Il presente documento ha lo scopo di sistematizzare i vari interventi e le proposte teoriche emerse durante la Summer School in Finanza, Economia ed Etica, tenutasi a Salerno tra il 21 ed il 27 Agosto 2010. L’esigenza di mettere in piedi un luogo didattico entro cui intavolare una discussione critica sui temi dell’economia e dell’eticità, e sui loro possibili margini di congiunzione, nasce dalla volontà di mettere a tema ed in opera alcuni impliciti culturali e politici imbricati nel concetto si societing – così come inteso da Alex Giordano ed Adam Arvidsson. Cerchiamo dunque di chiarificare il concetto di societing, articolandone i presupposti e le conseguenze teoriche, alla luce del nuovo scenario socio-economico in cui ci ritroviamo a vivere. Societing reloaded: come fare impresa nei prossimi decenni L’economia corporate è in crisi. Sia in Italia, sia nel resto del mondo. Anche se i migliaia di miliardi di dollari spesi per risanare il sistema bancario dovessero riuscire a lanciarci in una nuova bolla speculativa, la combinazione di una crescente coscienza dell’insostenibile impatto ambientale dell’attuale sistema, ed una crescente percezione della sua illegittimità, particolarmente fra quei lavoratori del sapere che ne costituiscono la risorsa più pregiata, rende sempre più improbabile una sopravvivenza a lungo termine del business as usual. Però fra le buone intenzioni e i risultati pratici c’è l’organizzazione. Il nostro problema più grande non è una scarsità di idee (fra il miliardo e mezzo di menti interconnesse nella rete ce n’è in abbondanza), né di proposte concrete (si pensi allo sviluppo di processi produttivi innovativi come l’Open Manufacturing o l’Open Biotech), e neanche di persone ben disposte al cambiamento concreto (nella classe manageriale globale più giovane è infatti in atto un cambiamento valoriale che spinge sempre più persone verso un impegno nel settore sociale). Quello che manca è un nuovo modello organizzativo: una nuova filosofia d’impresa che sia capace di capitalizzare su queste risorse, di dar loro una nuove direzione. Mentalmente, noi siamo ancora dentro al ventesimo secolo. I modelli d’impresa con i quali operiamo sono sostanzialmente quelli che si erano evoluti negli anni trenta, come risposta alla crisi del ’29; crisi da cui ha preso forma l’economia industriale come noi la conosciamo. Anche se è scomodo ammetterlo di fatto, oggi, vale ancora il famoso imperativo di Milton Friedman per cui l’unico obbligo morale delle imprese è quello di massimizzare i propri profitti. Questo modello è diventato però insostenibile. Primo perché l’espansione continua, e il continuo sfruttamento di risorse ambientali e sociali che presuppone sta già oggi incontrando dei limiti assoluti. Vediamo già oggi i costi dello sfruttamento illimitato delle risorse naturali del pianeta. È difficile immaginare un aumento dei livelli di diseguaglianza sociale senza che questo non incrini le fondamenta di legittimità del sistema. Secondo perché le imprese non sono più delle organizzazioni a parte. Il processo produttivo si svolge sempre di più al di fuori delle mura della fabbrica, coinvolgendo consumatori e risorse comuni; come nel caso l’Open Source Software, comunità di innovazione che coinvolgono esperti amatori, fornitori, competitori e i membri del nuovo pubblico della rete: tutti soggetti che creano reputazione e brand. Tutto questo, questo nuovo scenario socio-economico testé descritto, implica la necessità di una nuova filosofia, non solo di mercato, ma di anche di ri-concettualizzazione delle imprese nella loro totalità. Tale filosofia è definita da Arvidsson e Giordano Societing. È importante specificare che questa necessità imprenditoriale di “fare società” non è solamente una questione di ‘fare del bene’, di beneficenza. È qualcosa di molto più complesso e radicale, sia nei suoi presupposti teorici che nelle conseguenze politiche. Infatti la necessità di fare società deve essere intesa come necessità etica, dove però il concetto di etica va inteso, filosoficamente, in senso aristotelico. Tale senso declina l’etica secondo due assi di significato: 1) Ethos come ‘luogo vissuto’ o ‘dimora’ in cui una certa pratica viene vissuta in un determinato modo. 2) Ethos come intervento estetico che mira a produrre un certo atteggiamento affettivo. Per cui etica è da intendersi non tanto nel senso di ‘buona condotta’ ma di produzione di forme di vita in una situazione nella quale queste