Tutti noi abbiamo esempi quotidiani e conosciamo in modo intuitivo i fenomeni più evidenti legati al calore ed alle sue applicazioni, tuttavia converrà rivedere in modo più approfondito i concetti che sono alla base di tale fenomeno e le unità di misura che si usano in questo campo della tecnica. CALORE E TEMPERATURA Si può anzitutto dire che il calore è una forma di energia e che esso è tanto più “NOBILE”, ovvero tanto più sfruttabile, quanto più alta è la sua temperatura. La TEMPERATURA possiamo definirla come una specie di indice della attitudine di questa energia ad essere sfruttata, tanto più alto è l’indice tanto meglio si riesce a sfruttarla. Volendo fare una similitudine si potrebbe paragonare la temperatura alla altezza, rispetto a terra, a cui si trova un peso, magari collegato con una carrucola; allora è intuitivo osservare che il peso cadendo può compiere del lavoro, e che tanto più in alto parte tanto maggiore sarà il lavoro che riuscirà a compiere prima di arriva- re a terra; un peso posto a 10 metri di altezza farà sicuramente più lavoro di uno posto a 10 millimetri. Però la altezza a cui il peso è, non dice quanto lavoro potrà… essere fatto, infat- ti un conto è che si abbia un peso di un quintale, un altro è che si abbia il peso di un grammo. Si osservi poi che il CALORE passa spontaneamente dai corpi più caldi a quelli più freddi, ossia dai corpi a temperatura più elevata a quelli con temperatura meno elevata; questo fenomeno è estremamente importante perché è alla base del funzionamento delle macchine e degli impianti oggetto di queste considera- zioni. La unità di misura delle temperature è il Grado Centigrado °C e la differenza tra due temperature si chiama normalmente (DELTA T) ΔT LA QUANTITA’ di CALORE La energia termica, si indica in genere con Q, che è contenuta in un oggetto, può essere quindi sfruttata o trasferita (almeno in parte), e ciò dipende da vari fattori: - La massa del corpo; tanto più grande è il corpo tanto maggiore sarà l’energia in esso contenuta. - La sostanza di cui il corpo è costituito; ad esempio l’aria, a parità di massa è capace di immagazzinare meno calore della identica quantità di acqua; si parla cioè del calore specifico. 1 LA COMBUSTIONE La combustione é in realtà un processo di ossidazione, ed è l'interazione tra due componenti, denominati rispettivamente COMBUSTIBILE E COMBURENTE, che danno luogo ad una certa temperatura appunto alla combustione. La temperatura a cui avviene il fenomeno si chiama TEMPERATURA DI ACCENSIONE. La combustione può avvenire mediante due modalità dette rispettivamente DEFLAGRAZIONE E DETONAZIONE. Nella combustione definiamo come CALORE SPECIFICO, il calore che è in grado di sviluppare una certa quantità unitaria di combustibile. 𝐜 = 𝐦 ∙ 𝐇𝐢 Definiamo inoltre: - CALORE SENSIBILE il calore che consente un aumento di un grado una quantità unitaria di combustibile. - CALORE LATENTE il calore che permette il cambiamento di stato di una sostanza. - CAPACITA' TERMICA l'espressione Q= m c Δt. M = massa del combustibile i gas in metri cubi e i solidi in Kg. c = Calore specifico. Δt = Variazione di temperatura. Per la misura di queste caratteristiche, denominate vengono effettuate con delle prove di laboratorio denominate: Standard/Normali che sono realizzate a pressione di 1,013 mbar, ma a temperature diverse, Standard = 0o Normali a 15o. Definiamo poi: - POTERE CALORIFICO INFERIORE - HI, la combustione in presenza anche di vapore acqueo. - POTERE CALORIFICO SUPERIORE - HS, la combustione ove c'è il recupero del vapore condensato. Importante è L'INDICE di WOBBE normalmente non si utilizza, ma diventa importante quando dobbiamo cambiare combustibile, in altre parole l' indice di Wobbe (WI) è il principale indicatore dell'interscambiabilità dei gas carburanti come il gas naturale, il GPL. È definito come il rapporto tra il Potere Calorifico Superiore del Gas per unità di volume e 2 la radice quadrata della sua densità relativa nelle stesse condizioni di riferimento, ed è pari a : 𝑾= 𝑯 √ = In sostanza è il rapporto tra il potere calorifico superiore (o inferiore) del gas e la radice quadrata della densità del gas rispetto all’aria. È una misura del calore che viene prodotto da un gas quando viene bruciato a pressione costante di fornitura. Il calore prodotto è quindi direttamente proporzionale all’indice di Wobbe (e all’area dell’orifizio da cui esce il gas). È detto anche Wobbe number. È importante per determinare l’intercambiabilità di gas proveniente da diverse fonti negli usi finali. I residui dentro i camini possono essere: FUMI NEUTRI quando la combustione è completa. FUMI RIDUCENTI quando la combustione è incompleta FUMI OSSIDANTI quando nella combustione vi è un eccesso di aria. Il calore per soddisfare le necessità di riscaldamento,delle nostre abitazioni, ci viene dato dalle caldaie (Gruppo Termico) che possono essere di vario tipo e con varie caratteristiche, ma tutte costruite secondo una sequenza di blocchi fissa ovvero: Camera di combustione - qui all'interno troviamo il focolare ove si brucia il combustibile che produce calore. Il calore prodotto viene ceduto al fluido termovettore, generalmente acqua. Poi troviamo - il circuito di alimentazione del combustibile, il camino, gli apparecchi di regolazione e controllo e sicurezza. Il tutto é racchiuso nel mantello che normalmente è coibentato, per ridurre le perdite. Il linea generale un generatore di calore ha un rendimento che altro non è che il rapporto tra la potenza prodotta e la potenza perduta. = 𝐏𝐮 = 𝐏𝐩 Le perdite sono dovute a varie cause: - Incompleta combustione - Perdite di irraggiamento Pi - Perdite di calore sensibile Pc Si definiscono ora i seguenti parametri: Pf = potenza termica del focolare 3 " la quantità di calore fornito nel l'unità