Estratti_Stampa_3D - Filodiritto Editore

SOMMARIO
Nuove tecnologie 3D nello studio e nel trattamento delle
patologie Maxillo-Facciali
Claudio Marchetti, Alberto Bianchi, Luigi Piersanti
e Giovanni Badiali
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La tomografia tridimensionale a supporto della conservazione e
valorizzazione dei nostri Beni Culturali
Franco Casali, Matteo Bettuzzi, Rosa Brancaccio, Maria Pia Morigi
e Eva Peccenini 16
Restaurare il cielo e rifare la terra. I globi di Vincenzo Coronelli
alla Biblioteca Comunale di Faenza
Nicolangelo Scianna 36
Nuove tecnologie 3D nello studio e nel trattamento delle
patologie Maxillo-Facciali
di Claudio Marchetti, Alberto Bianchi, Luigi Piersanti
e Giovanni Badiali
Il mondo della medicina diagnostica e terapeutica in questi ultimi
anni si è dovuto confrontare con un cambio generazionale che ha rivoluzionato tutti i sistemi e i processi decisionali acquisiti e consolidati
fino a questo momento.
Il progressivo passaggio dall’analogico al digitale ha investito la nostra vita quotidiana agevolando il lavoro dei nativi digitali e costringendo le altre generazioni ad adeguarsi a questi nuovi flussi di pensiero e di
azione più rapidi e produttivi.
L’invasione sul mercato di smartphone e tablet a un prezzo accessibile, ha reso questa tecnologia fruibile a molti e ha indotto la nascita
di una serie di applicazioni e di programmi che hanno contribuito a
tracciare il solco di separazione tra l’era del 2D e quella del 3D.
La Medicina e la Chirurgia fanno parte di tutte quelle arti che si
sono ritrovate nel centro di questo tornado tecnologico ed ora si muovono verso questa corrente spinte da un desiderio di innovazione.
Nella fase diagnostica, l’attività medica quotidiana sta progressivamente sostituendo i grandi negativoscopi dove venivano visualizzate
lastre bidimensionali stampate su fogli di acetato con schermi di nor-
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mali computer che, con programmi spesso “open source”, possono visualizzare, ma soprattutto elaborare, tutti i dati provenienti dai vari apparecchi diagnostici radiologici; contemporaneamente tali macchinari
hanno ridotto di molto le loro emissioni e sono diventati più accessibili
e sicuri per il Paziente e più maneggevoli per il Radiologo.
Il legame di cura tra Medico Chirurgo e Paziente è basato sul rapporto umano. Ascoltare il Paziente è fondamentale per capire i suoi
disturbi e le sue necessità; poi, per tracciare il piano di trattamento e
per metterlo in atto, è necessario avvalersi di tutti i mezzi che le nuove
tecnologie ci mettono a disposizione.
Il lungo percorso che contraddistingue la fase di diagnosi e cura
parte dall’acquisizione di un’immagine radiologica, una Tomografia
Assiale Computerizzata (TAC), dove è possibile a basso dosaggio di
emissione. Questo esame ci consente di aver accesso ad una enorme
mole di informazioni grezze che possono essere convertite in immagini
tridimensionali sempre più precise, favorendo un atteggiamento più
consapevole nell’approccio diagnostico.
Successivamente si passa alla pianificazione chirurgica: il professionista ha l’opportunità di eseguire simulazioni dell’intervento sempre
più realistiche per poter scegliere con attenzione la soluzione più adeguata, personalizzata per il singolo Paziente e per la patologia da cui è
affetto. Per finire alla pratica chirurgica dove, con l’ausilio dei sistemi
di navigazione intraoperatoria, il Chirurgo ha l’opportunità di essere
guidato nell’esecuzione dell’intervento risultando più preciso, più sicuro e più conservativo.
Così facendo, è nato il concetto di “Chirurgia Guidata”: un grande
macrocosmo diagnostico-chirurgico, che fa della terza dimensione il
suo habitat naturale.
In ambito Maxillo-Facciale la Chirurgia Guidata può essere declinata sotto diverse forme che partono dal concetto di utilizzare strumenti che agevolino il Chirurgo nel suo atto operatorio, rendendo tale
atto il più aderente possibile alla sua pianificazione.
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Nel Policlinico S. Orsola-Malpighi presso l’Unità Operativa di Chirurgia Orale e Maxillo-Facciale, la Chirurgia Guidata viene eseguita
attraverso lo studio del paziente con sistemi tridimensionali e con l’ausilio di un sistema di navigazione intraoperatoria.
Tale tecnica fonde le conoscenze informatiche con la documentazione radiologica ed è diventata uno degli ambiti di maggior sviluppo
e fascino degli ultimi anni.
I Pazienti vengono studiati aggiungendo alla consueta e indispensabile visita clinica una Tac a basso dosaggio di emissioni (CBCT);
successivamente, in casi selezionati, si esegue una fotografia 3D (stereofotogrammetria) e la scansione tridimensionale delle arcate dentali.
Questo ci consente di essere non solo più precisi nella valutazione
dell’occlusione del paziente, ma potendo sovraimporre le ricostruzioni
CBCT con la stereofotogrammetria e i modelli, saremo in grado di
ricostruire un esatto modello virtuale del volto del paziente dal punto
di vista della sua struttura ossea, delle arcate dentali e dei tessuti molli.
Ora potremo simulare l’intervento e valutare con precisione tutte
le modificazioni funzionali ed estetiche che l’intervento sarà in grado
di generare.
Una volta raggiunto l’obiettivo di studio diagnostico/terapeutico
potremo eseguire l’intervento avvalendoci di sistemi di controllo e di
guida intraoperatori come il navigatore chirurgico.
La navigazione intraoperatoria è paragonabile ai sistemi di navigazione utilizzati nelle automobili.
Mentre la posizione di un’automobile è determinata da ricevitori satellitari che rintracciano le onde emesse dal veicolo, il sistema di
navigazione chirurgica su base infrarossa, utilizza camere a infrarossi
per rilevare le onde emesse da appositi ripetitori montati su strumenti
chirurgici.
Le “road map” sono analoghe ai set di dati della Tac acquisiti dal
paziente prima dell’operazione. Per calibrare il sistema, è necessario
definire una posizione di partenza, così che il paziente virtuale sul mo-
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nitor corrisponda anatomicamente al paziente reale in sala operatoria.
Il sistema di navigazione ha l’obiettivo di migliorare la precisione e
la sicurezza dell’atto chirurgico mediante la pianificazione preoperatoria, la navigazione intraoperatoria e la valutazione postoperatoria.
Le fasi della diagnosi e del trattamento sono state standardizzate
delineando una procedura sulla base di 4 punti cardinali:
1. imaging: acquisizione dei dati del Paziente attraverso la tomografia computerizzata cone-beam (CBCT), la stereofotogrammetria e
la scansione quando necessaria delle arcate dentali;
2. pianificazione: simulazione virtuale della procedura chirurgica
e confezionamento di ausili spesso stampati in 3D per favorire l’intervento chirurgico;
3. navigazione intraoperatoria: preregistrazione e registrazione
intraoperatoria, eseguite mediante i metodi di registrazione di superficie e punto-punto;
4. validazione: dopo la CBCT post-operatoria, esecuzione di una
validazione per accertare la riproducibilità.
1. Imaging
Prima della chirurgia, viene eseguita una Tac a basso dosaggio di
emissioni (CBCT) del paziente.
a. CBCT: questo dispositivo è indicato in modo specifico per l’area
maxillofacciale. La caratteristica principale è la sua capacità di ottenere
un’acquisizione completa del paziente in una sola rotazione. Inoltre,
questo strumento permette di eseguire la scansione con il paziente in
posizione supina, paragonabile alla posizione operatoria e particolarmente utile per la disposizione dei tessuti molli.
Le altre caratteristiche sono:
- dose di radiazioni somministrata estremamente bassa rispetto alla
tomografia convenzionale di tipo multislice;
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- la massa sottoposta a scansione può essere virtualmente sezionata
in tutte le dimensioni grazie alla possibilità di lavorare in modo attivo
sull’intero volume;
- il raggio sicuro utilizzato regola automaticamente la dose di radiazioni emesse sulla base della massa e delle dimensioni corporee.
b. Stereofotogrammetria: acquisizione di una stereofotogrammetria del paziente, una fotografia digitale eseguita mediante utilizzo di 8
fotocamere che scattano contemporaneamente ed elaborano una immagine tridimensionabile visibile su tutti i piani dello spazio, a piacimento del chirurgo che ne può variare l’angolo di visuale in qualsiasi
momento, per poter studiare tutti i particolari del volto del paziente.
c. Scansione delle arcate dentali: attraverso uno scanner portatile
è possibile acquisire i dati delle arcate dentali e rielaborali in modo tridimensionale, così da sostituire i vecchi modelli in gesso con immagini
a colori esplorabili a 360 gradi. Lo scanner è in grado di rilevare oltre
all’anatomia dei denti anche il loro colore naturale ed ha la possibilità
di mettere le arcate in relazione tra loro generando l’occlusione del
paziente.
2. Pianificazione
I vari dati generati durante l’acquisizione della CBCT, della stereofotogrammetria e della scansione delle arcate dentali, vengono fusi
tra loro per generare un modello virtuale del paziente il più possibile
aderente al reale.
A questo punto il modello virtuale viene caricato su un programma
specifico di elaborazione chirurgica, che permette al chirurgo di pianificare e realizzare virtualmente l’intervento che andrà eseguito in sala
operatoria.
