Sanità animale

annuncio pubblicitario
Anno 8 - n. 6 - Dicembre 2005
RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA
a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia
Regione Lombardia
Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia
S
ommario
Anno 8 - n. 6 - Dicembre 2005
RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA
a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia
3
Editoriale
4
Evoluzione della Leucosi Bovina Enzootica
in Italia (1999-2004)
Regione Lombardia
Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia
di F. Feliziani, C. Maresca, M. Avetta, N. Ferrarini, D. Rutili
Direttore responsabile
Cesare Bonacina
Direttore scientifico
Ezio Lodetti
8
Epidemiologia dell’influenza aviaria da H5N1
in Asia
a cura di G. Zanardi, C. Bonacina
Redattore
Giorgio Zanardi
Responsabile comitato redazione
Giorgio Zanardi
Comitato di redazione
M. Astuti, P. Cordioli,
M. Domenichini, P. Antoniolli,
L. Gemma, C. Genchi,
G. Gridavilla, A. Lavazza,
A. Palma, V.M. Tranquillo
Hanno collaborato a questo
numero
F. Feliziani, C. Maresca,
M. Avetta, N. Ferrarini, D. Rutili
G. Zanardi, C. Bonacina
Segreteria di redazione
M. Guerini
L. Marella
Fotocomposizione e Stampa
Editrice Vannini - Gussago (BS)
Editore
Istituto Zooprofilattico
Sperimentale della Lombardia
ed Emilia Romagna
“Bruno Ubertini”
Tutti coloro che vogliono scriverci, devono indirizzare le lettere al
seguente indirizzo:
“L’OSSERVATORIO” rubrica “La posta dei lettori”,
via Bianchi, 9 - 25124 Brescia - tel. 030 2290259-235;
oppure utilizzare la posta elettronica: [email protected]
L’Osservatorio e i numeri del precedente Bollettino Epidemiologico
possono essere consultati anche sul sito web http:\\www.oevr.org
Editoriale
Nel 2004 il comparto delle carni avicole ha prodotto ricchezza per 1,99 miliardi di euro, con una produzione
interna di 1.128.000 tonnellate equivalente carne. L’Italia si caratterizza per una sostanziale autosufficienza,
perché il livello di import è limitato al 3-6% e le esportazioni di carni raggiungono il 10%.
Gli effetti della crisi commerciale legata alla paventata pandemia influenzale hanno iniziato a manifestarsi a
settembre con una flessione degli acquisti domestici del 18%, arrivata al – 34% in ottobre, pari a una riduzione della spesa di circa 36 milioni di euro (fonte ISMEA).
Un fenomeno tipicamente italiano, che non ha avuto riscontri in altri paesi europei, in cui la flessione al consumo è stata del 2-3%.
È facile individuare nella comunicazione del rischio il punto debole dell’analisi…e risalire a chi è responsabile di questa delicata fase informativa. Sul Corriere della Sera è stato evidenziato che esistono 13 organismi
di vigilanza in Italia, tra cui il Ministero della Salute, che agiscono a garanzia della sicurezza alimentare del
consumatore attraverso programmi di sorveglianza sanitaria che comportano numerose analisi e capillari
ispezioni, peccato che non siano efficientemente coordinati. Inoltre, ospitiamo l’Efsa, che ha compiti di coordinamento per la sicurezza alimentare dei vari Stati Membri dell’Unione.
Insomma, sembra che le strutture sanitarie esistano, ma che comunichino poco tra loro.
La conseguenza beffarda è che a fronte di un sistema sanitario veterinario preparato ad affrontare le emergenze epidemiche e a gestire la sorveglianza sanitaria in tempo di pace, non corrisponde una altrettanto organizzata e corretta informazione ai cittadini circa il lavoro espletato e l’ipotetico rischio, nel caso specifico,
di pandemia. Quasi tutti hanno parlato di un problema di informazione, di comunicazione, che è riduttivo
quando la si consideri un dovere istituzionale e continuativo nei confronti del consumatore e non si ricordi che
tra i compiti della Sanità Pubblica vi è anche l’educazione sanitaria a tutti i livelli.
È una smagliatura del sistema sanitario veterinario, che brutalmente si evidenzia ad ogni emergenza e che va
ricucita e mantenuta integra.
G. Zanardi
L’OSSERVATORIO
3
Evoluzione della Leucosi bovina in Italia
(1999-2004)
F. Feliziani1, C. Maresca1, M. Avetta2, N. Ferrarini2, D. Rutili1
è stato reso obbligatorio su tutto il territorio nazionale un Piano di Eradicazione nei confronti della LEB
(D.L. n. 358 del 2 maggio 1996).
Le regioni che sono riuscite ad eradicare la malattia
possono ottenere la qualifica di Regione ufficialmente indenne secondo parametri stabiliti da normative
nazionali ed europee. Lo status sanitario acquisito
permette di diradare gli interventi diagnostici.
Nel caso in cui si ottenga la qualifica europea di Regione ufficialmente indenne da LEB, la Regione indenne istituisce, con decreto regionale, un piano di
sorveglianza basato su di un regime ridotto di controllo.
Questo lavoro descrive lo stato dell’arte della LEB e
valuta l’evoluzione dell’infezione dal 1999 al 2004
in Italia.
Introduzione
La Leucosi bovina enzootica (LEB) è una malattia
contagiosa che colpisce i bovini.
L’agente eziologico appartiene alla famiglia delle Retroviridae che raccoglie virus in grado di causare forme tumorali nei mammiferi, negli uccelli e nei rettili.
In questa famiglia è compreso anche il virus HIV dell’uomo. Il virus della LEB (BLV) determina una risposta anticorpale umorale che non blocca la sua replicazione nell’ospite e quindi dà luogo ad un infezione cronica; dopo un lungo periodo di incubazione
si può avere una manifestazione clinica della malattia
con presenza di linfosarcomi. La letalità degli animali in allevamento non è molto elevata (2-5%).
L’importanza della LEB deriva da fattori economici e
dall’allarme sociale. I danni economici in particolare
sono ascrivibili a:
Blocco della commercializzazione nazionale ed internazionale degli animali se provenienti da allevamenti non indenni.
Effetto del deprezzamento degli animali che provengono da una azienda in cui è presente la malattia
(effetti disastrosi se gli animali sono di elevata genealogia).
Costi sostenuti per piani di eradicazione o sorveglianza.
Indipendentemente da qualsiasi danno economico, a
rendere questa malattia molto attuale contribuiscono
il fatto che l’agente eziologico è un Retrovirus non
molto dissimile dall’HIV e che, pur non provocando
malattia nell’uomo allo stato attuale delle conoscenze, si ritrova in prodotti alimentari destinati all’uomo,
in particolar modo nel latte.
Dal 1996, a seguito di direttive della Unione europea,
Materiali e metodi
Sono stati utilizzati i dati del piano di eradicazione
della LEB che le regioni e le provincie autonome inviano semestralmente al Ministero della Salute. I dati si riferiscono principalmente al periodo 1999-2004.
Per le Regioni che nel 2004 hanno realizzato piani di
sorveglianza per la LEB alcune informazioni sono disponibili solo fino al 2003 .
Nelle tabelle, previste a questo scopo, sono raccolti i
dati relativi alla consistenza del patrimonio bovino e
bufalino, alla popolazione bovina controllabile, ai
controlli effettivamente effettuati e al numero di positività riscontrate.
I dati sono stati aggregati ed elaborati in grafici e
mappe utilizzando un foglio di calcolo EXCELL Microsoft office.
Distribuzione patrimonio zootecnico bovino in Italia
I dati disponibili si riferiscono al periodo 2001-2003.
Mentre il numero di allevamenti bovini nel territorio
nazionale risulta essere in costante calo, il numero totale di bovini allevati, dopo una flessione registrata
nel 2002, ha mostrato un incremento nel 2003 (grafico 1).
