Venerdì 16 sabato 17 aprile 2010, ore 20,30 Teatro Ariosto ANGELS IN AMERICA Fantasia gay su temi nazionali Prima parte: Si avvicina il millennio di Tony Kushner traduzione Mario Cervio Gualersi (edita da Ubulibri) regia Ferdinando Bruni e Elio De Capitani scene di Carlo Sala costumi di Ferdinando Bruni con Elio De Capitani, Elena Russo Arman, Cristina Crippa, Ida Marinelli , Cristian Maria Giammarini, Edoardo Ribatto, Fabrizio Matteini, Umberto Petranca video Francesco Frongia luci di Nando Frigerio suono di Giuseppe Marzoli produzione Teatridithalia/ERT Emila Romagna Teatro Fondazione Domenica 18 aprile 2010, ore 20,30 Teatro Ariosto ANGELS IN AMERICA Seconda parte: Perestroika di Tony Kushner traduzione di Ferdinando Bruni (edita da Ubulibri) uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani scene di Carlo Sala costumi di Ferdinando Bruni con Elio De Capitani, Elena Russo Arman, Cristina Crippa, Ida Marinelli , Cristian Giammarini, Edoardo Ribatto, Fabrizio Matteini, Umberto Petranca, Sara Borsarelli video di Francesco Frongia luci di Nando Frigerio suono di Giuseppe Marzoli produzione Teatridithalia/ERT Emila Romagna Teatro Fondazione con il contributo di Next-Laboratorio delle idee per Oltre il palcoscenico Angels in America, bestseller del teatro americano scritto da Tony Kushner all’inizio degli anni 90, è uno straordinario ritratto dell’epoca reganiana, dove l’Aids diviene metafora dello sfaldamento sociale, religioso e politico di un’intera epoca. L’allestimento di Si avvicina il millennio, prima parte dell’opera, segna una tappa fondamentale nella storia della Compagnia dell’Elfo. Già grande successo nella versione televisiva con Al Pacino, questa regia di Elio De Capitani e Ferdinado Bruni ha ottenuto i più prestigiosi riconoscimenti teatrali italiani a partire dal Premio dell’Associazione Critici di Teatro «per uno sviluppo scenico più vicino all’allegoria che alla semplice metafora: dilata l’ampia scena oltre se stessa con virtuali proiezioni cinematografiche di grande effetto, con livelli sonori a volte alterati, che riescono a restituirci tanti piani di realtà, da quelli più chiaramente onirici a quelli di un realismo più tragico e concreto, in un insieme di grande intensità emotiva». La seconda parte, Perestroika, sempre ambientata nella New York febbrile e onnivora degli anni Ottanta, è contenitore ideale delle inquietudini di un’epoca che arriva fino ai nostri giorni. Qui riprende vita l’intreccio che mischia le vite di uomini semplici con quelle di angeli barocchi, di allucinazioni psicotiche che diventano reali e di personaggi storici trasformati in fantasmi. Ritroviamo dunque i personaggi a cui molti spettatori si erano affezionati: Prior Walter, solo e malato di Aids, e Louis, il suo ex fidanzato, adesso amante dell’avvocato mormone Joe Pitt; la giovane moglie di quest’ultimo, che in preda alla depressione si costruisce un’identità immaginaria, e sua suocera Hannah, rigida mormone costretta ad allargare le proprie vedute. L’Aids ha colpito anche Roy Cohn, l’avvocato corrotto, colpevole realmente di aver mandato a morte i coniugi Rosenberg durante il maccartismo. Il passato non gli fa sconti e gli infligge l’umiliazione di dipendere dalle cure di Belize, “l’infermiera negra del turno di notte, il mio negativo”. Con l’incalzare della morte, i suoi sogni si popolano di incubi e fantasmi: sarà proprio l’apparizione della sua vittima più famosa, Ethel Rosenberg, ad accompagnarlo verso la fine. Intervista a Tony Kushner Per Tony Kushner vale l’antico motto di Denis Diderot: «Toglietemi la politica e la morale, e non saprò più di cosa parlare». Da un’ora di conversazione con Kushner si esce, infatti, con alcune centinaia di opinioni su guerra in Iraq, giustizia sociale, buco nell’ozono, egoanarchisti, fondamentalisti cristiani, intercettazioni dell’Fbi, legge mosaica, omofobia, dinastia Bush, antisemitismo. Il tutto offerto all’interlocutore con cortesia e implacabile gusto dell’affabulazione. Il suo teatro resta apparentemente sullo sfondo, schiacciato dall’urgenza della cronaca e da una visione della vita che chiede di essere co- municata. «Penso il mondo politicamente», riconosce lui, «Per me la politica è