RASSEGNA DI MASSIME DEL TRIBUNALE DI NOVARA IN
MATERIA SOCIETARIA
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Avv. Monica Bombelli – Avv. Matteo Iato
Tribunale di Novara, sent.. n. 396 del 21/4/2010, Pres. Dr.B.Quatraro, Giudice Rel. Dr. F.Filice
SOCIETA' PERSONALI - RESPONSABILITA' AMMINISTRATORI VERSO I SOCI - LIMITI
Gli amministratori di società personali possono essere responsabili verso i singoli soci solo per i
danni direttamente loro arrecati ma (...) nel caso in cui il danno insista direttamente sul patrimonio
sociale sub species di depauperamento del medesimo, a seguito di cattiva gestione, la legittimazione
all'esercizio dell'azione di responsabilità non può che spettare alla sola società per il tramite dei suoi
rappresentanti. (...) ai singoli soci non amministratori di società personali sono riservati altri mezzi,
di non meno penetrante tutela, potendo essi ottenere la revoca della facoltà di amministratore ex art.
2259 c.c., anche in via d'urgenza, o conseguire l'esclusione dalla società del socio amministratore
che si sia macchiato di gravi inadempienze.
Tribunale di Novara, sent. n. 313 del 29/3/2010, Pres. Dr. B.Quatraro, Giudice Rel. Dr.ssa
G.Pascale
SOCIETA' - RECESSO
Il recesso deve considerarsi legittimo ex art. 2285, co. I, cc. (nella fattispecie, la statuizione si
riferiva a società contratta fino al 2050 e quindi per tutta la durata della vita dei soci, che non erano
più giovanissimi). Il recesso è atto recettizio; pertanto, lo stesso ha efficacia a partire dal momento
in cui è stato portato a conoscenza del destinatario.
Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice
DIRITTO SOCIETARIO - ANNULLAMENTO DELIBERA PER ABUSO DEL DIRITTO NATURA
L'esigenza - avvertita anche in seno all'insegnamento giurisprudenziale oltre che nel dibattito
accademico - di reprimere gli abusi della maggioranza a danno esclusivo della minoranza viene
parametrata ai principi generali di correttezza e buona fede nell'attuazione del contratto: principi,
questi, che, secondo l'ormai consolidato orientamento espresso anche dalla giurisprudenza di
legittimità, trovano il proprio appiglio normativo nella generalklausel dell'articolo 1375 c.c., a sua
volta tessuto, senza soluzione di continuità, con l'ulteriore clausola generale di cui all'articolo 1175
c.c. e, (a monte), con l'obbligo generale di solidarietà portato dall'articolo 2 della Costituzione. In
questo senso, in effetti, è possibile ravvisare nei citati principi di correttezza e buona fede esecutive,
un ulteriore limite alla libertà di voto: pervenendosi, così, ad affermare l'annullabilità della delibera
quando la stessa sia ispirata dal solo scopo di danneggiare singoli soci. Sotto il profilo normativo
(…) si tratta di connotare come "abuso di maggioranza", o "eccesso di potere' in danno del socio di
minoranza, l'adozione della delibera impugnata, riconducendo detto vizio alla generica "non
conformità alla legge" di cui al comma primo del citato articolo 2479 ter c.c. Mette conto, tuttavia,
evidenziare come l'annullamento di delibere assembleari per abuso del diritto di voto passi
necessariamente attraverso una prova estremamente analitica, offerta dal socio di minoranza, che la
delibera e stata presa intenzionalmente al solo fine di ledere la sua posizione nella società.
Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice
DIRITTO SOCIETARIO - DELIBERA ADOTTATA CON IL VOTO DEL SOCIO IN
CONFLITTO DI INTERESSI - ANNULLABILITA' - CONDIZIONI
Versa in conflitto d’interessi l'azionista che, in una determinata deliberazione, ha, per conto proprio
o altrui, un interesse personale in conflitto - id est contrastante - con l'interesse della società. In
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presenza di tale situazione al socio non è fatto divieto di votare, in quanto esso festa libero di votare
o di astenersi, ma se vota la delibera approvata con il suo voto determinante è impugnabile qualora
possa recare danno alla società. Onde, la delibera adottata col voto del socio in conflitto di interessi
non è, eo ipso, annullabile: a tal fine è necessario che ricorrano due ulteriori condizioni: a) che il
suo voto sia stato determinante (c.d. prova di resistenza); b) che la delibera possa danneggiare la
società (cd. danno potenziale); in particolare, se non ricorre quest’ultima condizione la delibera
resta inattaccabile anche se approvata col voto determinante del socio in conflitto di interessi.
Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice
SOCIETA' - METODO ASSEMBLEARE - NULLITA' DI DELIBERA
Qualora venga seguito il metodo assembleare, la mancanza di convocazione e la mancanza di
verbalizzazione costituiscono cause di nullità della delibera, mentre sembra da escludere che vi
siano ulteriori casi di assenza assoluta di informazione. Inoltre pare applicabile l?articolo 2379,
comma terzo, c.c: il che conduce a ritenere che vi sia assenza assoluta di informazione, oltre che
nelle ipotesi in cui la convocazione materialmente manchi, anche quando l'avviso di convocazione
non provenga da un componente dell'organo di amministrazione o di controllo (o da almeno uno dei
soggetti che, nella srl considerata, sono legittimati alla convocazione dell'assemblea) o non sia
comunque idoneo a consentire a tutti titolari del diritto d'intervento di essere tempestivamente
avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea. Alle medesime conclusioni si deve
pervenire quando il verbale manchi o non contenga le indicazioni minime.