La distribuzione del patrimonio bovino nel territorio
nazionale non è uniforme: esso è concentrato in quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia
Romagna) che da sole ospitano il 40% delle aziende
e il 70 % dei bovini italiani.
Grafico 1. Numero aziende bovine e capi allevati dal
2001 al 2003
Sanità animale
4
L’OSSERVATORIO
Figura 1. Media del numero di aziende, numero capi e consistenza allevamenti nel periodo 2001 - 2003; i dati sono stratificati per regione
La situazione in Italia
Attualmente in Italia le province ufficialmente indenni sono 45 e sono localizzate nell’Italia centrale e settentrionale (figura 2).
L’andamento percentuale della prevalenza di aziende
positive risulta dalla figura 3.
Nella sezione che riporta i dati relativi al 2004, sono
indicate le regioni che, avendo acquisito la qualifica
europea di Regione ufficialmente indenne da LEB,
per la prima volta hanno attuato dei Piani di Sorveglianza Regionali.
Nel grafico 2 invece, sono espressi i valori medi delle tre aree geografiche in cui è epidemiologicamente
divisibile il territorio nazionale, confrontando le percentuali di aziende positive rispetto a quelle controllabili nel corso degli anni.
Analizzando nel dettaglio le Regioni del Nord, Centro
e Sud d’Italia notiamo che nelle regioni settentrionali,
la prevalenza è scesa costantemente nel corso degli
anni fino a raggiungere l’eradicazione (Grafico 3).
Le regioni del Centro hanno inizialmente registrato i
valori di prevalenza più alti e, dopo un deciso calo, attualmente presentano una situazione stabile (Grafico 4).
Nel Sud la diminuzione della prevalenza dell’infezione è stata molto lenta nel corso degli anni con un calo più evidente soprattutto nel 2004 (Grafico 5).
Si ha una situazione epidemiologica simile considerando la prevalenza degli animali infetti stratificata
per area geografica (Grafico 6).
Un indicatore importante per la verifica del raggiungimento degli obiettivi del Piano di eradicazione è la
percentuale degli allevamenti effettivamente controllati rispetto a quelli da controllare.
I risultati sono stati aggregati per distribuzione geografica nei grafici 8, 9, 10 e 11.
Figura 2. Province ufficialmente indenni dalla LEB
in verde nella mappa di Italia (marzo 2005).
Grafico 2. Andamento del numero di aziende positive dal 1999 al 2004 per area geografica.
Nelle restanti regioni la maggioranza delle aziende
hanno dimensioni medio-piccole (figura 1).
L’OSSERVATORIO
5
Sanità animale
Figura 3. Prevalenza di aziende infette da LEB dal 1999 al 2004
Conclusioni
In Italia la LEB è ancora diffusa in aree geografiche
ben distinte, concentrate prevalentemente al sud.
La prevalenza di sieropositività sia delle aziende sia
dei singoli capi nelle regioni del centro e del nord ha
avuto, nel corso degli anni, un andamento in costante
calo e ha permesso di conseguire l’obiettivo di eradicazione in tempi relativamente brevi.
Va dato atto alle Regioni del Piemonte e della Lombardia di aver profuso un notevole impegno nell’applicazione del piano, infatti le due regioni oltre a concentrare nei propri territori gran parte del patrimonio
bovino nazionale, hanno avuto, all’inizio del piano, le
prevalenze di infezione più elevate.
Il picco relativo al numero medio degli animali positivi negli allevamenti infetti, osservato nel 2004 nelle
regioni settentrionali, è di difficile interpretazione.
Potrebbe essere un evento occasionale o il segnale di
un fenomeno in evoluzione, è quindi necessario
un’attenta osservazione del trend negli anni a venire.
Nel resto d’Italia i risultati del Piano di eradicazione
sono decisamente meno positivi ed ancora oggi persistono sacche di infezione.
Nelle regioni del centro, i maggiori problemi erano e
sono tutt’ora a carico della Regione Lazio. Infatti in
questa regione la diffusione della malattia è completamente diversa dal resto dei territori confinanti. La
prevalenza di infezione decisamente elevata agli inizi
Un discorso a parte deve essere fatto per i dati da raccogliere relativi all’andamento del piano di eradicazione della LEB che le Regioni e le province autonome devono inviare al Ministero della Salute, compilando apposite tabelle già predisposte.
Le regioni e le province autonome hanno più volte lamentato difficoltà di compilazione delle tabelle predisposte dal sistema informativo. Tali tabelle risultano
complesse anche nella lettura e comprensione ed in
effetti, nel corso degli anni si è avuta l’impressione
che l’interpretazione delle voci presenti nelle tabelle
non esprimesse criteri di uniformità.
Un esempio di difficoltà di interpretazione dei dati
viene mostrato nel grafico 12: nelle tabelle di rendicontazione sono previste tre tipologie di aziende rispetto al piano di eradicazione:
1) aziende infette (con animali positivi),
2) aziende indenni (senza animali positivi),
3) aziende sconosciute (non controllate).
la somma di queste tre categorie fornisce il totale del
patrimonio bovino controllabile.
Nel grafico 12 sono riportate le somme delle tre categorie in percentuale per singole regioni e per gli anni
2001, 2002, 2003.
Come si evidenzia nel grafico però, non sempre la
somma delle tre categorie ha fornito il valore del
100% che corrisponde al totale delle aziende controllabili.
Sanità animale
6
L’OSSERVATORIO
Grafico 3. Andamento del numero di aziende positive dal 1999 al 2004 nelle regioni settentrionali
Grafico 4. Andamento del numero di aziende positive dal 1999 al 2004 nelle regioni centrali
del Piano, nel corso degli anni è rimasta su valori relativamente alti.
Le cause potrebbero essere ricondotte al tipo di insediamenti zootecnici completamente differenti sia da
un punto di vista quantitativo che qualitativo rispetto
alle regioni limitrofe.
In Lazio vi sono infatti allevamenti bovini di grandi dimensioni con animali spesso allevati allo stato brado.
Nelle regioni del sud si concentra il problema della
persistenza dell’infezione del virus della LEB. Attualmente, solo la Sardegna e il Molise sono nelle
condizioni di ottenere la qualifica di Regione ufficialmente indenne da LEB.
Il problema del mancato raggiungimento dell’eradicazione permane soprattutto in Calabria, Campania,
Puglia e Sicilia. Desta inoltre perplessità l’analisi dei
dati relativi alla percentuale di allevamenti controllati rispetto a quelli controllabili. Dalle informazioni
trasmesse al Ministero della Salute, risulta infatti
piuttosto alta la percentuale degli allevamenti non
sottoposti a controllo.
Va però considerato che il cospicuo numero di aziende non controllate nel 2003 a carico delle regioni settentrionali e di alcune regioni del Centro Italia come
la Toscana e le Marche, è probabilmente da attribuire
a problemi prettamente legati alla modalità di raccolta dei dati dei piani di sorveglianza, istituiti dalle singole Regioni dopo l’acquisizione della qualifica di indennità, e non ad un repentino cambiamento della situazione sanitaria delle Regioni stesse.
In effetti tale paradosso può ricollegarsi anche alla
difficoltà più volte evidenziata dalle regioni e le province autonome relativa alla compilazione delle tabelle predisposte dal sistema informativo.
La compilazione di tali tabelle non può più essere effettuata quando si applicano piani di sorveglianza
poiché le informazioni che si ottengono sono falsate e
Grafico 5. Andamento del numero di aziende positive dal 1999 al 2004 nelle regioni meridionali
Grafico 6. Prevalenza di animali sieropositivi nel periodo 1999-2004 stratificata per regione
L’OSSERVATORIO
7
Sanità animale
non rispecchiano i principi metodologici della sorveglianza.
