Pazienti cronici ricoverati in area critica

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COMITATO ETICO ASL2 SAVONESE
Parere su pazienti cronici in area critica
Parere n.2 del 3 dicembre 1996
Pazienti cronici ricoverati in area critica
Il Comitato chiamato a rispondere al seguente quesito: "problematiche legate ai
pazienti cronici ricoverati in aria critica" ha preso in considerazione l'intera problematica
dell'assistenza ai suddetti pazienti, dalla quale è espressamente esclusa qualsiasi
interruzione della terapia dell'assistenza rianimatoria, per quanto debbano essere protratte
nel tempo.
La complessità delle differenti patologie che ricadono nell'aria critica, richiede la
distinzione di almeno due tipologie di malati cronici:
a) quelli affetti da danno cerebrale presuntivamente irreversibile (ovviamente con
esclusione della morte encefalica) il quale comporta la necessità di un peculiare supporto
tecnico perché siano mantenuti in vita. In questo caso l'attenzione va posta sui due
possibili rischi in cui può incorrere l'intervento medico, rischi entrambi da evitare:
• accanimento terapeutico, nel continuare con terapie sproporzionate rispetto alle
oggettive speranze di ottenere effettivo miglioramento delle condizioni di vita del
paziente o di contenimento della patologia;
• cessazione della terapia intensiva, prima che si verifichi il caso di morte
encefalica, con conseguente anticipazione della morte.
b) quelli in stato vegetativo persistente, che non esclude la possibilità di un recupero più o
meno completo; questi pazienti conservano una parziale autonomia funzionale e non
sempre necessitano di speciali presidi tecnico-strumentali; essi hanno ritmo di vita
vegetativo autonomo, ma bisogno di molte cure ad hoc e di personale specializzato.
Entrambi questi gruppi di pazienti non sono da considerarsi malati terminali, in
quanto la loro vita vegetativa può continuare anche per anni.
La ricerca di una corretta risposta al quesito parte da una considerazione della
salute come diritto della persona. Tale diritto non ha solo una valenza giuridica, ma etica.
Nel nostro ordinamento giuridico esso si colloca fra i diritti costituzionalmente garantiti (art.
32 della Costituzione Italiana). A fronte di questo diritto si pone l"obbligato", nella scelta
della nostra Costituzione, e la comunità pubblica, cioè l'ente pubblico.
Il Comitato non ignora che qualsiasi soddisfazione di un bisogno soggiace alla
condizione della limitatezza delle risorse disponibili per attuarla. Ad essa non si sottrae
l'ente pubblico chiamato a rispondere al diritto alla salute di cui si è detto. Ciò pone il
problema delle priorità, che ha ancora un profilo giuridico e un profilo etico. Il Comitato
ritiene, però, che l'area che interessa il quesito, e cioè l'area "critica", non possa che
rientrare per intero di una priorità che potremmo definire assoluta, giacché qui si tratta di
salvaguardare un bene, che sia dal punto di vista giuridico sia dal punto di vista etico, è di
primaria importanza, trattandosi del bene della vita.
I problemi che si individuano all'interno dell"area critica" si presentano come
conseguenza di una patologia sostanzialmente nuova. Questa situazione pretende, perciò,
risposte vuole e articolate, secondo un percorso assistenziale coerente alla patologia
medesima.
Infatti, i malati cronici sopra individuati sotto la lettera a) hanno necessità di
un'assistenza che presuppone costante utilizzo di complesse apparecchiature
indispensabili per il mantenimento in vita del paziente; invece quelli sopra indicati alla
lettera b) abbisognano di un'assistenza diversa, che utilizza le "macchine" o non le utilizza
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affatto, ma pretende un grosso concorso di attiva presenza umana che si prenda cura
sollecita, amorevole e tecnicamente ineccepibile del paziente.
Il reparto di rianimazione e cure intensive è sopra dimensionato per quest'ultima
classe di pazienti che può vivere di vita vegetativa autonoma e quindi il permanere di
costoro in questi reparti costituisce una sottrazione di risorse ad altri pazienti bisognosi di
assistenza terapeutica più sofisticata. Essi, però, abbisognano di quella assistenza
particolare che si è sopra detta, in cui l'elemento umano gioca una parte preponderante,
ma le attuali strutture ospedaliere non forniscono reparti che risponda no a questi un
caratteristiche, sìcche il trasferimento in altri reparti risulta di fatto impossibile.
