RASSEGNA DI MASSIME DEL TRIBUNALE DI NOVARA IN MATERIA SOCIETARIA www.novaraius.it Avv. Monica Bombelli – Avv. Matteo Iato Tribunale di Novara, sent.. n. 396 del 21/4/2010, Pres. Dr.B.Quatraro, Giudice Rel. Dr. F.Filice SOCIETA' PERSONALI - RESPONSABILITA' AMMINISTRATORI VERSO I SOCI - LIMITI Gli amministratori di società personali possono essere responsabili verso i singoli soci solo per i danni direttamente loro arrecati ma (...) nel caso in cui il danno insista direttamente sul patrimonio sociale sub species di depauperamento del medesimo, a seguito di cattiva gestione, la legittimazione all'esercizio dell'azione di responsabilità non può che spettare alla sola società per il tramite dei suoi rappresentanti. (...) ai singoli soci non amministratori di società personali sono riservati altri mezzi, di non meno penetrante tutela, potendo essi ottenere la revoca della facoltà di amministratore ex art. 2259 c.c., anche in via d'urgenza, o conseguire l'esclusione dalla società del socio amministratore che si sia macchiato di gravi inadempienze. Tribunale di Novara, sent. n. 313 del 29/3/2010, Pres. Dr. B.Quatraro, Giudice Rel. Dr.ssa G.Pascale SOCIETA' - RECESSO Il recesso deve considerarsi legittimo ex art. 2285, co. I, cc. (nella fattispecie, la statuizione si riferiva a società contratta fino al 2050 e quindi per tutta la durata della vita dei soci, che non erano più giovanissimi). Il recesso è atto recettizio; pertanto, lo stesso ha efficacia a partire dal momento in cui è stato portato a conoscenza del destinatario. Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice DIRITTO SOCIETARIO - ANNULLAMENTO DELIBERA PER ABUSO DEL DIRITTO NATURA L'esigenza - avvertita anche in seno all'insegnamento giurisprudenziale oltre che nel dibattito accademico - di reprimere gli abusi della maggioranza a danno esclusivo della minoranza viene parametrata ai principi generali di correttezza e buona fede nell'attuazione del contratto: principi, questi, che, secondo l'ormai consolidato orientamento espresso anche dalla giurisprudenza di legittimità, trovano il proprio appiglio normativo nella generalklausel dell'articolo 1375 c.c., a sua volta tessuto, senza soluzione di continuità, con l'ulteriore clausola generale di cui all'articolo 1175 c.c. e, (a monte), con l'obbligo generale di solidarietà portato dall'articolo 2 della Costituzione. In questo senso, in effetti, è possibile ravvisare nei citati principi di correttezza e buona fede esecutive, un ulteriore limite alla libertà di voto: pervenendosi, così, ad affermare l'annullabilità della delibera quando la stessa sia ispirata dal solo scopo di danneggiare singoli soci. Sotto il profilo normativo (…) si tratta di connotare come "abuso di maggioranza", o "eccesso di potere' in danno del socio di minoranza, l'adozione della delibera impugnata, riconducendo detto vizio alla generica "non conformità alla legge" di cui al comma primo del citato articolo 2479 ter c.c. Mette conto, tuttavia, evidenziare come l'annullamento di delibere assembleari per abuso del diritto di voto passi necessariamente attraverso una prova estremamente analitica, offerta dal socio di minoranza, che la delibera e stata presa intenzionalmente al solo fine di ledere la sua posizione nella società. Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice DIRITTO SOCIETARIO - DELIBERA ADOTTATA CON IL VOTO DEL SOCIO IN CONFLITTO DI INTERESSI - ANNULLABILITA' - CONDIZIONI Versa in conflitto d’interessi l'azionista che, in una determinata deliberazione, ha, per conto proprio o altrui, un interesse personale in conflitto - id est contrastante - con l'interesse della società. In 1 presenza di tale situazione al socio non è fatto divieto di votare, in quanto esso festa libero di votare o di astenersi, ma se vota la delibera approvata con il suo voto determinante è impugnabile qualora possa recare danno alla società. Onde, la delibera adottata col voto del socio in conflitto di interessi non è, eo ipso, annullabile: a tal fine è necessario che ricorrano due ulteriori condizioni: a) che il suo voto sia stato determinante (c.d. prova di resistenza); b) che la delibera possa danneggiare la società (cd. danno potenziale); in particolare, se non ricorre quest’ultima condizione la delibera resta inattaccabile anche se approvata col voto determinante del socio in conflitto di interessi. Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice SOCIETA' - METODO ASSEMBLEARE - NULLITA' DI DELIBERA Qualora venga seguito il metodo assembleare, la mancanza di convocazione e la mancanza di verbalizzazione costituiscono cause di nullità della delibera, mentre sembra da escludere che vi siano ulteriori casi di assenza assoluta di informazione. Inoltre pare applicabile l?articolo 2379, comma terzo, c.c: il che conduce a ritenere che vi sia assenza assoluta di informazione, oltre che nelle ipotesi in cui la convocazione materialmente manchi, anche quando l'avviso di convocazione non provenga da un componente dell'organo di amministrazione o di controllo (o da almeno uno dei soggetti che, nella srl considerata, sono legittimati alla convocazione dell'assemblea) o non sia comunque idoneo a consentire a tutti titolari del diritto d'intervento di essere tempestivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea. Alle medesime conclusioni si deve pervenire quando il verbale manchi o non contenga le indicazioni minime. Tribunale di Novara, sent. n. 7 del 12/1/2010, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice SOCIETA - S.R.L.