2012-04-09 pasquetta San Bortolo Testo Foto - CAI

LUNEDI 9 APRILE “PASQUETTA 2012”
2012”
LE CONTRADE A NORD DI SAN BORTOLO
FRA CAPITELLI E COLONNETTE VOTIVE
Escursione culturale
tra antiche contrade e
importanti esempi di
arte popolare
religiosa, seguendo
vecchie stradine di
collegamento.
Dislivello: m. 400
Tempi di marcia: ore
3,45
( aggiungere due ore
per la visita delle
contrade) - Difficoltà:
E, facile Cartogafria:
Lessinia 1:25.000,
Gruppi Alpinistici
Veronesi Bibliografia: Le
contrade si Selva di
Progno, C.T.G. –
Colonnette Alto
Veronese e Vicentino,
Curatorium Cimbricum
Veronese.
Il nostro itinerario parte da San Bortolo delle Montagne, m. 918.
San Bortolo: già denominato nel 1407, San BARTHOLOMAEI, il centro montano probabilmente trasse il nome dalla
chiesetta dedicata a San Bartolomeo, edificata nel 1400. Nel 1600 divenne Comune autonomo e fu inserito nei XIII Comuni
della Lessinía, ma anche chiamato «San Bortolamìo Todesco» in documenti della Curia di Verona, in n quanto si parlava
diffusamente l'antico idioma bavaro-tirolese. Ma il nome più noto è San Bortolo in uso sin dal 1760, mentre i locali lo
chiamavano in cimbro San Bùrtel.
La chiesa domina con la sua mole il pittoresco centro. La sua costruzione risale alla fine del secolo XIX, ma la facciata del
tempio in stile neoclassico, è degli anni sessanta del XX. Possiede un'unica navata e sullo sfondo dell'abside si nota una
statua gigantesca in gesso di San Bartolomeo; vi è poi un bellissimo altare barocco, ricco di marmi policromi.
Nella piazzetta di fronte alla chiesa possiamo ammirare la colonnetta di San Bortolo.
La tavoletta, del XVI-XVII secolo, in pietra morta presenta una composizione a quattro figure ed è immessa in una cornice
circolare di pietra. Inferiormente si innesta su una base sagomata con volute laterali. La tavoletta è curvilinea nella porzione
superiore per la presenza della testa di un cherubino, che è appena percettibile allo sguardo. La composizione si articola
nel seguente modo: a destra si trova raffigurato san Rocco, al centro la Beata Vergine con il Bambino, a sinistra san Sebastiano con le mani giunte.
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San Bortolo Colonnetta.
Croce del Coarto, cima Telegrafo e Tre Croci.
Capitello di San Rocco.
Dalla piazza di San Bortolo m. 918 prendiamo la scalinata che porta al camposanto e lo oltrepassiamo, saliamo sui dossi
tenendo la sinistra, nord, raggiungiamo la grande croce di pietra del Dosso del Coarto m. 978, ore 0,15.
Croce del Coarto: ricostruita nel 1963 da « CATAZZO SERAFINO GAETANO e RITA». La leggenda parla di un’enorme
pianta di castagno nella contrada Sitara. Un fulmine si abbatté su quella pianta e ne squarciò il tronco in quattro
gigantesche schiappe (in dialetto “quarti”), che furono lanciate lontano; ma una cadde su questo dosso; chiamato per
l’appunto “Dosso del Coarto”. La tradizione vuole che sul posto la gente abbia costruito una grande croce in pietra che un
ennesimo fulmine ha abbattuto ancora una volta. E quindi ricostruita del 1963.
Continuando sulla stradella, a nord, scendiamo fino alla strada asfaltata, dove possiamo osservare un capitello, ore 0,050,20.
Dedicato a San Rocco con la seguente dedica: «A SUA DIVOZIONE GUGOLE DETTO STOCCHER PER GRAZIA
RICEVUTA DURANTE LA GUERRA 1940-1945».
Li accanto c’ è una lapide a ricordo di alcune vittime partigiane dell'ultima guerra .
