime si ottiene annullando le
derivate rispetto al tempo, in particolare il primo
t
membro della (31). Riscrivendo tale equazione in termini dell’eccesso p’(x) = p(x) – p0 si ha
(32)
6
Dp
d 2 p ' x p ' x

dx 2
p
Non così, come vedremo nel seguito del paragrafo, per la corrente di deriva dei numerosi elettroni presenti.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 13
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
Introducendovi la lunghezza di diffusione, che rappresenta la distanza media che un portatore, nel
caso presente una lacuna, percorre prima di ricombinarsi
Lp   p Dp
(33)
si ha infine
d 2 p ' x p ' x
 2
dx 2
Lp
(34)
La soluzione della (34) ha la forma generale
(35)
p '  x   K1 exp   x / Lp   K 2 exp  x / Lp 
dove evidentemente sarà K2 = 0 se la sbarretta è sufficientemente lunga (>> Lp), mentre K1 si
determina conoscendo l’eccesso p’(0), a cui è appunto uguale. Quindi l’andamento dell’eccesso di
lacune lungo la sbarretta è semplicemente:
(36)
p '  x   p '  0  exp   x / Lp 
Si conclude che lungo la sbarretta vi è un gradiente di densità
dp  x 
p '  0

exp   x / Lp  e quindi una corrente di diffusione:
dx
Lp
(37)
J p  x   qe Dp
dp qe Dp

p '  0  exp   x / Lp 
dx
Lp
che è direttamente proporzionale all’iniezione, all’eccesso di
lacune p’(0) presente alla faccia illuminata.
Alla corrente di diffusione di lacune si accompagna una
corrispondente corrente di elettroni. Perché in ogni punto del cristallo si abbia neutralità elettrica,
con n’ = p’ e quindi dn’/dx = dp’/dx, questa corrente, costituita da elettroni in moto nello stesso
verso delle lacune e quindi di segno opposto alla corrente di lacune,
(38)
J n  x   qe Dn
D
dn
dp
 qe Dn
 J p  x  n
dx
dx
Dp
sarà più intensa di quella di lacune, essendo Dn > Dp. Ma la corrente totale attraverso qualsiasi
sezione della sbarretta (che costituisce un circuito aperto) deve essere nulla, sicché dovrà scorrere
una corrente di deriva che porti a zero la corrente totale e quindi nel cristallo si deve stabilire il
campo elettrico a ciò necessario. La corrente di deriva di compensazione, costituita essenzialmente
da elettroni (che sono i portatori maggioritari), dovrà essere
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 14
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
D

J n deriva  x   J p  x   n  1
D

 p 
(39)
e il campo elettrico necessario, ricordando la (18), sarà diretto verso la faccia illuminata della
sbarretta e avrà intensità



D

J p  x   n  1
D

 p    Dn  Dp  p '  0  exp   x Lp  

qe nn
N D n Lp
Riassumendo, la tabella rappresenta il moto dei
portatori
effetto
portatori nella sbarretta illuminata, e il verso e
lacune
lacune
elettroni
elettroni
diffusione
deriva
diffusione
deriva
l’intensità (indicativa) delle correnti corrispondenti.
moto dei
portatori
intensità della
corrente
trascurabile
8. Drogaggio non uniforme.
Consideriamo una sbarretta di cristallo semiconduttore con
drogaggio non uniforme di entrambe le specie secondo la sua
lunghezza, nel quale vi sia una regione P dove NA(x) > ND(x) e
1
P
p(x)
N
2
n(x)
una regione N dove ND(x) > NA(x). Nella regione P le densità
ni2/ND(x); in quella
di equilibrio saranno: p(x)
NA(x) e n(x)
N: n(x)
ni2/ND(x). Dato che le densità dei
ND(x) e p(x)
x
portatori non sono costanti, scorreranno delle correnti di diffusione proporzionali ai gradienti.
Consideriamo in particolare la regione P. Qui, trascurando per semplicità le correnti di
elettroni (portatori minoritari), a causa del gradiente di densità scorrerà una corrente di diffusione di
lacune. Questa dovrà essere compensata da una corrente di deriva diretta in senso opposto, grazie al
campo elettrico che si stabilirà nel cristallo in modo che la corrente totale sia nulla attraverso ogni
sezione della sbarretta. Avremo dunque la condizione
(41)
J p  x   J p diffusione  x   J p deriva  x   qe Dp
dp  x 
 qe  p p  x    x   0
dx
da cui si ricava il campo elettrico all’uopo necessario:
(42)

dp  x 
dx 

p p  x
Dp
Per calcolare la differenza V21 fra i potenziali di due punti generici del cristallo, utilizzando
la relazione di Einstein (23) e ricordando che (x) = -dV(x)/dx, otteniamo
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 15
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
dV  x 
dp  x 

VT
dx
(43)
integrando la quale si ha:
x2
x2
x1
x1
V21  V2  V1   dV  VT 
(44)
dp  x 
p 
 VT ln  1 
dx
 p2 
Si conclude in particolare che fra gli estremi del cristallo c’è una differenza di potenziale
che dipende soltanto dalle densità dei portatori in tali sezioni (e non dal suo andamento lungo il
cristallo). Allo stesso risultato conduce una analisi svolta considerando gli elettroni anziché le
lacune. In tal caso si ottiene infatti V21 = VT ln(n2/n1), che ha lo stesso valore della (44) dato che,
chiamando rispettivamente ND ed NA i drogaggi ai due estremi, si ha p1/p2 = NDNA/ni2 = n2/n1=
NDNA/ni2.
Si noti che questa differenza di potenziale NON si misura con un voltmetro, per lo stesso
motivo per cui non si misura tensione ai capi di una coppia di metalli diversi, fra i quali si trova una
differenza di potenziale V21 per effetto Volta. In corrispondenza dei contatti fra gli estremi del
cristallo e i conduttori esterni collegati allo strumento si stabiliscono infatti delle differenze di
potenziale, che differiscono fra loro esattamente di V21, annullando quindi la tensione applicata al
voltmetro.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 16
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
LA GIUNZIONE PN
DISPOSITIVI A SINGOLA GIUNZIONE E CIRCUITI4
9. La giunzione PN.
Si ha una giunzione PN7 quando in un cristallo semiconduttore con drogaggio non uniforme vi è
una regione P con prevalenza di lacune e una regione N con prevalenza di elettroni liberi,
costituisce Tale elemento ha grande importanza perché è alla base di una estesa varietà di
dispositivi: diodi, transistori bipolari a giunzione, celle solari, ecc.
L’analisi del funzionamento di una giunzione PN è facilitata quando si considera una
giunzione a gradino (o giunzione brusca, abrupt junction), nella quale si ha un passaggio brusco
fra le due regioni, ciascuna delle quali è drogata uniformemente. Sia NA il drogaggio di accettori
nella zona P e ND quello di donatori nella zona N. Avremo pertanto nelle due regioni le seguenti
densità di portatori:
(45)
zona P
pp0 = NA
np0 ≈ ni2/NA
(45a)
zona N
nn0 = ND
pn0 ≈ ni2/ND
In una struttura siffatta la barriera di potenziale è localizzata ai capi della giunzione, intesa
come superficie di separazione fra le due regioni o giunzione metallurgica (in realtà, come vedremo
subito, nella regione di transizione attorno alla giunzione). Il valore V0 dell’altezza della barriera
(valore di equilibrio in assenza di tensioni esterne) si ottiene dalla (44) ponendo p1 = pp0 e p2 = pn0:
(46)
n 
p 
N N 
V0  VT ln  p 0   VT ln  n 0   VT ln  A 2 D 


 pn 0 
 ni 
 np0 
con evidente dipendenza sia dal drogaggio che dalla temperatura.
Il campo elettrico è nullo in tutto il cristallo (vedi figura a pagina seguente) salvo che in una
zona ristretta attorno alla giunzione, chiamata zona di transizione, di svuotamento (depletion layer)
o di carica spaziale, dove vi sono cariche fisse “scoperte” (ioni) , di opposta polarità ai due lati
della giunzione, ma non cariche libere. Qui. infatti, i portatori sono rapidamente spazzati dal campo
elettrico. In tale regione, indicando con  la densità di carica elettrica, vale l’equazione di Poisson:
7
A differenza di quanto si legge talvolta, NON si forma una giunzione PN ponendo a contatto due cristalli aventi
drogaggio di opposta polarità, perché gli effetti di superficie diverrebbero dominanti.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 17
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
  x
d 2V