- AZIONE DI RESPONSABILITA? NEI CONFRONTI DEGLI AMMINISTRATORI A TUTELA DEI CREDITORI SOCIALI PER VIOLAZIONE DEL DOVERE DI CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO SOCIALE - AMMISSIBILITA' Ritiene il Collegio (…) di ammettere (…) la permanente vigenza dell’azione sociale di responsabilità nei confronti di amministratori della s.r.l., anche a tutela dei creditori sociali nei confronti di atti pregiudizievoli consistenti nel depauperamento o nella mancata conservazione del patrimonio sociale. (…). Ritiene (…) il Collegio che gli amministratori di società a responsabilità limitata siano, al pari di quelli delle società per azioni e anche in seguito alla novella del 2003, responsabili verso i creditori sociali per il pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, in conseguenza delle violazioni ai propri doveri di conservazioni del patrimonio medesimo derivanti dall’atto di preposizione gestoria, e che a tale assunto possa agevolmente giungersi riconducendo l’azione a tutela dei creditori sociali nell’alveo della clausola generale contenuta nell’art. 2043 c.c. Tribunale di Novara, ord. 21/1/2010, Giudice Dr. F.Filice SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA - SOPRAPPREZZO - NON OBBLIGATORIETA' La flessibilità del modello organizzativo delle srl, muro portante della riforma del 2003, trova decisiva conferma anche nella disciplina del soprapprezzo, che perde comunque obbligatorietà. Tribunale di Novara, sent. n. 7 del 12/1/2010, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice RITO SOCIETARIO - CITAZIONE - CONTENUTO EX ART. 2 COMMA 1 LETT. B) D.LGS 5/2003 - ART. 156 CPC. - APPLICABILITA' Se è vero che giusta l'art. 2 comma 1 lettera b) del d.lgs. 5/2003 l'atto di citazione deve contenere L'indicazione di fax o dell'indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento, va considerato altresì che l'art. 1, comma 4, stabilisce che, per quanto non diversamente disciplinato dal presente decreto, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili. Deve dunque ritenersi applicabile l'art. 156 comma terzo cpc, secondo il quale la nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. 2 Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE - FUNZIONE Il diritto di consultazione deve essere considerato funzionale all’esercizio, da parte del socio non amministratore, del controllo sulla gestione, a sua volta strumentale alla tutela di variegati interessi, individuali per esempio nell’esperimento dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, ovvero, (…) nell’esigenza di verificare l?esattezza dei dati contabili della società ai fini della liquidazione del socio uscente. Più in generale, il diritto de quo può qualificarsi come lo strumento che consente al socio non amministratore di esercitare veri e propri poteri ispettivi, di contenuto assai più ampio e penetrante rispetto ad un mero diritto di informazione passiva, (previsto in materia di s.r.l. ante riforma), a tutela di una corretta gestione sociale. Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE DEL SOCIO - CONTENUTO In relazione al contenuto del diritto [di consultazione, ndr], questo giudice ritiene innanzitutto che possa applicarsi analogicamente il disposto dell’art. 2476 c.c., visto che, (…) la riforma legislativa in materia di s.r.l. appare ispirata proprio alla constatazione della diffusione di un modello empirico di s.r.l. caratterizzato da pochi soci spesso legati da rapporti di parentela, niente affatto interessati al cd. spread del diritto azionario, e quindi lontano dalla concezione del legislatore del 1942 della s.r.l. come ‘piccola s.p.a’, molto più vicino alle società di persone. Pertanto, deve ritenersi innanzitutto che il diritto di consultazione possa essere esercitato con l’ausilio di professionisti di fiducia del socio, come previsto dalla norma in esame. Sempre sotto il profilo del contenuto, è lo stesso art.2320 ultimo comma c.c. che consente una consultazione per cosi dire "allargata", cioè non limitata alle sole scritture contabili, ma estesa agli altri documenti della società, dizione di ampio respiro semantico, idonea a ricomprendere anche la documentazione commerciale e ogni altro documento inerente alla gestione della società che possa assumere rilevanza in vista dell'obiettivo esplicitato dalla norma medesima, ovverosia il controllo sull'esattezza dei dati contabili e patrimoniali. Infine, concludendo sulla delimitazione del contenuto del diritto di accesso ai documenti sociali, questo Giudice condivide pienamente l'indirizzo (…) per cui il diritto di consultazione dei libri sociali e degli altri documenti comprende anche la possibilità di estrarre copia, ponendo come unico limite all'esercizio di tale diritto quello derivante dal canone della buona fede. Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE - SEGRETO SOCIALE - ESCLUSIONE Il limite rappresentato dal cosiddetto "segreto sociale", (…) non appare legittimamente opponibile al socio che intenda esercitare il controllo. Tribunale di Novara, ord. 21/12/2009, Giudice Dr.ssa Simona Gambacorta SOCIETA' - DIRITTO DI CONSULTAZIONE - NATURA La giurisprudenza più recente è incline a qualificare la facoltà di consultazione, variamente prevista dal codice civile in relazione alle diverse tipologie sociali (es. art. 2261 c.c. per la s.s. e s.n.c. in forza del richiamo di cui all'art. 2293 c.c.; art. 2476 comma II cc. per la s.r.l.; art. 2320 per la s.a.s) come vero e proprio diritto potestativo, legato alla qualità di socio, e quindi strumentale alla tutela degli interessi del socio uti singulis, e non nell’interesse sociale (da intendersi come interesse della società diverso da quello dei singoli soci). Tribunale di Novara, sent. n. 222 del 24/3/2009, Giudice Unico Dr.M.Roberti SOCIETA’ – VERSAMENTI ESEGUITI DAL SOCIO – CONVENUTO IN GIUDIZIO IN PROPRIO – DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE 3 La giurisprudenza della Suprema Corte (…) ha avuto modo di precisare che “il socio di una società in nome collettivo, che risponde solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali, fondatamente eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva laddove, per il pagamento di debiti della società, venga convenuto in giudizio non nella qualità di socio ma in proprio, non potendo in tal caso fra valere in sede esecutiva il beneficio della previa escussione del patrimonio sociale”. Tribunale di Novara, sent. n. 222 del 24/3/2009, Giudice Unico Dr.M.Roberti SOCIETA’ – VERSAMENTI ESEGUITI DAL SOCIO - NATURA Il giudice di merito deve accertare se i versamenti eseguiti dal socio alla società di persone sino inquadrabili “nello schema del mutuo (o in altro titolo idoneo a giustificare la pretesa restitutoria), oppure se i versamenti stessi costituiscano apporti finanziari che si aggiungono a quelli rappresentati dai conferimenti imputabili alla originaria costituzione della società … traducendosi quindi in incrementi del patrimonio netta della società, come tali non costituenti oggetto di un diritto di restituzione…” Tribunale di Novara, sentenza n. 375 del 22/4/2008, Giudice Unico Dott. M. Mazza DIRITTO SOCIETARIO - SOCIETÀ DI FATTO - RESPONSABILITÀ VERSO I TERZI È pacifico in dottrina e giurisprudenza che per l’assunzione delle giuridiche responsabilità della società di fatto è sufficiente che il comportamento di chi agisce per la società si manifesti verso i terzi in modo tale da generare in essi, secondo i criteri correnti nella vita degli affari, il ragionevole convincimento di una attività spiegata quale socio della società e nell’interesse della stessa, ritenendola unico soggetto del negozio posto in essere. Tribunale di Novara, sent. n. 714 del 27/9/2007, Pres. Rel. Dr. G.Vannicelli SOCIETA’ - SOCIETA’ DI FATTO - INDICI occultamente associata per il compimento di un numero indeterminato di atti di impresa, in cui (come ritenuto necessario, fra le altre, da Cass. n. 366 del 17/1/1998) vi sono conferimenti di tutti i presunti soci diretti a costituire un patrimonio ‘comune’ sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi (art. 2256 cod. civ.) e alle azioni esecutive dei loro creditori personali (art. 2270 e 2305). (Nella fattispecie, non è stata dichiarata esistente la società di fatto). Tribunale di Novara, sent. n. 498 del 26/6/2007, Pres. Dr.ssa A.M. Di Oreste, Giudice Rel. Dr. B.Conca SOCIETA’ – AZIONE DI RESPONSABILITA’ EX ART. 2395 C.C. - PRESUPPOSTI L’azione di responsabilità di cui all’art. 2395 cod. civ. presuppone, come noto, la sussistenza di un danno imputabile alla condotta del socio o del terzo, non costituendo una mera conseguenza del danno arrecato al patrimonio sociale. Ulteriore condicio sine qua non della responsabilità in questione è il compimento di un atto dell’amministratore, inerente o estraneo all’oggetto sicla,e che abbia il connotato dell’illiceità, intesa quale violazione degli obblighi facenti carico all’amministratore, sia in quanto specifici della sua carica, sia quelli generali stabiliti dall’ordinamento a tutela dei diritti dei terzi. Tribunale di Novara, sent. 5/6/2007 n. 416, Pres. Dr.ssa Di Oreste, Giudice Rel. Dr.G.Vannicelli PROCESSO SOCIETARIO – GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO – CHIAMATA DI TERZO DA PARTE DEL CONVENUTO Sia che si voglia ritenere applicabile al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo svolgentesi nelle forme del processo cd. societario la disposizione relativa alla chiamata di terzo da parte del convenuto (quale l’opponente sostanzialmente è, art. 4 co. 3° processo societario), sia quella dettata per l’attore (veste formale che l’opponente comunque assume, art. 6 co. 4° processo societario), in 4 nessuno dei due casi la chiamata necessita di autorizzazione del giudice, ma va effettuata direttamente dalla parte con citazione, previa dichiarazione della propria intenzione in tal senso. Tribunale di Novara, sentenza n. 315 del 30/4/2007, Giudice Dott. M. Roberti SOCIETA’ - BILANCIO - VALORE GIURIDICO - PROVA DEI RAPPORTI SOCIALI Il bilancio d’esercizio di una società, in uno con la nota integrativa e ogni altro documento contabile, rappresentano