Tale software permette al chirurgo di vedere il risultato virtuale
dell’atto chirurgico. Inoltre, il software elabora l’aspetto del tessuto
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molle facciale dopo il riposizionamento dei segmenti ossei grazie a un
algoritmo pubblicato dal nostro gruppo nel 2006. Dopo aver creato
la pianificazione virtuale dell’osteotomia, il programma fornisce una
conversione dal file work-on a un oggetto virtuale tridimensionale in
un formato di file (STL) accettato a livello internazionale.
L’obiettivo della pianificazione preoperatoria è quello di creare un
modello virtuale che corrisponda al risultato desiderato dell’operazione. In questo modo si vuole migliorare la predicibilità dell’operazione
in termini di risultato desiderato, soprattutto per le ricostruzioni complesse, e aumentare la sicurezza intraoperatoria.
3. Navigazione intraoperatoria
La preregistrazione e la registrazione rappresentano una procedura
importante e sono una fase preliminare fondamentale per la tecnica di
navigazione, che consiste nel rendere visibile il paziente reale e il suo
orientamento nello spazio del teatro operatorio decifrabile dal software
di navigazione nello stesso sistema di coordinate della scansione TC
preoperatoria.
Questa tecnica orienta il paziente in base alle scansioni TC, indicando punti ben identificabili sul viso e relazionandoli all’immagine
del paziente virtuale visualizzata sullo schermo di navigazione. Il processo di preregistrazione consiste nell’identificare questi punti sul modello virtuale del viso del paziente. Il processo di registrazione consiste
nell’identificare gli stessi punti sul viso reale del paziente (registrazione
punto-punto). Questa procedura viene completata dalla registrazione
di superficie, che consiste nella raccolta di punti casuali sul viso del paziente e nella definizione di un modello virtuale della superficie facciale. Successivamente, il sistema identifica i rapporti tra questo modello e
la superficie della ricostruzione tridimensionale della TC del paziente.
Prima della preregistrazione, vengono caricati il file STL della pia-
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nificazione chirurgica. Il sistema è in grado di sovrapporre perfettamente lo status del paziente con il programma chirurgico, mostrando
la discrepanza spaziale tra i segmenti ossei prima e dopo l’intervento.
Una volta verificata la precisione della procedura di registrazione
identificando i punti anatomici di riferimento sul viso del paziente con
l’apposito strumento puntatore (solitamente scegliamo i denti dell’arcata superiore e i canti dell’apertura palpebrale), se si osserva una sovrapposizione corretta tra i punti di riferimento reali del paziente e
quelli virtuali, si conferma la procedura e si procede con l’atto chirurgico.
Con il sistema di navigazione, è possibile controllare sullo schermo
LCD ogni fase chirurgica, valutando la mobilizzazione dei segmenti
ossei e la precisione della sovrapposizione tra la posizione pianificata e
la posizione ottenuta.
Qualora le posizioni non fossero coordinate, è possibile procedere
ad un ulteriore spostamento dei segmenti con successivo controllo col
navigatore fino a ottenere la posizione necessaria.
Questa procedura di verifica viene eseguita con l’ausilio di un puntatore come un sistema di mobile tracking. La punta del puntatore
è stata utilizzata per toccare i punti di riferimento sulle parti ossee
mobilizzate, visualizzando sul monitor del sistema di navigazione se il
corrispondente puntatore virtuale toccava l’analogo confine virtuale,
inizialmente sull’osso nativo (scansione TC nativa) e poi (dopo l’osteotomia e il riposizionamento) sull’osso mobilizzato (oggetto della
simulazione sovrapposto alla scansione TC nativa).
4. Validazione
Abbiamo focalizzato questa valutazione sulla riproducibilità che
è la capacità delle procedura di ottenere nel corso dell’intervento le
posizioni dei segmenti ossei virtualmente pianificate. È stata esegui-
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ta una CBCT postoperatoria da 1 a 6 mesi dopo la chirurgia con lo
stesso protocollo di acquisizione. La CBCT è stata confrontata con
il file STL dell’oggetto virtuale tridimensionale per calcolare l’errore
di sovrapposizione tra le immagini. Questa procedura è stata eseguita
con un software specifico che combina le 2 superfici e calcola la differenza nella sovrapposizione. Il programma ha creato un’immagine
di sovrapposizione per ciascun paziente, in cui l’operatore visualizza
la superficie della simulazione preoperatoria evidenziata da una scala
colori specifica.
Questo percorso standardizzato viene utilizzato in diversi ambiti
della Chirurgia Maxillofacciale per il trattamento di patologie oncologiche, patologie malformative, di malocclusioni dentoscheletriche e di
atrofie ossee in casi di chirurgia preprotesica.
Le patologie oncologiche del distretto cervico-facciale possono
coinvolgere parti molli come il pavimento della bocca, il labbro o la
gengiva o strutture ossee come i mascellari; in entrambi i casi la necessità di una pulizia oncologica nella resezione dei margini comporta il
ricorso a grandi demolizioni che implicano complicate ricostruzioni.
Tali progetti devono tenere in considerazione primariamente l’asportazione della malattia, poi il ripristino della funzione masticatoria e
successivamente il raggiungimento di un buon risultato estetico.
Il metodo di approccio tridimensionale a tale patologie si avvale non solo dei sistemi appena descritti, ma in casi dove è necessario
ricostruire parti scheletriche dei mascellari, lo studio 3D ci consente
di personalizzare per ogni singolo paziente la terapia chirurgica, studiando al computer nella fase preoperatoria la corretta demolizione,
la “personalizzazione” della ricostruzione ossea e la sua fissazione con
placche in titanio.
È indispensabile infatti in questi pazienti sostituire l’osso affetto
da patologia con un innesto libero rivascolarizzato che spesso viene
prelevato dall’osso peroneale o dalla cresta iliaca del paziente stesso.
Questo innesto, prelevato coi tessuti molli e col fascio vascolare che ne
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garantisce il nutrimento e la vitalità, viene posizionato nella regione del
difetto e viene anastomizzato ai vasi della regione ricevente in modo da
garantire una ri-vascolarizzazione di tutto il complesso osteo-muscolocutaneo.
Tale innesto tuttavia deve essere modellato sulla base del difetto e
fissato con una placca rigida in titanio, tale ricostruzione deve prevedere una riabilitazione masticatoria del paziente oltre che un mantenimento della simmetrizzazione del profilo estetico.
Nella nostra unità operativa, grazie allo studio 3D, siamo in grado
di programmare la ricostruzione ossea in tutti i suoi steps ricorrendo
quindi alla stampa 3D di ausili chirurgici (dime chirurgiche di taglio
e placca ricostruttiva) che ci permettono di riprodurre fedelmente il
piano preoperatorio asportando la neoplasia nel punto osseo prefissato,
sezionando l’osso del prelievo nella dimensione necessaria ed eseguendo la modellazione del prelievo osseo in vagoncini che possono essere
esattamente alloggiati nella regione del difetto. Tali segmenti ossei verranno fissati con una placca in titanio “custom made” stampata in laser
sintering premodellata sulla base della demolizione ossea e del profilo
estetico del paziente.
Nel postoperatorio il Paziente eseguirà una nuova CBCT per verificare, mediante una sovrapposizione, il rispetto del piano di trattamento programmato.
La chirurgia ortognatica è quella branca della chirurgia MaxilloFacciale che studia e tratta tutti i casi di malocclusione dentale dove il
non corretto allineamento dentale è indotto da una alterata anatomia
ossea dei mascellari. La cura e il trattamento di questi pazienti passa
non solo attraverso una terapia ortodontica di spostamento degli elementi dentali, ma necessita sempre anche di un intervento chirurgico
di riposizionamento delle strutture ossee dei mascellari.
Anche nella diagnosi e nel trattamento di tali dismorfie dentoscheletrice l’avvento del 3D ha contribuito al miglioramento della gestione
globale del Paziente.
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Nella nostra unità operativa questi Pazienti, dopo aver eseguito il
percorso di preparazione ortodontico all’intervento, vengono studiati
con una CBCT, con la stereofotogrammetria e con la scansione delle
emiarcate dentali; questo ci permette di ricostruire i tessuti molli, i
tessuti duri e l’occlusione.
A questo punto, terminata la fase diagnostica, è possibile con l’aiuto di un software di progettazione tridimensionale, integrare le varie
acquisizioni e simulare l’intervento per decidere gli spostamenti ossei
più corretti, con lo scopo di ripristinare una buona occlusione creando
inoltre una buona armonia nelle proporzioni del volto.
La fase chirurgica
Pianificato il trattamento, si passa alla fase chirurgica.
Prima di tutto vengono stampati in 3D gli splint “custom made”;
questi sono piccoli apparecchi in resina che ricalcano l’impronta dei
denti superiori e di quelli inferiori sulla base degli spostamenti ossei
programmati; questi sono necessari per guidare il chirurgo nell’esecuzione delle osteotomie e nella loro fissazione con le placche rigide.
In casi selezionati lo studio degli spostamenti ossei ci permette di
stampare, con una stampante FDM, dime di taglio in pvc e con una
macchina laser sintering, le placche di osteosintesi premodellate.
Le dime di taglio ci consentiranno di eseguire correttamente le linee
osteotomiche e saranno i punti di riferimento per fissare il mascellare
utilizzando le placche premodellate.