Ora prendiamo la carrareccia che parte qualche metro più avanti a destra della provinciale e scende nel bosco di faggi ,
dapprima cementata e poi bianca. Dopo poco la pendenza della stradina diminuisce diventando piana. Teniamo sempre la
direzione nord, passiamo il bivio che porta alla contrada Belvedere m. 900, ore 0,15-0,35.
Belvedere originalmente chiamato Tezze, dal cimbro «Teìce» = «fienile», ma anche dal veneto «tesa».
Ora il panorama spazia dai monti dell'alta Val di Chiampo alla Purga di Durlo (a forma di cono vulcanico).
Oltrepassiamo una schiera di stalle-tese. Sotto di noi in fondo alla valletta notiamo la contrada Ferro m. 911
Ferro: trae il nome dalla adiacente Valle del Ferro o Busa del Ferro. Qui nacque Domenico Catazzo, studioso e poeta
settecentesco dell'antica parlata bavaro-tirolese, un tempo qui parlata. La contrada ha un solo nucleo con abitazione e
rustico.
Stalla-Tesa tra belvedere e Gaiga.
Contrada Gaiga.
Poco dopo incontriamo la contrada Gaiga m. 972, ore 0,30-1,05.
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All’entrata della contrada troviamo il vecchio baito con una nicchia con la statua di Sant'Antonio e la scritta «G 1927 T».
Gaiga:sembra derivare dal soprannome cimbro «Gàige» che significa «piva costruita con scorza di salice» dato ad un
suonatore di tale strumento. La contrada, del comune di Crespadoro, è attestata nel XVIII sec. È disposta su due file a
schiera orizzontali, rivolte verso mezzogiorno. Su una facciata di un'abitazione, si può vedere, sopra un portone una pietra
con la scritta: «ANO 1730 SIA LAUDATO GIESU CHRISTO SEMPRE SIA LAUDATO». Dietro alla contrada c'è una
cappella dedicata alla Madonna di Lourdes eretto nel 1912 per devozione delle famiglie Da Romano di Crespadoro.
Raggiungiamo la strada asfaltata, dove sull’incrocio vi è un grande blocco di pietra eretto nel 1991 per la visita del Vescovo
di Verona. Attraversiamo, prendiamo la carrareccia che sale, passiamo accanto ad un crocifisso, poco dopo lasciamo la
stradina e prendendo a sinistra un sentiero che sale nel bosco, è un po’ disagevole causa l’incuria, a un tratto la traccia
sparisce, ma continuando in salita sbuchiamo sul prato soprastante, passiamo vicino a un blocco di pietra che segnava il
confine tra la provincia di Verona e Vicenza. Attraversiamo la strada asfaltata e con la vecchia mulattiera raggiungiamo la
contrada di Campilgeri, m. 1027, ore 0,20-1,25.
Campilgeri: dal bavarese Kampiljer (terreni coltivati) esposta a sud, a doppia schiera orizzontale.
Troviamo subito, accanto al vecchio baito, una tipica fontana ricoperta di laste di pietra. La contrada presenta motivi
architettonici interessanti: due portali in pietra datati rispettivamente 1783 e 1788, Di fronte alle abitazioni vi è un capitello
dedicato alla Crocefíssione; «LA CONTRADA CAMPILGERI IN SUA DIVOZIONE» 15-6-1937. Sulle facciate delle
abitazioni si notino tre pitture murali popolari, una abbastanza deteriorata, raffigurante «LA FUGGA IN ECITO AN° 1880»
come recita la scritta, che continua: «GUGOLE SANTE E FAMIGLIE FECERO DIPINGERE 1880». C’è anche una meridiana con gallo ed un'altra raffigurante San Giorgio a cavallo in lotta con il drago, restaurate da Gugole Giuseppe nel
1990. All'uscita della contrada è visibile su una finestra di una stalla, una pietra con inciso: «Z.G. FF 1733».
La contrada è sul confine con la provincia di Vicenza ed un detto popolare recitava: «La Vesentina cuoceva la polenta sul
Vicentino e la ribaltava sul tagliere nel Veronese».
In contrada c’era anche una stupenda colonnetta in pietra datata 1803 raffigurante la Madonna dei Sette Dolori, col petto
trafitto da sette spade, a sinistra San Giorgio a cavallo che colpisce il drago, e a destra San Pietro, dopo un tentativo di
furto è stata portata al museo dei cimbri di Giazza..
Queste colonnette, piuttosto numerose nella zona di San Bortolo, sorgono generalmente appena fuori le contrade o lungo
importanti incroci dei sentieri; sono una testimonianza della devozione e dell'abilità artistica delle popolazioni dell'altopiano.
Contrada Campilgeri con capitello del 1937.
Colonnetta dei Gugoli.
Capitello del 1914 sul bivio della provinciale.
Ritorniamo indietro e scendiamo leggermente e girando a destra imbocchiamo la bella mulattiera tra laste di pietra e alberi,
oltrepassiamo una vallecola e risaliamo sulla strada asfaltata, poco dopo sulla sinistra prima dell’abitato osserviamo la bella
colonnetta votiva dei Gugoli.
Colonnetta, del XVII-XVIII secolo, in pietra con edicola a due figure. La figurazione pone a destra la Beata Vergine mentre
ammanta il Bambino secondo lo schema tipico del "Madonnaro". Le figure in quest'opera sono più allungate rispetto a
quelle che si trovano in altre colonnette. Sul pilastrino è incisa una croce.
Quindi entriamo a visitare la contrada Gugoli, m. 1044, ore 0,10-1,35.
Gugoli: attestata nel XVIII sec, derivante dal soprannome bavaro-tirolese «gugele»=«cappuccio del mantello». Qui troviamo
sia case abitate stabilmente, sia case ristrutturate per il periodo estivo. Sulla parete di una casa possiamo notare una
«bocarola» con data «A 1790 D» e nella parte sud si può vedere una pittura murale recentemente restaurata raffigurante
l'Addolorata.
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Riprendiamo la strada asfaltata, per poche centinaia di metri, fino all’incrocio con la provinciale San Bortolo-Campofontana,
qui troviamo un grande capitello, ore 0,10-1,48.
Dedicato alla Madonna (1914), con la scritta: «PER DIVO.NE DELLE CONIDE GUGLI E CAMP.RI» ed una indicante
l'indulgenza di 100 giorni per ogni persona che reciti l'Ave Maria.
Giriamo a destra, nord, e imbocchiamo subito dopo la carrareccia a destra che sale nel prato fino a raggiungere la sommità
del monte Padella, e tenendo la sinistra, su asfalto scendiamo all’incrocio con il monumento della mucca vicino al capitello
Qui possiamo fare una piccola sosta per un caffè presso il ristorante in contrada Zucchi, m. 1152, ore 0,20-2,05.
Entriamo nella parte sud della contrada e sul un muro, in alto, di una casa osserviamo la Tavoletta dei Zucchi.
Tavoletta, bassorilievo lapideo del XIX secolo. L'opera che vediamo è quanto rimane di una colonnetta classica in pietra
composta da pilastrino ed edicola. La composizione è a due figure e rappresenta l'Addolorata, infatti la Beata Vergine tiene
sulle ginocchia il Cristo. Sul listello inferiore dell'edicola è riportata la data 183... non esattamente decifrabile. La tavoletta è
ora protetta all'interno di un'edicola in marmo alquanto contrastante.
Ora ci dirigiamo verso ovest, sempre su asfalto, fino alla contrada Flori, m. 1089, ore 0,10-2,15.
Flori, il toponimo deriva dal personale italiano «Florío», è abitata da famiglie. È composta da una doppia schiera rivolta verso sud-est,
affacciata su di una bellissima visuale della bassa val d'Illasi. Troviamo subito un capitello del 1872 dedicato alla Madonna e recante
la seguente dedica: «ANNO 1872 CONTRADA FLORI FECCE FARE PER SUA DIVOZIONE O PASSEGER CHE PASSI DI QUA
VIA, O CHIARO O SCURO, INVOCA GESÙ OMARIA E VA SICURO». Nella contrada, sulla facciata di una casa vi è una statua
dell'Addolorata con incisa: «MATER 1870 DOLOROSA ORA E PRONOBIS». Inoltre su di un'altra parete vi è l'incisione: «A 1855
FGSGFA FINI ANO E AEF DOMENICO». Sopra la porta d'entrata dell'abitazione più bassa, vi sono due nicchie a muro dell'inizio
del secolo, contenenti le statuette di Sant'Antonio e San Luigi.
