In Istria l`italiano è in buona salute?

Arena di Pola
In Istria l'italiano è in buona salute?
In Istria l’italiano è in buona salute?
In Istria la lingua italiana è in buona salute oppure…? L’ardua sentenza la pronuncia Federico Simcic in
L’italiano in Istria: Strutture comunicative, pubblicato recentemente dal Centro di Ricerche Storiche di Rovigno.
L’autore, dopo aver affermato che il suo studio «si dedica esclusivamente alla zona compresa entro i confini
croati e non tiene conto della fascia di territorio inclusa in Slovenia», dà un giudizio sull’attuale stato di salute
dell’italiano e sulle pratiche fin qui attuate e da attivarsi circa la sua difesa, tutela e promozione con riferimento a
quel triangolo geografico che ha le sue cuspidi in Capodistria, Fiume e Pola. Si tratta di una pubblicazione-miniera di
dati accessibile alla normale lettura, pur restando ostici i sistemi di pianificazione linguistica che, tirando in ballo status
planning, acquisition planning, fanno pensare alle formule del governo Monti che, iniziate con lo spread, sono ahimè
diventate valanga. Le conclusioni di Simcic sono talmente franche e senza peli sulla lingua che, rinunciando ad un
personalizzato esame critico del libro, s’è deciso di pubblicarle quasi per intero.
Ufficialmente e formalmente la minoranza italiana in Croazia e Slovenia si trova quindi in una situazione ottima: ha
organismi come l’Unione Italiana e l’Università Popolare di Trieste che la tutelano e ne gestiscono gli
interessi, sia in Croazia e Slovenia sia in Italia, ha molteplici centri di ricerca e di studio che periodicamente pubblicano
libri, ha una televisione, una radio, una casa editrice che pubblica un quotidiano, un quindicinale, una rivista culturale e
una per bambini; ha anche una compagnia teatrale, i propri artisti, i propri scrittori, i propri concorsi culturali; viene
finanziata dal Governo italiano, ma in parte anche da quello croato e sloveno. Gode di tutela legislativa a livello
internazionale, statale, regionale e locale e partecipa attivamente alla vita politica del paese che la ospita. In più la
vicinanza con l’Italia le garantisce ulteriori pubblicazioni e trasmissioni radio-televisive. Senza dimenticare il WEB,
che annulla distanze e confini, e tutte le associazioni di esuli sparse per il mondo.
In realtà, dietro a questa bella facciata costruita con anni di lotte e fatiche, si nasconde ormai un edificio decadente, quasi
disabitato e bisognoso di un urgente e radicale restauro. Più volte e da più voci mi è capitato di sentire la battuta,
riportata all’inizio del capitolo, che gli italiani facciano gli italiani di mestiere. Effettivamente l’indagine da
me svolta sembra proprio confermare tale affermazione con le istituzioni della minoranza che sono diventate quasi un
circolo familiare, per poche decine di persone, e in cui la cosa più importante sembra quella di far vedere che la
minoranza italiana è viva e attiva: si esibiscono pubblicazioni che vanno regolarmente esaurite, salvo poi scoprire che la
maggior parte di esse sono copie omaggio per le biblioteche delle CI e delle Scuole; si pubblicano numeri doppi di riviste,
per non spezzare la frequenza di pubblicazione; si creano siti internet e li si lascia a metà, oppure non li si aggiorna per
anni; si fanno bozze di progetti culturali di ricerca e poi non li si porta a termine; si dichiara una grande schiera di
impiegati e collaboratori e poi si trovano i centri chiusi durante l’orario d’ufficio; si costruiscono edifici
modernissimi ed enormi per le Comunità degli Italiani per poi lasciarli vuoti.
Che utilità ha, per esempio, che una comunità di sole 19.636 persone [in tutta la Croazia] possieda ben tre centri di studi e
ricerche? Questa situazione attuale è specchio di una concezione di minoranza superata. Il recupero culturale e
identitario era necessario in passato, quando gli italiani che decisero di rimanere si trovarono isolati in un mondo che
faceva di tutto per far loro dimenticare la propria lingua e le proprie origini, ma attualmente ha perso attrattiva. Quanti
sono i ragazzi che vanno oggi nel loro tempo libero a cantare in un coro folkloristico? Per tali motivi trascurare
un’istituzione come il Forum dei Giovani per poi finanziare conferenze sulle tradizioni del territorio o
l’ennesimo progetto sulla minoranza appare un vero e proprio nonsenso per una comunità che ha nell’età
media sempre più avanzata e nella difficoltà di ricambio generazionale il proprio problema centrale.
