Riabilitazione implantoprotesica a carico immediato di arcate

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ESTRATTO
Riabilitazione implantoprotesica a carico
immediato di arcate complete e
finalizzazione tipo Toronto bridge. Case report
teamwork media srl - Via Sicilia 21a - 25069 Villa Carcina (BS)
Renato Rossi, Giuliano Malaguti, Ugo Consolo
Estratto offerto da:
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Heraeus Kulzer srl
Via Console Flaminio, 5/7
20134 Milano
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TECNICA
Riabilitazione implantoprotesica
a carico immediato di arcate
complete e finalizzazione tipo
Toronto bridge. Case report
Renato Rossi, Giuliano Malaguti, Ugo Consolo
Questo articolo si pone l’obiettivo di presentare, attraverso l’analisi di un caso paradigmatico, alcune soluzioni in grado
di semplificare e standardizzare alcune fasi cliniche e di laboratorio, per la realizzazione di una protesi fissa provvisoria a
supporto implantare con carico e funzione immediati, e per la finalizzazione della stessa con protesi tipo Toronto
Introduzione
Report clinico
protocolli di carico e funzione immediata riguardanti l’uso
di protesi fissa implantosupportata per la riabilitazione di
arcate edentule sono stati ampiamente documentati [1-3].
Questi concetti sono stati sviluppati per fornire restauri in un
tempo ridotto, riducendo il discomfort del paziente e le cure
postoperatorie, con un effetto psicologico favorevole per i
pazienti [4-13].
Il posizionamento di impianti con funzione immediata ha
dimostrato un’ottima prognosi longitudinale, sia con una
configurazione implantare parallela [14-15] che “tiltata”,
ovvero con gli impianti distali posizionati in modo angolato,
per evitare interventi di chirurgia ossea additiva e ridurre le
estensioni distali [16]. Questi risultati hanno trovato riscontro
anche nelle analisi istologiche e istomorfometriche, che hanno mostrato livelli elevati di contatto osso-impianto nell’uomo
in seguito a carico immediato [17]. I protocolli di carico immediato prevedono generalmente la consegna della protesi
provvisoria in seguito al posizionamento implantare in un
tempo limitato (24-48 ore). Il raggiungimento di un risultato
clinico attendibile in questo lasso temporale è vincolato ad
una corretta diagnosi, una scrupolosa pianificazione preoperatoria, e fasi cliniche e di laboratorio ben codificate e
ripetibili.
Un paziente di 65 anni è giunto alla nostra osservazione,
lamentando difficoltà estetiche e funzionali connesse alla sua
riabilitazione protesica incongrua. Il paziente è portatore da
molti anni di protesi parziali rimovibili per la riabilitazione di
un edentulismo di prima classe di Kennedy estremo, sia mascellare che mandibolare. Il paziente presenta inoltre perdita
della dimensione verticale, che lo ha condotto ad acquisire
una malocclusione scheletrica di terza classe (Figg. da 1 a
3).
La valutazione iniziale del possibile posizionamento implantare ha compreso valutazioni cliniche extra- ed intra-orali,
con e senza le protesi pre-esistenti, analisi delle protesi stesse, ed esami radiografici dell’osso residuo (Fig. 4).
Per il trattamento delle problematiche del paziente e il raggiungimento del suo chief complaint, il piano di trattamento
ha previsto la bonifica di entrambe le arcate e la realizzazione di una protesi fissa implantosupportata, dapprima provvisoria a carico immediato, quindi definitiva tipo Toronto. Vista
la difficoltà tecnica di realizzare contemporaneamente un
provvisorio fisso a carico immediato ad entrambe le arcate, è stato pianificato l’inserimento implantare inizialmente
all’arcata mascellare, poi in quella mandibolare. In questo
modo è possibile compensare il maggior tempo di guarigio-
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Figg. 1a e 1b Fotografia iniziale del caso, in visione
frontale e laterale. Si notino la perdita di supporto delle
labbra e dei tessuti periorali conseguenti all’edentulismo
pressoché completo riabilitato in modo incongruo
Figg. 2a e 2b Fotografie intraorali con e senza il provvisorio pre-esistente. I due elementi residui in antagonismo
mantengono una dimensione verticale d’occlusione,
sebbene questa possa essere stata alterata dall’usura
degli stessi
Fig. 3 Vista laterale, che mostra la perdita di dimensione
verticale con conseguente acquisizione di una malocclusione scheletrica di III classe, anche a causa del diverso
pattern di riassorbimento dell’osso mascellare e mandibolare
Fig. 4 Rx pre-operatoria
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ne generalmente richiesto dalla scarsa qualità ossea all’arcata superiore, procedendo invece con la protesizzazione
definitiva in contemporanea.
