Capitolo 6 La geometria euclidea 6.1 La geometria euclidea è un sistema ipotetico-deduttivo In questo capitolo farò in modo che i discenti abbiamo la possibilità di fare un assaggio di quello che i gesuiti del 1600 consideravano il modello per tutte le teorie matematiche. Il nome di questa teoria si deve ad Euclide matematico greco vissuto tra il IV ed il III secolo a. C. ad Alessandria d’Egitto durante il regno di Tolomeo I. Egli compose la più importante opera di geometria dell’antichità. Si tratta di un opera costituita da 13 libri e nota con il nome di Elementi. Ed è l’opera di Euclide rivisitata in chiave moderna a fare da base al nostro studio della geometria elementare. Cominciamo col dire che la geometria di Euclide è un sistema strutturato come un edificio. Essa è dotata di fondamenta (gli enti primitivi, gli assiomi o postulati) e di vari piani (gli enti non primitivi e le loro proprietà, dette teoremi). Gli enti sono gli oggetti di cui si occupa la geometria. Per esprimere una teoria matematica formale si fa uso di una lingua convenzionale, per esempio l’italiano, ma è necessario dedicare alcuni termini per indicare senza ambiguità gli oggetti della teoria e le loro proprietà. Per raggiungere lo scopo occorre descrivere l’oggetto che si intende indicare con un termine prescelto. Tale descrizione, nota con il nome di definizione, implica, inevitabilmente, il riferimento ad altri oggetti la cui descrizione dovrà a sua volta chiamare in causa altri oggetti ancora. È ora del tutto chiaro il fatto che in una teoria matematica debbano esistere degli oggetti primitivi o fondamentali, che vengono indicati con dei termini ben precisi, ma dei quali non è possibile fornire una definizione. La domanda sorge spontanea: come fare per capire di cosa si sta parlando quando si utilizza un termine che indica un oggetto primitivo? In tal caso la parola usata per indicarlo richiama alla mente l’idea o l’immagine che ci permette di identificare l’oggetto. Ciò mostra chiaramente due cose: 1) il punto di partenza di una teoria matematica è l’intuizione o conoscenza empirica, 2) possono essere presentati come oggetti primitivi di una teoria soltanto gli oggetti che hanno un legame stretto con la realtà. Gli enti primitivi della geometria sono: il punto, la retta ed il piano. Tutti noi sappiamo che cosa s’intenda con i termini di cui sopra anche se non esistono nella realtà perché nel quotidiano incontriamo numerosi oggetti che sono rappresentazioni di punti, rette e piani. Nella realtà non esiste nulla che possa essere chiamato punto, retta o piano o nel senso geometrico del termine, perché per Euclide, un punto e una retta non hanno né area, né spessore e un piano ha area, ma non spessore e si estende all’infinito in tutte le direzioni. Come si è dato ad intendere in precedenza la geometria oltre ad introdurre gli oggetti attraverso le definizioni si esprime circa le loro proprietà, quelle che tecnicamente prendono il nome di teoremi. Quando si parla di proprietà degli oggetti matematici si pone, però, un problema di verità. Un teorema è essenzialmente un’affermazione relativa a degli oggetti matematici. Nella pratica quotidiana un’affermazione può essere vera o falsa oppure vera in alcune circostanze e falsa in altre. Tutte le teorie matematiche si fondano sulla logica bivalente la quale fa capo ai seguenti principi fondamentali: Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) 1) Principio del terzo escluso (tertium non datur) secondo cui un’affermazione può essere o vera o falsa e non esistono altri valori di verità 2) Principio di non contraddizione secondo cui un’affermazione non può essere vera e falsa al tempo stesso. Nell’ambito di una teoria matematica si prova la verità dei teoremi nel rispetto di questi canoni e il ragionamento sviluppato per raggiungere tale obiettivo prende il nome di dimostrazione. La dimostrazione di un teorema è strutturata come una sequenza logica di passaggi da una verità di partenza (ipotesi) ad una verità di arrivo (tesi). Ciò che permette di passare da una verità a quella successiva è un’inferenza o deduzione. La dimostrazione di un teorema richiama sempre una verità precedentemente provata. Va da sé che esistono verità che non si possono provare perché non è possibile procedere a ritroso all’infinito. Devono per forza di cose esistere delle verità matematiche o proprietà di oggetti matematici che si assumono vere. Esse prendono il nome di assiomi o postulati. E come per gli enti primitivi tali verità devono risultare ovvie alla nostra intuizione. 