2
dx

(47)
La corrente totale è nulla ovunque. Nelle zone
P e N fuori dalla regione di transizione perché ivi
sono nulli i gradienti di concentrazione dei portatori e
quindi anche il campo elettrico. Nella regione di
P
pp0
pn0
N
transizione perché la barriera di potenziale V0 è tale
np0
nn0
da contrastare la diffusione dei portatori maggioritari
(lacune dalla zona P verso la N, elettroni liberi nel
(x)
senso opposto), più precisamente creando una
-
+
V(x)
situazione di equilibrio dinamico complessivo fra
correnti di diffusione e di deriva di ciascuna specie
E(x)
(inclusi i contributi derivanti dai fenomeni di
generazione nella regione di transizione).
zona N
Le bande di energia nelle due regioni
EC
restano quelle caratteristiche, rispettivamente, di
una regione P e di una regione N, ma con una
E0
EG
traslazione verticale dell’una rispetto all’altra. Il
livello di Fermi, infatti, deve essere lo stesso in
EF
EV
EV
tutto il cristallo perché i portatori abbiano in
media
la
stessa
energia
(altrimenti
si
sposterebbero). L’entità della traslazione perché
zona P
i livelli di Fermi coincidano è
(48)
N N 
E0  qeV0  kT ln  A 2 D 
 ni 
dove E0 è minore di EG, con l’eccezione dei semiconduttori così
fortemente drogati da risultare degeneri.
La situazione di equilibrio anzidetta, che si traduce in
P
N
assenza di corrente (I = 0) e di tensione nulla agli estremi della
giunzione (V = 0), si verifica sia quando la giunzione si trova a circuito aperto sia quando essa
viene cortocircuitata con un conduttore metallico.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 18
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
10. La giunzione PN con polarizzazione esterna.
Applicando una tensione fra i terminali del cristallo8, la differenza di potenziale si ripercuote ai capi
della regione di transizione, modificando l’altezza della barriera di
potenziale e portandola al valore
(49)
P
N
VJ = V0 – V
avendo assegnato convenzionalmente, come nella figura, segno
positivo alla tensione esterna V applicata fra la zona P e quella N.
+
V
-
Quando V < 0 (polarizzazione inversa) la barriera viene innalzata e le correnti di deriva
sovracompensano quelle di diffusione dando luogo a una debole corrente, detta corrente inversa (o
corrente di saturazione). Quando V > 0 (polarizzazione diretta) la barriera viene abbassata e le
correnti di diffusione diventano dominanti, con una rapida crescita dell’intensità in funzione di V.
Consideriamo ancora una giunzione a gradino, cioè con drogaggio uniforme per cui valgono le (45)
e facciamo l’ipotesi (detta di iniezione a basso livello) che, anche in condizioni di polarizzazione
diretta, la quantità dei portatori iniettati non modifichi le densità dei maggioritari, quali sono
determinate dal drogaggio; cioè si abbia nella zona N: nn = nn0 = ND , nella zona P: pp = pp0 = NA.
Ammettendo trascurabili le cadute di tensione nelle regioni P e N, nell’ipotesi che la loro
conducibilità sia sufficientemente elevata, si conclude che il campo elettrico nel cristallo è nullo
ovunque salvo che nella regione di transizione, e quindi le correnti nelle regioni “neutre” possono
scorrere soltanto per diffusione. In particolare, nella regione N la corrente sarà dovuta
prevalentemente alle lacune iniettate dalla regione P:
(50)
J pn  qe Dp
dpn qe Dp '

pn  0 
dx
Lp
dove l’eccesso pn’(0), in prossimità della regione di transizione, dipende dall’iniezione di lacune
nella zona N, cioè dalla tensione applicata. Per stabilire questa dipendenza utilizziamo la (46) per
ricavare la densità pn0 in assenza di polarizzazione
(51)
pn 0  p p 0 exp   qeV0 kT 
e poi la stessa (46) estesa al caso di presenza di polarizzazione, sostituendovi cioè V0 con
VJ = V0 – V, per ricavare la densità pn in questa condizione
8
Purché i contatti fra i conduttori esterni e il cristallo siano di tipo ohmico, altrimenti il contatto fra metallo e
semiconduttore viene a costituire a sua volta una giunzione, del tipo appunto metallo-semiconduttore.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 19
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
(52)
pn  p p 0 exp  qe (V0  V ) kT 
Dalle precedenti si ottiene:
(53)
pn (0)  pn 0 exp  qeV kT 
E quindi, essendo pn' (0)  pn  pn 0 l’eccesso di densità all’estremo della regione N in prossimità
della regione di transizione, dalla (50) si ricava la corrente di lacune:
(54)
J pn 
qe Dp
Lp
pn 0  exp  qeV kT   1
Svolgendo considerazioni analoghe per la corrente di elettroni Jnp, calcolata all’estremo della
regione P in prossimità della regione di transizione, si ottiene
(55)
J np 
qe Dn
n p 0  exp  qeV kT   1
Ln
Sommando le due correnti e chiamando A la sezione del cristallo si ha infine l’equazione
del diodo (equazione di Shockley):
(56)
 Dp

D
I  A  J pn  J np   Aqe 
pno  n n po   exp  qeV kT   1
Ln

 Lp
che si può porre nella forma seguente ricordando l’espressione della tensione termica VT:
(57)
I  I o  exp V VT   1
dove la grandezza I0, utilizzando le (45) nell’ultimo passaggio
(58)
D

 D
D
D 
I 0  Aqe  p pn 0  n n p 0   Aqe ni2  p  n 
Ln
 Lp

 Lp N D Ln N A 
rappresenta la corrente di saturazione (o corrente inversa) della giunzione.
Notiamo qui che i calcoli precedenti, in particolare la (50), presuppongono che le due
regioni abbiano estensioni infinite, più precisamente molto grandi rispetto alle lunghezze di
diffusione dei minoritari. Quando ciò non si verifica, la legge del diodo va modificata, in particolare
sostituendo le lunghezze di diffusione con le lunghezze delle regioni quando queste sono
sufficientemente piccole.
Come mostrato nella figura a pagina seguente, la curva caratteristica corrente-tensione è un
esponenziale passante per l’origine. La corrente tende al valore di saturazione -Io per valori negativi
crescenti della tensione esterna V, mentre per valori positivi essa cresce esponenzialmente
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 20
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
(aumentando di un fattore 10 per ogni aumento
I
della tensione di ln(10) VT ≈ 60 mV).
11. I diodi reali
L’equazione di Shockley, detta anche del diodo
ideale, rappresenta bene le caratteristiche dei
diodi al germanio, ma non quelle dei dispositivi
realizzati con silicio o arseniuro di gallio9.
L’analisi svolta nel paragrafo precedente,
V
-Io
infatti, non ha considerato gli effetti di generazione (importanti in polarizzazione inversa) e di
ricombinazione (importanti in polarizzazione diretta) nella regione di transizione. I quali danno alla
corrente un contributo, proporzionale al volume della regione, che dipende dalla tensione esterna
secondo la legge exp(V/2VT). Questa stessa dipendenza dalla tensione si manifesta anche quando la
corrente diventa così intensa che la densità dei portatori minoritari iniettati diventa confrontabile
con quella dei maggioritari (alto livello di iniezione). Si scrivono allora le espressioni:
(59)
I  I 0  exp V VT   1
V  VT ln  I I 0  1
che rappresentano bene i dati sperimentali per opportuni valori del parametro  (compreso
nell’intervallo 12), chiamato fattore di idealità.
In pratica, i valori della corrente di saturazione sono nella regione dei µA per i diodi di
segnale al germanio, nella regione dei pA o dei nA per quelli al silicio, presentando generalmente i
valori più bassi nei diodi fatti di materiali con EG più alto. Ma naturalmente questi valori dipendono
dall’area della giunzione e quindi sono relativamente assai più elevati nei diodi usati nelle
applicazioni di potenza.
Inoltre, quando la corrente che attraversa la giunzione è particolarmente intensa si
manifestano le cadute di tensione dovute alla resistenza (detta di volume o di bulk) offerta dalle
regioni P ed N. E quindi la tensione effettivamente applicata alla giunzione in polarizzazione diretta
è inferiore a quella fra i suoi terminali esterni. Chiamando Rs questa resistenza e I la corrente
diretta, la tensione V che figura nelle espressioni precedenti (58) e (59) va sostituita con V – IR. Ne
consegue che la curva caratteristica corrente-tensione viene più o meno fortemente linearizzata in
9
Curve caratteristiche di una estesa varietà di dispositivi a giunzione, inclusi i LED, sono riportate in Troubleshooting
Analog Circuits, Robert A. Pease, Butterworth, 1991, pp. 196-198.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 21
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
corrispondenza dei valori più alti di I. L’equazione del diodo in polarizzazione diretta si modifica
come segue:
 V  IRs 
I  I 0 exp 