All’arcata mascellare è stato pianificato il posizionamento
di 6 impianti con una protesi fissa provvisoria, realizzata
in materiale acrilico, che rimanga in situ per almeno 3 mesi
prima della realizzazione della protesi definitiva. All’arcata
mandibolare sono invece stati previsti 5 impianti, con una
protesi provvisoria analoga.
Durante la fase di studio iniziale, impronte in alginato delle
arcate sono state rilevate, e modelli di studio in gesso tipo
III montati in articolatore a valori medi per la fabbricazione
della protesi provvisoria mandibolare e la pianificazione di
quella mascellare. La registrazione dei rapporti intermascellari è stata condotta con valli in cera montati su basi di registrazione.
Il montaggio dei denti è quindi stato provato per eseguire
una valutazione estetica e fonetica prima di procedere alla
bonifica.
I denti utilizzati in questa tipologia protesica (Premium, Heraeus Kulzer, Germania) devono rispettare alcuni requisiti
meccanici, morfologici ed estetici specifici per il loro utilizzo
finale. Questa considerazione si applica già a partire dalla
ceratura d’analisi, quando la scelta della morfologia dentale
determina non solo la posizione dei denti artificiali del provvisorio, ma anche la pianificazione dei futuri siti implantari.
L’utilizzo di elementi dentari troppo piccoli, infatti, può portare all’individuazione di siti implantari non ottimali.
Attualmente sono presenti in commercio tipologie di denti per
protesi mobile realizzate in vari materiali. Ai fini del carico
immediato, questi denti devono essere facili da adattare, ma
al contempo devono consentire il mantenimento dell’efficacia
di taglio e della dimensione verticale d’occlusione con l’uso.
I materiali di scelta sono pertanto rappresentati da denti in
resina acrilica o composito.
Il problema dell’usura di questi elementi è noto da tempo.
Lo stesso Passamonti consigliava l’inserimento di restauri in
amalgama o in oro nei denti acrilici per ovviare all’usura
degli elementi di sostituzione [18]. Suzuki [19] ha misurato
l’usura conseguente a carico ciclico di 4 tipologie di denti
per protesi totale (compositi nanoriempiti, compositi microriempiti, acrilici cross-linked, e acrilici convenzionali) contrapposti a dentatura naturale. I denti in composito nanoriempito
hanno mostrato la minor usura, seguiti da quelli in composito
micro-riempiti e da quelli in acrilico cross-linked, seppur con
differenze non sempre significative. I denti in acrilico convenzionale hanno invece subito un’usura significativamente
maggiore.
Ghazal et al. [20] hanno condotto uno studio in vitro finalizzato alla simulazione dell’usura conseguente al carico masticatorio di denti per protesi totale in ceramica feldspatica,
composito nanoriempito e resina acrilica con riempitivo di
uretano dimetacrilato (UDMA), contrapposti a denti naturali
o allo stesso materiale. I denti in resina acrilica hanno mostrato un grado di usura significativamente superiore rispetto
agli altri materiali, sia contrapposti a denti naturali che dello
stesso materiale. Gli autori dell’articolo indicano i denti in
composito nanoriempiti come la soluzione ottimale sia quando l’arcata antagonista è rappresentata da una protesi mobile (quindi con denti dello stesso materiale) sia quando è costituita da dentatura naturale. Gli stessi autori [21] hanno più
di recente indagato l’usura in vitro delle stesse tipologie di
4
denti quando contrapposti a denti naturali, valutando anche
gli effetti ai danni dei denti naturali usati come antagonisti. I
denti in ceramica hanno mostrato un’usura significativamente
inferiore rispetto a tutti gli altri gruppi di denti, ma hanno
provocato un’abrasione dello smalto dentale delle superfici
antagoniste. La resistenza dei denti in composito nanoriempito è risultata essere inferiore rispetto a quella dei denti in
ceramica, ma superiore rispetto ai denti in resina convenzionale o modificata, pertanto alla minor perdita complessiva di
dimensione verticale.