6.2 Angoli alterni interni ed esterni, angoli corrispondenti e angoli coniugati Si consideri la costruzione riportata in figura. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Gli angoli delle coppie , ' e , ' prendono il nome di angoli alterni interni perché sono posizionati uno alla sinistra e l’altro alla destra della retta trasversale t e si trovano all’interno della regione di piano delimitata dalle rette r ed s. Gli angoli delle coppie , ' e , ' prendono il nome di angoli alterni esterni perché sono posizionati uno alla sinistra e l’altro alla destra della retta trasversale t e si trovano all’esterno della regione di piano delimitata dalle rette r ed s. Gli angoli delle coppie , ' ; , ' ; , ' ; , ' ; prendono il nome di angoli corrispondenti. Gli angoli delle coppie , ' ; , ' prendono il nome di angoli coniugati interni.. Gli angoli delle coppie , ' ; , ' prendono il nome di angoli coniugati esterni. Si può provare che Teorema 6.2.1 (Teorema delle rette parallele) Date due rette r ed s e una retta t ad esse trasversale come nella figura di cui sopra, se (Hp) si verifica una delle condizioni seguenti: due angoli alterni interni sono congruenti due angoli alterni esterni sono congruenti due angoli corrispondenti sono congruenti due angoli coniugati (interni o esterni) sono supplementari , allora (Th) le rette r ed s sono parallele. Inoltre, si può provare che Teorema 6.2.2 ( Inverso del teorema delle rette parallele) Date due rette r ed s e una retta t ad esse trasversale come nella figura di cui sopra, se (Hp) le rette r ed s sono parallele: , allora (Th) si verificano le seguenti condizioni: due angoli alterni interni sono congruenti due angoli alterni esterni sono congruenti due angoli corrispondenti sono congruenti due angoli coniugati (interni o esterni) sono supplementari. Quest’ultimo teorema ci tornerà utile nel seguito. Osservazione 6.2.1 Preciso che nell’introduzione di questo paragrafo e dei teoremi suddetti abbiamo omesso dire che cos’è un angolo e di specificare quando due rette sono parallele. A tal proposito rimando Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) all’intuizione ed alle conoscenze di base del lettore. Nel seguito eviteremo di fornire le definizioni di altri oggetti geometrici. Osservazione 6.2.2 Con la scrittura Hp (dal greco Hypóthesis) intendiamo indicare l’ipotesi del teorema e con la scrittura Th (dal greco Thésis). Osservazione 6.2.3 Ricordo che due angoli si dicono supplementari se la loro somma dà un angolo piatto, cioè di 180°. 6.3 I triangoli e i criteri di congruenza dei triangoli Definizione 6.3.1 Si dice triangolo un poligono con tre lati. Definizione 6.3.2 Due triangoli si dicono congruenti se hanno tutti i lati e tutti gli angoli congruenti. La congruenza di due triangoli può essere verificata senza verificare la congruenza di tutti gli angoli e di tutti i lati come mostrano i seguenti criteri noti come criteri di congruenza dei triangoli. Teorema 6.3.1 (I criterio di congruenza dei triangoli) Se (Hp) due triangoli hanno ordinatamente congruenti due lati e l’angolo compreso , allora (Th) sono congruenti. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Teorema 6.3.2 (II criterio di congruenza dei triangoli) Se (Hp) due triangoli hanno ordinatamente congruenti un lato e gli angoli ad esso adiacenti , allora (Th) sono congruenti. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Teorema 6.3.3 (III criterio di congruenza dei triangoli) Se (Hp) due triangoli hanno ordinatamente congruenti tutti lati , allora (Th) sono congruenti. Riportiamo qui di seguito due classificazioni dei triangoli. Classificazione dei triangoli rispetto ai lati Un triangolo che ha tutti i lati congruenti si dice equilatero. Un triangolo che ha due lati congruenti si dice isoscele. Un triangolo i cui lati sono tutti diversi si dice scaleno. Classificazione dei triangoli rispetto agli angoli Un triangolo che ha tutti gli angoli acuti si dice acutangolo. Un triangolo che ha un angolo retto si dice rettangolo. Un triangolo che ha un angolo ottuso si dice ottusangolo. Osservazione 6.3.1 Ricordo che due oggetti della geometria (come gli angoli, i segmenti e i poligoni) si dicono congruenti quando è possibile sovrapporli perfettamente. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Osservazione 6.3.2 Ricordo che un angolo si dice acuto se è meno ampio di un angolo di 90° e si dice ottuso se é più ampio di un angolo di 90°. Qui di seguito vedremo due teoremi relativi al triangolo isoscele di notevole importanza il primo dei quali sarà dimostrato e nella cui dimostrazione vedremo come si utilizzano i criteri di congruenza dei triangoli. Teorema 6.3.4 Se (Hp) un triangolo è isoscele, allora (Th) gli angoli adiacenti al lato non congruente sono congruenti. Dimostrazione Si consideri il triangolo riportato nella figura in alto. Il segmento CH individua la bisettrice dell’angolo AĈB. Intendiamo provare che i triangoli AHC e HBC sono congruenti. Si osserva che: CH è un lato comune Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) AC CB per ipotesi (ABC è un triangolo isoscele) ACH HCB per costruzione (CH biseca l’angolo AĈB) Segue che i triangoli AHC e HBC hanno ordinatamente congruenti due lati e l’angolo compreso e per il I criterio di congruenza dei triangoli sono congruenti. Dalla congruenza dei suddetti triangoli segue la congruenza degli angoli e ' come volevasi dimostrare. Osservazione 6.3.3 Dalla congruenza dei triangoli AHC e HBC segue che: AH HB che equivale a dire che CH è la mediana del lato AB AHC CHB e la loro somma è 180° cosa che equivale a dire che entrambi gli angoli sono retti e CH è anche l’altezza del triangolo relativa al lato AB. Preciso che anche l’inverso del suddetto teorema è vero. Si potrebbe, infatti, dimostrare il seguente Teorema 6.3.5 Se (Hp) gli angoli adiacenti ad un lato di un triangolo sono congruenti , allora (Th) gli altri due lati sono congruenti. Teorema 6.3.6 (Secondo teorema dell’angolo esterno) Se (Hp) ABC è un triangolo, allora (Th) un qualsiasi angolo esterno al triangolo è uguale alla somma dei due angoli interni non adiacenti ad esso. Dimostrazione Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Si consideri il triangolo riportato nella figura in alto. L’angolo BCE è uno degli angoli esterni al triangolo. Si vede chiaramente che tale angolo insieme all’angolo interno ad esso adiacente forma un angolo piatto (180°). Qui di seguito proveremo che la somma degli angoli BCE, e è uguale ad un angolo piatto. Dal momento che BCE è uno qualunque degli angoli esterni il teorema risulterà provato in generale. La retta CD parallela alla retta AB divide l’angolo BCE in due angoli ' e ' . Gli angoli ' ed sono corrispondenti relativamente alla trasversale BC e quindi, per l’inverso del teorema delle rette parallele, congruenti. Segue la tesi del teorema. Corollario 6.3.1 Se (Hp) ABC è un triangolo, allora (Th) la somma dei suoi angoli interni è pari a 180°. Dimostrazione Si consideri la costruzione del teorema precedente. Si ha che ' ' 180 , da cui segue che 180 come volevasi dimostrare. Osservazione 6.3.3 Preciso che un corollario è un teorema che segue in modo diretto ed immediato da un teorema dimostrato in precedenza. Osservazione 6.3.4 Dal momento che scelto un punto O all’interno di un poligono di n lati esso può essere suddiviso in n triangoli, la somma dei suoi angoli interni è pari a 180 n 2 180 180(n 2) come mostra la figura sottostante. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) 6.4 I quadrilateri Definizione 6.4.1 Si dice quadrilatero un poligono con 4 lati. Tra i quadrilateri annoveriamo i trapezi ed i parallelogrammi. Definizione 6.4.2 Si dice trapezio un quadrilatero avente almeno due lati paralleli. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Definizione 6.4.3 Si dice parallelogramma un quadrilatero avente due coppie di lati paralleli. Osservazione 6.4.1 Dalle definizioni fornite emerge chiaramente che un parallelogramma è un trapezio perché ha almeno due lati paralleli. Il parallelogramma gode di alcune proprietà che non giustificheremo, ma di cui terremo conto successivamente. Le elenchiamo qui di seguito: Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) i lati opposti sono paralleli e congruenti gli angoli sono congruenti le diagonali si bisecano (tagliano a metà) a vicenda gli angoli adiacenti a ciascun lato sono supplementari Tra i parallelogrammi distinguiamo i rettangoli, i rombi e i quadrati. Definizione 6.4.4 Si dice rettangolo un parallelogramma avente tutti gli angoli retti. Il rettangolo gode delle seguenti proprietà: le diagonali sono congruenti le diagonali dividono il rettangolo in due triangoli rettangoli congruenti Definizione 6.4.5 Si dice rombo un parallelogramma avente tutti i lati congruenti. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Il rombo gode delle seguenti proprietà: le diagonali sono bisettrici degli angoli interni le diagonali sono perpendicolari Definizione 6.4.6 Si dice quadrato un rettangolo avente tutti i lati congruenti. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Osservazione 6.4.2 Dalle definizioni fornite emerge chiaramente che l’insieme dei parallelogrammi è un sottoinsieme dei trapezi, che l’insieme dei rettangoli e l’insieme dei rombi sono dei sottoinsiemi dell’insieme dei parallelogrammi e che i quadrati sono sia dei rettangoli, sia dei rombi e quindi costituiscono l’insieme intersezione dell’insieme dei rettangoli e dell’insieme dei rombi. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) trapezi parallelogrammi rettangoli quadrati rombi 6.5 I poligoni regolari Definizione 6.5.1 Si dice poligono regolare un poligono con i cui lati e i cui angoli sono tutti congruenti. Ci sono: poligoni regolari aventi 3 lati (triangoli equilateri) poligoni regolari aventi 4 lati (quadrati) poligoni regolari aventi 5 lati (pentagoni regolari) poligoni regolari aventi 6 lati (esagoni regolari) … poligoni regolari aventi n lati I poligoni regolari godono delle seguenti proprietà: è possibile costruire una circonferenza passante per ognuno dei vertici del poligono, detta circonferenza circoscritta è possibile costruire una circonferenza tangente (che tocca in un solo punto) ad ognuno dei lati del poligono, detta circonferenza inscritta le succitate circonferenze sono concentriche, cioè hanno lo stesso centro Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Come mostra la figura sopra un poligono regolare di n lati può essere visto come la composizione di n triangoli isosceli i cui lati congruenti misurano quanto il raggio r del cerchio circoscritto (cerchio avente come circonferenza la circonferenza circoscritta) e il cui lato non congruente misura quanto misura il lato del poligono. Ciascuno di questi triangoli ha come altezza il raggio del cerchio inscritto (cerchio avente come circonferenza la circonferenza inscritta), che prende il nome di apotema del poligono. è possibile costruire una circonferenza passante per ognuno dei vertici del poligono, detta circonferenza circoscritta è possibile costruire una circonferenza tangente (che tocca in un solo punto) ad ognuno dei lati del poligono, detta circonferenza inscritta le succitate circonferenze sono concentriche, cioè hanno lo stesso centro Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) 6.6 Il cerchio Nel paragrafo precedente ho introdotto la circonferenza ed il cerchio senza definirli certo del supporto dell’intuizione comune a tutti gli esseri umani di buon senso. In questo paragrafo prendo come pretesto la definizione di tali oggetti geometrici per mostrare un esempio di postulato. Definizione 6.6.1 Si dice circonferenza l’insieme infinito di punti del piano equidistanti da un punto fisso detto centro. Definizione 6.6.2 Si dice cerchio la regione di piano che si trova all’interno di una circonferenza. Osservazione 6.6.1 La definizione fornita ci permette di ricordare che esiste un postulato (proprietà degli enti geometrici che non si dimostra) che ci assicura la possibilità di costruire una circonferenza disponendo di un punto fisso e di un segmento di lunghezza data. Tale postulato è noto come IV postulato di Euclide. Esso afferma: dato un punto e un segmento è possibile costruire un cerchio avente il punto come centro e il segmento come raggio. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Qui di seguito adottiamo un atteggiamento euristico (in altri termini: ci affidiamo all’intuito) per pervenire ad un punto di vista sul cerchio che ci tornerà utile al momento in cui occorrerà giustificare la formula che permette di calcolare la sua area. Con riferimento a quanto detto nel paragrafo precedente, osserviamo che se aumentiamo vertiginosamente il numero n dei lati di un poligono regolare, il poligono, la circonferenza circoscritta e quella inscritta tendono a coincidere. In altri termini: il cerchio può essere visto come un poligono regolare con infinti lati. 6.7 Aree delle superfici dei poligoni Un poligono, per quel che ne sappiamo, (vedi intuizione e conoscenze pregresse) é caratterizzato dalla presenza di una linea spezzata chiusa costituita da segmenti consecutivi (che hanno un punto in comune) non adiacenti (che non stanno sulla stessa retta) e dalla regione di piano interna alla spezzata, detta superficie del poligono. La superficie di un poligono ha una sua estensione, dove per la comprensione del termine estensione ci rimettiamo all’intuizione dell’uomo comune. Con il termine area di una superficie intendiamo indicare la misura dell’estensione di una superficie. La determinazione dell’area di un poligono è mutuata dal concetto di equiestensione. Due superfici sono equiestese quando hanno la medesima estensione. Per determinare l’area di un poligono occorre scegliere un’unità di misura, che è l’area di una superficie, generalmente un quadrato di lato pari all’unità di misura della lunghezza scelta, che potremmo chiamare quadrato unità. L’area di una superficie è, quindi, il numero quadrati unità (e dei suoi sottomultipli) necessari per tappezzare perfettamente la superficie. Con ciò in mente nel seguito giustificheremo le formule, note fin dai tempi della scuola primaria, che ci permettono di determinare l’area di tutti i poligoni incontrati finora. Area del rettangolo Si consideri il seguente rettangolo Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Se si sceglie come unità di misura dell’area il quadretto del foglio di quaderno utilizzato il numero di quadretti unità contenuti nel rettangolo è uguale al numero b di volte che il suo lato è contenuto nella base e per il numero di volte h che il suo lato è contenuto nell’altezza. In simboli: A b h , dove con la lettera A ci si riferisce all’area del rettangolo. Le formule inverse sono le seguenti: A A b e h . h b Area del triangolo Si consideri il triangolo ABC nella figura in basso Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) CH è l’altezza del triangolo relativa al lato AB. I segmenti AE e DB sono entrambi paralleli a CH (e quindi paralleli tra loro). Il segmento ED è parallelo ad AB. Ora proveremo che il rettangolo ABDE ha area pari al doppio dell’area del rettangolo ABC. A tal fine basta provare che: AEC ACH CDB CHB AEC e ACH sono congruenti per il II criterio di congruenza dei triangoli. Infatti: AC è un lato comune HAC ECA perché alterni interni relativamente alle parallele EC e AH e rispetto alla trasversale AC. EAC ACH perché alterni interni relativamente alle parallele EA e CH e rispetto alla trasversale AC. CDB e CHB sono congruenti per il II criterio di congruenza dei triangoli. Infatti: CB è un lato comune HBC BCD perché alterni interni relativamente alle parallele HB e CD e rispetto alla trasversale CB. HBC BCD perché alterni interni relativamente alle parallele HB e CD e rispetto alla trasversale CB. HCB DBC perché alterni interni relativamente alle parallele CH e DB e rispetto alla trasversale CB. Ora l’area del rettangolo ABDE è pari alla misura di AB che indichiamo con b per la misura di CH che indichiamo con h. dove AB e CH sono base e altezza per il triangolo ABC. In simboli: Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) AR b h e, di conseguenza l’area del triangolo ABC è AT seguenti: b bh . Le formule inverse sono le 2 2 AT 2A e h T . h b Area del parallelogramma Si consideri il parallelogramma ABCD nella figura in basso Intendiamo provare che il parallelogramma ABCD e il rettangolo HKCD sono equiestesi. A tal fine basta far vedere che il triangolo AHD è congruente a al triangolo JBC. Infatti: AD BC perché sono paralleli in un parallelogramma come indicato nel paragrafo 6.4 DAH JCB perché angoli opposti in un parallelogramma come indicato nel paragrafo 6.4 ADH JBC perché DAH JCB e AHD e BJC sono retti. Da cui segue