scritti d’indiscusso valore giuridico, tanto è vero che la loro non fedele redazione può essere, presenti date circostanze, sanzionata anche penalmente. Tuttavia, non necessariamente esprimono appieno la complessità dei rapporti sociali (da intendersi sia come rapporti tra i diversi soci della compagine sociale sia come rapporti tra la società e i terzi), essendo essenzialmente volti a fotografare, al fine di sondare la capacità di competere sul mercato, gli aspetti patrimoniali e finanziari di una persona giuridica in un determinato momento storico. Tribunale di Novara, sent. n. 249 del 28/3/2007, Pres. Dr.ssa A.M. Di Oreste, rel. Dr. G. Vannicelli INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA – CONFLITTO DI INTERESSI DELL’INTERMEDIARIO – CONSEGUENZE Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità in ordine al divieto già portato dall’art. 6 comma 1° lett. g) della legge n. 1/1991, per cui la violazione da parte dell’intermediario finanziario dell’obbligo di agire, nel caso di operazioni nelle quali abbia un interesse conflittuale con quello del cliente, in modo da assicurare comunque trasparenza ed equo trattamento alla controparte (sancito ora in via generale dall’art. 21 co. 1° lett. c) TUF e specificato dalla normativa regolamentare di attuazione) non determina la nullità del contratto di compravendita di strumenti finanziari successivamente stipulato, ma può al più – sussistendone i presupposti – dare luogo al suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod. civ. (cfr. Cass. 19024/2005). Tribunale di Novara, sent. n. 228 del 21/3/2007, Giudice Dr. C.G.Maisano SOCIETA’ COOPERATIVA – REGOLAMENTO INTERNO - INTERPRETAZIONE L’interpretazione delle disposizioni del regolamento interno deve essere soggetta ai criteri ermeneutici propri del contratto di cui agli art. 1362 e ss. c.c., al fine di attribuire un senso alle disposizioni regolamentari, non limitandosi al mero dato letterale, bensì ponendo ogni articolo in rapporto con gli altri e privilegiando un’interpretazione tesa alla conservazione degli effetti. Tribunale di Novara, sent. n. 228 del 21/3/2007, Giudice Dr. C.G.Maisano SOCIETA’ COOPERATIVA – REGOLAMENTO INTERNO - NATURA Come riconosciuto anche dalla più autorevole dottrina, i “regolamenti interni” di cooperativa – generalmente caratterizzati dall’assenza di un contenuto tipico e dalla non soggezione ad un regime di pubblicità legale – sono stati spesso utilizzati per disciplinare in via generale ed astratta i rapporti fra la società cooperativa ed i soci, dando specifica attuazione a principi già enunciati nell’atto costitutivo e nello statuto. In ragione di tali caratteristiche, ne è stata affermata la natura pattizia (come esplicazione dell’autonomia negoziale, ritenuta meritevole di tutela, purchè esercitata entro i consueti limiti del rispetto delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume). Tribunale di Novara Sezione lavoro, sentenza n. 177 del 28.11.06, Giudice Dr,ssa M.G.Mariani SOCIETA’ COOPERATIVE – PRESIDENTE – CAPACITA’ DI COMPIERE ATTIVITA’ NEGOZIALE – AMMISSIONE DI SOCIO - CONDIZIONI La Suprema Corte ha affermato che il presidente di una società cooperativa ha la capacità di compiere attività negoziale per conto della società stessa (nella specie, trattatasi dell’accettazione della domanda di entrare a far parte della cooperativa), salvo che diversamente non risulti dallo statuto o dall’atto costitutivo, atteso che, sebbene l’art. 2525 cc., in materia di cooperative a r.l., disponga che l’ammissione di un nuovo socio è fatta con delibera degli amministratori su domanda dell’interessato, tuttavia in forza del precedente art. 2384 (in materia di società per azioni), al quale 5 l’art. 2516 (sulle cooperative) rinvia, gli amministratori che hanno la rappresentanza della società, tra i quali, in mancanza di diversa statuizione dell’atto costitutivo o dello statuto, deve ricomprendersi principalmente il presidente della cooperativa, possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale (Cass. 18.5.1996 n. 4600; Cass. S.U. 10318/1990). Tribunale di Novara, sentenza 24/1/2006 n. 90, Pres. Dr.ssa A.M. Di Oreste, Rel. Dr. B.Conca IMPUGNAZIONE DELIBERAZIONE ASSEMBLEA CONSORTILE DI TRASFORMAZIONE DI CONSORZIO GESTORE DI PUBBLICI SERVIZI IN S.P.A. - GIURISDIZIONE – DIFETTO DI GIURISDIZIONE DEL G.O. – GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL G.A. EX ART. 33 D. LGS. 80/98 E SUCC. MOD. La delibera impugnata, pur non formalmente costituendo provvedimento amministrativo, concorrere a determinare l’estinzione di soggetto gestore di pubblici servizi, in funzione della sua trasformazione in società di capitali a totale partecipazione pubblica. Tale determinazione, inoltre, non è il frutto di una determinazione volitiva autonomamente assunta dall’organo deliberante del Consorzio stesso, ma si iscrive nel disposto dell’art. 115 c. 7 bis TUEL (..) Essa, dunque, costituisce esercizio di una pubblica potestà nell’ambito di vicenda modificativa-estintiva di ente gestore di pubblico servizio e, conseguentemente, non può non avere veste sostanzialmente amministrativa vuoi per la materia che ne forma oggetto, vuoi per il soggetto (ente deliberativo di soggetto di diritto pubblico) che lo ha posto in essere. D’altro canto (…) non è questione afferente il diritto societario, bensì “l’interesse legittimo del Comune al corretto svolgimento della fase procedimentale relativa al perfezionamento di un atto negoziale ad evidenza pubblica, che in ogni caso rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, indipendentemente dalla sentenza della Corte Costituzionale 204/2004, come evidenziato dalla Sezioni Unite con sent. 10/10/2002 n. 14474”. Tribunale di Novara, sentenza N. 958 del 18. 