I dati ora richiesti da tali tabelle sono strettamente
correlati ai risultati scaturiti dal Piano di eradicazione e si riferiscono principalmente all’esito delle prove diagnostiche.
Nell’attuazione di un piano di sorveglianza il sistema
di controllo basato sulle prove di laboratorio viene
diluito in più anni, per cui il resoconto delle attività
svolte dovrebbe essere redatto utilizzando tabelle appositamente predisposte.
Naturalmente il diradamento del campionamento sierologico deve essere accompagnato da un’intensificazione dell’attività di sorveglianza vera e propria sia
in allevamento (movimentazione animale, tracing
nei focolai, ecc.) sia al macello, per evitare una facile recrudescenza di tali infezioni, considerato il possibile flusso di introduzione di animali vivi da aree a
rischio. Il flusso informativo, in netto miglioramento,
necessita quindi di modifiche che lo rendano adatto
sia ai dati relativi all’eradicazione sia a quelli relativi
alla sorveglianza. Inoltre è necessario un potenziamento per quanto riguarda la carente segnalazione
dei focolai di malattia.
Per quanto riguarda invece le Regioni meridionali
che attuano ancora il Piano di eradicazione la percentuale di aziende non sottoposte a controllo va decisamente diminuendo tranne in Calabria dove le
aziende non controllate superano ancora quelle regolarmente sottoposte alle attività di monitoraggio sierologico.
Grafico 8. Percentuali di allevamenti non controllati
rispetto ai controllabili nelle regioni settentrionali
1.Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e
Marche
2. Ministero della Salute - Ufficio VIII
Grafico 9. Percentuali di allevamenti non controllati
rispetto ai controllabili nelle regioni centrali
Grafico 10. Percentuali di allevamenti non controllati rispetto ai controllabili nelle regioni meridionali
Grafico 7. Percentuali di allevamenti non controllati
rispetto ai controllabili stratificati per aree geografiche
Sanità animale
8
L’OSSERVATORIO
Epidemiologia dell’influenza aviaria
da H5N1 in Asia
a cura di G. Zanardi1 e C. Bonacina2
Premessa
I lavori di R. Morris e R. Jackson (2005) - Epidemiology of H5N1 avian influenza in Asia and implications for regional control – e di L.D. Sims et al.
(2005) - Origin and evolution of highly pathogenic
H5N1 avian influenza in Asia (Vet. Rec., August 6,
159-164) cui ci siamo ispirati per questa recensione,
prendono in esame l’origine e l’epidemiologia dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) H5N1
nei paesi colpiti dall’epidemia asiatica. Osservando
l’evoluzione spazio-temporale dell’epidemia, gli Autori evidenziano il contemporaneo verificarsi di 3 o 4
epidemie e sottolineano che la comprensione del fenomeno non può prescindere dall’identificazione di
fattori comuni. Le ondate epidemiche osservate dal
2003 al 2005 sembrano correlate all’instaurarsi dell’infezione con il virus dell’influenza aviaria A sottotipo H5N1 negli uccelli selvatici avvenuta dal 2000 al
2002, susseguente la primitiva evoluzione di genotipi
multipli da un virus precursore H5N1, identificato per
la prima volta nelle oche in Cina nel 1996. Questo virus sembra sia originato da un ri-assortimento tra i
progenitori del virus, che infettarono differenti specie
di uccelli. Il genotipo virale Z, i cui vari sottotipi sono stati responsabili di un’elevata proporzione di focolai durante l’epidemia, è emerso nel 2002, rimpiazzando gli altri genotipi precedenti. E’ probabile che
ciò sia avvenuto per l’alta infettività di questo genotipo, sia all’interno della stessa specie che tra specie diverse. Il sottotipo circolante in Asia, inoltre, ha dimostrato alta virulenza per un ampio spettro d’ospite,
compreso l’uomo.
Una volta insediatasi l’infezione in diverse zone della regione, la trasmissione ad altri paesi è stata alimentata principalmente dai movimenti di animali,
tramite i canali commerciali dei mercati. L’epidemia
può essere compresa solo in termini ecologici, con
scambio di infezione tra ospiti reservoir d’infezione,
come anatre, oche, quaglie domestiche e, probabilmente, uccelli selvatici (famiglia Anatidae), che trasmettono l’infezione agli ospiti spillover (polli e altro
pollame domestico) e da qui in altri mammiferi. Alcune specie, come l’uomo, al momento sono solo
ospiti aberranti, che non trasmettono l’infezione, ma
sono a rischio di passare allo stato di spillover a causa di un’evoluzione virale, che potrebbe indurre una
pandemia influenzale.
Il controllo tramite lo stamping out ha avuto successo
L’OSSERVATORIO
in paesi come Hong Kong SAR, dove vi erano pochi
focolai ed esiste un efficace sistema di sorveglianza.
Ciò non basta in altre realtà meno attrezzate ed evolute dal punto di vista sanitario. Paesi che hanno usato la vaccinazione per governare grandi focolai hanno
raggiunto un controllo migliore dell’infezione rispetto a quelli che non l’hanno praticata, ma il controllo
futuro dipenderà da strategie integrate collegate a
specifici compartimenti produttivi di pollame all’interno del paese. I sistemi di sorveglianza sono il cardine per identificare modelli di trasmissione locale o
regionale dell’infezione H5N1 e per pianificare programmi di controllo integrati basati sul rischio, sulla
vaccinazione, sulla biosicurezza (specialmente la separazione delle specie reservoir e spillover), sulla gestione del rischio relativo ai mercati e sulla regolamentazione delle movimentazioni.
Ospiti reservoir, spillover e aberranti
In malattie caratterizzate da complesse relazioni ecologiche, come l’influenza aviaria, un aspetto sostanziale è che i diversi tipi di ospite possono giocare ruoli differenti nella malattia. L’ospite reservoir è quello
che mantiene l’infezione e, di solito, non contrae la
malattia o solo in forma lieve, o la stessa si manifesta
solo in animali giovani, mentre gli adulti sono immuni o infetti a livello sub-clinico. Nel caso dell’influenza aviaria, gli uccelli selvatici acquatici sono gli
ospiti reservoir dei virus dell’influenza A. Nel caso
specifico dell’infezione da H5N1, le anatre domestiche e/o le oche e forse anche la quaglia agiscono da
ospiti reservoir ai diversi stadi di evoluzione del virus. L’ospite spillover è quello suscettibile all’infezione se esposto, elimina l’agente e trasmette l’infezione ad altri ospiti, ma non sarebbe in grado di mantenerla all’interno della specie per lungo tempo se
non ci fosse un’alimentazione costante dell’infezione
da parte di specie ospiti reservoir. Perciò, l’interruzione della catena infettante con l’ospite reservoir
porterà, prima o poi, alla fine dell’infezione negli
ospiti spillover. Di solito, gli ospiti spillover contraggono una malattia più grave dei reservoir, che colpisce un più ampio spettro di gruppi d’età; inoltre, in essi è più probabile che i virus come quelli dell’influenza aviaria evolvano molto più rapidamente. I
polli sono un chiaro esempio di ospite spillover per
l’influenza aviaria in generale e per H5N1 in particolare. Possono esistere cascate di ospiti spillover, con
9
Sanità animale
(Australia e Nuova Zelanda). I movimenti verso il sud
iniziano in luglio e aumentano nei mesi seguenti, con
gli uccelli che occupano il loro habitat invernale tra
novembre e marzo. Alcune popolazioni si separano in
sotto-gruppi che volano dall’altra parte dell’Himalaya
verso il sud-est asiatico e il sub-continente indiano,
mentre altri volano giù lungo il lato costiero dell’Himalaya o attraverso il mare aperto. Alcune specie
d’uccelli costieri volano diretti tra la Siberia e i loro
habitat invernali (Nuova Zelanda) senza fermarsi,
mentre gli uccelli acquatici volano tipicamente per
brevi tratte, fermandosi una volta al giorno per mangiare e riposare, talvolta fermandosi in punti intermedi per periodi più lunghi. Alcune specie d’uccelli sono migratori facoltativi, come il Falco Pellegrino, per
cui alcuni individui migrano altri sono sedentari. Altri uccelli acquatici si muovono tra regioni differenti
o all’interno di una regione in base alla stagione, all’approvvigionamento di cibo e alla disponibilità
d’acqua e si chiamano transumanti. Altre specie sono
residenti o sedentarie, mantenendo un habitat che non
varia significativamente nel corso dell’anno. E’ generalmente accettato che gli anatidi migratori sono stati
la principale fonte di virus dell’influenza A per polli e
tacchini e altro pollame, in particolare di virus LPAI,
che nei polli sono diventati progressivamente più patogeni attraverso i successivi cicli d’infezione negli
spillover. Il virus H5N1 può essere originato da questo processo, ma esso contiene materiale genetico derivato da oche e quaglie e dalla metà degli anni 90 stava circolando in anatre e oche domestiche, con infezione da spillover nei polli e altri volatili domestici e
un piccolo numero d’infezioni aberranti nell’uomo.