interessante, sexy, divertente». Il concetto non è poi molto diverso da quello che Kushner mette in bocca a Louis, il suo alter ego teatrale di Angels in America: «Non ci sono angeli in America, non c’è passato spirituale, non c’è passato razziale, c’è solo la politica». In realtà, mentre il torrente in piena procede, ci si rende conto che la «politica» di Kushner è qualcosa di vasto e mobile, è il gioco delle relazioni sociali, il groviglio di amore, odio, sesso, desiderio, speranza, malattia che tesse la vita di ognuno e che lui porta a teatro. «Scrivo per dire la verità sul modo in cui vedo e capisco il mondo. Non mi interessa mascherare nulla. Se poi risulto spiacevole, meglio così. Un certo disagio è la prova che un’opera d’arte funziona. Non assistiamo a Medea per sentirci meglio». (...) L’impresa è titanica: complessivamente, sette ore di spettacolo, più di trenta personaggi, otto atti, 59 scene, un epilogo. E poi, in omaggio al sottotitolo della commedia, Fantasia gay su temi nazionali, una struttura che ricorda appunto una «fantasia», un’opera musicale fatta di arie, duetti, terzetti, variazioni e interludi, con scene e battute che si sovrappongono, angeli che volano e ben 71 cambiamenti d’ambiente: dalle camere da letto alla corsia d’ospedale a Central Park al Polo Sud. Successo travolgente. «Nemmeno io potevo immaginare cosa sarebbe diventata Angels in Ame- rica», racconta oggi Kushner. L’opera nasce infatti come lavoro su commissione nel 1987, quando lo scrittore viene avvicinato da Oscar Eustis, regista del Mark Taper Forum di Los Angeles. Eustis, rimasto impressionato dal primo lavoro di Tony Kushner, A Bright Room Called Day, gli chiede una commedia sull’impatto dell’Aids nella comunità gay di San Francisco. I due cercano finanziamenti, conducono workshops, sviluppano il lavoro. Millenium approaches va in scena per la prima volta a San Francisco nel 1991; Perestroika debutta l’anno successivo. Nel 1993-94 le due parti arrivano a Broadway. Il successo è immediato. Kushner vince il Pulitzer, due Tony, una miriade di altri premi. Nel 1994 Harold Bloom inserisce Angels in America nella lista dei capolavori del suo celebre Western Canon. Peter Eötvös ne trae un’opera musicale, Robert Altman comincia a pensare a una versione televisiva (che vedrà la luce soltanto nel 2003, con Al Pacino, Meryl Streep, Emma Thompson e la regia di Mike Nichols; i produttori erano rimasti spaventati dai preventivi di Altman). Angels trasforma un giovane e oscuro scrittore di teatro nel più celebre drammaturgo della sua generazione. Kushner scrive altre commedie (Slavs, Homebody/Kabul, Caroline or Change), diverse sceneggiature per il cinema (la più recente, Munich, per Steven Spielberg). I suoi interventi pubblici – che si tratti di Martha Stewart o di war on terror – ne fanno l’uomo di spettacolo americano più éngagé, una sorta di nuovo Arthur Miller in un momento in cui il teatro – e la cultura – tendono a staccarsi dalla vita pubblica. Il suo matrimonio in Massachussetts con il fidanzato di sempre, l’editor di ‘Entertainment Weekly’ Mark Harris, viene segnalato sulla pagina dei «matrimoniali» del New York Times. È la prima volta che il giornale dedica quello spazio a una coppia gay. «All’inizio Angels in America doveva essere proprio una riflessione sulla mia identità gay», ricorda lo scrittore, «Scrivendolo, è diventato qualcos’altro». Forse sarebbe meglio dire che Angels in America è diverse cose in un’opera sola: una storia di tradimento e grazia nell’America reaganiana, un dramma sul vivere con – e morire di – Aids, sullo sforzo di fissare e di liberarsi dalla propria identità sessuale, etnica e religiosa. Ambientato a New York nel 1985, al culmine dell’epidemia di Aids, Angels segue le vite di un gruppo di uomini e donne legati da uno strano destino circolare. Prior Walter è un giovane Wasp cui è stato diagnosticato l’Aids. Il suo fidanzato Louis, ebreo radical e intellettuale, non sopporta la malattia di Prior, che abbandona, legandosi al mormone repubblicano e omosessuale nascosto Joe Pitt, sposato alla Valium-dipendente Harper. Joe è il protégé dell’avvocato omofobico e a sua volta omosessuale non dichiarato Roy Cohn, uno dei personaggi