1 La meccanica quantistica La meccanica quantistica, nella evoluzione della conoscenza sul comportamento delle leggi dell’universo nel mondo microscopico, rappresenta un’altra discontinuità, dopo la relatività di Einstein, che ha colto di sorpresa gran parte degli scienziati e ricercatori e lo stesso Einstein che, pure, per primo, aveva formulato la teoria quantistica della luce. Il fotone o quanto di luce si comporta come una particella elementare, ma al tempo stesso ha le proprietà di un’onda. Ma questa proprietà non è un attributo solo del quanto di luce ma di ogni particella subatomica. Questa ipotesi fu introdotta la prima volta dal fisico francese de Broglie nel 1923 e fu confermata, osservando qualche anno più tardi, il comportamento di un fascio di elettroni sparati su un cristallo di nichel. Gli elettroni, allo stesso modo dei fotoni, creano figure di interferenza spiegabili soltanto se si associano alle particelle anche le proprietà di un onda. Max Born ipotizzò che la probabilità di trovare un elettrone in un determinato posto dipende dal quadrato dell’ampiezza dell’onda; Schrodinger trovò l’equazione della funzione di probabilità dell’onda o funzione d’onda; Feymann trovò che un elettrone sparato contro una barriera con due fenditure può passare da entrambe le fenditure e viaggiare nel frattempo nello spazio. La somma delle traiettorie così calcolate risponde all’equazione di probabilità dell’onda. Le sorprese sono iniziate quando Heisenberg nel 1927 ha scoperto il principio di indeterminazione; una particella subatomica non si comporta come un corpo materiale dotato di massa ed energia, ma risponde a nuove leggi che si basano su regole probabilistiche. E’ impossibile definire la velocità e la posizione di una particella subatomica, non solo perché il tentativo di indagine comporta un cambiamento nel comportamento della particella ma anche perché, pure in assenza di un ipotetico osservatore subatomico, c’è una frenetica e continua attività di scambio di energia e quantità di moto tra particelle. Questo sconvolge quanto si ipotizzava sul vuoto. Può sempre esistere, nel vuoto assoluto, una particella che scambia energia con un’altra; per esempio un elettrone potrebbe apparire e scomparire non appena incontra un positrone (la sua antiparticella); non esiste solo la materia ma anche l’antimateria nel microcosmo. Ecco allora la vera discontinuità: il moto di un corpo è descritto completamente quando è nota la sua posizione e la sua velocità sia che applichiamo la meccanica di Newton sia quella di Einstein. A livello microscopico, questo non è più vero: ciò che misuriamo è la probabilità complessiva di definire velocità e posizione: più definiamo la posizione, meno conosciamo la velocità e viceversa. Nel mondo subatomico questo è vero per tutta la materia. Qui comincia a sorgere il conflitto tra relatività di Einstein e meccanica quantistica. Due teorie che danno soluzioni e risultati precisi, sulle rispettive scale, macroscopica e microscopica, applicate contemporaneamente, collidono in modo clamoroso dando come risultato valori assurdi. “La nozione di geometria spaziale regolare, cardine della relatività generale, a scale molto piccole perde di senso a causa delle violente fluttuazioni quantistiche” così sintetizza Brian Greene nel suo saggio “L’universo elegante”. Brian Greene procede nella sua analisi indicando nello stesso saggio, come possibile soluzione al conflitto, la teoria delle superstringhe. Ultimamente è stata avanzata una ipotesi da un ricercatore che ritiene che a livello subatomico ci sia un comportamento dello spazio tempo diverso dal macroscopico. Il tempo non è correlato allo spazio come nel macrocosmo ma si muove in modo distinto. Ciò potrebbe spiegare l’impossibilità di definire posizione e velocità di una particella. Questa ipotesi potrà essere suffragata dopo un approfondimento ed eventuali prove. 2 La struttura della materia Leggendo la lunga storia della ricerca dei componenti elementari della materia, i crolli continui delle certezze acquisite, le sorprese, le delusioni, gli insuccessi e la sempre maggiore difficoltà di comprendere alcuni risultati degli esperimenti, ho pensato che i famosi versi del padre Dante potrebbero essere scolpiti su tutti i laboratori di ricerca dell’intima struttura della materia. “Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va tra la perduta gente;……..Lasciate ogni speranza o voi che entrate”; La materia è costituita da atomi, gli atomi sono costituiti da un nucleo centrale e da elettroni che ruotano intorno al nucleo come pianeti; la distanza tra il nucleo e gli elettroni è talmente grande che si dovrebbe dire che l’atomo è principalmente vuoto. Ma la massa dell’atomo esiste ed è misurabile; essa è dovuta, quasi esclusivamente, al nucleo che contiene protoni e neutroni: dov’è sta il problema quindi? Per sapere come sono fatti i protoni i ricercatori hanno fatto collidere queste particelle subatomiche con altre particelle che viaggiano in direzione opposta a velocità prossima a quella della luce. Questo avviene mediante acceleratori di particelle sempre più potenti: al CERN di Ginevra il “Large Hadron Collider”(LHC) è lungo 27 chilometri. Gli impatti tra le particelle subatomiche, ad altissima velocità, vengono fotografati con apparecchiature gigantesche in grado di fermare immagini che si esauriscono in milionesimi di secondo; ecco che, dopo attente analisi di questi esperimenti, si è trovato che il protone è costituito di particelle dette quark che contribuiscono a formare la massa del protone, ma non solo non possono essere osservati singolarmente, ma a ben guardare, i quark non