tendono a non essere più date dalle istituzioni tradizionali esistenti. Ma c’è di più, questo modello di economia improntata all’etica nel senso aristotelico non rappresenta soltanto un imperativo morale e normativo astratto; al contrario, la necessità di lavorare con i legami sociali, di ‘fare società’ producendo nuove relazioni produttive che riescano sia a contribuire al bene comune, sia a generare quella legittimità e quell’ entusiasmo necessari per il funzionamento e la competitività di un’ impresa, sta già emergendo come 1 modo di aprire nuove fonti di valore, e come un imperativo centrale per la sopravvivenza a lungo termine. È d’uopo precisare che Arvidsson e Giordano non sono i primi a parlare di societing. Il primo a proporre questo concetto è stato infatti Bernard Cova, professore all’EuroMed di Marseilles, in un articolo del 1993. In questo articolo Cova prendeva atto della nuova funzione relazionale dei beni di consumo. Cosa che lui collegava ad una condizione post-moderna dove le identità diventavano sempre più tribali. In questa situazione, i beni di consumo cominciavano ad assumere sempre di più una funzione di legami, che insieme costruivano delle forme di micro socialità – tribù appunto. Per Cova, societing significava, e significa ancora, lavorare con questa nuova funzione produttiva dei consumatori, con la loro capacità di produrre legami sociali e simbolici intorno ai prodotti, e fare in modo che questo contribuisca alla generazione di valore per le imprese. Arvidsson e Giordano sono d’accordo con Cova che il marketing in senso moderno - quello delle vendita di massa - è ormai una cosa passata. E sono anche d’accordo che i consumatori stanno diventando sempre più produttivi, trasformando così i beni di consumo in una sorta di mezzi di produzione. Ma la realtà è ancora più radicale, la realtà è che sta scomparendo quella differenza fra consumatore e produttore, fra impresa e mercato, fra il marketing e il suo ambiente. Di conseguenza, secondo i suddetti studiosi, il societing non può limitarsi a proporre un nuovo modo di costruire mercati. Deve coinvolgere tutti gli aspetti dell’ impresa. Il societing deve essere visto come la risposta imprenditoriale ad una nuova condizione produttiva. La diffusione di nuove tecnologie di informazione e comunicazione, ha facilitato un’ enorme socializzazione dei processi produttivi. Il web 2.0 è strutturalmente tenuto in piedi dalla quotidiana cooperazione collaborativa di milioni di persone. Stiamo assistendo al boom dell’Open Design, processo in cui ingegneri, designer ed amateur producono in maniera concertata, non solo software informatici, ma addirittura progetti per la creazione di fondamentali oggetti di uso quotidiano: dal panello solare al distillatore di bio-diesel. Allo stesso tempo vediamo un radicale abbassarsi dei costi di macchinari di produzione materiale, con la conseguenza che il profitto derivante dalla produzione e dalla vendita dei beni materiali tenderà sempre più ad avvicinarsi allo zero. Il punto è che stiamo assistendo ad un’ esplosione della produttività del sociale. La produzione di saperi non è più il privilegio delle imprese, e fra poco neanche la produzione materiale. Questo fa pensare che non saranno neanche le imprese a trovare le soluzioni di cui abbiamo bisogno per superare il difficile periodo di transizione che ci aspetta. Queste verranno dal basso, da milioni di piccoli imprenditori, inventori, hacker e scienziati-amatori. Qual è dunque il ruolo dell’impresa in questo contesto? Ormai si ritiene che agenti esterni alle imprese, come consumatori, fornitori e persino competitor stiano diventando una fonte sempre più importante di innovazione. Per far funzionare un tale processo l’impresa si deve fare società: deve realmente contribuire al processo di creazione collettivo di valore, lavorando insieme ai suoi stakeholders per un obiettivo comune. È esattamente guardando a questi processi che prende copro il modo di Arvidsson e Giordano di concepire il societing; un societing che va oltre le idee di postmoderno o di un consumatore sempre più produttivo e che si invera in un nuovo modo di fare impresa ed in una nuova concezione del valore che siano adatti ad una nuova situazione produttiva e alle nuove sfide che ci aspettano. Però, perché l’impresa possa costituirsi come un tale network esteso e perché questo possa essere percepito dai partecipanti come qualcosa che effettivamente aggiunge valore ai loro sforzi, deve