INDICE 7 11 19 21 28 39 45 50 54 63 69 79 84 92 Prefazione di Anna Maria Venera Prologo I. La monogenitorialità femminile nella storia. Modelli, leggi, rappresentazioni collettive ed esperienze individuali Introduzione 1. Vedove, divorziate e concubine: le madri sole e i loro figli nell’antichità romana fino all’avvento del Cristianesimo 2. L’influenza della Chiesa sulla famiglia: concubine e vedove nel Medioevo cristiano 3. Mogli protestanti e streghe madri nubili 4. Letterate e cortigiane agli albori della modernità 5. Vedove allegre e madri sole del XVII e XVIII secolo 6. La secolarizzazione del matrimonio e la battaglia per i diritti delle donne alla fine del XVIII secolo 7. La famiglia e lo stato nazionale: madri patrie e madri “devianti” nel XIX secolo 8. Concubinato e nascite fuori dal matrimonio nella classe operaia. Le ragazze-madri della letteratura: Hetty Sorrel e Fantine 9. Il lungo viaggio verso la parità e le madri sole nelle professioni Conclusioni brevi e problematiche sulle madri e sui figli. Il Novecento copia saggio inviata dall’Ufficio stampa della Rosenberg & Sellier [email protected] 99 101 104 110 113 118 123 131 133 136 140 144 149 153 157 II. La famiglia che cambia Prima parte. Il tempo del démariage? Introduzione 1. Chi ha bisogno del matrimonio al tempo del démariage? 2. La famiglia alla luce dell’individualismo dalla modernità alla postmodernità 3. Sfera privata, sfera pubblica e metamorfosi della parentela 4. L’evoluzione del diritto nei paesi occidentali: unioni civili e matrimoni omosessuali 5. Famiglia e familismo in Italia II. La famiglia che cambia Seconda parte. Unsung heroines: eroine ignorate Introduzione 6. La monogenitorialità: una difficile definizione 7. Famiglie monogenitoriali “a rischio” povertà in Europa: una questione di genere 8. La famiglia monoparentale tra povertà e mother-blame in Europa 9. La negro family e le single mothers negli Usa 10. Dalla questione economica alla stigmatizzazione sociale: il backlash contro le single mothers Conclusioni. Inventare la propria famiglia: il caso singolare di Ann Duhnam, madre di Barak Obama 161 A guisa di epilogo 171 Bibliografia copia saggio inviata dall’Ufficio stampa della Rosenberg & Sellier [email protected] PREFAZIONE La famiglia costituisce un aspetto notevolmente complesso della nostra società e si presenta con numerose sfaccettature che hanno subito notevoli trasformazioni nel corso del tempo. Oggi si parla di “famiglie” per indicare la molteplicità di modi di vivere insieme e di esperienze familiari che l’individuo può attraversare nel corso della sua vita e l’uso del plurale sta a significare le sue profonde trasformazioni. Non solo si moltiplicano le strutture familiari, ma cambiano anche le relazioni all’interno della famiglia. Le forme di genitorialità sono infatti plurali e mettono oggi sempre più in discussione il modello tradizionale di nucleo parentale. Le famiglie vivono in modo diversificato il ruolo educativo, non hanno più un bagaglio di esperienza da trasmettere da una generazione all’altra in maniera univoca, piuttosto in ogni famiglia si ripropone il problema di che cosa significa e di come si possa educare “bene” oggi i propri figli. La pluralità di forme familiari spesso è legata a doppio filo all'instabilità coniugale presente oggi, dalla quale deriva la formazione di nuovi nuclei, nonché l'intreccio tra forme di genitorialità biologica e sociale; in questo quadro si collocano le strutture omogenitoriali e quelle monoparentali. Cresce il numero di famiglie in difficoltà nell’organizzare al meglio i tempi e i modi di cura della vita dei figli, per lo più perché sprovviste di una rete familiare e sociale di riferimento e di aiuto. Così come cresce il numero di genitori che per difficoltà di coppia o separazione, lunghi orari lavorativi specie quando uniti a un basso reddito, recente immigrazione o alcune fragilità relazionali, faticano a tenere dritta la rotta della relazione educativa con i propri figli. Il contesto sociale attuale rende particolarmente complessa l’esperienza genitoriale, per un insieme di motivi che spesso portano le famiglie ad affrontare le proprie sfide in solitudine. Diventa sempre più importante tracciare un quadro sul sostegno alla genitorialità, sulle tipologie di intervento a esso connesse e le problematiche attinenti. 