Si evidenzia quindi l’importanza, al fine del mantenimento
della dimensione verticale d’occlusione nel tempo e della resistenza all’usura, dell’utilizzo di denti di ultima generazione,
quali per esempio quelli dotati di un micro- e nano-riempitivo
brevettato (NanoPearls®) utilizzati nel caso presentato (Premium, Heraeus Kulzer, Germania).
Per quanto riguarda la resina utilizzata per la costruzione del
corpo protesico, ai fini dell’utilizzo della protesi totale come
provvisorio fisso su impianti attraverso una trasformazione
ambulatoriale della stessa, sono oggi disponibili diverse tipologie di resina acrilica, anch’esse soggette di studi. Gurbuz
et al. [22] hanno confrontato in vitro la resistenza a fatica ad
un carico che comporti una flessione di resine acriliche differenti: termo-polimerizzabile convenzionale, termo-polimerizzabile rapida, termo-polimerizzabile altamente riempita,
fotopolimerizzabile a luce visibile e resina ed auto-polimerizzabile. La resina acrilica altamente riempita (come quella
utilizzata nel caso descritto, PalaXpress® Ultra, Heraeus Kulzer GmbH, Hanau, Germania) ha mostrato una resistenza a
fatica significativamente superiore rispetto alla resina autopolimerizzante e a quella fotopolimerizzabile con luce visibile, ed una resistenza superiore ma non in modo significativo
rispetto alle altre 2 tipologie di resina termo-polimerizzabile.
La qualità di tali resine assume significatività clinica al fine
di ridurre il rischio di frattura del provvisorio, specialmente
prima della completa osseointegrazione degli impianti.
Suarez-Feito et al. [23] hanno esaminato in modo retrospettivo 242 casi consecutivi di carico immediato di arcate
complete, riabilitati con un provvisorio fisso acrilico privo di
rinforzo metallico. Essi hanno riscontrato fratture nell’8,26%
dei casi, delle quali il 52% sono avvenute nelle prime 4 settimane. Il rischio di fratture del provvisorio è aumentato di
4,7 volte in caso di presenza di un restauro fisso implantosupportato come antagonista.
Una protesi totale provvisoria mandibolare è stata quindi realizzata con resina acrilica altamente riempita e denti con
micro- e nano-riempitivi per il giorno della chirurgia.
Il paziente è stato anestetizzato con lidocaina 2% con adrenalina 1:100,000 e un’incisione in cresta è stata realizzata.
Sono stati posizionati 6 impianti, 4 dei quali con andamento
parallelo (Restore RBM, Keystone Dental, VR), i 2 più distali
tiltati (Co-Axis, Southern Implants, SIR, VR) secondo quanto
precedentemente pianificato (Fig. 5). L’utilizzo di impianti
con piattaforma protesica angolata (Co-Axis) in corrispondenza degli impianti più distali ha consentito di compensare efficacemente l’inclinazione implantare. Tutti gli impianti
sono stati inseriti con un torque maggiore di 35 Ncm.
Consensualmente è stata eseguita la bonifica dell’arcata
mandibolare, e la protesi provvisoria mandibolare è stata
posizionata e ribasata con un materiale condizionante siliconico.
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Fig. 5 Fotografia intraoperatoria del posizionamento dei
sei impianti mascellari. Si notino i dispositivi di montaggio
dei due impianti più distali, tiltati distalmente, che presentano una piattaforma protesica angolata rispetto all’asse
lungo implantare. La vite protesica ha una fuoriuscita con
angolazione di 12° differente, la cui emergenza è preferibile che sia in direzione mesiale e leggermente palatale,
per semplificare le fasi protesiche
Fig. 6 Impronta intraoperatoria tipo pick-up con portaimpronte standard eseguita sui MUA subito dopo la sutura
dei lembi
Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, in seguito al posizionamento implantare, sia esso con impianti paralleli o
inclinati distalmente, occorre procedere con il rilievo delle
impronte e la registrazione dei rapporti intermascellari, necessari per il carico immediato.