realmente esistiti della commedia (mandò sulla sedia elettrica Ethel Rosemberg), che muore di Aids assistito dalla drag queen e infermiere Belize, il migliore amico di Prior. La scena di questo girotondo è, come ci viene più volte suggerito, l’America di Ronald Reagan, un universo folle che sprofonda nel caos morale. «Siamo i bambini di Reagan», canticchia a un certo punto Louis. «Forse siamo liberi. Di fare qualsiasi cosa. Bambini del nuovo giorno, menti criminali. Egoisti e ingordi e incapaci d’amare e ciechi». Per Kushner questa così decisa caratterizzazione storica è ciò che rende Angels in America straordinariamente attuale. «Può sembrare un paradosso, ma non lo è. L’America di George W. Bush realizza tutte le promesse di quella di Reagan». E quindi, in ordine sparso, un’amministrazione che si identifica con il capitale e che fa diventare sempre più ricchi i ricchi, una classe dirigente allergica al governo federale, che pensa che l’egoismo sia una virtù e che la società funzioni meglio senza tasse e controlli, un ceto politico di cowboys che ha in spregio la diplomazia e che bombarda e uccide e irrompe in società di cui non conosce nulla. «Insomma, l’America di Katrina», spiega Kushner, «che è poi il paese che Reagan aveva promesso: un luogo senza rete sociale, dove se hai i soldi ti salvi e se non li hai muori sepolto dal fango». Contro quest’America Kushner continua a definirsi un «socialista e materialista storico», che crede nella redistribuzione della ricchezza, nella giustizia sociale, nella tradizione dell’«ebraismo etico e agnostico». «La mia sensibilità politica», racconta Kushner, «è modellata sulla tradizione ebraica. Sono cresciuto in un piccolo paese della Louisiana, dove gli ebrei erano quelli che non credevano in Cristo e che sarebbero andati all’Inferno. I miei genitori mi hanno sempre insegnato a ribellarmi al pregiudizio, a non aver paura di essere minoranza. La mia idea del pluralismo democratico americano si è formata lì, sulla necessità di salvaguardare le minoranze e di vivere secondo una legge di giustizia morale». L’insistenza sui temi pubblici e politici di Kushner non deve comunque trarre in inganno. Angels in America è il primo pezzo di teatro americano a guadagnare lo status di classico dai tempi di Un tram chiamato desiderio e Morte di un commesso viaggiatore. L’impresa non è stata raggiunta tanto grazie alla trasformazione del drammaturgo in «intellettuale pubblico», che arringa, provoca, sfida, istruisce il pubblico dal palco. Kushner è l’uomo che ha scritto: «Non c’è abbastanza rabbia per tutto ciò che mi fa arrabbiare», ma è anche colui che ha detto: «I miei lavori migliori nascono dalla tensione continua tra responsabilità e frivolezza». Prima che manifesto di impegno politico, Angels è allora una sofisticata trama di citazioni, rimandi, allusioni, che spaziano da Sofocle alla soap opera televisiva a Brecht al Vecchio Testamento fino allo Shakespeare di Riccardo III, Re Lear e Macbeth. Kushner lo chiama «teatro epico», debitore nei confronti di Shakespeare ma anche dell’opera barocca italiana: «Penso si debba chiedere al teatro di fare cose impossibili, come far volare un angelo, lanciare un libro infiammato, materializzare i sogni e girare il mondo. D’altra parte, che ragione c’è di restare tutto il tempo in cucina?». Una dichiarazione antinaturalistica secondo Kushner in perfetto accordo col migliore teatro americano: «In Europa sottovalutate il teatro americano. Lo limitate alla dimensione realistica. Non è così. In Morte di un commesso viaggiatore e in Un tram chiamato desiderio ci sono momenti di puro espressionismo. E la più grande commedia americana, Lungo viaggio verso la notte, è tutto tranne che realistica». In queste settimane Kushner sta scrivendo la sceneggiatura per il nuovo film di Spielberg, dedicato ad Abraham Lincoln. Il salto può apparire enorme, dagli «angeli» di 20 anni fa. In realtà non è così. Ieri come oggi, Kushner continua a occuparsi del vero tema centrale che percorre la letteratura americana: e cioè la storia, le condizioni, il destino dell’America. L’approdo a Lincoln è naturale per l’autore di Angels in America: dove Prior proclama il suo essere Wasp, dove