essere in grado di creare un ethos comune. Ma questa deve essere un’operazione condivisa. In una situazione in cui gran parte dei contributi produttivi di un processo branded derivano da attori che sono per definizione al di fuori del controllo diretto dell’ impresa stessa il loro ‘lavoro’ è libero nel doppio senso di non essere remunerato e di non essere soggetto al comando intrinseco alla relazione salariale. Il processo può funzionare solo finché gode della fiducia dei co-produttori. In parole povere, l’impresa che pratica societing deve costituirsi come 2 un’impresa ‘etica’, che aggiunge valore tramite la sua capacità di istituzionalizzare dei valori comuni ad una comunità produttiva. Scuola etica Gli interventi dei relatori della Summer School, che ivi riportiamo, hanno come loro primario fulcro riflessivo esattamente il contesto socio-economico sopra descritto e i principi teorici del socienting così come delineati da Arvidsson e Giordano. In particolare, tali interventi si propongono di sviluppare e di far emergere, a livello teorico quel nuovo modello organizzativo, quell’ethos, quel punto di vista culturale che si impone come chiave ermeneutica per comprendere e affrontare le sfide teoriche e sociali a cui il mutato contesto economico globale ci richiama. Sostanzialmente questo progetto di senso, legato alla costruzione di un nuova prospettiva politico-culturale che va sotto il nome di economia etica, viene dipanato dai relatori della Summer School seguendo due linee retoriche: una normativa ed una descrittivoprospettica; retoriche che, è d’uopo precisarlo, vengono articolate alternativamente dal medesimo relatore, e che dunque non rappresentano un strumento atto a tracciare una linea di discrimine tra differenti tipologie di relatore. La retorica normativa si riferisce ad una mera costruzione teorica. Essa è riscontrabile ogni qual volta i relatori, attingendo dal proprio bagaglio di conoscenze e al proprio serbatoi creativo, cercano di stabilire, in linea teorica, quella che dovrebbe essere la corretta conformazione delle nuovo modello organizzativo-istituzionale precipuo a contenere e far germinare un nuovo sistema economico definibile come etico. La retorica descrittivo-prospettica ha invece un carattere più pragmatico, in quanto imbricata in specifiche riflessioni sociologiche. In sostanza tale retorica si da ogni qual volta i relatori, descrivendo le nuove pratiche di interazione sociale e di produzione sociale, attualmente esistenti ma ancora in fase emergente, cercano di fatto di ricostruire la matrice delle nuove istituzioni sociali che caratterizzeranno la società e l’economia da venire. Un’ultima notazione introduttiva deve essere infine dedicata al metodo di discussione e produzione critica ingaggiato dagli organizzatori, relatori e studenti della Summer School, definibile come riflessivo. La peculiarità didattica della Summer School in finanza, economia ed etica, è stata infatti quella di aver applicato a se stessa il concetto dell’etica, concetto che parallelamente si peritava di divulgare. E ciò nel senso che le conclusioni teoriche a cui i relatori, nei loro interventi personali, addivenivano, si andavano a cristallizzare in un contesto non convenzionale di co-creazione delle idee. Il dibattito alla Summer School era, cioè, aperto, e questo non tanto nel senso che ad ognuno erano accordati pari diritti di parola ed intervento (tale guarentigia è stata data scontato fin da subito), quanto piuttosto nel senso che il confronto intellettuale tra i partecipanti avveniva e continuava al di fuori degli spazi, dei luoghi e dei ruoli istituzionali della Summer School. Tale forma di apertura è diventata il principale agente della costruzione in un intenso legame affettivo tra i partecipanti, il quale a sua volta ha dato fisiologico inizio ad un fluire rapido ed continuo di informazioni, determinando così lo strutturarsi un humus sociale propizio a far germinare le idee. Tale contesto sociologico fa pensare all’idea meffesoliana (Maffesoli 1988) secondo cui l’effervescenza sociale (Durkheim 1963), che si viene a determinare relativamente alla costruzione di legami affettivi, rappresenti, per una società, il momento puro della produzione culturale; momento estatico di creatività collettiva che precede la formazione della civiltà, e delle relative istituzioni artistiche, politiche ed economiche. Ecco allora che possiamo dire che la Summer School in finanza, economia ed etica è stata una scuola etica, nel senso che si è strutturata come luogo libero, privo di gerarchie determinate, in cui uomini e donne libere, attraverso la libera azione concertata hanno danno corpo alla costruzione di nuove forme di vita, ovvero di nuove idee. Struttura del documento 3 I contribuiti contenuti nel presente documento sono suddivisi per data, ovvero secondo il preciso momento temporale in cui hanno avuto luogo. Tale suddivisione è volta a restituire al lettore il processo evolutivo con cui il pensiero di ciascun relatore è andato formalizzandosi. A questa classificazione se ne può aggiungere un’altra meramente teorica, ovvero quella per autore. Ogni relatore è andato infatti ad occuparsi di particolari ambiti disciplinari, ambiti che vedremo ora in dettaglio. Adam Arvidsson. Gli interveti di Adam Arvidsson si peritano principalmente di contestualizzare in chiave sociologica l’attuale panorama socio-economico globale, cercando, in oltre, di prospettarne le possibili derive future. Questi i titoli dei suoi interveti: a) The world we are living in; b) Dato l’enorme peso economico dei mercati finanziari è possibile parlare di fittiziazione dell’economia? E cosa intendiamo quando parliamo di valore di un Brand? ; c) Adam Arvidsson risponde ad Alex Giordano sulla redistribuzione sociale del valore prodotto socialmente; d) Etica, sostenibilità economica e scenari futuri: un’apertura mentale al radicalmente fantastico. Michel Bauwens. Descrivendo ed analizzando i processi di produzione peer to peer online, gli interventi di Michel Bauwens cercano di inquadrare quei modelli di produzione e interazione emergenti che, in prospettiva, potrebbero rappresentare le matrici istituzionali delle società future. Questi i titoli dei suoi interventi: a) Il p2p può essere considerato come un framework filosofico in grado di aiutarci a comprendere ed affrontare l’attuale situazione di crisi socioeconomica? In che modo il modello della “p2p production” può aiutarci concretamente a trascendere suddetta crisi?; b) Michel Bauwens risponde ad Alex Giordano sulla redistribuzione sociale del valore prodotto socialmente; c) Perché ci stiamo muovendo verso un nuovo modello sociale? Perché possiamo dire che è possibile passare da una realtà che mette la competizione al primo posto ad una che mette la coordinazione al primo posto?; d) Equipotenzialità e sfide future per andare verso una società p2p. Alex Giordano. Alex Giordano si interroga principalmente sul ruolo del marketing nonconvenzionale in quanto cruciale agente di societing. Ecco i titoli dei suoi interventi: a) Alex Giordano, massimo esperto di marketing non convenzionale, ci spiega che cosa non è il marketing non convenzionale e quali sono le sue ricadute etico-politiche; b) Come si può capitalizzare la co-produzione del valore creata socialmente? Raffaele Mauro. Raffaele Mauro descrive le modalità, attualmente disponibili, per fare impresa economica e sociale, che si pongono in alternativa al credito bancario tradizionale. Di queste modalità Mauro ne declina anche le “gradazioni” etiche. Di seguito i titoli dei suoi interveti: a) Quattro concetti chiave relativi alla questione della co-produzione e redistribuzione del valore: comunità, conversazione, valore, reputazione; b) Cinque modalità per mettere in atto le proprie idee di impresa economica e sociale a cinque gradazioni etiche differenti: venture capital, premi, venture philantrophy, crowd founding, peer to peer lending. Elisa Giomi. Nel suo intervento Elisia Giomi riflette sulle implicazioni cognitive ed antropologiche insite nelle pratiche d’uso massivo dei social media digitali. Questo il titolo del suo intervento: Che rapporto sussiste tra l’attuale indebolimento della sfera pubblico-politica, i nuovi media e l’etica? Giampaolo Capisani. Giampaolo Capisani, nel suo intervento, traccia un parallelo tra l’attuale situazione energetica globale e i possibili scenari futuri di conflitto internazionale. Ecco il titolo del contributo di Capisani: Fonti energetiche e possibili scenari di conflitto geo-politico. Alessandro Caliandro. L’intervento di Alessandro Caliandro consiste in una riflessione filosofica concernete due diverse ermeneutiche del soggetto imbricate in due diverse forme istituzionali: le istituzioni amministrative tradizionali e la Rete. Di seguito il titolo: Oggi abbiamo visto Gesù. Due principi epistemologici di conoscenza del Sé a confronto: la Rete e le istituzioni tradizionali. 4 5