Patologia Generale Roberto Tumbarello Lezione n°28 del 04/12/12(sera) prima ora. Progressione: meccanismi Ipotesi dell’evoluzione clonale (Nowell) attraverso meccanismi di mutazione/selezione: “mutator phenotype” Eterogeneità della popolazione cellulare morfologica biochimica molecolare Continuiamo a parlare della progressione tumorale e parliamo di eterogeneità. Si parla spesso di terapie personalizzate. Soprattutto nell’oncologia si tratta di terapie molto tossiche,che non sempre hanno successo. A causa degli effetti tossici di queste terapie,si cerca di personalizzare il più possibile le terapie per essere più efficaci possibili. Chiariamo il concetto di cure e terapie. La cura dev’essere sull’individuo,quindi per definizione deve essere personalizzata:noi ci dobbiamo prendere cura delle persone in quanto tali ed entrare in sintonia con il paziente considerando l’unicità di quell individuo. Un aspetto della personalizzazione può avere anche risvolti in campo terapeutico, anche le terapie possono essere personalizzate. Però spesso si parla di terapie personalizzate per nascondere il fatto che non si fanno più cure personalizzate. Cioè noi non ci prendiamo più cura dei pazienti, curiamo il numero del letto di quella corsia e siccome vogliamo colmare questo deficit parliamo di cure personalizzate come se si trattasse di qualcosa di nuovo. In realtà la «Medicina» (con la M maiuscola) si è sempre presa cura del singolo applicando però su quest ultimo le conoscenze che sono derivate dallo studio(e quindi dall’esperienza) di altri individui ,sui quali per una determinata patologia certe terapie funzionavano o meno(tutto è curabile ma non tutto è guaribile). Personalizzare le cure si, personalizzare le terapie è più difficile, dobbiamo andarci piano. Anche perché, tornando al tema dal quale siamo partiti ,per le neoplasie esiste il problema della eterogeneità. Le terapie personalizzate devono essere tali perché ogni neoplasia è diversa da un altra. Questo è in parte vero ma esiste un problema ancora più a monte. Esiste più eterogeneità dentro una singola neoplasia di quanta non ne esista tra neoplasie diverse. Sarebbe opportuno avere una terapia il più possibile disegnata sulla singola neoplasia ma questo è molto difficile se non impossibile, anche considerando il fatto che ogni singola neoplasia è costituita da una popolazione eterogenea di cellule.(parlando di tumori solidi). E’come se noi avessimo davanti un mosaico,con tessere di colore diverso. L’immagine complessiva di questo mosaico può essere diversa(può essere rappresentata una testa, una coda) ma a noi interessa colpire ciascuna tessera del mosaico (ciascuna cellula che fa parte della neoplasia). Queste tessere possono essere dello stesso colore in due mosaici diversi. Nell’insieme due neoplasie che differiscono come disegno complessivo che compongono, potrebbero avere più tessere simili tra di loro di quanto lo possono essere simili due mosaici tra di loro. Si rassomigliano molto di più due tumori diversi fra di loro,di quanto non siano diversi all’ interno di ciascun tumore. Da un lato quindi e’ giusto “disegnare” terapie sul singolo tumore. E’un auspicio che dobbiamo sempre tenere nel nostro orizzonte sviluppare terapie più personalizzate possibile. Ma cerchiamo di non confondere la terapia con la cura che già da oggi deve essere personalizzata. Qualche volta si mischiano i due livelli,e con l’impossibilità di avere terapie personalizzate ci si dimentica che le cure devono essere sempre personalizzate. [In sintesi il prof dice che la cura per definizione è il prendersi cura dell’individuo in quanto tale, e dobbiamo entrare in sintonia con le sue necessità. La terapia fa parte delle cure, ed è il mezzo attraverso il quale si potrebbe giungere alla guarigione. Quindi tutto è curabile ma non tutto è guaribile. Le cure devono sempre essere personalizzate,le terapie è più difficile che riusciamo a personalizzarle, perché esiste più