10. 2010, Giudice Dr.ssa M.C.Maisano SOCIETA' - PROVA DEL SOCIO OCCULTO - INDIZI – CONDIZIONI La prova della qualità di socio necessita di indizi gravi, precisi e concordanti, tenuto conto che, secondo costante giurisprudenza, a) il requisito della "gravità" postula ché l'esistenza del fatto ignoto sia allegata e dimostrata come dotata di ragionevole certezza; B) il requisito della "precisione" impone che i fatti noti, dai quali muove il ragionamento probabilistico iter logico e il ragionamento stesso seguito, non siano vaghi ma determinati nella loro realtà storica; C) il requisito della "concordanza" richiede che il fatto ignoto sia desunto, salvo l'eccezionale caso di un singolo elemento di gravità e precisione sì da essere di per sé solo esaustivamente ed incontrovertibilmente significativo, da una pluralità di fatti noti, gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza. Tribunale di Novara, sentenza del 27.9.2010, Giudice Dr.ssa R.Riccio SOCIETA' IN ACCOMANDITA SEMPLICA - MODIFICA DELLA RAGIONE SOCIALE CONSEGUENZE È noto che nelle società in accomandita semplice, "la modifica della ragione sociale per effetto della sostituzione dell'unico socio accomandatario determini esclusivamente una modifica dell'atto costitutivo, ma non la trasformazione della società in un unico soggetto giuridico diverso, così come accade in caso di mutamento della sede sociale, rimanendo immutato il modello sociale e il regime della responsabilità proprie dei soci di società" (cfr. Cass. 29558/2008). Tribunale di Novara, sentenza N. 958 del 18. 10. 2010, Giudice Dr.ssa M.C.Maisano SOCIETA' - DI PERSONE - CANCELLAZIONE DEL REGISTRO DELLE IMPRESE CONSEGUENZE Alla cancellazione dal Registro delle Imprese consegue l'estinzione della società, in osservanza a quanto recentissimamente affermato dalla Sezioni Unite della Suprema Corte con la pronuncia N. 6 4060 del 22 febbraio 2010, che ha sposato un'interpretazione estensiva alle società di persone dell'articolo 2495 comma 2 c.c. - il cui dettato è inserito nel capo relativo alle società di capitalinella formulazione introdotta con la riforma del diritto societario di cui al D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, in vigore dal 1 gennaio 2004, secondo cui "(...) l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla carcerazione può essere notificata presso l'ultima sede della società". Tribunale di Novara, decreto del 28.9.2010, Presidente Dr.B.Quatraro, Giduice Rel. Dr. F.Filice SOCIETA' DI CAPITALI - AMMINISTRATORE - RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO - SUSSISTENZA - CONDIZIONI Affinché sia configurabile una prestazione di lavoro subordinato occorre innanzitutto che l'amministratore non si limiti a svolgere l'attività che gli compete in virtù del rapporto di amministrazione, bensì svolga mansioni ulteriori diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, corrispondenti a quelle tipiche della qualifica di lavoratore dipendente e che egli rivendica. (...) Ciò significa, per esempio, che il semplice consigliere privo di deleghe il quale, oltre a partecipare alle sedute del consiglio, di fatto svolta con continuità nell'arco della settimana lavorativa di mansioni di direttore amministrativo od il responsabile commerciale di un certo settore della società, potrà rivendicare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, e pretendere, in aggiunta agli emolumenti di consigliere, le retribuzioni spettantigli come dirigente. Mentre non potrà rivendicare la qualifica di dirigente l'amministratore delegato con ampi poteri che si occupi a tempo pieno della gestione della società non essendo possibile individuare nell'ambito delle funzioni di gestione mansioni dirigenziali estranee alla delega. In questa prospettiva, la giurisprudenza ha ritenuto così che siano compresi nel rapporto di amministrazione, e non diano quindi diritto ad un autonomo compenso, le prestazioni rese dall'amministratore-Ingegnere è una società di progettazione che aveva esaminati progetti eseguiti da consulenti esterni ed aveva impartito direttive tecniche su tali progetti (...), nella tenuta della contabilità, lo svolgimento di pratiche fiscali, la corrispondenza con clienti e fornitori, le trattative di vendita, l'organizzazione aziendale. Per configurare in capo all'amministratore la qualifica di lavoratore subordinato la giurisprudenza richiede in secondo luogo che, in concreto, sia ravvisabile una volontà imprenditoriale che si formi in modo autonomo rispetto a quella dell'amministratore dipendente: il che avviene nel caso in cui quest'ultimo sia membro di un consiglio di amministrazione sia in concreto assoggettato a un potere disciplinare, di