Una risposta adeguata a questa situazione deve pertanto prevedere:
1. La creazione nelle strutture ospedaliere locali di “spazi” fisici idonei, dove
alloggiarli ed assisterli, con posti letto dotati dei necessari dispositivi di monitoraggio e di
personale preparato; la prossimità del servizio di rianimazione permetterà di rispondere a
situazioni di emergenza. Tali spazi potranno anche reperirsi in strutture collocate in aree
viciniori nell'ambito regionale ed eventualmente in aree più lontane in altre regioni. A
questo proposito l'autorità sanitaria regionale dovrebbe comunque attrezzare o potenziare
una struttura di questo tipo da porre al servizio di tutto per le ASL della Liguria, stante la
evidente economicità e funzionalità di una tale soluzione.
2. La preparazione adeguata del personale di assistenza, così da non sottrarre
risorse umane al reparto di rianimazione, ma poter disporre comunque di persone
preparate tecnicamente e umanamente ad assistere tali pazienti. Chi presta questa
assistenza, invero, deve essere consapevole che il suo impegno non sarà
necessariamente confortato dal miglioramento delle condizioni di salute del malato; ed è
perciò mirato ad accompagnare il paziente in un percorso di vita limitata: peraltro un tale
impegno si qualifica come indispensabile perché questa vita, anche se spesso limitata, sia
resa possibile.
3. Il coordinamento con la famiglia del malato. Si è visto che il malato di cui alla
lettera b) nella catalogazione sopra effettuata, abbisogna di un'assistenza che, per sua
natura, può anche svolgersi presso il domicilio. In presenza di una famiglia fortemente
determinata a partecipare a questa assistenza (in nessun caso, perciò, un'assistenza
domiciliare può essere imposta), è ipotizzabile una collocazione del malato nell'ambito
familiare (ospedalizzazione domiciliare), con la collaborazione della mano pubblica che
fornisce l'aiuto necessario a garantire l'aspetto tecnicamente ineccepibile dell'assistenza
medesima (perciò: fornire una minima dotazione di attrezzature, di monitoraggio e/o di
respiratore, se richieste dalle particolare condizioni del paziente; assicurare periodica
presenza di personale medico ed infermieristico; preparare tecnicamente, ove possibile,
gli stessi familiari). Tale aiuto dovrebbe garantire altresì che l'assistenza domiciliare non
comporti per la famiglia un aggravio economico maggiore di quello che comporta
l'ospedalizzazione.
4. La preparazione del personale volontario che sia disponibile per sostenere
l'assistenza domicilio di cui al. 3., in modo da "dare respiro" alla famiglia ed evitare che i
membri della stessa abbiano a soffrire eccessivamente di tale impegno.
Il Comitato ritiene che un programma di questo tipo non richieda necessariamente
stanziamenti finanziari ulteriori rispetto a quelli già disponibili, ma una diversa distribuzione
delle risorse.
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Non si può trascurare che, quantitativamente, il fenomeno non va sui grandi numeri:
una indagine condotta presso gli ospedali della Liguria ha fornito cifre che non superano le
decine di unità. Ma a partire questo, il mutare del tessuto sociale (invecchiamento della
popolazione residente), delle patologie (attenuazione di malattie ieri di larga diffusione a
fronte dell'insorgerne di nuove), dell'utilizzo delle risorse umane (introduzione di rapporti di
lavoro part-time, oggi sufficienti a fronte di una diversa organizzazione dei servizi) possono
consentire questo trasferimento di mezzi economici, strumentali, umani, senza
impegnarne di nuovi.
Il Comitato ritiene, infine, che sia necessaria la sensibilizzazione dell'intero contesto
sociale di fronte non soltanto alla presenza ma altresì all'esperienza effettiva della
sofferenza, della malattia, della morte, esperienza in netto e drammatico contrasto con la
vita quotidiana. Diviene, quindi, necessario stimolare un ripensamento circa il rapporto tra
vita e morte, oggi rimosso dalla coscienza individuale e collettiva, ma ineliminabile dalla
realtà umana e ciò perché la comunità tutta comprenda le ragioni etiche e giuridiche che
indicano l'urgenza di certe scelte. In questo modo si avvia quella informazione corrette
chiara, perché tutti possano partecipare alle decisioni, nella consapevolezza che il
problema oggetto di riflessione di questo documento non compete solo alla ASL e alle
famiglie coinvolte ma a tutta la comunità.
Il Comitato si rende disponibile strumento per raggiungere questo scopo.
In questa direzione vede la possibilità di risposte fondate sulla solidarietà e sulla
capacità di "buon governo" del fenomeno.
Savona, 3 dicembre 1996
Componenti del Comitato Etico
Parere n. 2
Marensi Lorenzo
Pregliasco Paola
Lombardi Ricci Mariella
Ebbli Carlo
Becchino Franco
Bof Gianpiero
Spineto Natale
Voersio Gabriella
Coordinatore
Vice Coordinatore
Bioeticista
Medico anestesista rianimatore
Giurista
Teologo
Filosofo
Segretaria verbalizzante
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