Non c’è evidenza che il virus sia stato presente negli
uccelli selvatici per altri 5 anni.
Nonostante non vi sia accordo se H5N1si sia stabilito
negli uccelli migratori, è chiaro che sta circolando almeno in alcune specie d’uccelli selvatici, incluse le
specie migratorie. Una differenza importante tra
H5N1 e altri virus influenzali è che probabilmente esso si è evoluto ad altamente patogeno negli uccelli
domestici, che lo hanno trasmesso alle popolazioni
selvatiche e non viceversa. Essendo più virulento negli uccelli selvatici può comportarsi in modo differente rispetto agli altri virus influenzali, attestandosi
ad una prevalenza più bassa, più difficile da rilevare.
Nel 2003, un virus AI tipo A-H5 fu isolato in un germano reale selvatico a sud della Siberia occidentale,
zona ricca di laghi e sorvolata dalle rotte migratorie.
Questo ceppo (A/mallard/Chany/9/03) è correlato,
anche se non identico, a quello asiatico, che circola
nei polli domestici. La sequenza dell’emoagglutinina
ha una similarità del 90-95% con quello asiatico, che
a sua volta contiene sequenze simili al virus AI tipo
A-H5 eurasiatico, che include A/duck/Potsdam/14026/86 (H5N2) e A/turkey/England/50-92/91 (H5N1).
Il tasso d’isolamento negli uccelli selvatici è molto
l’infezione che passa da un ospite spillover all’altro.
Ad esempio, nel focolaio da H5N1 in Giappone, i
corvi possono essere stati gli spillover degli uccelli
migratori, che infettarono i polli, o uno spillover derivato dai polli, o entrambi. In ogni caso, se la fonte
d’infezione del reservoir è rimossa, la cascata degli
spillover cessa. Da questa considerazione deriva che
il controllo della malattia negli ospiti spillover è a
breve termine, sempre che non sia impedita l’ulteriore trasmissione da parte del reservoir. In generale, più
è grave la malattia negli spillover, maggiore è la mortalità, più è rapido il decorso verso la morte dopo l’infezione, meno essi contribuiscono al mantenimento
dell’infezione. L’uccisione degli uccelli selvatici malati è inappropriato dal punto di vista del controllo
della malattia così come di quello della conservazione. Un ospite aberrante è quello che s’infetta raramente e di solito contrae una malattia grave. Gli ospiti aberranti sono perciò ininfluenti nell’epidemiologia della malattia, ma possono esserne gravemente
colpiti. Al momento, gli uomini sono ospiti aberranti
per H5N1 e la maggior preoccupazione è che esso
possa cambiare in modo tale da far diventare l’uomo
un ospite spillover, in cui H5N1 può trasmettersi in
tutto il mondo, prima che l’infezione con quel particolare genotipo si esaurisca nell’uomo. La separazione tra questi tipi d’ospite non è fissata e vi può essere un passaggio di specie da una categoria ad un’altra,
causata da cambiamenti nei caratteri genetici del virus o da cambiamenti nell’ecologia dell’ospite. Gli
uomini sono attualmente ospiti aberranti per H5N1,
ma se emergesse il ceppo pandemico che può trasmettersi rapidamente tra le persone, gli uomini entrerebbero di diritto negli ospiti spillover, a causa di
una mutazione genetica. Alcuni ospiti possono essere
borderline tra le due categorie. Ciononostante, questa
classificazione degli ospiti in categorie ecologiche è
utile per descrivere e comprendere le dinamiche negli
ecosistemi asiatici.
Gli uccelli selvatici come ospiti di H5N1
Gli ospiti reservoir primari per i virus dell’influenza
A sono gli animali appartenenti alla famiglia Anatidae (anatre, oche, cigni), il principale gruppo all’interno dell’Ordine degli Anseriformes. In minor misura sono coinvolti anche i gabbiani e gli uccelli costieri dell’Ordine Charadriiformes. Si stima che possano
essere circa tre miliardi gli uccelli di numerose specie, appartenenti a questi due gruppi, che migrano all’interno dell’Asia.
Essi si riproducono nelle latitudini più settentrionali,
in aree come la Siberia, volando verso nord, principalmente tra marzo e maggio, riproducendosi da
maggio a settembre. Quando i pulcini schiudono e sono capaci di volare, ritornano nel loro habitat invernale, in aree specie-dipendenti, localizzate dalle basse latitudini settentrionali alle latitudini meridionali
Sanità animale
10
L’OSSERVATORIO
basso per H5N1 e basso per gli altri sottotipi, sebbene in essi si possano ottenere una mescolanza di differenti sottotipi. Questo è esattamente ciò che ci si attende da una specie reservoir, che ha tassi di trasmissione bassi per ciascun ceppo virale e li mantiene costantemente in circolazione nella popolazione attraverso un ciclo oro-fecale. La prevalenza d’infezione
ha tipicamente il suo picco nei giovani, quando perdono il sacco amniotico e vanno incontro al ciclo infettivo, in genere ad un’età in cui migrano verso sud.
Questo aiuta a spiegare la ragione per cui l’infezione
d’altri uccelli si è verificata durante il periodo della
migrazione verso sud, nelle aree tropicali di svernamento, e non durante la migrazione verso nord. Gli
stessi uccelli migratori probabilmente non sono direttamente responsabili della maggior parte della trasmissione ai polli domestici, ma piuttosto diffondono
l’infezione ad uno spettro d’uccelli spillover al di fuori dei reservoir, come dimostrato per i corvi in Giappone e le gazze nella repubblica di Corea. Tali uccelli non hanno immunità da precedenti esposizioni e sono suscettibili all’infezione e in taluni casi alla malattia. L’esperienza suggerisce che le specie spillover
eliminano più virus dei reservoir ed hanno un contatto diretto con i polli domestici, cui passano l’infezione dando inizio ai focolai di H5N1. Tipicamente, l’infezione terminerà nelle popolazioni selvatiche spillover, a meno che non sia rinforzata da ulteriori trasferimenti; da ciò si deduce che il controllo della popolazione nelle specie spillover che stanno morendo per
la malattia non è una misura utile per controllare l’influenza aviaria. La comprensione di questa “infezione a cascata” tra specie è importante nelle pianificazione delle strategie di controllo.
polli e possono rimanere negli ambienti del mercato
più a lungo, perché la domanda è inferiore e possono
contribuire sproporzionatamente alla circolazione di
H5N1 nei mercati di pollame.