di tempo dal combustibile effettivamente utilizzato": Pf = q Hi = Kcal/h Dove: q = portata del combustibile, Hi = potere calorifico inferiore. Potenza resa al fluido termovettore: Pr = Pf-Pc-Pi = Poi abbiamo: -Potenza termica nominale Potenza fornita dall'apparecchio in funzionamento continuativo. -Potenza termica utile nominale Potenza resa trasferita al fluido termovettore. -Potenza termica convenzionale. Pconv= Pf-Pc Dove Pf potenza del focolare, Pc potenza dispersa nel camino. Dopo aver definito questi parametri possiamo passare al rendimento termico utile: Eta= Pconv/Pf= Pf-(Pc-Pi)/Pf= Rendimento di combustione = (Pf-Pc)/Pf 4 CALDAIA A CONDENSAZIONE Queste caldaie sembrano che presentino un rendimento superiore all’unità, in sfregio agli ormai assodati principi termodinamici che vedono impossibile un valore superiore al 100%, ma rappresenta anche un dato che viene molto spesso mostrato dai produttori, infatti è usuale par tali caldaie trovare indicati tali valori del rendimento. PRINCIPIO di FUNZIONAMENTO. La caldaia a condensazione è prima di tutto una normale caldaia a gas (in genere GPL o Metano) nella quale sono presenti i circuiti per la produzione di acqua calda sanitaria (se prevista) e per il riscaldamento domestico. Per comprendere la particolarità di questa soluzione è importante prima comprendere il funzionamento di una caldaia tradizionale. Durante la combustione le temperature raggiungono valori elevati permettendo la cessione del calore generato al fluido dell’impianto di riscaldamento mediante uno scambiatore di dimensioni opportune, situato all’interno del corpo della caldaia. Non tutto il calore sviluppato dalla combustione è in grado di venire ceduto al fluido termovettore, in particolare per limiti nell’estensione dello scambiatore e per la necessità di esitare condense acide al camino, infatti i fumi risultano particolarmente acidi ed aggressivi e per tale motivo vengono evacuati ad una temperatura alla quale si è certi dell’assenza di condensa. Le temperature alle quali vengono normalmente evacuati i fumi sono dell’ordine dei 200 ÷ 250°C per caldaie tradizionali a bassa efficienza e di 140 ÷ 160°C per caldaie tradizionali ad elevata efficienza. Introducendo un particolare scambiatore in grado di condensare i fumi risulta possibile ridurre la temperatura degli stessi su valori dell’ordine dei 40°C recuperando oltre alla 5 quota di “calore sensibile” tra la temperatura dei fumi e la temperatura di condensazione degli stessi, anche la parte relativa al cosiddetto “calore latente” dovuto alla condensazione dei fumi. Tale recupero di calore è reso possibile dall’impiego di materiali in grado di resistere all’attacco degli acidi condensati, quali acciai inossidabili e materiali plastici resistenti al calore, e permette di operare il preriscaldamento dell’acqua del circuito di ritorno dell’impianto di riscaldamento. Andiamo ora a vedere schematicamente una caldaia a condensazione: Seguendo il percorso fumi ed il percorso acqua si può notare come essi siano controcorrente per massimizzare lo scambio termico. L’EQUIVOCO SUL RENDIMENTO – PCI E PCS Indicando con PCI e PCS rispettivamente il potere calorifico inferiore e superiore del combustibile, e valutando il rendimento secondo l’usuale equazione: ηcomb = Qcomb / (mcomb · PCI) si ottiene un valore del rendimento superiore all’unita (od al 100%) in quanto valutando l’energia chimica primaria ci si riferisce al PCI, potere calorifico che viene misurato senza condensare i prodotti della combustione, mentre sarebbe opportuno impiegare il PCS, misurato tenendo conto anche della condensazione. In pratica è come se ci si riferisse al PCI e si aggiungesse un’energia “gratuita” (circa l’11%) e sulla base di questo totale si valutasse l’efficienza (tenendo conto anche del recupero più spinto). Una buona schematizzazione di tutto ciò è rappresentata nella seguente figura (tratta da www.rinnovabili.it): 6 Tutto ciò non toglie che le caldaie a condensazione, in virtù del recupero di calore superiore rispetto ad una equivalente caldaia tradizionale, permettano di ottenere migliori prestazioni energetiche ed emissioni e consumi inferiori. La realtà però è sempre più complessa rispetto alla teoria, infatti non basta impiegare una caldaia a condensazione per essere certi di ottenere tali miglioramenti, ma tutto ciò verrà esposto nel prossimo post dove discuteremo delle problematiche legate all’impiego reale di una caldaia a condensazione, tenendo conto dell’interazione con l’impianto di riscaldamento. In sintesi, la caldaia "a condensazione" è in grado di utilizzare al meglio il calore della combustione, minimizzando le dispersioni, e consente pertanto risparmi interessanti. Nelle caldaie a condensazione il vapore acqueo si condensa in appositi scambiatori di calore liberando energia termica (calore latente) che viene recuperata. L'idea che sta alla base della caldaia a condensazione è quella di utilizzare il calore contenuto nei fumi grazie a tecniche che consentono di trasmetterlo all'acqua, riscaldandola. Le caldaie a condensazione sono quindi in grado di utilizzare anche questo calore, raffreddando i fumi fino al "punto di rugiada". I fumi diventano quindi così freddi che è possibile utilizzare una tubazione di plastica come canna fumaria. Grazie allo sfruttamento della combustione, nelle migliori caldaie si riescono ad ottenere rendimenti superiori al 100%. Grazie alle caratteristiche costruttive della caldaia a condensazione (modulazione, sonde, programmi di gestione della temperatura, accumulo di calore all’interno del serbatoio a stratificazione), quando si sostituisce una caldaia tradizionale con una a condensazione è possibile sceglierne una di potenza inferiore; si ha quindi una prima diminuzione dei consumi del 15% c.a. Ad esempio, in un’abitazione dove è installata una caldaia tradizionale di qualità da 30 kW è possibile la sostituzione con una caldaia a condensazione da 25 kW. Tenendo conto inoltre del maggior rendimento della caldaia a condensazione rispetto alla caldaia tradizionale, il risparmio può raggiungere e superare il 30%. 