differenza all’interno di uno stesso tumore che non fra due tumori diversi] In particolare la neoplasia è una popolazione cellulare non facilmente fronteggiabile con il singolo farmaco. E’ difficile trovare un farmaco che cura questo, e un altro farmaco che cura quest altro. La realtà è che abbiamo a che fare con popolazioni cellulari eterogenee. Il dato clinico che noi abbiamo è che nelle neoplasie funzionano farmaci «ad ampio spettro»,cioè bersagliano delle strutture o processi che sono comuni a tutte le cellule neoplastiche e l’unico comune a tutte le cellule neoplastiche è il ciclo cellulare,infatti i farmaci antineoplastici che hanno maggior successo sono quelli che bersagliano il ciclo cellulare. C’è tutta una linea di ricerca che cerca di sviluppare farmaci meno tossici,più precisi che hanno come bersagli strutture esclusive delle cellule neoplastiche(non presenti in tessuti sani).Questi tentativi si scontrano con l’eterogeneità delle cellule tumorali. Paradossalmente trovare dei bersagli precisi nelle cellule neoplastiche è più difficile che non nelle cellule sane. Queste terapie innovative nella generalità dei casi stentano a mostrarsi di una certa efficacia,perché la popolazione con cui si confrontano è varia. Varia nello spazio,nel tempo infatti le neoplasie non sono uguali da un mese all’altro. E’ una popolazione cellulare in evoluzione. Cioè ha una tendenza a diversificare nel tempo proprio per questo fenotipo mutante. Dal punto di vista clinico questo è molto importante. Si deve cercare ed incoraggiare lo sviluppo di terapie mirate,è giusto diminuire la tossicità. Ma che cosa vuol dire mirate? Più rendiamo specifico il bersaglio,più è possibile che lasciamo fuori una parte di quelle cellule dalla nostra mira. Quindi dobbiamo giocare fra questi due estremi: da un lato le terapie mirate (più selettive possibili) e dall’altro non possiamo escludere nessuna delle sottopopolazioni che compongono questa neoplasia dal nostro obiettivo terapeutico. Quindi questi due obiettivi, sono un po’ in conflitto fra di loro di fronte ad una popolazione cellulare eterogenea che richiede approcci multi terapeutici. I protocolli terapeutici infatti,per i tumori solidi, prevedono cicli di diversi tipi di farmaci e più farmaci insieme per: diminuire la tossicità di ciascuno di questo farmaco, avere la possibilità di bersagliare diverse popolazioni cellulari che sono diverse fra di loro. E’ come se utilizzassi diversi antibiotici contro una popolazione microbica che sapete essere eterogenea per cui c’è ne una che è sensibile ad un antibiotico, e un'altra popolazione sensibile ad un altro antibiotico,e non c’è un antibiotico in grado di sconfiggerla entrambe. La probabilità di successo con terapie utilizzando un farmaco sono molto scarse per ragioni legate alla eterogeneità delle cellule neoplastiche. Da un lato è un problema anche con i farmaci ad ampio spettro. Più noi cerchiamo di sviluppare farmaci che si rivolgono ad una singola struttura espressa dalle cellule neoplastiche,più è probabile che ne lasciamo fuori una percentuale più o meno alta di queste cellule. Non esiste nella generalità dei casi una neoplasia omogenea rispetto a nessun parametro. Noi possiamo studiare l’espressione di recettori ,marker molecolari,particolari enzimi ma è difficile che la neoplasia che abbiamo noi in esame,sia omogenea con questi parametri. Per esempio ci sarà una percentuale di cellule che esprimono quel recettore e chi no, ci sarà una percentuale di cellule neoplastiche che esprimono quell enzima e un'altra percentuale che non la esprime. E’ difficile che un singolo marcatore sia espresso al 100% delle cellule di questa neoplasia. Può succedere, ma rappresenta l’eccezione, non la regola. Sentiamo spesso parlare di nuovi farmaci ovvero “farmaci biologici” che sono meno tossici. Essi hanno come bersaglio delle cellule neoplastiche:i recettori ipersespressi per fattori di crescita; recettori perennemente