I polli da combattimento sono un gruppo a rischio per
la trasmissione, perché si muovono e sono commercializzati molto frequentemente e sono deliberatamente mescolati in condizioni di stress; inoltre, le
pratiche d’allevamento sono favorevoli alla trasmissione dell’infezione tra uccelli e proprietari. Gli uccelli da compagnia (pet birds) sono altrettanto sensibili all’infezione. In particolare, i passeracei (inclusi
gli uccelli da voliera) possono mantenere l’infezione,
principalmente con i sottotipi H3 e H4.
Gli psittacidi non s’infettano di norma con i virus influenzali.
Mammiferi spillover e ospiti aberranti
H5N1 ha infettato un inusuale numero di gruppi di
mammiferi, ma tutte le esposizioni sono state ricondotte alla trasmissione per via orale. La maggior parte dei mammiferi colpiti possono essere classificati
come ospiti aberranti.
Il suino è di particolare interesse perché possiede cellule con recettori per i virus influenzali umani e aviari. Tuttavia, l’infezione nel suino è avvenuta raramente e l’influenza suina non è una caratteristica di quest’epidemia, come lo è stata nel 1918. Uno studio
giapponese in cui suini nani furono esposti a H5N1
non ha indotto l’infezione.
L’uomo rimane un ospite aberrante, nonostante il tasso di letalità in gente ospedalizzata sia estremamente
alto. Questi casi rappresentano la punta di un iceberg
e l’infezione può essere significativamente più comune negli uomini rispetto a quello che suggeriscono i
dati clinici. Uno studio su varie categorie di persone
in Hong Kong SAR nel 1997-98 mostrò che i contatti casalinghi dei casi umani avevano la più alta prevalenza d’anticorpi H5 (12%), seguiti dai lavoratori di
pollame (10%) e dagli operatori addetti all’abbattimento degli uccelli infetti (3%), simile alla prevalenza notata in uomini addetti alla cura di persone ammalate o che viaggiavano con casi umani. Persone
che non avevano esposizioni identificabili avevano livelli più bassi (0% nei donatori di sangue, 0,7% nei
lavoratori di sanità pubblica). Nei focolai recenti del
2004 in Giappone su un numero sostanziale di persone esposte non ci sono stati gravi casi umani d’infezione da H5N1. Nel 2003 l’epidemia di H7N7 nei
Paesi Bassi evidenziò 83 casi confermati d’infezione
nell’uomo da H7N7 in lavoratori coinvolti nel controllo della malattia e a contatto con polli. La maggior
parte mostrò congiuntivite e alcuni una leggera forma
d’influenza. Vi fu un caso mortale in un veterinario.
Vi fu evidenza di una possibile trasmissione d’infezione tra due lavoratori del settore avicolo a tre mem-
Modelli d’infezione in specie differenti di pollame
domestico
La prima identificazione di H5N1 fu in un’oca; le
anatre domestiche e le oche sono molto importanti sia
per il verificarsi della malattia che per l’evoluzione
del virus. Gli studi sulle anatre hanno dimostrato che
la durata dell’escrezione virale (fino a 17 giorni nelle
feci) e la virulenza sono aumentate nel tempo. L’interazione tra anatre/oche ed altre specie rappresenta
un’importante fonte d’infezione, tanto è vero che le
anatre si sono sempre infettate durante le epidemie,
rappresentando un’importante fonte d’esposizione
per il pollame domestico.
Le specie minori di pollame domestico s’inseriscono
nella dinamica di trasmissione dell’infezione a livello
dei mercati, dove sono tenute in gabbie adiacenti a
quelle contenenti i polli. Anche le quaglie sono in grado di mantenere l’infezione e in minor misura i fagiani, le faraone, i piccioni. Queste specie sono importanti anche per l’evoluzione di nuovi ceppi ed il loro
adattamento ai polli. Alcune delle specie minori sono
commercializzate ad un’età più giovane rispetto ai
L’OSSERVATORIO
11
Sanità animale
st’evenienza deve essere ancora dimostrata.
Il virus non sopravvive alla normale cottura e l’esposizione ad esso può accadere solo in caso di contaminazione crociata con prodotti crudi, di contaminazione delle mani o d’assunzione di prodotti crudi, come
il sangue d’anatra.
bri familiari, che svilupparono una lieve malattia. In
molte regioni dell’Asia c’è uno stretto contatto tra
persone e pollame, la quantità di virus cui le persone
sono esposte durante un focolaio è elevato e le misure per ridurre il carico virale sono un’importante parte del controllo. In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità
ha svolto un’indagine sierologica sugli operatori avicoli nel corso dei focolai d’influenza aviaria tra il
1999 e il 2003 per valutare la possibile trasmissione
dei ceppi H7N1 e H7N3 di virus influenzale aviario a
bassa e alta patogenicità. In totale furono prelevati
983 campioni di sangue, 757 (598 in Lombardia e 159
nel Veneto) nel corso dell’epidemia LPAI e HPAI da
H7N1, prelevati da marzo 1999 ad aprile 2000 e 226
(43 in Lombardia e 183 in Veneto) nel corso dell’epidemia LPAI da H7N3, prelevati da ottobre 2002 a luglio 2003. Non è stata rilevata alcuna presenza d’anticorpi verso il virus H7N1, mentre 7 sieri su 185
(3,8%) risultarono positivi verso H7N3 nell’epidemia
LPAI del 2003. Tutti i soggetti sieropositivi provenivano da allevamenti differenti della provincia di Brescia e di Verona e avevano avuto stretti contatti con
tacchini o polli. Solo uno aveva segni clinici di congiuntivite al tempo dell’epidemia; nessuno riportava
anamnesi di forme simil-influenzali contratte durante
l’epidemia.
Le origini e l’evoluzione del virus HPAI - H5N1 in
Asia
Vi è ampio accordo sul modello d’infezione dell’influenza aviaria che si è verificata nel corso dell’epidemia in Asia nel 2003-2005; quello che si dibatte ancora è come l’epidemia si sia diffusa così velocemente ed estesamente. Fino agli anni 50, l’avicoltura
mondiale era sviluppata in piccoli allevamenti di proprietà, simili a quelli esistenti oggi in Asia. L’influenza aviaria era abbastanza comune sotto forma d’episodici focolai, anche se in certe sotto-popolazioni poteva essere endemica. Con l’evolversi dell’industrializzazione del settore nella seconda metà del XX secolo, la malattia diventò più rara.
Dal 1959 solo 21 focolai sono stati notificati in tutto
il mondo, fino all’inizio dell’epidemia in Asia, tutti
causati da ceppi H5 o H7 e solo sei di una certa dimensione. I due focolai causati dal virus H5N1 si verificarono entrambi in due piccoli allevamenti in Gran
Bretagna, nel 1959 e 1991.
E’ ormai assodato che uccelli infetti con virus H5N1
furono introdotti a Hong Kong SAR dalla repubblica
cinese all’inizio del 1997 e che il virus altamente patogeno aveva infettato le oche nel sud-est della Cina
almeno dal 1996, quando fu isolato il virus A/Goose/Guangdong/1/96, considerato il precursore del
susseguente albero evolutivo dei virus influenzali
aviari. Vi sono indicazioni che i virus all’interno del
gruppo H5N1 si fossero precocemente evoluti nell’ecosistema agricolo nel sud della Cina già all’inizio
degli anni 90, anche se ciò non può essere confermato. Sembra che il virus sia originato da un ri-assortimento tra i progenitori primordiali, che includono
H9N2 e H6N1, entrambi isolati nella quaglia nei mercati di Hong Kong SAR. Vi sono tre linee differenti
di virus H9, una isolata dalla quaglia e le altre due dai
polli, anatre e uccelli acquatici. Quello isolato da
quaglia sembra aver contribuito al meccanismo di replicazione virale del virus H5N1, che causò il focolaio nel 1997 a Hong Kong SAR. I virus H9 sono andati incontro ad un periodo d’evoluzione e d’adattamento, diventando più comuni nel pollame nell’ultimo decennio. Il virus H9N2 adattato iniziò ad essere
isolato da specie acquatiche quasi contemporaneamente al virus H5N1 negli uccelli selvatici. Non ci
sono indicazioni che il virus H5N1 fosse presente negli uccelli selvatici fino al periodo 2000-2002. L’isolamento dagli uccelli selvatici iniziò nel 2002 e da allora fu un crescendo, in Hong Kong SAR e in altre
parti dell’Asia. Fino allora si credeva che i virus
Sopravvivenza dei virus influenzali nell’ambiente
I virus influenzali tipo A sopravvivono a lungo al di
fuori dell’ospite se in condizioni favorevoli.