Il dramma, lo ripetia-mo, è che la minoranza italiana è diventata un affare per pochi, un corpo con troppo cervello e
troppo poco entusiasmo e passione. La migliore soluzione sarebbe un rapido ricambio generazionale in seno a tutti i
livelli della minoranza, al fine di una riprogetta-zione ex-novo delle attività, ma è un’ipotesi utopica e irrealizzabile.
Sarebbe forse più economico ed efficace che il Governo italiano gestisse direttamente con l’Unione Italiana i fondi
destinati alla minoranza italiana, magari eliminando l’intermediazione dell’Uni-versità Popolare di Trieste.
Tale operazione, ma anche solo un maggior controllo dei fondi, renderebbe probabilmente l’attività di molti enti più
problematica e più soggetta alle leggi del mercato e alla concorrenza. Sarebbe una buona potatura dei rami ormai
avvizziti e permetterebbe una maggior attenzione nei confronti dei progetti più interes-santi e conformi al mutato clima
politico ed economico. Non si può infatti non considerare quanto di buono sta succedendo in altri campi d’attività
della minoranza. Positiva è ad esempio la situazione legislativa2, dove la Repubblica di Croazia ha dimostrato una
buona sensibilità, ratificando ad esempio la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.
Anche la situazione del sistema scolastico è sostanzialmente buona. Nonostante un calo fisiologico di iscrizioni e le
strutture che necessitano di un ammodernamento, aumentano gli iscritti non di madrelingua italiana, evento questo
importantissimo per una sempre maggior integrazione della popolazione e per la diffusione della lingua italiana. Anche la
riforma universitaria in corso, secondo i principi della Dichiarazione di Bologna, sembra prospettare un’università
più europea e più aperta agli scambi con l’Italia.
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Nel settore radio-televisivo i segnali più incoraggianti giungono invece da due progetti: quello della televisione
transfrontaliera intrapreso da TV Koper-Capodistria con la Rai e quello de La Voce della Croazia, dell’emittente
pubblica croata HRT. Interes-sante è stata anche la decisione di trasmettere i programmi di TV Koper-Capodistria in
internet, via satellite e via cavo3 per superare il divieto della Croazia di installare un ripetitore nei propri territori e per
consentire a tutta la minoranza di guardare il proprio canale televisivo. Nel mondo della stampa sembra invece
procedere bene la riforma dell’EDIT, che, grazie ad una serie di iniziative mirate, sta guadagnando in termini di
numero di lettori e qualità delle proprie pubblicazioni.
La vera incognita attuale è costituita invece dalla comunicazione interpersonale, dal momento che in ambito familiare la
L1 [Lingua 1] dei membri della minoranza è l’istroveneto e che nella comunicazione sul lavoro l’italiano
non viene praticamente mai usato, escludendo il campo del turismo.
L’aspetto dell’area istro-quarnerina è comunque destinato a mutare profondamente nei prossimi anni per
tre ragioni in particolare. Innanzitutto la minoranza italiana aumenterà in termini quantitativi, dal momento che il
Parlamento italiano ha approvato, il 9 febbraio 2006, in onore della Giornata del Ricordo a alla vigilia dello scioglimento
delle Camere, le modifiche alla Legge 5 febbraio 1992, n. 91, concernenti il riacquisto della cittadinanza italiana e la sua
acquisizione da parte dei discendenti di connazionali dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, e la modifica alla
Legge 14 dicembre 2000, n. 379, in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti
nei territori appartenuti all’impero austro-ungarico e ai loro discendenti. Quindi con la Legge 8 marzo 2006, n.
124, che aggiunge gli articoli 17-bis e 17-ter alla Legge 5 febbraio 1992, n. 91, si afferma il diritto alla cittadinanza italiana
alle persone di lingua e cultura italiane che hanno o hanno avuto un genitore o un ascendente in linea retta che sia o sia
stato cittadino italiano e che abbia risieduto nei territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente ceduti alla
Repubblica iugoslava in forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge 25 novembre 1952, n. 3054,
ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73 (art. 17-bis).
