SEMINARIO DI MEDICINA DEL LAVORO:
I TUMORI PROFESSIONALI
REGGIO EMILIA 01/10/2013 – Aula Magna Manodori – Viale Allegri 9
INTRODUZIONE AL CORSO
Prof. Fabriziomaria Gobba
L’esistenza di una relazione tra alcune attività lavorative ed un aumento del rischio talune forme tumorali è nota da
lungo tempo. Va tuttavia preso atto che questa conoscenza non si è tradotta nella messa in atto di misure di
prevenzione realmente efficaci, come dimostrato dal fatto che si stima che ancora attualmente il 4-5% di tutti i
tumori (ovvero circa 14.000 – 18.000 casi ogni anno nel nostro Paese) siano correlati all’esposizione lavorativa.
L’impatto dei tumori occupazionali è rilevante; infatti, anche volendo considerare i soli aspetti economici, è
stimabile nell’ordine di 6 miliardi di Euro/anno nell’UE, di cui circa 2 miliardi per le sole forme pleuro-polmonari.
La necessità di un’adeguata attività di prevenzione in questo ambito è, pertanto, del tutto evidente.
Tra le figure di maggiormente coinvolte, un ruolo-chiave ha certamente il Medico del lavoro, che è chiamato a
fornire un importante contributo su numerosi aspetti, dalla valutazione del rischio alla definizione ed attuazione di
misure di prevenzione efficaci; del tutto specifica del Medico del lavoro è poi la sorveglianza sanitaria dei
lavoratori esposti.
Per svolgere in modo corretto tutte queste attività, però, è certamente necessario un bagaglio di conoscenze
scientifiche adeguato, ed anche costantemente aggiornato.
L’obiettivo che il Seminario si propone è proprio quello di fornire un contributo a queste necessità, attraverso un
inquadramento del problema, un aggiornamento sulle Linee Guida della SIMLII per la sorveglianza sanitaria dei
lavoratori esposti a cancerogeni, ed un aggiornamento sulle quelle che possono essere considerate più importanti
forme tumorali professionali, ovvero i tumori del polmone ed i mesoteliomi
TUMORI DEL POLMONE E MESOTELIOMI
Prof. Francesco Saverio Violante
Si definiscono “professionali” i tumori nella cui genesi ha agito, come causa o concausa, l’esposizione lavorativa
ad agenti cancerogeni. L’asbesto è un cancerogeno classificato dalla IARC nel gruppo 1 A.
La presenza di asbesto è caratteristica di contesti occupazionali quali: la fabbricazione di navi, autoveicoli e vagoni
ferroviari, nella produzione ed utilizzo di materiali coibentanti (tubazioni, tessuti, indumenti e maschere, prodotti in
cemento amianto).
Studi epidemiologici hanno evidenziato un effetto sinergico tra esposizione all’asbesto e fumo di sigarette
nell’insorgenza del carcinoma polmonare. E’ ancora discusso se i carcinomi polmonari negli esposti ad asbesto sia
una condizione derivata dall’esposizione di per sé o conseguente all’asbestosi.
A favore di questa seconda ipotesi sono: l’incremento del rischio di tumore polmonare che è stato accertato nei
soggetti affetti da asbestosi, mentre è ancora dubbio un eccesso di rischio in assenza di segni di asbestosi. In parte
ciò dipende dalla definizione diagnostica di asbestosi: (Rx torace, l’HRTC, il prelievo bioptico). Negli asbestosici è
caratteristica la localizzazione dei tumori polmonari (preferibilmente periferica e ai lobi inferiori) ed è anche stata
rilevata una maggior frequenza di adenocarcinomi, che sono meno correlati al fumo di sigaretta e risultano associati
anche ad altre patologie fibrosanti (i cosiddetti “tumori di cicatrice”). La frequenza dei tumori polmonari negli
esposti ad asbesto (anche il crisotilo) sembra essere dose-dipendente, così come lo è l’asbestosi, inoltre, parrebbe
esistere una dose-soglia al di sotto della quale il rischio di cancro polmonare non è aumentato rispetto alla
popolazione generale, il che ha suggerito l’ipotesi che l’asbesto, a livello polmonare agisca come agente promotore
più che iniziatore della carcinogenesi. Il tempo di latenza medio per l’insorgenza del carcinoma polmonare negli
esposti ad asbesto è di 20/30 anni.