 VT 
(60)
Posto che un diodo non è un conduttore ohmico, non se ne considera generalmente la resistenza
statica (V/I) in quanto poco significativa e poco utile, ma la resistenza differenziale (o dinamica)
rd, che si calcola immediatamente a partire dall’equazione del diodo:
rd 
(61)
VT
dV

dI I  I 0
sommando a tale espressione, quando necessario, la resistenza di bulk di cui si è detto prima.
Il comportamento di un diodo è
polarizzazione inversa
V<0
I ≈ -I0
rd ≈ ∞
riassunto nella tabella a fianco.
diodo non polarizzato
V=0
I=0
rd = ηVT/I0
A 300 K, in particolare, la resistenza
polarizzazione diretta
V>0
I ≈ I0 exp(V/ηVT)
rd = ηVT/I
differenziale di un diodo al silicio in polarizzazione diretta è data dall’espressione:
rd 
(61a)
VT
I
52
m
I
cioè 52/I ohm esprimendo I in mA
La curva caratteristica di un diodo viene talvolta rappresentata in forma approssimata,
linearizzandola in vari modi come indicato nei grafici qui sotto.
rettificatore ideale
I = V/R
per V > 0
I = V/R2
I = V/R1
per V < 0
I = (V-Vγ)/R per V > Vγ
per V < 0
Nell’ultimo grafico a destra si ammette che il diodo conduca soltanto per tensioni dirette maggiori di una soglia Vγ, a
cui, per i diodi al silicio, si attribuisce talvolta il valore di 0,5 volt. E’ chiaro che parlare di soglia nel caso di una legge
esponenziale è insensato. Cosa rappresenta dunque questa grandezza? Il valore della tensione al di sopra della quale la
corrente assume valori apprezzabili con un comune tester. Prendiamo ad esempio un diodo con I0 = 1 nA. Perché vi
scorra una corrente dell’ordine di 10 µA occorre una tensione di ηVT ln(I/I0) = 0,052 ln(10-5/10-9) ≈ 0,48 V.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 22
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
In un diodo reale polarizzato inversamente la corrente non è costante
ma aumenta al crescere della tensione per vari motivi, fra cui
l’inevitabile presenza di perdite più o meno ohmiche ai capi della
giunzione. Intervengono poi fenomeni che provocano un brusco
aumento della corrente inversa in corrispondenza della cosiddetta
tensione di rottura (breakdown voltage). Li discuteremo nel §14 in
quanto sono alla base del funzionamento dei cosiddetti diodi zener e di
altri tipi di dispositivi.
Per quanto riguarda l’effetto della temperatura sulla caratteristica
corrente-tensione di un diodo, osserviamo subito, ricordando in
particolare la (8), come varie grandezze che intervengono nell’equazione del diodo presentino
dipendenze, più o meno vivaci, dalla temperatura.
Rimandando a trattazioni più specifiche per il calcolo di questi effetti, ci limitiamo alle
seguenti conclusioni pratiche.
a) La
tensione
di
un
diodo
a
giunzione,
polarizzato
direttamente
a
corrente
costante, V  VT ln  I I 0  , varia con la temperatura (attorno alla temperatura ambiente, con
legge approssimativamente lineare:
(62)
dV/dT ≈ -2,2 mV/K
b) La corrente inversa cresce con la temperatura con legge approssimativamente esponenziale,
raddoppiandosi ogni circa 10 gradi di aumento. Se alla temperatura T0 la corrente inversa è
I0(T), alla temperatura T si avrà approssimativamente
(63)
I0(T) = I0(T)∙2(T-T0)/10
Ne consegue che un aumento della temperatura di qualche diecina di gradi può accrescerne il valore
anche di un paio di ordini di grandezza.
12. Capacità di transizione e diodi varicap. Capacità di diffusione
Il comportamento dinamico dei diodi a giunzione è determinato sia dalle cariche fisse scoperte,
nella regione di transizione, sia dalle cariche mobili costituite dai portatori minoritari che si trovano
nelle due zone della giunzione, in prossimità della regione di transizione.
In particolare, al doppio strato di cariche fisse costituito dagli ioni di atomi donatori e
accettori che si trovano nella regione di transizione, è associata la cosiddetta capacità di
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 23
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
transizione (depletion capacitance), che è definita in modo incrementale: CT = |dQT/dV|, dove |QT|
è la carica immagazzinata in ciascuno dei due strati.
Il calcolo di questa capacità si semplifica considerando una giunzione a gradino con densità
di drogaggio fortemente asimmetrica, per esempio con NA >> ND. In tal caso, chiamando wp e wn le
estensioni della zona di transizione rispettivamente nella zona P e in quella N, la neutralità elettrica
impone: wpNA = wnND, da cui
wp << wn . E quindi possiamo
approssimare come segue lo spessore totale della zona di transizione:
wT ≈ wn.
Scriviamo ora l’equazione di Poisson (47) nella parte N della
zona di transizione:
d 2V
qN
 e D
2
dx

(64)
Integrando secondo l’ascissa in figura, si ha
dV
qN
  e D x  cost ,
dx

dove la costante si determina imponendo che il campo si annulli. cioè
dV/dx = 0, per x = wT ≈ wn, ottenendo così:
dV qe N D

 wT  x  .
dx

Integrando ancora e ponendo V(0) = 0 (trascurando così la caduta di
tensione nello spessore wp) si ha:
V ( x) 
(65)
qe N D 
x2 
xw



  T 2
Ponendo pari a VJ l’altezza della barriera di potenziale si ha V(wT) = VJ. E quindi dalla precedente
si ottiene la relazione
(66)
qe N D wT2
VJ  V0  V 
 2
dalla quale si ricava infine
(67)
wT 
2VJ
2 (V0  V )

qe N D
qe N D
Lo spessore della regione di transizione aumenta dunque al crescere della polarizzazione inversa
(cioè per valori negativi crescenti della tensione esterna V) mentre diminuisce al crescere della
densità di drogaggio ND. Notiamo peraltro che, a parità di tensione, l’aumento del drogaggio
provoca un corrispondente aumento dell’intensità del campo elettrico nella regione di transizione.
Per quanto sopra la carica elettrica immagazzinata, chiamando A l’area della giunzione, è
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 24
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
(68)
QT = qe ND wT A
La capacità differenziale è dunque
(69)
CT 
dQT
dw
 qe N D A T
dV
dV
Ricavando V dalla (66) e derivando rispetto a wT si ottiene infine
(70)
CT 
qe N D
A
A
wT
2(V0  V )
dove l’espressione CT = Aε/wT, che coincide con quella di un condensatore piano, è valida per
qualsiasi distribuzione del drogaggio.
In polarizzazione diretta, cioè con il diodo in conduzione, la tensione esterna abbassa il
valore di VJ rispetto a V0, aumentando la capacità rispetto al caso di assenza di polarizzazione. E
allora, in parallelo alla capacità, si trova la resistenza differenziale della giunzione. In linea di
principio, VJ  0 per V V0 , e quindi CT  ∞. Ma in questo caso
estremo non realistico anche la corrente tende all’infinito, mentre
lo spessore della regione di transizione tende a zero.
Maggiore interesse presenta invece la condizione di
polarizzazione inversa, quando cioè la tensione esterna, negativa,
si somma a V0 e quindi, quando è sufficientemente elevata, la
capacità di transizione di una giunzione a gradino risulta
inversamente proporzionale alla radice quadrata di |V|. Nel caso
di una distribuzione lineare del drogaggio, la capacità dipende dalla radice cubica della tensione.
I valori della capacità di transizione dei diodi usuali sono dell’ordine dei pF o delle decine di
pF, naturalmente più alti nei diodi per correnti più intense, di maggior area. La dipendenza della
capacità dalla tensione applicata trova vari impieghi pratici, per i quali sono disponibili anche diodi
realizzati appositamente, chiamati varicap (diodi a capacità variabile) e varactor (diodi a reattanza
variabile). I primi sono impiegati, per esempio, nei circuiti risonanti dei ricevitori radio per
realizzare la sintonizzazione su comando elettrico. I secondi sono impiegati come generatori di
armoniche a microonde grazie alla forte non linearità della loro caratteristica capacità-tensione.
Menzioniamo infine brevemente l’impiego di questi dispositivi negli amplificatori
parametrici, dove il segnale d’ingresso viene contemporaneamente amplificato e convertito in
frequenza. Lo schema di principio è rappresentato nella figura a pagina seguente, dove gli elementi
F sono filtri passabanda centrati alle frequenze indicate nello schema. Qui si sfrutta la nonlinearità
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 25
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
di un diodo a capacità variabile per
amplificare
la
potenza
del
segnale
d’ingresso, con frequenza angolare s,
grazie alla sua interazione con il segnale
di alimentazione (o di pompa) con
ampiezza fissa e frequenza angolare p.
Una delle frequenze di combinazione che vengono così generate ( Parte I, pag. xxx), con valore
opportuno di m ed n, viene selezionata e applicata al carico.
Ragionando in termini di quanti di energia, il loro numero resta invariato dall’ingresso
all’uscita, ma aumenta la loro energia grazie alla conversione a una frequenza più alta
(senza quindi violare il principio di indeterminazione). Questo schema è vantaggioso
dal punto di vista del rumore dato che, idealmente, il diodo in polarizzazione inversa
non presenta dissipazioni.
L’altro
effetto
capacitivo,
che
si
manifesta
vistosamente
in
polarizzazione diretta, riguarda le cariche minoritarie presenti nelle due
zone della giunzione, più precisamente il riarrangiamento delle loro
distribuzioni, vedi figura, al variare delle condizioni di polarizzazione.
Tale capacità si chiama capacità di diffusione. La carica minoritaria
(lacune) immagazzinata in eccesso rispetto all’equilibrio nella zona N,
utilizzando la (36) e la (53), può essere calcolata così
(71) Q p  Aqe 