direzione e di controllo, esercitato dall'organo amministrativo e/o dagli altri componenti dell'organo amministrativo cui appartiene. Tribunale di Novara, decreto del 28.9.2010, Presidente Dr.B.Quatraro, Giduice Rel. Dr. F.Filice SOCIETA' DI CAPITALI - AMMINISTRATORE UNICO - SUSSISTENZA DI RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO - ESCLUSIONE L'opinione assolutamente pacifica esclude tassativamente che l'amministratore unico di società di capitali possa intrattenere con questa una rapporto di lavoro subordinato, e ciò in quanto non possono concentrarsi nella stessa persona il potere di direzione e controllo spettante al datore di lavoro (che, pur essendo la società, opera attraverso suo amministratore unico) e il dovere di soggezione gravante sul prestatore di lavoro (che è lo stesso amministratore unico). Tribunale di Novara, ordinanza del 30. 6. 2010, Giudice designato Dr. F.Filice SOCIETA' - CAPITALE - PERDITA DI ESERCIZIO - CONSEGUENZE - NOZIONE DI CAPITALE in caso di perdita d'esercizio in una società di capitali la stessa deve essere coperto alternativamente:-attraverso l'utilizzo di riserve precedentemente generate, così come previsto sia 7 dei principi contabili che la consolidata giurisprudenza (Cass. 12347, 6/11/1999 - n. 822, 2/4/2007); - attraverso una ricapitalizzazione della società; (...) il concetto di capitale, utilizzato dal legislatore negli articoli 2446-2447 e 2482 bis e 2482 ter, si riferisce alla più ampia dizione di patrimonio netto, tant'è che "non si potrebbe neppure parlare correttamente di perdite di capitale se non nella misura in cui tali perdite eccedano l'ammontare delle riserve che sono destinati a costituire un presidio avanzato del capitale medesimo" (Cass. Civ.. Sez. I 8221, 2/4/2007). Tribunale di Novara, ordinanza del 30. 6. 2010, Giudice designato Dr. F.Filice SOCIETA' - DELIBERAZIONE AI SENSI DEL N. 4 DFELL'ART. 2484 C.C. COMMUNITABILITA' IN DELIBERAZIONE AI SENSI DEL N. 5 MEDESIMA NORMA IMPOSSIBILITA' È impossibile commutare la deliberazione ai sensi della N. 4 in deliberazione ai sensi del N. 5 dell'articolo 2484 nella stessa assemblea, per violazione dell'ordine del giorno, del procedimento di convocazione e, a monte, del diritto di informazione dei soci. Tribunale di Novara, sentenza n. 783 del 3.11.11, Pres. Dr. B.Quatraro, Rel. Dr. F.Filice SOCIETA' - DELIBERA EX ART. 2484 N. 4 ED EX ART. 2484 N. 6 C.C. - DIFFERENZE COMMUTABILITA' - ESCLUSIONE Le differenze tra la delibera dichiarativa di una causa di scioglimento ai sensi dell'articolo 2484 N. 4 della delibera di scioglimento anticipato volontario di quell'articolo 2484 N. 6 sono molteplici le attingono una pluralità di aspetti: anzitutto, mentre la deliberazione assembleare adottata per constatare il verificarsi di una qualsiasi altra causa di scioglimento a una mera efficacia dichiarativa di un fatto che autonomamente determina l'effetto distruttivo, la delibera assunta dall'assemblea ex articolo 2484 N. 6 ha efficacia costitutiva dello scioglimento stesso, nonché modificativa dell'atto costitutivo, e per questo richiede l'osservanza delle norme procedimentali pubblicitarie previste per il funzionamento dell'assemblea straordinaria; nelle S.r.l. l'articolo 2479, comma quarto (per le materie comprese al N. 4 del comma secondo: ovvero le modificazioni dell'atto costitutivo chiusa parentesi tra espresso riferimento al procedimento deliberativo ex articolo 2479 bis; quanto al contenuto della delibera, essa deve esprimere chiaramente la volontà sociale di determinare la liquidazione della società senza che sia necessaria alcuna motivazione. A ciò consegue, con palmare evidenza, l'impossibilità di "commutare" la deliberazione ai sensi dell'n. 4 in deliberazione ai sensi dell'n. 6 dell'articolo 2484 nella stessa assemblea, per violazione dell'ordine del giorno, del procedimento di convocazione e, monti, del diritto di informazione dei soci. Inoltre, la delibera costitutiva ai sensi dell'n. 6, pure denotando una scioglimento volontario dunque potendo non arrecare alcuna motivazione, richiede l'osservanza delle norme pubblicitarie procedimentali previste per l'assemblea straordinaria, propria garanzia di precipitati diritti informativi dei soci che, proprio in caso di modifiche dell'atto costitutivo, devono essere garantiti nella loro massima estensione: il che è certamente incompatibile con la pretesa facoltà di giungere alla deliberazione in oggetto all'esito di una convocazione di un'assemblea che reca, nell'ordine del giorno, la deliberazione di scioglimento della società per un'altra causa e, segnatamente, che la causa individuata al numero 4 dell'articolo 2484: e senza che, peraltro-il profilo è decisivo-le disposizioni a tutela di precipui diritti informativi dei soci prevista per questa particolare evenienza, ovvero quella della riduzione del capitale sociale (...) abbiano d'altro canto trovato espressa compiuta attuazione. Tribunale di Novara, ordinanza del 30/5/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Giudice est. Dr. F.Filice DIRITTO SOCIETARIO- QUOTE SOCIALE - ESPROPRIABILITA' E MISURA CAUTELARI LIMITI Secondo Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15605/2002, già correttamente