attivati, e che quindi alimentano la proliferazione cellulare incontrollata. Però i percorsi verso la neoplasia sono diversi e spesso son presenti in più di uno in una singola neoplasia e quindi questi tentativi si rivelano poco efficaci. La eterogeneità l’abbiamo vista dal punto di vista morfologico. Per quanto riguarda il livello biochimico dell’eterogenità,ci sono importanti anomalie metaboliche e ne citeremo alcune. Dobbiamo dire che non c’è un fenotipo biochimico definito che mi dice che questa è una patologia neoplastica. All’inizio la neoplasia è definita sul piano biologico,quindi sul piano di come queste cellule si comportano e quel comportamento biologico può essere compatibile con diverse alterazioni biochimiche,molecolari oltre che morfologiche. Io non devo cercare a tutti i costi la presenza di un alterazione biochimica o molecolare per dire che quella è una neoplasia. La neoplasia la definisco su un piano clinico. La neoplasia la definisco sul piano clinico e le alterazioni mi servono per caratterizzarla meglio e per scegliere l’approccio terapeutico corretto ma non per arrivare a dire che quella è una neoplasia. Se ha un comportamento cellulare neoplastico è una neoplasia anche se non ha caratteristiche molecolari neoplastiche. Progressione: meccanismi Ruolo del microambiente tumorale ipossia acidosi extracellulare fenomeni di necrosi reazione infiammatoria Nell’evoluzione e nella progressione della neoplasia, che cresce in maniera disorganizzata, ha un ruolo importante il microambiente tumorale. Esso si determina per una crescita cellulare disorganizzata. Noi non sappiamo se nel genoma sta scritto un programma che prevede lo sviluppo di noduli o papillomi o polipi. Presumibilmente no,ma non possiamo escluderlo. Queste cellule ad un certo punto,attraversano un periodo di crisi perché non son supportate da un tessuto connettivale che comprende i vasi sanguigni . Si trova davanti una scelta: o si ferma, o la crescita ulteriore può determinare un difetto nell’ apporto di sangue(quindi carenza di ossigeno e materiale nutritizio). Il limite dei tumori solidi(noduli) è come dimensioni di 1-2mm, superando questo limite le cellule possono fermarsi e rimanere quiescenti, oppure imparano a costruirsi nuovi vasi per evitare l’ipossia(quello che viene definito switch angiogenico). Queste cellule non devono inventarsi nulla,perché anche nei tessuti normali quando c’è ipossia si innescano una serie di reazioni che includono la formazione di nuovi vasi. Se un tessuto diventasse ipossico,una delle reazioni che succedono è che vengono rilasciati fattori da questo tessuto,i quali stimolano la formazione di nuovi vasi. Nei tumori c’è una sorta di rincorsa continua, i tumori più crescono più devono innescare l’angiogenesi. Si pensa che tutte le neoplasie solide ad un certo punto debbano affrontare questo problema:la crescita di queste cellule neoplastiche,data da un processo di sviluppo disordinato e abnorme, fronteggerà l’ipossia. L’ipossia e la conseguente carenza di nutrimento,generano una serie di conseguenze come acidosi extracellulare. In questa condizione,le cellule ipossiche alterano il loro metabolismo. Anche le cellule normali in situazioni di ipossia si comportano allo stesso modo,ovvero compiono la glicolisi con produzione di acido piruvico, e quest’ultimo sarà trasformato in acido lattico anziché essere convogliato nel ciclo di Krebs. Si produce quindi più acido da parte delle cellule neoplastiche o preneoplastiche. Queste cellule riescono ad eliminare dal loro citoplasma l’acido che dentro di esse si sta accumulando attraverso dei carrier. In questo modo l’acido viene riversato nell’interstizio facendone risentire gli effetti dell’acidosi alle cellule circostanti, al microambiente tumorale(le cellule neoplastiche continuano a stare bene anche in una situazione di acidosi).Il microambiente tumorale comincia ad assumere le sue caratteristiche:esso diviene molto selettivo e favorevole