xn

 pn ( x)  pn 0 dx  Aqe x
n
 ( x  xn ) 
qV
qV




pn 0  exp e  1 exp 
 dx  Aqe Lp pn 0  exp e  1

kT
Lp
kT






Cioè, ricordando la (54),
(72)
Qp  A
L2p
Dp
J pn  A p J pn
e una espressione analoga si ottiene per l’eccesso di carica minoritaria nella regione P
(73 )
Qn  A
L2n
J np  A n J np
Dn
Le due espressioni precedenti s’interpretano come segue. Perché scorra corrente attraverso un diodo
è necessaria la presenza di eccessi di carica minoritaria immagazzinati nelle due regioni (concetto di
controllo di carica o charge control). La corrente, d’altra parte, provvede a rifornire le cariche che
continuamente si ricombinano.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 26
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
La capacità di diffusione, anch’essa definita in modo incrementale, è data dalla somma dei
contributi associati alle cariche minoritarie immagazzinate nelle due regioni:
(74)
CDp 
dQ p
dV
A
L2p
Dp
J pn   p I pn
CDn
dQn
L2n

A
J np   n I np
dV
Dn
L’espressione di questa capacità si semplifica considerando il caso di una giunzione con drogaggio
fortemente asimmetrico; per esempio con NA >> ND, per cui CDp >> CDn. Si ha allora dalla
precedente, approssimando I con Ipn e utilizzando la (61)
(75)
CD
dQp dI  p
 I
dI dV rd
L’effetto di immagazzinamento delle cariche minoritarie si manifesta
assai vistosamente nel comportamento transitorio dei diodi. Nel circuito
in figura il diodo è comandato da un segnale d’ingresso che prima lo
accende e poi lo spegne. Il transitorio di accensione è relativamente
breve richiedendo semplicemente l’iniezione di lacune nella zona N
(che supponiamo molto meno drogata della P). Alquanto più lungo è
invece il transitorio di spegnimento, che richiede lo smaltimento
dell’eccesso di lacune rispetto al valore di equilibrio. Avviene così che,
dopo l’inversione di segno della tensione d’ingresso, nel diodo scorra la
corrente necessaria ad eliminare queste cariche e solo successivamente
la corrente si porti al valore di saturazione. Il tempo totale a ciò
necessario, che prende il nome di transient recovery time, dipende
evidentemente dai valori della tensione e della resistenza, e si allunga
particolarmente quando la tensione inversa VR è nulla.
E’ importante osservare che questo fenomeno non si manifesta
nei diodi metallo-semiconduttore (diodi di Schottky) perché nel metallo
di questo tipo di giunzione non vi sono cariche minoritarie. I diodi di
Schottky, che presentano caduta diretta alquanto più bassa di quelli al
silicio, sono usati, per esempio, in alcune versioni della famiglia logica
TTL.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 27
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
13. Alcuni circuiti impieganti diodi
La proprietà essenziale dei diodi consiste nel condurre corrente in un senso ma non nell’altro,
idealmente come rappresentato nel primo dei grafici a pag. 22. Tale proprietà trova impiego in una
estesa varietà di circuiti nonlineari, alcuni dei quali sono elencati in quanto segue, per semplicità
ammettendo nulla la caduta dei diodi in conduzione a meno di indicazione contraria.
Limitatore. Il segnale d’ingresso
viene trasmesso in uscita solo
quando è inferiore al livello di
riferimento VR.
Discriminatore.
Il
segnale
d’ingresso viene trasmesso in
uscita solo quando è maggiore del
livello di riferimento VR.
Selettore di massimo. Restituisce in uscita il massimo dei due ingressi:
vo = max(vi1, vi2). Realizza la funzione logica OR dei due ingressi.
Selettore di massimo. Restituisce in uscita il minimo dei due ingressi:
vo = min(vi1, vi2). Realizza la funzione logica AND dei due ingressi. E’
utilizzato nel circuito d’ingresso delle porte NAND della famiglia TTL.
Amplificatore logaritmico. Fornisce in uscita il logaritmo del
segnale d’ingresso sfruttando la caratteristica esponenziale del diodo.
Più precisamente, la corrente d’ingresso i = vi/Rs scorre nel diodo ai
capi del quale si stabilisce la tensione v  VT ln  i I 0  . In uscita si ha
Rs
pertanto:
(76)
vo  VT ln  vi Rs I 0 
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 28
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
Rettificatore di precisione. In questo circuito rettificatore l’effetto
della caduta VD del diodo in conduzione viene reso trascurabile dalla
reazione negativa. Per segnali d’ingresso positivi, chiamando A il
guadagno dell’amplificatore, l’uscita è vo = VD + A(vi –vo). E quindi per A >> 1 si ha:
vo 
(77)
Avi
V
 D
1 A 1 A
vi .
Rivelatori di picco. Il semplice circuito nella figura in alto rivela e
mantiene in uscita il valor massimo positivo del segnale d’ingresso.
L’errore introdotto dalla caduta del diodo in conduzione viene reso
trascurabile nel circuito in basso, con la stessa tecnica usata nel rettificatore
di precisione. L’errore introdotto dalla scarica del condensatore sul carico
può essere fortemente ridotto utilizzando in uscita un follower a FET, con
bassa corrente d’ingresso.
Circuiti raddrizzatori. L’impiego più diffuso dei diodi riguarda i circuiti raddrizzatori, usati per
trasformare una corrente alternata in una unidirezionale. Il circuito
nella figura in alto si chiama raddrizzatore a semionda perché nel
carico scorre soltanto una semionda della corrente d’ingresso.
Trascurando la caduta del diodo in conduzione e ammettendo nulla
la sua corrente inversa, la tensione d’uscita segue la legge:
V sin(t )
vo (t )   i
0
(78)
per 0  t  
per   t  2
E quindi il valor medio dell’uscita è:
Vo 
(79)
1
2


0
Vi sin( )d 
Vi


2

Vi eff
indicando con Vi eff il valore efficace della tensione d’ingresso.
Il circuito nella figura in basso è chiamato raddrizzatore a onda intera perché nel carico
scorre la corrente di entrambe le semionde della sinusoide d’ingresso. Questo stesso risultato si
ottiene anche nel circuito chiamato a ponte, che utilizza quattro diodi. Qui la tensione d’uscita segue
la legge:
(80)
Vi sin(t )
vo (t )  
 Vi sin(t )
per 0  t  
per   t  2
con valor medio dell’uscita doppio rispetto al raddrizzatore a semionda
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 29
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
Vo 
(81)
1
2