che i due triangoli sono congruenti per il II criterio di congruenza dei triangoli. Ma è anche vero che JBC è congruente a BKC per il II criterio di congruenza dei triangoli e, di conseguenza, AHD è congruente a BKC. Infatti: BC è un lato comune KBC JCB perché alterni interni relativamente alle parallele DC e AK e rispetto alla trasversale BC JBC KCB perché alterni interni relativamente alle parallele JB e CK e rispetto alla trasversale BC. In definitiva, l’area del parallelogramma ABCD è pari alla misura della sua altezza DH che indichiamo con la lettera h per la misura della sua base AB che indichiamo con la lettera b. In simboli: AR b h e, di conseguenza l’area del triangolo ABC è AP b h . Le formule inverse sono le seguenti: b AP A e h P . h b Area del trapezio Si consideri il trapezio ABCD nella figura in basso Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Il parallelogramma ABEFD ha area pari al doppio dell’area di ABCD. In effetti, il trapezio ABEFD ed il trapezio CBEFC sono congruenti per costruzione. A tal proposito è facile verificare che i triangoli CKB e CBJ, i rettangoli HKCD e BEGJ e i triangoli ADH e GEF sono congruenti. Infatti: CB è comune KBC e CBJ sono congruenti perché alterni interni relativamente alle rette KB e CJ e rispetto alla trasversale CB CBJ e BCK sono congruenti perché alterni interni relativamente alle rette CK e JB e rispetto alla trasversale CB In definitiva, l’area del trapezio ABCD alla metà dell’area del parallelogramma AEFD, ma l’area del parallelogramma è pari alla misura della sua altezza DH che indichiamo con la lettera h per la misura della sua base AE che indichiamo con l’espressione bM bm . Quindi l’area del trapezio è: ATr h bM bm h . Le formule inverse 2 sono le seguenti: bM 2A 2 ATr bm ; bm Tr bM ; h h 2 ATr . bM bm Area del rombo Si consideri il rombo ABCD nella figura in basso Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) È facile provare che i triangoli DCH, HBC, DHA e ABH sono congruenti. Per quanto visto nel paragrafo 6.4 a proposito del rombo le diagonali sono bisettrici degli angoli interni e perpendicolari fra loro. Da ciò segue che: CDH è congruente a HBC perché H è comune e DCH e HCB sono congruenti perché CA è bisettrice dell’angolo DCB e DHC e CHB sono congruenti perché entrambi retti in ragione del fatto che le diagonali DB e AC sono perpendicolari. per ragioni simili DHA è congruente a HBA CDH è congruente a DHA perché DH è comune e CDH è congruente a ADH perché DB è bisettrice dell’angolo ADC e DHA è congruente a CDH perché entrambi retti in ragione del fatto che le diagonali DB e AC sono perpendicolari. In definitiva l’area del rombo è uguale al quadruplo dell’area di ciascuno dei triangoli in cui è diviso il rombo. Ora l’area di un triangolo è pari alla misura di DH che è pari alla metà della d diagonale DB e che indichiamo con la scrittura 1 per la metà della diagonale CA che indichiamo 2 Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) d1 d 2 d2 d d d d con la scrittura diviso 2. In simboli l’area del rombo è AR 4 2 2 4 1 2 1 2 . Le 2 8 2 2 2 AR 2A formule inverse sono le seguenti: d1 e d2 R . d2 d1 Area dei poligoni regolari In base a quanto detto nel paragrafo 6.5 un poligono regolare di n lati può essere suddiviso in n triangoli isosceli congruenti di base il lato l ed altezza l’apotema a. Va da sé che l’area del poligono nl a è pari a APreg p a , dove con p si intende il semiperimetro del poligono. 2 Area del cerchio In base a quanto detto nel paragrafo 6.6 un cerchio può essere visto come poligono regolare con infiniti lati il cui apotema coincide con il raggio r ed il semiperimetro con la misura della r r r 2 . semicirconferenza che è pari a r . Va da sé che l’area del cerchio è pari a AC 2 6.8 I teorema di Euclide e teorema di Pitagora Qui di seguito enunceremo il I teorema di Euclide che utilizzeremo per dimostrare il teorema di Pitagora che ci servirà per risolvere alcuni problemi di geometria che riporteremo a titolo di esempio. Teorema 6.8.1 (I teorema di Euclide) Se (Hp) ABC è un triangolo rettangolo, allora (Th) l’area del quadrato costruito su un cateto è uguale all’area del rettangolo che ha come altezza la proiezione del cateto sull’ipotenusa e come base l’ipotenusa. Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Osservazione 6.8.1 La proiezione di un segmento su una retta si ottiene proiettando i suoi estremi sulla retta. La proiezione di un punto P su una retta r è il punto in cui tale retta interseca la perpendicolare ad essa e passante per P. Nella fattispecie uno degli estremi di ciascun cateto coincide con la sua proiezione in quanto appartenente all’ipotenusa. Teorema 6.8.2 (Teorema di Pitagora) Se (Hp) ABC è un triangolo rettangolo, allora (Th) l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree costruite sui cateti. Dimostrazione Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Per il I teorema di Euclide il quadrato costruito sul cateto AC ha la stessa area del rettangolo avente come altezza la sua proiezione AH e come base l’ipotenusa e il quadrato costruito sul cateto CB ha la stessa area del rettangolo avente come altezza la sua proiezione HB e come altezza l’ipotenusa. Come mostra la figura in alto i due rettangoli insieme formano il quadrato costruito sull’ipotenusa. Segue la tesi del teorema. Osservazione 6.8.2 Se indichiamo con a la misura dell’ipotenusa, con b e con c quelle dei cateti il teorema si può esprimere in termini algebrici come segue: a 2 b2 c2 a b2 c2 b2 a2 c2 b a2 c2 c2 a2 b2 c a2 b2 Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) 6.9 Problemi sul calcolo delle aree dei poligoni Problema 1 Determinare l’area del triangolo isoscele ABC sapendo che la base AB = b = 6 a ciascuno dei lati congruenti AC = BC = 5. Risoluzione L’altezza CH= h divide il triangolo in due triangoli rettangoli di cui sono noti l’ipotenusa AC ed il AB cateto 3 . L’altro cateto CH è l’altezza del triangolo e ricorrendo al teorema di Pitagora si ha 2 che CH 52 32 25 9 16 4 . Va da sé che l’area del triangolo si ottiene come segue: 64 12 . 2 Problema 2 Determinare l’area del rettangolo ABCD sapendo che la base AB = b = 9 e la diagonale AC = 15. Risoluzione La diagonale AC divide il rettangolo in due triangoli rettangoli di cui sono noti l’ipotenusa AC ed il cateto AB = 9. L’altro cateto CB è l’altezza del rettangolo. Per cui ricorrendo al teorema di Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Pitagora si ha che CB 152 9 2 225 81 144 12 . Va da sé che l’area del rettangolo si ottiene come segue: 9 12 108 . Problema 3 Determinare l’area del trapezio isoscele ABCD sapendo che la base maggiore AB = bM = 124, la base minore CD = bm = 100 e il lato obliquo AD = 20. Risoluzione L’altezza AH = h del trapezio isoscele individua con ciascun lato obliquo un triangolo rettangolo avente come ipotenusa il lato obliquo AD e come cateti l’altezza che non conosciamo e il valore AB CD 124 100 ottenuto dalla metà della differenza delle due basi del trapezio 12 . 2 2 L’altezza del trapezio si ottiene facendo uso del teorema di Pitagora come segue: AH 20 2 12 2 400 144 256 16 . Va da sé che l’area del trapezio si ottiene come 124 100 16 1792 . segue: 2 Problema 4 Determinare l’area del pentagono regolare ABCDE sapendo che il lato AB = l misura 40 e il raggio AO = r (della circonferenza circoscritta) misura 25. Risoluzione L’apotema del pentagono OH = a divide il lato il triangolo due lati congruenti al raggio e un lato congruente con il lato del pentagono in due triangoli rettangoli di cui il raggio è l’ipotenusa e la meta del lato è un cateto. L’apotema del pentagono si ottiene facendo uso del teorema di Pitagora come segue: OH 252 20 2 625 400 225 15 . Va da sé che l’area del pentagono si 5 40 15 1500 . ottiene come segue: 2 Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo) Problema 5 Determinare l’area del trapezio rettangolo ABCD sapendo che la base maggiore AB = bM = 124, la base minore CD = bm = 100 e il lato obliquo AD = 30. Risoluzione L’altezza AH = h del trapezio rettangolo individua con l’unico lato obliquo un triangolo rettangolo avente come ipotenusa il lato obliquo CB e come cateti l’altezza che non conosciamo e il valore ottenuto dalla della differenza delle due basi del trapezio AB CD 124 100 24 . L’altezza del trapezio si ottiene facendo uso del teorema di Pitagora come segue: AH 30 2 20 2 900 576 324 18 . Va da sé che l’area del trapezio si ottiene come 124 100 18 2016 . segue: 2 Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)