Altri agenti sono stati indicati come cancerogeni occupazionali per il polmone quali il bis-cromomentil-etere
(BCME) è un agente alchilante che si forma per reazione tra formaldeide e acido cloridrico; esso può provocare
microcitomi polmonari nei lavoratori addetti alla produzione di clorometil-etere. Il periodo di latenza in questo caso
è di 8/25 anni. Non sono invece stati identificati gli agenti responsabili dell’aumentata incidenza di tumori
polmonari negli addetti alla fusione di ferro e acciaio, al decapaggio acidi forti nei verniciatori (compreso gli
imbianchini).
Il mesotelioma è un tumore pleurico (o peritoneale) altamente maligno ed estremamente raro, il tempo di latenza
medio è di circa 30 anni. Contrariamente a quanto avviene per l’asbestosi e i carcinomi polmonari da amianto, non
esiste una netta relazione dose-risposta, per cui anche soggetti con esposizione breve e di intensità moderata,
possono sviluppare la malattia.
Il potere cancerogeno delle fibre di asbesto è massimo per quelle di crocidolite (brevi, sottili e diritte) e minimo per
il crisotilo; questo perché le fibre di crocidolite proprio per le loro caratteristiche fisiche, raggiungerebbero più
facilmente le pleure, avrebbero una maggior capacità di penetrazione nelle cellule mesoteliali ed essendo più
durature resterebbero più a lungo a contatto delle cellule bersaglio (cellule mesoteliali). Sulla base di questi dati
sperimentali (ottenuti sia in vivo che in vitro), è stato ipotizzato che, a livello del mesotelio, l’amianto agisca come
iniziatore della cancerogenesi.
Nella popolazione generale (comprendente proporzioni di soggetti professionalmente esposti variabili da un’area
all’altra), l’incidenza del mesotelioma varia con la dispersione ambientale ad asbesto e col numero di lavoratori:
l’incidenza annuale riportata in Italia, dal registro mesoteliomi, è di 3,49 casi per 100.000 abitanti nei soggetti di
sesso maschile e 1,25 in quelli di sesso femminile (Marinaccio et Pleural malignant mesothelioma epidemic.
Incidence, modalities of asbestos exposure and occupations involved from the Italian national register. Int J Cancer.
2011).
Il MM è considerato un tumore specificamente associato all’esposizione ad asbesto, tanto che si stima che il 90%
sia dovuto all’esposizione a questo minerale (di cui il 69% di tipo occupazionale) (Marinaccio et Pleural malignant
mesothelioma epidemic. Incidence, modalities of asbestos exposure and occupations involved from the Italian
national register. Int J Cancer. 2011 doi:10.1002/ijc. 26229; Nesti M, et al. ReNaM Working Group. Epidemiologic
surveillance for primary prevention of malignant mesothelioma: the Italian experience. Med Lav. 2005; 96 (4):
338-46.). A questo riguardo si deve sottolineare che la difficoltà diagnostica e quindi la “misclassificazione” nella
diagnosi di MM è determinata principalmente da due aspetti: la difficoltà nella diagnosi di certezza (Stahel RA, et
al. ESMO Guidelines Working Group. Malignant pleural mesothelioma: ESMO Clinical Practice Guidelines for
diagnosis, treatment and follow-up. Ann Oncol 2010; suppl. 5:126-128) e l’inclusione nella categoria ‘tumore
pleurico’ di un numero sostanziale di neoplasie diverse dal mesotelioma nel caso in cui si nota la pregressa
esposizione ad amianto.