7 CORPI SCALDANTI. Spesso capita, in lavori di ristrutturazioni di abitazioni più o meno grandi, di dover sostituire i corpi radianti esistenti, perché ormai vecchi o sotto dimensionati. Il calcolo per il fabbisogno di calorie a volte è un po’complesso e lungo, e non alla portata di tutti. A volte anche un tecnico non specializzato in impiantistica può avere delle difficoltà nella giusta scelta dei corpi radianti. Per dimensionare in modo pratico e veloce i vostri termosifoni, potete procedere in questo modo. 1. Calcolare la cubatura dell’ambiente da riscaldare: un veloce rilievo di larghezza, lunghezza e altezza dell’ambiente ci permetterà di calcolarne la superficie e poi la cubatura. Una stanza larga 5 m, lunga 4 m e alta 3 m, ha una superficie di 5×4=20m 2 e una cubatura di 20×3=60m3; 2. Calcolare la potenza necessaria per riscaldare l’ambiente. Solitamente è bene calcolare 30 kcal/37 kcal ogni metro cubo. Pertanto per riscaldare la nostra stanza abbiamo bisogno di 30kcal x60 = 1800 kcal; 3. A questo punto non ci resta che scegliere il termosifone che meglio si adatta alle nostre esigenze, e verificare nella scheda tecnica fornita, quanta potenza genera ogni suo elemento (elemento verticale od orizzontale che compone di solito un termosifone) e calcolare di conseguenza il numero di elementi di cui abbiamo bisogno. Ad esempio, se il singolo elemento genera una potenza di 200 kcal, per riscaldare la nostra stanza di 60 mc avremmo bisogno di 1800/200= 9 elementi. Se la stanza in questione fosse stata un bagno, nel quale avessimo voluto istallare uno scaldasalviette, il procedimento sarebbe stato lo stesso, l’unica differenza è che per questo tipo di corpi radianti esistono delle dimensioni già stabilite dall’azienda produttrice, a noi il compito di scegliere quello che risponde meglio al nostro fabbisogno energetico. Un piccola difficoltà nella consultazione delle schede tecniche dei corpi radianti può essere riscontrata nel fatto che la potenza a volte è espressa in Watt e non in calorie. La trasformazione è comunque molto semplice, basta moltiplicare il valore delle kcal per il fattore 1,163. Non ci resta che procedere col dimensionamento e la scelta del termosifone che più ci piace, senza dimenticare di considerare l’esposizione dell’ambiente per il quale progettiamo il riscaldamento: se esposto a sud e ha ampie vetrate, forse è bene arrotondare per difetto i valori ottenuti, dal momento che la radiazione solare può in parte riscaldare l’ambiente. 8 E’ molto importante considerare anche la tipologia di involucro edilizio nel quale andiamo ad operare e il tipo di infissi: un infisso a tenuta può contenere ulteriormente i consumi energetici e limitare l’istallazione di grandi termosifoni. RADIATORI IN GHISA, RADIATORI IN ACCIAIO O RADIATORI IN ALLUMINIO? RADIATORI IN GHISA Sono i radiatori tradizionali, ancora oggi competitivi per la grande durata e affidabilità. Si ri-scaldano lentamente, conservano a lungo il calore e si raffreddano lentamente. Per questa ragione sono consigliabili nell’abitazione principale: con l’uso continuativo è più sensibile il risparmio energetico. Sono formati da elementi componibili che, anche nel tempo, si possono sostituire in caso di rottura o aggiungere. RADIATORI IN ACCIAIO Raggiungono velocemente la temperatura desiderata e per contro si raffreddano rapidamente. Sono quindi consigliabili quando se ne fa un uso saltuario (seconde case o zone a clima particolarmente mite). Ma in loro favore giocano anche altri pregi: gli ingombri ridotti a parità di resa e la gamma di forme e misure, adattabili a qualsiasi spazio. RADIATORI IN ALLUMINIO Sono i più nuovi, molto leggeri e hanno forme particolari per soluzioni estetiche interessanti. Ottenuti per pressofusione o da barre estruse, possono raggiungere altezze considerevoli. Si scaldano e si raffreddano velocemente. IL CALORE IDEALE STANZA PER STANZA Per un vero benessere non tutti gli ambienti della casa devono essere riscaldati allo stesso modo. Mediamente la temperatura consigliata è di 20° C, ma può cambiare di qualche grado secondo il tipo di locale e le attività che vi si svolgono. In cucina bastano 16/18 °C poichè di solito questa stanza si mantiene sempre più calda grazie all’apporto di piano cottura e forno che contribuiscono a fornire calore in più. Nelle vicinanze del lavello si può anche installare un tipo particolare di radiatore, lo scaldasalviette, per asciugare gli strofinacci. Il soggiorno è il locale dove si sosta più a lungo anche alla sera, meglio mantenere 20 °C. Ideale il radiatore tradizionale in ghisa sotto la finestra o in alluminio accanto alla porta finestra. 