2
0
Vi sin( ) d 
2

Vi 
2 2

Vi eff
In generale, il parametro che caratterizza la qualità della conversione di una corrente alternata in
una unidirezionale, auspicabilmente continua, è l’ondulazione residua o ripple, definito come
rapporto fra la deviazione standard e il valor medio della tensione rettificata.
Nel caso del raddrizzatore a una semionda, ricordando la relazione generale x 2  x 2   2 , si
ha:
r
(82)
vo2  Vo
Vo
2

2
4
 1  1, 21
mostrando così che nell’uscita vi è più alternata che continua, essendo r > 1. Migliore, ma
certamente ancora insoddisfacente, è il comportamento dei raddrizzatori a onda intera, dove
vo2  Vi 2 / 2 , e si ha r = 0,482.
Per ridurre decisamente l’ondulazione in uscita, i circuiti raddrizzatori sono generalmente
seguiti da circuiti di filtraggio. Di tipo induttivo disponendo un induttore in serie al carico, di tipo
capacitivo disponendo un condensatore in parallelo al carico; eventualmente utilizzando più celle di
filtraggio in cascata.
Lo schema più semplice e più spesso impiegato
a questo scopo è illustrato in figura. Quando il diodo è
acceso si ha i(t) = iC(t) + iL(t), cioè esso fornisce
corrente sia al condensatore che al carico; quando è
spento, è invece il condensatore a fornire corrente al
carico: iL(t) = -iC(t).
Quando il diodo è acceso, trascurando al solito
la caduta di tensione, si ha i (t ) 
(83)
i(t ) 
vi (t )
dv (t )
 C i , cioè
RL
dt
Vi sin t
  CVi cos t
RL
ma soltanto nel breve intervallo fra gli istanti t1 e t2
indicati in figura. Quando è spento, l’uscita decade
esponenzialmente con costante di tempo τ = RLC.
Calcoliamo ora il valor medio e il ripple della
tensione d’uscita assumendo le seguenti ipotesi semplificative: a) intervallo di conduzione molto
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 30
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
più breve del periodo della sinusoide d’ingresso, cioè T >> t2 – t1; b) andamento lineare anziché
esponenziale della tensione d’uscita quando il diodo è spento; c) condensatore ideale, privo di
perdite. In tal caso, assumendo l’origine dei tempi in corrispondenza del picco della sinusoide
d’ingresso, si ha:
vo(t) = Vi exp(-t/τ) ≈ Vi (1 - t/τ)
(84)
con valor medio
T 

Vo  Vi  1  
 2 
(85)
variazione totale ΔVo = Vi T/τ e ripple
r
(86)
Vo
12Vo
0, 289T

Nel caso di un rettificatore a onda intera, o a ponte, i risultati precedenti restano validi purché si
sostituisca T/2 a T nelle loro espressioni.
Un altro parametro importante di un alimentatore è il rendimento, cioè il rapporto fra la
potenza in continua fornita al carico e la potenza assorbita dalla sorgente in alternata, che si cerca di
rendere più elevato possibile, cioè prossimo all’unità. Perché la potenza dissipata in calore va ad
aumentare la temperatura dei circuiti, riducendone di conseguenza l’affidabilità. E anche perché è
sempre opportuno ridurre al minimo i consumi di energia, che si traducono in costi di esercizio.
Un fattore assai delicato che entra in gioco a questo proposito è la caduta di tensione dei
diodi in conduzione, che negli anni ha assunto importanza sempre maggiore con la tendenza verso
la diminuzione delle tensioni di alimentazione dei circuiti, con particolare riferimento ai
microprocessori. I più recenti dei quali assorbono correnti molto intense a tensioni molto basse,
dell’ordine del volt10.
In alternativa ai diodi al silicio, che per correnti moderate presentano cadute dirette
dell’ordine di 0,7 volt ma di oltre 1 volt per correnti più intense, si possono usare altri tipi di diodi,
con tensioni più basse: diodi al germanio o diodi metallo-semiconduttore (un esempio di questi
ultimi è il diodo 1N5817, con caduta di 0,45 V a 1 A). Meglio ancora, si possono impiegare circuiti
rettificatori attivi, o rettificatori sincroni, affidando la rettificazione a MOSFET di potenza
funzionanti come interruttori, che presentano una caduta puramente ohmica, con resistenze anche
inferiori al centesimo di ohm.
10
Si capisce che in questi impieghi la caduta di un tipico diodo al silicio di potenza (≈ 1 V @ 10 A) risulta assai poco
accettabile ai fini del rendimento.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 31
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
14. Effetti di breakdown. Diodi zener e diodi tunnel
Abbiamo già detto che in polarizzazione inversa la corrente di un diodo reale non assume un valore
costante di saturazione. Alla sua crescita all’aumentare della tensione contribuiscono effetti di
perdite, effetti di autoriscaldamento (in certi casi con possibilità di “fuga termica”) e soprattutto
effetti di rottura o breakdown (zener-tunnel e valanga) che provocano un brusco aumento della
corrente inversa quando la tensione inversa raggiunge un determinato valore. E qui notiamo che si
parla di “rottura”, ma in realtà nulla si rompe, almeno finché la corrente non è sufficientemente
intensa da provocare una “cottura” irreversibile del dispositivo per alti valori della potenza dissipata
nella giunzione.
Si ha effetto valanga (avalanche) quando i portatori che attraversano la zona di transizione
vengono accelerati del campo elettrico acquistando energia sufficiente a creare per urto coppie
elettrone-lacuna, che a loro volta … L’intensità massima del campo nella zona di transizione, per
quanto esposto a pag. 24, è direttamente proporzionale al prodotto NDwT , cioè in definitiva a
N D (V0  V ) (considerando ancora, per semplicità, il caso ND << NA). I valori di intensità che
danno luogo al fenomeno sono di qualche unità in 107 V/m per il silicio e l’arseniuro di gallio. Il
coefficiente di moltiplicazione della corrente è dato dalla formula empirica:
M (V ) 
(87)
1
1  (V / VB )u
per valori di u tipicamente compresi fra 2 e 6, dove VB è la tensione di breakdown, a cui la
corrente diverge. La temperatura non favorisce la moltiplicazione a valanga in quanto il cammino
libero medio dei portatori si riduce al crescere delle vibrazioni termiche del reticolo, e quindi la
tensione di breakdown aumenta, seppur debolmente, al crescere della temperatura.
L’effetto zener-tunnel consiste invece nel passaggio diretto,
o tunneling, di elettroni di valenza dalla banda di valenza P a quella
di conduzione N in una giunzione PN, attraverso la zona di
transizione. Si tratta di un effetto quantistico la cui probabilità
aumenta rapidamente al diminuire dello spessore della zona di
transizione, in presenza di un campo elettrico elevato, tipicamente
(ma non sempre, come vedremo poi) dovuto all’applicazione di una
tensione esterna. Ciò si verifica, in altre parole, quando il campo
diventa abbastanza intenso da provocare la rottura di un legame
covalente.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 32
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
Questo effetto è favorito dalla temperatura perché al crescere di questa grandezza aumenta
l’energia degli elettroni mentre diminuisce, sia pure debolmente, il salto di energia EG. E quindi la
tensione di breakdown VB per effetto zener-tunnel diminuisce al crescere della temperatura.
Osserviamo qui che i due effetti di rottura spesso coesistono e il loro contributo relativo può essere
individuato osservando sperimentalmente il segno e l’entità del coefficiente di temperatura della
tensione di rottura.
I dispositivi realizzati appositamente per ottenere una caratteristica inversa corrente-tensione
con andamento molto ripido sono chiamati indifferentemente diodi zener o diodi a valanga,
indicando con VZ la tensione a cui la conduzione inversa si manifesta vistosamente. Si producono
dispositivi con tensioni di rottura fra circa 3 e 200 volt e
dissipazione di potenza fino a 10 W e oltre. Nei diodi al
Simbolo grafico
del diodo zener
silicio, tipicamente, per tensioni VZ fino a circa 7 volt
prevale l’effetto zener-tunnel, per tensioni superiori
l’effetto valanga, con un coefficiente di temperatura
tipicamente ≤ |0,1|%/°C.
Un parametro assai importante, collegato alla
pendenza della caratteristica inversa, è la resistenza
differenziale
(88)
rZ 
dV
dI
che ovviamente dipende dal punto di lavoro, con valori
indicativamente compresi fra 1 e 100 .
Questi dispositivi trovano vari impieghi, fra i quali menzioniamo i seguenti: a) generatori di
tensione di riferimento (con precisione e stabilità termica tuttavia relativamente modesta a fronte
delle prestazioni dei moduli integrati realizzati a questo scopo; b) circuiti a soglia; c) elementi di
protezione, spesso realizzati nel chip per proteggere i circuiti integrati ad alta impedenza d’ingresso
dalle scariche elettrostatiche (ElectroStatic Discharge, ESD), d) generatori di rumore; e)
stabilizzatori di tensione, usati per esempio negli alimentatori.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 33
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
Per stabilizzatore di tensione intendiamo un circuito che trasforma una tensione continua soggetta a variazioni in una
costante nel tempo, poco dipendente dal carico e dalla temperatura, che in qualche modo approssima un generatore
ideale di tensione. E che rappresentiamo nella forma seguente
Vo
(89)
Vo
Vi , I L ,T