hanno dimensione e non hanno massa; sicuramente rappresentano una piccola esplosione di energia. La collisione mette in evidenza una miriade di particelle di volta in volta con caratteristiche di massa ed energia, diverse tra loro, che rispondono alla meccanica quantistica: principio di indeterminazione, grandezza di Planck, dipendenza dall’interferenza dell’azione delle particelle proiettate contro, etc etc. Sono state battezzate negli anni particelle nuove come mesoni, gluoni, pioni, neutrini, adroni, bosoni e così via. Questa popolazione di particelle, sempre diverse e sfuggenti ad ogni classificazione, ha turbato i sonni di molti ricercatori e scienziati, finché un ricercatore, il fisico teorico scozzese P.W. Higgs, ha avanzato una possibile spiegazione alla continua manifestazione di nuove particelle subatomiche. Higgs ha proposto che tutto lo spazio-tempo sia permeato da un campo, il campo di Higgs. Quando le particelle, originariamente prive di massa, si muovono nello spazio-tempo si muovono anche nel campo di Higgs e, interagendo con esso, acquisiscono una massa. Più è grande l’interazione delle particelle con il campo e più la massa acquisita è grande. Questa interazione può essere considerata simile all'azione di forze viscose che agiscono su particelle che si muovono in un liquido denso. Più è grande l'interazione con il liquido e maggiore sembra essere la loro massa, dato che la massa può essere vista anche come la resistenza alle variazioni di moto. Immerse nel campo di Higgs, le particelle acquisirebbero la massa in relazione alla propria capacità e alle proprietà del campo. Se questa teoria fosse giusta dovrebbe esistere, secondo calcoli eseguiti dallo stesso scienziato, una particella prodotta dal campo, ancora non rilevata e battezzata bosone di Higgs. Molti ricercatori si sono gettati nella mischia e hanno orientato gli esperimenti e gli strumenti ad alta tecnologia come gli acceleratori di particelle per trovare il famigerato bosone di Higgs. 3 Novità sulla legge di conservazione della massa Questi esperimenti basati su acceleratori di particelle subatomiche hanno avuto un primo risultato. La legge di conservazione della massa, alla base della meccanica di Newton, viene smentita dai risultati degli esperimenti recenti basati sulle collisioni tra protoni elettroni e particelle subatomiche. Frank Wilczeck 1, premio Nobel per la fisica, nel suo saggio ”La leggerezza dell’essere”, riporta i dati sorprendenti di un esperimento fatto al CERN di Ginevra dove sono stati accelerati elettroni e positroni a velocità prossime a quella della luce. Come abbiamo visto, queste collisioni producono una notevole quantità di particelle subatomiche. Confrontando le masse totali prima e dopo si ottiene: elettrone + positrone (massa 2x10-28 grammi); 10 pioni+protone+antiprotone (massa 6x10-24grammi). Il risultato della collisione pesa 3x104 grammi in più. La velocità risultante delle particelle prodotte dalla collisione invece risulta inferiore a quella iniziale: la quantità di moto (massa per velocità) si comporta in modo tale da conservare di fatto l’energia iniziale. Questo sembrerebbe una conferma del fatto che l’energia si possa trasformare in massa e viceversa secondo l’equazione di Einstein. Occorre comunque considerare che la massa a velocità v è m(0)/ 1 Premio Nobel nel 2004 per la fisica Pertanto l’equazione di Einstein per corpi a velocità v è E= m(0)c2 e non riesce a spiegare la conservazione della energia (se la massa aumenta dovrebbe aumentare anche l’energia). Nel citato saggio di Wilczeck (appendice A) la spiegazione viene data considerando che l’energia totale va considerata a livello di sistema e una particella accelerata significa presenza di forze che devono essere prese in considerazione nel bilancio energetico. In definitiva la legge di Newton conservazione della massa deve essere sostituita dalla legge della conservazione di energia. 4 La griglia di Wilczek Nel suo trattato, Wilczek affronta a fondo il problema della vera natura della materia e demolisce i concetti precedenti dello spazio vuoto. “Ciò che noi percepiamo come spazio vuoto è un mezzo potente la cui attività modella il mondo”. Alla domanda di che cosa è fatto il mondo risponde: lo spazio ed il tempo sono riempiti da un ingrediente primario che brulica di attività quantistica; l’ingrediente primario contiene anche componenti durevoli. Ciò fa dell’universo un superconduttore multicolore multistrato. L’ingrediente primario della realtà contiene un campo metrico che dà rigidità allo spazio tempo e crea la gravità. L’ingrediente primario della realtà ha un peso e la sua densità è universale. Tutto ciò per Wilczek costituisce un qualcosa che non è il nulla e che chiama “griglia”. Ma perché afferma ciò? La meccanica quantistica ha decretato che lo spazio è percorso da una attività frenetica di particelle ed antiparticelle che caratterizzano una serie di fenomeni. Pertanto lo spazio non può essere considerato vuoto. Anzi lo spazio vuoto è altamente instabile. Abbiamo visto che per spiegare l’origine della massa proprio questa caratteristica dello spazio ha suggerito ad Higgs l’ipotesi dell’esistenza di un condensato in grado di attribuire alle particelle subatomiche una massa; di condensati, i fisici ne vedono molti e quello che sembra più evidente è il condensato formato da coppie di quark ed antiquark: esso si forma proprio perché lo spazio vuoto è altamente instabile. Secondo Wilczek nello spazio si verifica una reazione sorprendente: nulla quark + antiquark + energia, quindi, ” lo spazio vuoto è un ambiente esplosivo pronto a deflagrare con coppie di quark ed antiquark”.