Questo processo, oltre che velocizzare la fase chirurgica, permette
anche una maggior aderenza tra la programmazione preoperatoria e il
trattamento chirurgico.
Il controllo di sovrapposizione tra il piano di trattamento programmato e quello chirurgico realmente effettuato verrà fatto in sala operatoria con l’utilizzo del sistema di navigazione e a 6 mesi dall’intervento
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con l’esecuzione di una nuova CBCT. La Tac a basso dosaggio postopearotia sarà ricostruita in 3D e il risultato verrà sovraimposto con
quello ottenuto dalla pianificazione per una nuova valutazione delle
eventuali differenze.
La chirurgia preprotesica
La perdita prematura degli elementi dentali senza una loro pronta
sostituzione, può velocizzare il fisiologico processo di riassorbimento
osseo. L’atrofia ossea indotta da questo meccanismo di riassorbimento
può impedire il posizionamento di impianti dentali. In particolari distretti anatomici quali la mandibola posteriore e il mascellare, questa
situazione di severa atrofia va corretta necessariamente ricorrendo ad
un intervento di chirurgia rigenerativa.
Sono diverse le tecniche di chirurgia preprotesica che contemplano
la ricostruzione ossea a scopo preimplantare, tutte queste devono tenere in considerazione gli ostacoli anatomici quali la ridotta quantità
ossea mandibolare rispetto al nervo alveolare, la vicinanza a strutture nobili quali il pavimento delle fosse nasali o dei seni mascellari e
soprattutto la frequente atrofia dei tessuti molli, così importanti per
preservare l’innesto osseo.
Anche in questi casi la possibilità di ricostruire i mascellari tridimensionalmente ci offre l’opportunità di studiare al meglio queste problematiche al fine di preservare tali strutture.
Nel reparto di Chirurgia Orale questi casi di atrofia vengono corretti mediante l’utilizzo di tecniche di rigenerazione ossea guidata, con
l’utilizzo di una griglia “custom made”.
La ricostruzione tridimensionale del difetto eseguita dopo CBCT,
ci consente infatti, con l’ausilio di software dedicati, di programmare
il corretto posizionamento dei futuri impianti e la loro giusta dimensione. Tale piano di trattamento implantare viene eseguito in stretta
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collaborazione coi Colleghi Odontoiatri Protesisti che devono primariamente prevedere il tipo di protesi necessaria per riabilitare la regione
edentula del Paziente.
Una volta quindi deciso virtualmente il numero e la posizione degli
impianti, sarà possibile programmare la rigenerazione ossea in modo
da colmare il difetto osseo con un innesto e concepire al di sopra di tale
innesto osseo una griglia “custom made” che possa contenere l’innesto
di osso particolato e guidare la rigenerazione.
La progettazione di tale griglia dovrà tenere in considerazione le
varie strutture anatomiche e la capacità dei tessuti molli di poterla ricoprire senza comportare rischi di esposizione a breve e a lungo termine.
Una volta validato il progetto di programmazione chirurgica, con
l’ausilio di una stampante laser sintering, sarà possibile produrre la griglia “custom made” che verrà successivamente utilizzata in sala operatoria per eseguire l’intervento chirurgico. La presenza di una griglia
già premodellata esattamente corrispondente ai margini ossei sui quali
verrà fissata, garantisce un sensibile risparmio di tempo chirurgico, riducendo anche i possibili rischi legati alle infezioni preoperatorie.
Dopo la fase di guarigione e di osteointegrazione dell’innesto, ripetendo una CBCT sarà possibile programmare il posizionamento degli
impianti endossei e controllare se la rigenerazione ossea programmata
e attesa si sia effettivamente verificata.
Prospettive future
La Medicina e la Chirurgia sono in continua evoluzione e lo stato
dell’arte delle tecniche diagnostiche chirurgiche è senza dubbio destinato a evolvere giorno per giorno.
Gli obiettivi futuri si pongono il fine di amplificare le conoscenze e
le opportunità di trattamento e in questa direzione la realtà aumentata
è uno dei terreni più fertili.
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Perfezionare dispositivi indossabili come degli occhiali che amplifichino le 3 dimensioni dando vita a strumenti che ci permettano di
sovrapporre immagini ricostruite ad immagini reali in movimento o a
visualizzare immagini radiologiche live con strumenti portatili come i
tablet, sono uno dei traguardi già raggiunti a livello sperimentale ma
che nei prossimi tempi dovranno essere necessariamente migliorati e
resi più fruibili in modo da diventare presto oggetti di uso comune in
Medicina.
Allo stesso modo, le stampanti 3D andranno migliorate con l’ottica
di aumentare il range dei materiali in grado di essere stampati, riducendo sempre più i costi per singola stampa.
Bibliografia essenziale
Marchetti C, Bianchi A, Bassi M, Gori R, Lamberti C, Sarti A.,
Mathematical modeling and numerical simulation in maxillo-facial
virtual surgery (VISU). J Craniofac Surg., 2006 Jul;17(4):661-7;
Mazzoni S, Badiali G, Lancellotti L, Babbi L, Bianchi A, Marchetti C., Simulation-guided navigation: a new approach to improve
intraoperative three-dimensional reproducibility during orthognathic
surgery. J Craniofac Surg. 2010 Nov;21(6):1698-705;
Ciocca L, Mazzoni S, Fantini M, Marchetti C, Scotti R., The design and rapid prototyping of surgical guides and bone plates to support
iliac free flaps for mandible reconstruction. Plast Reconstr Surg. 2012
May;129(5):859e-61e.
Note biografiche degli autori
Claudio Marchetti è Medico Chirurgo, Odontoiatra, Specialista in Chirurgia Maxillo-Facciale. è Direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Orale
C. Marchetti - A. Bianchi - L. Piersanti - G. Badiali
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e Maxillo-Facciale, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Azienda Ospedaliera-Universitaria, Bologna. è responsabile del Reparto di Chirurgia Orale e MaxilloFacciale, Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, Facoltà di
Medicina e Chirurgia, Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna.
Alberto Bianchi è Medico Chirurgo, Odontoiatra, Specialista in Chirurgia Maxillo-Facciale, Dirigente Medico, Unità Operativa di Chirurgia Orale
e Maxillo-Facciale, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Azienda OspedalieraUniversitaria, Bologna. Dottore di Ricerca in Scienze Mediche e Chirurgiche
Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna.
Luigi Piersanti è Medico Chirurgo, Specialista in Chirurgia Maxillo-Facciale, Dottorando di Ricerca in Scienze Mediche e Chirurgiche Alma Mater
Studiorum, Università degli Studi di Bologna.
Giovanni Badiali è Medico Chirurgo, Specialista in Chirurgia MaxilloFacciale, dottorando di Ricerca in Scienze Mediche e Chirurgiche Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna.
La tomografia tridimensionale a supporto della conservazione e
valorizzazione dei nostri Beni Culturali1
di Franco Casali, Matteo Bettuzzi, Rosa Brancaccio,
Maria Pia Morigi e Eva Peccenini
Introduzione
Come già avviene nel campo medico, anche per i Beni Culturali
analisi diagnostiche sofisticate sono sempre più richieste da scienziati,
restauratori, studiosi di storia dell’arte e, recentemente, dalla Polizia
scientifica per scoprire falsi o verificare l’autenticità di reperti antichi.
Tra le varie tecniche derivate dalla Medicina, un ruolo molto importante è giocato dalla tomografia computerizzata a raggi X, più nota
come TAC. Mentre un corpo umano non differisce molto da un altro,
per quanto riguarda i Beni Culturali si va dal gioiello antico o da un
frammento d’osso preistorico – per cui è necessario avere sistemi tomografici di elevata risoluzione spaziale (microtomografie) – fino alla
statua di bronzo o la colonna di marmo, per tomografare le quali è nePer non interrompere troppo la lettura e disturbare, così, la comprensione del testo,
si è scelto di inserire tutte le foto indicate con l’abbreviazione numerata Fig. in calce
all’articolo, dopo le note biografiche degli autori.
1 F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
17
cessario possedere sistemi con raggi X di elevata energia e potenza. Per
l’acquisizione di un’immagine tomografica l’oggetto deve essere radiografato da più angolazioni (vedere schema in Fig. 1). Tanto maggiore
è il numero delle immagini acquisite (non meno di 400-500 che salgono a 1000-1.200 per risoluzioni molto spinte) tanto più fedele sarà la
riproduzione tridimensionale dell’oggetto. Quest’ultimo è ricostruito
“virtualmente”, per mezzo di modelli di calcolo sofisticati, come composto di tanti voxel (volume element), tanto più piccoli quanto maggiori sono le proiezioni (come avviene per le costruzioni in Lego per
le quali tanto più piccoli e numerosi sono i cubetti tanto migliore è la
riproduzione del giocattolo). Da quanto affermato risulta chiaro che la
diagnostica con raggi X può svilupparsi correttamente se collaborano
fisici (per la realizzazione dei sistemi tomografici), ingegneri elettronici
(per lo sviluppo delle sorgenti dei raggi X), matematici e informatici
(per lo sviluppo del software necessario all’elaborazione veloce e corretta delle immagini 3D).
Presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia (DIFA) dell’Università di Bologna – nell’ambito di progetti finanziati dal MIUR,
dall’INFN e dalla Commissione Europea – negli ultimi dieci anni sono
stati sviluppati, da parte di un gruppo di giovani ricercatori (fisici e
informatici), sistemi tomografici di ottimo livello. In particolare sono
stati realizzati: sistemi ad alta risoluzione spaziale per micro-tomografia
di oggetti di dimensioni ridotte, sistemi adatti allo studio di opere metalliche (ad esempio, statue di bronzo), fino a sistemi in grado di tomografare oggetti di elevate dimensioni (ad esempio, globi fino a due
metri di diametro o statue lignee di grandi dimensioni).
Alcuni dei citati sistemi possono essere trasportati e utilizzati in
pinacoteche e musei, anche fuori d’Italia.
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
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Schema di un sistema tomografico
Un sistema tomografico può essere schematizzato come composto
da:
a) una sorgente di radiazione (raggi X o gamma)2;
b) un rivelatore, che acquisisca le radiografie digitali dell’oggetto;
c) un sistema di movimentazione dell’oggetto (rotazione e traslazione)
o del sistema sorgente-rivelatore;
d) un computer, che gestisca le varie operazioni (movimentazione e
acquisizione delle immagini);
e) un sistema di calcolo, che tratti le immagini digitali acquisite e ricostruisca, in modo “virtuale”, l’oggetto ispezionato.
Nella Fig. 1 è riportato lo schema di un tale sistema adatto per un
grande oggetto.
Microtomografia
Per oggetti molto piccoli sono realizzati sistemi tomografici a elevata risoluzione spaziale (voxel dell’ordine di qualche micron o anche
submicron) che assumono il nome di microtomografi.
Per questo tipo di tomografia si richiede:
- una sorgente a macchia focale3 con dimensioni del micrometro
(microfocus) o, ancora meglio, con dimensioni dell’ordine del nanometro (nanofocus). Per i tubi microfocus più avanzati l’energia massima
Tomografie possono essere realizzate anche utilizzando sorgenti di neutroni.
La macchia focale è la zona dell’anodo dalla quale partono i raggi-X generati dall’urto
degli elettroni. Più è piccola la macchia focale, migliore è la definizione dell’immagine
radiografica, per via del fenomeno dell’unsharpness.
2 3 F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
19
dei fotoni si attesta sui 250 keV e, per i nanofocus, sui 180 keV;
- un rivelatore a elevatissima risoluzione spaziale, ottenuto solitamente dall’accoppiamento di uno scintillatore e di un taper di fibre
ottiche con un opportuno sistema di lettura;
- un sistema di movimentazione con precisione meccanica submicrometrica.
Nella Fig. 2 è mostrato un sistema microtomografico e in Fig. 3
l’immagine di una tomografia di un materiale plastico poroso utilizzato nell’isolamento dei veicoli e in aeronautica. La microtomografia
è utilizzata anche per studiare, in modo non distruttivo, frammenti di
ossa umane preistoriche.
TAC con raggi X di bassa e media energia
Tomografie di oggetti di metallo
Questo tipo di strumentazione è usata per l’analisi di moltissime
tipologie di oggetti, dai manufatti di legno (tavole dipinte, statue lignee), alle statue antiche di bronzo4. Ora anche molte industrie sono
interessate a ispezionare, mediante tomografia, pezzi importanti della
loro produzione che, spesso, nulla hanno da invidiare ai tesori dei Beni
Culturali. Solitamente questo tipo di analisi è fatta utilizzando tubi a
raggi X – con voltaggi fino a 450 kV – per le parti metalliche in alluminio o in bronzo. Le macchie focali sono più grandi di quelle dei
microfocus o nanofocus.
Il rivelatore può essere costituito da uno schermo scintillante, a base
di cristalli di CsI, visto da una telecamera digitale tramite uno specchio
Con questo tipo di sistema si riescono a tomografare statue di bronzo greche, romane ed etrusche ma non statue rinascimentali in quanto hanno spessori troppo elevati;
durante il Medio Evo, infatti, la tecnologia nella fusione dei metalli era molto scaduta.
4 F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
20
a 45° (Fig. 4) oppure da un flat-panel. Entrambi i sistemi forniscono
direttamente l’immagine in forma digitale.
Per correnti e voltaggi abbastanza bassi (fino a 250-300 kV), il sistema può essere contenuto in un armadio schermato (cabinet). Per
correnti e voltaggi superiori è necessario utilizzare l’apparecchiatura in
appropriati locali schermati (bunker).
Di seguito sono riportati alcuni esempi di TAC effettuate a oggetti
nel settore dei beni culturali e in quello industriale.
La Fig. 5 mostra un elmo giapponese del XVII secolo (materiali:
legno, metallo e cartapesta), conservato presso il Museo Stibbert di
Firenze. La Fig. 6 mostra l’immagine tomografica di alcuni dettagli
interessanti, ottenuta con un tubo da 200 kV utilizzando una tensione
tra i 90 kV (per la parte in legno e cartapesta) ed i 160 kV (per la parte
in metallo). Con un tubo da 450 kV è stata ottenuta la TAC di un
vaso di terracotta (vedi Fig. 7) contenente alcune monete di bronzo.
Esso servì come uno dei “test” per caratterizzare il sistema tomografico
sviluppato nel progetto europeo DETECT.
Utilizzo di macchine con voltaggio superiore al MV
Per studiare oggetti costituiti da materiali a elevata densità e grandi
dimensioni, è necessario utilizzare sorgenti di raggi X ad alta energia
(linac o betatroni). Per alcune applicazioni (soprattutto radiografie industriali o di statue di bronzo) sono ancora utilizzate sorgenti di radioisotopi (ad es. iridio e cobalto). Tuttavia, data la difficoltà della
manipolazione, lo scarso tasso di emissione e le elevate dimensioni,
queste sorgenti sono poco adatte alla tomografia. In Italia ci sarebbero
le competenze per costruire un linac trasportabile per tomografie “in
campo”. Si spera che, prima o poi, si trovino i fondi per la realizzazione
di tale macchina d’avanguardia.
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
21
Tipologia delle attività di diagnostica con TAC
L’attività di diagnostica tomografica dei Beni Culturali può essere
inquadrata in tre categorie. La prima fa riferimento all’aiuto fornito
ai restauratori (che, a volte, sono costretti a lavorare su oggetti molto
preziosi dal punto di vista artistico o pecuniario, senza le opportune
informazioni), la seconda riguarda la ricostruzione fedele di oggetti deteriorati o distrutti dal tempo (o da eventi bellici) e la terza categoria
riguarda lo sviluppo delle conoscenze scientifiche per la comprensione
approfondita dell’oggetto (tecnologica, storica, artistica).
Prima categoria
Per quanto riguarda l’aiuto dato ai restauratori possiamo citare la
TAC del quadro di Raffaello “La Madonna del Cardellino” attualmente alla Galleria degli Uffizi a Firenze, e quella di una statua lignea giapponese del XIII secolo.
Il restauro della Madonna del Cardellino di Raffaello
La celebre tavola, dipinta da Raffaello nel 1548, a causa del crollo
del palazzo in cui era custodita si ruppe in 17 pezzi. Come testimoniato
dal Vasari, i frammenti furono recuperati “fra i calcinacci della rovina”
e fatti rimettere insieme dal figlio di Lorenzo “in quel miglior modo
che si potette5”. Una dozzina d’anni fa, all’Opificio delle Pietre Dure
(OPD) di Firenze fu affidato il restauro del capolavoro. La Fig. 8 mostra la tavola prima e dopo il restauro. Poiché il dipinto ha dimensioni
tali da non poter essere inserito in una TAC ospedaliera, l’OPD chiese
Si veda: www.opificiodellepietredure.it/index.php?it/102/raffaello-madonna-delcardellino.
5 F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
22
al DIFA di fare una TAC presso i propri laboratori per verificare la
condizione delle tavole di legno (chiodi, crepe, gallerie dei tarli, ecc.)
che costituiscono il supporto. Portammo le nostre apparecchiature nel
bunker dell’OPD dove eseguimmo le misure che risultarono di grande
interesse per i restauratori (vedi Fig. 9). Il dipinto, dal quale furono
rimossi i materiali non originali applicati nei precedenti restauri e in
cui le parti di pittura mancante furono rifatte in modo “reversibile”, è
ora tornato alla Galleria degli Uffizi (stanza 26).
Statua lignea giapponese del XIII secolo
Presso la Reggia di Venaria (Torino) nel 2005 fu creato un Centro
di ricerca e formazione per il restauro delle opere d’arte (Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”). La tomografia 3D con raggi
X fu una delle nuove attività di ricerca del Centro. Per una più rapida
acquisizione di conoscenze in questa difficile area della diagnostica,
s’instaurò una collaborazione con il DIFA. In particolare, quando si
trattò di restaurare una grande statua giapponese di legno (Fig. 10),
alta 213 cm, ci fu chiesto di effettuarne la TAC, insieme con giovani
ricercatori del Centro, in modo tale che il restauratore potesse procedere con sicurezza, soprattutto nello smontaggio delle varie parti e i
giovani apprendere la tecnica su un oggetto di eccezionale valore artistico. L’analisi tomografica, condotta in collaborazione con il personale del CCR, la Sezione INFN e il Dipartimento di Fisica di Torino, fu
effettuata nelle scuderie della Reggia. Come illustrato dallo schizzo in
Fig. 11, la statua fu posizionata su una piattaforma rotante e irraggiata
con un tubo da 200 kV che era traslato su un asse verticale. Per quanto
riguarda il rivelatore dei raggi X fu utilizzato un sistema simile a quello
in Fig. 4, la cui movimentazione fu effettuata mediante due assi di
traslazione perpendicolari. Alcune immagini tomografiche della statua
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
23
sono riportate in Figg. 12 e 136. Oltre alla statua giapponese furono
tomografati altri oggetti di interesse artistico, tra i quali un prezioso
“doppio corpo” attribuito al Piffetti7.