Vo
V
V
dVi  o dI L  o dT
Vi
I L
T
dove le tre derivate parziali, calcolate per un determinato punto di lavoro del circuito, rappresentano rispettivamente la
funzione di trasferimento H fra le variazioni dell’ingresso Vi e l’uscita, la resistenza differenziale d’uscita ro e il
coefficiente di temperatura. Per realizzare questa funzione di stabilizzazione si impiegano comunemente appositi
moduli integrati, basati su un circuito a controreazione. Ma è anche possibile utilizzare un diodo zener, come nello
schema in figura.
Analizzando in continua, si trova che la corrente che scorre nel
resistore di caduta R è
I
Vi  VZ
V
 I Z  I L , dove I L  Z . Si ha
R
RL
pertanto IZ = I – IL per la corrente che scorre nel diodo, dalla quale
dipende il valore della sua resistenza differenziale r Z. La potenza dissipata
nel diodo è P = VZIZ, il cui valor massimo determina a sua volta il valore
massimo della corrente IZ.
Considerando poi le variazioni dei segnali, con riferimento al
circuito equivalente in figura, si calcolano come segue la funzione di
trasferimento
H
differenziale d’uscita
Quando
il
Vo
r / / RL
r
 Z
 Z
Vi R  rZ / / RL R
e
la
resistenza
ro  rZ / / R  rZ .
drogaggio
di
una
giunzione
PN
è
particolarmente elevato, lo spessore della regione di
transizione si riduce a pochi nanometri e l’effetto zenertunnel si verifica anche per polarizzazione nulla o
debolmente positiva. Ciò avviene nel diodo tunnel,
inventato nel 1957 da Leo Esaki (Nobel per la Fisica nel
1973), la cui caratteristica corrente-tensione ha la forma
particolare mostrata nella figura, caratterizzata da un
picco e da una valle fra i quali si manifesta una regione
con resistenza differenziale negativa.
Al crescere della tensione diretta l’effetto tunnel
si riduce fino a svanire mentre entra in gioco la nomale conduzione del diodo (curva sottile in basso
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 34
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
nella figura). Un tipico diodo tunnel al germanio (1N3716) ha una corrente di picco di 5 mA (a 60
mV), una corrente di valle di 0,5 mA (a 350 mV) e una resistenza negativa di 25 .
I diodi tunnel possono essere utilizzati come oscillatori, amplificatori ed elementi di
memoria (bistabili), ma la loro dinamica è modesta e inoltre, in quanto dispositivi a due terminali,
presentano lo svantaggio di non offrire adeguata separazione fra ingresso e uscita nei circuiti dove
sono impiegati.
15. Fotodiodi e rivelatori di radiazioni
I fotodiodi sono usati per rivelare deboli segnali luminosi, grazie alle coppie elettrone-lacuna,
generate nel semiconduttore da parte di fotoni di appropriata energia, che il campo elettrico separa e
indirizza verso gli elettrodi. Alla fotocorrente, che si somma alla corrente di saturazione inversa I0,
contribuiscono sia le coppie generate nella zona di transizione che i minoritari fotogenerati che vi
diffondono dalle regioni ad essa prossime, limitate dalla lunghezza di diffusione.
L’equazione del diodo assume in questo caso la forma
I  I 0  exp V VT   1  I F
(90)
dove la fotocorrente IF è direttamente proporzionale, con buona
approssimazione, al flusso luminoso e la curva caratteristica non passa
più per l’origine11. In polarizzazione diretta il contributo relativo della
fotocorrente è generalmente trascurabile. E infatti i fotodiodi sono
impiegati usualmente in polarizzazione inversa, con la fotocorrente che
si somma alla corrente di saturazione I0. Quest’ultima, denominata qui
corrente oscura, limita evidentemente la sensibilità del fotorivelatore.
Ma è possibile ridurla raffreddando il dispositivo.
I
fotodiodi,
in
polarizzazione
inversa,
possono
essere
rappresentati con il circuito equivalente per piccoli segnali mostrato
nella figura. Dove la resistenza serie è dell’ordine delle diecine di ohm,
la resistenza inversa dell’ordine delle diecine di megaohm e la capacità nella regione dei pF. La
velocità di risposta è limitata dai seguenti fattori: la capacità di transizione, il tempo di transito (per
deriva) nella regione di transizione, la diffusione dei portatori. E quindi riducendo lo spessore della
regione di transizione la velocità di risposta aumenta, ma diminuisce la sensibilità del dispositivo.
11
Ciò significa che il fotodiodo illuminato è un dispositivo attivo, in grado di fornire energia a un carico. Questa
particolare funzione, in effetti, non è normalmente affidata ai fotodiodi, ma alle celle solari.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 35
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
Per aumentare la sensibilità si utilizzano i fotodiodi PIN, nei quali è presente una regione (I)
poco drogata, nella quale si estende la zona di transizione anche
per
polarizzazione
inversa
moderata,
accrescendo
così
notevolmente la regione fotosensibile. Una diversa soluzione
consiste nel portare la giunzione in condizioni di moltiplicazione
per effetto valanga, in modo da ottenere una forte amplificazione
della fotocorrente (tipicamente dell’ordine di 102). I dispositivi
realizzati a questo scopo sono i fotodiodi a valanga (avalanche
photodiodes, APD).
In modo simile ai fotodiodi funzionano i rivelatori di radiazioni ionizzanti a giunzione, il
primo dei quali fu realizzato nel 1949 da K. G. McKay nei laboratori della Bell Telephone e
utilizzato per rivelare particelle α. Questi dispositivi funzionano grazie alla creazione di coppie per
ionizzazione, con il vantaggio di richiedere 3,6 eV nel silicio (e 2,9 eV nel germanio) contro i circa
30 eV necessari per il gas di una camera a ionizzazione. Così dal numero di coppie prodotte in un
dato evento si può stabilire l’energia della particella o della radiazione ionizzante, più precisamente
l’energia rilasciata da essa attraversando la regione sensibile del rivelatore.
La struttura maggiormente impiegata è
costituita da diodi PIN polarizzati inversamente,
nei quali la zona N- è totalmente svuotata allo
scopo di ottenere un grande volume attivo e una
bassa capacità di transizione. Realizzando più
diodi sullo stesso chip, disposti con opportuna
periodicità spaziale come mostrato nella figura, si
ottengono rivelatori sensibili alla posizione12.
12
Dalla posizione della traccia dipendono infatti le quantità di carica raccolte nei canali di misura adiacenti.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 36
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
16. Celle fotovoltaiche
La cella fotovoltaica13 (o cella solare) a giunzione non è altro che un fotodiodo funzionante in
regime di conduzione diretta, ottimizzato per realizzare la conversione di energia luminosa in
energia elettrica. I fenomeni di fotogenerazione e di raccolta delle cariche fotogenerate sono dunque
gli stessi che nei fotodiodi.
Premessa sulla radiazione solare
Appena fuori dell’atmosfera terrestre la radiazione solare è ben approssimata da uno spettro di
corpo nero alla temperatura di 5760 K, con flusso di potenza di 1,366 kW/m2. Tale valore prende il
nome di costante solare sebbene non sia affatto costante. Nel corso dell’anno varia infatti fra 1,321
kW/m² all’inizio di luglio e 1,412 kW/m² all’inizio di gennaio (7%); e varia anche di 1,3 W/m²
picco-picco con la periodicità undecennale del ciclo solare (0,1%). Alle nostre latitudini si assume
che la radiazione solare sulla superficie terrestre, quando ha attraversato l’atmosfera subendo
attenuazione per effetti di assorbimento, abbia un flusso di potenza di 1 kW/m2 con cielo limpido e
il Sole al suo massimo. Per l’alternanza giorno/notte e la variabilità meteo il valor medio del flusso
di potenza è alquanto più basso, dell’ordine di 1/6. Per esempio a Milano, Roma e Palermo le medie
annuali sono rispettivamente: 159, 173 e 186 W/m2. A questi valori, naturalmente, contribuisce sia
l’illuminazione diretta che quella diffusa.
13
La prima osservazione dell’effetto fotovoltaico, dovuta a Edmond Bequerel (padre di Antoine, scopritore della
radioattività), risale al 1839. La prima cella al silicio (con rendimento del 6%) fu realizzata nel 1954 da D. Chapin, C.
Fuller e G. Pearson presso i laboratori Bell Telephone.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 37
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
La struttura di una tipica
cella
solare
cristallino
nella
è
al
silicio
rappresentata
figura14,
Contatto
ohmico
posteriore
indicando
Griglia del
contatto
anteriore
anche la disposizione degli
Zona drogata P
Giunzione
elettrodi per la raccolta della
corrente.
Sulla
parte
anteriore, dove incide la luce,
uno strato antiriflesso ricopre
Radiazione
solare
il silicio. Si tratta di una
lastrina di silicio debolmente
Zona drogata N
Strato
antiriflesso
drogato P, con spessore totale
di circa 0,3 mm, nel quale viene creata la giunzione diffondendovi anteriormente uno strato N. Che
è molto sottile (0,2-0,3 μm) in modo che i fotoni possano raggiungere la zona di transizione e le sue
adiacenze, esercitandovi il loro effetto.
Ricaviamo la caratteristica corrente-tensione dalla (90),
tenendo presente che la corrente che ci interessa è quella che
scorre nel carico (IL = –I) e che occorre considerare la resistenza
interna ohmica RS del dispositivo, alla quale contribuiscono anche
i conduttori di prelievo, come rappresentato nello schema in figura. Indicando con V la tensione
d’uscita della cella e con VD la tensione ai capi della giunzione, si ha: VD = V + Rs IL. Sostituendo
nella (90) VD al posto di V si ottiene:
(91)
 V  Rs I L 
I L   I  I F  I 0  I 0 exp 