7 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW L’Unione europea, da tempo sollecita gli stati membri a riconsiderare le politiche rivolte al benessere delle famiglie affinché non siano considerate oggetto di attenzione e di assistenza solamente quando incontrano difficoltà socio-economiche o quando al loro interno vivono persone sofferenti o disagiate. Al contrario, le famiglie dovrebbero essere riconosciute come soggetto positivo e attivo all’interno della società ed è in questa prospettiva che i loro diritti devono essere riconosciuti e valorizzati. Uno dei fenomeni più rappresentativi del mutamento sociale e demografico di questi anni è la crescita delle famiglie monogenitoriali. L’autrice, propone con questo volume, attraverso un exurcus storico sulla monogenitorialità al femminile e un’analisi sulle trasformazioni attuali della famiglia e sui nuovi significati della monogenitorialità, visibilità al fenomeno delle “madri sole” con un’opinione esperta e informata sul tema. Le famiglie formate prevalentemente da madri con figli presentano spesso situazioni problematiche dal punto di vista sia economico sia relazionale e il disagio aumenta quando la single mother è giovane o adolescente. Un numero sempre più crescente di madri sole si trova ad affrontare impreviste discontinuità nei legami affettivi e deve far fronte a una maggiore precarietà delle relazioni familiari con un costo individuale e sociale notevole. Le cosiddette single mothers in Italia sono in crescita e in trasformazione, aumentando nel tempo la componente delle separate e divorziate e diminuendo quelle delle vedove. Le madri sole rappresentano una delle attuali principali traiettorie di impoverimento grave che, anche a seguito dell’attuale crisi economica, è sempre più esposta a questa minaccia e vivono una situazione più critica rispetto alle altre donne soprattutto da un punto di vista economico, con livelli di povertà più elevati e condizioni abitative peggiori, ma anche di mancanza di tempo ed energie: tali aspetti insieme interagiscono ostacolando l’autonomia di queste donne. Le single mothers cercano di superare le proprie difficoltà, nell’organizzazione dei tempi di vita, attraverso l’utilizzo delle reti familiari e dei legami di parentela. Il ruolo svolto dalle reti familiari a loro supporto può facilitare il loro benessere e la loro indipendenza. Tuttavia anche il sostegno dei familiari non sempre è possibile e accessibile: da un lato può essere discontinuo, dall’altro può comportare costi morali di dipendenza e interferenza. Può quindi rivelarsi difficile negoziare il sostegno con la rete familiare anche laddove questa sia presente, accentuando i problemi specie quando la madre sola ha un lavoro retribuito e impegnativo. Un’opzione importante è la presenza di reti sociali ampie, non limitate alla famiglia, dentro le quali sviluppare reciprocità di sostegno e poter 8 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW così soddisfare i bisogni sociali oltre che economici, uscendo da una situazione di marginalità rispetto al mercato del lavoro. È soprattutto per questa tipologia di famiglia che le politiche e i servizi di conciliazione casa-lavoro assumono un ruolo fondamentale: la disponibilità di asili nido e dei servizi per l’infanzia, per esempio, favorendo le opportunità di affidare i minori ai servizi di cura, incentivano l’occupazione femminile, e quindi la possibilità di uscire da una condizione di povertà relativa. Da qui la necessità che le politiche, a ogni livello, valorizzino e rafforzino il ruolo attivo delle madri e sappiano fare tesoro delle loro competenze e delle loro capacità di cura. Appare infine necessario continuare ad approfondire la conoscenza del fenomeno della povertà delle madri attraverso la messa a punto di indicatori, strumenti di rilevazione e di monitoraggio che consentano una mappatura costante delle aree di rischio e la programmazione degli interventi più appropriati di politica sociale, tenendo conto della varietà dei volti che, come si è visto, la povertà materna assume nei diversi contesti di vita. La crisi dell’istituzione familiare combinata con il diversificarsi dei modelli di convivenza e con la più elevata speranza di vita hanno determinato nuove necessità e nuovi bisogni che richiedono strategie di intervento ad hoc al fine di produrre risposte mirate. Occorre dare visibilità alla condizione delle madri sole; sostenere le donne e aiutarle a esprimere le proprie potenzialità di cambiamento ha una duplice valenza, privata e pubblica: da un lato si migliora la qualità di vita di singole persone e dall’altro si porta beneficio alla collettività nella sua interezza. Il volume, oltre a rappresentare un punto di riferimento per studenti in formazione è un valido strumento per l’aggiornamento di educatori e insegnanti e per tutti gli operatori che a vario titolo lavorano nei contesti dell’infanzia. Dentro i servizi educativi per l’infanzia e le scuole entrano tutte le forme familiari: è allora necessario operare per costruire percorsi di condivisione con tutte le famiglie, lavorando sulle proprie rappresentazioni in modo da poter riconoscere specifici bisogni ma anche peculiari risorse. Per esempio, l’essere in presenza di famiglie monogenitoriali di dimensione estremamente ridotte e della prima generazione senza fratelli enfatizza l’individualizzazione e, di conseguenza, l’infanzia è sempre più custodita tra le mura domestiche e le madri sono sempre più limitate nelle possibilità di confronto reale rispetto alla propria esperienza e al proprio ruolo. Diventa fondamentale la necessità di un maggiore investimento dello stato sulla famiglia, di una flessibilizzazione dei servizi e delle opportunità offerte ai nuclei familiari, in particolare alle madri sole lavoratrici. Resta in ogni caso la necessità di pensare le politiche di conciliazione come sostegno 9 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW lungo tutto il ciclo di vita di una famiglia e di offrire alla bambina e al bambino una socializzazione plurale dove la famiglia non escluda altri centri di aggregazione ed educazione. Infine, la focalizzazione del tema in una prospettiva di genere, evidenzia la necessità di intraprendere un dibattito sulla riforma del welfare italiano in cui considerare una definizione di un quadro legislativo nazionale che garantisca degli standard minimi di assistenza sociale, oltre che di promuovere politiche attive per il lavoro con interventi volti a superare i processi di esclusione sociale, promuovendo il riconoscimento delle forme familiari atipiche, fra cui le famiglie monogenitoriali. ANNA MARIA VENERA 10 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW PROLOGO L’argomento centrale del libro è la monoparentalità, in particolare femminile, nel suo percorso storico e nel contesto attuale, caratterizzato da una serie di trasformazioni nella vita familiare che, secondo alcuni studiosi, sarebbero talmente profonde da produrre una “mutazione antropologica” (Neyrand, 2004a). Già negli anni Settanta, alcuni autori, tra cui Shorter (1975) individuarono alcune tendenze, quali l’indifferenza degli adolescenti rispetto all’identità della propria famiglia, l’instabilità nella vita delle coppie, accompagnata da tassi di divorzio in rapido aumento, e la distruzione del concetto di “nido” della vita familiare nucleare, ricondotte all’impatto del movimento femminista sulla società. A partire dagli anni Ottanta, non soltanto nelle società occidentali1, ma anche in buona parte del resto del mondo (America latina, Sudafrica, Giappone… queste inclinazioni si sono accentuate, mentre altre si sono aggiunte: l’aumento delle separazioni e dei divorzi si è accompagnato alla diminuzione dei matrimoni e alla crescita delle convivenze, delle famiglie monoparentali e ricomposte; la formazione di sempre più numerose famiglie omosessuali (LGB families) è stata seguita dalla richiesta dell’istituto matrimoniale per persone dello stesso sesso e del diritto all’adozione (la legislazione in materia varia per ora da un paese all’altro)2. 1 Le tendenze sono presenti anche in altri continenti, in particolare in America Latina. Attualmente, in Brasile, le famiglie monoparentali rappresentano il 30 per cento delle famiglie (dati presentati al Foro Mondiale della Protezione Sociale, Città del Capo, 29 Novembre - 4 Dicembre 2010) (vedi Le viellissement et les nouvelles structures familiales menacent la protection sociale, in “Le Monde”, 7 dicembre 2010, p. 5). Peraltro, in alcuni contesti (Caraibi, Brasile), la diffusione della monogenitorialità è un fenomeno che ha profonde radici storiche. 2 L’espressione corretta è matrimonio tra persone dello stesso sesso oppure matrimonio omosessuale. Impropriamente si parla di “matrimonio gay”, che si riferisce alla sola omosessualità maschile. 11 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW La condizione familiare, che si profila in seguito a queste trasformazioni, è stata definita da alcuni studiosi come “postmoderna” (the postmodern family condition) (Stacey, 1990) o postindustriale (Beck-Gernsheim, 2002). Considerando le ambiguità del concetto stesso di postmodernità, che indica un’epoca segnata dall’assenza di certezze, dall’insicurezza e dal dubbio3, più che una serie ben definita di contenuti (Stacey, 1990), l’aggettivo postmoderno – attribuito alla famiglia – non si riferisce tanto all’affermarsi di una “nuova” struttura familiare predominante – in contrasto con quella precedente, la cosiddetta “famiglia tradizionale” o “famiglia borghese” –, quanto alla manifestazione di un’insieme di processi e di una varietà di esperienze che si esplicano nella moltiplicazione delle forme di convivenza, anche per via della decadenza dell’istituto matrimoniale (paradossalmente ritenuto importante per le coppie omosessuali). Per questa ragione, la “mutazione antropologica” della vita familiare è stata anche definita come il tempo del démariage. Questa lettura “drammatica” delle trasformazioni familiari rischia però, se eccessivamente schiacciata sul presente, di ipotizzare un passato “ideale” nel quale un unico modello di famiglia (quella tradizionale o borghese) fosse ampiamente predominante – sia nella norma che nella pratica delle vite umane. La realtà invece – per quello che riguarda la famiglia, ma più in generale la vita privata delle persone, il rapporto tra pubblico e privato, nonché le relazioni di genere – è oggi ed è stata nel passato estremamente variegata e complessa. Non dimentichiamo, peraltro che famiglia è un sostantivo polisemico «usato per indicare una coppia di coniugi e i loro figli, oppure tutti coloro che hanno rapporti di parentela con questi pur non stando insieme a loro, o anche un gruppo patronimico (per esempio, la famiglia Agnelli)» (Barbagli, Bianca, 1993)4 e che solo una definizione ampia e generale di famiglia consente di includere realtà e situazioni molto diverse, che solo in 3 Tra gli elementi caratterizzanti il postmoderno vi è la ricusazione dell’esistenza di una realtà assoluta (Doherty 1991). 4 Barbagli e Bianca (1993) proseguono; «Anche fra gli studiosi di scienze sociali non vi è un pieno accordo nella definizione di famiglia. Quella proposta, quarant’anni fa, da Georges Murdock viene considerata da molti come la più soddisfacente. Secondo questo studioso “la famiglia è un gruppo sociale caratterizzato dalla residenza comune, dalla cooperazione economica e dalla riproduzione. Essa comprende adulti di tutti e due i sessi, almeno due dei quali mantengono una relazione sessuale socialmente approvata, e uno o più figli, propri o adottati, degli adulti che coabitano sessualmente”. Si tratta di una definizione abbastanza ampia e generale, capace di comprendere casi e situazioni molto diversi, e può essere considerata un buon punto di partenza per parlare della famiglia, a condizione però di dare un’interpretazione non troppo rigida del requisito 12 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW parte possono essere inquadrate nelle classificazioni esistenti (famiglia nucleare, estesa, verticale, orizzontale…)5. Non si tratta pertanto di negare la forma prorompente delle trasformazioni in atto, ma di considerarle come «uno dei tanti adattamenti che la vita familiare ha avuto nel corso dei secoli» (Casanova, 2009), senza trascurare il fatto che alcune forme di vita familiare non compaiono certo per la prima volta sulla scena della storia, sebbene esse assumano indubbiamente nuove modalità e nuove valenze sociali. Per esempio, le famiglie ricomposte risultano molto frequenti anche nel passato: di sicuro, il fenomeno era originato dalle frequenti vedovanze, non dai divorzi, ma gli effetti erano gli stessi, figli di “letti” diversi sotto lo stesso tetto con genitori non necessariamente biologici. Quanto alla monogenitorialità, non si tratta affatto di un fenomeno “postmoderno”: le madri sole sono parte della storia della famiglia (o piuttosto delle famiglie) fin dall’antichità, come avremo modo di analizzare ampiamente nel corso del volume. Da molti anni coltivavo il progetto di scrivere un libro sulle madri sole, quella categoria che il mondo anglosassone definisce come single mothers6, con riferimento all’assenza di un compagno/a (condizione – quella di single – che può essere una scelta voluta e vincente, nella società d’oggi, per gli uomini come per le donne) e non all’abbandono nella solitudine che la definizione italiana “sole” evoca. Vi sono stata spinta da una motivazione personale: avendo vissuto io stessa questa condizione, ho potuto verificare direttamente i disagi che essa comporta all’interno della società italiana, in termini di servizi, legislazione, rappresentazione sociale. Molti scienziati sociali sostengono che la posizione biografica del ricercatore può avere un impatto sulla sua ricerca e sulla relazione con l’oggetto investigato (Guba, Lincoln, 1994; Stacey, 1990): è il caso di questo libro. Se l’assenza di adeguati servizi per l’infanzia penalizza, in Italia, tutte le madri lavoratrici, le madri sole hanno, in della residenza comune» (http://www.treccani.it/enciclopedia/famiglia_(Enciclopedia_delle_Scienze_Sociali)/). 5 Vedi, per esempio, quelle prodotte dal Cambridge Group coordinato da Peter Laslett (1984). 6 Personalmente preferisco l’espressione inglese single mothers, a quella italiana “madri sole”, perché il termine single è meno connotato negativamente di quanto non sia, in questa associazione, l’aggettivo “sola”; tuttavia, nel corso del libro, userò la terminologia italiana. Va detto, però, che, nella letteratura anglosassone, alcuni autori (Sidel, 2006) ritengono l’espressione single mothers connotata negativamente, perché indicherebbe una forma di devianza rispetto alla categoria parents. 13 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW più, problemi di stigmatizzazione, che si traducono, troppo spesso, in pratiche discriminatorie. Nel quadro di un divorzio conflittuale – da madre sola con tre bambini – mi sono dovuta confrontare con i pregiudizi delle istituzioni italiane e dei loro rappresentanti, servizi sociali, tribunali dei minori, insegnanti. Ho anche, con indignazione, verificato che tali pregiudizi trovavano sponde in un’ampia letteratura psicologica, sociologica e pedagogica – che accampa pretese di scientificità, nella maggior parte dei casi del tutto infondate. Pur in una situazione di privilegio (la mia professione in ambito accademico), ho personalmente sperimentato quel fenomeno che la letteratura nordamericana definisce come il mother-blame – ovvero accollare alle madri la colpa per tutto quello che succede alla famiglia e ai figli, tanto sul piano psicologico che su quello sociale. Come scrivono Ladd-Taylor e Umansky (1998), con riferimento al contesto statunitense, le madri sono giudicate responsabili per una serie di manifestazioni: dall’autismo nei bambini, attribuito alla loro freddezza – le cosiddette “madri-frigorifero”– all’omosessualità, connessa all’atteggiamento “soffocante”; dalla dipendenza dai sussidi sociali (il che provocherebbe un insopportabile peso sul welfare) alla criminalità dei figli. Quest’ultima accusa è specialmente rivolta alle madri sole: secondo studi la cui scientificità è, come vedremo nel corso del volume, del tutto discutibile, l’aumento delle famiglie monoparentali – in particolare femminili – sarebbe la causa, o, per lo meno, una delle principali cause, di varie forme di devianza presenti nelle nuove generazioni (droga, criminalità, suicidi…). Nel corso degli ultimi trent’anni (in particolare dalla presidenza di Ronald Reagan, che ha portato al potere una destra repubblicana iperconservatrice in materia di relazioni di genere), le madri sole sono state oggetto di un crescente mother-blame da parte di media, “esperti”, politici, rappresentanti religiosi… Le riflessioni delle studiose americane in tema di mother-blame sono assolutamente pertinenti anche in Europa, fatta eccezione per alcune realtà particolari (essenzialmente i paesi scandinavi); peraltro la letteratura nordamericana, fortemente influenzata dal femminismo e dai gender studies, ha individuato meglio di quella europea le molteplici cause del crescente mother-blame, che colpisce in particolare le madri sole. Per esempio Aidenbaum (2006) ha analizzato come alle trasformazioni politiche, sociali ed economiche che sono all’origine di un’epoca d’incertezza, nonché di ridefinizione dei ruoli maschili e femminili, si sia cercato di rispondere attraverso soluzioni individuali – il ricorso all’“esperto” –, piuttosto che collettive (Apple, 2006). Questa tendenza è diffusa anche in Europa: a riprova possiamo citare l’abuso dell’“esperto” – psicologo o criminologo – onnipresente nelle 14 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW patetiche trasmissioni televisive italiane che riguardano casi di criminali adolescenti: è molto più semplice ascoltare questi personaggi che analizzare nel dettaglio contesti socio-economici problematici. La critica alla pratica del mother-blame non nega certo l’esistenza di donne che trascurano i loro figli, abusano di loro, e non riescono a fornire loro un adeguato sostegno psicologico; tuttavia, negli ultimi anni, la definizione di ciò che costituisce una “cattiva madre” si è ampliata, e in modo significativo, nella letteratura psicologica e medica, dalla quale si è volgarizzata, diffondendosi nei media popolari e influenzando la discussione politica e l’approccio – spesso punitivo – dei servizi sociali e delle autorità giudiziarie (Ladd-Taylor e Umansky, 1998). In una prima stesura del volume, al fine di illustrare le dimensioni del mother-blame in Italia, avevo descritto in un capitolo la mia esperienza di madre sola alle prese con assistenti sociali, psicologi e giudici minorili, proprio per rinforzare la denuncia dell’approccio istituzionale italiano alla monogenitorialità. In questa versione definitiva ho invece preferito eliminare questa parte, pur riaffermando che il mio percorso personale è stato decisivo nella scelta di imbarcarmi in questa ricerca – anche nella speranza di cambiare, almeno un poco, prassi che ritengo devastanti per le vite delle persone (uomini, donne e bambini) e di evitare che operatori dei servizi sociali italiani (mal formati in scuole dai programmi discutibili) producano danni incommensurabili e in molti casi irreversibili. La motivazione personale ad affrontare questa ricerca è stata poi rinforzata dalla constatazione che, in Italia, a differenza di quello che avviene in molti paesi europei e negli Stati Uniti, la letteratura scientifica sulla monogenitorialità, e, più in generale, sulle trasformazioni della famiglia, è ancora scarsa, nonostante la recente pubblicazione di alcune ricerche di qualità (Bimbi, 1997, 1999, 2000, 2006; Bimbi e Ruspini, 2000; Ruspini, 2009a, 2011), e poco incide su un dibattito politico pesantemente condizionato dalle ideologie. Mi è parso dunque urgente contribuire all’apertura