Joe, Harper e Hannah sono mormoni, dove il Polo Sud di Harper è una «frontiera» e un rabbino annuncia che gli ebrei hanno percorso un «lungo viaggio» tra Europa e Atlantico prima di raggiungere la «terra promessa» America. Non è un caso che oggi Kushner definisca Angels, oltre che una commedia «gay e ebraica», anche una «commedia di New York», nel senso di un’opera che si nutre del pluralismo, della diversità, delle identità frastagliate e incerte che compongono il crogiuolo della città. «È per questa sua natura così mobile e rivoluzionaria che i conservatori e i fondamentalisti di tutto il mondo la odiano». Anche le parole con cui ci saluta, in fondo, alludono a questa dimensione così intimamente americana della sua opera. Gli chiediamo perché, dopo tanta disperazione e dolore, Angels in America si conclude con Prior, Louis, Belize e Hannah – un Wasp, un ebreo, un nero e un mormone – a parlare del Great Work, della battaglia per la vita, che deve continuare. Ci risponde ancora, Kushner, che «il rifiuto della disperazione è un obbligo». 21, 23 aprile 2010 ore 20,30 Teatro Municipale Valli 22 aprile 2010 ore 20,30 Teatro Municipale Valli di Rossini direttore Evelino Pidò regia Daniele Abbado musiche di Schumann, Widmann, Kurtàg Qualcuno ha scritto che la grande letteratura americana oscilla tra «il sogno e la caduta dal sogno». Tony Kushner mostra, in fondo, la tenace persistenza di quel sogno, anche dopo la caduta. (a cura di Roberto Festa, Diario n.16 del 2007) Tra visioni e allucinazioni, tra nudi muri su cui vengono proiettati panorami, cieli tempestosi, fiamme, con pochi elementi a evocare i molti ambienti in cui si sviluppa il dramma, Ferdinando Bruni e Elio De Capitani hanno portato in scena in uno spettacolo emozionante fluido, aspro e crudo, commovente, significante e inventivo, i primi tre atti dell’epopea di Kushner, nella quale si incontrano e si scontrano religioni, culture, etnie, uomini che faticano a trovare se stessi, affondati nello sgomento. Corriere della sera, Magda Poli 2007 cuore, nella coscienza di noi tutti, cittadini di un millennio già cominciato. L’Unità, Maria Grazia Gregori, 2007 Tutto ciò di cui Angels in America ci parla appartiene a un passato recente ma non ancora storicizzato, un passato che ci rimane attaccato addosso, che impronta la nostra vita, il nostro inconscio collettivo. I temi trattati dal testo, l’incubo dell’Aids, in primo luogo, ma anche l’abuso di pasticche o il buco nell’ozono, hanno forse perso una parte della loro urgenza, ma restano sospesi su di noi. Scavare in questa materia è dunque un po’ un interrogarsi su quello che siamo. Il Sole 24 Ore, Renato Palazzi 2007 Malgrado tutto ci conforta pensare che l’angelo che appare alla fine e che abbatte i muri dell’ostracismo non vola in un altrove ma vive nel Prossimi spettacoli La Cenerentola L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a Robert Schumann: i quartetti, diritti di riproduzione per le immagini elai musica testi didacui non la siapazzia stato possibile reperire la fonte. camera, con il Quartetto Kuss Immagini: © Le Pera A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione Soci fondatori originari istituzionali Fondazione Sa Chen, Maxim Rysanov, Jörg Widmann Sostenitori Partner ROTARY CLUB REGGIO EMILIA Comune di Reggio Emilia Soci fondatori Amici del Teatro Delegazione di Reggio Emilia Giuliana Allegri, Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Robert Schumann: quartetti, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella iCatellani Lusetti,Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Annada Fontana Boni, la musica camera, la Mirella pazziaGualerzi, Umbra Manghi, Grande Ufficiale Gr. Croce llario Amhos Pagani, Comm. Donatella Tringale Moscato con il Quartetto Kuss Grazia Maria di Mascalucia Pagani, Ivan Sacchetti, Paola Scaltriti, Mauro Severi, Corrado Spaggiari, Corrado Tirelli, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni, Gigliola Zecchi Balsamo Soci fondatori ordinari Cittadini del Teatro GRUPPO BPER Annalisa Pellini Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Silvia Grandi, Claudio Iemmi, Franca Manenti Valli, Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori