6. Paolo e Susanna
Conversazione – Intervista del 5/2/14
P.: Sesta Lezione. Lascio a te la parola onde disporre una cronologia, o qualche cosa
relativamente alla cronologia. Forse interverrò poi nel mezzo tanto per disturbare un po’ la
situazione, smuoverla e portarla da altre parti.
S.: Penso …. potrei partire dal Gruppo di studio, visto che ieri sera abbiamo tenuto uno dei
Gruppi del Martedì1 e la cronologia è molto importante. I primi Gruppi in Università2che tu hai
tenuto erano, mi sembra – a questo punto anche le date … - nel ’72 – ‘73 all’Università di
Psicologia.
P.: Alla Facoltà di Medicina, non di Psicologia.
S.: All’Istituto di Psicologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, chiedo scusa.
Dell’Università Statale di Milano. Lì si teneva un primo Gruppo diciamo collaterale al corso
principale di Psicologia del prof. Cesa Bianchi ed era un’esercitazione dal tema … sulle
emozioni, sulla vita emotiva, sulla psicologia della vita emotiva mi sembra. Lo tenevi tu con
alcuni altri colleghi di Psicologia.
P.: Massimini e Senini.3
S.: Massimini e Senini. Io ero allieva al primo anno di Medicina, seguivo le lezioni del
professor Cesa Bianchi e scelsi quel …
P.: Forse secondo anno …
S.: Primo. Primo anno: il secondo semestre del primo anno. E quindi credo ’72. Quel Gruppo di
studio proseguì per tutto l’anno di lezioni e ancora l’anno successivo in Università. Poi venne
spostato, ci fu proposto di proseguirlo nel Centro Studi di Corso Venezia, che era stato fondato
da te e dai tuoi colleghi, dove era stata fondata un’associazione che si chiamava Centro Studi e
Ricerche in Psicologia Clinica – Psicoterapia di Attivazione. Su questo magari ti chiederò più
avanti di parlare, su questo punto che è sicuramente significativo.
Dal punto di vista della cronologia del Gruppo che teniamo adesso, nel 2014 al Centro Studi
Assenza, dal ’73 - ’74 se vogliamo partire da Corso Venezia – fino al 2014, sono quarant’anni
ininterrotti, con l’avvicendamento di alcune persone e con la costanza di altre. Questo è un tema
su cui ci siamo spesso soffermati al gruppo attuale. Tu hai tenuto i Gruppi di Studio fino all’83
– e sono tutti registrati. Poi hai tenuto un’ultima lezione nell’85 dal titolo «L’Assenza-ragione».
Ti sei ritirato dai Gruppi perché noi potessimo continuare da soli a generare magari qualcosa da
parte nostra. Hai ripreso nel ’91 con I Seminari in-Assenza. Le Lezioni e I Seminari in-Assenza
che dal ’91 proseguono a tutt’oggi.4 Quindi dal ’91 Gruppi e Seminari procedono in parallelo: i
Gruppi con frequenza settimanale o quindicinale tenuti da me - inizialmente con l’analisi dei
Gruppi che avevi tenuto fino all’83, appositamente trascritti e successivamente con lo studio
comparato dei tuoi scritti e delle tue diverse scritture. Il Gruppo del Martedì attualmente
costituisce anche un momento di riunione e aggiornamento dell’Equipe multidisciplinare che
nel frattempo si è formata. I Seminari in-Assenza – come momento proprio più creativo,
generativo, aperto anche alla musica, al teatro, a una serie di differenti linguaggi, al cinema –
Cinemassenza.
Abbiamo visto come il Gruppo di Studio iniziato in Università, all’istituto di Psicologia della
Facoltà di Medicina si sia trasferito in Corso Venezia, dove c’era l’Associazione Centro Studi e
Ricerche in Psicologia Clinica: nel 1980 si ha un ulteriore spostamento da Corso Venezia
all’attuale sede di Via Stromboli. Un impegnativo lavoro di ristrutturazione per trasformare
questa ampia sede di circa 1000 mq in una ‘cittadella dell’arte e del pensiero’ – come si diceva
1
I Gruppi del Martedi sono gruppi di studio iniziati nel 1972-73 in Università (vedi oltre) e attivi tuttora al Centro
Studi Assenza. Costituiscono l’inizio del gruppo di ricercatori che darà poi luogo all’equipe multidisciplinare fondata
e diretta da Paolo Ferrari.
2 Si tratta dell’Università Statale di Milano, istituto di Psicologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia.
3 Fausto Massimini e Adriano Senini.
4 I primi due anni (1991 – 1993) sono pubblicati in P. Ferrari, Le Lezioni dell’Assenza. La via (assente) del nuovo
pensare, Campanotto (UD), 1994.
2
tempo fa: un luogo con diverse funzioni, che all’epoca fu pubblicato su Abitare5come progetto
avanzato in cui coesistevano diverse attività professionali – all’epoca (1981) erano i primi
ambienti polifunzionali della città, che superavano gli studi tradizionali. Il progetto
architettonico era di Alessandro Ferrari e del suo socio l’architetto Fantini: avevano collaborato
e lungamente discusso con te sulla concezione di questo luogo, e il risultato è questo grande
cervello con le due parti asimmetriche, costruito con tanti elementi che arrivano dal
Razionalismo e con certi altri elementi che rompono le simmetrie - che quello invece
richiederebbe - e che si evidenziano particolarmente nelle due parti diverse a destra e a sinistra,
che sono le due…, i due luoghi diversi del nostro Centro, l’uno dedicato all’attività clinica, alla
ricerca, ai Seminari, alla musica, al teatro, a tutta la fase creativa, l’altro con la parte per le
traduzioni, la trascrizione delle Lezioni, lo studio di architettura, la casa editrice - la fase
operativa. Questo è il passaggio fondamentale dell’80. Nel ’94 viene costituita la nuova
Associazione, il Centro Studi Assenza – già in nuce da molti anni; lo statuto è frutto di un lungo
lavoro collettivo di formulazione ed ha nell’oggetto sociale lo studio, l’esplorazione del nuovo
pensare e tutti i mezzi per poterlo proporre e far nascere - e anche far vivere nella realtà esterna:
cosa che è avvenuta in modo più evidente dal 2000.
Ha inizio in quegli anni6una fase in cui alla produzione di testi, di Seminari, di Gruppi di Studio
etc. etc. si affiancano le operazioni artistiche, artistico-scientifiche - tu dicevi da artistascienziato – che portano non solo il tuo segno ma anche il tuo pensiero nei luoghi di lavoro. Con
i Raddoppi in-Assenza7 della fabbrica di Valenza (AL) e le altre operazioni, quella al Luogo di
Aimo e Nadia8 a Milano e quelle in altri luoghi della città, come la fondazione
dell’Associazione Isolacasateatro – che con le tue opere rinnova tutta una corte all’interno di
un quartiere in trasformazione. Tutte queste iniziative escono sul territorio: stiamo ora vedendo
la prossima, la stiamo costruendo - in vista anche dell’Expò – che andrà ad interessare la zona a
Sud-Ovest di Milano, l’area di Gaggiano, delle risaie – il territorio urbano e agricolo,
postindustriale anche per certi versi, con una passeggiata attraverso la trasformazione della
mente del viandante con le opere che verranno posizionate.
P.: Nutrimento.
S.: Nutrimento. Dicevo prima del ’94 con la fondazione dell’Associazione; poi del 2000, con
l’inizio dell’uscita all’esterno. Altra uscita all’esterno è quella del teatro: l’altro catalizzatore
oltre alle pere dell’Arte in-Assenza è il teatro che inizia nel 2001. In realtà la tua prima opera
teatrale – Astratta Commedia - viene pubblicata da Campanotto9 nel 1998; va in scena per la
regia di Corrado Accordino con un gruppo di otto attori al Teatro Out Off di Milano per tre
settimane nel dicembre 2001. Lo sviluppo del Teatro dell’Oggetto Mancato è una lunga odissea,
un viaggio che ha trovato la sua sintesi – o la sua prima presentazione, nel libro pubblicato da
ObarraO nel 2013 che è Teatr’Absentia. …
P.: Biografia di un teatro,10curato da te.
S.: Biografia di un teatro, curato da me. E che ha voluto raccogliere, prendere insieme, … è
costruito come una biografia, raccoglie l’avventura intellettuale, artistica, emozionale, affettiva,
teatrale e scientifica di questo lavoro, a partire da Astratta Commedia, con i testi, le immagini,
con alcuni bozzetti di scena, con gli interventi di più persone: Erika Carretta, la performer dapprima scenografa-costumista e poi performer del Teatro dell’Oggetto Mancato; Aurelio
Colombo, scenografo e light designer e altre persone del gruppo di lavoro. C’è anche una parte
5
A. Ferrari, Centro Studi per più professionisti in «Abitare», 249, Nov. 1996.
Consideriamo come avvio di questa fase l’installazione nella fabbrica di Valenza (AL) (!998 – 2003). Cfr. P.
Ferrari, I Raddoppi in-Assenza di Paolo Ferrari, Skira, Milano,1998.
7 P. Ferrari, Op. cit.
8 Vedere a questo proposito: P. Ferrari, Le operazioni artistico-scientifiche dell’equipe multidisciplinare del Centro
Studi Assenza in S Marsicano (a cura di), Psiche, arte e territori di cura, Franco Angeli, Milano, 2011, pag. 127 158; AA.VV., La Theoria degli Sguardi Assenti e delle Pietre Animate in (a cura di) S. Moroni, Aimo e Nadia.Le
squisitezze del cibo e dell’anima, ObarraO Edizioni, Milano, 2007.
9 P. Ferrari, Astratta Commedia, Campanotto Editore (UD), 1998.
10 S. Verri, Teatr’Absentia. Biografia di un teatro, ObarraO Edizioni, Milano, 2013.
6
3
di dibattiti che abbiamo pubblicato - che mi sembra ancora da esplorare - una piccola parte di
quelli che sono stati parte della gestazione sia di Almet/dei chiari-giorni della fine (2010 - 2011)
che di Io-dimentico/Oblida. Della dimenticanza estrema (2011 – 2014). Almet e Io
dimentico/Oblida insieme a Evoluzione! in-Assenza, sono i personaggi o le a-persone del tuo
teatro, dopo Astratta Commedia. E dopo Le stanze di Rita (2004 - 2007) – che però mi sembra
tu non consideri proprio parte del tuo teatro: la regia non era tua e il testo non nasce come testo
teatrale,11 quindi è una specie di passaggio, mi sembra di capire, parte del teatro dell’Oggetto
Mancato però non ancora sua piena espressione: ha in nuce degli elementi che arrivano dal
testo, dalle pièce teatrali che sono state tratte dal testo,12tuttavia mi sembra che il Teatro
dell’Oggetto Mancato parli pienamente con la tua regia, con le tue opere in scena, con la tua
conduzione e l’installazione scenica.
Un’altra cronologia si potrebbe fare attraverso i libri: tutto il percorso è costellato di
pubblicazioni di libri. Qui mi fermerei: mi sembra che l’arco della mia esposizione abbia per ora
avuto un suo disegno. E magari ti chiederei di intervenire – nel libro è molto interessante lì dove
parli della tua figura di artista-scienziato. Forse questo può essere … queste due componenti
sono molto interessanti da esplicitare.
Ieri veniva fuori la parte scientifica nel discorso che facevamo, che tu facevi sulla materia,
sull’universo, sul tempo: si sente questa impronta non solo nella terminologia che usi, ma anche
di un pensiero avvezzo ai temi della scienza.
P.: Sì, va bene.
Mi sto accorgendo proprio in questi ultimi tempi di quanto il metodo scientifico mi connoti e
connoti questo pensiero. Quanto questo metodo mi sia servito per segnare questi sentieri, questa
strada che mi ha portato dal pensare, dall’intuire prima la necessità di un pensiero differente,
altro da quello che si era usato finora ma che si è dovuto trovare anche a fare i conti con un
soma differente, con un soma-pensiero che negli anni si è trasformato, che è diventato altro
come in parte spiegavo ieri, in parte leggevo da In-morte assente13che mi sembra il libro che più
da vicino espliciti questa questione del, del passaggio da una, da un soma, da un soma-psiche,
da un soma-pensiero a una profonda modificazione di questo soma-pensiero tale per cui oggi mi
trovo ad essere differente nel centro del mio pensiero, nel centro del mio corpo - differente dal
resto dell’umano che d’altra parte ho conosciuto per 45 anni, per cui ho un riferimento specifico
e contemporaneamente ho anche un ricordo sia lontano - lontanissimo di questo luogo del
pensare, comportarsi, avere corpo, avere vita, avere morte - lontanissimo e contemporaneamente
qui presente, e contemporaneamente avere anche l’altra parte dell’essere della specie umana,
corpo umano, pensiero umano, e che i due continuano a confrontarsi o a scambiarsi
informazioni. Siamo sempre nella questione di una possibile asimmetria, o rottura della
simmetria rispetto a un corpo-mente che si è trasformato, che si è trasfigurato pur rimanendo tal
quale a se stesso in generale, ma che al suo interno recepisce, percepisce qualche cosa di
totalmente differente rispetto agli stimoli interni e agli stimoli esterni, però parla della stessa
natura, nella stessa dimensione delle cose, parla di un corpo, parla di un pensiero, ha questo
stesso linguaggio che è un linguaggio materno, è un linguaggio della lingua italiana.
E che comunque si è espresso in questi anni in lingue differenti, attraverso la lingua italiana che
è stata modificata continuamente in differenti lingue, in differenti forme della lingua italiana,
potendola lavorare dal suo interno così come il soma è stato lavorato dal suo interno e così
come la lingua è stata lavorata dal suo interno.
Come cambiare continuamente la possibilità di una soglia, di una soglia in cui si è vivi, di una
soglia in cui passata quella soglia si affaccia la morte – o la morte dell’io, oppure addirittura la
morte del soma – il quale soma è in bilico, è su un piano di totale incertezza, di momenti di
totale indistinzione della realtà contemporaneamente a una distinzione precisa, perfetta di un
reale che si staglia di fronte ma che va a finire con due linee parallele in un punto all’infinito
11
Dal romanzo sono state tratte 4 pièce teatrali (in P. Ferrari, op. cit., pag. xxx e sg.).
P. Ferrari, Le stanze di Rita. O dei mancanti universali, ObarraO, Milano 2008.
13 P. Ferrari, op. cit.
12
4
che è assolutamente preciso – assolutamente nel senso di absolutum, senza più legami rispetto
al punto da cui esso è partito.
Già adesso nel parlarne il corpo stesso si modifica, diventa un corpo che assume in sé questa
stessa parola che è uscita da sé e rientra dentro di sé, e buca contemporaneamente la parola e la
buca e la porta all’interno della corporeità stessa e del soma, per portarla attraverso il cervello
che la riceve lungo degli assi che la portano dentro la terra ma attraverso una vibrazione che è
un’antivibrazione, che è un antiluogo, che è un’anticondizione rispetto a quella solitamente
esperita dell’essere umano.
Eppure, io sono un essere umano, e sono un essere umano che sta parlando la stessa lingua
dell’umano: sto parlando una lingua italiana, questa lingua italiana si esprime al di fuori di sé,
parla, ritorna a sé, buca il corpo stesso e si estingue in un punto particolare del cervello e del
fondo dei piedi, sulla superficie della terra, ovvero nel punto profondo della terra.
Ascolto la pioggerellina che sta scendendo - in un certo senso mi aiuta a cogliere anche questo
problema del linguaggio, questa differenza del linguaggio, il quale linguaggio parla di una
stessa lingua e con una stessa lingua ma modulandola negli infiniti modi che possono essere le
forme che si sono usate, dalla formula del romanzo: ho scritto Paolo e il suo compagno senza
morte,14incominciato a scrivere negli anni, alla fine degli anni ’60, è stato pubblicato negli anni
’70 – credo ’75 – ha una copertina blu, io l’ho chiamato Libro blu perché ha una copertina blu
uguale all’esempio che fu mandato a Guido Le Noci15da parte di Klein16 e che avrebbe dovuto
essere tenuto come esempio per ogni manifestazione attorno alla figura di Klein, grande pittore
degli anni ’60 e dei primi anni ’70 credo – pittore che morì di infarto appena quarantacinquenne,
o cinquantenne, non so… non so più quale fosse la sua data.
L’incontro con Guido Le Noci fu un incontro fondamentale. Guido Le Noci un giorno mi
telefonò in studio – io dovevo essere appena laureato, credo, ero in Corso Venezia,17avevo
appena incominciato il lavoro in C.so Venezia - dicendo se ero Paolo Ferrari del quale aveva
letto un libro che si chiamava Paolo e il suo compagno senza morte. Io dissi di sì, disse che
questo libro lo aveva preso da capo a piedi, che lo aveva già incominciato a trasformare, che
aveva vissuto delle situazioni particolari della sua corporeità e della sua psichicità e che ci
teneva moltissimo a poterlo pubblicare. Lo riteneva alla pari ai lavori di Klein, alla pari dei
pittori che aveva conosciuto, che aveva portato a conoscere in Italia, e in generale anche le
Avanguardie che aveva conosciuto e portato a conoscere in Europa, come Foutrier – di cui un
giorno mi fece vedere nei suoi cassetti una quantità smisurata di disegni magnifici, dai colori
magnifici, dalle forme e dai colori e dallo spess… di un ispessimento della pittura
assolutamente particolare sulla carta. Disse che uno di questi disegni – o alcuni di questi disegni
– sarebbero stati miei al momento della sua morte, ma io non ho visto nulla di questo.
Per fortuna mi regalò il Blu18di Klein che era servito per la copertina blu del libro Paolo e il suo
compagno senza morte, del Libro blu.
Dicevo di questo corpo, di questo corpo particolare che è stato attraversato dal, da questo
pensiero, e che è stato trasformato da questo pensiero ovvero che il pensiero è stato trasformato
da questa lingua, ovvero che questa lingua è stata trasformata da questo corpo - questa lingua
può essere somatica oppure può prendere le strade del sublime, può diventare assolutamente
priva di materia, oppure che può anche materializzarsi di una materia differente, che è questa
materia di cui ormai io faccio parte e che ormai ha preso il mio corpo, e che poi ha preso le mie
mani, ha preso in particolare le falangette con cui io prendo il suono della mia musica.
14
P. Ferrari, Paolo e il suo compagno senza morte, Apollinaire, Milano, 1978.
Guido Le Noci noto gallerista milanese fondatore della Galleria Apollinaire – e dell’omonima Casa Editrice.
Famoso tra l’altro per aver introdotto in Italia il movimento dell’Informale – in collaborazione con il critico P.
Restany – e l’opera di Y. Klein.
16 Yves Klein.
17 Il Centro Studi e Ricerche in Psicologia Clinica – Psicoterapia di Attivazione fondato da P. Ferrari, A. Senini e F.
Massimini in Corso Venezia 26 a Milano nel 1972. Attivo fino all’apertura in via Stromboli 18 A Milano del Centro
Studi - poi l’attuale Centro Studi Assenza (1981).
18 Si tratta di uno dei famosi Monocromi di Yves Klein.
15
5
Vorrei leggere alcune altre parti di In-morte assente:
«Sento-vedo se lì fuori c’è del vero, se colui che mi parla dice il vero o il falso, a meno che io stesso
decida di non distinguere tra vero e falso sul piano ordinario e tutto d’un tratto s’inveri secondo il piano
della realtà più ampia sul quale disporsi e stare diversamente da quanto è contingente.