Seconda categoria
A questa categoria appartiene il rifacimento di un “globo terrestre”
distrutto dalla seconda guerra mondiale e, in origine, collocato nella
Biblioteca di Faenza insieme col gemello “globo celeste”. Si trattava di
un globo eseguito dal Coronelli, famoso cartografo veneziano del XVII
secolo. Sulla base della TAC fatta al globo celeste si fu in grado di ricostruire il globo terrestre. Per approfondimenti su questa realizzazione si
rimanda al successivo contributo – del presente volume – curato da N.
Scianna, il restauratore che ne ha curato la ricostruzione.
Terza categoria
Questa categoria, che riguarda le TAC a scopo di conoscenza (tecnologica, storica, artistica), è quella più consona a un Dipartimento
universitario. Molto spesso sono gli esperti dei singoli settori (storici
dell’arte, paleoantropologi, medici radiologi e altri ancora) che chiedono di avere immagini più dettagliate di un oggetto al fine, ad esempio,
di sapere con quale tecnologia gli antichi sono riusciti a costruirlo,
oppure di avere un rivelatore con prestazioni migliori di quelli in commercio e così via. Questa continua – e sempre crescente – richiesta
esterna stimola la creatività dei ricercatori e l’indirizza verso argomenti ancora non esplorati. Sulla base di questa continua collaborazione
6 7 Attualmente la statua si trova al Museo di Arte Orientale di Torino.
Il mobile, tutto intarsiato in avorio, fu assicurato per un milione di euro.
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
24
tra scienza e conoscenza abbiamo raggiunto una posizione di grande
prestigio – collocandoci ai primi posti nel mondo – nel campo della
tomografia tridimensionale con raggi X.
Tra le varie ricerche eseguite possiamo citare – oltre all’elmo giapponese già mostrato in Figg. 5 e 6 – la TAC tridimensionale di una
statua romana di bronzo, attualmente al J. Paul Getty Museum di Los
Angeles.
Statua romana di Cupido in bronzo
Questa statua, del I sec. d. C., alta 67 cm, rappresenta Cupido
(vedere Fig. 14). Gli occhi sono d’argento e le labbra di rame. La TAC
3D fu richiesta dagli esperti di arte antica per indagare sulle modalità
con le quali i Romani saldavano tra loro le varie parti delle statue (testa,
braccia, collo, ecc). L’analisi, tra le poche effettuate al mondo su statue
di queste dimensioni, fu il risultato di una collaborazione tra il DIFA
e il Getty Conservation Institute (GCI). Il sistema tomografico fu progettato dal DIFA e, in parte, realizzato in Italia. Come sorgente di raggi
X fu utilizzato un tubo Philips da 450 kV. L’immagine era prodotta
dal fascio di raggi X su uno schermo di CsI e ripresa da una camera
digitale di elevate prestazioni. Le misure furono eseguite nel bunker del
GCI. Nella Fig. 15 è possibile vedere l’immagine 3D (ricostruita dal
software VG StudioMax) con un dettaglio della saldatura del braccio al
tronco (figura a destra). Nella Fig. 16 è possibile vedere la ricostruzione
della testa della statua e il suo interno. I risultati completi dell’analisi
tomografica saranno pubblicati tra breve in Applied Physics A.
Conclusioni
La tecnica tomografica sta acquisendo sempre più importanza nella
diagnostica non medica (industria, beni culturali, mineralogia e così
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
25
via). Data la varietà degli oggetti da investigare è necessario fare uso di
strumentazione adeguata e, molto spesso, realizzata ad hoc. Per quanto
riguarda la microtomografia, ad esempio, è necessaria un’alta risoluzione spaziale del rivelatore e una piccola macchia focale del tubo. Per
tomografie di oggetti di elevata densità e dimensione è necessario un
linac di elevata energia (3-6 MV). Per questo tipo di analisi, che si richiede per statue bronzee rinascimentali o colonne di marmo, l’ideale
sarebbe disporre di una macchina che abbia le fattezze di un piccolo
dinosauro, con corpo rigido e “testa” mobile in grado di girare attorno
all’oggetto da irraggiare. Tale macchina, non disponibile sul mercato
ma che l’industria italiana sarebbe in grado di costruire, potrebbe essere di grande utilità anche per controlli su edifici, su fusti contenenti
rifiuti radioattivi e su impianti industriali a elevato rischio, quali gli
impianti chimici.
Bibliografia essenziale
F. Casali, X-ray and Neutron Digital Radiography and Computed Tomography for Cultural Heritage, Chapter 2 of: Physical Techniques in
the Study of Art, Archaeology and Cultural Heritage, Elsevier, 2006;
F. Casali, M. Bettuzzi, R. Brancaccio, S. Cornacchia, M.
Giordano, M.P. Morigi, A. Pasini, D. Romani, F. Talarico,
Development of high resolution X–ray DR and CT systems for non
medical applications, Proceedings of International Symposium on
Computed Tomography and Image Processing for Industrial Radiology, Berlin, 23–25 June 2003, 329–336, BB 84–CD. ISSN: 14354934;
M.P. Morigi, F. Casali, M. Bettuzzi, R. Brancaccio,V. D’Errico,
Application of X-ray Computed Tomography to Cultural Heritage diagnostics, Applied Physics A: Materials Science & Processing, Springer Berlin, Heidelberg, Volume 100, Issue 3, 653-661, September
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
26
2010, ISSN 0947-8396 (Print) 1432-0630;
M.P. Morigi, F. Casali, M. Bettuzzi, R. Brancaccio, La Tomografia Computerizzata tridimensionale con raggi X: un nuovo strumento
diagnostico per il patrimonio artistico e culturale, in DISEGNARE
CON..., 2010, 3(5), 27-42, ISSN 1828 5961;
A. Flisch, R. Thierry, A. Miceli, J. Hofmann, C. Sauerwein, M.
Simon, F. Casali, M. Bettuzzi, M.P. Morigi, New developments
in 3D-CT at high X-ray energy (in tedesco), in Atti del Convegno
Industrielle Computertomografie Tagung, 26-28 Feb 2008, Wels,
Austria.
Note biografiche degli autori
Franco Casali, laureatosi in Fisica nel 1959, negli anni ’60 e ’70 diresse
il Centro Nucleare del CNEN Montecuccolino e, negli anni ’80, la Divisione di Fisica e Calcolo Scientifico dell’ENEA. Dal ’85 al 2007 ha insegnato,
presso l’UNIBO, “Metodi nucleari di analisi tecnologiche”. Accademico delle
Scienze di Bologna, è responsabile del Progetto “Indagine di Beni Artistici e
Culturali mediante TAC con raggi-X” del Centro Fermi di Roma.
Matteo Bettuzzi, PhD in Fisica (2003), lavora attualmente al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna nel gruppo di ricerca
del Prof. Franco Casali e della Dott.ssa Mariapia Morigi, la cui attività di
ricerca è orientata allo sviluppo di sistemi di imaging digitale con raggi X per
radiografia e tomografia computerizzata, prevalentemente utilizzati per analisi
su beni culturali sia in laboratorio che in situ. In questo senso ha svolto nel
corso degli ultimi 10 anni importanti campagne di misura su opere di notevole valore sia in Italia che all’estero.
Rosa Brancaccio, Ph.D in Fisica (Bologna, 2004), collabora a diverse
ricerche: studi di sistemi innovativi per la dosimetria in medicina, progetti per
la tomografia nei Beni Culturali, algoritmi di high performance computing.
Nel 2008 le è stato assegnato il Premio Improta e dal 2004 al 2011 è stata
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
27
docente di Fisica per il Restauro presso Accademia delle Belle Arti Bologna.
Maria Pia Morigi, Ph.D in Fisica nel 1992, è ricercatrice confermata
presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna.
Docente di “Archeometria” e di “Fisica per i Beni Culturali”, si occupa dello
sviluppo di sistemi di acquisizione innovativi per radiografia digitale e tomografia computerizzata con raggi X, per applicazioni in campo medico, industriale e dei Beni Culturali.
Eva Peccenini, Laureata in Conservazione e Diagnostica di Opere d’Arte
nel 2007, ha conseguito il Dottorato di ricerca in Fisica presso l’Università
di Ferrara nel 2012. Attualmente è assegnista di ricerca del Centro Fermi di
Roma e collabora con il gruppo che si occupa di tomografia con raggi X presso
il Dipartimento di Fisica e Astronomia di Bologna.