Eliminati dagli uccelli acquatici possono sopravvivere in acqua di lago per molti mesi a 17°C e più a lungo a 4°C. L’infettività del virus è variabile, dipende
dal ceppo e da fattori ambientali. Nel materiale fecale il virus sopravvive non più di 24-48 ore.
La sopravvivenza del virus è importante nella trasmissione all’interno della popolazione degli uccelli
selvatici, specialmente nelle aree settentrionali destinate alla riproduzione. Nei villaggi la sua sopravvivenza dipende dalla temperatura dalla natura dei fomiti e dalla densità degli animali. La diffusione dell’infezione è legata, soprattutto, al suo mantenimento
nelle popolazioni d’uccelli selvatici e domestici.
L’esposizione delle persone al virus avviene attraverso la manipolazione diretta d’uccelli infetti e il consumo di prodotti crudi o la contaminazione di fomiti
con virus proveniente da pollame non cotto. Si ricorda che il virus ad alta patogenicità H5N1 è stato isolato da campioni di carne d’anatra importati dalla repubblica cinese in Corea; non si è riusciti a stabilire
se la carne fosse stata introdotta in condizioni di refrigerazione o congelata, ma quello che è stato dimostrato è la resistenza del virus a tre cicli di refrigerazione e surgelamento.
Il virus è sopravvissuto per giorni nella carne di maiale, anche refrigerata o congelata. E’ probabile che il
virus sopravviva anche nella carne di pollo, ma que-
Sanità animale
12
L’OSSERVATORIO
un precedente adattamento e 4 potevano diffondere al
cervello, dimostrando la loro potenziale patogenicità
per l’uomo. Dal 1999 al 2002, virus H5N1 circolavano nel pollame acquatico in Cina, isolati da anatre sane. I virus erano altamente patogeni per i polli e progressivamente mostravano un aumento di patogenicità per i mammiferi. Ciononostante, ricerche effettuate nei mercati d’uccelli vivi nel sud della Cina non
evidenziarono virus H5N1 tra quelli circolanti. Nel
2001 in uno studio trasversale condotto nell’arco di
due giorni in mercati di pollame vivo in Viet Nam vi
furono due isolati in oche sane, altamente patogeni
per i polli, ma non per le anatre. Ciò dimostra che, al
tempo, un virus H5N1 circolava in Viet Nam, senza
che fossero notificati focolai di malattia.
I virus erano molto simili a quelli circolanti in Hong
Kong SAR e nel centro della Cina all’incirca nello
stesso periodo, ma molto differenti da quelli che hanno colpito il pollame e le persone in Viet Nam nel
2004.
Dal 2002 in avanti, 8 nuovi genotipi di H5N1 stavano
circolando in Hong Kong SAR (V, W, X1, X2, X3, Y, Z
e Z+), ma non furono più trovati i genotipi A, C, D, E
ed il virus precursore Gs/Gd.
Il focolaio di H5N1 nel pollame a Hong Kong SAR
tra gennaio e marzo 2002 coinvolse tre differenti genotipi di virus. Il genotipo X colpì un solo allevamento e non diffuse, mentre emersero contemporaneamente focolai dovuti ai genotipi Z e Z+, che diedero origine a diversi focolai secondari. Nel 2003 il genotipo Z diventò il tipo dominante a Hong Kong SAR
e nel centro della Cina, con singoli isolati di Z+ in
Hong Kong SAR e V nel centro della Cina. Il genotipo Z è il tipo isolato in Indonesia, Tailandia e Viet
nam, ma gli isolati indonesiani erano differenti da
quelli tailandesi e vietnamiti. Il genotipo V fu isolato
da casi in Giappone durante l’epidemia e questo virus
era più strettamente correlato a quello indonesiano,
rispetto a quelli tailandesi e vietnamiti.
Il virus isolato nella repubblica di Corea mostrava
un’omologia del 99% con gli isolati giapponesi, suggerendo un’origine comune. Tra i 4 focolai in Giappone vi era una stretta omologia dei virus, ma si concluse che l’infezione era entrata tramite fonti separate (uccelli selvatici) in almeno tre delle quattro aziende colpite. Tutti i 4 isolati mostrarono una minor virulenza nel topo rispetto ai ceppi isolati nel 1997 in
Hong Kong SAR, indicando una minor virulenza per
i mammiferi, che può spiegare la mancanza di casi
umani in Giappone, nonostante l’avvenuta esposizione, comprovata dalla risposta immunitaria delle persone. Per il ceppo indonesiano non si conosce ancora la sua virulenza per i mammiferi. L’isolato giapponese è stato ritrovato anche in 9 corvi morti, raccolti
nelle aree adiacenti i focolai. Fu dimostrato che i corvi si infettavano sperimentalmente, ma non ammalavano. Suini nani non si infettavano. L’epidemia da
HPAI avessero origine negli uccelli selvatici come virus a bassa patogenicità (LPAI) e, trasferiti al pollame
domestico, incrementassero progressivamente la patogenicità nei confronti degli uccelli domestici, attraverso una serie di cicli d’infezione fino a diventare
HPAI. E’ più probabile che il virus H5N1 abbia avuto origine attraverso un processo di ricombinazione
tra i virus nella regione asiatica “epicentro dell’influenza”, tramite un scambio virale tra un gran numero di specie domestiche, con possibile interessamento d’uccelli selvatici. I virus H5N1 e H9N2 si
svilupparono contemporaneamente, ma in modo distinto, nonostante abbiano forti similitudini nei loro
sei geni interni. Entrambi hanno un ampio spettro
d’ospite, compreso l’uomo. H5N1 ha mostrato una
capacità di mantenere e perfino aumentare la sua abilità nell’indurre una grave malattia in un ampio spettro di specie, ospiti spillover (polli e altro pollame domestico), ospiti aberranti (uomo, grandi e piccoli felini, etc.) e perfino specie che sono tendenzialmente il
reservoir finale dello spettro d’ospite (anatre domestiche). Al contrario, H9N2 è maggiormente diffuso,
ma ha provocato pochi casi di malattia. In seguito all’emergenza iniziale di H5N1 dall’inizio alla metà
degli anni 90, il virus si è evoluto in uno spettro di genotipi all’interno del gruppo H5N1, che differivano
tra loro per alcune caratteristiche importanti. I virus
influenzali evolvono tipicamente in modo più rapido
negli ospiti spillover (polli e tacchini) rispetto ai reservoir (uccelli acquatici selvatici). Il processo evolutivo dell’H5N1 coinvolge l’oca e molto probabilmente le anatre domestiche, la quaglia e qualche altra
specie attraverso lo scambio d’infezione inter-specie
e il ri-assortimento di parti del genoma virale per produrre nuovi genotipi, associati a caratteristiche epidemiologiche fra sub-linee che ricadono all’interno dello stesso genotipo. Il ceppo che causò i focolai nel
1997 a Hong Kong SAR non è stato ancora rilevato,
poiché l’intera popolazione di pollame fu abbattuta
per controllare il focolaio. Altri ceppi, però, furono rilevati nella medesima regione, in seguito ad incidenti avvenuti nel pollame domestico. All’inizio, erano
in circolazione 5 genotipi nei mercati di pollame vivo
a Hong Kong SAR, isolati prevalentemente in pollame acquatico (anatre ed oche), che progressivamente
si spostarono nei pollame terrestre come ceppi emergenti adattati a queste specie. Tutti i 5 genotipi infettavano velocemente la quaglia per via sperimentale,
mentre nei mercati d’animali vivi gli altri due virus
considerati precursori dell’H5N1, H9N2 e H6N1,
erano in attiva circolazione. Due dei ceppi emergenti rimpiazzarono, come virus predominanti nelle
oche, il virus parentale Gs/Gd-like, da cui si erano
evoluti tutti. Tutti i 5 virus H5N1 erano ad alta patogenicità per i polli, con genotipi A, B ed E. Al contrario dei tipici ritrovamenti per i virus influenzali
umani, tutti i 5 genotipi erano letali per il topo senza
L’OSSERVATORIO
13
Sanità animale
coli focolai a metà anno e focolai più grandi da dicembre a marzo si nota in Tailandia e Viet Nam nei
successivi due anni. I focolai in Giappone e nella Repubblica di Corea iniziarono in dicembre 2003-gennaio 2004 e furono eradicati con lo stamping out dei
polli infetti; il genotipo V in causa si rivelò omologo
al 99% e isolato solo in un’occasione in Cina. L’infezione ha colpito l’uomo, ma senza evidenza di malattia. L’epidemia in questi due paesi è da considerare
indipendente e causata ad uccelli selvatici infetti. L’epidemia in Tailandia, in Laos, Cambogia e Viet Nam
iniziò alla fine del 2003 con il primo picco in inverno
dal dicembre 2003 a marzo 2004 e una seconda ondata il luglio 2004, con il picco alla fine dell’anno e
diffusione della malattia in Malesia. I focolai erano
dovuti al genotipo Z, strettamente correlati ai primi
isolati dell’epidemia in Tailandia e Viet Nam. In tutti
questi paesi si sono verificati casi umani.
