Le calze nella pubblicità
(dagli anni ’30 ai giorni nostri)
di Giorgio Belletti
Ripercorrere le tappe dell’evoluzione di un prodotto attraverso la pubblicità, una delle forme
di comunicazione che meglio sanno rappresentare e interpretare lo spirito dei tempi. Leggere,
nelle immagini, nei testi e nelle atmosfere che il messaggio pubblicitario riesce a suscitare, la
mutazione del gusto, del linguaggio e, perché no, della società stessa, valutandone non solo
gli aspetti relativi alla moda ed al costume, ma anche quelli più strettamente legati al
marketing dei prodotti tessili ed all’innovazione della tecnologia e delle fibre. Questo è ciò
che ci proponiamo di fare analizzando la storia delle calze da donna attraverso la pubblicità.
In principio era la seta, la più fine e preziosa delle fibre naturali, ad accarezzare l’epidermide di
quella femme élégante che portava solo le “Bas Gui” (fig. 1): una marca di calze che probabilmente
andava per la maggiore in Francia negli anni ’30 e che si vantava di essere prodotta solo in seta
naturale o in filo di scozia. Il riferimento alla “naturalità” della seta è un chiaro indizio che
all’orizzonte di andava profilando la concorrenza della cosiddetta seta artificiale, quel nuovo e per
quei tempi rivoluzionario filo, ricavato dalla cellulosa, che in Italia trovò un protagonista di rilievo
in un’azienda situata sul lago d’Orta: la “Seta Bemberg” (fig. 2). Una denominazione un po’ ibrida,
frutto di una strategia di marketing alquanto sbrigativa e mimetica, tipica di quegli anni autarchici,
che faceva esplicito riferimento al prodotto naturale che si voleva imitare, abbinandolo al nome
dell’azienda che avrebbe fatto la storia di una delle fibre artificiali: il cupro.
Ma, nel 1935, W.H. Carothers, un ricercatore della DuPont, mise a punto il nylon, capostipite delle
fibre sintetiche, destinato in pochi anni a rivoluzionare il mercato delle calze da donna. Prodotta
anche in Italia dalla Rhodiatoce, a partire dai primi anni ’40, tale fibra, più correttamente detta
poliammide 6 o 66, entrò nel mondo della pubblicità con quello che fu originariamente il marchio
della DuPont, che divenne ben presto, talvolta scritto come si pronuncia, un nome comune dalla
enorme diffusione.
E’ della fine degli anni ’40 (fig. 3) la pubblicità del Calzificio De Bernardi (Corso Vittorio
Emanuele 4 – Milano) che definiva le proprie Calze Naylon come “le più leggere del mondo”
affidandone l’immagine ad una sorridente femme fatale in posa sexy (per quei tempi…), con body e
calze velate, sotto una cappa bordata di ermellino da Wandissima sorridente.
Arrivano gli anni ’50 e le Calze FAMA (fig. 4) vantano un altro primato, si proclamano “le più fini
del mondo in nylon Rhodiatoce”: probabilmente uno dei primi esempi di abbinamento tra un
marchio di prodotto e quello della fibra componente. Negli stessi anni, in Francia, le “Bas
Chesterfield” (fig. 5), ricorrendo ad una immagine grafica di grande fascino, senza far alcuna
citazione della fibra, si definiscono “fini come il fumo di una sigaretta”, con probabile riferimento
all’omonima marca di tabacco: un messaggio che oggi sarebbe bollato come un incitamento,
politicamente scorretto, al vizio del fumo.
Verso la fine degli anni ’50 le Calze OMSA (fig. 6) fanno leva sull’eleganza e sulla raffinatezza,
sottolineando la disponibilità di una vasta gamma di colori nuovi e citando il numero degli aghi, con
riferimento alla finezza delle macchine: un dato che entrerà nel linguaggio delle signore e diventerà
criterio di qualità nella scelta (chi non ricorda le favolose “calze milleaghi”?). Da notare anche la
forma di fidelizzazione delle consumatrici, affidata ad un concorso a premi che mette in palio, ogni
mese, l’oggetto che, in quegli anni di incipiente boom economico, stava in vetta ai desideri di ogni
brava massaia: la pelliccia di visone.
E’ dell’inizio degli anni ’60 (fig. 7) quello che probabilmente è uno dei primi esempi di calza
“griffata”: le Calze Christian Dior, la cui immagine, essenziale e ancora attualissima, è affidata alla
splendida matita di René Gruau, un grande illustratore che presto ritroveremo al servizio della
Bemberg. Da notare, nel contesto del medesimo messaggio, un altro esempio di abbinamento con il
marchio della fibra. In questo caso si tratta di un poliammide prodotto, con il marchio “Delfion”,
dall’italiana B.P.D. (Bombrini Parodi Delfino): una media azienda chimica, forse più nota al
pubblico per gli insetticidi e i prodotti per la casa, che, in quel periodo, era attiva anche nel campo
delle fibre.
I favolosi anni ’60 proseguono con l’offensiva pubblicitaria delle Calze SISI, che introducono, per
la prima volta in questa nostra carrellata, l’uso dell’immagine fotografica al posto di quella
pittorica: una elegante signora (fig. 8) si confronta con la propria immagine sfocata, e letteralmente
priva delle gambe, spiegando, in una lunghissima e un po’ ingenua confessione, di essere diventata
una donna elegante solo dopo aver adottato le calze SISI: “…le mie gambe, motivo di tanta
angustia, acquistarono d’un tratto un seducente risalto”. Nei messaggi della SISI è costante
l’abbinamento con il marchio “nylon Rhodiatoce” e la donna è rappresentata sempre in
atteggiamento di grande e compiaciuta soddisfazione, ora perché (fig. 9) “Sa di essere ammirata…e
questo la rende felice”, ora perché (fig.10) indossare calze SISI è un “inesprimibile piacere”.
