CON GESÙ SERVO A SERVIZIO DELLA CHIESA
ADORAZIONE EUCARISTICA
Contemplando il mistero di Cristo, consegnato per dare tutto se
stesso, preghiamo particolarmente, oggi, per Papa Benedetto XVI.
Come successore di Pietro egli ha accettato la guida del gregge di Dio
e come servo buono e fedele riconsegna a Lui la sua vigna perché altri
la potino, la irrighino e ne colgano i frutti. Ringraziamo il Signore
per il dono del suo ministero e lo accompagniamo nel silenzio che lo
introdurrà alle insondabili ricchezze di Dio: la sua preghiera, con
quella di tutta la Chiesa sia sacrificio di soave odore per la salvezza
della messe.
Canto di esposizione
G. Lodiamo il Signore nostro Dio
T. il suo amore è per sempre
G. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra
d’angolo
T. il suo amore è per sempre
G. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del
Signore
T. il suo amore è per sempre
G. Lodiamo e adoriamo il Signore nostro Dio
T. il suo amore è per sempre
G. Concentriamo tutta la nostra attenzione su Colui che si
mostra agli occhi della nostra fede:
Solista: Gloria a colui che mai poté essere misurato da noi.
Il nostro cuore è troppo piccolo per lui,
e debole anche la nostra mente.
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Gloria a colui che sa tutto,
e che si è sottomesso a domandare, per ascoltare
e apprendere ciò che [già] sapeva,
per rivelare, con le sue domande,
il tesoro dei suoi benefici.
Benedetto il pastore divenuto
agnello per la nostra propiziazione.
Benedetto il tralcio divenuto coppa della nostra salvezza.
Benedetto il grappolo, fonte del farmaco della vita.
Benedetto anche l'agricoltore, lui che divenne
il chicco seminato e il covone mietuto,
l'architetto fattosi torre del nostro rifugio.
Benedetto colui che si è messo nei sensi delle nostre menti
per cantare sulle nostre cetre ciò che non può cantare
la bocca di un volatile nelle sue melodie.
Gloria a colui che scese diventando uno di noi,
affinché noi diventassimo celesti. (Efrem Siro)
Silenzio
G. Il tempo di quaresima è caratterizzato da una speciale
ricchezza di significati e da una particolare abbondanza di
Parola di Dio. Con essa siamo introdotti alla celebrazione
annuale del mistero pasquale di Gesù Cristo, mistero
inscindibile di morte e resurrezione, di sofferenza e di
salvezza, nel quale risplende come mai la forza e la grandezza
dell'amore che il nostro Dio ha per noi.
Oggi ascoltiamo un breve brano dagli scritti di san Paolo che
ci offre una possibile chiave di comprensione di quanto la
Chiesa sta vivendo: l'inno cristologico della lettera ai
Filippesi.
Ascoltiamo:
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Lett1: Dalla lettera ai Filippesi (2,6-11)
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne
un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo, diventando simile agli
uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se
stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di
croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di
sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio
si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua
proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
Silenzio
G.: Ascoltiamo ora una riflessione su questo cantico.
Lett2: Dai discorsi di s.s. Benedetto XVI (1 giugno 2005)
Cristo incarnato e umiliato nella morte più infame, quella della
crocifissione, è proposto come un modello vitale per il
cristiano. Questi, infatti, come si afferma nel contesto deve
avere «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (v. 5) ,
sentimenti di umiltà e di donazione, di distacco e di generosità.
Egli, certo, possiede la natura divina con tutte le sue
prerogative. Ma questa realtà trascendente non è interpretata e
vissuta all’insegna del potere, della grandezza, del dominio.
Cristo non usa il suo essere pari a Dio, la sua dignità gloriosa e
la sua potenza come strumento di trionfo, segno di distanza,
espressione di schiacciante supremazia (cfr v. 6). Anzi, egli
«spogliò», svuotò se stesso, immergendosi senza riserve nella
misera e debole condizione umana. […] Quella di Cristo è la
realtà divina in un’esperienza autenticamente umana. Egli è
veramente il «Dio-con-noi», che non si accontenta di guardarci
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con occhio benigno dal trono della sua gloria, ma si immerge
personalmente nella storia umana, divenendo «carne», ossia
realtà fragile, condizionata dal tempo e dallo spazio (cfr Gv
1,14) .Questa condivisione radicale della condizione umana,
escluso il peccato (cfr Eb 4,15), conduce Gesù fino a quella
frontiera che è il segno della nostra finitezza e caducità, la
morte. L’Apostolo aggiunge che la morte a cui Gesù va
incontro è quella di croce, ossia la più degradante, volendo così
essere veramente fratello di ogni uomo e di ogni donna,
costretti a una fine atroce e ignominiosa. Ma proprio nella sua
passione e morte Cristo testimonia la sua adesione libera e
cosciente al volere del Padre, come si legge nella Lettera agli
Ebrei: «Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che
patì» (Eb 5,8)
Silenzio
G. Preghiamo contemplando il mistero di dolore e di amore
vissuto per noi da Gesù e lasciando che esso riempia e
trasformi il nostro cuore:
Solista:- Queste sofferenze per me Tu hai sofferto, o Dio di tutti.
- Ti sei tenuto in piedi nel tribunale della creatura, in una
natura che era la mia; non hai parlato, Tu che doni la parola;
non hai alzato la voce, Tu che crei la lingua; non hai gridato.
-O Fonte della vita, t’han preparato, per portare lo strumento
di morte. Con magnanimità Tu l’hai accolto,
l’hai preso
con dolcezza, l’hai sollevato con pazienza; Ti sei caricato,
come fossi un colpevole, del legno dei dolori!
- Ti hanno disteso sull’altare della Croce come una vittima; Ti
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hanno inchiodato quasi Tu fossi un malfattore; Ti hanno
inchiodato come un ribelle; Tu che sei la Pace celeste
- Tu che sei la causa della vita, come degno d’esser distrutto
dalla morte; Tu che hai esposto l’Evangelo,
come un
bestemmiatore della Legge; il Signore e il compimento dei
Profeti,
come un trasgressore delle Scritture; Tu che sei il
raggio di gloria e il sigillo di pensieri insondabili del Padre
(Eb 1,3).
(Gregorio di Narek)
Canto
G.: Come discepolo di Gesù ogni cristiano deve spogliare se
stesso, abbassarsi, per condividere nel servizio tutto il suo
essere a beneficio dei fratelli. Ce ne stanno dando esempio le
guide che il Signore ha donato alla sua Chiesa, ce ne ha dato
prova ultimamente Papa Benedetto XVI.
Dagli scritti di S. Annibale
Dichiaro che quale cristiano, quale sacerdote indegno della
Chiesa Cattolica, quale appartenente ad una Congregazione
che ha per oggetto primario l’incremento del sacerdozio, avrò
il più grande rispetto, la più illimitata soggezione verso il
Sommo Romano Pontefice. Lo guarderò e lo riguarderò, fino
all’ultimo respiro della mia vita, come la persona stessa di
Nostro Signore Gesù Cristo e con lo stesso amore lo amerò e gli
obbedirò. Tutti gli interessi del Sommo Pontefice saranno
interessi vivissimi del mio cuore.
Silenzio
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G.: Preghiamo con le parole di P. Annibale:
O Dio onnipotente ed eterno che hai stabilito la Chiesa
perché continui l’opera dell’umana redenzione,
degnati di benedire e di far crescere nella santità e nelle buone
opere
tutta la Gerarchia ecclesiastica, il Sommo Pontefice, i cardinali,
i vescovi e i pastori della Chiesa.
Ti supplichiamo nel Nome Santissimo di Gesù e per tutti i suoi
meriti,
affinché, con la tua grazia efficace e con le tue potenti
ispirazioni,
nelle diocesi e nelle città tutti i sacerdoti si riuniscano in vita
comune e santa,
abitino santamente insieme, siano sottratti dal mondo,
siano tolti da tutte le occasioni di rilassamento e, riuniti
insieme,
attendano alla propria santificazione, alla tua maggiore gloria,
e alla salute di tutte le anime mediante un fervoroso e zelante
esercizio
del grande ministero sacerdotale.
G.: E ora esprimiamo il nostro impegno per l’edificazione della
Chiesa:
Ci siamo impegnati noi e non gli altri, unicamente noi e non gli
altri.
Né chi sta in alto, né chi sta in basso; né chi crede, né chi non
crede.
Ci siamo impegnati.
Senza pretendere che altri si impegni con noi o per suo conto,
come noi o in altro modo.
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Ci siamo impegnati senza giudicare chi non si impegna
senza accusare chi non si impegna
senza condannare chi non si impegna
senza cercare perché non si impegna.
Sappiamo di non poter nulla su alcuno, né vogliamo forzare la
mano ad alcuno,
devoti come siamo e come intendiamo essere al libero
movimento di ogni spirito
più che al successo di noi stessi o dei nostri convincimenti.
Noi non possiamo nulla sul nostro mondo, su questa realtà che
è il nostro mondo di fuori,
poveri come siamo e come intendiamo rimanere.
Se qualcosa sentiamo di potere – e lo vogliamo fortemente –
è su di noi, soltanto su di noi.
Il mondo si muove se noi ci muoviamo
si muta se noi ci mutiamo, si fa nuovo se alcuno si fa nuova
creatura
imbarbarisce se scateniamo la belva che è in ognuno di noi.
L’ordine nuovo incomincia se alcuno si sforza di divenire
uomo nuovo.
Ci siamo impegnati per trovare un senso alla vita a questa vita,
alla nostra vita;
una ragione che non sia una delle tante ragioni che ben
conosciamo e che non prendono il cuore;
un utile che non sia una delle solite trappole generosamente
offerte da chi la sa lunga.
Si vive una sola volta e non vogliamo essere giocati, in nome di
qualche piccolo interesse.
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Non ci interessa la carriera, non ci interessa il denaro,
non ci interessa il successo né di noi stessi, né delle nostre idee.
Non ci interessa di passare alla storia
ci interessa di perderci per qualcosa e per qualcuno che
rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
Ci siamo impegnati noi per riordinare il mondo, non per rifarlo
su misura; ma per amarlo.
Perché noi crediamo all’amore, la sola certezza che non teme
confronti,
la sola che basta per impegnarci perdutamente.
(Primo Mazzolari)
Canto finale
Manda, Signore, apostoli santi nella tua Chiesa!
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