L’epidemia in Cina si verificò contemporaneamente a
quella giapponese e coreana, con focolai diffusi, soprattutto nel sud-est. Nessun dato sui genotipi coinvolti è disponibile, cosicché è impossibile ipotizzare
correlazioni con altre epidemie.
La malattia in Malesia fu circoscritta alla seconda
metà del 2004 e l’origine fu individuata nell’importazione illegale di galli da combattimento infetti.
H5N1 in Asia verificatasi dal 2003 al 2005 è stata eccezionale come diffusione geografica e per la sua apparente diffusione rapida in un’area estesa. La figura
1 mostra il modello spazio-temporale dell’epidemia
nei paesi colpiti. Nella seconda metà del 2003, i soli
casi d’infezione da H5N1 ufficialmente notificati riguardarono il caso indice nella repubblica di Corea;
vi furono, inoltre, segnalazioni di positività in seguito ai controlli eseguiti su gabbie e uccelli morti nei
mercati di pollame vivo in Hong Kong SAR. Questi
furono gli ultimi isolamenti in Hong Kong SAR, dopo la vaccinazione dei polli.
A parte i diversi casi occorsi in questa zona dal 1997
al 2003, i primi focolai confermati dell’epidemia corrente si verificarono in Indonesia nell’agosto del 2003
e continuarono fino ad ottobre 2004, raggiungendo il
picco tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004. Il virus
influenzale apparteneva al sub-tipo di genotipo Z, geneticamente differente e con caratteristiche epidemiologiche diverse da quelli presenti in Tailandia e Viet
Nam. La spiegazione più plausibile dell’introduzione
del virus in Indonesia è la movimentazione di uccelli
selvatici, che hanno poi infettato il pollame domestico. In generale, la curva temporale suggerisce un’epidemia iniziale sviluppatasi a metà del 2003 e una seconda ondata epidemica più grande iniziata alla fine
del 2003.
L’espansione dello spettro d’ospite dei virus H5N1
dalle oche alle anatre probabilmente fu l’evento chiave nella genesi dell’epidemia del 2004. Le anatre
svolsero poi un ruolo fondamentale nel passaggio del
virus al pollame terrestre. Questo andamento di pic-
Dal 1997 al 2003, il virus H5N1 si è manifestato in
cinque occasioni, sempre nel periodo dicembre-marzo, evidenziando una stagionalità dell’infezione.
Questo periodo ha tre importanti caratteristiche: il clima è freddo, vi è la maggior concentrazione di festi-
Figura 1. Modello spazio-temporale
dell’epidemia d’influenza aviaria ad
alta patogenicità H5N1 nel sud-est
asiatico. I singoli focolai sono indicati con il simbolo , mentre focolai
multipli sono rappresentati con cerchi il cui raggio è direttamente proporzionale al numero di focolai rilevati per settimana.
(R. Morris, R. Jackson – report FAO
2005)
Sanità animale
14
L’OSSERVATORIO
val (festeggiamenti per il Nuovo Anno in Cina) con
aumento delle movimentazioni degli animali e delle
persone, gli uccelli migratori stanno svernando nei
paesi affetti dall’epidemia. L’ipotesi più probabile è
che l’epidemia sia iniziata con la diffusione dell’infezione dagli uccelli migratori alle popolazioni di uccelli selvatici e domestici locali, con l’instaurarsi di
uno o multipli foci separati, in ognuna delle aree epidemiche. La rapida diffusione all’interno del paese
colpito e a volte in quelli confinanti è avvenuta con la
movimentazione degli animali. Ipotizzando l’inizio
dell’infezione nei migratori nel 2000-2002, l’incremento dell’infezione sarebbe avvenuto nella stagione
riproduttiva del 2003, quando il virus H5N1 fu isolato nelle aree riproduttive della Siberia. La migrazione
a sud nella seconda metà del 2003 avrebbe spostato
anche il fronte d’infezione. Sembra che specie differenti di anatidi abbiano contribuito all’infezione iniziale in vari paesi, con scambio d’infezione tra le diverse specie nei luoghi settentrionali dedicati alla riproduzione. Sembra probabile che le specie o sottopopolazioni di specie che si sono infettate siano quelle che hanno percorso la via aerea costiera e non quella interna, a conferma che, essendosi instaurata l’infezione negli uccelli migratori costieri, essa è rimasta
circoscritta in questa sotto-popolazione. Lo scenario
più probabile è che l’infezione non sia legata ad alcune specie di anatidi, ma alla circolazione virale in diverse popolazioni in riproduzione e alla contaminazione di alcuni gruppi di uccelli in un certo numero di
specie, che hanno trasmesso l’infezione ad altre specie migratorie durante la rotta verso sud. L’infezione
UCCELLI
ACQUATICI MIGRATORI
MERCATI DI VOLATILI VIVI
E COMMERCIANTI
Specie multiple di uccelli acquatici
acquatici stanziali e pollame terrestre
occasionalmente specie selvatiche
costante rifornimento di suscettibili
contatti con uomo e altri mammiferi
Specie multiple e virus A
Stretto contatto tra alcune specie
Suscettibilità legata all’età
RESERVOIR
RESERVOIR
ABERRANTE
UMANA
Habitat condiviso
e contatto diretto
Brevi periodi di habitat
condiviso e contatto
diretto limitato
Vendita diretta
tramite commerciante
UCCELLI ACQUATICI
SELVATICI STANZIALI
Specie multiple mescolate
Virus A multipli
Ampio raggio di attività e di
territorialità
movimenti transumanti
contatti con uccelli acquatici migratori
e domestici e talvolta con
pollame domestico
RESERVOIR
Contatto indiretto
tramite uccelli di
stagno e altri selvatici
UCCELLI
TERRESTRI
SELVATICI
Specialmente
predatori e
spazzini
SPILLOVER
sarebbe stata poi trasferita dai migratori agli uccelli
selvatici acquatici stanziali, a qualche uccello selvatico terrestre e forse, in alcuni casi, direttamente al pollame domestico. Questo tipo d’infezione spiega la distribuzione geografica dei focolai nei vari paesi. L’isolamento di H5N1 nei predatori e negli spazzini tra
gli uccelli terrestri suggerisce che essi si sono infettati mangiando uccelli ammalati.