di una nuova fase di riflessione, lontana il più possibile da pregiudizi ideologici. Per raggiungere l’obiettivo, ho pertanto raccolto una considerevole quantità di dati provenienti da diversi paesi sul tema della monogenitorialità nel passato e nel contesto delle trasformazioni della famiglia: studi storici, sociologici, dibattiti politici, biografie. Una documentazione molto eterogenea e interdisciplinare, perché non esiste, a oggi, né uno studio storico sistematico sulla monogenitorialità, né una Sociologia della monogenitorialità che tenga conto delle molteplici dimensioni del fenomeno nell’ambito delle diverse formazioni familiari succedutesi nella storia. Il volume rappresenta dunque un primo tentativo di sistematizzare il 15 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW materiale esistente, esplorando le esperienze storiche e individuando i processi attuali di costruzione sociale della maternità singola nei contesti nazionali europei e in quello nordamericano. Il volume è suddiviso in due parti. La prima è costituita da un excursus storico – riguardante l’Europa e il Nordamerica – sulla monogenitorialità al femminile, ricostruito sia a partire da una selezione di studi consacrati alla posizione della donna nel matrimonio e nella maternità nel corso dei secoli, sia attraverso una casistica biografica, ovviamente non esaustiva, di figure di madri sole e dei loro figli. La casistica individuale mi è parsa di grande importanza: gli studi sulla storia della famiglia mostrano infatti senza ombra di dubbio che la storia delle strutture e quella delle relazioni (e dei sentimenti) sono in costante tensione, o, in altri termini, modelli culturali e atteggiamenti individuali non coincidono (Casanova, 2009). Anche nella scelta delle fonti ho cercato di tener conto di questa tensione tra strutture e pratiche individuali, privilegiato lavori che considerassero prima di tutto le relazioni di genere, e in particolare la posizione femminile all’interno delle famiglie, piuttosto che il ruolo della famiglia nella società del tempo. Pur partendo da un’ottica specifica, più attenta alle relazioni di genere che alla dimensione antropologica, sociologica e istituzionale, l’analisi storica della monogenitorialità evidenzia a che punto l’idea stessa di una “famiglia naturale” fondata sulla bigenitorialità e su ruoli materni e paterni predefiniti sia improponibile: il ruolo che i sistemi politici hanno volta per volta attribuito al matrimonio e alla famiglia nell’organizzazione della società, nonché il quadro giuridico che regolava le relazioni interne ed esterne dei diversi membri si sono trasformati costantemente nel corso dei secoli. Va anche sottolineato che l’allargamento o il restringimento della famiglia (da estesa a nucleare), l’acquisizione o la perdita di funzioni, i caratteri di maggiore o minore stabilità non fanno parte di un percorso evolutivo lineare, come teorizzava la sociologia della famiglia fino agli anni Sessanta, attribuendo la nascita della famiglia nucleare all’industrializzazione, ma si articolano in fasi alterne a seconda dei periodi, delle regioni e delle classi sociali (Pesenti, 1998). E poiché «The past is a foreign country: they do things differently there»7, l’analisi storica non fa che confermare gli studi antropologici della parentela, che hanno 7 Proverbiale frase di apertura del romanzo The Go-Between, scritto nel 1953 da LESLIE POLES HARTLEY (1895-1972) e ridotto in una versione cinematografica da Joseph Losey nel 1970. 