A questo scopo alcuni protocolli includono l’uso di specifiche
componenti transmucose che aiutano il clinico spostando più
coronalmente l’interfaccia tra denti e impianti [24].
In questa tipologia rientrano anche i monconi multi-unit (MUA,
Multi Unit Abutment), il cui utilizzo è stato introdotto prevalentemente per la correzione del disparallelismo implantare o
per semplificare la gestione delle fasi di laboratorio, poiché
eliminano le interferenze legate al dispositivo antirotazione e
alla tipologia di connessione dell’impianto, specie se interna.
Dal punto di vista clinico, l’utilizzo di MUA consente una
importante semplificazione, permettendo di suturare i lembi
prima del rilievo dell’impronta, evitando quindi disagio al
paziente e riducendo i rischi legati alla contaminazione del
sito con il materiale da impronta. Si consiglia di utilizzare
monconi di lunghezza adeguata in funzione dello spessore
dei tessuti molli perimplantari, prevedendo anche l’edema
postoperatorio, in modo da semplificare il posizionamento
del provvisorio e consentire l’accessibilità igienica nei giorni
seguenti l’intervento. Altro suggerimento è quello di utilizzare
MUA della stessa lunghezza su tutti gli impianti della stessa
arcata candidati all’uso di tali monconi. Ciò semplifica il riposizionamento degli stessi nelle sedute successive, quando
i MUA sono rimossi, nel caso il piano di trattamento preveda
la realizzazione di una protesi con connessione diretta con
la piattaforma implantare.
I limiti dell’uso di MUA sono invece rappresentati dalla riduzione dello spazio protesico, specie nei casi con buona conservazione dell’osso residuo, e dall’inserzione di una componente intermedia, con il relativo rischio di allentamento
o complicanze. Studi longitudinali hanno in realtà mostrato
una grande affidabilità dei MUA anche per il supporto di
protesi fisse definitive [16].
Posizionati i monconi e completata la sutura dei tessuti molli
perimplantari, il clinico può rilevare l’impronta con la tecnica
di scelta, generalmente pick-up con portaimpronte individuale (reso possibile dalla pianificazione pre-chirurgica) o standard adattato. Utilizzando i MUA, sarà necessario disporre
della componentistica specifica corrispondente (transfer da
impronta e analoghi da laboratorio) in numero adeguato.
È sempre bene infatti predisporre una quantità maggiore di
componenti rispetto a quanto previsto in fase di pianificazione, prevenendo eventuali rotture o inconvenienti.
Nel caso in esame, sei MUA (Compact conical abutment,
Southern Implants, SIR, VR) sono stati connessi agli impianti, con una forza di serraggio di 35 Ncm, consentendo di
suturare le mucose prima della fase protesica. Un’impronta
in polietere (Impregum, 3M Espe, MN, USA) è stata quindi
rilevata con i transfer specifici per i MUA usando un portaimpronte standard in materiale plastico adattato per la tecnica
pick-up (Fig. 6).
Un modello di lavoro è stato quindi realizzato in gesso da
articolatore tipo IV. Questo gesso viene preferito nelle fasi di
carico immediato per l’estrema precisione e il ridotto tempo
di presa.
La registrazione dei rapporti intermascellari è spesso una
fase complessa nei casi di carico immediato, anche per la
scarsa compliance dei pazienti al termine della fase chirurgica. In questo caso, un vallo in cera realizzato su una base
in resina acrilica fotopolimerizzabile avvitata ai monconi
implantari ha consentito la registrazione dei rapporti intermascellari e una prova del montaggio dei denti della protesi
provvisoria, usando la protesi totale mandibolare come antagonista (Fig. 7).
Per quanto concerne la protesi provvisoria, l’uso di una protesi fissa avvitata è la soluzione più descritta in casi analoghi
in letteratura. È necessario posizionare la protesi il prima
possibile, per ridurre il dolore e l’influenza dell’edema postoperatorio sul riposizionamento del provvisorio a carico immediato [25-26].