per le cellule che riescono a crescere in ambienti proibitivi come le cellule neoplastiche. DOMANDA: In internet e nei giornali vengono riportate pseudo cure contro il cancro basate sul bicarbonato per tamponare l’acido. In questo caso se correggesse l’acidosi non può portare ad una regressione delle cellule neoplastiche, non le stiamo agevolando da un punto di vista? Stiamo togliendo un grado di proibitività al microambiente stesso!? E’ una domanda molto importante questa ,che spero si possa approfondire nel corso opzionale dei meccanismi di progressione tumorali. A proposito di questa domanda,ci sono stati degli studi con l’acido dicloro acetico,che è coinvolto nella regolazione metabolica dei tumori. Si è ipotizzato che si possa bloccare la crescita neoplastica cercando di opporsi ad un tipo di metabolismo che è tipico della cellula neoplastica.Vi ho appena detto che il fenotipo neoplastico è compatibile con vari tipi di metabolismo, quello che succede è che se noi blocchiamo una possibilità dal punto di vista metabolico, quelle cellule se ne inventano un'altra perché il fenotipo neoplastico non necessita di un particolare fenotipo metabolico, non ne dipende.Se le condizioni sono proibitive alcune cellule tenteranno di aggirare l’ostacolo. Questo non vuol dire che queste terapie non abbiano alcun effetto: magari una parte della popolazione può essere disturbata da questo agente magari disturbando la loro capacità replicativa, ma può succedere anche che un’altra parte di questa popolazione vada ad essere avvantaggiata dall’uso di questo agente. Sono anche descritti casi di cooperazione metabolica fra cellule neoplastiche:i prodotti metabolici che vengono eliminati da alcune cellule come l’acido piruvico,possono essere utilizzati da altre cellule del tumore perchè sanno operare il ciclo di Krebs.Quindi non è detto che le cellule neoplastiche non sappiano fare il ciclo di krebs! Esiste il fenomeno di Warbur ,che circa un secolo fa indicò proprio questa caratteristica per cellule coltivate in vitro: le cellule tumorali continuano ad utilizzare la glicolisi anaerobia anche quando li mettete a crescere con abbondante ossigeno. Quindi queste cellule neoplastiche ,ad un certo punto, optano per la glicolisi anaerobia anche quando è presente l’ossigeno. Quindi continuano preferibilmente ad usare il glucosio fino all’acido lattico. Questo però non vuol dire che in altri contesti non siano in grado di fare il ciclo di krebs producendo molto più ATP. Non si spiega perché queste cellule optino per la glicolisi anaerobia. Tuttavia è un dato di fatto che molte neoplasie una volta che acquisiscono questo fenotipo ipossico selezionano cloni cellulari, che decidono di escludere la via del ciclo di Krebs e quindi si innesca la via della glicolisi anaerobia.Queste cellule ovviamente captano molto glucosio e su questo principio viene utilizzata nella clinica la PET. Quest’ultima è una tecnica attraverso la quale viene somministrato glucosio marcato e i tessuti che captano più glucosio son quelli che hanno una maggiore dipendenza dalla glicolisi anaerobia. In questo modo si visualizzano la maggior parte delle neoplasie. E’ un test che se risultasse negativo non si possono escludere completamente le neoplasie,se invece risultasse positivo è fortemente indicativo di cellule neoplastiche. Esso non si usa per diagnosticare neoplasie, si usa per individuare eventuali metastasi perché è un test molto sensibile quindi possiamo vedere gruppi di cellule molto piccoli E’ inutile diagnosticare le neoplasie con la PET, l’esame fondamentale per la diagnosi delle neoplasie è quello istologico. Rispondendo alla domanda del collega,se si correggesse l’acidosi, è molto incerto che questo possa aiutare a combattere la neoplasia. Ci sono studi che dicono che l’ acido dicloroacetato riattiva la funzione mitocondriale nelle cellule neoplastiche(che secondo Warbur è esclusa). Con il dicloro acetato è stato descritto qualche