Tribunale di Novara, sent. n. 7 del 12/1/2010, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice
SOCIETA - S.R.L.- AZIONE DI RESPONSABILITA? NEI CONFRONTI DEGLI
AMMINISTRATORI A TUTELA DEI CREDITORI SOCIALI PER VIOLAZIONE DEL
DOVERE DI CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO SOCIALE - AMMISSIBILITA'
Ritiene il Collegio (…) di ammettere (…) la permanente vigenza dell’azione sociale di
responsabilità nei confronti di amministratori della s.r.l., anche a tutela dei creditori sociali nei
confronti di atti pregiudizievoli consistenti nel depauperamento o nella mancata conservazione del
patrimonio sociale. (…). Ritiene (…) il Collegio che gli amministratori di società a responsabilità
limitata siano, al pari di quelli delle società per azioni e anche in seguito alla novella del 2003,
responsabili verso i creditori sociali per il pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, in
conseguenza delle violazioni ai propri doveri di conservazioni del patrimonio medesimo derivanti
dall’atto di preposizione gestoria, e che a tale assunto possa agevolmente giungersi riconducendo
l’azione a tutela dei creditori sociali nell’alveo della clausola generale contenuta nell’art. 2043 c.c.
Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice
SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA - SOPRAPPREZZO - NON OBBLIGATORIETA'
La flessibilità del modello organizzativo delle srl, muro portante della riforma del 2003, trova
decisiva conferma anche nella disciplina del soprapprezzo, che perde comunque obbligatorietà.
Tribunale di Novara, sent. n. 7 del 12/1/2010, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice
RITO SOCIETARIO - CITAZIONE - CONTENUTO EX ART. 2 COMMA 1 LETT. B) D.LGS
5/2003 - ART. 156 CPC. - APPLICABILITA'
Se è vero che giusta l'art. 2 comma 1 lettera b) del d.lgs. 5/2003 l'atto di citazione deve contenere
L'indicazione di fax o dell'indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler
ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento, va considerato altresì che
l'art. 1, comma 4, stabilisce che, per quanto non diversamente disciplinato dal presente decreto, si
applicano le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili. Deve dunque
ritenersi applicabile l'art. 156 comma terzo cpc, secondo il quale la nullità non può mai essere
pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
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Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta
SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE - FUNZIONE
Il diritto di consultazione deve essere considerato funzionale all’esercizio, da parte del socio non
amministratore, del controllo sulla gestione, a sua volta strumentale alla tutela di variegati interessi,
individuali per esempio nell’esperimento dell’azione di responsabilità nei confronti degli
amministratori, ovvero, (…) nell’esigenza di verificare l?esattezza dei dati contabili della società ai
fini della liquidazione del socio uscente. Più in generale, il diritto de quo può qualificarsi come lo
strumento che consente al socio non amministratore di esercitare veri e propri poteri ispettivi, di
contenuto assai più ampio e penetrante rispetto ad un mero diritto di informazione passiva, (previsto
in materia di s.r.l. ante riforma), a tutela di una corretta gestione sociale.
Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta
SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE DEL SOCIO - CONTENUTO
In relazione al contenuto del diritto [di consultazione, ndr], questo giudice ritiene innanzitutto che
possa applicarsi analogicamente il disposto dell’art. 2476 c.c., visto che, (…) la riforma legislativa
in materia di s.r.l. appare ispirata proprio alla constatazione della diffusione di un modello empirico
di s.r.l. caratterizzato da pochi soci spesso legati da rapporti di parentela, niente affatto interessati al
cd. spread del diritto azionario, e quindi lontano dalla concezione del legislatore del 1942 della s.r.l.
come ‘piccola s.p.a’, molto più vicino alle società di persone. Pertanto, deve ritenersi innanzitutto
che il diritto di consultazione possa essere esercitato con l’ausilio di professionisti di fiducia del
socio, come previsto dalla norma in esame. Sempre sotto il profilo del contenuto, è lo stesso
art.2320 ultimo comma c.c. che consente una consultazione per cosi dire "allargata", cioè non
limitata alle sole scritture contabili, ma estesa agli altri documenti della società, dizione di ampio
respiro semantico, idonea a ricomprendere anche la documentazione commerciale e ogni altro
documento inerente alla gestione della società che possa assumere rilevanza in vista dell'obiettivo
esplicitato dalla norma medesima, ovverosia il controllo sull'esattezza dei dati contabili e
patrimoniali. Infine, concludendo sulla delimitazione del contenuto del diritto di accesso ai
documenti sociali, questo Giudice condivide pienamente l'indirizzo (…) per cui il diritto di
consultazione dei libri sociali e degli altri documenti comprende anche la possibilità di estrarre
copia, ponendo come unico limite all'esercizio di tale diritto quello derivante dal canone della
buona fede.
Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta
SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE - SEGRETO SOCIALE - ESCLUSIONE
Il limite rappresentato dal cosiddetto "segreto sociale", (…) non appare legittimamente opponibile
al socio che intenda esercitare il controllo.
Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta
SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE - NATURA
La giurisprudenza più recente è incline a qualificare la facoltà di consultazione, variamente prevista
dal codice civile in relazione alle diverse tipologie sociali (es. art. 2261 c.c. per la s.s. e s.n.c. in
forza del richiamo di cui all'art. 2293 c.c.; art. 2476 comma II cc. per la s.r.l.; art. 2320 per la s.a.s)
come vero e proprio diritto potestativo, legato alla qualità di socio, e quindi strumentale alla tutela
degli interessi del socio uti singulis, e non nell’interesse sociale (da intendersi come interesse della
società diverso da quello dei singoli soci).