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Fig. 7 Vallo ad ancoraggio implantare in resina acrilica
fotopolimerizzabile, utilizzato sia per la registrazione dei
rapporti intermascellari che per la prova del montaggio
dei denti frontali
Fig. 8 Provvisorio ultimato pronto per la consegna. Si noti
la presenza di 12 elementi con un’estensione ridotta del
cantilever distale, resa possibile dalla presenza di impianti
tiltati nei settori posteriori
Fig. 9 Rx post-operatoria di controllo
Il provvisorio fisso a carico immediato è stato realizzato utilizzando dei cilindri provvisori per MUA, con un’armatura
costituita da un filo metallico intrecciato, che ha l’intento di
evitare l’ingestione accidentale o il movimento reciproco dei
frammenti nell’eventualità di una frattura del provvisorio. L’utilizzo di impianti tiltati nelle posizioni più distali ha consentito di montare 12 denti sul provvisorio con un cantilever ridotto, riducendo quindi il rischio di sovraccarico sugli impianti
stessi (Fig. 8).
Il provvisorio è stato posizionato in situ a 6 ore dalla fine
dell’intervento chirurgico, serrando manualmente le viti protesiche. Anche la protesi mobile totale mandibolare è stata
consegnata. La realizzazione diretta della protesi provvisoria, a fronte della necessità di realizzare ex-novo tutto il corpo protesico nell’immediata fase post-chirurgica, consente di
minimizzare le modifiche da fare agli elementi di sostituzione, e di ottimizzare il montaggio dei denti e la ceratura del
corpo protesico in funzione dell’emergenza degli impianti.
L’occlusione è stata controllata e ritoccata leggermente, cercando un contatto in centrica anche nel gruppo frontale,
e una guida di gruppo in lateralità. Quest’ultima, pur non
essendo l’occlusione ideale per la protesi totale dell’arcata
antagonista, rappresenta lo schema occlusale che sarà da
ricercare al momento della prevista trasformazione della protesi mandibolare in provvisorio fisso a carico immediato.
È stata quindi eseguita un’ortopantomografia digitale di controllo (Fig. 9).
6
Fig. 10 Inserimento implantare precoce all’arcata mandibolare. Gli impianti distali, anch’essi tiltati distalmente,
presentano un’emergenza della vite protesica diretta
mesio-lingualmente
Le suture sono state rimosse a una settimana dall’inserimento
implantare e l’occlusione verificata.
Ad un mese dall’inserimento implantare, con la medesima
procedura chirurgica, 5 impianti mandibolari intraforamina
sono stati inseriti, tiltando i due più distali (rispettivamente
Restore RBM, Keystone Dental, e Co-Axis, Southern Implants)
(Fig. 10).
Anche in questo caso, 5 MUA sono stati connessi agli impianti (Figg. 11 e 12). La protesi totale provvisoria è stata
utilizzata per la registrazione della DVO, rilevando un’impronta dei MUA con 3 viti di copertura degli stessi. Inoltre,
un’impronta con tecnica pick-up utilizzando transfer specifici
e un portaimpronte standard in plastica opportunamente forato è stata rilevata (Figg. 13 e 14).
La protesi totale provvisoria mandibolare ha costituito la base
di partenza per la realizzazione del provvisorio fisso a carico immediato di quest’arcata. Ciò consente, ove i parametri
costruttivi e clinici siano corretti, di trasferire le informazioni
relative a forma e posizione dei denti, relazione centrica e
dimensione verticale d’occlusione al restauro su impianti.
Le tecniche più comuni per la realizzazione dei provvisori
prevedono l’esecuzione di protesi prefabbricate.
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Fig. 11 Transfer da impronta per MUA in situ per impronta
intraoperatoria con tecnica pick-up
Fig. 12 Impronta intraoperatoria con portaimpronte del
commercio opportunamente forato
Fig. 13 Utilizzo di viti di guarigione sui MUA per il trasferimento dei rapporti intermascellari usando la protesi
provvisoria ribasata con materiale da impronta
Fig. 14 Le stesse viti della figura precedente, montate sul
modello di lavoro, consentono di montare in articolatore
modello e protesi provvisoria
Fig. 16 Rx post-operatoria con provvisorio in situ
Fig. 15 Provvisorio mandibolare ottenuto dalla trasformazione ambulatoriale della protesi totale mobile pre-esistente. Si noti, nuovamente, la presenza di 12 elementi con un
cantilever distale di minima entità
Una volta posizionati gli impianti, dei cilindri provvisori sono
solidarizzati intraoralmente alle protesi con resina acrilica
ad alto impatto (PalaXpress (r) Ultra, Heraeus Kulzer GmbH,
Hanau, Germania) [27-30]. Una tecnica simile è rappresentata dalla conversione della protesi, che adatta la protesi
preesistente quando questa sia congrua sui cilindri provvisori
[31-32]. La protesi totale provvisoria del caso descritto in
questo report è stata così trasformata in un provvisorio fisso
avvitato implantosupportato a carico immediato, anch’esso
con armatura in filo metallico intrecciato.