9 In camera da letto si dorme meglio se non si superano i 16 °C. Il radiatore deve stare lontano dal letto, meglio posizionarlo sotto la finestra o dietro la porta. Nella camera dei bambini, di giorno quando studiano o giocano basta mantenere i 18 °C, mentre la notte ne sono necessari solo 16 °C . Il bagno è il locale che dovrebbe essere più caldo: 22/24°C. Ideale lo scaldasalviette che può funzionare anche a corrente, quando il riscaldamento centrale è spento. Ed infine nei corridoi e nei disimpegni, luoghi di passaggio, dove il calore si disperde più facilmente, non più di 16 °C, con radiatori non ingombranti. RADIATORI PER IL RISCALDAMENTO: RISCALDAMENTO PER CONVENZIONE La convezione, sistema di riscaldamento tipico dei termosifoni, è il moto dell’aria che, scaldandosi a contatto con la superficie del radiatore diminuisce di densità e diventando più leggera sale, riscaldando a sua volta gli ambienti. Raggiunto il soffitto, tende a raffreddarsi e a ridiscendere verso il pavimento, dove viene attratta nuovamente dal corpo scaldante e rimessa in circolo. Come si può ben capire la convezione non è così benefica (il moto dell’aria mette in circolo anche le polveri) e soprattutto non consente un risparmio di calore e quindi una diminuzione dei costi per il riscaldamento invernale. RADIATORI PER IL RISCALDAMENTO: RISCALDAMENTO PER IRRAGGIAMENTO L’irraggiamento è un particolare sistema di propagazione del calore attraverso piastre radianti o sistemi tubolari a parete o a pavimento. Per intenderci la superficie radiante è quella che emette il calore necessario a scaldare un ambiente. Più grande è, maggiore è la quantità di calore che il radiatore cede. Ecco perché se si ha poco spazio, scegliete un calorifero sviluppato in altezza oppure sfruttate una parete curva, che offre una maggiore superficie. Ritornando all’irraggiamento il calore si diffonde tramite onde elettromagnetiche che simulano l’effetto dei raggi solari e si distribuisce in modo uniforme, senza creare correnti d’aria. Nuove tecnologie hanno permesso di realizzare radiatori in materiali sintetici brevettati: grazie a questi, è possibile ottenere una temperatura ambiente più uniforme e quindi un maggiore comfort termico, oltre a una riduzione dei consumi energetici. In questi modelli, il calore viene accumulato e diffuso per irraggiamento su tutta la superficie. Il calore che ne deriva è più salutare. Secca meno l’aria perché la mantiene a una temperatura notevolmente più bassa. 10 I radiatori scaldanti piatti, realizzati in acciaio e in alluminio, riescono a trasferire più del 50% del calore per via radiante cedendolo direttamente alle pareti e all’ambiente, a differenza del sistema tradizionale a convezione, che scalda l’aria a contatto con il radiatore. Offrono un elevato risparmio di energia e si possono installare al posto dei tradizionali termosifoni, senza modifiche all’impianto esistente, tranne nel caso in cui sia previsto il collegamento elettrico. LE CANNE FUMARIE Il dimensionamento delle canne fumarie Il funzionamento dell’impianto fumario è correlato con quello degli altri elementi che costituiscono l’impianto di riscaldamento (il generatore di calore e la presa d’aria) e con essi si inserisce in una situazione di equilibrio instabile da cui dipende l’adeguatezza dell’impianto a soddisfare gli scopi per cui è stato costruito: benessere ed economicità. L’instabilità di cui abbiamo fatto cenno non deve essere confusa con l’eventuale precarietà degli elementi costruttivi o con l’approssimazione della progettazione: significa semplicemente che sul funzionamento dell’impianto di riscaldamento il repentino mutamento di alcuni fattori (temperatura dei fumi, quantità dei fumi che attraversano i condotti, potenza effettivamente dispiegata dal generatore) influisce immediatamente e direttamente sul risultato dell’esercizio dell’impianto. In una situazione come quella delineata il problema del dimensionamento delle canne fumarie assume un’importanza non secondaria per il buon funzionamento dell’impianto. Si pensi ai costi di esercizio: un errore nel dimensionamento può causare in alternativa un cattivo funzionamento del generatore, per tiraggio insufficiente, o rendimento insufficiente per tiraggio eccessivo ; ma che dire del caso in cui gli inconvenienti siano così gravi da richiedere radicali ristrutturazioni dell’opera o il rifacimento completo di una canna fumaria? Per il corretto dimensionamento dell’impianto fumario esistono in commercio adeguati prodotti informatici che si possono raggruppare in due specie: strumenti tecnici e strumenti tecnico-commerciali. I primi sono forniti a titolo oneroso da case di software specializzate e fanno riferimento ad elementi costruttivi standard per i materiali in uso , metallici e non. I secondi sono per lo più gratuiti e consentono l’abbinamento delle variabili che influenzano la dimensione del camino agli specifici prodotti dell’Azienda che li fornisce. 11 Aspetti normativi. Il calcolo delle dimensioni interne dei camini è disciplinato dalla norma UNI 9615 che ne definisce i procedimenti fondamentali. Il risultato del procedimento esprime la sezione e l’altezza del camino attraverso elementi noti o calcolati di seguito elencati. Il procedimento si basa sul confronto tra la depressione nella sezione di ingresso dei fumi nel camino e la depressione necessaria in questo punto. La depressione necessaria è pari alla somma delle pressioni di alimentazione per il generatore, per il canale da fumo e per l’aria di combustione, e deve essere inferiore o uguale a quella nella sezione di ingresso. Occorre inoltre confrontare la temperatura della parete interna allo sbocco del camino con la temperatura di rugiada dei fumi: il confronto deve soddisfare la condizione per cui la temperatura di parete interna allo sbocco del camino interna sia maggiore o uguale a quella di rugiada dei fumi. In caso contrario dobbiamo preparare l’ombrello per ripararci dalle condense. In tal modo fin dalle prime mosse risulta evidente la correlazione tra l’ultimo elemento dell’impianto di riscaldamento (l’impianto fumario) con quelli che lo precedono funzionalmente generatore di calore e presa d’aria). Ne consegue che l’impianto di evacuazione dei fumi non può da solo porre rimedio ad errori di progettazione o di conduzione degli altri elementi alfine di ottenere il miglior risultato di benessere ed economicità. Qui però il calcolo diventa difficile da seguire per il profano. Per evitare il ricorso a lunghe e complicate formule cerchiamo di riassumere di volta in volta le relazioni tra le singole grandezze. Per il calcolo delle pressioni e temperature come sopra determinate occorre determinare la portata in massa dei fumi. Occorre altresì tenere presente la resistenza termica di parete del canale da fumo e del camino e la resistenza meccanica opposta dalla rugosità della parete interna al moto dei fumi in uscita... La depressione nella sezione di ingresso mette in relazione la portata in massa dei fumi, l’altezza , la sezione, le caratteristiche fluidodinamiche (rugosità e resistenza termica di parete) del camino con opportuni fattori di correzione. La seconda parte della norma, edita nel 1995, riporta un metodo approssimato per camini a collegamento singolo, che per alcune condizioni di esercizio permette il ricorso a diagrammi. 