Tribunale di Novara, sent. n. 222 del 24/3/2009, Giudice Unico Dr.M.Roberti
SOCIETA’ – VERSAMENTI ESEGUITI DAL SOCIO – CONVENUTO IN GIUDIZIO IN
PROPRIO – DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE
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La giurisprudenza della Suprema Corte (…) ha avuto modo di precisare che “il socio di una società
in nome collettivo, che risponde solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali,
fondatamente eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva laddove, per il pagamento di
debiti della società, venga convenuto in giudizio non nella qualità di socio ma in proprio, non
potendo in tal caso fra valere in sede esecutiva il beneficio della previa escussione del patrimonio
sociale”.
Tribunale di Novara, sent. n. 222 del 24/3/2009, Giudice Unico Dr.M.Roberti
SOCIETA’ – VERSAMENTI ESEGUITI DAL SOCIO - NATURA
Il giudice di merito deve accertare se i versamenti eseguiti dal socio alla società di persone sino
inquadrabili “nello schema del mutuo (o in altro titolo idoneo a giustificare la pretesa restitutoria),
oppure se i versamenti stessi costituiscano apporti finanziari che si aggiungono a quelli
rappresentati dai conferimenti imputabili alla originaria costituzione della società … traducendosi
quindi in incrementi del patrimonio netta della società, come tali non costituenti oggetto di un
diritto di restituzione…”
Tribunale di Novara, sentenza n. 375 del 22/4/2008, Giudice Unico Dott. M. Mazza
DIRITTO SOCIETARIO - SOCIETÀ DI FATTO - RESPONSABILITÀ VERSO I TERZI
È pacifico in dottrina e giurisprudenza che per l’assunzione delle giuridiche responsabilità della
società di fatto è sufficiente che il comportamento di chi agisce per la società si manifesti verso i
terzi in modo tale da generare in essi, secondo i criteri correnti nella vita degli affari, il ragionevole
convincimento di una attività spiegata quale socio della società e nell’interesse della stessa,
ritenendola unico soggetto del negozio posto in essere.
Tribunale di Novara, sent. n. 714 del 27/9/2007, Pres. Rel. Dr. G.Vannicelli
SOCIETA’ - SOCIETA’ DI FATTO - INDICI
occultamente associata per il compimento di un numero indeterminato di atti di impresa, in cui
(come ritenuto necessario, fra le altre, da Cass. n. 366 del 17/1/1998) vi sono conferimenti di tutti i
presunti soci diretti a costituire un patrimonio ‘comune’ sottratto alla libera disponibilità dei singoli
partecipi (art. 2256 cod. civ.) e alle azioni esecutive dei loro creditori personali (art. 2270 e 2305).
(Nella fattispecie, non è stata dichiarata esistente la società di fatto).
Tribunale di Novara, sent. n. 498 del 26/6/2007, Pres. Dr.ssa A.M. Di Oreste, Giudice Rel. Dr.
B.Conca
SOCIETA’ – AZIONE DI RESPONSABILITA’ EX ART. 2395 C.C. - PRESUPPOSTI
L’azione di responsabilità di cui all’art. 2395 cod. civ. presuppone, come noto, la sussistenza di un
danno imputabile alla condotta del socio o del terzo, non costituendo una mera conseguenza del
danno arrecato al patrimonio sociale. Ulteriore condicio sine qua non della responsabilità in
questione è il compimento di un atto dell’amministratore, inerente o estraneo all’oggetto sicla,e che
abbia il connotato dell’illiceità, intesa quale violazione degli obblighi facenti carico
all’amministratore, sia in quanto specifici della sua carica, sia quelli generali stabiliti
dall’ordinamento a tutela dei diritti dei terzi.
Tribunale di Novara, sent. 5/6/2007 n. 416, Pres. Dr.ssa Di Oreste, Giudice Rel. Dr.G.Vannicelli
PROCESSO SOCIETARIO – GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO –
CHIAMATA DI TERZO DA PARTE DEL CONVENUTO
Sia che si voglia ritenere applicabile al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo svolgentesi
nelle forme del processo cd. societario la disposizione relativa alla chiamata di terzo da parte del
convenuto (quale l’opponente sostanzialmente è, art. 4 co. 3° processo societario), sia quella dettata
per l’attore (veste formale che l’opponente comunque assume, art. 6 co. 4° processo societario), in
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nessuno dei due casi la chiamata necessita di autorizzazione del giudice, ma va effettuata
direttamente dalla parte con citazione, previa dichiarazione della propria intenzione in tal senso.
Tribunale di Novara, sentenza n. 315 del 30/4/2007, Giudice Dott. M. Roberti
SOCIETA’ - BILANCIO - VALORE GIURIDICO - PROVA DEI RAPPORTI SOCIALI
Il bilancio d’esercizio di una società, in uno con la nota integrativa e ogni altro documento
contabile, rappresentano scritti d’indiscusso valore giuridico, tanto è vero che la loro non fedele
redazione può essere, presenti date circostanze, sanzionata anche penalmente. Tuttavia, non
necessariamente esprimono appieno la complessità dei rapporti sociali (da intendersi sia come
rapporti tra i diversi soci della compagine sociale sia come rapporti tra la società e i terzi), essendo
essenzialmente volti a fotografare, al fine di sondare la capacità di competere sul mercato, gli
aspetti patrimoniali e finanziari di una persona giuridica in un determinato momento storico.