richiamata dal Giudice di prime cure: si è da tempo chiarito che le quote sociali, sia delle società di capitali che delle società di persone, costituiscono posizioni contrattuali "obbiettivate", suscettibili, come tali, di essere negoziate in quanto dotate di un autonomo "valore di scambio" che consente di qualificarle come 8 "beni giuridici" (Cass. 12 dicembre 1986, n. 7409; 23 gennaio 1997, n. 697; 30 gennaio 1997, n. 934; 4 giugno 1999, n. 5494; 26 maggio 2000, n. 6957). Non vi sono pertanto ostacoli ad annoverare anche le quote sociali tra i beni che possono essere oggetto di espropriazione forzata (art. 2910 c.c., in relazione all'art. 2740 dello stesso codice) e di misure cautelari dirette a salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore (art. 2905, c.c.). Ciò, del resto, è espressamente riconosciuto per le quote della società a responsabilità limitata (art. 2480 c.c.). Le quote delle società di persone non possono tuttavia, quanto meno in linea di principio, essere espropriate finché dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci. (...)Il principio non è enunciato espressamente in alcuna disposizione di legge, ma si desume con sicurezza dalla disciplina complessiva delle società personali, tradizionalmente ispirata all'esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il c.d. intuitus personae), il quale implica che, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, le partecipazione sociale può essere trasferita solo con il consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (artt. 2252, 2284, 2322 c.c.). L'espropriazione della quota, comportando l'inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di "novità" incompatibile con i caratteri di tale tipo di società. S'intende allora perché il legislatore, quando ha ritenuto di consentire ai creditori particolari del socio di soddisfarsi sui beni rappresentati dalla quota di partecipazione del loro debitore, abbia previsto la possibilità di richiedere (non già l'espropriazione, ma) la liquidazione della quota che, pur intaccando il patrimonio della società, non determina alcuna variazione nella composizione della compagine sociale. Questa scelta chiarisce, altresì, che l'inespropriabilità della quota non si ricollega ad un'esigenza di tutela dei creditori sociali (infatti la liquidazione della quota, comportando la diminuzione del patrimonio sociale, è meno conveniente per tali soggetti), ma è posta a protezione dei soci, in considerazione della particolare rilevanza che l'individualità di ciascuno di essi assume nei loro reciproci rapporti. (...)laddove l'atto costitutivo preveda invece la cedibilità delle quote sulla base del semplice consenso dei diretti interessati, cedente e cessionario, salva la sola previsione di un diritto di prelazione in favore degli altri soci, non risulti possibile impedire il trasferimento della quota. Si è conseguentemente ritenuto che le quote di partecipazione di una società di persone che per disposizione dell'atto costitutivo siano trasferibili con il (solo) consenso del cedente e del cessionario, salvo il diritto di prelazione in favore degli altri soci, possono essere sottoposte a sequestro conservativo ed essere espropriate a beneficio dei creditori particolari del socio anche prima dello scioglimento della società. Può quindi concludersi che anche le quote di una società di persone possano essere oggetto di espropriazione forzata da parte dei creditori particolari dei singoli soci, anche prima dello scioglimento della società o del singolo rapporto sociale, laddove, però, la circolazione di tali quote risulti "limitata" solo dall'attribuzione di un diritto di prelazione in favore dei singoli soci. Tribunale di Novara, decreto del 24.11.11, Pres. Dr. B.Quatraro, Giud. Est. Dr.ssa G.Pascale DIRITTO SOCIETARIO - INTERVENTI DEL TRIBUNALE - TIPOLOGIA - RICORSO ALL'AUTORITA' GIUDIZIARIA PER LA NOMINA DIRETTA DEI LIQUIDATORI SENZA LA PUBBLICITA' COSTITUTIVA E SENZA LA PREVENTIVA CONVOCAZIONE DELL'ASSEMBLEA - LIMITI Il quadro sistematico ricavabile dagli artt. 2485, 2487 c.c. (come riformulati dal D.L.vo n. 6/03) prevede, in caso di verificazione di una causa di scioglimento della società, un plurimo intervento sussidiario del Tribunale, a fronte dell'inerzia degli amministratori e dell'assemblea dei soci. In particolare, il primo intervento camerale del Tribunale è previsto (art. 2485 comma 2 c.c.) per l'accertamento e la dichiarazione dell'esistenza di una delle cause di scioglimento della società previste dall'art. 2484 c.c., a fronte dell'inerzia degli amministratori nell'iscrizione della dichiarazione di scioglimento della società presso il registro delle imprese. E' questa una delle novità introdotte dal D.L.vo n. 6/03, che, da una pane, ha assoggettato ad un regime di pubblicità costitutiva la verificazione di una causa di scioglimento della società (art. 2484 comma 3 c.c.), 9 prevedendo, al fine di assicurare tale forma necessaria di pubblicità, un obbligo dì attivazione degli amministratori sanzionato con una forma di responsabilità diretta (art. 2485, comma I, c.c.) e un intervento surrogatorio del Tribunale, e, dall'altra, ha "cameralizzato" (espressione utilizzata da alcuni