12 Aspetti applicativi. A questo punto il profano si chiede che differenza c’è tra l’applicazione della formula completa di cui alla norma UNI 9615 e l’uso della formula semplificata: S = P K / H-2 dove S = sezione di passaggio P = potenza del focolare H = altezza del camino K = coefficiente variabile in funzione del combustibile. La risposta di prammatica fa riferimento alla stessa differenza che corre tra usare un’auto da corsa ed un’utilitaria. Dipende dallo scopo che si vuole ottenere. Una formula semplificata come quella di cui sopra ha l’innegabile vantaggio di essere alla portata di chiunque abbia una minima dimestichezza con operazioni aritmetiche e l’applicazione del coefficiente variabile semplifica notevolmente il numero di incognite e con esso la vita dell’utilizzatore. Il problema è che a forza di semplificare si finisce per trascurare l’influenza della pressione ambientale e delle resistenze che si presentano nel percorso dell’aria di combustione e dei fumi. Nella formula semplificata l’unico collegamento con l’impianto retrostante è dato dalla potenza del focolare e l’abuso della formula semplificata fa perdere di vista le condizioni dell’intero impianto. Inoltre al crescere di P a parità di altezza aumenta proporzionalmente anche la sezione S con il pericolo che, per potenzialità molto alte, si finisca per avere dimensionamenti eccessivi. Si può ovviare a questo inconveniente attraverso coefficienti di correzione di squisita natura esperienziale, ma a questo punto per voler sfuggire dalla lampada di Aladino del software finiamo per rinchiudere il proverbiale genio in una pila tascabile. Con queste avvertenze crediamo di riconoscere al procedimento semplificato l’utilità propria della pila tascabile per un controllo del risultato finale a mo’ di prova del nove. Se il raffronto del calcolo complesso e quello semplificato daranno risultati di poco differenti la bontà del primo ne uscirà rafforzata; se viceversa essi differiscono di molto è probabile che nel calcolo complesso sia scappata qualche virgola di troppo. Aspetti economici Abbiamo sottolineato in apertura il peso economico delle scelte sbagliate in materia di dimensionamento dei camini. Per fortuna il dato economico non viene in considerazione solo quando è stata fatta una frittata da record. Il fatto che l’impianto di riscaldamento 13 funzioni ad equilibrio instabile consente l’uso di correttivi la cui praticabilità, fatte salve norme imperative di legge, si risolve in un calcolo di convenienza. Ecco alcuni esempi La legge 10/91 e la legge 46/90 prevedono obblighi progettuali che coinvolgono anche il dimensionamento delle canne fumarie. In alternativa può risultare più economico aumentare la temperatura dei fumi in uscita sacrificando qualcosa al rendimento ed alla bolletta energetica. Se sono rispettate le condizioni di legge circa gli orari di esercizio degli impianti e la temperatura degli ambienti, questa può essere la soluzione più economica. Per alcuni impianti conviene non far proprio nulla. E il caso delle stufe la cui evacuazione dei fumi è assicurata dai canali da fumo dimensionati sui diametri. L’applicazione del calcolo di dimensionamento secondo UNI 9615 in alcuni casi indurrebbe a modificare la sezione o la quota di scarico. Ma le migliori intenzioni di ottimizzazione del funzionamento si scontrano da un lato con la necessità di raggiungere una canna fumaria il cui collegamento è modificabile solo con costosi lavori edili, dall’altro cambiare la sezione del canale da fumo in uscita può comportare la manomissione del generatore con evidenti rischi di decadenza della garanzia. Considerazioni economiche di segno opposto valgono nel caso di impiego di accessori quali gli estrattori di fumi e le valvole di regolazione di tiraggio. Per gli impianti a gas la norma UNI 7129 ne vieta l’installazione per evidenti ragioni di sicurezza ed il relativo divieto è contemplato dalle norme giuridiche di recepimento. Per gli impianti non alimentati a gas tale divieto non esiste ma il concorso di regole di buonsenso e di economia di gestione fanno sorgere qualche perplessità nell’utilizzo indiscriminato. Nessun problema se le valvole e gli estrattori si inseriscono su un impianto funzionante allo scopo di migliorarne le prestazioni. Ma è pura velleità pretendere che un impianto male dimensionato per insufficiente tiraggio diventi idoneo per il solo impiego di un estrattore meccanico o elettrico. Occorre da chiedersi infatti cosa succeda all’utente nel caso in cui il meccanismo si guasti o manchi la corrente: se la risposta prevede il blocco dell’impianto o la sensazione per l’utente di essere divenuto una sardina affumicata si applica il vecchio adagio secondo cui chi più spende meno spende e, di conseguenza, si butta all’aria tutto. Quanto alle valvole di regolazione di tiraggio la recente norma UNI prevede che le serrande siano dotate di adeguata apertura di sicurezza o altro 14 meccanismo idoneo ad evitare la completa rotazione della valvola in posizione chiusa; la relativa superficie minima