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
Immagini e figure
Fig. 1: schema di sistema tomografico
Sulla sinistra: il tubo a raggi-X. Nel centro: il globo sulla tavola rotante
Sulla destra: il rivelatore e gli assi di traslazione (31000 radiografie)
Fig. 2: schema del sistema per microCT
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Fig. 3: immagine microCT di materiale spugnoso di interesse industriale
Fig. 4: sistema di acquisizione con schermo, specchio e fotocamera digitale
29
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Fig. 5: elmo giapponese del XVII sec. del Museo Stibbert di Firenze
Fig. 6: TAC dell’elmo giapponese. Dettaglio della parte superiore dell’elmo
30
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
31
Fig. 7: immagine TAC 3D di un vaso di terracotta con monete
Fig. 8: la “Madonna del Cardellino” dopo la rimozione delle ridipinture
applicate nei precedenti restauri e come appare ora (foto per gentile concessione
dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
32
Fig. 9: la TAC della “Madonna del Cardellino” è stata realizzata suddividendo
virtualmente l’opera in sezioni orizzontali, ricostruite separatamente e poi
sovrapposte, in modo da ottenere l’intero volume della tavola (a destra), nel quale
risultano chiaramente visibili i danni subiti dall’opera nel crollo di Palazzo Nasi
Fig. 10: statua giapponese in legno
del XIII sec. (Kongo Rikisci)
F. Casali - M. Bettuzzi - R. Brancaccio - M.P. Morigi - E. Peccenini
Fig. 11: schema del sistema tomografico di acquisizione a Venaria Reale
Fig. 12: immagine tomografica 3D della testa del Kongo
33
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Fig. 13: immagine 2D (sezione) del torace con, in evidenza, gli anelli di
accrescimento del legno
Fig. 14: statua di bronzo di epoca romana al J. Paul Getty Muesum (Los Angeles).
Gli occhi di Cupido sono d’argento e le labbra di rame
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Fig. 15: immagine tomografica 3D della statua di Cupido con dettaglio della
saldatura del braccio al tronco (figura a destra)
Fig. 16: immagine tomografica della struttura della testa di Cupido (a) e del suo
interno (b)
Restaurare il cielo e rifare la terra.
I globi di Vincenzo Coronelli alla Biblioteca Comunale di Faenza1
di Nicolangelo Scianna
La biblioteca Comunale di Faenza, al pari di altre e più famose
biblioteche, possedeva fino al novembre 1944, una coppia di globi da
tre piedi e mezzo di diametro di Vincenzo Coronelli (Venezia 1650 –
1718). Tali strumenti fin dal XVI secolo erano costruiti a coppia: una
sfera a rappresentare le costellazioni celesti, l’altra a raffigurare la Terra.
Purtroppo, alla data indicata, a seguito dei pesanti bombardamenti a
cui fu sottoposta Faenza, anche la biblioteca fu gravemente danneggiata e, dei due globi, il terrestre andò distrutto, mentre il celeste, pur con
gravi danni risultò recuperabile.
Del terrestre si salvò solamente la base lignea ottagonale, pur priva dell’orizzonte cartaceo a seguito dell’esposizione alla pioggia e alla
neve.
In tempi più recenti, a seguito di studi sui globi del Coronelli e del
restauro del globo terrestre Enriques2 eseguito nel 1992, avevo avviato
Per non interrompere troppo la lettura e disturbare, così, la comprensione del testo,
si è scelto di inserire tutte le foto indicate con l’abbreviazione numerata Fig. in calce
all’articolo, dopo le note biografiche degli autori.
2 Il globo è così chiamato perché donato dalla famiglia Enriques all’Università di Bologna, dove si trova presso i musei del Rettorato.
1 Nicolangelo Scianna
37
una serie di studi e ricerche sui grandi globi a stampa, del diametro di
cm 106, del cosmografo veneziano. Durante tale studio mi imbattei a
Faenza, nei locali del Museo Torricelliano, nell’esemplare celeste. Dal
momento che dalla bibliografia3 risultava la presenza del solo globo
terrestre, mentre si dichiarava che il globo celeste era andato distrutto
per eventi bellici, rimasi sorpreso nel ritrovare solo l’esemplare celeste.
Questo, in stato di abbandono, era poco leggibile per i pesanti rifacimenti subiti nel restauro del dopoguerra.
Con difficoltà riuscii comunque a schedare il globo, accorgendomi
che si trattava di un esemplare della seconda edizione dei globi concavi4. Chi osservando il globo vede una palla convessa rimarrebbe stupito
da questa mia precisazione; dò allora una breve descrizione dell’accorgimento usato dal cosmografo.
Il Coronelli, per l’esecuzione del globo celeste, seguì l’esempio di
tutti coloro che l’avevano preceduto nella raffigurazione della volta celeste, cioè non si limitò al disegno delle singole stelle che compongono
le costellazioni, ma completò queste con figure piene, rappresentando
le costellazioni secondo il sistema tolemaico come se la Terra fosse al
centro dell’universo e chi osserva le stelle fosse all’esterno della sfera
delle stelle fisse5. Di conseguenza le costellazioni dello Zodiaco sono
rappresentate da destra verso sinistra. Nella realtà, dalla Terra noi vediamo le costellazioni come se fossero su una sfera che ci circonda,
mentre quelle dello Zodiaco hanno un andamento da sinistra a destra.
Questo problema fu evidenziato il 7 dicembre 1692 da Carlo Malavista, durante una riunione presso l’Accademia Fisico-matematica
diretta da Monsignor Ciampini, il quale fece notare che i globi del
M. Luisa Bonelli, Catalogo dei globi antichi conservati in Italia, Firenze, 1950, 71.
N. Scianna, Indagine sui grandi globi a stampa di Vincenzo Coronelli, seconda parte:
il globo celeste, «Nuncius, Annali di Storia della Scienza», XV, 2000, fasc.1, 235-257.
5 M. Milanesi, Vincenzo Coronelli cosmografo, in Vincenzo Coronelli e l’Imago Mundi,
a cura di D. Domini e M. Milanesi, Ravenna, 1998, 32-45.
3 4 Nicolangelo Scianna
38
Coronelli “non sono così utili per gli occhi della mente, cioè per l’intelligenza; poiché l’esprimere la Terra sopra un Globo, ciò è benissimo
fatto, mentre essa Terra è in forma di Palla, sopra la quale noi camminiamo. Il Cielo però è al contrario; poiché stando noi sopra la Terra,
vediamo il Cielo sopra di noi, e per conseguenza osserviamo la di lui
superficie concava, e non convessa [...] si che volendo considerare le
Stelle, conviene, che la persona si porti con l’immaginazione nel Cielo
Empireo sopra le Stelle, ed ivi le consideri. Onde per facilitare questa
intelligenza, con ingegnosissima invenzione Monsig. Illustris. Giovanni Ciampini, Direttore di questa Accademia, ha stimato bene di far
dividere il Globo Celeste del P. Cosmografo Coronelli in due mezze
Palle in questa forma concava, dove si vedono le stelle ne’ propri siti,
col figurarsi di stare nel centro della Palla, ed essa Palla sia diafana”6.
Presumibilmente il Coronelli tentò di imitare l’esperimento del
Ciampini, ma si rese conto non solo che la realizzazione di due mezze
sfere concave è più complessa, ma soprattutto, che era difficile collocarle a fianco dell’esemplare terrestre all’interno delle sale degli acquirenti.
Egli decise, quindi, di lasciare i fusi sulla superficie esterna della sfera e
di incidere le costellazioni in maniera speculare rispetto alle precedenti.
In conclusione, i globi “concavi” sono ottenuti con l’utilizzo degli
stessi disegni realizzati per i globi convessi e con l’incisione di nuove
lastre raffiguranti le costellazioni rovesciate. Inoltre i disegni delle figure, contrariamente a quelli delle edizioni convesse, sono solo delineati,
senza tratteggio di chiaroscuro. I fusi sono tutti ricavati da quattro
lastre.
Del globo concavo esistono due edizioni: la prima del 1693 e la
seconda edita fra il 1699 e il 1700. Le differenze, come per le edizioni
convesse, consistono nella modifica dei cartigli (Fig. 1); nella seconda
edizione, infatti, vi fu l’aggiunta di un piccolo cartiglio circolare con le
V. Coronelli, Epitome Cosmografica, Colonia, ad istanza di Andrea Poletti in Venezia, 1693.
6 Nicolangelo Scianna
39
foglie di alloro sotto il cartiglio ovale (collocato sotto la costellazione
della Colomba) ottenuto da una corona delle stesse foglie (Fig. 2).
Anche se ero riuscito a individuare i cartigli restava comunque la
scarsa leggibilità degli stessi e di altre parti; decisi pertanto di offrire
alla mia città natale il restauro dell’intero globo. Sentito il parere della
Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici, la Direzione della Biblioteca
e l’Amministrazione Comunale di Faenza sono state ben liete della mia
offerta e il globo fu trasportato nel mio laboratorio a Forlì.
Ad un primo esame visivo risultavano evidenti due successivi interventi di restauro, uno sicuramente avvenuto dopo la fine del conflitto
mondiale nel 19507, che aveva interessato anche l’orizzonte cartaceo
sulla base lignea, un altro meno invasivo avvenuto probabilmente alla
fine del XIX secolo come si deduce dall’analisi storica della direttrice
Anna Rosa Gentilini8. Sempre alla stessa epoca si può far risalire la base
lignea che risente degli stili propri di quel tempo, con l’aggiunta più
recente di elementi metallici forse risalenti al primo restauro.
Le analisi, preventive alla scelta delle metodologie di intervento,
sono state condotte sulla struttura, sulle vernici e sui colori. La prima
analisi, condotta personalmente, si è limitata alla verifica dell’innesto
e della stabilità dei perni, dopo un attento esame della superficie e dei
danni presenti. Si era, inoltre, deciso con il Prof. Franco Casali del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna, di sottoporre a TAC la
sfera per verificare la struttura interna sia dal punto di vista costruttivo
sia per evidenziare eventuali danni. Questo esame, già condotto su globi anche di maggiori dimensioni, richiede la creazione e messa a punto
di una strumentazione dedicata che ha tempi lunghi, pertanto la TAC
è stata eseguita a restauro ultimato. Le analisi sulle vernici e sui colori
sono state eseguite in collaborazione con il Prof. Rocco Mazzeo ed il
A. Rosa Gentilini, Il globo di Faenza, tiologia e storia, in Restaurare il cielo - Il restauro del globo celeste faentino di Vincenzo Coronelli, Clueb, 2007, 38.
8 A. Rosa Gentilini, cit., 36.
7 Nicolangelo Scianna
40
Prof. Giuseppe Chiavari dell’Università di Bologna.
L’esame dei perni e del loro innesto, sia nella sfera sia nel meridiano, è stato condotto con l’ausilio di un endoscopio a fibre ottiche,
che mi ha permesso di verificare che il perno al polo Nord era uscito
dalla boccola inserita nel meridiano, mentre la vite, che sostiene il perno a Sud, risultava troppo avvitata nel tubo innestato nel meridiano.
Questa situazione aveva creato un disassamento della sfera con conseguente sfregamento della palla sull’orizzonte con abrasione dei fusi di
carta. Inoltre la verifica delle condizioni della superficie ha permesso
di evidenziare numerose piccole lacune e graffi, prodotti da corpi contundenti presumibilmente dopo l’intervento di restauro occorso dopo
il bombardamento, alcuni dei quali risultavano piuttosto profondi, interessando tutto lo strato di gesso e carta fino alla superficie di legno
che è così stato possibile verificare. Questa rottura, oltre a permettere la verifica della struttura esterna della sfera, ha dimostrato, all’esame microscopico, l’esistenza di tre strati di vernice, come era emerso
dall’esame microscopico delle zone dove, a seguito dello sfregamento
contro il meridiano e l’orizzonte, vi era stata l’asportazione dello strato
superficiale (Fig. 3). In queste zone ho potuto prelevare una microscopica quantità delle varie vernici che sono state sottoposte ad analisi.
Contemporaneamente si constatava la diversità di colore fra le zone
restaurate e quelle originali che apparivano più chiare, anche se tutte
nella stessa tonalità di azzurro.
I risultati delle analisi hanno dimostrato la presenza della gomma
lacca utilizzata dal Coronelli e sopra si sono notati composti che fanno
pensare alla trementina veneta, usata dal restauratore.
Per evitare ulteriori sfregamenti la prima operazione è stata quella
della sistemazione dei perni, non solo per la rotazione indispensabile ai
fini del restauro, ma per evitare sfregamenti futuri. Anche se il globo, a
restauro ultimato, è stato collocato all’interno di una vetrina protettiva, non bisogna dimenticare che prima di essere oggetto da museo esso
è uno strumento e, nel rispetto della storia scientifica, va mantenuta
Nicolangelo Scianna
41
integra la funzionalità in tutte le sue parti, compresa quella della rotazione sul proprio asse all’interno del meridiano e del tutto all’interno
della base.
La sfera è stata poi collocata su uno speciale supporto che la accogliesse, permettendo di effettuare una rotazione sul meridiano di 360°,
oltre a quello normale sull’asse da polo a polo. In tale modo potevo
meglio accedere a tutta la superficie e anche la base, senza la sfera, poteva essere meglio sottoposta a restauro.
Secondo la tecnica di pulitura che ho messo a punto ho iniziato a
rimuovere la polvere e lo sporco accumulatosi sulla superficie, poi con
l’uso di alcol etilico puro ho effettuato l’eliminazione parziale o totale
delle vernici. Questa tecnica consente il massimo rispetto per l’originalità dell’opera e consiste di due fasi: nella prima, lavorando sotto
lente con cotton fioc inumidito nell’alcol, elimino lo strato più esterno
di vernice aggiunta nel restauro precedente. Dopo questa prima fase
di pulitura sulla superficie restava il colore originario protetto dalla
vernice originaria. La seconda fase è consistita nella leggera pulitura di
questa al fine di togliere la parte più esterna, sporca e ossidata. L’operazione per la delicatezza e lo spessore ridottissimo, di alcuni micron, è
stata eseguita al microscopio.
Nella prima fase il colore, aggiunto dopo i vecchi restauri, viene solubilizzato dall’alcol perché si trova fra due strati di vernice, consentendo di verificare la successione dei restauri. Il restauro più antico è stato
quello che ha interessato le grandi lacune, che sono state ricomposte
con carta a mano ricoperta di vernice, come tutta la superficie del globo. Il secondo restauratore, intervenuto dopo il bombardamento, ha
effettuato le stuccature delle nuove lacune con gesso e poi ha applicato
il colore sia su queste che sulle grandi lacune bianche; infine ha steso
un’altra mano di vernice a gomma lacca. Per questo motivo il colore
non originario si trovava fra due strati di vernice, eliminando i quali,
si eliminava anche quello, mettendo a nudo la carta del risarcimento.
Indubbiamente la mia tecnica in due fasi è molto lunga e poco
Nicolangelo Scianna
42
economica, ma è l’unica che dà la totale garanzia di rispetto dell’opera
nell’integrità di tutti i suoi componenti. Certamente molto più veloce
e semplice è l’uso di solventi più aggressivi che in un’unica passata
eliminano tutte le vernici, magari intaccando anche i colori, per poi
stendere sul globo una vernice moderna di cui non si conosce la durata
e l’esito nel tempo.
Terminata la pulitura, ho effettuato il risarcimento delle piccole lacune. Ho poi rimosso parzialmente le stuccature con gesso, eliminando
lo strato più superficiale e scoprendo le parti originali che erano state
occultate dalla stuccatura debordante. Ho lasciato solamente la parte
di gesso necessaria a colmare il danno della sfera, sulla quale poi, ho
incollato frammenti di carta giapponese per risarcire la carta dei fusi.
Il ritocco a matita con completamento delle figure, nelle grandi e
piccole lacune, ha concluso il lavoro. Ho preferito l’uso delle matite
per due motivi: perché sono totalmente reversibili9: anche a distanza di
tempo, le tracce si eliminano con una semplice gomma e sono nettamente distinguibili dall’inchiostro della stampa. Infine, per uniformare
queste parti con l’originale, che è rimasto coperto da un lieve strato di
vernice, anche le parti risarcite ex novo e quelle su carta vecchia sono
state protette da uno strato molto leggero di gomma lacca.
Nel frattempo il prof. Casali e il suo gruppo avevano messo a punto
il sistema per eseguire la TAC sul globo, pertanto, prima di ritornare a
Faenza in Biblioteca, sua sede originaria, e non nel Museo Torricelliano, la sfera è stata trasportata a Bologna per essere sottoposta a questo
esame (Fig. 4).
Di tale importante tecnologia ha già parlato, in maniera più competente, il Prof. Casali (vedi contributo precedente); io mi limito ad
evidenziare l’aspetto conoscitivo dell’opera scaturito dall’esame e, come
La reversibilità è uno dei requisiti principali del restauro. Questa deve essere possibile
anche a distanza di tempo con solventi che non interferiscano minimamente con i
materiali originali dell’opera.
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vedremo, le sue successive applicazioni. La ricostruzione con la tecniche di “rendering” 3D10 ha permesso di constatare che la costruzione
interna corrisponde perfettamente a quanto lo stesso Coronelli spiega
nel suo testo Epitome Cosmografica. Si può pertanto ipotizzare che la
sfera sia stata fabbricata nel laboratorio veneziano del cosmografo o
sotto la sua diretta direzione come avvenuto per i globi conservati presso la Biblioteca Classense di Ravenna. Altri aspetti interessanti sono il
buono stato di conservazione della struttura lignea e l’evidenza di un
vecchio restauro nella sfera di legno e gesso, proprio in corrispondenza
della vasta lacuna, visibile nella Fig. 4, circa all’altezza dell’equatore.
Dal momento che dalle radiografie non è scaturita la presenza del contrappeso in piombo, che il Coronelli inseriva normalmente all’interno,
come constatato in altri globi dello stesso autore, si può ipotizzare che
lo stesso fosse posto in corrispondenza della vasta lacuna e che non sia
stato ricollocato dal precedente restauratore.
Nei cinque anni, dal 2002 al 2007, in cui mi sono occupato del
restauro del globo celeste, alcune ricerche condotte nei depositi della
biblioteca di Faenza, hanno portato alla scoperta della base originale
del globo terrestre. Come detto all’inizio, si riteneva che questo globo fosse andato completamente distrutto durante il bombardamento.
Devo precisare che con il termine globo si intende l’intero strumento,
costituito da una base e dalla sfera postavi al centro, pertanto il danno
bellico aveva comportato la distruzione della sola sfera: la base, rimasta
sotto le macerie della biblioteca, si era salvata pur con i danni dovuti
all’esposizione alla pioggia e alla neve, fra i quali la perdita dell’orizzonte cartaceo.
L’esame della base, in tutto identica a quella del celeste, anche nelle
10 M.P. Morigi, F. Casali, A. Berdondini, M. Bettuzzi, R. Brancaccio, A. Castellani, F. D’Amico, V. D’Errico, M. Montanari, C. Labanti, N. Scianna, Indagini radiografiche e tomografiche, in Restaurare il cielo - Il restauro del globo celeste
faentino di Vincenzo Coronelli, Clueb, 2007, 75-83.
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aggiunte recenti, confermava l’ipotesi che queste siano da far risalire
all’epoca del primo restauro.