Tribunale di Novara, sent. n. 249 del 28/3/2007, Pres. Dr.ssa A.M. Di Oreste, rel. Dr. G. Vannicelli
INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA – CONFLITTO DI INTERESSI DELL’INTERMEDIARIO
– CONSEGUENZE
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità in ordine al divieto già portato dall’art.
6 comma 1° lett. g) della legge n. 1/1991, per cui la violazione da parte dell’intermediario
finanziario dell’obbligo di agire, nel caso di operazioni nelle quali abbia un interesse conflittuale
con quello del cliente, in modo da assicurare comunque trasparenza ed equo trattamento alla
controparte (sancito ora in via generale dall’art. 21 co. 1° lett. c) TUF e specificato dalla normativa
regolamentare di attuazione) non determina la nullità del contratto di compravendita di strumenti
finanziari successivamente stipulato, ma può al più – sussistendone i presupposti – dare luogo al
suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod. civ. (cfr. Cass. 19024/2005).
Tribunale di Novara, sent. n. 228 del 21/3/2007, Giudice Dr. C.G.Maisano
SOCIETA’ COOPERATIVA – REGOLAMENTO INTERNO - INTERPRETAZIONE
L’interpretazione delle disposizioni del regolamento interno deve essere soggetta ai criteri
ermeneutici propri del contratto di cui agli art. 1362 e ss. c.c., al fine di attribuire un senso alle
disposizioni regolamentari, non limitandosi al mero dato letterale, bensì ponendo ogni articolo in
rapporto con gli altri e privilegiando un’interpretazione tesa alla conservazione degli effetti.
Tribunale di Novara, sent. n. 228 del 21/3/2007, Giudice Dr. C.G.Maisano
SOCIETA’ COOPERATIVA – REGOLAMENTO INTERNO - NATURA
Come riconosciuto anche dalla più autorevole dottrina, i “regolamenti interni” di cooperativa –
generalmente caratterizzati dall’assenza di un contenuto tipico e dalla non soggezione ad un regime
di pubblicità legale – sono stati spesso utilizzati per disciplinare in via generale ed astratta i rapporti
fra la società cooperativa ed i soci, dando specifica attuazione a principi già enunciati nell’atto
costitutivo e nello statuto. In ragione di tali caratteristiche, ne è stata affermata la natura pattizia
(come esplicazione dell’autonomia negoziale, ritenuta meritevole di tutela, purchè esercitata entro i
consueti limiti del rispetto delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume).
Tribunale di Novara Sezione lavoro, sentenza n. 177 del 28.11.06, Giudice Dr,ssa M.G.Mariani
SOCIETA’ COOPERATIVE – PRESIDENTE – CAPACITA’ DI COMPIERE ATTIVITA’
NEGOZIALE – AMMISSIONE DI SOCIO - CONDIZIONI
La Suprema Corte ha affermato che il presidente di una società cooperativa ha la capacità di
compiere attività negoziale per conto della società stessa (nella specie, trattatasi dell’accettazione
della domanda di entrare a far parte della cooperativa), salvo che diversamente non risulti dallo
statuto o dall’atto costitutivo, atteso che, sebbene l’art. 2525 cc., in materia di cooperative a r.l.,
disponga che l’ammissione di un nuovo socio è fatta con delibera degli amministratori su domanda
dell’interessato, tuttavia in forza del precedente art. 2384 (in materia di società per azioni), al quale
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l’art. 2516 (sulle cooperative) rinvia, gli amministratori che hanno la rappresentanza della società,
tra i quali, in mancanza di diversa statuizione dell’atto costitutivo o dello statuto, deve
ricomprendersi principalmente il presidente della cooperativa, possono compiere tutti gli atti che
rientrano nell’oggetto sociale (Cass. 18.5.1996 n. 4600; Cass. S.U. 10318/1990).
Tribunale di Novara, sentenza 24/1/2006 n. 90, Pres. Dr.ssa A.M. Di Oreste, Rel. Dr. B.Conca
IMPUGNAZIONE DELIBERAZIONE ASSEMBLEA CONSORTILE DI TRASFORMAZIONE
DI CONSORZIO GESTORE DI PUBBLICI SERVIZI IN S.P.A. - GIURISDIZIONE – DIFETTO
DI GIURISDIZIONE DEL G.O. – GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL G.A. EX ART. 33 D.
LGS. 80/98 E SUCC. MOD.
La delibera impugnata, pur non formalmente costituendo provvedimento amministrativo,
concorrere a determinare l’estinzione di soggetto gestore di pubblici servizi, in funzione della sua
trasformazione in società di capitali a totale partecipazione pubblica. Tale determinazione, inoltre,
non è il frutto di una determinazione volitiva autonomamente assunta dall’organo deliberante del
Consorzio stesso, ma si iscrive nel disposto dell’art. 115 c. 7 bis TUEL (..) Essa, dunque, costituisce
esercizio di una pubblica potestà nell’ambito di vicenda modificativa-estintiva di ente gestore di
pubblico servizio e, conseguentemente, non può non avere veste sostanzialmente amministrativa
vuoi per la materia che ne forma oggetto, vuoi per il soggetto (ente deliberativo di soggetto di
diritto pubblico) che lo ha posto in essere. D’altro canto (…) non è questione afferente il diritto
societario, bensì “l’interesse legittimo del Comune al corretto svolgimento della fase
procedimentale relativa al perfezionamento di un atto negoziale ad evidenza pubblica, che in ogni
caso rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo,
indipendentemente dalla sentenza della Corte Costituzionale 204/2004, come evidenziato dalla
Sezioni Unite con sent. 10/10/2002 n. 14474”.
Tribunale di Novara, sentenza N. 958 del 18. 10. 2010, Giudice Dr.ssa M.C.Maisano
SOCIETA' - PROVA DEL SOCIO OCCULTO - INDIZI – CONDIZIONI
La prova della qualità di socio necessita di indizi gravi, precisi e concordanti, tenuto conto che,
secondo costante giurisprudenza, a) il requisito della "gravità" postula ché l'esistenza del fatto
ignoto sia allegata e dimostrata come dotata di ragionevole certezza; B) il requisito della
"precisione" impone che i fatti noti, dai quali muove il ragionamento probabilistico iter logico e il
ragionamento stesso seguito, non siano vaghi ma determinati nella loro realtà storica; C) il requisito
della "concordanza" richiede che il fatto ignoto sia desunto, salvo l'eccezionale caso di un singolo
elemento di gravità e precisione sì da essere di per sé solo esaustivamente ed incontrovertibilmente
significativo, da una pluralità di fatti noti, gravi, precisi e univocamente convergenti nella
dimostrazione della sua sussistenza.
Tribunale di Novara, sentenza del 27.9.2010, Giudice Dr.ssa R.Riccio
SOCIETA' IN ACCOMANDITA SEMPLICA - MODIFICA DELLA RAGIONE SOCIALE CONSEGUENZE
È noto che nelle società in accomandita semplice, "la modifica della ragione sociale per effetto della
sostituzione dell'unico socio accomandatario determini esclusivamente una modifica dell'atto
costitutivo, ma non la trasformazione della società in un unico soggetto giuridico diverso, così come
accade in caso di mutamento della sede sociale, rimanendo immutato il modello sociale e il regime
della responsabilità proprie dei soci di società" (cfr. Cass. 29558/2008).
Tribunale di Novara, sentenza N. 958 del 18. 10. 2010, Giudice Dr.ssa M.C.Maisano
SOCIETA' - DI PERSONE - CANCELLAZIONE DEL REGISTRO DELLE IMPRESE CONSEGUENZE
Alla cancellazione dal Registro delle Imprese consegue l'estinzione della società, in osservanza a
quanto recentissimamente affermato dalla Sezioni Unite della Suprema Corte con la pronuncia N.
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4060 del 22 febbraio 2010, che ha sposato un'interpretazione estensiva alle società di persone
dell'articolo 2495 comma 2 c.c. - il cui dettato è inserito nel capo relativo alle società di capitalinella formulazione introdotta con la riforma del diritto societario di cui al D.lgs. 17 gennaio 2003 n.
6, in vigore dal 1 gennaio 2004, secondo cui "(...) l'estinzione della società, dopo la cancellazione i
creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla
concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti
dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro
un anno dalla carcerazione può essere notificata presso l'ultima sede della società".
Tribunale di Novara, decreto del 28.9.2010, Presidente Dr.B.Quatraro, Giduice Rel. Dr. F.Filice
SOCIETA' DI CAPITALI - AMMINISTRATORE - RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
- SUSSISTENZA - CONDIZIONI
Affinché sia configurabile una prestazione di lavoro subordinato occorre innanzitutto che
l'amministratore non si limiti a svolgere l'attività che gli compete in virtù del rapporto di
amministrazione, bensì svolga mansioni ulteriori diverse da quelle proprie della carica sociale
rivestita, corrispondenti a quelle tipiche della qualifica di lavoratore dipendente e che egli rivendica.
(...) Ciò significa, per esempio, che il semplice consigliere privo di deleghe il quale, oltre a
partecipare alle sedute del consiglio, di fatto svolta con continuità nell'arco della settimana
lavorativa di mansioni di direttore amministrativo od il responsabile commerciale di un certo settore
della società, potrà rivendicare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, e pretendere, in
aggiunta agli emolumenti di consigliere, le retribuzioni spettantigli come dirigente. Mentre non
potrà rivendicare la qualifica di dirigente l'amministratore delegato con ampi poteri che si occupi a
tempo pieno della gestione della società non essendo possibile individuare nell'ambito delle
funzioni di gestione mansioni dirigenziali estranee alla delega. In questa prospettiva, la
giurisprudenza ha ritenuto così che siano compresi nel rapporto di amministrazione, e non diano
quindi diritto ad un autonomo compenso, le prestazioni rese dall'amministratore-Ingegnere è una
società di progettazione che aveva esaminati progetti eseguiti da consulenti esterni ed aveva
impartito direttive tecniche su tali progetti (...), nella tenuta della contabilità, lo svolgimento di
pratiche fiscali, la corrispondenza con clienti e fornitori, le trattative di vendita, l'organizzazione
aziendale. Per configurare in capo all'amministratore la qualifica di lavoratore subordinato la
giurisprudenza richiede in secondo luogo che, in concreto, sia ravvisabile una volontà
imprenditoriale che si formi in modo autonomo rispetto a quella dell'amministratore dipendente: il
che avviene nel caso in cui quest'ultimo sia membro di un consiglio di amministrazione sia in
concreto assoggettato a un potere disciplinare, di direzione e di controllo, esercitato dall'organo
amministrativo e/o dagli altri componenti dell'organo amministrativo cui appartiene.