dell’apertura di sicurezza deve essere del 3% della sezione di passaggio e non minore di 10 centimetri quadrati per le stufe e di 20 centimetri quadrati per i caminetti. Linea tubi in acciaio (Apros) Prospettive evolutive. Un cenno del tutto peculiare meritano le norme UNI 10640 e UNI 10641 che disciplinano il dimensionamento degli impianti fumari che accolgono rispettivamente apparecchi con prelievo dell’aria dall’ambiente riscaldato (cd apparecchi di tipo B) e apparecchi con prelievo d’aria all’esterno del locale ( cd apparecchi di tipo C) a tiraggio forzato. Si tratta di norme elaborate dopo specifica sperimentazione delle condizioni di funzionamento di un impianto di caldaiette costruito appositamente in laboratorio e con rilevazione dei parametri di rendimento ripetuta in diversi punti al variare delle condizioni di esercizio, cioè del numero di impianti attivi contemporaneamente. Si tratta infatti non solo di assicurare un’efficace evacuazione dei prodotti della combustione, ma anche di evitare il ritorno degli stessi in altri ambienti circostanti collegati dalla stessa canna collettiva. Qui le condizioni di esercizio sono rese ancora più instabili dal comportamento di apparecchi che finiscono per essere interdipendenti; tuttavia la norma individua correttamente parametri di progettazione e verifica il cui rispetto garantisce quanto meno la sicurezza dell’esercizio ed un rendimento accettabile dei singoli generatori di calore asserviti al manufatto collettivo. Mai come in questo caso il meglio è nemico del bene. L’unico difetto di queste norme, che deriva dalla complessità dei parametri trattati, è che lo sviluppo dei calcoli richiede per necessità l’impiego del computer. Una volta tanto conviene, dopo aver compreso il principio di funzionamento, lasciare lavorare la lampada di Aladino piuttosto che continuare per ore a sfregare zolfanelli sotto forma di matite per calcoli manuali. 15 Le VALVOLE IN TERMOTECNICA. La valvola termostatica si utilizza per il controllo della temperatura di un singolo radiatore o termosifone. La possibilità di limitare la temperatura ambiente differenziandola da locale a locale, oltre a favorire il confort, si tramuta in un risparmio di energia. La valvola termostatica è composta da due parti: la valvola e il termostato o comando termostatico. La valvola (valvola termostatizzabile). Non necessariamente deve essere abbinata al termostato, ma può funzionare anche nel modo classico manuale. In queste valvole non c'è una differenza meccanica e di forma tra valvola e detentore. Sarà l'accessorio esternamente applicato a destinarne l'uso. Infatti se montata in alto del termosifone dovrà assolvere la funzione di valvola e verrà equipaggiata con l'accessorio manopola per la chiusura e apertura manuale, oppure con il comando termostatico. Se montata in basso del termosifone fungerà da detentore e verrà equipaggiata con l'accessorio tappo. Il comando termostatico. Il comando termostatico è l'accessorio esterno che comanda la valvola, regolando il flusso dell'acqua nel termosifone in base alla temperatura ambiente rilevata. In base alla regolazione impostata il termostato se rileva una temperatura troppo bassa reagisce aprendo di più la valvola, al contrario, il rilevamento di una temperatura ambiente alta costringe la valvola a strozzare il flusso dell'acqua nel radiatore. 16 A sinistra: una valvola accessoriata con la manopola per un uso manuale. Ruotando la manopola (1) in senso orario l'asta (2) viene spinta comprimendo la rispettiva molla (3), l'otturatore (4) a sua volta ostruisce sempre più l'ingresso dell'acqua anche fino alla totale chiusura. A destra: una valvola termostatica completa. L'elemento sensibile che permette di generare l'energia necessaria per il funzionamento della valvola è un liquido termostatico il cui volume aumenta o diminuisce in base ai cambiamenti di temperatura. Questo liquido contenuto in un cuscinetto (A) espandendosi comprime la molla (B) che spinge a sua volta l'asta (C). L'asta (C) agisce sull'asta (2) della precedente figura proseguendo nella regolazione come li descrito. Note: le valvole termostatizzabili quando a riposo, ossia prive della manopola, del termostato o del tappo, sono aperte. Le valvole termostatizzabili quando utilizzate come detentori sono chiuse con il tappo avvitato fino in fondo. 17 Valvole Di Ritegno. La valvola di ritegno o di non ritorno permette il flusso di un fluido in una sola direzione, si parla di fluido e non di liquido in quanto le valvole di ritegno sono progettate per permettere il passaggio unidirezionale sia per i liquidi che per i gas, i campi di applicazione sono diversi e le caratteristiche costruttive vengono studiate in virtù delle necessità. La più comune valvola di non ritorno per impianti idraulici è costituita da una sfera ed una molla, il passaggio dell'acqua è garantito in un solo verso, quando la pressione dell'acqua segue il verso della freccia sulla valvola il flusso del liquido è continuo mentre quando la pressione viene bilanciata dall'acqua proveniente dal verso opposto la molla esercita una forza spingendo la sfera a chiudere la valvola. La valvola di ritegno si installa per evitare che il fluido percorra il senso inverso a quello desiderato, negli impianti idraulici si monta subito dopo un autoclave per evitare che l'acqua che si trova nelle utenze servite torni indietro nel serbatoio di accumulo, negli impianti civili ed industriali si trova già una valvola di non ritorno a valle ed è del tipo a Clapet o a battente. La valvola di ritegno a Clapet o a battente garantisce che l'acqua transiti in un solo verso ma ciò potrebbe essere vero solo quando la valvola è nuova, gli anelli di tenuta O-rings essendo in materiale plastico possono usurarsi e la valvola rimanere permanentemente aperta a causa della presenza di corpi estranei, in tal caso è necessario sostituire tutti gli anelli di tenuta presente nella valvola. 