“NON DIMENTICATEVI DELL’OSPITALITÀ” (Omelia XVI domenica t.o. – Lc 10,38-42) È lì, a Betania, il piccolo villaggio che sorge sul monte degli ulivi, nella parte opposta a quella che sovrasta Gerusalemme, che Gesù volentieri si rifugia, in casa di questi tre suoi amici, Lazzaro, Marta e Maria. Ci va per ritrovare un po’ del clima familiare di casa. È bello pensare che anche Dio ha bisogno di una famiglia… e che bello poter fare della nostra vita una piccola Betania! Il vangelo ci dice che Lui cammina tra la polvere della Palestina ma, seppur Dio, ama così tanto frequentare amici cari e visitarli per sostare a casa loro… il tempo di una chiacchierata o di un fugace pranzo… o al vespro del giorno, per trovarvi riparo e riposo. “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro” (Gv 11,5); lo certifica il Vangelo… Lui è Dio e uomo… ed ama la discrezione di Maria quando siede ai suoi piedi, lo strafare di Marta dietro ai mestieri di casa, i racconti di Lazzaro quando parla dei raccolti, delle olive, degli agnellini appena nati nelle stalle. Dentro quel monolocale di Betania, quell’Uomo non è un Rabbì, per loro è semplicemente Gesù, l’amico e l’Amato… l’Amore stesso. La divinità 1 non ci sta in quella casa, troppo piccola per contenere la grandezza dell’infinito… eppure, la divinità non se ne sta sulla soglia… lì c’entra con tutta l’umanità di Gesù. Lui entra… si siede… si riposa. Forse glielo aveva detto a più riprese Marta stessa: “Fa’ come se fossi a casa tua, Gesù”. Detto questo… comprendiamo bene fin dalla prima lettura, che il tema di questa domenica è l’ospitalità. Abramo si prodiga per accogliere al meglio, i misteriosi ospiti. Tema ripreso dall’autore della lettera agli ebrei che afferma: “Non dimenticatevi dell’ospitalità; alcuni, nel praticarla, hanno accolto degli angeli senza saperlo” (Eb 13,2). E così fanno anche Marta e Maria. Entrambe hanno un’unica preoccupazione: dividersi i compiti per accogliere al meglio il loro amico Gesù. Questo episodio, tuttavia, va accolto senza preconcetti: è facile interpretarlo come la contrapposizione fra la vita contemplativa e la vita attiva. Ed è così, che Gesù coglie questa opportunità, per dare luce, in pochi istanti, in quella casa. Gesù non umilia Marta o privilegia Maria… ma indica uno stile di vita… un metodo… una via sicura per approfondire una comunione vera con Lui. Senza sostare a lungo 2 accanto a Cristo, non si riesce a reggere nel contrasto col mondo; senza saper stare seduti ai suoi piedi, non si ha la forza di camminare; senza dedicare tempo all’ascolto e alla conoscenza di lui, ci si scarica presto interiormente. Prima di qualsiasi scelta, è necessario confrontarsi a lungo con Gesù. La correzione rivolta a Marta sta nello sbilanciamento del suo agire. Lei non si occupa semplicemente del fare… si “preoccupa” (un eccessivo occuparsi). Nel servizio pastorale come nella famiglia, occorre recuperare la dimensione dello “stare” ai piedi di Gesù, oltre che al fare! Guai se un operatore pastorale, un catechista, ma anche un genitore cristiano agisce ma non prega, non comunica, non pensa, non scambia desideri e sogni. Servire un povero, accogliere un emarginato… è un movimento del cuore prima ancora del corpo. Gesù un giorno disse ai suoi di stare con lui per dare cuore all’azione (i poveri li avrete sempre tra voi)… dare un volto all’azione! Il cristiano è chiamato a stringere la mano di Cristo e a non lasciarla mai. Senza quel contatto non passa la corrente di Cristo in noi e restiamo senza luminosità. È difficile riconoscere Cristo nelle complesse situazioni di ogni giorno, se non 3 si coltiva il rapporto con lui! Il rischio anche di tante comunità cristiane è la mediocrità: si fanno tante cose, ma nell’opacità, senza il mordente di far trasparire Gesù in noi. Allora si alternano le esaltazioni e gli scoraggiamenti… facce diverse del medesimo gigantesco “io”, che toglie spazio a Cristo. Mi chiedo e vi chiedo: quando hai programmato le vacanze, hai pensato a ritagliarti qualche giorno di ritiro spirituale? Hai messo il vangelo in valigia, il libro delle preghiere? Ti sei informato della presenza di una chiesa per l’Eucarestia domenicale, nel luogo della tua villeggiatura? Insomma… ti ricordi di essere cristiano anche in vacanza? Ancora… l’errore di Marta… è quello di chiedere al maestro di spostare l’attenzione della sorella da lui a lei! Chiede di essere posta lei al centro e Gesù in periferia. È il rischio che corriamo nella vita, di dirci cristiani e all’occorrenza, sfrattiamo Gesù per metterci noi al centro e le nostre idee… o magari metter al centro le idee degli altri, dimenticando la parola del Vangelo. In questo modo assistiamo ad una scollatura fra il “dirsi cristiano” e “l’esserlo!”… e i criteri di valutazione e di scelta vengono mutuati non dal 4 vangelo ma da se stessi, col pericolo del conformismo e della superficialità. Concludo: Anche il bene (di cui pure siamo capaci), perché non sia semplice frutto delle nostre corte vedute… perché non si risolva in un autocompiacimento… deve essere quello di cui Gesù ha dato l’esempio: deve sgorgare dall’amicizia con lui. Essere è più importante che fare. Essere in sintonia con lui è più importante anche del fare, apparentemente, per lui o in suo nome. Gesù dunque non contrappone vita attiva e vita contemplativa, come se pregare fosse da preferire al servizio del prossimo . Il richiamo a Marta è a non affannarsi, a non esaurire il suo impegno in cucina; accogliere un ospite non significa soltanto “fare cose” per lui, ma anche offrirgli la disponibilità del proprio tempo, della propria attenzione. La vita attiva non dev’essere “altro” da quella contemplativa, ma una sua traduzione, come Gesù stesso in un'altra circostanza (Luca 11,28) ha sintetizzato: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. 5