Una volta stabilitasi nel pollame domestico (terrestre
e acquatico), l’infezione si mantiene per periodi estesi proporzionalmente al numero di ospiti suscettibili,
senza richiedere ulteriori introduzioni da parte delle
specie reservoir. Nella figura 2 è rappresentato sinteticamente il modello epidemiologico di mantenimento e di diffusione dell’epidemia HPAI H5N1 in Asia.
In generale, l’epidemia ha colpito maggiormente gli
allevamenti all’aperto di polli e anatre nelle zone rurali e in minor misura i grandi allevamenti industriali. I mercati di pollame vivo, la movimentazione di
galli da combattimento e il commercio hanno poi
contribuito a disseminare l’infezione, soprattutto tramite le anatre e le quaglie. La mescolanza di specie
diverse nei mercati e nelle aziende è la chiave della
continua circolazione virale. La seconda ondata epidemica in Tailandia e Viet Nam è stata causata probabilmente dal pollame domestico che continuava a
mantenere e disseminare l’infezione con efficacia; gli
uccelli selvatici, in questo caso, avrebbero avuto un
ruolo additivo nella diffusione dell’infezione.
L’esposizione dell’uomo è avvenuta in tutti i paesi,
ma solo in Tailandia, Cambogia, Viet Nam e ultimamente in Indonesia si è manifestata la malattia con
UCCELLI ACQUATICI
DOMESTICI
Specie multiple mescolate nei villaggi
Virus A multipli
contatti con uccelli acquatici selvatici
e pollame terrestre
contatti con suini e uomini
RESERVOIR
Vendita diretta
tramite commerciante
Figura 2. Modello epidemiologico
di mantenimento e di diffusione
dell’epidemia HPAI H5N1 in Asia.
(R. Morris, R. Jackson – report
FAO 2005)
POLLAME TERRESTRE
Specie multiple mescolate nei villaggi
alcune popolazioni (broiler e ovaiole)
molto suscettibili
movimenti tramite commercio
contatti con uccelli acquatici stanziali
e in alcuni casi uccelli acquatici
selvatici migratori e stanziali
contatti con suini e uomo
ABERRANTE
UMANA
SPILLOVER
L’OSSERVATORIO
15
Sanità animale
mortalità. L’evidenza emersa nei casi di Hong Kong SAR e del Giappone è che l’infezione nell’uomo sia più
diffusa della malattia. Purtroppo mancano informazioni sull’esposizione dell’uomo in grado di fornire preziose indicazioni sul modello epidemiologico e sul rischio di una pandemia.
Considerazioni conclusive
I modelli di malattia differiscono tra i vari paesi colpiti, ma la somiglianza dei profili dei virus isolati dopo il
2000 relativi all’infettività e patogenicità nei polli induce a ritenere che le differenze rilevate siano imputabili
ad altri fattori, peculiari di ogni paese. In particolare, i differenti sistemi di produzione che caratterizzano i paesi, l’estensione dell’infezione al momento della prima segnalazione di malattia, la densità di popolazione avicola nelle aree colpite. Ad esempio, nel sud della Cina sono prodotti i polli a carne “gialla” ed un’alta percentuale di pollame è venduta ai mercati; nella stessa zona sono prodotte la maggior parte delle anatre, mentre al
nord predominano i broilers e le galline ovaiole. Ciò può spiegare la concentrazione dei focolai nel sud della
Cina. In Giappone, invece, non vi sono i live bird markets e non esiste produzione di anatre: differenze che
possono spiegare il perché la malattia non si è diffusa. La trasmissione locale, entro un raggio di 10 Km, è stata la regola. L’epidemia cinese si caratterizza rispetto alle altre per le misure di controllo introdotte. Infatti, la
Cina ha dato la massima priorità alla distruzione rapida dei polli entro un raggio di 3 Km e la loro vaccinazione negli ulteriori 5 Km intorno ai casi di malattia. Queste misure potrebbero aver fermato la diffusione locale
e il riconoscimento di ulteriori casi.
Altri fattori che hanno influenzato la “visibilità” della malattia possono essere stati la qualità del reporting dei
sistemi di sorveglianza, l’effetto delle misure di controllo introdotte nelle aree infette, incluso l’uso della vaccinazione.
I reports analizzati dalla FAO suggeriscono che i piccoli allevamenti commerciali e i piccoli operatori dei villaggi sono i più suscettibili all’infezione rispetto ai grandi allevamenti. Infatti, la maggior parte dei focolai ha
colpito i piccoli allevamenti: in Tailandia, per esempio, tra luglio e settembre 2004 il 64% delle aziende infette conteneva meno di 1.000 animali.
Nei paesi colpiti sembra che la malattia abbia risparmiato le aree ad elevata densità, forse perché sede di grandi allevamenti, caratterizzati da migliori misure di biosicurezza e di gestione.
Il picco dell’epidemia da H5N1 in Asia è stato nell’inverno 2003/2004. I frequenti isolamenti del virus in inverno sono correlati alla sua maggior sopravvivenza a basse temperature e all’incremento delle movimentazioni e del commercio del pollame in coincidenza con i festival. Ciononostante, i focolai sono stati segnalati
in tutte le stagioni.
I paesi che hanno segnalato focolai di HPAI nel 2003/2004 si possono distinguere in 4 categorie:
• a bassa densità media di popolazione di pollame e con un’industria commerciale limitata (Lao PDR e
Cambogia);
• con industrie commerciali di pollame ben sviluppate, che hanno rapidamente eliminato le limitate incursioni virali (Repubblica di Corea, Giappone e Malesia);
• dove l’infezione si è largamente diffusa e non è stata applicata la vaccinazione (Tailandia e Viet Nam);
• dove l’infezione si è largamente diffusa ed è stata applicata la vaccinazione (Cina e Indonesia).
Constatata l’elevata difformità della situazione epidemiologica nei diversi paesi e i diversi livelli di dotazione
e preparazione dei servizi veterinari, le misure da intraprendere per controllare la malattia si possono distinguere a breve-medio termine e a lungo termine.
Le prime sono volte a gestire il rischio per la salute umana e a prevenire la diffusione della malattia e consistono nell’implementazione della biosicurezza, nella pratica dello stamping out nei focolai e nell’implementazione della vaccinazione. E’ essenziale attivare un efficace sistema di sorveglianza attiva, basato sulle linee guida della FAO per la diagnosi e sorveglianza della HPAI, al fine di rilevare precocemente la malattia.
Per il lungo termine è auspicabile contenere la presenza del virus in aree geografiche delimitate o in determinati settori produttivi, mantenendo e allargando le regioni indenni. La sfida più ardua è la ristrutturazione del
settore avicolo basato su piccoli proprietari che vivono nei villaggi rurali.
Un punto critico da mettere sotto stretta vigilanza è il commercio di pollame ed altre specie aviarie nei live bird
markets e garantire la separazione dei polli dagli uccelli acquatici.
Da ultimo, campagne di vaccinazione mirata sono imprescindibili per la riduzione dell’impatto della malattia,
così come l’implementazione di sistemi di monitoraggio conseguenti per valutarne l’efficacia e rilevare eventuali emergenze di ceppi mutati.
1. Dirigente responsabile Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale Lombardia c/o IZS Brescia
2. Direttore sanitario IZS Lombardia ed Emilia Romagna Brescia
Scarica