Il ritorno in biblioteca del globo celeste restaurato è coinciso con la
riapertura delle sale dopo la moderna sistemazione. La compianta direttrice Anna Rosa Gentilini, ammirando l’opera nella sua ricollocazione originale, notò subito l’evidente mancanza dell’esemplare terrestre.
Parlandomi di tale stonatura e del ritrovamento della base originale,
nacque in lei l’idea del rifacimento della sfera che rappresentava la Terra. Anzi, a seguito dei nostri colloqui, durante i quali spiegavo che dai
miei studi e dalle ricerche sui globi del Coronelli derivava la possibilità
di ristampare i fusi che rappresentavano la Terra, la sua idea ne uscì rafforzata. Anni addietro avevo curato la riproduzione anastatica del Libro
dei Globi di Vincenzo Coronelli. In tale libro egli aveva stampato, dalle
lastre autentiche in rame, i fusi di tutti i suoi globi. Per cui si aveva la
possibilità di una riproduzione simile all’originale. Inoltre, per la prima
volta, si aveva la possibilità di ricostruire esattamente anche l’interno
della sfera. Dalla TAC, eseguita per verificare la conservazione della
struttura interna, era possibile ricavare la forma e le esatte dimensioni
dell’intera ossatura lignea.
Purtroppo la prematura scomparsa della dottoressa Gentilini bloccava il progetto sul nascere.
I suoi colleghi dopo circa un anno hanno ripreso il progetto, trovando in me un collaboratore entusiasta. Non solo mettevo a disposizione l’anastatica dei fusi, ma tutta la mia conoscenza e competenza sui
globi coronelliani.
La prima e più importante scelta era quella di stabilire il tipo di
edizione della sfera andata distrutta. Vincenzo Coronelli realizzò la
prima coppia di grandi globi a stampa, del diametro di circa cm 107,
nel 1688, data che stampa nel fuso terrestre con la dedicatoria. La
produzione di questi globi, a cui si affiancheranno altri di dimensioni
sempre più ridotte, continua praticamente fino alla sua morte, ma egli
non cambierà mai la data. Nonostante ciò è possibile risalire a quattro
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tirature diverse che si rifanno ad anni ben definiti11. La scelta dell’edizione è fatta sulla base delle variazioni apportate attorno al ritratto del
Coronelli (Fig. 5) situato sotto il grande cartiglio con la dedica al Doge
Morosini.
Dell’esemplare faentino non esistono descrizioni particolareggiate
da cui poter risalire all’edizione corrispondente, neppure dalla foto12
è possibile leggere qualcosa di utile a tale scopo. Gli unici elementi
certi sono quelli del globo celeste che, come detto, appartiene alla serie
dei globi concavi seconda edizione. Fortunatamente per noi esistono
solamente altre quattro coppie di globi in cui è presente il globo celeste concavo della seconda edizione; queste sono conservate rispettivamente nell’abbazia di Melk in Austria, nei depositi del Bayerisches
Nationalmuseum di Monaco, nella biblioteca del Seminario Patriarcale di Venezia, nella Prunksaal della Biblioteca Nazionale di Vienna.
Di queste quattro coppie, tre sono formate in coppia con un terrestre
della terza edizione. Secondo il calcolo statistico e delle probabilità, è
ragionevole pensare che anche il globo faentino distrutto fosse di tale
edizione. Un altro colpo di fortuna ha voluto che i fusi stampati dal
Coronelli nel libro di cui ho curato l’anastatica fossero proprio della
terza edizione.
Per la prima volta si poteva fare una sorta di anastatica tridimensionale, riproducendo fedelmente sia nei materiali che nell’immagine
l’originale.
Il Dott. Matteo Bettuzzi, del gruppo del Prof. Casali, che si era
occupato della TAC alla sfera celeste, partendo da quei risultati ha
realizzato i disegni costruttivi dell’ossatura interna con le misure delle
11 N. Scianna, Indagine sui grandi globi a stama di Vincenzo Coronelli, rima arte: il
globo terrestre, «Nuncius, Annali di Storia della Scienza», anno XIII, 1998, 151-168.
12 N. Scianna, Restaurare il cielo - Il restauro del globo celeste faentino di Vincenzo
Coronelli, Clueb, 2007, a pag. 34 è riprodotta la foto con i globi in biblioteca rima del
bombardamento.
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singole parti. Un altro importante tassello per la ricostruzione è stato
reso possibile dall’indagine radiografica computerizzata.
I disegni sono stati dati a un falegname faentino che ha realizzato
l’ossatura in legno della sfera.
Oggi sarebbe possibile effettuare tale ricostruzione con le stampanti
in 3D, non utilizzando però del legno, pertanto verrebbe a mancare
un elemento essenziale della copia. D’altra parte anche il lavoro del
falegname non ha rispecchiato fedelmente l’operato del Coronelli che
utilizzava assi di legno grezze, non piallate e per la copertura legno
sottile da scatola e non già compensato pluristratificato. Inoltre Coronelli, come evidenziato dalla TAC aveva fatto un largo uso di chiodi
di diverse misure, oggi sostituiti da collanti. Un altro particolare che
ha contraddistinto il lavoro attuale rispetto a quello del Coronelli è
stato l’aver sottoposto l’ossatura di legno, una volta terminata, a disinfestazione per evitare che in futuro nascessero larve di insetti xilofagi
da uova casualmente presenti. Eventualità temuta dal cosmografo che
riteneva sufficiente la copertura con gesso impastato con pelo di bue
per evitare i tarli13, mentre, come constatato in diversi esemplari, i tarli
dal legno dell’ossatura interna sono usciti all’esterno, attraversando lo
strato di gesso cibandosi del pelo di bue presente nell’impasto.
Prima di procedere con il ricoprimento con tela di iuta, è stato
fissato all’interno un contrappeso ottenuto da un cilindro di acciaio
inox. Per la realizzazione del guscio si è utilizzato gesso alabastrino,
cioè emidrato di calcio in polvere ricavato dalla macinazione di pietra,
opportunamente miscelato con acqua fino ad ottenere un impasto cremoso. Questo è stato applicato sulla tela, mentre la sfera veniva fatta
ruotare all’interno di una dima in ferro; in tal modo si è ottenuta una
palla liscia ed omogenea (Fig. 6).
La costruzione del guscio in gesso è stata ripresa e trasmessa in inV. Coronelli, Epitome cosmografica, Colonia, ad istanza di Andrea Poletti in Venezia, 1693, cit., libro terzo, cap. XXIX.
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ternet visibile al seguente indirizzo:
www.youtube.com/watch?v=A-09fn8N2eE&feature=relmfu
La fase successiva è stata l’incollaggio dei fusi di carta. Dovendo
modellare la carta su una superficie curva era necessario l’utilizzo di
carta a mano, che meglio si adatta a questa bisogna senza fare raggrinzimenti, dovuti al senso della fibra presente nelle carte prodotte a
macchina. Le Cartiere Miliani Fabriano hanno partecipato al progetto
offrendo gratuitamente i fogli di carta a mano indispensabili14.
Una necessaria differenza rispetto all’originale è dovuta al fatto che
il Coronelli, per problemi di dimensioni, non ha stampato nel Libro
dei Globi i fusi interi che usava per costruirli, ma li ha stampati in due
metà. Pertanto i fusi sono stati composti da quattro parti, due per l’emisfero Nord e due per l’emisfero Sud, anziché da due singole.
Al termine dell’incollaggio le figure e i confini sono stati colorati,
prendendo a modello i colori usati dal Coronelli per il primo globo.
Anche l’incollaggio dei fusi e la successiva coloritura sono stati trasmessi in internet ai seguenti indirizzi:
www.youtube.com/watch?v=xI0Kykn-SKk
www.youtube.com/watch?v=21_W-hc48lE
La collocazione della sfera nella base originaria, restaurata, sulla
quale è stato applicato l’orizzonte, sempre proveniente dall’anastatica
del Libro dei Globi, ha concluso il rifacimento del globo che è poi
stato collocato nella sala di lettura della biblioteca Comunale a fianco
di quello celeste (Fig. 7).
14 Carta Roma di colore avorio.
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Note biografiche dell’autore
Nicolangelo Scianna è un libero professionista, operante dal 1974 nel
settore del restauro e conservazione di libri e manufatti di carta. Dal 1994
Professore a contratto presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali
dell’Università di Bologna per l’insegnamento di: Restauro del libro e Restauro
dei manufatti cartacei. Nel 2008, per CLUEB, ha pubblicato il volume “Restaurare il cielo. Il restauro del globo celeste faentino di Vincenzo Coronelli”.
Immagini e figure
Fig. 1: Ravenna, Biblioteca Classense, globo celeste concavo, I edizione,
particolare del cartiglio sotto la costellazione della Colomba
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Fig. 2: Faenza, Biblioteca Comunale, globo celeste concavo II edizione, particolare
del cartiglio sotto la costellazione della Colomba, dopo il restauro
Fig. 3: Globo celeste di V. Coronelli, Biblioteca Comunale, Faenza, particolare
danno da sfregamento prima del restauro
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Fig. 4: Sfera celeste di V. Coronelli, dopo il restauro, sottoposta alla TAC
Fig. 5: Vincenzo Coronelli, globo terrestre, particolare del cartiglio, edizione terza
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Fig. 6: Sfera in legno e gesso per la copia del globo terrestre di V. Coronelli a Faenza
Fig. 7: Biblioteca Comunale di Faenza, globi nella sala di lettura