L’inserzione di impianti tiltati nei settori posteriori ha consentito di minimizzare il cantilever posteriore, potendo così
prevedere l’inserimento di un provvisorio con 12 elementi
(Fig. 15). È stata eseguita un’ortopantomografia digitale di
controllo (Fig. 16).
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Fig. 17 Verifica dei contatti occlusali in centrica
Fig. 18 Aspetto extraorale dei
provvisori fissi a carico immediato
Figg. 19a e 19b Guarigione dei tessuti a 3 mesi dall’ultima chirurgia
Le suture sono state rimosse a 1 settimana dall’inserimento
implantare, e l’occlusione verificata (Figg. 17 e 18). Il paziente è stato quindi seguito con controlli mensili. A 3 mesi
dall’inserimento implantare, quando l’osteointegrazione è
ottimale, sono state rilevate delle impronte definitive con tecnica pick-up e portaimpronte individuale (Figg. 19a e 19b).
Verificata clinicamente e radiograficamente la qualità dei
modelli maestro, due protesi totali a supporto implantare tipo
Toronto sono state realizzate con tecnologia CAD-CAM. Le
protesi, in titanio-resina acrilica, hanno previsto 12 elementi
dentari per arcata, con uno schema occlusale semplificato
(contatti puntiformi in centrica su tutti i denti, guida canina in
lateralità) (Figg. 20a e 20b). Le protesi, eseguite le opportune verifiche estetiche, fonetiche e degli spazi igienici, sono
state fissate e serrate a 32 Ncm sulla piattaforma implantare
(Fig. 21).
8
Conclusioni
Nel trattamento dell’edentulismo completo di entrambe le arcate con una protesi fissa a supporto implantare, sono stati
realizzati provvisori fissi a carico immediato, con due tecniche differenti: realizzando il provvisorio immediatamente
dopo il rilievo dell’impronta intraoperatoria all’arcata mascellare; adattando la protesi mobile all’arcata mandibolare.
Nel primo caso è stato necessario procedere al rilievo dei
rapporti intermascellari realizzando un vallo ancorato agli
impianti, nel secondo la protesi pre-esistente ha consentito
un corretto montaggio in articolatore. L’utilizzo di materiali idonei, quali impianti con piattaforma protesica angolata
(Co-Axis, Southern Implants, SIR), denti e resina di ultima generazione (rispettivamente Premium e PalaXpress, entrambi
Heraeus Kulzer), consente di standardizzare le procedure,
riducendo i tempi operativi e minimizzando così i rischi.
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Figg. 20a e 20b Guide in protrusiva e lateralità delle
protesi definitive
Fig. 21 Aspetto intra- ed extra-orale della protesi definitiva in titanio-resina.
Si notino gli spazi per il corretto mantenimento igienico
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Gli autori
Odt. Renato Rossi, titolare del laboratorio
Tecnodent, Corridonia (MC).
Laboratorio Tecnodent snc
Viale dell’Industria 249 • 62014 Corridonia (MC)
Tel./Fax +39 0733 281071• [email protected]
Dott. Giuliano Malaguti, Odontoiatra, Prof. a contratto di Protesi, Università di Modena e Reggio
Emilia.
Studio Odontoiatrico Associato Tondelli e Malaguti
via Olimpia 1 • 42011 Bagnolo in Piano (RE)
tel/fax +39 0522 951567
[email protected]
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Prof. Ugo Consolo, Professore Ordinario, Presidente del Corso di Laurea
Magistrale in Odontoiatria e Protesi
Dentaria, vice Direttore del Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche
con Interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa, Università di Modena e Reggio Emilia.
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