 VT 
(91a)
 I  I0  I L 
V  VT ln  F
  Rs I L
I0


Nella figura a fianco sono tracciate le curve caratteristiche
per tre diverse condizioni di illuminazione, a cui la
fotocorrente IF è direttamente proporzionale. Osserviamo
14
Figura tratta da D. Coiante, La cella fotovoltaica – energia elettrica dal Sole, Nuova Secondaria, n. 5, pp. 38-47, 15
gennaio 2010
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 38
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
che quando si dimezza il flusso luminoso anche la corrente si dimezza, mentre la tensione si riduce
solo moderatamente, a fronte della sua dipendenza logaritmica dalla corrente.
Considerando il flusso massimo, si individuano i due seguenti casi estremi, ai quali
corrispondono rispettivamente la tensione a circuito aperto V* e la corrente di cortocircuito I*,
per
RL  
per
RL  0
IL  0
(92)
V 0
 I  I0 
V  V *  VT ln  F

 I0 
 R I* 
I L  I *  I F  I 0  I 0 exp  s 
 VT 
per entrambi dei quali la potenza fornita al carico è evidentemente nulla. La potenza massima si
ottiene con una resistenza di carico di valore opportuno, tale da intersecare la caratteristica nel
punto di coordinate Vopt, Iopt, che è il punto di tangenza con
l’iperbole Vopt Iopt = costante. Data la diversa dipendenza della
corrente e della tensione dal flusso luminoso, da esso dipende
anche il valore della resistenza di carico ottima. Che dunque
in pratica va aggiustata per ottimizzare le prestazioni di un
sistema fotovoltaico al variare dell’illuminazione.
Dalle misure, eseguite generalmente in condizioni
standard (1 kW/m2, T = 25 ºC), si ricava la potenza massima,
che si esprime di solito nella forma seguente
PMAX  Vopt I opt  FF V * I *
(93)
dove il fattore FF (fattore di riempimento o fill factor) rappresenta il rapporto fra l’area del
rettangolo in figura e l’area del rettangolo (V*I*), che racchiude l’area sottesa dalla curva
caratteristica, con valori generalmente compresi fra 0,7 e 0,85, tanto maggiori quanto più la
caratteristica è prossima a quella ideale. Tale grandezza è un importante indice della qualità di una
cella, in particolare il suo valore diminuisce rapidamente al crescere della resistenza Rs e della
corrente inversa I0.
Dalla precedente si ricava il rendimento di conversione in energia elettrica dell’energia
luminosa incidente sulla cella:
(94)