18 Per evitare che una valvola a battente o Clapet perda di efficienza è necessario verificare il suo stato periodicamente, a causa della presenza di corpi estranei nelle condutture idriche e della formazione di composti organici sarebbe opportuna la presenza di un filtro per valvole di ritegno o che la valvola di ritegno sia ispezionabile, in entrambi i casi è necessario prevedere una chiusura prima della valvola. L'istallazione di una valvola di ritegno a sfera e molla negli impianti idrici domestici subito dopo un autoclave non garantisce sempre che l'acqua non torni indietro, infatti proprio come qualsiasi altra valvola di non ritorno possono usurarsi le parti interne, la valvola di ritegno bloccata è cosa comune negli impianti con bassa manutenzione, la sfera e la sua sede si logora nel tempo e la valvola deve essere sostituita. Richiedere una valvola di ritegno per evitare il colpo d'ariete nell'impianto è cosa comune ma la stessa non svolge questo principio, per evitare il colpo d'ariete ci sono diversi altri metodi, uno è quello di installare una cassa d'aria subito dopo la valvola di non ritorno, un serbatoio con aria compressa ed acqua protegge la condotta di mandata dal colpo d'ariete, l'arresto della pompa non diminuisce la pressione nelle condutture per l'aria compressa che provvede a sopperire inviando acqua nell'impianto, le attenuazioni svolgono benefici sia per le sovrappressioni che per le sottopressioni. Le valvole di ritegno si trovano un po' ovunque e l'impianto domestico è solo quello più discusso, i boiler dell'acqua calda possiedono una valvola di ritegno che deve essere sostituita quando in disuso, per accorgersi del cattivo funzionamento basta toccare con le mani il flessibile dell'acqua fredda, essendo posizionata in ingresso se il tubo risultasse caldo ciò significa che l'acqua sta percorrendo il circuito nel verso opposto, ci si accorge di questo anche aprendo il rubinetto dell'acqua fredda del lavandino. 19 Come esiste la valvola di ritegno del boiler esiste anche la valvola di ritegno dell'impianto di riscaldamento, il principio di funzionamento è il medesimo ma controllare che non funzioni più bene è più difficile non potendo toccare flessibili di alcun genere, le valvole di ritegno degli impianti di riscaldamento si usurano anche a causa del calcare che depositandosi sulle pareti della valvola nei casi più estremi impedisce la chiusura della stessa. La presenza di una valvola di ritegno nell'impianto di riscaldamento è una condizione solo necessaria ma non sufficiente, infatti per un corretto funzionamento dell'impianto di riscaldamento è necessario installare anche un disconnettore termico, ciò evita la possibile contaminazione dell'acqua potabile a causa della perdita della valvola di non ritorno. Valvola a Tre Vie: La valvola a tre vie, e’ un elemento meccanico che si trova all’interno delle caldaie . Questa valvola chiamata appunto a tre vie, e’ costituita da parti metalliche che hanno la funzione di raggruppare i tre tubi dei circuiti dell’acqua . Il primo tubo e’ quello dell’acqua sanitaria, cioè quella che serve per fare la doccia, per la cucina ed in genere per l’acqua calda da poter utilizzare in casa. Il secondo tubo e’ quello relativo all’impianto di riscaldamento, cioè quello dei termosifoni. Il terzo e’ quello che esce dal circuito del bruciatore della caldaia e che serve per alimentare appunto uno dei due tubi di cui abbiamo parlato prima . L’acqua calda che esce dal bruciatore dopo essere stata scaldata, attraverso il tubo di uscita dello stesso e che arriva sulla valvola a tre vie deve prendere per forza la strada in uno dei due tubi rimasti (sanitaria-riscaldamento) . La priorità la diamo noi a seconda dell’esigenza. Se apriamo il rubinetto dell’acqua calda, la valvola automaticamente attraverso la depressione che si crea in quella tubazione a causa del movimento della membrana si commuta per far transitare l’acqua calda attraverso il tubo del circuito sanitario, e quindi e quindi come effetto l’acqua arriva sul nostro rubinetto. 20 Più e’ lontana la caldaia e più l’acqua impiega tempo per arrivare. Se invece avete acceso il vs termostato o l’orologio programmatore la valvola instrada l’acqua calda attraverso il tubo dell’impianto di riscaldamento. Se l’impianto di riscaldamento e’ acceso, e contemporaneamente aprite un rubinetto dell’acqua calda, la valvola da’ la precedenza al circuito sanitario. Quindi commuta la valvola e invia l’acqua calda al rubinetto desiderato. Per tutto il tempo che tenete aperto questo rubinetto la caldaia non sta scaldando l’acqua dei termosifoni. La stessa però continua a circolare grazie alla pompa che la spinge attraverso il circuito. 21 LE POMPE. Le pompe sono macchine idrauliche operatrici che, ricevendo energia meccanica da un qualsiasi motore, la trasmettono, nella misura consentita dal rendimento del gruppo pompa-motore, al liquido che le attraversa. Analizziamo le caratteristiche piu importanti delle pompe. La Portata. La portata della pompa è definita come il volume utile di liquido erogato dalla pompa nell'unità di tempo. Generalmente si indica con Q e si misura in m3/s, oppure in m3/h, o in l/min. La prevalenza (totale) della pompa rappresenta l'incremento di energia acquisito da 1 kg di liquido fra la sezione di entrata e di uscita della pompa stessa; generalmente si indica con H e si misura in J/kg oppure in m di liquido trasportato (m C. L.). Molto più comodo è parlare non di prevalenza bensì di prevalenza manometrica, indicata con Hman e misurata in m C.A. (metri di colonna d'acqua): affermare che una certa pompa dà una portata di 3 m3/h con una prevalenza manometrica di 12 m C.A., significa che quella determinata pompa riesce ad elevare una quantità d'acqua pari a 3 m 3/h fino ad un'altezza massima di 12 m. Vale la relazione: Hman [m C.A.] = H[m C.L.] * ?