Tribunale di Novara, decreto del 28.9.2010, Presidente Dr.B.Quatraro, Giduice Rel. Dr. F.Filice
SOCIETA' DI CAPITALI - AMMINISTRATORE UNICO - SUSSISTENZA DI RAPPORTO DI
LAVORO SUBORDINATO - ESCLUSIONE
L'opinione assolutamente pacifica esclude tassativamente che l'amministratore unico di società di
capitali possa intrattenere con questa una rapporto di lavoro subordinato, e ciò in quanto non
possono concentrarsi nella stessa persona il potere di direzione e controllo spettante al datore di
lavoro (che, pur essendo la società, opera attraverso suo amministratore unico) e il dovere di
soggezione gravante sul prestatore di lavoro (che è lo stesso amministratore unico).
Tribunale di Novara, ordinanza del 30. 6. 2010, Giudice designato Dr. F.Filice
SOCIETA' - CAPITALE - PERDITA DI ESERCIZIO - CONSEGUENZE - NOZIONE DI
CAPITALE
in caso di perdita d'esercizio in una società di capitali la stessa deve essere coperto
alternativamente:-attraverso l'utilizzo di riserve precedentemente generate, così come previsto sia
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dei principi contabili che la consolidata giurisprudenza (Cass. 12347, 6/11/1999 - n. 822, 2/4/2007);
- attraverso una ricapitalizzazione della società; (...) il concetto di capitale, utilizzato dal legislatore
negli articoli 2446-2447 e 2482 bis e 2482 ter, si riferisce alla più ampia dizione di patrimonio
netto, tant'è che "non si potrebbe neppure parlare correttamente di perdite di capitale se non nella
misura in cui tali perdite eccedano l'ammontare delle riserve che sono destinati a costituire un
presidio avanzato del capitale medesimo" (Cass. Civ.. Sez. I 8221, 2/4/2007).
Tribunale di Novara, ordinanza del 30. 6. 2010, Giudice designato Dr. F.Filice
SOCIETA' - DELIBERAZIONE AI SENSI DEL N. 4 DFELL'ART. 2484 C.C. COMMUNITABILITA' IN DELIBERAZIONE AI SENSI DEL N. 5 MEDESIMA NORMA IMPOSSIBILITA'
È impossibile commutare la deliberazione ai sensi della N. 4 in deliberazione ai sensi del N. 5
dell'articolo 2484 nella stessa assemblea, per violazione dell'ordine del giorno, del procedimento di
convocazione e, a monte, del diritto di informazione dei soci.
Tribunale di Novara, sentenza n. 783 del 3.11.11, Pres. Dr. B.Quatraro, Rel. Dr. F.Filice
SOCIETA' - DELIBERA EX ART. 2484 N. 4 ED EX ART. 2484 N. 6 C.C. - DIFFERENZE COMMUTABILITA' - ESCLUSIONE
Le differenze tra la delibera dichiarativa di una causa di scioglimento ai sensi dell'articolo 2484 N.
4 della delibera di scioglimento anticipato volontario di quell'articolo 2484 N. 6 sono molteplici le
attingono una pluralità di aspetti: anzitutto, mentre la deliberazione assembleare adottata per
constatare il verificarsi di una qualsiasi altra causa di scioglimento a una mera efficacia dichiarativa
di un fatto che autonomamente determina l'effetto distruttivo, la delibera assunta dall'assemblea ex
articolo 2484 N. 6 ha efficacia costitutiva dello scioglimento stesso, nonché modificativa dell'atto
costitutivo, e per questo richiede l'osservanza delle norme procedimentali pubblicitarie previste per
il funzionamento dell'assemblea straordinaria; nelle S.r.l. l'articolo 2479, comma quarto (per le
materie comprese al N. 4 del comma secondo: ovvero le modificazioni dell'atto costitutivo chiusa
parentesi tra espresso riferimento al procedimento deliberativo ex articolo 2479 bis; quanto al
contenuto della delibera, essa deve esprimere chiaramente la volontà sociale di determinare la
liquidazione della società senza che sia necessaria alcuna motivazione. A ciò consegue, con palmare
evidenza, l'impossibilità di "commutare" la deliberazione ai sensi dell'n. 4 in deliberazione ai sensi
dell'n. 6 dell'articolo 2484 nella stessa assemblea, per violazione dell'ordine del giorno, del
procedimento di convocazione e, monti, del diritto di informazione dei soci. Inoltre, la delibera
costitutiva ai sensi dell'n. 6, pure denotando una scioglimento volontario dunque potendo non
arrecare alcuna motivazione, richiede l'osservanza delle norme pubblicitarie procedimentali previste
per l'assemblea straordinaria, propria garanzia di precipitati diritti informativi dei soci che, proprio
in caso di modifiche dell'atto costitutivo, devono essere garantiti nella loro massima estensione: il
che è certamente incompatibile con la pretesa facoltà di giungere alla deliberazione in oggetto
all'esito di una convocazione di un'assemblea che reca, nell'ordine del giorno, la deliberazione di
scioglimento della società per un'altra causa e, segnatamente, che la causa individuata al numero 4
dell'articolo 2484: e senza che, peraltro-il profilo è decisivo-le disposizioni a tutela di precipui
diritti informativi dei soci prevista per questa particolare evenienza, ovvero quella della riduzione
del capitale sociale (...) abbiano d'altro canto trovato espressa compiuta attuazione.