miglioramento ma non ci sono conferme. Comunque,sono stupito dal fatto che queste “terapie” siano promulgate con tale facilità su internet e sui giornali.Ai giorni nostri di fatto si muore quasi come si moriva 30 o 40 anni fa. Stiamo attenti a che tipi di messaggi diffondiamo. Se andiamo in televisione e diciamo che il cancro è sempre più guaribile e poi ci si scontra con la realtà che è molto più dura,c’è un’ incongruenza. Quando i pazienti entrano in ospedale con una patologia che in tv hanno detto che è sempre piu guaribile,è difficile rapportarsi con questo paziente, che vedrà quasi come una colpa del medico la sua non guarigione e la paghiamo in termini di efficacia nel nostro lavoro. Risulterebbe che noi non siamo più in grado di fare il nostro lavoro se la maggior parte delle neoplasie sono guaribili. Ci può essere una sottolineatura delle scoperte quando si chiedono soldi per la ricerca,ma far credere che la gran parte dei tumori sia curabili e dirlo dentro famiglie in cui in molti casi ci son state delle perdite,ha un impatto difficile. Non bisognerebbe mai superare la linea della correttezza quando si trasmette un messaggio delicato come questo al pubblico. Il ruolo del medico deve emergere con il rispetto dei termini etici,della sensibilità verso i temi trattati e dei pazienti. Continuando a parlare di questo microambiente che si innesca nella progressione tumorale, abbiamo visto l’ipossia e l’acidosi extracellulare. Abbiamo anche: -fenomeni di necrosi, che sono conseguenti sia al fatto che c’è spesso deficit di ossigeno e materiali nutritivi,e in più fenomeni come l’acidosi che risultano essere tossici. Il tumore è una massa che cresce che aumenta la pressione nell’interstizio.Esso spesso è in una fase di crescita espansiva che comprime il tessuto circostante e che dal tessuto circostante viene compresso, quindi c’è una sproporzione tra lo spazio a disposizione e la velocità di crescita di questa cellule. Tutto questo porta a sofferenza cellulare, insomma il fenomeno di necrosi è una costante per i tumori. I fenomeni di emorragia e reazione infiammatoria conseguono alla necrosi. . Il processo infiammatorio è una costante delle neoplasie ,non come conseguenza di riconoscimento di antigeni non self e quindi azione del sistema immunitario che riconosce quel tessuto come non nostro. La reazione infiammatoria invece interviene perché il tessuto neoplastico è un tessuto sofferente, dove c’è un danno, una necrosi, in cui l’architettura non va bene. Non è tenuto sotto controllo soltanto il numero di cellule di un determinato tessuto. Anche la struttura dei nostri tessuti è sempre tenuta sotto controllo. Non possiamo permetterci di avere tessuti strutturati in maniera anomala perche non funzionerebbero come tali, non sarebbero compatibili per il corretto funzionamento dell’organismo. Anche questi sono momenti che presidiamo continuamente. E se c’è qualche cosa che è morfologicamente diversa allora questa viene attenzionata dal nostro sistema immunitario. Nel complesso si costituisce un micro ambiente tumorale. Sono tutti elementi che alimentano la progressione perché quando queste cellule vengono sottoposte a stress, innescano dei meccanismi che cercano di svincolarsi da questi limiti, e quindi favorisce l’emergere di cloni cellulari che sono sempre più adatti a sopravvivere in un ambiente proibitivo. Tutto quello che si può fare per limitare ulteriormente la crescita può essere sfortunatamente un modo attraverso il quale possiamo favorire la moltiplicazione di cloni ancora più aggressivi dal punto di vista clinico. E’ un tema al quale dobbiamo stare molto attenti dal punto di vista clinico: o la terapia è veramente efficace ed elimina tutte le cellule,oppure se fosse una terapia solamente selettiva nella quale alcune cellule riescano a sfuggire alla tossicità che noi abbiamo imposto, queste cellule rischiano di essere clinicamente piu aggressive di quelle che abbiamo appena eliminato