PMAX FF V * I *

Plum
A
dove A è l’area della cella e Φ il flusso di potenza in unità di W/m2.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 39
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
Fra i vari fattori che determinano il rendimento il più importante riguarda la relazione fra il
gap di energia EG del materiale e la forma dello spettro della radiazione solare. Come si è detto in
precedenza, per avere l’effetto fotoelettrico l’energia dei fotoni deve essere E = hc/EG, e quindi
la loro lunghezza d’onda deve verificare la condizione:
(95)
G = 1,24 m /EG
con EG espresso in eV.
Ne consegue che i fotoni di lunghezza d’onda G non contribuiscono affatto, mentre solo una
frazione dell’energia degli altri viene effettivamente utilizzata15, nel rapporto EG/E.
Si capisce che, a fronte della forma dello spettro solare, esiste un valore ottimale di E G
(1,4 eV) per cui il rendimento16 è massimo (29%). Nella regione prossima al massimo si collocano i
semiconduttori GaAs e CdTe; soltanto poco inferiore (26%) è il rendimento del silicio. In pratica le
migliori celle al silicio cristallino hanno dimostrato rendimenti del 25%, mentre le celle
commerciali hanno valori più bassi, fra il 15 e il 20%. Sono in commercio moduli fotovoltaici a
celle al silicio realizzate con tecnologia speciale che offrono un’efficienza garantita di modulo pari
al 19% (Sun Power Corporation).
La forma dello spettro solare suggerisce una delle scelte attualmente seguite per aumentare
il rendimento delle celle solari: disporne più di una, fatte con materiali aventi gap decrescenti, in
serie rispetto alla radiazione incidente. In modo che la prima utilizzi al meglio i fotoni più
energetici, lasciandosi attraversare dagli altri, la seconda ne utilizzi un’altra frazione e così via. Con
celle commerciali di questo tipo a due strati (tandem) prodotte da Spectrolab sono stati ottenuti
rendimenti di quasi il 42% in condizioni di elevata concentrazione (364 soli).
Notiamo qui che le tecniche di concentrazione offrono la possibilità di ridurre notevolmente
l’area delle celle necessarie a produrre una data potenza elettrica. Tuttavia con diversi svantaggi: la
necessità di impiego di meccanismi di inseguimento del Sole nel suo moto apparente, l’utilizzazione
della sola componente diretta della radiazione solare (in media circa il 70% del totale), la necessità
di provvedere allo smaltimento di notevoli quantità di calore. E infatti queste tecniche sono assai
poco diffuse in pratica.
Le prime celle solari, per il loro alto costo (centinaia di $/W), trovarono impiego quasi
esclusivamente per l’alimentazione elettrica dei veicoli spaziali. In seguito la graduale riduzione dei
costi di fabbricazione rese convenienti vari altri impieghi, come l’alimentazione di edifici isolati o
15
Sotto questo punto di vista, se il Sole fosse monocromatico e si utilizzasse un semiconduttore con gap
corrispondente, il rendimento sarebbe prossimo a quello termodinamico ideale del ciclo di Carnot, intorno al 90% .
16
Considerando qui anche i vincoli derivanti dalla forma della curva caratteristica corrente-tensione.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 40
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
comunque lontani dalla rete elettrica, e quella di dispositivi elettronici portatili in alternativa alla
batterie.
Decisamente più interessante è però la prospettiva d’impiego del fotovoltaico come fonte
energetica alternativa per la produzione diretta di elettricità, che negli ultimi anni ha trovato
notevole diffusione in Italia come in altre nazioni17. Ciò è avvenuto soprattutto grazie ai forti
incentivi economici introdotti dai governi, dal momento che questa tecnologia non ha ancora
raggiunto la competitività economica rispetto alle fonti energetiche tradizionali, sebbene non ne sia
lontana, con un costo delle celle al silicio cristallino o policristallino attorno a 1,5-2 €/W (2-3 €/W
costo dei moduli).
Al costo di un impianto fotovoltaico contribuiscono in pressochè pari misura quello delle
celle e quello degli apparati accessori
di
condizionamento
Alimentazione
carichi locali
dell’energia:
l’inverter necessario a convertire in
corrente alternata la continua fornita
dalle celle, i dispositivi di protezione,
CELLE
SOLARI
Elettronica di
condizionamento
(inverter etc.)
RETE
ELETTRICA
l’eventuale sistema di collegamento
(unidirezionale o bidirezionale) alla
Accumulo
rete elettrica, l’eventuale sistema di accumulo, …
Al costo delle celle al silicio mono e policristallino contribuisce notevolmente quello del
materiale di partenza (wafer di spessore dell’ordine di 0,3 mm), sicchè si realizzano anche
dispositivi a film sottile di silicio amorfo, che trovano vari impieghi pur presentando rendimenti
decisamente più bassi (6-8%). Sempre allo scopo di ridurre i costi, da qualche tempo si utilizzano
anche altri materiali semiconduttori, cristallini o a film sotttile, fra cui appare particolarmente
promettente il tellururo di cadmio (CdTe).
Al costo
delle celle contribuisce naturalmente quello dell’energia che va spesa per
realizzarle (e smaltirle, volendo considerarne tutto il ciclo di vita). E che viene “ripagata” durante il
normale funzionamento delle celle, richiedendo un tempo chiamato energy payback time, che si
valuta attorno a 2-4 anni. Da confrontare con la vita utile delle celle che si stima attorno a 20-30
anni.
17
Nel 2010 la potenza fotovoltaica installata nel mondo ha raggiunto 40 GW, quella in Italia 2,9 GW ivi producendo
1,6 TWh pari allo 0,5% del consumo totale di elettricità.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 41
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
17. Diodi emettitori di luce (LED)
Al passaggio di una intensa corrente in una giunzione PN polarizzata direttamente corrisponde,
come sappiamo, una forte iniezione di portatori minoritari nelle due regioni del dispositivo, che
sono destinati a ricombinarsi con i maggioritari in esse presenti. Alla ricombinazione di una coppia
elettrone-lacuna è naturalmente associata la liberazione di energia (proveniente dal generatore che
alimenta la giunzione), dell’ordine del gap di energia EG del semiconduttore. Che in alcuni materiali
si manifesta nella forma di calore; in altri, grazie alla ricombinazione radiativa18, con la produzione
di un fotone con lunghezza d’onda corrispondente al gap di energia EG del semiconduttore. Grazie a
questo processo funzionano i cosiddetti diodi emettitori di luce o LED (light emitting diodes), dai
quali in realtà si ottengono radiazioni in un ampio spettro che si estende dall’infrarosso
all’ultravioletto.
I primi studi (1927) sul fenomeno della emissione luminosa a freddo si devono al fisico
russo Oleg Losev; la prima realizzazione di un dispositivo (1962) all’ingegnere americano Nicholas
Holonyak, che nei laboratori della General Electric costruì un LED, con efficacia luminosa di
appena 0,1 lm/W, utilizzando una lega di arseniuro di gallio e arseniuro di fosforo (GaAsP) dosata
per ottenere un gap di energia corrispondente a luce rossa.
Variando il dosaggio della lega ternaria GaAsP, indicato con GaAs1-xPx, è possibile infatti
ottenere radiazioni con lunghezza d’onda in una parte della regione fra 0,5 μm (PAs, EG = 2,4 eV) e
0,9 μm (GaAs, EG = 1,4 eV), in particolare luce rossa con x = 0,36. In generale, grazie alla scelta di
opportuni materiali semiconduttori, si realizzano oggi diodi emettitori di lunghezze d’onda
dall’ultravioletto all’infrarosso. con larghezza di banda a 3 dB (FWHM) tipicamente compresa fra
25 e 100 nm. In particolare, la realizzazione di LED in grado di emettere luce blu, fu ottenuta con
l’impiego di semiconduttori ad alto gap, come il nitruro di gallio GaN (3.4 eV) e la lega ternaria
nitruro di gallio e indio InxGa1-xN.
Agli impieghi iniziali dei LED, negli indicatori luminosi, nei telecomandi,
negli
accoppiatori ottici e nei sistemi di comunicazioni ottiche, ne seguirono numerosi altri, soprattutto
nel settore dell’illuminazione, grazie ai continui miglioramenti del rendimento luminoso e alla
riduzione dei costi di fabbricazione.
18
La ricombinazione radiativa è una transizione che richiede la conservazione sia dell’energia che del momento. Essa è
grandemente facilitata nei semiconduttori a banda diretta (GaAs o GaAsP, ma non Ge o Si) nei quali gli elettroni
possiedono lo stesso momento (momento del cristallo) al bordo superiore della banda di valenza e a quello inferiore
della banda di conduzione.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 42
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
L’emissione luminosa di questi dispositivi si esprime in lumen, che è l’unità di misura del
flusso luminoso, cioè della potenza luminosa pesata secondo la curva di sensibilità dell’occhio
umano. Così a 1 watt di luce bianca corrispondono 408 lumen19, a 1 watt di luce giallo-verde (con
lunghezza d’onda di 555 nm, cioè al massimo della sensibilità dell’occhio) corrispondono 683
lumen. Conseguentemente, il rendimento luminoso dei dispositivi si esprime in unità di lumen/watt,
cioè nel rapporto fra lumen emessi e watt (elettrici) assorbiti dall’alimentazione.
Per ottenere luce bianca è possibile utilizzare tre LED che emettono alle lunghezze d’onda
dei colori primari (rosso, giallo e blu), ma la soluzione prevalente consiste nell’impiego di LED che
emettono luce blu. Una parte di questa radiazione viene convertita20 a lunghezze d’onda maggiori in
modo che la luce complessiva risulti, più o meno approssimativamente, bianca.
I LED oggi in produzione offrono valori di efficacia luminosa fra 80 e 150 lumen/watt, con
un record di 250 lm/W ottenuto nel 2010 nei laboratori della società giapponese Nichia. Grazie al
basso consumo di energia, alla robustezza meccanica e alla lunga durata (20-100 mila ore), questi
dispositivi, sebbene ancora relativamente costosi, sono destinati a un crescente impiego nel campo
dell’illuminazione.
Trovano oggi largo impiego anche gli OLED (Organic Light Emitting Diodes) che
utilizzano materiali semiconduttori detti “organici” in quanto costituiti da sostanze a base di
carbonio. Si tratta di film sottili, che vengono deposti o stampati su substrati rigidi o flessibili.
19
I.L. Azevedo, M. G. Morgan, F. Morgan The transition to Solid-State Lighting Proc. IEEE, pp. 481-510, marzo 2009
20
La conversione è affidata a sostanze dette fosfori.
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 43
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica
RICHIAMI SUI SEMICONDUTTORI
1. Bande di energia e distribuzione in energia degli elettroni
2. Semiconduttori intrinseci
3. Semiconduttori drogati
4. Generazione e ricombinazione
5. Trasporto di cariche per deriva e diffusione
6. Alcuni effetti su cui si basano certi dispositivi utilizzati come trasduttori
7. Equazione di continuità. Iniezione di portatori minoritari
8. Drogaggio non uniforme.
LA GIUNZIONE PN. DISPOSITIVI A SINGOLA GIUNZIONE E CIRCUITI
9. La giunzione PN
10. La giunzione PN con polarizzazione esterna
11. Diodi reali in polarizzazione diretta e inversa
12. Capacità di transizione e diodi varicap. Capacità di diffusione
13. Alcuni circuiti impieganti diodi
14. Effetti di breakdown. Diodi zener e diodi tunnel
15. Fotodiodi e rivelatori di radiazioni
16. Celle fotovoltaiche
17. Diodi emettitori di luce (LED)
G. V. Pallottino – Luglio 2011
Appunti di Elettronica – Bozza incompleta della Parte VI pag. 44
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica