verso le provinciali 2013

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…VERSO LE PROVINCIALI 2013
PER QUALE TRENTINO VORREMMO LAVORARE
SINTESI A CURA DELLA
TRENTO, 05 OTTOBRE 2013
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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«Il progresso umano non è automatico, né inevitabile.
Dobbiamo accettare il fatto che domani è oggi,
confrontarci con la furiosa urgenza del presente.
In questo groviglio di vita e di storia che si sta dipanando,
potrebbe essere troppo tardi [...]. Potremmo implorare il tempo di interrompere
per un attimo il suo viaggio, ma il tempo è sordo a ogni richiesta e corre via.
Sulle ossa sbiancate e i resti abbandonati di numerose civiltà, vi è una triste
scritta: troppo tardi».
( Martin Luther King Jr., Dove stiamo andando: verso il caos o la comunità? Ed. sei 1970)
«A nessuno sfugge la questione morale nella conduzione della vita pubblica;
ma una sia pur breve riflessione fa comprendere la complessità delle attività
sociali e delle opzioni politiche che si impongono per il bene di tutti, oltre al
fatto della rettitudine da conservare nel turbinio del bailamme di opinioni, di
tesi, di pressioni che giungono attraverso i media e le vie informatiche. Una
soluzione non è certamente quella suicidaria di chiudersi nel guscio
individualista, ma resta la questione del come determinare al meglio le scelte
che dunque come co-responsabili nella società siamo chiamati a compiere».
(S.E.Mons. Luigi Bressan, dal messaggio introduttivo per il nuovo anno della Scuola diocesana per
la Politica, l’Economia e il Sociale 2013-14)
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INTRODUZIONE
L’appuntamento delle elezioni provinciali dell’ottobre 2013 chiama anche
ciascuno di noi ad un voto consapevole per il bene della comunità trentina,
non solo per i prossimi cinque anni, ma anche per il prossimo futuro.
Questa fascicolo nasce da una proposta del direttivo della Scuola
diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale (SPES) che è stata accolta da un
gruppo di partecipanti ai corsi effettuati dal 2009 al 2013; esso vuole essere,
inoltre, una possibilità per una maggiore partecipazione democratica e
valorizzazione della responsabilità di chi ha fatto un percorso di formazione. Dal
percorso di riflessione suddiviso in sette ambiti elaborato dal direttivo, i gruppi
di lavoro si sono concentrati su quattro di essi: dal lavoro di tutti nasce questo
piccolo strumento, umile e sicuramente incompleto, che speriamo possa essere
utile e possa contribuire per ulteriori riflessioni e iniziative, sia come cittadini
elettori sia come candidati e poi amministratori, premessa del futuro cammino
insieme per il bene comune. Questo strumento inoltre sarà affidato alla
riflessione delle comunità cristiane.
Gli argomenti sono stati così suddivisi e introdotti da sintetiche schede:
AMBIENTE E TERRITORIO
ISTITUZIONI E AUTONOMIA
ISTRUZIONE E FORMAZIONE
LAVORO ECONOMIA POVERTA’
POLITICHE GIOVANILI
POLITICHE FAMILIARI
WELFARE
Di questi, quattro sono stati ulteriormente approfonditi e sviluppati con
proposte e criticità nei lavori di gruppo:
AMBIENTE E TERRITORIO
ISTITUZIONI E AUTONOMIA
LAVORO ECONOMIA POVERTA’
WELFARE
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SINTESI E INDICE
AMBIENTE E TERRITORIO:
Pag 6
questo ambito, per una comunità come quella del Trentino, si presta a raccogliere diversi temi sia
specifici che trasversali. In Trentino le tematiche relative ad Ambiente e risorse naturali, fanno capo
all’Assessorato ai lavori pubblici, ambiente e trasporti e all’Agenzia Provinciale per la Protezione
dell’Ambiente.
ISTITUZIONI E AUTONOMIA
Pag 15
“L’aspetto che qui interessa è l’inclusione dei cittadini nei processi decisionali degli Enti
Pubblici. Essa può manifestarsi, in positivo, mediante l’apertura delle Istituzioni alla partecipazione
o, in negativo, mediante lo sviluppo di conflitti che le Amministrazioni non riescono a gestire e
risolvere.” (Da documento della PAT del maggio 2008, legato al Convegno “Qualità della
democrazia, Partecipazione e Governace”).
ISTRUZIONE E FORMAZIONE:
Pag 21
LAVORO ECONOMIA POVERTA’:
Pag 24
Libertà educativa ed investimenti in questo settore. Maggiore collegamento tra scuola e mondo del
lavoro. Tematiche possibili collegate al tema: ragioniamo sulla tendenza a tagliare gli investimenti
per l’educazione (Scuola, Formazione, Università e Ricerca). Riflessione dell’istruzione tecnica e
della formazione professionale: contribuisce al mantenimento di un valido settore artigianale e
imprenditoriale? Istituti di ricerca: la ricerca sviluppata in Trentino a cosa deve rivolgere
un'attenzione particolare?
“Si riduce la domanda di lavoro e soprattutto quella delle generazioni in ingresso; si altera il normale
ciclo di turn-over perché l’intervento sui pensionamenti procrastina l’uscita dal mercato delle fasce
lavorative più anziane; emergono le conseguenze negative del loro coinvolgimento in rapporti a
termine a causa dei mancati rinnovi dei contratti che determinano uscite forzose dal mercato del
lavoro.” (Dall’utimo Rapporto sull’occupazione dell’Agenzia del Lavoro di Trento) Ci sembra
necessario pensare a tutte le categorie di lavoratori. La prima causa di povertà economica deriva da
un mancato sviluppo.
POLITICHE GIOVANILI:
Cambiare la prospettiva: c’è bisogno di puntare sul protagonismo giovanile e sul binomio giovanerisorsa, invece che giovane-problema.
POLITICHE FAMILIARI:
Numerose sono le leggi nel nostro territorio, ma soprattutto sono volte più a sostenere il bisogno
materiale che ad incentivare una vera e propria “Politica per la Famiglia”. Come correggere la
tendenza all’individualismo nella famiglia?
WELFARE:
Pag 32
Pag 36
Pag 42
Con la parola ‘welfare’ indichiamo le funzioni svolte dallo Stato sociale per garantire il benessere dei
suoi cittadini: vediamo come si concretizza attualmente questo tema nella dimensione provinciale.
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AMBIENTE E TERRITORIO
PREMESSA:
L’ambito ambiente e territorio, per una comunità come quella del Trentino, si
presta a raccogliere diversi temi sia specifici che trasversali. Queste
osservazioni cercano di concentrarsi sui temi principali, in base anche al criterio
utilizzato dalla Provincia Autonoma di Trento, per le strutture provinciali di
riferimento.
In Trentino le tematiche relative ad ambiente e risorse naturali, fanno
capo all’Assessorato ai lavori pubblici, ambiente e trasporti e all’Agenzia
Provinciale per la Protezione dell’Ambiente.
La storia è molto ricca di citazioni e di episodi che confermano
l’importanza del territorio e dell’ambiente: “la nostra terra è la cosa più cara
che abbiamo al mondo ed è molto importante per noi conservarla” (Geronimo,
1829-1909, capo indiano Apache Chiricahua).
Spesso però viviamo il rapporto con il territorio e con l’ambiente, senza la
necessaria consapevolezza che sono dei beni limitati e che il mantenimento e la
conservazione necessitano di politiche, visioni, responsabilità singole e
collettive di lungo periodo.
L’urbanizzazione, le infrastrutture (strade, strutture produttive,
strutture sportive, ecc), la politica della mobilità, le politiche della gestione dei
rifiuti e della depurazione, l’utilizzo e lo sviluppo delle fonti energetiche
naturali, lo sviluppo delle attività sostenibili (agricoltura, artigianato, turismo,
ricerca, ecc), la tutela e la valorizzazione delle biodiversità: questi sono solo
alcuni dei temi verso i quali concentrare l’attenzione del gruppo di lavoro, per
tracciare una sorta di agenda, in base alle diverse esperienze e sensibilità.
Un documento interessante al quale riferirsi può essere il documento
finale del PA.S.SO. Patto per lo sviluppo sostenibile del Trentino, approvato
dalla Giunta PAT recentemente. Cercare di comprendere meglio, la posizione
dei diversi candidati rispetto alle tematiche e agli impegni dichiarati in questo
documento, potrebbe essere già un buon punto di partenza. (www.passo.tn.it)
Anche la posizione rispetto al tema della mobilità con il Progetto
Transdolomites, Ferrovia del Brennero, completamento Valdastico, sono temi
sensibili per diverse persone interpellate in questi giorni.
Un argomento che da sempre è centrale per il territorio e l’ambiente, e
che più di altri abbisogna di visioni di lungo termine è quello dell’urbanizzazione
sia per l’aspetto della pianificazione che per l’aspetto della qualità e
sostenibilità, oltre che per l’accessibilità. L’affidamento della pianificazione
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urbanistica alle Comunità di Valle, pur all’interno del Piano urbanistico
Provinciale, può essere una novità, ma anche su questo tema molte persone
sono preoccupate per l’impatto che gli interessi locali possono avere su queste
pianificazioni.
Un capitolo a parte che di fatto è trasversale anche all’ambito territorio
e ambiente, è quello che riguarda il produrre e il consumare, secondo un
approccio più sostenibile. La ricerca e la volontà di favorire la crescita di nuovi
stili di vita più sostenibili, è ovviamente una tematica molto ampia, che
richiede una forte consapevolezza e sinergia tra ente pubblico e cittadino.
Anche su questo sarà importante comprendere le diverse posizioni e proposte,
in un momento dove comunque si stanno compiendo delle scelte importanti in
diversi settori (agricoltura, turismo, energia, mobilità, ecc) che saranno
destinate ad influenzare gli stili di vita.
RIFERIMENTI E ALLEGATI PER LA RIFLESSIONE E L’APPROFONDIMENTO:
POSSIBILI FONTI PER DATI:
PA.S.SO. Il patto per lo sviluppo sostenibile del Trentino :
www.passo.tn.it
Documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo
sostenibile, Rio de Janeiro 20-22 giugno 2012:
http://www.comitatoscientifico.org/temi%20SD/documents/Il%20futu
ro%20che%20vorremmo.pdf
7° Rapporto sullo stato dell’Ambiente – 2012:
www.appa.provincia.tn.it/rapporto_ambiente_2012
ALLEGATI PER LA RIFLESSIONE E L’APPROFONDIMENTO:
CREAZIONE: definizione di Creazione da Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Dizionario di Dottrina sociale della Chiesa, ed.
LAS, pg. 161-162
ECOLOGIA: definizione da Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace, Dizionario di Dottrina sociale della Chiesa, ed. LAS, pg. 161-162
IL PRINCIPIO DEL BENE COMUNE:
Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il
principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi
per trovare pienezza di senso. Secondo una prima e vasta accezione, per bene
comune s'intende « l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che
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permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria
perfezione più pienamente e più celermente ».
Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni
particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è
e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile
raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l'agire
morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l'agire sociale giunge a
pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso
come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale. (Compendio della
Dottrina sociale della Chiesa-CDSC n.164)
Il bene comune impegna tutti i membri della società: nessuno è
esentato dal collaborare, a seconda delle proprie capacità, al suo
raggiungimento e al suo sviluppo.
Il bene comune esige di essere servito pienamente, non secondo visioni
riduttive subordinate ai vantaggi di parte che se ne possono ricavare, ma in
base a una logica che tende alla più larga assunzione di responsabilità. Il bene
comune è conseguente alle più elevate inclinazioni dell'uomo, ma è un bene
arduo da raggiungere, perché richiede la capacità e la ricerca costante del bene
altrui come se fosse proprio. (CDSC n.167)
Il bene comune coincide soprattutto con la qualità della vita umana,
più che con la quantità delle disponibilità materiali. Pertanto si deve concludere
che una concezione adeguata del bene comune – dice Giovanni Paolo II – esige,
in primo luogo, il rispetto per l’ambiente («Non si può fare impunemente uso
delle diverse categorie di esseri, viventi o inanimati, animali, piante, elementi
naturali, come si vuole, a seconda delle proprie esigenze economiche»);
richiede, in secondo luogo, la moderazione dell’uso delle risorse naturali
(«Usarle come se fossero inesauribili, con assoluto dominio, mette seriamente
in pericolo la loro disponibilità non solo per la generazione presente, ma
soprattutto per quelle future»); infine, una visione adeguata del bene comune
impone la dovuta attenzione alla qualità della vita, messa in pericolo
soprattutto da un certo tipo di sviluppo disordinato, il cui risultato – lo
sappiamo tutti - «è, sempre più di frequente, la contaminazione dell’ambiente,
con gravi conseguenze per la salute della popolazione». (B. Sorge, Introduzione
alla Dottrina sociale della Chiesa, ed. Queriniana, pg. 164-165)
L’AMBIENTE NELLA «CARITAS IN VERITATE»
(Nota: le questioni ambientali sono trattate in particolare nel Cap.
Quarto “Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente” par.48-51)
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48. Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che
nascono dal rapporto dell'uomo con l'ambiente naturale. Questo è stato
donato da Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i
poveri, le generazioni future e l'umanità intera. Se la natura, e per primo
l'essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo
evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze.
Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell'intervento
creativo di Dio, che l'uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i
suoi legittimi bisogni — materiali e immateriali — nel rispetto degli intrinseci
equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l'uomo finisce o per
considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne.
Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della
natura, frutto della creazione di Dio.
49. Le questioni legate alla cura e alla salvaguardia dell'ambiente devono oggi
tenere in debita considerazione le problematiche energetiche.
L'accaparramento delle risorse energetiche non rinnovabili da parte di alcuni
Stati, gruppi di potere e imprese costituisce, infatti, un grave impedimento per
lo sviluppo dei Paesi poveri. Questi non hanno i mezzi economici né per
accedere alle esistenti fonti energetiche non rinnovabili né per finanziare la
ricerca di fonti nuove e alternative. L'incetta delle risorse naturali, che in molti
casi si trovano proprio nei Paesi poveri, genera sfruttamento e frequenti
conflitti tra le Nazioni e al loro interno. Tali conflitti si combattono spesso
proprio sul suolo di quei Paesi, con pesanti bilanci in termini di morte,
distruzione e ulteriore degrado. La comunità internazionale ha il compito
imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento
delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione anche dei Paesi poveri, in
modo da pianificare insieme il futuro.
50. Questa responsabilità è globale, perché non concerne solo l'energia, ma
tutto il creato, che non dobbiamo lasciare alle nuove generazioni depauperato
delle sue risorse. All'uomo è lecito esercitare un governo responsabile sulla
natura per custodirla, metterla a profitto e coltivarla anche in forme nuove e
con tecnologie avanzate in modo che essa possa degnamente accogliere e
nutrire la popolazione che la abita. C'è spazio per tutti su questa nostra terra:
su di essa l'intera famiglia umana deve trovare le risorse necessarie per vivere
dignitosamente, con l'aiuto della natura stessa, dono di Dio ai suoi figli, e con
l'impegno del proprio lavoro e della propria inventiva. Dobbiamo però avvertire
come dovere gravissimo quello di consegnare la terra alle nuove generazioni
in uno stato tale che anch'esse possano degnamente abitarla e ulteriormente
coltivarla. Ciò implica l'impegno di decidere insieme, «dopo aver ponderato
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responsabilmente la strada da percorrere, con l'obiettivo di rafforzare
quell'alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio
dell'amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in
cammino » [120].
51. Le modalità con cui l'uomo tratta l'ambiente influiscono sulle modalità con
cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere
seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline
all'edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano
[122]. È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad
adottare nuovi stili di vita, “nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e
la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi
che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” [123].
Ogni lesione della solidarietà e dell'amicizia civica provoca danni ambientali,
così come il degrado ambientale, a sua volta, provoca insoddisfazione nelle
relazioni sociali. La natura, specialmente nella nostra epoca, è talmente
integrata nelle dinamiche sociali e culturali da non costituire quasi più una
variabile indipendente. La desertificazione e l'impoverimento produttivo di
alcune aree agricole sono anche frutto dell'impoverimento delle popolazioni
che le abitano e della loro arretratezza. Incentivando lo sviluppo economico e
culturale di quelle popolazioni, si tutela anche la natura. (……)
Per salvaguardare la natura non è sufficiente intervenire con incentivi o
disincentivi economici e nemmeno basta un'istruzione adeguata. Sono, questi,
strumenti importanti, ma il problema decisivo è la complessiva tenuta morale
della società. Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si
rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell'uomo, se si
sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per
perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia
ambientale. È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto
dell'ambiente naturale, quando l'educazione e le leggi non le aiutano a
rispettare se stesse.
LO SVILUPPO SOSTENIBILE Il futuro che vogliamo
Documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo
sostenibile, Rio de Janeiro 20-22 giugno 2012
Nota: la numerazione si riferisce alla traduzione italiana a cura della
Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
(http://www.comitatoscientifico.org/temi%20SD/documents/Il%20fut
uro%20che%20vorremmo.pdf)
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Riconosciamo che la democrazia, il buon governo e lo Stato di diritto, al livello
nazionale e internazionale, nonché un ambiente abilitante, sono essenziali per
lo sviluppo sostenibile, compresa la crescita economica sostenuta ed inclusiva,
lo sviluppo sociale, la tutela ambientale e lo sradicamento della povertà e
della fame. Ribadiamo che per raggiungere i nostri obiettivi di sviluppo
sostenibile abbiamo bisogno di istituzioni a tutti i livelli, che siano efficaci,
trasparenti, responsabili e democratiche. (n.10)
Incoraggiamo le autorità regionali, nazionali, subnazionali e locali, secondo i
casi, a sviluppare e utilizzare strategie di sviluppo sostenibile come strumenti
chiave per guidare il processo decisionale e l'attuazione dello sviluppo
sostenibile a tutti i livelli, e in questo senso ci rendiamo conto che sono
importanti nei processi decisionali i dati integrati, sociali, economici e
ambientali, e le informazioni, così come l’analisi efficaci e le valutazioni
dell'attuazione. (n.98)
Sottolineiamo la necessità di garantire l'impegno politico a lungo termine per
lo sviluppo sostenibile, tenendo conto delle circostanze e delle priorità nazionali
e, a questo proposito, incoraggiamo tutti i paesi a intraprendere le azioni e le
misure necessarie per realizzare lo sviluppo sostenibile. (n.103)
V. Quadro per l’azione e il follow-up (in questa sezione sono indicate alcune
possibili azioni nelle diverse aree tematiche indicate di seguito)
A. Aree tematiche e questioni trasversali:
acqua, energia, turismo sostenibile, trasporto sostenibile, città e insediamenti
urbani sostenibili, riduzione del rischio disastri, foreste, biodiversità, degrado
del suolo, montagne, rifiuti, educazione…..ecc…
CONCLUSIONI DEL GRUPPO DI LAVORO:
Il Gruppo di lavoro, ha cercato di concentrare la propria analisi e valutazione su
alcuni aspetti trasversali al tema Ambiente e Territorio, per arrivare poi a
individuare tre macro-aree, rispetto alle quali è molto importante conoscere il
pensiero e la visione dei candidati alla guida del prossimo Governo Provinciale.
Il gruppo di lavoro ha valutato anche i contenuti del progetto P.A.S.S.O. e le
analisi e le proposte in esso contenute, può rappresentare un punto di
confronto e di partenza significativo.
Concetti trasversali
Il Gruppo di lavoro ha individuato due concetti trasversali alle aree tematiche
identificate come significative per il territorio trentino rispetto al tema
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“Ambiente e Territorio”.
In particolare sono emersi:
1) l’importanza di considerare la PERSONA UMANA al centro dell’ambiente e
delle questioni ad esso collegate; ambiente e territorio, dove le persone vivono,
svolgono le loro attività secondo delle norme che possano essere rispettate e
che siano sostenibili. In quest’ottica anche le scelte politico-economiche
dovrebbero essere pensate ed attuate in questa prospettiva;
2) l’approccio all’ambiente e alle sue problematiche dipende in gran parte
anche dal MODELLO di SVILUPPO che si intende portare avanti per il territorio
trentino; è quanto mai necessario, alla luce delle nuove esigenze e stili di vita
(economica, sociale, politica), immaginare e operare per un modello di sviluppo
ritagliato sulle reali potenzialità e possibilità del Trentino.
La definizione del tipo di sviluppo che si vuole perseguire per il Trentino, inteso
in tutte le sue componenti, permetterà di declinare in un secondo momento le
proposte progettuali e le azioni concrete.
Il modello di sviluppo dovrebbe anche il più possibile essere CONDIVISO sia a
livello governativo sia a livello di cittadinanza, attraverso strumenti agili e
concreti.
Il gruppo di lavoro ritiene inoltre importante che chi si appresta a proseguire o
iniziale il percorso di amministratore pubblico sia a conoscenza di quanto è
stato fatto o non fatto dalle amministrazioni precedenti, non solo per poter
disporre di un Bilancio di Legislatura, ma per appropriarsi di un BILANCIO di
CONOSCENZE.
Aree tematiche
I temi e le problematiche emersi sono stati molti e il gruppo ha individuato tre
macro-aree che raggruppano tematiche affini. Le 3 aree tematiche sono le
seguenti:
- ENERGIA/RISORSE AMBIENTALI/RIFIUTI
- MOBILITA’/URBANISTICA/PAESAGGIO
- LEGISLAZIONE e BUROCRAZIA
ENERGIA/RISORSE AMBIENTALI/RIFIUTI
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Per quanto riguarda l’energia si evidenzia l’importanza di migliorare progetti e
programmi indirizzati al miglioramento dell’efficienza energetica. L’utilizzo di
fonti alternative dovrebbe essere valutato in base alle reali possibilità e
disponibilità del territorio Trentino senza ricorrere a fonti che non potrebbero
essere sfruttate al meglio sul territorio con una precisa individuazione dei costi
e dei benefici (es: biomasse solo se esiste una filiera corta di fornitura della
materia prima).
Il problema dei rifiuti dovrebbe prevedere un’attenta valutazione delle filiere
di recupero e, oltre ad incentivare una corretta raccolta differenziata, rafforzare
i progetti di informazione e sensibilizzazione a favore di uno stile di consumo
basato sull’importanza di produrre meno rifiuti. La ricerca e la volontà di
favorire la crescita di nuovi stili di vita più sostenibili rappresenta un tema molto
articolato e importante, che richiede una forte consapevolezza e sinergia tra
cittadinanza e Governo Provinciale.
E’ necessario trovare soluzioni percorribili adatte per affrontare il problema
dei rifiuti.
La Provincia ha da poco approvato il Documento P.A.S.S.O (Patto per lo
sviluppo sostenibile): tenere conto dell’analisi in esso contenuta e prevedere
un miglioramento degli indici potrebbe essere un buon punto di partenza.
URBANISTICA/MOBILITA'/PAESAGGIO
Il Piano Urbanistico Provinciale (PUP) deve essere attuato soprattutto per
quanto riguarda la pianificazione del paesaggio. È opportuno insistere sul
recupero dei centri storici e dei volumi già edificati, sia nei centri abitati che in
aree agricole, attraverso le modifiche opportune alle normative, per rendere
tale percorso maggiormente realizzabile.
In particolare in materia urbanistica sarà importante per il futuro un maggior
coordinamento nella pianificazione paesaggistica e anche nella realizzazione di
opere comunali o sovracomunali, al fine di arrivare ad una percezione più
omogenea del nostro territorio e di limitare l'utilizzo di territorio, per le nuove
costruzioni.
Il tema della mobilità si accompagna a molte riflessioni e grandi opere in fase di
progettazione. E’ importante prevedere progetti commisurati sull’idea di
sviluppo che si intende portare avanti e progetti che siano sostenibili nel
tempo.
All’urbanistica e alla mobilità si associa il problema legato alla tutela del
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paesaggio: il Trentino è un territorio montano che ne caratterizza fortemente il
paesaggio. Dobbiamo assolutamente, non perdere questa connotazione, in
quanto unica e fondamentale per la percezione attuale e futura del nostro
territorio.
Per il futuro sarà necessario favorire lo sviluppo di attività produttive e
turistiche con un basso impatto ambientale (agricoltura sostenibile, turismo
diffuso, ecc) al fine di aumentare il valore aggiunto territoriale. La
consapevolezza della disponibilità limitata di territorio per le attività produttive,
deve diventare una leva competitiva e specifica nei confronti di territori dove è
possibile sviluppare attività produttive espansive.
LEGISLAZIONE e BUROCRAZIA
Il cittadino, le imprese, le associazioni si scontrano spesso con norme e
leggi che complicano spesso l’avvio di attività e progetti. Sebbene la
legislazione sia necessaria essa deve essere a favore della comunità e non
presentarsi come un ostacolo. Il gruppo di lavoro suggerisce di valutare la
unificazione e la semplificazione della legislazione relativa ad ambiente e
territorio con la possibilità di arrivare ad uno sportello "unico" per tutte le
questioni relative all'urbanistica e all'avvio o allo sviluppo delle attività
produttive che hanno un impatto sul territorio.
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ISTITUZIONI E AUTONOMIA
PREMESSA:
“Tutto ciò che è istituito dall’uomo ed è regolato da leggi e normative civili o
religiose, in opposizione a ciò che è naturale. Per cui abbiamo Istituzioni Sociali,
Politiche, Religiose e Giuridiche”
Tenuto conto delle finalità del documento, le considerazioni e le note saranno
riferite e circoscritte precipuamente alle Istituzioni Pubbliche.
Una piccola premessa può essere di ausilio al discorso da sviluppare e al
riguardo citiamo alcune righe ricavate dalla premessa di un documento della
PAT del maggio 2008, legato al Convegno “Qualità della democrazia,
Partecipazione e Governace”.
E’ ormai generalmente riconosciuto che una componente essenziale della
qualità della democrazia risiede nella capacita delle Istituzioni di coinvolgere la
società civile nelle scelte pubbliche o, all’inverso, di interloquire con le pressioni
o anche con le proteste dei cittadini, evitando che i conflitti si perpetuino come
giochi a somma zero. L’aspetto che qui interessa è l’inclusione dei cittadini nei
processi decisionali degli Enti Pubblici. Essa può manifestarsi, in positivo,
mediante l’apertura delle Istituzioni alla partecipazione o, in negativo,
mediante lo sviluppo di conflitti che le Amministrazioni non riescono a gestire e
risolvere.
Da questo assunto, è possibile ora cercare di connotare alcune questioni che
compongono il quadro di possibile interesse. È necessario peraltro precisare che
quanto verrà riportato esclude riferimenti a normative e note costitutive di Enti
e/o Istituti, limitando le indicazioni a riferimenti e opinioni personali ricavate da
un lato, da esperienze amministrative passate e dall’altro dalla quotidianità di
cittadino.
Il primo ragionamento richiama le caratteristiche che debbono presidiare a chi
intende assumere cariche pubbliche, e riguardano la rappresentanza e la
rappresentatività o meglio ciò che una persona deve possedere per esercitare
la rappresentanza e nel contempo poter essere rappresentativo.
La questione richiede l’attivazione e il possesso, quanto alla rappresentatività,
di caratteristiche personali che diano una qual sicurezza di qualità per assumere
l’onere della rappresentanza. A tal riguardo, oltre a possedere dei requisiti
personali di valore, deve essere associato un curriculum, formativo e culturale
che sia spendibile per l’incarico di cui si chiede la legittimazione.
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La rappresentanza quindi dovrebbe poter essere affidata dal cittadino elettore a
precise condizioni, appunto quelle di essere “rappresentativo”.
In altre parole non tutti possono svolgere l’amministratore.
Un ruolo in questo senso potrebbe, anzi dovrebbe essere assunto dalle
Istituzioni e dai partiti i quali, ovviamente, hanno un interesse a dotarsi di
donne e uomini che assieme alla passione, abbiano un bagaglio di conoscenze
e competenze che possa essere di utilità per i Cittadini e per le Istituzioni
stesse. Legittimo dovrebbe essere l’istituzione di un percorso formativo al quale
dovrebbero aderire quanti intendono porsi al servizio della comunità. Con
questo non è che si immagini una sorta di “patente” per l’esercizio del politico,
bensì le cognizioni di ciò che si è e di ciò che serve (una sorta di formazione
continua quantomeno per il periodo del mandato).
Venendo ora alle Istituzioni in senso stretto, in sequenza si può dare un
sommario sguardo alle struttura di governo locale con alcune note di
osservazione e evidenza, lasciando un successivo approfondimento anche sulla
scorta del confronto in seno al Consiglio.
REGIONE E PROVINCIA
La sua configurazione fa emergere alcune sovrapposizioni di competenze e
attività che andrebbero risolte con un’attenta disamina delle attribuzioni e
conseguentemente di uno snellimento degli adempimenti decisionali e
operativi. Di rilievo era la così detta “porta girevole” che ha ora trovato una sua
sistemazione. Andrebbero forse ripensati i numeri dei rappresentanti al fine di
un contenimento dei costi della politica che appare, se non il più significativo,
quantomeno quello che può dare un segnale verso un generalizzato
contenimento dei costi pubblici.
Altro capitolo da considerare è quello della burocrazia che appare sempre più
invasiva con conseguenze sia in termini di qualità e quantità degli adempimenti
(ripetitivi), di aumento dei costi sia diretti (personale) che indiretti (sui cittadini)
che di rapporto con la Comunità. In altri termini potrebbe immaginarsi una qual
forma di sburocratizzazione, privilegiando il ricorso di efficientare le attività
periferiche e decentrate(attribuzioni compiti e responsabilità, deleghe).
Una considerazione merita infine il ricorso alle risorse umane di vertice che se
pure pensionate trovano puntuale ricollocazione sempre in condizioni di
privilegio (sia in termine di potere che economico) a scapito di nuovi ingressi
(giovani e a costi ridotti).
COMUNITA’ DI VALLE
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Concettualmente e nella logica di una migliore gestione e governabilità del
territorio, appaiono come istituzioni di una certa utilità, ovviamente se
accompagnate dall’intendimento positivo cui il legislatore mirava. In particolare
quello che appare importante è il trasferimento effettivo delle deleghe che
richiede una forte volontà del potere centrale al quale deve poter corrispondere
da parte delle Comunità sia il desiderio di appropriarsene sia di saperle gestire.
L’intento di decentramento è condivisibile se si considera di quanto sia
importante accorciare le filiera degli interventi territoriali che non sarebbero più
legati alla forza “politica “ dell’interlocutore (Comune – Provincia; Sindaco –
Assessore), ma alle effettive esigenze e utilità della/e comunità locali. Anche i
presupposti per una gestione collettiva di servizi e adempimenti intercomunali
può essere una strada utile per dare uniformità di attività e una migliore
specializzazione a costi inferiori. Ovviamente anche qui esistono problemi
irrisolti e di difficile soluzioni quali il trasferimento del personale; la capacità di
realizzazione a costo zero; la struttura stessa degli organismi collegiali;
l’ipotetico conflitto di poteri (Consigli Comunali – Comunità); la suddivisione
delle competenze ecc.. Infine, manca una efficace e puntuale comunicazione
intorno a questo organismo che viene considerato dai più come un ennesimo
“carrozzone” pubblico mangia soldi. Spetta alla politica poter dimostrare il
contrario.
Unione dei COMUNI
L’esperienza di unione dei Comuni, per chi l’ha vissuta è positiva. L’esperienza
sia in fase di costruzione che di realizzazione, ha mostrato che il progetto è ben
giudicato e accolto dalla comunità locale. Minore appare invece la efficienza
operativa, verso la quale esiste anche una qual sofferenza da parte dei cittadini
(le aspettative non hanno poi trovato una adeguata rispondenza; ma come è
immaginabile queste cose hanno bisogno di tempo). Ciò è essenzialmente
imputabile ad alcuni ordini di cose:
- una minore efficacia nello svolgimento delle attività politico-amministrative
(conflittualità; confronti più sulle posizioni ideologiche che di contenuto e
concretezza; personalismi ed eccessivo utilizzo di mozioni, interrogazioni,
strumenti di interdizione ecc.);
- una minore attenzione ai problemi di vita quotidiana della comunità
particolare e un approccio più distaccato dai cittadini;
- aumento della burocrazia, legata all’aumento della struttura (a volte è
mancato un progetto a monte che doveva porsi come risultato da
conseguire quello di migliorare il rapporto con il cittadino e non finalizzare il
tutto solo all’unificazione);
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17
l’aumento della burocrazia che ha portato una pregnante incidenza sulla
politica.
Cosa è possibile trarre da tutto ciò e indicare una possibile linea di azione?
Quantomeno intraprendere un azione di accorpamento tra Comuni in realtà
omogenee e di minore consistenza. Investire le Comunità di Valle delle
questioni operative e gestionali dei principali aspetti burocraticoamministrativo (modalità standard). Una diminuzione degli organi collegiali.
Mantenimento di un contatto con le realtà decentrate con una presenza
effettiva sul territorio.
-
AUTONOMIA
E’ auspicabile il mantenimento di quanto oggi prevede la legge. E’ un valore su
cui sembra non vi siano discussioni quantomeno per quella parte di consenso
che si lega alla nostra specificità identitaria. Potremmo forse immaginare
qualche ipotetica revisione in materia di trasferimenti e nuove competenze, ma
sono aspetti che già sono in cantiere e non appare utile invocarli.
POSSIBILI FONTI PER DATI E INFORMAZIONI
Provincia autonoma di Trento : www.giunta.provincia.tn.it
Consiglio Provinciale: www.consiglio.provincia.tn.it
Consorzio dei comuni trentini: http://www.comunitrentini.it/
Atti politici:
www.consiglio.provincia.tn.it/attualita/atti_politici_elenco.it.asp?at_ta_id=DDL
CONCLUSIONI DEL GRUPPO DI LAVORO
Il confronto, è partito dall’esame delle note predisposte da uno studente.
(Documento disponibile presso la Segretaria SPES). Sono emerse valutazioni di
merito da parte dei partecipanti al gruppo così riassumibili.
Il Documento proposto dallo studente poneva in risalto l’utilità, da un
lato, della “mediazione” per la risoluzione dei conflitti e dall’altro
l’attivazione di azioni di “promozione” per la partecipazione e
l’interesse alla vita pubblica (politica) attivabili attraverso un azione
delle associazioni, gruppi di partecipazione, cooperative ecc.. Si è
convenuto nel proporre la creazione di un “ufficio” decentrato a livello
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locale (Comuni, Comunità di Valle) preposto ad assolvere alle istanze
dei cittadini sia in termini di mediazione che di risoluzione di
controversie. Tale “ufficio” potrebbe essere di derivazione politica,
costituito dal Consiglio Comunale o dalla Comunità, regolato da norme
e compiti individuati dalle amministrazioni eassimilabile al difensore
Civico.
Altra questione che è tornata in discussione è la burocrazia. Come già
emerso, permane una sentita esigenza di una semplificazione e di un
miglioramento dei rapporti cittadino/uffici. Esemplificativo l’articolo a
firma di M. Bondi dal titolo “Come si può sconfiggere la giungla di
complicopoli” che è stato posto all’attenzione del gruppo.
Sono stati infine approfonditi e sviluppati gli altri argomenti indicati nel
documento base quali i concetti di rappresentanza e rappresentatività
e dell’utilità di una formazione, non solo tecnica, degli Amministratori
e/o degli aspiranti tali. Al centro dell’attività, ma anche del pensiero
politico dovrebbero trovare legittimazione concetti come “Bene
Comune” “etica e moralità” “responsabilità”. La Provincia e la Regione
sono emblemi di un sistema che dovrà necessariamente rivedere il
proprio assetto, introducendo una approfondita e mirata svolta di
cambiamento, che contempli una riduzione dei costi della politica,
una attenzione più completa al contesto sociale di riferimento, una
migliore composizione del collegio politico di governo.
Per le Comunità di Valle è stata ribadita la “criticità” sia nel suo assetto
giuridico e normativo che gestionale.
Sui Comuni l’indicazione emersa è quella di promuovere le
unificazioni, finalizzando l’azione a migliorare i servizi e contenere i
costi.
Quanto all’Autonomia è consolidata l’idea che così come è non potrà
durare e che quindi si dovrà ripensarne e rivendicarne funzioni e ruoli
più attinenti alla realtà.
In conclusione sono state scelte alcune “parole chiave” da sviluppare con il
concorso di tutti e quindi proporre all’attenzione dei possibili interlocutori
politici.
PRIORITA’
1.
BUROCRAZIA: da ripensare e modellare nel senso di un effettivo
servizio utile per il cittadino.
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19
2.
3.
AUTONOMIA: da riconsiderare con uno sguardo al futuro, con una
prospettiva che contenga un forte investimento per le nuove
generazioni.
PARTECIPAZIONE: permane un elemento di vitale importanza per il
futuro, ma anche per il presente.
CRITICITA’
1.
2.
COMUNITA’ di VALLE: da riconsiderare definendo un modello più
consono ai bisogni della Comunità, e/o in alternativa puntare alle
fusioni dei Comuni.
BUROCRAZIA: cosi come configurata attualmente è un peso.
PROPOSTE
MEDIAZIONE/FACILITATORE: costituzione di apposito servizio “politico”
decentrato assimilabile al Difensore Civico, che sia delegato all’ascolto e alla
soluzioni.
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20
ISTRUZIONE E FORMAZIONE
INQUADRAMENTO GENERALE DEGLI INTERVENTI
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
una valutazione di contesto, che riaffermi il policentrismo collaborativo e
dialogante del sistema provinciale di formazione e di istruzione (scuola
provinciale a carattere statale, scuola provinciale, scuola paritaria), con il
riconoscimento della effettiva libertà educativa delle famiglie, ma anche
con il livello nazionale ed europeo per evitare una scuola che “si parli
addosso” e si isoli dal contesto
la sottolineatura dell’inscindibile nesso tra istruzione, formazione,
educazione e attivazione della cittadinanza attiva, con forte richiamo alla
unitarietà del lavoro della scuola quale agenzia privilegiata ma non unica di
crescita umana, intellettuale, professionale (mente, cuore, mano)
una riaffermazione dell’autonomia degli istituti scolastici, unitamente alla
semplificazione burocratica dei livelli e delle modalità di autogoverno degli
istituti stessi
la necessità di una semplificazione degli organi di autogoverno scolastico
provinciale e di un riassetto semplificativo di tutti gli enti funzionali alla
ricerca, sperimentazione, aggiornamento e gestione del personale,
attualmente esistenti
l’utilità di un rafforzamento delle politiche partecipative, che vedano
studenti, famiglie, società ed organizzazioni dei docenti “fare rete” in
nome di un successo formativo sicuro e ampio, che contrasti i margini
ancora troppo vasti di insuccesso e di dispersione scolastici
l’ opportunità di ridefinire strategie educative e didattiche, con
investimenti opportuni, in ordine ai seguenti obiettivi/finalità/indirizzi:
 piano pluriennale di apprendimento CLIL (Content and Language
Integrated Learning), delle lingue europee (minimo due lingue straniere
oltre la propria per tutti!)
 piano pluriennale di sviluppo delle TIC (Tecnologie dell'informazione e
della comunicazione) per tutti gli ordini di scuola
 piano di orientamento (alla professione, alla istruzione, alla
cittadinanza attiva, alla maturazione della propria personalità, alla
condivisione della propria storia e cultura, ma anche alla mondialità,
alla integrazione dei vari bisogni e delle varie culture)
necessità di predisporre un progetto di Lifelong learning, rivolto non solo
agli adulti in generale, ma anche agli anziani, ai giovani e ai disoccupati (da
ri-orientare).
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INTERVENTI POSSIBILI
1) Invertire la tendenza a tagliare gli investimenti per l’educazione (Scuola,
Formazione, Università e Ricerca): anche in un momento di crisi un Paese
non deve cercare risorse (cioè tagliare) in settori fondamentali per il suo
domani.
2) Potenziamento dell’istruzione tecnica e della formazione professionale:
contribuisce al mantenimento di un valido settore artigianale e
imprenditoriale.
3) Istituti di ricerca: la ricerca sviluppata in Trentino deve rivolgere
un'attenzione particolare alle esigenze del mondo produttivo locale.
4) Maggiore collegamento tra scuola e mondo del lavoro.
5) Maggiore attenzione alla scuola di infanzia e alla scuola elementare: evita il
formarsi di lacune che si trascinerebbero nelle superiori.
6) Interventi organizzativi e formativi miranti a garantire continuità didattica
ed a ridurre la dispersione scolastica.
7) Formazione sull’uso delle nuove tecnologie e all'insegnamento di almeno
una lingua straniera.
Analisi di dettaglio
(1) Ribaltare il concetto scuola = azienda: non si potrà mai amministrare la
scuola con gli stessi criteri di un azienda. Invertire il trend di diminuzione della
spesa per l’educazione, facendo gradualmente crescere gli investimenti. No a
tagli generalizzati, sì invece a eliminazione degli sprechi e alla razionalizzazione
delle strutture. Anche risparmiare aumentando il numero degli alunni per
classe non è la strada giusta. Il grado di civiltà di un Paese si misura dal livello
del suo sistema di istruzione e formazione.
(2) Attenzione costante alla formazione professionale e tecnica per sostenere
e rafforzare il settore artigianale e industriale trentino. Anche il settore
turistico trae beneficio da una scuola professionale di alto livello. Si incentiva
così anche la professione autonoma e imprenditoriale. Questo tipo di scuola
richiede ovviamente uno stretto collegamento con il mondo del lavoro.
(3) Istituti di ricerca trentini: la ricerca sviluppata in Trentino deve mantenere
un'attenzione particolare alle esigenze del mondo produttivo locale oltre ad
avere orizzonti più ampi. In particolare FBK e la Fondazione Mach (s. Michele)
dovrebbe collaborare allo sviluppo e alla innovazione del sistema produttivo e
agricolo trentino.
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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(4) Maggiore collegamento e dialogo tra scuola e mondo del lavoro al fine di
offrire concrete opportunità di occupazione ai giovani e di crescita del sistema
produttivo del territorio,
(5) La scuola deve investire di più negli asili e nelle scuole elementari poiché vi
sono spesso lacune che, purtroppo, devono essere recuperate e sanate negli
anni delle scuola secondarie di primo grado togliendo tempo ad un
insegnamento che dovrebbe già dedicarsi ad ampliare le conoscenze e non a
costruirle trasportando poi negli istituti secondari di secondo grado un livello
medio-basso.
(6) La garanzia di continuità didattica è sempre stata un'esigenza primaria nella
scuola. Altra esigenza è quella di aiutare gli studenti a proseguire gli studi
prevenendo la dispersione scolastica e formativa. Il cambio di scuola o
l'abbandono dell'università nel I o II anno costituiscono una debolezza di un
sistema sociale e un cattivo utilizzo di risorse per gli studenti, per le famiglie e
per il paese, sia finanziario che di capitale umano.
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23
LAVORO ECONOMIA POVERTA’
LAVORO
Risulta necessario pensare a tutte le categorie di lavoratori in prospettiva
temporale, considerando alcuni elementi su cui riflettere per capire le “idee” di
sviluppo:
1. Lavoratori “attivi”:
a. Tempo indeterminato
b. Tempo determinato
c. Collaboratori (diverse tipologie e casi)
d. Rapporto lavoro/famiglia (flessibilità, partime, ecc.)
2. Lavoratori senza occupazione:
a. Valutazione ambiti di sviluppo occupazionale
b. Rapporti scuola/università lavoro
c. Contratti di lavoro e emolumenti
ECONOMIA
Per questo tema risulta importante avere delle linee rispetto a due temi legati
all’economia, quella delle aziende e l’ambito dell’economia della famiglia.
1. Famiglia: il “bilancio mensile”, sempre maggiormente citato, si
potrebbe prendere spunto della piramide di Maslow:
a. Bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, termoregolazione, ecc.
b. Bisogno di sicurezza: protezione dai pericoli, tranquillità, ecc.
c. Bisogno di appartenenza: socialità, amore, accettazione, far
parte di un gruppo, cooperare, partecipare, ecc.
d. Bisogno di stima: essere approvato, rispettato, riconosciuto,
indipendenza, ecc.
e. Bisogno di autorealizzazione: sviluppo delle proprie
potenzialità, ecc.
2.
Aziendale, anche in questo caso si potrebbe riflettere su:
a. Sviluppo
i. Azienda
ii. Capitalizzazione
iii. Guadagno (dell’imprenditore)
iv. Guadagno per la società (dipendenti, ecc.)
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b. Supporto
i. Finanziamenti, con finalità o senza finalità ?
ii. Finanziamenti pubblici
iii. Finanziamenti da Banche
POVERTA’
Prima causa di povertà economica deriva da un mancato sviluppo degli
argomenti sopra esposti, quindi la risposta per evitare la povertà passa anche
da un loro sviluppo. Non sono considerate in questi appunti povertà di altro
tipo.
RIFERIMENTI E ALLEGATI PER LA RIFLESSIONE E APPROFONDIMENTO:
XXVII RAPPORTO SULL’ OCCUPAZIONE dell’Agenzia del lavoro di
Trento (presentazione il 27/11/12)
In sostanza dunque la disoccupazione cresce, ed i dati delle previsioni si sono
confermati. Si riduce la domanda di lavoro e soprattutto quella delle
generazioni in ingresso; si altera il normale ciclo di turn-over perché
l’intervento sui pensionamenti procrastina l’uscita dal mercato delle fasce
lavorative più anziane; emergono le conseguenze negative del loro
coinvolgimento in rapporti a termine a causa dei mancati rinnovi dei contratti
che determinano uscite forzose dal mercato del lavoro.
In Trentino i giovani sono quindi relativamente meno disoccupati e
tendenzialmente più coinvolti nei processi formativi. I giovani cosiddetti NEET
(Not Education, Employment or Training) in provincia di Trento sono meno
numerosi che altrove: il 13,3 % dei 15-29enni rispetto al 22,7% di Italia, al
15,5% di Nord-Ovest e al 15% del Nord-Est.
Di questi giovani, poco più del del 30% sono effettivamente in cerca di lavoro
(dato Italia 34,1%). 4 giovani su 10 invece non cercano e non sono neppure
disponibili al lavoro: un mercato che offre soprattutto rapporti di lavoro instabili
è poco attrattivo e si inserisce in un contesto di benessere relativamente più
diffuso, questi giovani non sono spinti a trovare soluzioni lavorative.
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
25
ECONOMIA : LE PREVISIONI FINO AL 2014 (SIR 09.11.2012 – Dall’intervento di
1
Olli Rehn )
"Su base annua il prodotto interno lordo dell’Unione europea si contrarrà dello
0,3% nel 2012 e dello 0,4% nella zona euro; l’anno prossimo la crescita sarà
invece dello 0,4% per l’Ue27 e solo dello 0,1%" nei 17 Paesi che adottano la
moneta unica. Le Previsioni economiche d’autunno, con una prospettiva
temporale che giunge sino al 2014, illustrate il 7 novembre da Olli Rehn, non
lasciano intravvedere segnali particolarmente positivi, almeno a breve termine.
Ma il commissario agli affari monetari scorge "segnali di ripresa", almeno in
alcuni Paesi, già nei prossimi dodici mesi. E aggiunge: "Importanti decisioni
prese a livello politico hanno gettato le fondamenta del rafforzamento della
fiducia. Le tensioni nei mercati si sono ridotte ma non c’è margine per
l’autocompiacimento. L’Europa deve continuare a coniugare solide politiche di
bilancio con riforme strutturali per creare le condizioni di una crescita
sostenibile che riduca la disoccupazione, i cui livelli sono ancora troppo
elevati".
Processo di assestamento. Illustrando ai giornalisti presenti a Bruxelles i dati
raccolti dall’Esecutivo, il commissario finlandese parla di "navigazione in acque
ancora tempestose" per l’economia comunitaria. "È in atto - spiega - un difficile
processo di assestamento macroeconomico che si protrarrà ancora per
qualche tempo". Rehn sottolinea che taluni provvedimenti e riforme decisi su
scala nazionale ed europea (ad esempio il fiscal compact, il six-pack, il fondo
salva-Stati, il patto per la crescita, i progetti di unione bancaria e unione
economica) stanno dando i primi effetti, benché occorrano politiche fiscali
"solide", interventi a favore dell’economia reale e dell’occupazione, rigore nei
conti pubblici, riduzione dei debiti statali. Per il prossimo anno Rehn indica
dunque "una crescita economica moderata e un rafforzamento della crescita
nel 2014". Il commissario stila un quadro dell’economia mondiale, entro il quale
inserisce la situazione di stallo dell’Europa: "La crescita del prodotto interno
lordo a livello mondiale ha perso slancio, soprattutto in Giappone. Negli Stati
Uniti vi sono segnali di ripresa nonostante alcuni punti di domanda sulla politica
fiscale". I sistemi economici "emergenti" come quelli di Cina, Brasile e India,
mostrano una "crescita moderata" per quest’anno e per il 2013, con un
recupero nell’anno successivo.
Olli Ilmari Rehn (Dal febbraio 2010 è commissario europeo per gli Affari economici e monetari. Dall'ottobre
2011 è anche vicepresidente della Commissione europea.
1
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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Il picco della disoccupazione. Tornando all’Europa, Rehn ritiene che le riforme
che si stanno adottando dovrebbero portare a qualche elemento di rilancio, con
un dato del Pil, per il 2014, all’1,6% nell’Unione europea e all’1,4% nella zona
euro. Non certo un balzo in avanti, ma pur sempre meglio dei dati con segno
meno. L’inflazione dovrebbe rimanere attorno o al di sotto del 2%. Nel 2013
"la disoccupazione dovrebbe invece raggiungere il picco attestandosi appena
sotto l’11% nell’Ue e il 12% nella zona euro, ma con ampie differenze tra gli
Stati membri".
Capitolo deficit: secondo le previsioni, nel 2012 "i disavanzi pubblici
diminuiranno al 3,6% nell’Ue e al 3,3% nella zona euro". È peraltro
preventivato un aumento del debito pubblico medio: "Il debito delle
amministrazioni pubbliche nel 2012 si attesta al 93% del prodotto interno lordo
nella zona euro e all’87% nell’Ue27". Per l’anno venturo "si prevede un
aumento del debito al 95% del Pil nella zona euro e all’89% nell’Unione, che
però dovrebbe stabilizzarsi in seguito". Rehn non trascura di segnalare alcune
vie obbligate per la ripresa: riforme che eliminino gli ostacoli alla crescita;
controllo dei conti pubblici nazionali; stimolo agli investimenti pubblici e privati.
Su questi versanti ricorda alcune iniziative in atto o alla studio a livello Ue.
Paese per Paese. Come sempre, le Previsioni della Commissione sono ricche di
dati su scala nazionale. Ad esempio la Commissione sostiene che Germania,
Francia e Paesi Bassi dovrebbero mostrare performance positive già a partire
dall’inizio del 2013 per quanto riguarda la crescita economica. Il commissario
Rehn spiega però che "per Italia e Spagna di registrerà una lenta ripresa solo a
partire dalla metà del prossimo anno, così come accadrà per il Portogallo". Il
Regno Unito avrà una tiepida ripresa nel 2013, con "una accelerazione l’anno
successivo". Per la Polonia appare all’orizzonte un rallentamento nel corso dei
prossimi dodici mesi. Le repubbliche baltiche sono quelle che, secondo la
Commissione, mostrano la tendenza di sviluppo più accentuata in Europa, dopo
aver pagato a caro prezzo dal 2008 gli effetti della crisi. "In questi Paesi si
evidenzia - come afferma Rehn - anche una significativa contrazione della
disoccupazione". Per la Grecia, infine, "la ripresa è attesa solo dal 2014".
Sempre che Atene continui a riporre fiducia nell’Ue e attui quelle riforme e quei
"tagli", certamente dolorosi, che sono indicati per continuare a ricevere aiuti
dall’Europa e rimettere in sesto l’economia ellenica.
POSSIBILI FONTI PER DATI
Socio economici
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Istituto Nazionale di statistica-ISTAT: www.istat.it
Banca d’Italia: www.bancaditalia.it
Istituto di studi e analisi economica: www.isae.it
Fondazione CENSIS: www.censis.it
Provincia Autonoma di Trento-Servizio statistica:
www.statistica.provincia.tn.it
Osservatorio permanente per l’economia, il lavoro e la valutazione
della domanda sociale-OPES: www.osservatoriodeltrentino.it
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento:
www.tn.camcom.it
Agenzia del lavoro – Trento: www.agenzialavoro.tn.it
Eurostat: ec.europa.eu/eurostat
Fondo Monetario Internazionale-IMF: www.imf.org
Banca Mondiale: www.worldbank.org Antiusura: www.antiusura.it
Immigrazione: http://www.cinformi.it/
Dottrina Sociale della Chiesa:
• Pontificio Consiglio per i Laici: www.laici.va/content/laici
• Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: www.justpax.it/ita
• Caritas in Veritate:
www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_
ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html
• Compendio della Dottrina sociale della Chiesa:
www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/document
s/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html
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CONCLUSIONI DEL GRUPPO DI LAVORO
Sono emerse le osservazioni, criticità e proposte sotto elencate:
Il reinserimento nel mondo del lavoro di persone di età intermedia (40-50
anni), non più giovane, è un problema: si tratta spesso di persone con
famiglia e gravate da impegni economici significativi (es: mutuo).
I mutui prima casa col contributo PAT spesso escludono la fascia di età
intermedia: come intendete rispondere a questa necessità?
Si richiede una maggiore attenzione ai contratti di lavoro, tenendo in
considerazione il rapporto lavoro/famiglia e il ruolo della donna: tempo
determinato, co.co.co, part time.
Si auspica un costante collegamento/scambio tra scuola e lavoro,
università e lavoro. In particolare le scuole professionali e tecniche
dovrebbero permettere l'affiancamento costante degli studenti alle
aziende
Favorire il ricambio generazionale con passaggio delle conoscenze ai
giovani: se ne sente la necessità soprattutto in ambito artigianale; la
scuola professionale e lo sviluppo dell'apprendistato possono contribuire a
questo scopo.
Osservazione: si nota un ritorno da parte lavoratori locali a svolgere certe
professioni in passato rifiutate e quindi esercitate quasi esclusivamente da
lavoratori stranieri (badanti, agricoltura, alberghi, cave...)
Per quanto riguarda le famiglie, questa crisi lascerà senz'altro il segno, i
bisogni cambieranno e l'ente pubblico dovrà porvi attenzione per evitare
disagio economico e sociale.
E' necessaria una riflessione sulle attività economiche (settori) che
realmente potranno svilupparsi e crescere nella nostra provincia ed è'
opportuno incentivare e favorire l'imprenditorialità.
Riguardo ad aiuti finanziari erogati dalla PAT o da enti delegati ad aziende,
si vuole evitare che il denaro pubblico sia utilizzato per scopi e finalità
diversi dagli intenti della PAT. Inoltre l'imprenditoria provinciale, negli
anni, si è adagiata aspettando i contributi, che in futuro sappiamo saranno
senz'altro più limitati.
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QUESTIONI
1. Come pensate di intervenire per aiutare le imprese? E le famiglie?
2. Ritenete di dover ri-definire i criteri per l'erogazione e il monitoraggio
per veder garantito il ritorno sul territorio in termini di salvaguardia e/o
incremento di posti di lavoro ?
3. Tutti i settori hanno la necessità di finanziamenti (istruzione, sanità,
servizi, lavoro, ecc): come intendono i candidati utilizzare le risorse del
bilancio provinciale (in calo)? Quali sono le loro priorità di spesa (dove si
taglia, dove si incrementa) ?
PRIORITA’
la scarsità di lavoro che interessa soprattutto le giovani generazioni,
ma anche le generazioni intermedie che perdono il lavoro
il collegamento costante tra mondo della scuola (professionale e
tecnica, scuola siperiore, università) e il mondo del lavoro; in particolare la
scuola professionale e tecnica dovrebbe accompagnare gli studenti verso il
mondo del lavoro attraverso uno scambio continuo. Preccupano i frequenti
tagli all'istruzione, là dove invece si dovrebbe investire.
Individuare i settori economici a più elevata capacità di riprendersi
dalla crisi sui quali investire: tra questi il turismo, l'artigianato, l'agricoltura
e la cura del territorio.
PROPOSTE
incentivare e favorire l'imprenditorialità partendo dai giovani e con il
supporto informativo e formativo della scuola.
La PAT e gli enti delegati devono erogare aiuti e contributi con criteri
più selettivi e previo impegno all'utilizzo degli stessi per una ricaduta sul
territorio in termini di posti di lavoro (incremento e salvaguardia), al fine di
evitare utilizzi impropri.
Snellire e semplificare la burocrazia.
CRITICITA’
reinserimento nel mondo del lavoro di persone non più giovani
(40/50 anni) che hanno perso il lavoro: persone che spesso hanno
impegni economici importanti (famiglia, mutuo...)
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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attenzione al rapporto lavoro/famiglia, ai contratti di lavoro (tempo
determinato, collaborazioni, part-time): elementi importanti per il
benessere economico e psicologico delle famiglie.
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31
POLITICHE GIOVANILI
PREMESSA
Le politiche giovanili rappresentano quel “sistema di azioni ed interventi a
valenza pubblica, con la finalità generale di fornire ai giovani opportunità,
mezzi, possibilità e percorsi per vivere in modo positivo la transizione alla vita
2
adulta”.
Pur nella consapevolezza che in Trentino molto si è fatto e altrettanto si sta
facendo a favore dei giovani, abbiamo elaborato alcune linee di sviluppo da
proporre in vista delle prossime elezioni provinciali.
L’idea di fondo da cui si è partiti si fonda sulla consapevolezza che il futuro della
nuove generazioni è incerto, o comunque presenta maggiori margini di
indeterminatezza rispetto ad altre generazioni che ci hanno preceduti, e ciò
dipende dal fatto che la realtà che i giovani si trovano oggi ad affrontare è
molto diversa dal recente passato: differenti sono gli assetti sociali e famigliari,
nuove sono le prospettive circa il lavoro, l’istruzione, la formazione e le
condizioni di vita in generale.
LINEE DI SVILUPPO
In tempo di crisi dell’economia e dei valori di riferimento, obiettivo
fondamentale a cui le politiche giovanili dovrebbero orientarsi è dare fiducia ai
giovani. Ciò non dovrebbe avvenire secondo un modello di accondiscendenza
acritica, ma attraverso il riconoscimento e la valorizzazione delle loro
competenze e del loro concreto e considerevole contributo alla vita sociale ed
economica delle comunità in cui vivono.
Si impone pertanto la necessità di un cambio di prospettiva: c’è bisogno di
puntare sul protagonismo giovanile ed indirizzare le politiche giovanili verso una
valorizzazione delle risorse dei giovani e non verso tentativi di soluzione dei loro
“problemi”.
Ciò premesso, vengono di seguito proposte delle possibili linee di sviluppo
concreto che, partendo da una lettura della situazione attuale e dei
bisogni/aspirazioni dei giovani, ritiene fondamentali per lo sviluppo futuro
delle politiche giovanili in Trentino:
2
Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa, a cura di
Arianna Bazzanella, 2010, IPRASE del Trentino
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
32
1. Cittadinanza attiva e volontariato: coinvolgere i giovani nella vita
politica, sociale ed economica della realtà in cui vivono;
2. sostenere effettive politiche del lavoro che rinforzino anche
l’occupazione giovanile;
3. affrontare con un nuovo approccio il disagio giovanile.
sub 1: cittadinanza attiva e volontariato
valorizzare e sostenere l’associazionismo giovanile come mezzo per
vivere attivamente la società;
creare e favorire la nascita di “spazi” ove i giovani abbiano l’opportunità
di esprimersi, ascoltare, comunicare (non solo attraverso la parola, ma
anche utilizzando diversi linguaggi, come teatro, arte manuale, musica,
canto, danza, nuove tecnologie, ecc.);
sviluppare progetti di educazione alla legalità e cittadinanza attiva (in
particolare all’interno delle istituzioni e nel sociale);
rivedere il ruolo e le finalità dei Piani Giovani di Zona: finanziare
progetti che prestino una particolare attenzione alla “dimensione del
fare” e della “sperimentazione nel concreto”.
sub 2: sostenere effettive politiche del lavoro che sostengano l’occupazione
giovanile
Implementare misure intese a migliorare l’occupazione dei giovani:
orientamento e informazioni a favore dei diplomati e laureandi sulle
dinamiche del nuovo mercato del lavoro, sulle opportunità
occupazionali nel contesto locale e sui servizi a supporto
dell’occupazione e della creazione di imprese; iniziative ad hoc saranno
rivolte agli allievi e al corpo docente delle scuole superiori.
Sensibilizzazione dei giovani sull’importanza delle esperienze di
avvicinamento al mondo del lavoro già durante il periodo scolastico
(stage, borse lavoro, percorsi di alternanza scuola-lavoro e work
experiences);
Fornire incentivi economici e fiscali per le imprese giovani;
Sostenere percorsi di formazione sulla ricerca del lavoro e strumenti di
orientamento alla scelta della formazione post-superiore.
sub 3: affrontare con un nuovo approccio il disagio giovanile
Promuovere ed incrementare i programmi di interventi finalizzati a prevenire ed
individuare i disturbi dell’alimentazione in fase adolescenziale (anoressia,
bulimia, obesità), i programmi di intervento su temi della prevenzione del
disagio esistenziale, i programmi di sensibilizzazione sugli effetti derivanti
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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dall’assunzione delle sostanze psico attive e i programmi di contesto al
fenomeno del bullismo.
In definitiva, si ritiene che sia indispensabile elaborare e promuovere politiche
giovanili indirizzate al sostegno e valorizzazione dei giovani: puntare sulle nuove
generazioni e sulle loro capacità significa credere in un futuro nuovo e diverso.
Per questo si auspica che la “questione giovani” non sia solamente un capitolo
dell’Agenda Politica per le elezioni provinciali, ma debba permeare l’intero
programma elettorale.
POSSIBILI FONTI PER DATI
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Istituto Nazionale di statistica-ISTAT: www.istat.it
Provincia Autonoma di Trento-Servizio statistica:
www.statistica.provincia.tn.it
Osservatorio permanente per l’economia, il lavoro e la valutazione
della domanda sociale-OPES: www.osservatoriodeltrentino.it
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di
Trento: www.tn.camcom.it
Agenzia del lavoro – Trento: www.agenzialavoro.tn.it
•
GIOVANI – TROVARE/ CAMBIARE LAVORO: ALCUNI SITI UTILI
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Infojobs www.infojobs.it
Monster www.monster.it
Cercolavoro www.cercolavoro.com
Biancolavoro www.biancolavoro.it
Cambiolavoro www.cambiolavoro.com
Helplavoro www.helplavoro.it
Job Network www.jobnetwork.it
Miojob – La Repubblica miojob.repubblica.it
Trovolavoro – Il Corriere lavoro.corriere.it
Jobrapido it.jobrapido.com
Trovit lavoro.trovit.it
Lavoro.org www.lavoro.org
Job Crawler www.jobcrawler.it
Careerjet www.careerjet.it
Indeed it.indeed.com
Renego lavoro.renego.it
Acquisizione Lavoro www.acquisizionelavoro.it
http://www.agenzialavoro.tn.it/
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http://www.provincia.bz.it/lavoro.htm
http://www.concorsi.provincia.tn.it/
IN PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
Ad personam: informazioni sulle diverse opportunità a
cofinanziamento FSE attivate sul territorio provinciale e destinate a
sviluppare le risorse umane, favorire l'integrazione nel mercato del
lavoro nonchè a prevenire e combattere la disoccupazione.
Struttura Multifunzionale AD PERSONAM, via Pranzelores, 71
Trento
http://www.fse.provincia.tn.it/
Sito ufficiale delle Politiche Giovanili
www.politichegiovanili.provincia.tn.it
Per il mio futuro: prestiti d’onore, contributi a fondo perduto, borse
di studio, altre opportunità
www.perilmiofuturo.it
APPRENDISTATO
http://www.agenzialavoro.tn.it/aziende/apprendistato/nor_pro
http://www.agenzialavoro.tn.it/lavoratori/norme/contratti/appren
distato
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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POLITICHE FAMILIARI
Esistono diverse leggi sia regionali che provinciali in provincia di Trento
finalizzate all’aiuto della famiglia.
Le principali:
 la legge regionale 1/2005 del 23/03/2005 che prevede il sostentamento
della famiglia mediante l’erogazione di un assegno famigliare regionale a
partire dal 2008 già dal primo figlio e la possibilità per coloro che nei
primi 3 anni di vita del bambino decidono di lavorare part time e
integrano i contributi previdenziali previsti dal contratto part time fino a
raggiungere quelli obbligatori previsti per il contratto a tempo pieno, per
costoro è prevista la possibilità di chiedere alla regione un contributo a
copertura totale fino a 3.000€ dei contributi integrativi così versati .
 la legge provinciale 13/2007 del 27/07/2007 che consente alle persone
che si trovano in stato di bisogno sia per problemi di reddito che di
indigenza sia materiale sia relativa ad altre problematiche di natura
sociale dà la possibilità di un’assistenza sia materiale (in denaro) sia
psico-affettiva attraverso la segnalazione e il sostegno dei servizi sociali
provinciali. Proprio per dare concretizzazione ed attuazione a tale legge
con la delibera 1524 del 26 giungo 2010 è stato istituito e disciplinato il
reddito di garanzia, sostegno volto ad integrare il reddito delle famiglie
che si trovano in una particolare condizione economica.
 La legge provinciale 2 marzo 2011 n°1 che ha previsto un contributo alla
famiglie numerose (con almeno 3 figli) e con una determinata condizione
economica ;
 La legge provinciale 16 maggio 2012 n°9, che ha introdotto il contributo
a sostegno del potere d’acquisto per i nuclei famigliari a seguto del
drastico calo del potere d’acquisto prodotto a causa della crisi
economica tutt’ora in atto.
 La legge che sostiene il Family Audit attraverso l’erogazione di un
contributo per quelle imprese che si decidono di mettere in atto delle
procedure e istituire delle regole interne che incentivano le politiche
famigliari (ad esempio non il diritto ma l’obbligo per i padri di assentarsi
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
36
nei primi 3 giorni di vita del bambino,…) volte ad ottenere il benessere
famigliare dei propri dipendenti e farsi certificare.
CRITICITA’
Numerose sono le leggi nel nostro territorio, ma soprattutto sono volte più a
sostenere il bisogno materiale che ad incentivare una vera e propria “Politica
per la Famiglia”.
Sono inoltre incomprensibili alcune azioni dei comuni che vanno in direzione
opposta a quelle auspicate dalla normativa provinciale che invoca il principio di
sussidiarietà, ma non interviene quando i comuni compiono delle scelte che
paiono andare totalmente contro questo concetto (esempio, l’introduzione
della Tares totalmente disincentivante per le famiglie con neonati), oppure le
tariffe elevatissime per gli asili nido.
POSSIBILI FONTI PER DATI e APPROFONDIMENTI
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Istituto Nazionale di statistica-ISTAT: www.istat.it
Banca d’Italia: www.bancaditalia.it
Istituto di studi e analisi economica: www.isae.it
Fondazione CENSIS: www.censis.it
Provincia Autonoma di Trento-Servizio statistica:
www.statistica.provincia.tn.it
Osservatorio permanente per l’economia, il lavoro e la valutazione della
domanda sociale-OPES: www.osservatoriodeltrentino.it
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento:
www.tn.camcom.it
Agenzia del lavoro – Trento: www.agenzialavoro.tn.it
Eurostat: ec.europa.eu/eurostat
Fondo Monetario Internazionale-IMF: www.imf.org
Banca Mondiale: www.worldbank.org
• ICEF: http://www.icef.provincia.tn.it
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
37
•
Presso CAAF SINDACALI O ACLI: http://www.cgil.tn.it/info/14/icef-comemuoversi.html
ICEF sta per “Indicatore della Condizione Economica Familiare”. Si tratta di
uno strumento indispensabile per definire al meglio, sulla base di informazioni
di tipo reddituale, patrimoniale, finanziario e anagrafico, le concrete condizioni
economiche di una famiglia e permette ai nuclei più deboli l'accesso ai benefici
sociali e alle agevolazioni tariffarie offerte dalla Provincia e dagli Enti Locali in
Trentino. L'ICEF di fatto sostituisce nella nostra provincia l'ISEE che è l'analogo
strumento utilizzato a livello nazionale. Di anno in anno la disciplina dell'ICEF
viene modificata in base ad un'intesa con i sindacati. Grazie a queste novità le
dichiarazioni Icef potranno consentire alle famiglie trentine di accedere a tariffe
più sostenibili. Inoltre, in un accordo tra Provincia e sindacati, si è stabilito che a
breve dovrà essere attuata l'indicizzazione dei parametri ICEF in modo da
agganciarli al reale andamento del costo della vita.
• ACLI BABY SITTER QUALIFICATE: http://www.aclitrentine.it/acli/attivitformativa/progetto-mary-poppins-babysitter-qualificate.html
DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA :
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Pontificio Consiglio per i Laici: www.laici.va/content/laici
Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: www.justpax.it/ita
Pontificio Consiglio per la Famiglia: www.familia.va
Caritas in Veritate:
www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_
ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html
Compendio della Dottrina sociale della Chiesa:
www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/document
s/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html
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RIFERIMENTI E ALLEGATI PER LA RIFLESSIONE E L’APPROFONDIMENTO:
1. La profonda crisi sociale che stiamo attraversando appare sempre più di
natura antropologica, con un disagio individuale e un ripiegamento collettivo
che non si lasciano interpretare attraverso i consueti schemi dell’analisi sociale
ed economica. La crescente sregolazione delle pulsioni, il rinserramento
individuale e l’indifferenza collettiva, il rattrappimento nel presente, sono i
segnali della crisi di una mitologia che ha animato in passato i processi di
sviluppo socio-economico. Una possibile rassegna dei miti che non funzionano
più contempla: l’estinzione del desiderio e piuttosto il primato della logica di
offerta capitalistica di prodotti e servizi, il disfacimento della cultura del dono e
del sacrificio in vista del bene comune, l’evaporazione della figura del padre,
l’indebolimento dell’autorità della legge e delle istituzioni, con il declino della
lunga e fruttuosa parabola del soggettivismo. (Da Fenomenologia di una crisi
antropologica : Censis “Un mese di sociale/2011”.)
2. Uno dei più gravi problemi attuali in tema di concezione della famiglia è che
le definizioni statistiche ormai generalizzate hanno schiacciato il concetto di
famiglia sulle sue condizioni materiali (chi vive sotto lo stesso tetto),
determinandone anche il ruolo economico all’interno della produzione del PIL
(Prodotto Interno Lordo, che registra tutte le transazioni di mercato). La
famiglia viene definita statisticamente come un puro soggetto di consumo e
non di produzione. Ciò avviene in quanto quello che si produce in famiglia (figli,
educazione, legami fra generazioni, assistenza, servizi domestici,
redistribuzione) non è monetizzato e dunque non viene conteggiato nel PIL.
(Vera Negri, Famiglia e lavoro: opposizione o armonia?Bari, 25-28 ottobre 2012)
3. L’intervento del diritto è segno di approvazione da parte di tutti gli
appartenenti del gruppo e in questo senso è segno della presenza di un valore
morale riconosciuto. Oggi, in un regime di pluralismo etico e d’incertezza delle
identità personali e collettive, il diritto ha assunto un ruolo rilevantissimo di
accreditamento morale.[…] In nessuna epoca come la nostra la morale si è
identificata tanto con il diritto. Più aumenta l’incertezza sul senso delle nostre
scelte, più abbiamo bisogno del diritto. […] Se mancasse il riconoscimento della
società, allora ci sentiremmo calpestati nella nostra identità e impediti nel poter
essere noi stessi. La famiglia ha a che fare per molti versi con il problema
dell’identità personale ed è per questo che oggi chiama in causa il diritto.