autori all'indomani dell'entrata in vigore della riforma) il giudizio diretto ad accertare la causa di scioglimento della società anche nelle ipotesi di contrasto tra i soci circa l'effettività o meno dello scioglimento. Il secondo intervento camerale del Tribunale è previsto (art. 2487 comma 2 c.c.) per la convocazione dell'assemblea dei soci finalizzata alla nomina dei liquidatori e alla determinazione dei criteri di liquidazione (art. 2487 comma 1 c.c.) e presuppone che vi sia un'inerzia degli amministratori dopo che sia stata realizzata la pubblicità costitutiva della causa di scioglimento (per effetto della dichiarazione degli amministratori o del provvedimento surrogatorio del Tribunale). Il terzo intervento camerale del Tribunale è previsto (art. 2487 comma 2 c.c.) per la nomina dei liquidatori e la determinazione dei criteri, di liquidazione e presuppone un'inerzia dell'assemblea convocata per l'adozione di tali provvedimenti (per determinazione dell'organo amministrativo o per l'intervento surrogatorio del Tribunale), dopo che sia stata realizzata la pubblicità costitutiva della causa di scioglimento (per effetto della dichiarazione degli amministratori o del provvedimento surrogatorio del Tribunale). (...) risulta evidente che non è ammissibile il ricorso all'autorità giudiziaria per la nomina diretta dei liquidatori senza la pubblicità costitutiva della causa di scioglimento e la preventiva convocazione dell'assemblea per la nomina dei liquidatori, a meno che, tuttavia, la causa di scioglimento consista proprio nell'impossibilità di funzionamento dell'assemblea. Tribunale di Novara, sent. n. 220 del 7/3/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr.ssa G.Pascale RITO SOCIETARIO - ART. 25 D.Lgs. 5/2003 - COMPETENZA - INTERPRETAZIONE I Giudici costituzionali, infatti, hanno sottolineato come la norma impugnata non individui un diverso criterio di competenza per territorio, ma intervenga sul criterio già utilizzato dall'art. 19 del codice di procedura civile, sostanzialmente precisandone il significato ai soli fini del procedimento camerale, con ciò escludendone, pertanto, ogni portata generale (v. Corte Cost. sentenza n. 194/2005). Tribunale di Novara, sent. n. 220 del 7/3/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr.ssa G.Pascale SOCIETA' - RECESSO DEL SOCIO EX ART. 2285 CO.1 C.C. Quanto alla legittimità del recesso dell'attore, infatti, la stessa non può essere posta in discussione ex art. 2285, co. 1, cc, in considerazione della circostanza che la società è stata contratta fino al 2100 e, dunque, per tutta la vita dei soci, che sono, tutti, non più giovanissimi (v. sul punto, ex multis, Tribunale Milano 7 febbraio 2003, in Giur. milanese 2003, p. 219). Conseguentemente, il recesso de quo non deve neppure essere sorretto da giusta causa, attenendo, quest'ultima, al solo comma 2 della norma sopra indicata. Tribunale di Novara, sent. n. 220 del 7/3/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr.ssa G.Pascale SOCIETA' - RECESSO DEL SOCIO - EFFICACIA dell'individuazione del momento di efficacia del recesso, atto recettizio e pertanto efficace a partire dal momento in cui è stato portato a conoscenza del destinatario. Tribunale di Novara, sentenza n. 484 del 13/6/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice SOCIETA' - INSINDACABILITA' IN SEDE GIUDIZIARIA DELLE SCELTE OPERATE DAGLI AMMINISTRATORI - LIMITI La teoria dell'insindacabilità in sede giudiziaria delle scelte amministrative operate dagli amministratori di società di capitali ? o come anche si dice, volendo mutuare una nozione proveniente dalla giurisprudenza statunitense, la business judgment rule - non sia implementabile, nel senso assolutizzante preteso dai convenuti, nel nostro ordinamento: che è pur sempre fondato sulla pretesa costituzionale dell'ordine pubblico economico, di cui la responsabilità degli organi 10 amministrativi per gestioni irragionevoli o illecite rappresenta un'indubbia espressione; il che non significa che la tesi dell'insindacabilità delle scelte discrezionali non abbia un suo innegabile pregio e una sua bontà all'interno del nostro sistema: significa soltanto che non può funzionare come puro e semplice assioma, in quanto il generale rifiuto che il nostro ordinamento civilistico oppone alla mera dommatica del volere privato ( e a cui si ricollega, ad esempio, il mancato riconoscimento, nel nostro ordinamento, del "negozio giuridico" non normato) osta all'utilizzo della discrezionalità amministrativa quale scudo omnibus anche alla progettazione e all'esecuzione di condotte palesemente irragionevoli e collocantisi al di fuori di quel grado di diligenza e prudenza che è richiesto agli amministratori e ai sindaci nel ricoprimento delle relative cariche. Tribunale di Novara, sentenza n. 484 del 13/6/2011, Pres. Dr. B.Quatraro, Est. Dr. F.Filice SOCIETA' - RESPONSABILITA' DEI SINDACI (Nella fattispecie, il collegio ha ritenuto la responsabilità del Collegio di sindacale, asserendo vi fosse assoluta sproporzione tra la piena consapevolezza delle portata e gravità dei fatti, irrefutabilmente emersa dai verbali e dalle relazioni succitate, e la flebilità della reazione dei Sindaci). Novara, lì 14/3/2012 11