Vedo dove nasce la parola di chi mi parla, se questa deriva da una radice solida - consista di verità oppure se è vacua, senza calore né essenza né assenza.
I rumori mi accarezzano: entro me li colgo così da ridisporli in una rotazione a me concorde; escono
silenziosamente e mi circondano, dolcemente allo stesso tempo mi compenetrano, anche quelli più aspri e
incivili, ora trasformati in altra-materia».19
Questo porta a conoscere anche in maniera più specifica il modo come io recepisca o il mio
corpo recepisca o il mio corpo-cervello recepisca la realtà esterna, come anche i rumori - tranne
quelli che sono assolutamente disturbanti perché sono troppo acuti o troppo violenti come gli
antifurti – i rumori stessi mi si presentano e hanno una rotazione su di sé, avendo questa
rotazione si trasformano per me in suoni o in antisuoni – ovvero in suoni che hanno perso la
loro, il loro elemento vibrante, il loro elemento dei loro armonici – e così i suoni hanno perso
l’elemento grezzo, l’elemento irregolare, totalmente irregolare della loro vibrazione e mi si
presentano in generale – almeno una volta, adesso forse un po’ di meno – in una forma specifica
tale per cui questo rumore diventa un elemento di piacere, un elemento di sviluppo del mio
pensiero-corpo: il corpo li accoglie e li trasforma e io sono trasformato, e raccolto e trasformato
da questi stessi rumori che mi producono una condizione contingente relativa a questo rumore,
così come la parola mi si mostra come rumore, come rumore che ha un significato, come
rumore che ha un senso, come rumore che assume invece soltanto il valore di senso come valore
musicale, ma di una musica specifica, di una musica che ha al suo interno l’antimusica, che ha
al suo interno l’antivibrazione che, in cui, nella quale gli armonici sono eliminati - al momento
sono eliminati, sono trattenuti per poi essere lasciati andare e essere perduti all’infinito come
una perdita, come un mancamento, come l’Ausklang – così come avevo definito un concerto20
che era stato dato qui al Centro Studi Assenza.
Ma anche questo Ausklang era una musica molto potente, molto forte, e questa musica molto
potente molto forte, il suono molto potente aveva il potere di avere un silenzio molto potente,
così come la voce molto potente può avere il silenzio di questa sua mancanza, ovvero come la
parola appena bisbigliata del teatro che fa parte di me e del lavoro che faccio con Erika – la
performer molto molto delicata – il fatto di avere questa parola silenziosa si trasforma in una
sua essenza-assenza, che diventa assenza e incomincia a volare per la stanza della registrazione
e a arrivare al mio orecchio dove si trasforma in un antisuono particolare e questo antisuono
particolare trasforma tutto il mio essere, ma anche il mio essere corporeo, il quale da una parte
si solleva, da una parte esce da sé - perché gli è stato dato, ha il permesso di rientrare.
Dico questo perché una volta, immediatamente dopo il Passaggio21 – il primo anno dopo il
Passaggio - era terribile il momento in cui io uscivo da me stesso, uscivo dal mio corpo, andavo
oltre il mio corpo, andavo verso il corpo degli altri o gli altri andavano verso il mio corpo, e noi
ci raggiungevamo in questo punto all’infinito, in cui però c’era comunque una disgiunzione, io
in certi momenti non potevo rientrare nel mio corpo. Questa era una delle condizioni, una delle
sensazioni più terribili che l’umano possa provare: è questa di non poter rientrare. Certe volte
non potevo rientrare nel sonno – nel sonno io uscivo da me e non potevo più rientrare nel sonno:
questa è una delle sensazioni più terribili, pregavo il cielo perché mi permettesse di rientrare,
perché l’Assenza mi permettesse di essere così assente – oppure non essere così assente tale da
dover, che mi portava così lontano da me, nella distanza così absolutum tale per cui io non
potessi più rientrare in me stesso.