Tribunale di Novara, ordinanza del 30/5/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Giudice est. Dr. F.Filice
DIRITTO SOCIETARIO- QUOTE SOCIALE - ESPROPRIABILITA' E MISURA CAUTELARI LIMITI
Secondo Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15605/2002, già correttamente richiamata dal Giudice di prime
cure: si è da tempo chiarito che le quote sociali, sia delle società di capitali che delle società di
persone, costituiscono posizioni contrattuali "obbiettivate", suscettibili, come tali, di essere
negoziate in quanto dotate di un autonomo "valore di scambio" che consente di qualificarle come
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"beni giuridici" (Cass. 12 dicembre 1986, n. 7409; 23 gennaio 1997, n. 697; 30 gennaio 1997, n.
934; 4 giugno 1999, n. 5494; 26 maggio 2000, n. 6957). Non vi sono pertanto ostacoli ad
annoverare anche le quote sociali tra i beni che possono essere oggetto di espropriazione forzata
(art. 2910 c.c., in relazione all'art. 2740 dello stesso codice) e di misure cautelari dirette a
salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore (art. 2905, c.c.). Ciò, del resto, è espressamente
riconosciuto per le quote della società a responsabilità limitata (art. 2480 c.c.). Le quote delle
società di persone non possono tuttavia, quanto meno in linea di principio, essere espropriate finché
dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci. (...)Il principio non è enunciato
espressamente in alcuna disposizione di legge, ma si desume con sicurezza dalla disciplina
complessiva delle società personali, tradizionalmente ispirata all'esigenza che i rapporti fra i soci
siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il c.d. intuitus personae), il quale implica che, salvo
diversa disposizione dell'atto costitutivo, le partecipazione sociale può essere trasferita solo con il
consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (artt.
2252, 2284, 2322 c.c.). L'espropriazione della quota, comportando l'inserimento nella compagine
sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento
di "novità" incompatibile con i caratteri di tale tipo di società. S'intende allora perché il legislatore,
quando ha ritenuto di consentire ai creditori particolari del socio di soddisfarsi sui beni rappresentati
dalla quota di partecipazione del loro debitore, abbia previsto la possibilità di richiedere (non già
l'espropriazione, ma) la liquidazione della quota che, pur intaccando il patrimonio della società, non
determina alcuna variazione nella composizione della compagine sociale. Questa scelta chiarisce,
altresì, che l'inespropriabilità della quota non si ricollega ad un'esigenza di tutela dei creditori
sociali (infatti la liquidazione della quota, comportando la diminuzione del patrimonio sociale, è
meno conveniente per tali soggetti), ma è posta a protezione dei soci, in considerazione della
particolare rilevanza che l'individualità di ciascuno di essi assume nei loro reciproci rapporti.
(...)laddove l'atto costitutivo preveda invece la cedibilità delle quote sulla base del semplice
consenso dei diretti interessati, cedente e cessionario, salva la sola previsione di un diritto di
prelazione in favore degli altri soci, non risulti possibile impedire il trasferimento della quota. Si è
conseguentemente ritenuto che le quote di partecipazione di una società di persone che per
disposizione dell'atto costitutivo siano trasferibili con il (solo) consenso del cedente e del
cessionario, salvo il diritto di prelazione in favore degli altri soci, possono essere sottoposte a
sequestro conservativo ed essere espropriate a beneficio dei creditori particolari del socio anche
prima dello scioglimento della società. Può quindi concludersi che anche le quote di una società di
persone possano essere oggetto di espropriazione forzata da parte dei creditori particolari dei singoli
soci, anche prima dello scioglimento della società o del singolo rapporto sociale, laddove, però, la
circolazione di tali quote risulti "limitata" solo dall'attribuzione di un diritto di prelazione in favore
dei singoli soci.
Tribunale di Novara, decreto del 24.11.11, Pres. Dr. B.Quatraro, Giud. Est. Dr.ssa G.Pascale
DIRITTO SOCIETARIO - INTERVENTI DEL TRIBUNALE - TIPOLOGIA - RICORSO
ALL'AUTORITA' GIUDIZIARIA PER LA NOMINA DIRETTA DEI LIQUIDATORI SENZA
LA PUBBLICITA' COSTITUTIVA E SENZA LA PREVENTIVA CONVOCAZIONE
DELL'ASSEMBLEA - LIMITI
Il quadro sistematico ricavabile dagli artt. 2485, 2487 c.c. (come riformulati dal D.L.vo n. 6/03)
prevede, in caso di verificazione di una causa di scioglimento della società, un plurimo intervento
sussidiario del Tribunale, a fronte dell'inerzia degli amministratori e dell'assemblea dei soci. In
particolare, il primo intervento camerale del Tribunale è previsto (art. 2485 comma 2 c.c.) per
l'accertamento e la dichiarazione dell'esistenza di una delle cause di scioglimento della società
previste dall'art. 2484 c.c., a fronte dell'inerzia degli amministratori nell'iscrizione della
dichiarazione di scioglimento della società presso il registro delle imprese. E' questa una delle
novità introdotte dal D.L.vo n. 6/03, che, da una pane, ha assoggettato ad un regime di pubblicità
costitutiva la verificazione di una causa di scioglimento della società (art. 2484 comma 3 c.c.),
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prevedendo, al fine di assicurare tale forma necessaria di pubblicità, un obbligo dì attivazione degli