Alla luce dei vantaggi derivanti dal possesso della cittadinanza italiana è intuibile che molte persone nate da matrimoni
misti tra italiani e croati faranno richiesta di questo diritto. Secondo diverse stime saranno tra i 15.000 e i 25.000 coloro
che chiederanno la cittadinanza italiana.
II secondo aspetto riguarda la costituzione ufficiale, avvenuta il 30 giugno 2006, dell’Euroregione Adriatica. Gli
obiettivi di tale organismo sono:
- instaurare e sviluppare rapporti reciproci fra gli abitanti e le istituzioni di questo territorio quali presupposti per una
miglior conoscenza, comprensione e collaborazione;
- realizzare le condizioni per lo sviluppo economico nel rispetto dell’ambiente; stabilire gli interessi di sviluppo
comuni, la preparazione, la definizione e l’armoniz-zazione di una comune strategia di sviluppo;
realizzare i programmi di scambi culturali;
garantire le condizioni per un efficace scambio d’esperienze e loro applicazione ai programmi dell’Unione
Europea (art. 1 dello Statuto dell’Euroregione Adriatica).
È evidente che ciò sarà un ulteriore stimolo nell’apprendimento della lingua italiana da parte dei giovani, che si
troveranno a vivere in un ambiente dove la multiculturalità e il plurilinguismo costituiranno un notevole vantaggio,
spendibile non solo nella quotidianità, ma anche nel mondo del lavoro.
Il terzo aspetto riguarda infine il probabile ingresso della Croazia nell’Unione Europea. Tale avvenimento
segnerebbe di fatto il crollo dei confini che attualmente separano la minoranza italiana in Croazia dall’Italia.
I prossimi anni saranno quindi decisivi per la minoranza, che dovrà non solo adattarsi a questi nuovi scenari, ma anche
essere in grado di sfruttarli. A tal proposito il convegno tenutosi a Umago il 10 settembre 2005, dal titolo Giovani italiani
di qua e di là dal confine, come costruiamo insieme il futuro della Comunità Nazionale Italiana?, sembra essere una buona
iniziativa in tal senso, individuando nella collaborazione tra i giovani figli di esuli e ragazzi dei “rimasti” il
punto di partenza per una minoranza italiana sempre più europeizzata, che abbia nei giovani il proprio punto di forza. In
questo scambio, secondo Visioli, Vicepresidente dell’UPT, «i giovani istriani più che potenziarsi e imparare dal
contatto con i giovani italiani, hanno da insegnare, per l’esperienza di multiculturalità che possiedono» (tratto dal
discorso di Visioli).
Se si vuole che la minoranza italiana continui ad esistere e che l’italiano continui a essere parlato in Istria e nel
Quarnero è quindi necessaria una crescita che porti con sé aspettative, obiettivi e consapevolezze nuove.
Note esplicative dell’autore
1) Non si può dimenticare che la minoranza italiana riceve ogni anno fondi dal Governo italiano.
2) Migliorie in tal campo dovrebbero riguardare soprattutto il livello locale, con l’adeguamento di tutti gli statuti
comunali, cittadini e regionali al principio del bilinguismo totale.
3) La trasmissione di TV Koper-Capodistria via cavo è in via di sperimentazione a Fiume, a seguito dell’accordo
tra i vertici dell’emittente capodistriana e la CATV Elektronik, che gestisce il servizio di tv via cavo nel fiumano.
Ci sono nei vari aspetti che l’autore tocca nella sua conclusione due assenze: la scarsa partecipazione della
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minoranza alle elezioni, trovando l’autore l’inghippo che non si tratta di disinteresse per la politica locale e
nazionale ma probabilmente di anomalie strutturali dei sistemi elettorali, e la scarsità di celebrazioni di messe in italiano
durante l’estate nelle località che attraggono turisti provenienti dall’Italia. Ma siamo punto a capo rispetto al
nostro titolo: colpa d’un forte nazionalismo della Chiesa d’oltre frontiera oppure…?
A cura di Danilo Colombo
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