19
P. Ferrari, Op. cit., cap. 17, pag. 79.
Circa l’Ausklang in-Assenza. Il-finire-del-suono/Evoluzione! (2004). Pezzi per 2 pianoforti in-Raddoppio e per
voce, percussioni e pianoforte.
20
21
Vedi nota 8.
6
Questo è quello che Artaud probabilmente ha provato e che descrive dopo gli elettroshock per
cui prega il suo medico di non dargli, di non procurargli questo shock elettrico perché una volta
che sia stato prodotto sul suo cervello egli non può rientrare in se stesso. Credo anche Van Gogh
abbia provato delle sensazioni similari.
Comunque questo di poter uscire da se stessi, di uscire da se stessi, di essere in una condizione
di assenza – eccessiva assenza da se stessi, e cioè di aver cancellato completamente il proprio
Io, ma di essere non soltanto morto, ma di essere morto ulteriormente morto, tale per cui nessun
elemento dell’universo esista più, questo impedisce l’ingresso, il ritorno all’universo, il ritorno
all’anti-universo e il ritorno all’anti-anti-materia, il ritorno all’anti-anti-Io tale per cui questo
mancato ritorno è l’esilio completo, è l’esplicazione perfetta di quello che è l’esilio, di quello
che è la distanza assoluta: distanza assoluta che non è la distanza affettiva, è la distanza non
affettiva la quale impedisce la possibilità di un ritorno – che potrebbe essere quello che
nell’Occidente è stato espresso da Odisseo, dall’Odissea, o il tema dell’esilio, il tema del
ritorno. Ma Ulisse ritorna.
E io parlo spesso dell’incapacità, dell’impossibilità, della potenzialità del non ritorno,
dimenticandomi questa assenza dell’Assenza, la quale assenza dell’Assenza impedisce il fatto di
poter essere in vita, allora c’è la scelta dell’annullamento, dell’annichilimento. Data questa
scelta dell’annullamento, dell’annichilimento, certe volte c’era anche il bucare l’annichilimento
stesso e entrare in un universo ulteriore, ulteriormente vuoto, ma questo fatto avrebbe portato
probabilmente all’estinzione anche di tutto il soma, di tutto il pensiero. E allora io mi ritiravo da
questo e cercavo di rientrare nell’universo, di rientrare nell’universo che conteneva la mia stessa
mancanza, la mia stessa Assenza. E qui mi fermerei.
***
Segue di lì a poco un breve scambio di opinioni su un’opera:
S.: …l’opera in corridoio … – ne abbiamo parlato ieri al Gruppo – perché sembra una
Sconfitta22ma non è una Sconfitta, è un Grande Umano.23 Infatti dopo sono andata a vedere e
l’errore nasce dal formato – rettangolare, non tanto grande, tipo Sconfitta appunto – e dal tipo di
cornice, che è dello stesso metallo. Però, se si guarda, non ha il vuoto intorno24 – e poi c’è
scritto: Grande Umano. La scienza. Sono andata a guardare e infatti è una tela – o è un supporto
rigido, non ha il plexiglass. Ma la cosa che ho scoperto è che ha un piccolo rettangolo in cui c’è
un altro Umano, magnifico. Quindi è … è lavorata come una tela sostanzialmente – nel senso
che ogni punto ha tanti elementi … ma quel rettangolo d’Umano …è come se fosse un Piccolo
Umano25 di per sé …
P.: Una sintesi.
S.: Bellissima … è bellissima.
P.: Con questa aggiunta, chiudiamo la sessione.
Le Sconfitte. Serie di opere di Paolo Ferrari degli anni ’84-85.
I Grandi Umani. Serie di opere a tecnica mista che precede di qualche anno le Sconfitte.
24 Nelle Sconfitte la cornice è parte dell’opera: racchiude entro il plexiglass uno spazio vuoto nel quale è sospeso il
cuore - a tecnica mista su legno o altro materiale - dell’opera.
25 I Piccoli Umani. Serie di opere – pastelli, matita e carboncino su carta – dei primi anni ’80 (precedono sia i Grandi
Umani che le Sconfitte).
22
23