(Francesco Viola, Famiglia e politica, su Iustitia, -3/1999 pag.342)
4. L’operatore di pace deve anche tener presente che, presso porzioni crescenti
dell’opinione pubblica, le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a
prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà
della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato
che questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a
cominciare da quelli civili e politici. (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata
Mondiale per la Pace 01.01.2013, nr. 4)
5. […] il genere è diventato oggetto di un preteso “consenso mondiale” alla
conferenza di Pechino del 1995.
I residui radicali della rivoluzione femminista e culturale occidentale si sono
trasformati in norme mondiali. Al summit del millennio (2000) (Obiettivi per lo
sviluppo del millennio) il genere si è imposto come priorità trasversale del
programma della cooperazione internazionale, già prigioniera del quadro
ideologico di Pechino. Oggi siamo in piena fase d'applicazione. Lo slancio
dottrinale di cui hanno dato prova gli agenti del cambiamento mondiale negli
anni 90 si è trasformato in zelo operativo. La pressione è massima.
All'avvicinarsi della data limite del 2015, gli agitatori insistono sulla necessità
di accelerare l'applicazione del genere, soprattutto nei paesi in via di sviluppo,
di moltiplicare le azioni concrete, di misurare i risultati e l'impatto delle
politiche dell'equità dei sessi, di trasformare gli obiettivi di Pechino in
meccanismi durevoli. Tutti i cittadini del mondo sono chiamati ad appropriarsi e
formarsi secondo il paradigma del genere. […]L'ideologia del genere si fonda su
un'opposizione dialettica tra il concetto di sesso, femminile o maschile (di cui
le differenze sono inscritte nella biologia e quindi non cambiabili), e il genere,
femminile o maschile (di cui le differenze sarebbero socialmente costruite,
instabili e cambiabili – non solamente secondo le culture, ma soprattutto se
condo le scelte dell'individuo, esse stesse variabili nel corso della sua esistenza).
La dissociazione sesso-genere si vuole definitiva. Rompe l'unità ontologica
della persona e la separa da se stessa. L'ideologia del genere stipula che
l'individuo può scegliere e autodeterminarsi in maniera radicalmente libera.
Questa pretesa libertà s'acquisisce attraverso un processo di liberazione di ciò
che è donato, della realtà, della natura, della specificità femminile e maschile
inscritte nella configurazione antropologica dell'uomo e della donna e in
particolare del ruolo della donna come madre e sposa (è eloquente sottolineare
come il documento di consenso della conferenza di Pechino contiene 218 volte
la parola genere e che la parola madre non appare che 17 volte e tutte in
contesti dove è associata a situazioni difficili come le madri single o le madri
adolescenti e le loro gravidanze precoci. La maternità come vocazione
fondamentale della donna è assente dal documento). La celebrazione postmoderna della libertà di scelta assoluta permette all'individuo di giocare la sua
esistenza senza mai impegnarsi nel dono di sé, offrendosi a lui infinite le
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
40
possibilità di scelta. Gli ostacoli culturali o religiosi sono considerati
discriminatori. La maternità diviene uno stereotipo da distruggere perché
giudicato negativo, discriminatorio e restrittivo, che rende la donna una vittima
e le nega l'autonomia. La donna denuncia il suo ruolo di riproduzione come
un'ingiustizia sociale che le impedisce di divenire uguale all'uomo in termini di
funzioni sociali. Le predisposizioni del corpo della donna alla maternità
diventano un nemico da combattere. Rese indipendenti dal sesso di un
individuo, le nozioni di femminilità e di mascolinità divengono processi di
cambiamento e finiscono per non avere più contenuti: la nuova cultura
mondiale è asessuata o unisex, senza generi ben definiti, neutra, senza
mascolinità e femminilità. Questa asesualizzazione decostruisce la figura della
persona umana in quanto padre o madre, sposa o sposo, figlio o figlia, fratello o
sorella. Una donna che rifiuta d'essere donna, madre, sposa e sorella non può
essere complemento per l'uomo; niente di più contrario, d'altronde,
all'ideologia del genere che parlare di complementarità tra uomo e donna.
(Marguerite A. Peeters, L’idedologia di genere, - Consiglio pontificale per i laici Congresso per i 20 anni della Mulieris Dignitatem, Roma 7-9 febbraio 2008)
PROPOSTE:
condividiamo le proposte del FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI DEL
TRENTINO www.forumfamiglie.tn.it
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
41
WELFARE
a.
b.
c.
d.
e.
Con la parola ‘welfare’ indichiamo le funzioni svolte dallo Stato sociale
per garantire il benessere dei suoi cittadini: vediamo come si
concretizza attualmente questo tema nella dimensione provinciale;
Proviamo ad individuare quali sono, nelle nostre comunità, le categorie
deboli alle quali va prestata maggiore cura;
Osservando luci ed ombre dei servizi oggi erogati, nella sanità e
nell’assistenza sociale, proviamo ad indicare almeno le urgenze delle
future politiche pubbliche in questi ambiti;
I temi dell’inclusione sociale e delle nuove cittadinanze tendono ad
essere ignorati o più spesso temuti: proviamo invece a valorizzare le
esperienze positive già esistenti ed a tracciare possibili azioni da
intraprendere insieme;
Le politiche di ‘welfare’ necessitano della collaborazione rispettosa
delle reciproche autonomie tra pubblico e privato: ormai, la
sussidiarietà orizzontale –riconosciuta dalla Costituzione- abilita i
cittadini ad essere protagonisti attivi nel rispondere ai bisogni sociali.
Come aiutare le amministrazioni a comprendere e a favorire questo
cambiamento?
DEFINIZIONE : Welfare State
FONTE : www.treccani.it/enciclopedia
Complesso di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene, in
un’economia di mercato, per garantire l’assistenza e il benessere dei cittadini,
modificando in modo deliberato e regolamentato la distribuzione dei redditi
generata dalle forze del mercato stesso. Il welfare comprende pertanto il
complesso di politiche pubbliche dirette a migliorare le condizioni di vita dei
cittadini. L’espressione («Stato del benessere»), entrata nell’uso in Gran
Bretagna negli anni della Seconda guerra mondiale, è tradotta di solito in
italiano come Stato assistenziale (che ha però sfumatura negativa) o Stato
sociale. Secondo A. Briggs, gli obiettivi perseguiti dal welfare sono
fondamentalmente tre: assicurare un tenore di vita minimo a tutti i cittadini;
dare sicurezza agli individui e alle famiglie in presenza di eventi naturali ed
economici sfavorevoli di vario genere; consentire a tutti i cittadini di usufruire di
alcuni servizi fondamentali, quali l’istruzione e la sanità. Definizione di carattere
più generale è quella formulata da I. Gough, il quale indica il welfare come
«l’uso del potere dello Stato volto a favorire l’adattamento della forza lavoro ai
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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continui cambiamenti del mercato e a mantenere la popolazione non lavorativa
in una società capitalistica». Gli strumenti tipici per perseguire gli obiettivi del
welfare sono: a) corresponsioni in denaro, specie nelle fasi non occupazionali
del ciclo vitale (vecchiaia, maternità ecc.) e nelle situazioni di incapacità
lavorativa (malattia, invalidità, disoccupazione ecc.); b) erogazione di servizi in
natura (in particolare istruzione, assistenza sanitaria, abitazione ecc.); c)
concessione di benefici fiscali (per carichi familiari, l’acquisto di un’abitazione
ecc.); d) regolamentazione di alcuni aspetti dell’attività economica (quali la
locazione di abitazioni a famiglie a basso reddito e l’assunzione di persone
invalide). Nel corso del tempo, gli interventi di questo tipo si sono via via
sviluppati in connessione sia con l’evoluzione dei rapporti di solidarietà tra gli
appartenenti al gruppo sociale, sia con l’andamento dello sviluppo economico
(e, quindi, con la crescente disponibilità di risorse da destinare a tale scopo). Il
momento di maggiore sviluppo del welfare, che coincide con la visione dello
‘Stato del benessere’ come insieme di interventi di protezione sociale a
carattere tendenzialmente universale in favore dei cittadini, ha avuto la sua
attuazione dopo la Seconda guerra mondiale. Il sistema della ‘sicurezza sociale’,
introdotto in Gran Bretagna attraverso un’apposita legislazione del 1946 e del
1948, si impose come modello per gli altri paesi industriali. Esso copriva:
disoccupazione, invalidità, perdita dei mezzi di sussistenza, collocamento a
riposo per limiti di età, bisogni della vita coniugale (per le donne: matrimonio,
maternità, interruzione dei guadagni del marito, vedovanza, separazione), spese
funerarie, sussidi all’infanzia, malattia fisica o incapacità. L’universalizzazione
del welfare (l’estensione, cioè, dei suoi servizi all’intera collettività,
indipendentemente dallo stato di bisogno) ha avuto due effetti non previsti ma
in netto contrasto con i suoi obiettivi equitativi: ha ridotto considerevolmente la
capacità redistributiva dello ‘Stato del benessere di massa’, prevalentemente
affidata alla progressività del sistema tributario, e ha provocato una massiccia
espansione della spesa pubblica che ha messo in pericolo gli equilibri finanziari
del sistema, creando problemi al contenimento dell’inflazione e della
disoccupazione. Secondo l’economista R. Misha, tale aumento della spesa
pubblica tende ad assumere carattere permanente a causa prevalentemente
della competizione politica e della pressione dei gruppi di interesse, dando
origine a una situazione di rigidità e di ridotta capacità di intervento della
politica economica. Si è rilevato che l’espansione della spesa può determinare
un eccessivo incremento della pressione fiscale e disavanzi del bilancio
pubblico; che le prestazioni assistenziali possono ridurre l’incentivo a lavorare;
che le burocrazie chiamate a fornire i servizi sociali sono sovente inefficienti e
possono anteporre i propri interessi a quelli dei cittadini; che la gratuità di
alcuni servizi può accrescerne eccessivamente la domanda e determinare
sprechi; che la povertà, per quanto ridotta, non è stata eliminata. Per questi
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
43
motivi, e anche perché è emerso in modo evidente che gli oneri che il welfare
implica non sono compatibili con il tasso di crescita dell’economia e con il tasso
di natalità molto basso dei paesi industrialmente avanzati, a partire dagli anni
1980 si è assistito a un considerevole ridimensionamento del ruolo dello Stato
nei processi economici. Il sociologo danese G. Esping-Andersen (Three worlds of
welfare capitalism, 1990) ha introdotto una classificazione dei diversi sistemi di
welfare strutturata in tre tipologie; questa tripartizione è fondata sulle
differenti origini dei diritti sociali che ogni Stato concede ai propri cittadini. Nel
regime liberale i diritti sociali derivano dalla dimostrazione dello stato di
bisogno. Il sistema è fondato sulla precedenza ai poveri meritevoli (teoria della
less eligibility) e sulla logica del ‘cavarsela da soli’. Pertanto i servizi pubblici non
vengono forniti indistintamente a tutti, ma solamente a chi è povero di risorse,
previo accertamento dello status di bisogno; in virtù di questo, tale meccanismo
viene spesso definito residuale, in quanto concernente una fascia di destinatari
molto ristretta. Per gli altri individui, che costituiscono la maggior parte della
società, tali servizi sono acquistabili sul mercato privato dei servizi. Quando
l’incontro tra domanda e offerta non ha luogo, per l’eccessivo costo dei servizi
e/o per l’insufficienza del reddito, si assiste al fallimento del mercato, cui
pongono rimedio programmi destinati alle fasce di maggior rischio. Tale regime
riflette una teoria politica secondo cui è utile ridurre al minimo l’impegno dello
Stato, individualizzando i rischi sociali. Il risultato è un forte dualismo tra
cittadini non bisognosi e cittadini assistiti. Tale modello è tipico dei paesi
anglosassoni: Australia, Nuova Zelanda, Canada, Gran Bretagna e Stati Uniti. Nel
regime conservatore i diritti derivano dalla professione esercitata: le prestazioni
del welfare sono legate al possesso di determinati requisiti, in primo luogo
l’esercitare un lavoro. In base al lavoro svolto si stipulano assicurazioni sociali
obbligatorie che sono all’origine della copertura per i cittadini. I diritti sociali
sono quindi collegati alla condizione del lavoratore. Questo è il modello tipico
degli Stati dell’Europa continentale e meridionale, tra cui l’Italia. Nel regime
socialdemocratico i diritti derivano dalla cittadinanza: vi sono quindi dei servizi
che vengono offerti a tutti i cittadini dello Stato senza nessuna differenza. Tale
modello promuove l’uguaglianza di status ed è tipico degli Stati dell’Europa del
Nord.
ALLEGATI PER LA RIFLESSIONE E L’APPROFONDIMENTO:
•
•
documento su inclusione sociale e welfare:
http://www.gruppodipisa.it/wpcontent/uploads/2012/09/LolloDEF.pdf
La legge nazionale per i servizi integrati alla persona:
www.parlamento.it/parlam/leggi/00328l.htm
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•
•
•
•
•
Riflessione sulla dignità della persona umana, principio cardine
per il sistema di welfare:
http://www.edscuola.it/archivio/handicap/dignita_costituzione.ht
m
Dizionario: www.treccani.it/enciclopedia
http://www.ccssconsorzio.it/files/scheda_legge_328_2000.pdf
http://www.edscuola.it/archivio/handicap/dignita_costituzione.ht
m
http://www.gruppodipisa.it/wpcontent/uploads/2012/09/LolloDEF.pdf
APPROFONDIMENTI:
Diritto di cura…ma non solo
Le parole sulle quali è costruita questa riflessione sono: eguaglianza, dignità,
rispetto della persona, diritto alla salute, solidarietà e sussidiarietà. Sono tutte
parole che corrispondono ad altrettanti principi contenuti in norme
costituzionali e che ci richiamano all’essenza ed al fondamento della nostra vita
comunitaria, oltreché del nostro agire lavorativo e umano. In particolare,
proprio considerando il tipo di attività svolta quotidianamente da chi è
impegnato nell’assistenza e nella cura di persone segnate da una malattia così
invasiva e dolorosa com’è l’Alzheimer, credo si possa con ragione affermare
che se anche gli operatori non avessero una conoscenza precisa di quanto la
Costituzione stabilisce nelle sue norme, con la loro azione, professionale o
volontaria che sia, ne stanno già realizzando pienamente il contenuto. Proverò a
spiegarmi meglio.
1. Cominciamo con la parola ‘Eguaglianza’. E’ una parola antica, che la
rivoluzione francese di fine settecento aveva considerato come uno dei tre
valori fondamentali della nuova repubblica (insieme alla libertà ed alla
fraternità) e che la nostra Costituzione afferma solennemente all’art.3, là dove
dice che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali”. L’eguaglianza comporta che ciascuna
persona, indipendentemente dalla situazione in cui si trova e dalle
caratteristiche che la contraddistinguono, sia collocata dall’ordinamento
sempre e comunque in una posizione intangibile, espressa innanzitutto nella
titolarità di diritti inviolabili (i famosi “diritti umani”) e nel riconoscimento della
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medesima dignità sociale. La centralità della persona rappresenta, per la nostra
Carta, uno dei pilastri dell’ordinamento democratico: “riaffermare
solennemente i diritti naturali –imprescrittibili, sacri, originari- della persona
umana e costruire la struttura dello Stato in funzione di essi. Lo Stato per la
persona e non la persona per lo Stato, ecco la premessa ineliminabile di uno
Stato essenzialmente democratico” (on. Giorgio La Pira, relazione introduttiva
alla Prima Sottocommissione, 1946). Per questo la dignità umana è considerata
“un attributo naturale e intrinseco di tutti gli uomini, che si riflette in tutte le
sfaccettature della vita umana come valore da tutelare in sé o nelle sue
3.
specifiche proiezioni nei più diversi settori”
Ciò significa che anche la persona malata di Alzheimer non può, in
ragione della sua particolare condizione di fragilità e di scarsa, se non nulla,
autonomia, essere spogliata di questo patrimonio di ‘dignità e diritti’ che è
proprio di ogni essere umano. Semmai, è compito delle istituzioni impegnate
nell’esercizio delle funzioni di sostegno e di cura “rimuovere gli ostacoli che
impediscono il pieno sviluppo della persona” (è sempre l’art. 3 della
Costituzione che parla, nel suo secondo comma), assicurando quella
‘eguaglianza sostanziale’ indispensabile a rendere effettivo e tangibile il
principio affermato altrimenti solo in astratto. Assicurare l’eguaglianza
sostanziale non vuole certo dire eliminare le differenze tra le persone –che anzi,
sono fonte di ricchezza per ogni società, tanto più per una società democraticama richiede l’eliminazione di quelle differenze ingiuste che, per la loro natura,
impediscono a taluni la possibilità di sviluppare pienamente la propria umanità
e di godere di quei diritti universali che sono riconosciuti ad ogni donna e ad
ogni uomo in quanto membri della famiglia umana. In altre parole, “potremmo
dire che l’eguaglianza è sempre sostanziale poiché non può non tendere alla sua
effettiva declinazione, alla sua reale capacità di produrre effetti socialmente
apprezzabili; ma è anche, al tempo stesso, sempre formale perché non può
accettare che i diritti di ciascuno ad una competizione paritaria per l’accesso ad
4.
alcuni beni o utilità siano oltre misura compromessi”
Dobbiamo a questo proposito ricordare che per poter godere dei diritti
alla vita, alla libertà, all’integrità della propria persona, alla cittadinanza, alle
libertà di pensiero, di coscienza e di religione, come pure dei diritti alla famiglia,
all’istruzione, al lavoro, alla sicurezza sociale, alla partecipazione politica l’unico
requisito richiesto, non solo dalla nostra Costituzione ma dalla stessa
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dalle Nazioni Unite nel
3
La citazione è di G. M. FLICK, Dignità umana e tutela dei soggetti deboli: una riflessione
problematica in E. CECCHERINI (a cura di), La tutela della dignità dell’uomo, Edizioni Scientifiche,
Napoli 2008, 51.
4
La citazione è di A. D’ALOIA, Introduzione. I diritti come immagini in movimento, tra norma e
cultura costituzionale in A. D’ALOIA, Diritti e Costituzione, Giuffrè, Milano 2003, XVII.
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1948, è quello di appartenere al genere umano. Da questa considerazione
discendono sia il divieto di ogni discriminazione, sia il dovere di eliminare ogni
diseguaglianza: entrambi costituiscono uno specifico compito che impegna le
istituzioni pubbliche, chiamate dalla Costituzione ad intervenire (con leggi, con
decisioni amministrative, con modalità di comportamento e di condotta
professionale) a favore dei soggetti più deboli ed in difficoltà, cancellando
quelle ingiuste disparità che schiacciano e spesso annullano la dignità
personale.
“1. E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in
particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine
etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la
religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di
qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza
nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le
tendenze sessuali”.
(art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, 2000)
Né privilegio, né inferiorità: ho voluto richiamare questa norma
contenuta nella Carta europea dei diritti fondamentali perché cita anche gli
handicap tra le diversità che non possono dare luogo a discriminazioni. Dunque,
anche la persona malata non può essere discriminata –non può essere, cioè,
oggetto di trattamenti irragionevolmente differenziati- ma anzi, soprattutto in
presenza di malattie fortemente invalidanti, ha diritto a ricevere quelle cure che
sono più consone a riaffermarne la piena dignità. Mi sembra interessante
richiamare, a questo proposito, la Carta dei diritti del malato di Alzheimer,
stilata nel 1999 dalle Assemblee generali di Alzheimer’s Disease International
5
(ADI), Alzheimer Europa ed Italia che esordiva affermando il “diritto del malato
ad un rispetto e ad una dignità pari a quella di ogni altro cittadino”. Da questo
chiaro collegamento al principio di eguaglianza, discendono poi tutti quei diritti
che, per la persona malata e per i suoi famigliari, rappresentano lo strumentario
indispensabile per garantire nel modo più adeguato possibile una dignitosa
qualità della vita non solo dell’ammalato, ma anche di chi gli vive accanto.
Si parla, ad esempio, del diritto ad essere informati sulla malattia e sulla
sua prevedibile evoluzione, del diritto a partecipare alle decisioni riguardanti il
tipo di cura e di assistenza, presente e futura e del conseguente diritto a
scegliere fra le diverse opzioni possibili, del diritto ad accedere, al pari di ogni
altro cittadino, ad ogni servizio sanitario e assistenziale ed il diritto ad una
speciale tutela giuridica contro gli abusi fisici e patrimoniali: la Carta, insomma,
5
La Carta è richiamata in G. RINOLDI, L. ESPANOLI, M. RONCAGLIA (a cura di), Alla ricerca della
persona smarrita, Centro Studi Internazionali Perusini Alzheimer Pordenone, 2005, 31.
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47
sembra voler adattare alla particolare condizione che caratterizza le persone
malate di Alzheimer quei diritti inviolabili che ciascuno di noi esercita, spesso
senza neppure rendersene conto, nella propria esistenza quotidiana. Diritti che
potremmo far discendere dall’inviolabilità della sfera della libertà personale e
dall’intangibilità della persona umana, che neppure al potere pubblico è
permesso profanare. In conclusione, la pari dignità sociale riconosciuta dalla
Costituzione comporta il riconoscimento delle situazioni di fragilità e l’impegno
ad individuare gli strumenti che ne consentano il superamento, affidandone la
responsabilità non solo ai poteri pubblici –ciascuno nell’ambito delle proprie
competenze- ma anche, secondo il principio di solidarietà che tutti ci lega, a
ciascuno di noi.
2. Tra gli strumenti più significativi che il legislatore costituente ha messo
a nostra disposizione per favorire il superamento delle diseguaglianze ed il
conseguente pieno sviluppo della persona umana, dobbiamo qui richiamare i
cosiddetti “diritti sociali”. Si tratta di quei particolari diritti che necessitano, per
poter essere pienamente esercitati, dell’azione positiva dei poteri pubblici (si
6
parla infatti di “diritti che costano” ) e che sono riconducibili alla sfera
dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria e sociale, della previdenza. Nella sua già
richiamata Relazione introduttiva ai lavori della Prima sottocommissione
(incaricata di redigere la proposta della prima parte della Costituzione dedicata
ai diritti e doveri dei cittadini), l’on. Giorgio La Pira scriveva:
“Quali sono i diritti essenziali della persona verso la
protezione dei quali deve dirigersi la struttura costituzionale e
politica dello Stato? Bisogna limitarsi alla riaffermazione di
quei diritti naturali di eguaglianza e di libertà (civili e politiche)
contenuti nelle Carte costituzionali americane e francesi? O,
invece, accanto a questi diritti, cosiddetti individuali, bisogna
affermare i cosiddetti diritti sociali che sono per la persona
altrettanto essenziali quanto i primi? La risposta è evidente: la
grave lacuna che si trova nelle Costituzioni precedenti va
eliminata. Senza la tutela dei diritti sociali –diritto al lavoro, al
riposo, all’assistenza, ecc.- la libertà e l’indipendenza della
persona non sono effettivamente garantite”.
(on. Giorgio La Pira, Relazione sui Principi relativi ai rapporti
civili, 1946)
6
L’espressione è riportata da F. CORTESE, I diritti inviolabili dell’uomo in D. FLORENZANO, D.
BORGONOVO RE, F. CORTESE, Diritti inviolabili, doveri di solidarietà e principio di eguaglianza.
Un’introduzione, Giappichelli, Torino 2012, 32.
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Senza la protezione dei diritti sociali, i cittadini che si trovano in
condizioni di bisogno non potrebbero aspirare alla piena realizzazione delle
proprie capacità ed all’effettiva partecipazione alla vita della comunità, nelle
forme attive disciplinate dalla Costituzione. E’ la libertà dal bisogno che
costituisce il senso e la stessa ragion d’essere dei diritti sociali: ecco perché la
Repubblica agevola con misure economiche la famiglia (art. 31), rende effettivo
il diritto all’istruzione con borse di studio e altre provvidenze per i capaci e
meritevoli sprovvisti di mezzi (art. 34), assicura il mantenimento e l’assistenza
sociale agli inabili al lavoro e a chi manchi dei mezzi necessari per vivere,
riconoscendo il diritto alla previdenza sociale nelle sue molteplici forme (art.
38). In particolare, per quanto qui ci interessa considerare, la Repubblica “tutela
la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e
garantisce cure gratuite agli indigenti” (art. 32). In questa norma si intrecciano
principi diversi e tra loro strettamente legati: prima di tutto, viene affermata la
centralità, nella vita delle persone, del diritto alla salute la cui importanza è
talmente forte da obbligare i poteri pubblici ad assicurare anche ai poveri, privi
dei mezzi necessari a provvedere autonomamente a sé, le prestazioni
necessarie a tutela del medesimo diritto. Peraltro, questa attenzione agli
indigenti scaturisce da un altro dei principi fondamentali su cui si fonda la
nostra Costituzione: il principio di solidarietà. Si tratta di un principio che i
Costituenti hanno introdotto fin dall’inizio dei lavori di redazione della Carta,
riconoscendo che alla centralità della persona umana “si aggiunge subito dopo,
senza alcuna subordinazione, la necessaria solidarietà di tutte le persone le
quali sono chiamate a completarsi a vicenda mediante la molteplice
organizzazione della società moderna” (on. Giuseppe Dossetti, 10 settembre
1946). Il rapporto di solidarietà tra le persone - ma anche tra le istituzioni ed i
cittadini- deriva, prima ancora che da un’esplicita richiesta dell’ordinamento
giuridico (l’art. 2 della Costituzione che richiede a ciascuno “l’adempimento dei
doveri inderogabili di solidarietà sociale, economica e politica”), dalla
condizione naturalmente comunitaria che contraddistingue ogni essere umano
7.
e che lo pone necessariamente in relazione con i suoi simili
Inoltre, il diritto alla salute rappresenta un vero e proprio interesse della
comunità: ciò comporta, da un lato, che la cura della persona malata abbia
valore non solo per la persona stessa ma per tutta la comunità e, dall’altro, che
le singole persone possano essere chiamate a contribuire alla tutela della salute
della collettività, sottoponendosi a particolari trattamenti sanitari (è il caso, ad
esempio, delle vaccinazioni obbligatorie). Il reciproco vincolo di solidarietà che
lega cittadini e poteri pubblici richiede, tuttavia, accanto al rispetto del principio
di legalità, un giusto bilanciamento tra la dimensione collettiva dell’interesse
7
La ricostruzione del dibattito costituente sul principio di solidarietà è in D. BORGONOVO RE, I
doveri inderogabili di solidarietà in D. FLORENZANO, D. BORGONOVO RE, F. CORTESE op. cit.54 ss.
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
49
alla salute e la dimensione personale (come ci ha più volte ricordato la Corte
8)
costituzionale : per questo, il secondo comma dell’art. 32 dispone che
“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non
per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana”. Si tratta di un richiamo importante, per il
tema che oggi trattiamo: se persino la legge –che è l’espressione più alta del
principio di sovranità popolare- trova un limite invalicabile nel rispetto della
dignità della persona, a maggior ragione qualsiasi comportamento assunto da
chi si occupa dell’assistenza e della cura di persone malate di Alzheimer non
può sottrarsi al medesimo limite. Ciò non significa, semplicemente, astenersi dal
compiere atti lesivi della dignità umana del malato, ma significa applicare
positivamente la cultura della solidarietà, “cercando di migliorare la qualità
della vita della persona, stabilendo una forte alleanza tra l’operatore sanitario,
la persona malata, la famiglia (la terna terapeutica), rendendo la vita quotidiana
essenzialmente dignitosa, intessuta di presenze (in particolare quelle famigliari)
che rafforzano questa dignità e dunque prospettando un approccio al malato di
Alzheimer assolutamente attento e rispettoso di ciò che egli (o ella) realmente è
9.
ed a ciò che egli (o ella) è capace di fare”
Questo approccio globale, che caratterizza il modello Gentle Care,
considera -proprio come richiesto dalla nostra Costituzione- la persona nella sua
interezza: di conseguenza, ogni intervento terapeutico risulta centrato sulla
persona stessa e non (solo) sulla sua malattia, alla ricerca di una condizione di
ben-essere che si ponga, coerentemente con il dettato costituzionale, nel solco
del superamento dei limiti che condizionano la piena espressione della dignità
umana. Peraltro, dobbiamo ricordare come da tempo, ormai, il diritto alla
salute non si riferisca più esclusivamente al solo diritto alle prestazioni di cura in
caso di malattia o di infermità, ma la sua portata si estenda fino ad includere il
ben-essere della persona e la sua qualità di vita, concetti che si collegano
entrambi alla dimensione della dignità che connota ogni essere umano.