Mulattiera per il monte Padella.
Panorama su Campofontana dal Padella.
Flori Capitello del 1872 .
Dalla contrada scendiamo verso sud sulla mulattiera, purtroppo piena di rovi, per un centinaio di metri quindi scavalchiamo
il muretto e il filo spinato e verso est, attraversiamo in leggera discesa il prato ed arrivati a una stalletta imbocchiamo la
carrareccia che sale verso sud. Passiamo accanto al capitello.
Capitello dedicato a San Gregorio Magno, invocato contro le pestilenze. Dietro il cancelletto in ferro vediamo una statuina
in gesso. Sulla base del capitello è scolpita una Croce. Sulla sinistra leggiamo: «FLORIO ANDREA ANTONIO FIGLIO
FECE FARE»; sulla destra «D B FECE».
Continuando sulla stradina entriamo nella contrada Binter m. 1033, ore 0,15-2,30.
Binter, deriva dal cimbro «bintàr»=«inverno», ad indicare un luogo poco soleggiato. Contrada abbastanza grande, che una
volta ospitava dodici numerose famiglie (ora ve ne risiede stabilmente soltanto una).
Osserviamo i tanti particolari caratteristici: al centro della contrada, un bel pozzo, il volto a botte all'interno di un edificio, dei
bei portali, il baito sul lato nord (ancora funzionante) che porta la data 1922, e, in una nicchia, la statuina di Sant'Antonio.
La Croce in ferro che vediamo sul tetto di una stalla verso destra (nord-est) sta a ricordare il luogo dove un incidente sul
lavoro costò la vita ad un uomo.
Usciti dalla contrada ci inoltriamo sulla strada asfaltata in direzione est verso la contrada Frighi.
Sulla destra notiamo un bel capitello in pietra, preceduto da tre gradini.
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Protetta da un cancelletto in ferro vediamo l'immagine della Madonna; sopra di lei la volta del cielo stellato con la colomba
dello Spirito Santo. Una Croce in ferro sta sulla copertura del capitello, sul quale possiamo leggere la data: «1854 A G A
F».
Stalletta e contradai Flori.
Capitello di San Gregorio tra Flori e Binter.
Contrada Binter.
Ora prendiamo la carrareccia a destra che sale verso sud, alla fine della quale, proprio all’entrata nord della contrada
troviamo la colonnetta di Brea, anche qui possiamo notare l’incuria, la stele è usata come battente di un cancello e in
stato di degrado.
Colonnetta Brea del XVI-XVIII secolo. Vediamo ancora un bell'esempio di colonnetta con rilievo a due figure. E’ questo lo
schema più comune che affianca la Beata Vergine e il Bambino e che trova in questa opera una realizzazione di vago
significato plastico. Il rilievo si articola in semplici elementi, come ad esempio il manto che si estende dietro le spalle del
Bambino. La figurazione si completa con l'immagine di un cherubino che con le ali crea una cornice alla composizione
Entriamo così in contrada Brea, m.1055, ore 0,15-2,45.
Brea: Il nome pare derivare dal termine longobardo «brèda» = «spiazzo». In passato era detta anche «contrada dell'albero»
per la presenza di un grande faggio. Una leggenda sostiene inoltre la derivazione del nome da un'ebrea qui rifugiatasi a
causa delle persecuzioni. Contrada composta da numerosi edifici, ed esposta a sud. Nella parte posteriore vediamo diversi
fienili (a riparare la contrada dal freddo), ed una grande stalla sulla facciata della quale è stata posta molto di recente
un'edicoletta con statuina dedicata a Sant'Antonio (1983). Rivolte a sud, più esposte al sole, abbiamo invece le abitazioni,
fra cui quella principale, con il pozzo (datato 1920) e gli orti. Sulla facciata degli edifici più a sud possiamo leggere le date
1815 e 1876. Nella casa principale abita l'unica famiglia che risiede qui stabilmente. Seguendo la tradizione, continua a fare
il formaggio nel baito
Usciamo dalla contrada passando vicino alla pozza, in direzione est, dopo pochi metri, sul crocevia, ci accoglie
La Colonnetta.