16 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW ampiamente dimostrato come la famiglia vari a seconda dei contesti culturali. In analogia con l’approccio antropologico anche l’analisi storica consente di relativizzare i modelli familiari e, di conseguenza, di assumere un atteggiamento non ideologico di fronte alla “famiglia postmoderna”. Scrive l’antropologo Maurice Godelier: «Sembra evidente che tra la diabolizzazione e l’angelizzazione della società di oggi, c’è spazio per un altro atteggiamento che consiste, prima di procedere, a fare l’inventario delle situazioni e delle pratiche (…), ma i discorsi e le pratiche devono essere situati in un tempo molto più lungo che quello a cui i diversi attori odierni fanno riferimento, ovvero il tempo della storia moderna delle società europee. Quest’atteggiamento implica la combinazione di diversi approcci e metodi delle scienze sociali, prima di tutto quello degli storici, che fanno rivivere per noi un passato spesso più ignorato che dimenticato o inventato, e quello degli antropologi, il cui mestiere è immergersi in maniera prolungata in una società contemporanea per osservarla, in qualche modo a distanza, ma dall’interno» (Godelier, 2004: 20). Sulla stessa linea Martine Segalen (2010) sottolinea l’esigenza, per il sociologo della famiglia, d’integrare un’ottica storica ed etnologica e di dotarsi della necessaria distanza offerta dalla messa in prospettiva nella costruzione dell’oggetto stesso di ricerca: «L’organizzazione familiare contemporanea non è che uno degli arrangiamenti possibili nell’universo delle culture» (ibid.: 12). Nella seconda parte del volume si considerano le trasformazioni attuali della famiglia con particolare riferimento al contesto europeo e a quello statunitense, allo scopo d’individuare i nuovi significati della monogenitorialità oggi. Vengono presi in considerazione sia i dati quantitativi sia gli aspetti qualitativi dei fenomeni, con una particolare attenzione alle diverse letture sociologiche che collocano questi mutamenti nel percorso della modernità e della postmodernità, collegando il tempo del démariage con la democratizzazione della vita privata. Secondo queste interpretazioni, le recenti misure legislative assunte nei principali paesi occidentali, che equiparano le famiglie bigenitoriali e monogenitoriali, riconoscono le unioni civili e legittimano i matrimoni tra persone dello stesso sesso (con o senza il diritto all’adozione per le coppie omosessuali) s’inseriscono in un quadro generale di democratizzazione che dalla vita pubblica si è esteso a quella privata. Il capitolo riflette anche su come l’Italia sia in controtendenza al resto d’Europa (con poche eccezioni, come Malta e l’Ungheria) e dell’Occidente in generale, in materia d’adeguamento della legislazione alle trasformazioni della famiglia e di risposta ai bisogni delle nuove forme familiari. 17 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW Sempre nella seconda parte, infine, è analizzato il dibattito internazionale e nazionale sulle famiglie monoparentali, sulle single mothers e sulle “nuove famiglie”, focalizzando sia i problemi socio-economici (il rischio povertà prima di tutto) che emergono, sia la dimensione ideologica del mother-blame, che rende a tutt’oggi difficile una riflessione serena, centrata sulla felicità delle persone nella loro vita relazionale. In questo volume, come nei miei lavori precedenti (Genere, etnia e classe, 2000, ETS, Pisa; Genere e globalizzazione, 2010, ETS, Pisa), la mia riflessione è in linea con la sfida della letteratura femminista all’idea “monolitica” della famiglia: nella pratica sociale, i vari membri della famiglia occupano diverse posizioni e rappresentano interessi sia comuni sia divergenti (Bernard 1998 [1981]; Hertz 1986; Hochschild e Machung 1989). Del pensiero femminista ho anche ripreso la critica alla stratificazione di genere tanto dal punto di vista materiale (ovvero la disponibilità di risorse economiche) che da quello ideologico (ovvero la giustificazione dell’inferiorità femminile attraverso argomentazioni religiose o biologiche) e ho acquisito una sensibilità alle relazioni di potere e alle differenze all’interno delle situazioni e delle relazioni. Il mio studio sulla monogenitorialità riflette pertanto un approccio attento ai meccanismi di potere e pronto a mettere in discussione le norme prestabilite, date per naturali, quando si tratta, invece, di prodotti storici, culturali e politici. 18 FRSLDVDJJLRLQYLDWDGDOO XIILFLRVWDPSD5RVHQEHUJ6HOOLHU XIILFLRVWDPSD#URVHQEHUJHVHOOLHULWZZZURVHQEHUJHVHOOLHULW