Nei medesimi anni la Rhodiatoce ribadisce la qualità della fibra con una propria campagna che
rafforza l’immagine della marca, lanciando lo slogan “tutto il meglio è nylon” e attribuendo anche
alle calze il marchio Scala d'Oro. L’immagine (fig. 11) è concentrata sulle gambe di una donna che
scende, con gesto pudico e misurato, da una mitica seicento - porte ancora a favore di vento e
gomme con fascia bianca - a testimoniare un contesto di modernità e agiatezza che si poneva ai
vertici del “lusso possibile” per il medio consumatore di quegli anni.
A partire dalla fine degli anni 50 anche la Bemberg inizia la produzione del filo poliammidico, che,
in omaggio al lago su cui si affaccia lo stabilimento, assume il marchio “Ortalion”. E’ di quegli
anni l’inizio della collaborazione con René Gruau, che firmerà l’immagine Bemberg per molti
decenni. Ci piace perciò concludere questa nostra rassegna con una serie di belle immagini di
questo grande illustratore, che coprono un arco temporale di quasi trent’anni (1957 – 1986), senza
per questo risentire minimamente l’usura del tempo. Un modo straordinariamente raffinato e di
grande eleganza pittorica per mettere in risalto, con sottile efficacia, sia i benefici effetti che il
regalare calze può avere nella vita di coppia (fig. 12 - 1957), sia, con una vertiginosa prospettiva,
l’efficace abbinamento tra un paio di calze colorate e una minigonna ben indossata (fig. 13 - 1967).
Per arrivare a immagini in cui il corpo della donna ora è celato in una poltrona da cui emergono
solo un paio di gambe affusolate (fig. 14) ora è quasi annullato in una specie di immenso boa di
piume (fig. 15), ove, ancora una volta, il fuoco dell’attenzione è posto sulla essenzialità suprema di
bel un paio di calze da donna.
Arrivando ai giorni nostri, l’immagine che i produttori danno attraverso la pubblicità è sempre più
legato alla funzionalità e alle performance che la consumatrice si può attendere da un manufatto,
solo in apparenza tradizionale, ma che ha ormai acquisito contenuti innovativi. Si va così dalla calza
che dà un effetto “abbronzato” alla gamba, creando una motivazione d’acquisto voluttuaria ma
efficace (fig. 16), a que lla trattata con una essenza di citronella, che allontana le zanzare, fino alla
calza che, pur essendo elasticizzata (grazie a Lycra) e igienica (grazie a Meryl Skinlife), non
rinuncia ad essere femminile e sexy, perdendo del tutto la vecchia connotazione di calza “sanitaria”
da signora attempata. Ma la sintesi più efficace, in termini di comunicazione pubblicitaria, del
livello di comfort e benessere che le calze e l’intimo possono offrire alla donna di oggi è contenuta
nella comunicazione di Pompea (fig. 17): “dresss, no stress” ovvero “non strappa, non stringe, non
stressa”. Un vero e proprio tormentone televisivo, che è riuscito ad esprimere, con una forza non
comune, il concetto di abbigliamento come strumento attivo che favorisce il benessere psico- fisico
del consumatore nella routine quotidiana. Un risultato dovuto certamente anche alle nuove
performance delle fibre fatte dall’uomo, che si alleano con le più innovative tecnologie di
produzione, per dare un contributo fondamentale e ormai irrinunciabile al miglioramento della
qualità della vita.
GIORGIO BELLETTI
marzo 2002
In principio fu la seta....
anni '20
fig. 1
... e il cotone "filo di scozia"
poi vennero le fibre fatte dall'uomo
anni '30
all'inizio le artificiali, il cupro
detto anche "seta Bemberg"....
fig. 2
poi la prima delle sintetiche, il nylon,
brevettato da Carothers nel 1935
fig. 3
caratteristica rivoluzionaria: la finezza...
anni '40
fig. 4
...che la pubblicità sottolinea con immagini pittoriche e ardite metafore
fig. 5
Il segreto del successo: eleganza e femminilità
Forse uno dei primi esempi di calza "griffata",
con l'abbinamento del marchio della fibra,
in un disegno, ancora attualissimo, di Gruau
anni '50
la Pelliccia di Visone
fig.6
fig. 7
Ancora eleganza, femminilità e i miti degli anni '60
la Fiat 600
Il segreto della vera eleganza sta in un paio
di calze SISI, in "nailon Rhodiatoce"...
fig. 8
fig. 9
anni '70/80
nelle illustrazioni di Gruau per Bemberg
Calze rosse e minigonna in una
vertiginosa prospettiva...
Quando un paio di calze erano
un oggetto da regalare...
fig. 10
Le gambe, protagoniste assolute,
in una poltrona di design
fig. 11
fig. 12
anni 2000
Funzionalità
e
performance
Effetto "cosmetico" abbronzante
fig. 15
fig. 13
Ipoallerganico e trattato
"biofresh" anti-zanzare
fig. 14
Benessere e
efficacia
contenitiva
grazie a Lycra,
attività
antibatterica
e antiodore
grazie a Meryl
Skinlife
anni 2000
fig. 16
non strappa, non stringe, non stressa