Colonnetta del XVIII-XIX secolo. È questa una delle poche steli delle quali si conosce l'autore, ed è sicuramente' l'unica nel
suo genere. Si tratta di un'opera interamente in pietra con pilastro ed edicola bifronte, poggiata su una base composta da
tre blocchi quadrati sovvrapposti. Nell'edicola pentagonale su un lato è raffigurata l'Assunta con le braccia allargate in atto
di ascensione verso il cielo, la stessa figura principale sembra danzare; sul lato opposto la Pietà, arricchita e completata da
una corona, tiene sulle gambe il corpo di Cristo. I volumi delle figurazioni sono resi attraverso le linee scultoree degli
elementi che compongono l'opera, inoltre l'insistente svolgersi di solchi, curvi e rettilinei attesta l'impegno dell'autore, Francesco Gugole, nel voler quasi differenziare la sua firma da quella degli altri anonimi lapicidi.
Capitello del 1854 tra Binter e Brea .
Colonnetta della Brea.
La Colonnetta bifronte sull’incrocio di Brea.
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Prendiamo la bella carrareccia davanti a noi verso est, prima in piano poi scendiamo leggermente, nel prato, passiamo
accanto ad una stalla, ci inoltriamo sulla mulattiera con laste di pietra e poco dopo raggiungiamo la contrada Ramponi ,
m.999, ore 0,15-3,00.
Ramponi: All’entrata possiamo notare un capitello dedicato alla Beata Vergine con San Antonio e San Giuseppe con la
scritta: «LA FAM. GAICA DOMENICO PER GRAZIA RICEVUTA DURANTE LA GUERRA 1940-1944» 1959.
Ramponi deriva dal nome di persona germanico Rampo. Ubicata in una conca riparata, disabitata per la maggior parte
dell'anno tranne nel periodo estivo dell'alpeggio, la contrada è in condizioni estremamente precarie, con parte dell'abitato
crollato; rimane da vedere ben poco, se non alcuni poderosi blocchi di pietra nella parte dell'abitazione ancora intatta. Di
fronte al caseggiato troviamo un bel pozzetto per la raccolta dell'acqua piovana.
Carrareccia dalla Colonnetta sent CAI 252.
Dosso cn vista sui Zucchi e il monte Padella.
Mulattiera che porta ai Ramponi.
All’uscita seguiamo la strada bianca verso sud-est entriamo in una bella faggeta arrivando alla contrada Ambrosi, m. 1000,
ore 0,20-3,20.
Ambrosi: toponimo questo, di origine veneta da Ambròso = Ambrogio. Contrada disposta verso sud, riparata dai venti,
presenta ristrutturazioni e vecchi rustici dai tetti gotici che andrebbero senz'altro recuperati. Sulla facciata di una casa si
può notare, in evidente stato d'abbandono una meridiana. Alla fine della contrada, ad est vi è un capitello dedicato alla
Beata Vergine con la dicitura: «LA CONTRADA AMBROSI PER GRAZIA RICEVUTA DURANTE LA GUERRA -1949».
Oltrepassato il capitello prendiamo la stradina che parte dall’incrocio della provinciale e sale verso sud, dopo poco troviamo
una grande croce in pietra del 1844.
Continuiamo verso sud, saliamo sul dosso erboso seguendo il ciglio, in cima oltrepassiamo il filo spinato e pieghiamo a
sinistra, scendendo nel prato, oltrepassiamo ancora un filo spinato. Adesso ci troviamo sulla strada provinciale accanto al
capitello di San Rocco e alla lapide dove eravamo passati all’andata.
Prendiamo la strada asfaltata e in breve raggiungiamo San Bortolo e il parcheggio, ore 0,25-3,45.
Verso i Ramponi.
Contrada Ambrosi.
Croce del 1844 dopo Ambrosi.
Partenza alle ore 8,30 dalla sede con mezzi propri
INFORMAZIONI: Graziano Maimeri 333-56.12.182
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