[kg/dm3], con ? = massa volumica del liquido trasportato. Tutte le pompe sono fornite di una targhetta che indica chiaramente, tra l'altro, la portata, la prevalenza manometrica e la loro interconnessione. Questi due parametri però non sono fissi, ma variano tra loro in modo inverso: quando aumenta uno, l'altro diminuisce e viceversa. Se i vari punti di funzionamento di una pompa vengono riportati in un diagramma cartesiano, dove sull'asse delle ascisse si pone la portata e sull'asse delle ordinate la prevalenza manometrica, si ottiene la cosiddetta caratteristica Q - Hman della pompa. (fig. 1) Figura 1 - Curva caratteristica di una pompa centrifuga. 22 La curva caratteristica può essere "piatta" o "ripida" a seconda di come la pompa è stata progettata e a seconda dell'impianto in cui la pompa stessa deve essere inserita. Come si può notare dalla figura 2, le pompe che presentano una curva caratteristica piatta danno luogo a deboli variazioni di prevalenza per forti escursioni di portata, mentre le pompe che presentano una curva caratteristica ripida danno luogo a piccole variazioni di portata per elevate variazioni di prevalenza. Quindi le pompe del primo tipo saranno da preferire quando si desidera una prevalenza più o meno costante con una portata variabile entro ampi margini (è, per esempio, il caso delle pompe per impianti antincendio); viceversa le pompe del secondo tipo saranno da scegliere quando si vuole una portata pressoché costante con una prevalenza variabile entro un campo relativamente ampio (per esempio nel caso di pompaggio da pozzi, in cui si desiderano in genere portate costanti anche in presenza di elevate variazioni del dislivello geodetico). Figura 2 - Curve caratteristiche piatta e ripida. Esiste la potenza fornita al liquido dalla pompa: Pu[W] = g[m/s2] * ?[kg/m3] * Q[m3/s] * H[m C.L.], essendo g[m/s2] la accelerazione di gravità generalmente pari a 9,81 m/s2. Esiste poi la potenza Pnom assorbita dalla pompa, ossia, relativamente al caso in oggetto di elettropompe, la potenza ceduta dal motore elettrico all'asse della pompa. Esiste infine la potenza elettrica assorbita Pass dal motore elettrico di trascinamento dalla rete di alimentazione. 23 Esiste il rendimento ?p della pompa, definito come il rapporto tra la potenza P u fornita al fluido e la potenza Pnom assorbita dalla pompa (ossia la potenza meccanica resa dal motore elettrico): ?p = Pu / Pnom. Esiste poi il rendimento ?mot del motore elettrico, definito come il rapporto tra la potenza assorbita dalla pompa e quella assorbita dal motore: ?mot = Pnom / Pass. Nel caso di elettropompe si parla frequentemente di rendimento del gruppo, definito come il rapporto tra la potenza fornita al fluido e la potenza assorbita dal motore: ?gr = Pu / Pass = ?p* ?mot. Conviene sottolineare che il rendimento ?gr del gruppo è un parametro molto importante per una elettropompa: più elevato è il suo valore e minore è la spesa, in termini di energia elettrica e in definitiva in termini di soldi, che si deve sostenere affinché la elettropompa compia un determinato lavoro. La velocità di rotazione è il numero di giri compiuti dalla pompa nell'unità di tempo; generalmente è indicata con n e misurata in giri/min. Tutte le elettropompe Pentax montano un motore asincrono a 2 poli; considerando lo scorrimento medio dei motori ed essendo l'energia elettrica distribuita generalmente su reti con frequenza pari a 50 o 60 Hz, è grossomodo n(50 Hz) = 2750 - 2950 giri/min e n(60 Hz) = 3300 - 3550 giri/min. Questo parametro indica l'incapacità della pompa a creare il vuoto assoluto, ossia l'incapacità di tutte le pompe centrifughe di aspirare ad un'altezza uguale o superiore a 10,33 m (che corrisponde generalmente al valore della pressione atmosferica a livello del mare). Dal punto di vista fisico, l'NPSH indica la pressione assoluta che deve esistere all'ingresso della pompa affinché non insorgano fenomeni di cavitazione. Quando una pompa cerca di aspirare una certa quantità di liquido da una profondità superiore rispetto a quella consentita dalle sue caratteristiche, si verifica appunto il fenomeno della cavitazione: la girante interrompe la vena liquida e, di conseguenza, si formano piccole 24 bolle di vapore; queste bolle implodono poco dopo essersi formate, generando un notevole rumore simile ad un martellio metallico e creando seri danni alle parti idrauliche della pompa. Ecco quindi perché è importante che ogni costruttore di pompe indichi chiaramente, tra le caratteristiche delle sue macchine, la massima altezza di aspirazione oppure fornisca la curva dell'NPSH in funzione della portata. Massima altezza di aspirazione Hmax e NPSH sono tra loro legate dalla relazione: Hmax = A - NPSH - Hasp - Hr (m) dove A = pressione assoluta in m esistente sul pelo libero del fluido nel serbatoio di alla pressione atmosferica; Hasp = perdite di carico nella condotta di aspirazione in m; Hr = tensione di vapore del liquido trasportato in m. L'NPSH è influenzato dal valore della portata: esso cresce con l'aumentare di quest'ultima; da ciò ne consegue che per ricondurre la pompa ad un funzionamento regolare è spesso sufficiente parzializzare opportunamente la saracinesca di mandata per ridurre così la portata della pompa stessa. Come si può notare dall'espressione appena scritta, per aumentare la massima altezza di aspirazione di una certa pompa si possono diminuire le perdite di carico Hasp della condotta di aspirazione: ecco perché è sempre conveniente montare in aspirazione una tubazione avente un diametro interno il più grande possibile. 25