Pinella Gambino
ROTOLINA
ARMANDO
EDITORE
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Sommario
Prefazione di Andrea Mariotti
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Capitolo primo
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Capitolo secondo
25
Capitolo terzo
33
Capitolo quarto
39
Capitolo quinto
45
Capitolo sesto
55
Capitolo settimo
63
Capitolo ottavo
67
Capitolo nono
75
Anche una pietra sente
In fondo al sacco
Rotolina e gli umani
Fragilità e violenza
De amicitia
Scuola e famiglia
Madre Natura
Che professore!
Signor Gufo
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Prefazione
IL PRIMO FONTE DELLA FELICITÀ UMANA
NELLE STORIE DI PINELLA GAMBINO
di Andrea Mariotti
Un nuovo tuffo nella fantasia è senz’altro questa storia di
Pinella Gambino successiva a quella di Martino (il cavalluccio marino che credeva di essere un bambino). Una soffusa
poeticità intride infatti la vicenda di Rotolina, staccata dalla “madre” per “piccole fratture”, “erosioni del vento e della
neve” in montagna e precipitata in un fondovalle focalizzato
sulla vita scolastica di ragazzi avvelenati dal bullismo. Come
dire un freudiano scontro (dominato dalla scrittrice siciliana)
fra il principio di piacere – “nell’ascoltare racconti… poiché
porgendo l’orecchio a cose gustose svaporano gli affanni” (dal
Racconto dei racconti di Giambattista Basile) – e il principio di
realtà, in quanto agli occhi della piccola roccia consapevole si
dischiude un mondo fatto di soprusi, incomprensioni e finanche
angosce degli umani. La presente prefazione non intende negare al lettore il piacere di scoprire nei particolari l’intreccio della
storia di Rotolina; più importante mi sembra chiedersi se il testo in oggetto, da ascrivere alla “letteratura per ragazzi” – testo nel quale Pinella Gambino trasfonde davvero il suo ­talento
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antico,­in qualche modo prelogico – non vada bene anche per
gli adulti. Ebbene, la risposta non potrà che essere positiva; nel
senso che, in chiave antropologica, nelle storie della Gambino
l’odierna e arrogante cultura delle immagini che ci tiranneggia – così efficacemente analizzata da Vittorino Andreoli in un
suo profetico saggio del 2007 dal titolo La vita digitale – viene
felicemente contrastata dal flusso potente dell’immaginazione.
Ascoltiamo in merito Giacomo Leopardi: “L’immaginazione
come ho detto è il primo fonte della felicità umana. Quanto
più questa regnerà nell’uomo, tanto più l’uomo sarà felice. Lo
vediamo nei fanciulli…” (Zibaldone, 168; luglio 1820). Nella
storia di Rotolina quasi irresistibile si rivela – a partire dalla
minuscola pietra, frutto d’intuizione creaturale della Gambino
– la forza di personificazione capace di far parlare torrenti,
aquile, castori e gufi; in quell’ambiente di montagna governato
da un principio d’armonia e improvvisamente inquieto per le
vicissitudini cui è andata incontro la piccola, pietrosa sorellina.
Chi scrive è stato particolarmente colpìto da quanto succede
nel capitolo settimo all’aquila Grisilde una volta che si è alzata
in volo in soccorso di Rotolina: “Iniziò a volare a bassa quota,
seguendo le curve del torrente. Perbaccolina alata – si disse –
quante meraviglie possiede la terra! E si abbassò fin quasi a
sfiorare le cime degli alberi, mentre la panoramica si allargava
sugli animali al pascolo. E quei colori… quel verde, giallo e
marrone che sfumando si mischiavano, davano origine ad un
tappeto di velluto, dove nessun colore primeggiava ma tutti insieme allargavano il cuore. Era il respiro della vita… e per un
attimo Grisilde si scordò di cosa era venuta a fare, e del compito che le era stato appena affidato”. Ecco, nell’improvviso
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“vuoto di memoria” di Grisilde, aquila leggermente svampita,
si può forse cogliere l’acme di quella soffusa poeticità vibrante
nelle pagine della Gambino; senza superficiale approccio circa
la vicenda di Tino (il ragazzo vittima di bullismo): vicenda
debitamente integrata in un testo di fantasia comunque orientato a far riflettere sul mondo reale. Non è difficile in conclusione prevedere sviluppi sempre più interessanti dell’arte
narrativa di Pinella Gambino, che ringraziamo per questo suo
dono, frutto di autentica ispirazione.
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Capitolo primo
ANCHE UNA PIETRA SENTE
Era una di quelle mattine in cui senti che sta per accadere
qualcosa.
Era forse quella dolce brezza del vento, che insisteva sui fragili steli erbosi, costringendoli quasi ad accarezzare la terra, o quel
continuo scroscio del torrente, dove leggiadre farfalle volteggiavano sfiorando l’acqua, che in quell’attimo si era fatto più silenzioso.
Ecco, era proprio quella vita che le scorreva accanto che, ad
un tratto, sembrò sospesa.
Era in attesa.
Lei era in attesa. E percepì immediatamente il distacco.
Fu come una lacerazione… era ancora vicinissima alla grande e rassicurante roccia, alla quale un istante prima era saldamente attaccata e adesso era solo un piccolo pezzetto di lei,
della sua origine, della sua mamma.
Una mamma roccia, di montagna: grande, protettiva e sicura.
Come parte di lei, si era sempre sentita al riparo da ogni cosa.
Intemperie, animali e tutti quei risvolti della natura, che possono a volte essere devastanti, non le avevano mai dato problemi.
Avvolta e tutelata dal suo affetto la vita procedeva, quotidianamente serena.
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Conosceva da sempre tutto il paesaggio intorno: i dirupi, i
pendii scoscesi ed i piccoli rigagnoli che diventavano quell’unico grosso torrente, che lei chiamava affettuosamente Oscar.
C’erano dei giorni in cui il vento spirava quasi con cattiveria, facendo rabbrividire le rare piante che erano riuscite ad
attecchire approfittando dei piccoli spazi tra le rocce.
Nelle sue vicinanze muschi e licheni crescevano nelle zone più
umide e, tra le fessure delle rocce, spuntavano le angiosperme.
Quando la neve cominciava a sciogliersi, arrivavano capre e
stambecchi, alla ricerca di ciuffetti d’erba e molti piccoli mammiferi roditori.
Lei aveva stretto una vera e sincera amicizia con il castoro
Mimì, che veniva a strusciarsi sotto la grande roccia madre e
faceva spesso uno strano verso… una specie di fischio.
Non andava mai in letargo e per questo lei lo trovava simpatico ed anche coraggioso, visto che il piccolo castoro riusciva a
sopportare il freddo intenso della montagna.
Mimì scavava delle profonde tane, quasi delle gallerie, vicino
al torrente Oscar, e si nutriva di radici e di cortecce di varie piante.
Un tipo davvero interessante insomma. Forse un po’ solitario, ma assolutamente adorabile.
Così Rotolina, perché così si chiamava la nostra piccola amica, aveva vissuto tutti i suoi giorni in quella bellezza inaccessibile e maestosa che è la montagna, dove il sole d’estate rendeva
l’aria limpidissima e tutta la zona attorno assumeva contorni e
riflessi di luce veramente unici.
Sempre saldamente tutt’uno con la roccia madre avrebbe
potuto affrontare qualsiasi ostacolo, ma le piccole fratture, le
erosioni del vento e della neve l’avevano… staccata.
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