Esempio significativo di questa estensione del diritto ci viene dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo –che vigila
sull’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo adottata nel
1950- per la quale deve essere tutelata non solo l’integrità fisica della persona
ma anche la sua dignità: in questo senso, viene considerato come l’eventuale
assenza di strutture adeguate per persone affette da disabilità che impediscono
loro di condurre una vita attiva “può far sorgere sentimenti di umiliazione e di
8
Si vedano, ad esempio, le sentenze n. 307 del 1990, n. 118 del 1996 e n. 27 del 1998 in tema di
indennizzabilità del danno alla salute derivante dalla sottoposizione a trattamenti sanitari
obbligatori (in www.cortecostituzionale.it).
9
Così G. RINOLDI, S. FERRERI, Il malato di Alzheimer da problema a risorsa in G. RINOLDI, L.
ESPANOLI, M. RONCAGLIA op. cit. 35-37.
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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sconforto suscettibili di influenzare la loro autonomia personale e, dunque, la
qualità della loro vita privata” e dunque costituisce una violazione del diritto
alla salute, inteso come espressione del più ampio diritto alla vita10.
“Del resto, il più celebre neocostituzionalista contemporaneo,
Ronald Dworkin, ha affermato che sono proprio le nostre
intuizioni sulla giustizia a presupporre ‘non solo che le persone
abbiano diritti, ma che fra questi ve ne sia uno fondamentale, il
diritto all’eguale considerazione e rispetto’ che non solo non si
oppone, ma implica i diritti di libertà”.
(Roberta De Monticelli, La questione civile, 2011, 106)
E’ proprio la consapevolezza di questo comune diritto all’eguale
considerazione ed all’eguale rispetto che introduce l’ultima parola che in
chiusura vorrei , seppur brevemente, ricordare: la parola ‘sussidiarietà’,
disciplinata dall’art. 118 della Costituzione. Si tratta di una particolare forma di
espressione del principio di solidarietà che si realizza nei rapporti tra le
istituzioni pubbliche (sussidiarietà verticale) oppure all’interno della società che
solitamente definiamo ‘civile’ (sussidiarietà orizzontale) e che si fonda, nel
primo caso, sull’attribuzione del maggior numero possibile di funzioni ai
Comuni, perché costituiscono il livello di governo più vicino ai cittadini e, nel
secondo caso, sul riconoscimento agli stessi cittadini della capacità di svolgere,
in autonomia, funzioni rilevanti per la comunità. Nella sussidiarietà orizzontale,
la libera iniziativa di associazioni, comitati, gruppi o anche singoli si traduce in
una partecipazione volontaria, attiva e responsabile alla cura del bene comune
ed al soddisfacimento di interessi di portata generale, affiancando l’ente
pubblico in un impegno che con le sue sole risorse rischierebbe di non poter
11.
essere garantito
Dunque, anche negli ambiti dedicati alla cura ed al sostegno delle
persone più fragili l’esercizio della sussidiarietà orizzontale può aprire spazi di
iniziativa inediti, oltre naturalmente a rafforzare tante azioni di
accompagnamento volontario già presenti nei luoghi di assistenza: penso
all’azione dei volontari o alla valorizzazione del ruolo attivo delle famiglie,
chiamate (come ben ci ricorda la legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato dei servizi sociali, n. 328/2000) a collaborare “nella formazione di
proposte e di progetti per l’offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi”
10
La citazione proviene dalla sentenza Molka v. Polonia (2006) richiamata da R. CHENAL, Il diritto
alla salute e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo in AA.VV., I diritti sociali come diritti della
personalità,Edizioni Scientifiche, Napoli 2010, 82.
11
Una lettura ricca di spunti su questo tema è offerta da G. ARENA, G. COTTURI, Il valore aggiunto.
Come la sussidiarietà può salvare l’Italia, Carocci, Roma 2010.
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
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(art. 16). Attraverso la sussidiarietà, il ‘fare insieme’ diviene il modo migliore per
realizzare un ‘fare per tutti’: si moltiplicano le idee, le proposte e le energie a
disposizione, colmando i vuoti che spesso determinano la solitudine degli
operatori e delle famiglie nell’affrontare situazioni complesse come quelle
vissute dalle persone malate di Alzheimer. E riuscendo forse, almeno un poco, a
rispondere alle domande di chi chiede di poter mantenere la sua dignità di
persona in un mondo di persone.
“Non lasciatemi sola qui,
in una cosa che non so cosa sia.
E questa esistenza unica
sta scivolando via dalle mie mani
come sabbia fine,
rapidamente, come seta,
elusivamente.
Perché non venite più a trovarmi
Come facevate una volta?
Perché dovreste aver paura
Della vostra incapacità
Di aiutarmi?
Dimenticatevi della perfezione;
ho bisogno della gente,
un paio d’occhi
un tocco,
qualcuno qui in maniera personale.
Perché questa è
La nostra vita
E queste sono le mie emozioni”.
12
Aino Suhola
12
La poesia è ripresa da G. RINOLDI, L. ESPANOLI, M. RONCAGLIA op. cit.22.
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CONCLUSIONI DEL GRUPPO DI LAVORO
QUESTIONI
1. In previsione di un significativo calo di risorse nel bilancio provinciale, per
l’ente pubblico sarà fondamentale condividere le scelte con i cittadini
soprattutto nel settore dei servizi alla persona (sociali e sanitari, ad esempio).
Come si pensa di favorire il rafforzamento dei legami sociali in un’ottica
SOLIDALE ?
2. Fare meglio con meno sarà lo slogan del futuro; forse bisognerà modificare le
voci della spesa sociale, riducendo i trasferimenti in denaro ma aumentando i
servizi diretti (trasporto gratuito, pasti alle mense, sostegno domiciliare, altri?).
Questo passaggio viene considerato preferibile se si pensa che l’ente pubblico
non riesce ad esercitare un controllo efficace sui destinatari delle erogazioni dei
contributi…
3. Bisogna ridurre la spesa per la burocrazia, prima di tutto intervenendo sulle
inefficienze sia dell’organizzazione sia delle procedure inutilmente complesse.
Che proposte possiamo sottoporre ai candidati a partire dalle nostre esperienze
personali (eccesso di certificazione, malfunzionamento delle commissioni di
invalidità, inadeguatezze del front office, ad esempio)?
4. Il problema di una corretta e completa informazione è centrale: avere una
molteplicità di servizi o di strumenti a disposizione ma non conoscerne
l’esistenza e non assicurarne l’eguale accessibilità equivale a non avere nulla!
Che idee ci sono per garantire davvero a tutti le conoscenze necessarie per
trovare risposte ai problemi socio-sanitari?
5. Dobbiamo anche capire se è necessario intervenire sulle leggi provinciali che
disciplinano questa materia. Ma qui non ho strumenti sufficienti…bisognerebbe
chiedere a qualcuno che sia competente in questo settore. Purtroppo accade
che la confusione legislativa incida pesantemente sulla qualità dei servizi e
delle attività amministrative, rendendo difficile ai cittadini districarsi tra mille
adempimenti….
PRIORITA’
Dal confronto tra i presenti sono emerse alcune priorità a riguardo della
necessità di una formazione culturale che:

crei una cultura che sappia tenere sempre presente tutta la persona nei
suoi aspetti corporali, relazionali/affettivi ed interiori. Tale visione
Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale - Verso le elezioni provinciali 2013
53
permette di non guardare solo al bisogni di ciascuno o solo all’essere
umano come portatore di problematicità o di difficoltà fisiche e/o
psicologiche, ma nell'insieme di desideri e bisogni spirituali: in questo modo
si renderà più umano il sistema. Sicuramente è più impegnativo dal punto
della relazione umana ma apporta in miglioramento nella cura della
persona e con il tempo anche un risparmio delle risorse.

Si sta assistendo al venir meno del senso di comunità, di appartenenza
che si riflette sul concetto e sulla pratica della solidarietà. Una persona
che non si sente appartenente ad una comunità che la valorizza e la
sostiene e ne mette in evidenza la positività è una persona che soffre
emotivamente. Se una società sceglie di essere comunità anche
l'assistenza, il prendersi cura diventa più efficace e anche meno costoso.

Aumentare le risorse per i percorsi di prevenzione e di educazione a
“Sani Stili di Vita ” per formare giovani e adolescenti (ma anche gli adulti)
a scelte concrete per un benessere corporale, relazionale/affettivo e
della consapevolezza di sé. Formare degli educatori che siano in grado di
sostenere percorsi di educazione alla gestione e valorizzazione delle
emozioni. Ricordiamo che il disagio relazionale porta poi al disagio
psichico.
PROPOSTE

Incentivare il volontariato e formarlo per una maggiore capacità di
prendersi cura delle problematiche dell’essere umano e non limitarsi ai
bisogni esterni alla persona:
1. stimolare il volontariato formando le persone per l'acquisizione di
varie competenze relazionali, capacità di mettersi in gioco, capacità
critica, d'ascolto etc..come avviene già in alcune scuole superiori con i
percorsi chiamati: Life skills. La relazione è costitutiva per una vita
bella, ma abbiamo una emergenza educativa perché sia gli insegnanti
che i genitori sono impreparati e molte volte superficiali.
2. coinvolgere i gruppi anziani che si ritrovano spesso tra loro per gite o
far festa ma non sembrano molto interessati alla cura delle persone
in difficoltà;
3. Fare dei percorsi con gli studenti durante l'estate perché i giovani si
prendano cura dei giovani; proporre un servizio civile obbligatorio a
tutti quelli che usufruiscono dell'assegno di disoccupazione;
4. creare una Banca del tempo per gli altri in modo per coordinare il
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volontariato.

Il Trentino si è certificato come “amico della Famiglia” ma cosa vuole dire
questo? Facciamo in modo che non sia solo una certificazione aiutiamolo a
crescere in questa dimensione, la famiglia è composta da varie figure
mamma , papà, figli, nonni. Dobbiamo aiutare la famiglia a vivere con
responsabilità il suo ruolo, nell’ottica della sussidiarietà. In questo
contesto ci viene chiesto di dare attenzione alla famiglia composta solo
dal single, e all'emergenza famiglie separate con i problemi economici che
devono affrontare e colpiscono specialmente i padri.

Per quanto riguarda il problema di una corretta informazione agli utenti
sui servizi e possibilità per le persone in difficoltà si ritiene che il medico di
base sarebbe la persona più indicata, ma si registra come molte volte siano
impreparati e superficiali nel dare consigli e indirizzare verso le soluzioni
migliori i loro assistiti. Necessitano di formazione ma ancora di più di
controllo. Eventualmente si può creare anche un front office per colmare le
lacune di informazioni senza che questo incida sulla responsabilità del
medico di base di essere informato e di dare informazioni.
Riassumendo in quattro punti:
1.
2.
3.
4.
creare una nuova cultura che tenga presente la persona nella sua
totalità
incentivare il senso di comunità e appartenenza per una cultura
solidale
prevenire e formare creando dei percorsi di Sani Stili di Vita che
comprendano la cura del corpo, la relazionalità e la consapevolezza del
sé
un welfare che non esautori la famiglia dalle proprie responsabilità ma
l'aiuti a vivere la responsabilità e la sua mission
SINTESI PROPOSTE PER RIDURRE LE CRITICITA’ EMERSE:
1.
2.
3.
creare un front office e preparare ed esigere che i medici di base diano
informazioni agli utenti sui servizi
incentivare il volontariato dei gruppi anziani, giovani e dei disoccupati
dare competenze “per la vita” a scuola con percorsi e degli stage che
maturino crediti “sociali”.
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“…in questo sistema senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato
idolatra di questo 'dio-denaro'. Comandano i soldi! Comanda il denaro!
Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo. E cosa succede?
Per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi,
cadono gli anziani perché in questo mondo non c’è posto per loro! Alcuni
parlano di questa abitudine di 'eutanasia nascosta', di non curarli, di non averli
in conto… (...) E cadono i giovani che non trovano il lavoro e la loro dignità.
Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire portare il pane a casa, lavoro vuol
dire amare! Per difendere questo sistema economico idolatrico si instaura la
'cultura dello scarto': si scartano i nonni e si scartano i giovani. E noi
dobbiamo dire 'no' a questa 'cultura dello scarto'. Noi dobbiamo dire: 'Vogliamo
un sistema giusto! un sistema che ci faccia andare avanti tutti'. Al centro ci
deve essere l’uomo e la donna, come Dio vuole, e non il denaro!".
“Di fronte alla crisi ci può essere la rassegnazione, il pessimismo verso ogni
possibilità di efficace intervento. (...) La crisi può diventare momento di
purificazione e di ripensamento dei nostri modelli economico-sociali e di una
certa concezione del progresso che ha alimentato illusioni, per recuperare
l’umano in tutte le sue dimensioni. Il discernimento non è cieco, né
improvvisato: si realizza sulla base di criteri etici e spirituali, implica
l’interrogarsi su ciò che è buono, il riferimento ai valori propri di una visione
dell’uomo e del mondo, una visione della persona in tutte le sue dimensioni,
soprattutto in quella spirituale, trascendente; non si può considerare mai la
persona come 'materiale umano'!”
(Papa Francesco,da due interventi del Papa a Cagliari 22 settembre 2013)
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HANNO COLLABORATO:
ALDRIGHETTI LIVIO
BALDO CHRISTIAN
BORGOVOVO RE DONATA
BRESSAN GIORGIO
BROLPASINO STEFANO
CAMPESTRIN FRANCESCO
CANOVI MARIO
CAPRA TIZIANA
CHIZZOLA MARIAGRAZIA
DEGASPERI PIERGIORGIO
DELAITI ELISABETTA
FANTELLI UDALRICO
FURLETTI EMMANUELE
GATTI GABRIELE
GIACOMETTI MONS. UMBERTO
GRAIFF MATTEO
IORIO FRANCESCO
LURASCHI ETTORE
MARANELLI SILVANA
MICHELI MARCO
MORANDI GIANNI
PERATONER FAUSTO
PIZZOLLI DON RODOLFO
PLOTEGHER GIOVANNI
POLI SILVIA
PREZZI GIULIANA
PULIN PAOLO
RIZZI GIULIANO
SCARIN MARIALUISA
SILVESTRE ALESSIA
TONELLI CARLO
VICENTINI GIOVANNI
VISINTAINER MONICA
WIDMANN ROBERTA
ZENDRI MAURO
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Arcidiocesi di Trento
Pastorale Sociale, Ambiente e Turismo
Scuola per la Politica, l' Economia e il Sociale
Comitato Diocesano Trentino Locride
Via Barbacovi 4 - 38122 Trento
email ufficio: [email protected]
tel: 0461/891.324 - 323
fax: 0461/891.325
www.diocesitn.it/lavoro
www.diocesitn.it/trentinolocride
stampato su carta ecologica
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