amministratori sanzionato con una forma di responsabilità diretta (art. 2485, comma I, c.c.) e un
intervento surrogatorio del Tribunale, e, dall'altra, ha "cameralizzato" (espressione utilizzata da
alcuni autori all'indomani dell'entrata in vigore della riforma) il giudizio diretto ad accertare la
causa di scioglimento della società anche nelle ipotesi di contrasto tra i soci circa l'effettività o
meno dello scioglimento. Il secondo intervento camerale del Tribunale è previsto (art. 2487 comma
2 c.c.) per la convocazione dell'assemblea dei soci finalizzata alla nomina dei liquidatori e alla
determinazione dei criteri di liquidazione (art. 2487 comma 1 c.c.) e presuppone che vi sia
un'inerzia degli amministratori dopo che sia stata realizzata la pubblicità costitutiva della causa di
scioglimento (per effetto della dichiarazione degli amministratori o del provvedimento surrogatorio
del Tribunale). Il terzo intervento camerale del Tribunale è previsto (art. 2487 comma 2 c.c.) per la
nomina dei liquidatori e la determinazione dei criteri, di liquidazione e presuppone un'inerzia
dell'assemblea convocata per l'adozione di tali provvedimenti (per determinazione dell'organo
amministrativo o per l'intervento surrogatorio del Tribunale), dopo che sia stata realizzata la
pubblicità costitutiva della causa di scioglimento (per effetto della dichiarazione degli
amministratori o del provvedimento surrogatorio del Tribunale). (...) risulta evidente che non è
ammissibile il ricorso all'autorità giudiziaria per la nomina diretta dei liquidatori senza la pubblicità
costitutiva della causa di scioglimento e la preventiva convocazione dell'assemblea per la nomina
dei liquidatori, a meno che, tuttavia, la causa di scioglimento consista proprio nell'impossibilità di
funzionamento dell'assemblea.
Tribunale di Novara, sent. n. 220 del 7/3/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr.ssa G.Pascale
RITO SOCIETARIO - ART. 25 D.Lgs. 5/2003 - COMPETENZA - INTERPRETAZIONE
I Giudici costituzionali, infatti, hanno sottolineato come la norma impugnata non individui un
diverso criterio di competenza per territorio, ma intervenga sul criterio già utilizzato dall'art. 19 del
codice di procedura civile, sostanzialmente precisandone il significato ai soli fini del procedimento
camerale, con ciò escludendone, pertanto, ogni portata generale (v. Corte Cost. sentenza n.
194/2005).
Tribunale di Novara, sent. n. 220 del 7/3/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr.ssa G.Pascale
SOCIETA' - RECESSO DEL SOCIO EX ART. 2285 CO.1 C.C.
Quanto alla legittimità del recesso dell'attore, infatti, la stessa non può essere posta in discussione
ex art. 2285, co. 1, cc, in considerazione della circostanza che la società è stata contratta fino al
2100 e, dunque, per tutta la vita dei soci, che sono, tutti, non più giovanissimi (v. sul punto, ex
multis, Tribunale Milano 7 febbraio 2003, in Giur. milanese 2003, p. 219). Conseguentemente, il
recesso de quo non deve neppure essere sorretto da giusta causa, attenendo, quest'ultima, al solo
comma 2 della norma sopra indicata.
Tribunale di Novara, sent. n. 220 del 7/3/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr.ssa G.Pascale
SOCIETA' - RECESSO DEL SOCIO - EFFICACIA
dell'individuazione del momento di efficacia del recesso, atto recettizio e pertanto efficace a partire
dal momento in cui è stato portato a conoscenza del destinatario.
Tribunale di Novara, sentenza n. 484 del 13/6/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice
SOCIETA' - INSINDACABILITA' IN SEDE GIUDIZIARIA DELLE SCELTE OPERATE
DAGLI AMMINISTRATORI - LIMITI
La teoria dell'insindacabilità in sede giudiziaria delle scelte amministrative operate dagli
amministratori di società di capitali ? o come anche si dice, volendo mutuare una nozione
proveniente dalla giurisprudenza statunitense, la business judgment rule - non sia implementabile,
nel senso assolutizzante preteso dai convenuti, nel nostro ordinamento: che è pur sempre fondato
sulla pretesa costituzionale dell'ordine pubblico economico, di cui la responsabilità degli organi
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amministrativi per gestioni irragionevoli o illecite rappresenta un'indubbia espressione; il che non
significa che la tesi dell'insindacabilità delle scelte discrezionali non abbia un suo innegabile pregio
e una sua bontà all'interno del nostro sistema: significa soltanto che non può funzionare come puro
e semplice assioma, in quanto il generale rifiuto che il nostro ordinamento civilistico oppone alla
mera dommatica del volere privato ( e a cui si ricollega, ad esempio, il mancato riconoscimento, nel
nostro ordinamento, del "negozio giuridico" non normato) osta all'utilizzo della discrezionalità
amministrativa quale scudo omnibus anche alla progettazione e all'esecuzione di condotte
palesemente irragionevoli e collocantisi al di fuori di quel grado di diligenza e prudenza che è
richiesto agli amministratori e ai sindaci nel ricoprimento delle relative cariche.
Tribunale di Novara, sentenza n. 484 del 13/6/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice
SOCIETA' - RESPONSABILITA' DEI SINDACI
(Nella fattispecie, il collegio ha ritenuto la responsabilità del Collegio di sindacale, asserendo vi
fosse assoluta sproporzione tra la piena consapevolezza delle portata e gravità dei fatti,
irrefutabilmente emersa dai verbali e dalle relazioni succitate, e la flebilità della reazione dei
Sindaci).
Novara, lì 14/3/2012
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