IRPET Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana Livorno e l’economia del mare SINTESI Lorenzo Bacci Stefano Casini Benvenuti FSE Investiamo nel vostro futuro Cresce l’Europa Cresce la Toscana IRPET Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana Livorno e l’economia del mare Sintesi Lorenzo Bacci Stefano Casini Benvenuti Il mare ha segnato a lungo le sorti dell’economia livornese come quella di tutte le zone costiere del paese, determinandone in larga misura le caratteristiche. L’economia del mare assume, in effetti, una sua precisa caratterizzazione sotto il versante produttivo, destando l’interesse delle stesse politiche europee: trasporti, cantieristica, turismo, produzione e distribuzione di energia, pesca sono le attività su cui viene posta maggiore attenzione, nell’idea che un loro sviluppo, oltre ad essere rilevante in sé, potrebbe fare da traino anche ad altre attività ad esse intimamente connesse. L’ipotesi è che vi possa essere, dietro ciascuna delle suddette attività, una intera filiera che potrebbe coinvolgere non solo imprese che operano con un rapporto stretto col mare, ma anche altre imprese vicine e meno vicine, coinvolgendo quindi anche territori più interni. Ma se è del tutto plausibile riconoscere all’economia del mare una sua autonomia concettuale, occorre anche domandarci in che misura questa possa aver rappresentato in passato -e rappresenti oggi- un elemento di forza o di debolezza per le popolazioni che vivono lungo la costa. La risposta non è univoca né nel tempo né nello spazio: vi sono stati momenti in cui essa è stata certamente un elemento di spinta allo sviluppo, favorendo la localizzazione di attività che facevano del mare l’elemento costitutivo, cui sono però seguiti anche momenti di declino; vi sono aree che ancora oggi traggono dal mare la base principale per la loro crescita, assieme ad altre in cui l’economia del mare sembrerebbe averne, invece, frenato l’evoluzione. In Toscana l’economia del mare con le sue specializzazioni prevalenti non sembrerebbe rappresentare ad oggi un elemento di forza: tutte le aree costiere regionali, con poche eccezioni, dispongono infatti di un PIL procapite che è inferiore alla media regionale, ma soprattutto di un tasso di occupazione spesso largamente inferiore a quello medio del resto della regione. Questo vale anche per la provincia di Livorno, soprattutto sul fronte occupazionale, dal momento che il suo PIL procapite è solo di poco inferiore alla media regionale. Se il PIL pro capite è, tutto sommato, elevato nonostante il basso tasso di occupazione, ciò significa che la produttività del lavoro è alta; si delinea così un primo carattere di fondo dell’economia livornese, quello cioè di disporre di un complesso di attività altamente produttive, ma che non riescono a sfruttare sufficientemente l’offerta di lavoro proveniente dall’area. Le specializzazioni produttive prevalenti sono alla base di questo comportamento e ci riconducono alle caratteristiche di fondo di un’economia la cui storia ha ruotato attorno alle potenzialità offerte dal mare. Le attività portuali sono, ovviamente, quelle più caratterizzanti, ma attorno ad esse ruotano altre attività che, pur non essendo direttamente connesse col mare, ne sfruttano le opportunità in quanto via di comunicazione. I tre principali poli industriali della provincia, pur poggiando anche su tradizioni produttive spesso secolari, traggono grande vantaggio dal trovarsi vicino al mare. Quindi, oltre alle attività portuali, anche la raffinazione di petrolio, la chimica, la siderurgia, la cantieristica e la stessa produzione di energia (anche con il loro indotto) possono considerarsi attività collocabili all’interno dell’economia del mare, che quindi rappresenta ancora oggi la principale risorsa su cui dovrà basarsi anche lo sviluppo futuro dell’area. Tuttavia, nonostante la presenza dei tre poli industriali, di una buona tradizione nella meccanica anche con alcune presenze significative (ad esempio, nella cantieristica e nell’automotive), Livorno è soprattutto una provincia terziaria; lo è soprattutto per la forte presenza delle attività portuali (che da sole raccolgono oltre il 10% dell’occupazione complessiva dell’area), ma lo è anche per la crescente importanza assunta nel corso degli anni dal turismo che, in termini occupazionali, fornisce un contributo altrettanto importate. A queste attività terziarie, che costituiscono un asse importante dell’economia del mare, si aggiungono quelle più tipiche delle aree urbane, si tratta delle attività 2 commerciali, di quelle dei servizi alle imprese e alle persone, dei servizi pubblici: nel complesso tutti questi comparti del terziario -dai porti alla pubblica amministrazione- danno lavoro ad oltre tre quarti dell’occupazione provinciale, molto più che nel resto della Toscana. Ma non solo per queste caratteristiche l’economia livornese si differenzia dal resto della regione. Vi è, innanzitutto, un modello di sviluppo del tutto diverso da quello della Toscana dei distretti; nello sviluppo dell’economia livornese manca, di fatto, quella diffusa capacità imprenditoriale tipica dei sistemi di piccola impresa, spesso di natura distrettuale, che ha fatto il successo della Toscana. Questo difetto di capacità di intraprendere presente nella società livornese è frutto anche di una storia in cui la grande industria, spesso legata alle partecipazioni statali, ha avuto un ruolo importante assai più che nel resto della regione. Ma il modello di sviluppo si differenzia da quello del resto della regione anche per la diversa intensità con cui vengono utilizzati i fattori produttivi (terra, capitale e lavoro): le principali specializzazioni dell’area sono infatti ad alta intensità di terra e capitale e a bassa intensità di lavoro. Come dire che, rispetto al resto della regione, su di una stessa porzione di territorio lavorano meno persone, ciascuna con una elevata dotazione di capitale a disposizione: alto rendimento del lavoro e basso tasso di occupazione sono la conseguenza di queste caratteristiche. Il basso tasso di occupazione rappresenta, in effetti, il problema più rilevante dell’economia livornese: esso è, nel 2009, il 60,8%, contro il 64,8% medio regionale ed il 67,8% fiorentino: se volessimo raggiungere questi più elevati livelli si tratterebbe di aumentare l’occupazione di una percentuale compresa tra il 6,6% e l’11,5% e corrispondente rispettivamente a 9 e 16 mila occupati. E il problema potrebbe essere ancora più grave se si tenesse conto del fatto che alcuni degli occupati livornesi lo sono in quanto lavorano in altre province della Toscana: il numero di pendolari che esce dalla provincia supera decisamente quello di coloro che vi entrano. È quindi evidente che lo sviluppo prossimo venturo dovrà puntare sulla creazione di un numero rilevante di nuovi posti di lavoro e la creazione di posti di lavoro non può che passare dall’introduzione di attività labour-intensive, che dovranno certamente ruotare ancora attorno alle potenzialità offerte dall’economia del mare. Si tratta quindi di passare ad un modello di sviluppo meno land-intensive visto che le attività oggi presenti sul territorio fanno già un uso molto esteso del territorio rendendolo risorsa scarsa: non a caso i prezzi della residenza sono più alti della media regionale che è già più alta di quelle delle altre regioni del paese. Visto che non è facile immaginare l’utilizzo di aree vergini per lo sviluppo di nuove attività, ciò significa che occorre sviluppare, nelle aree oggi utilizzate, attività diverse dalle precedenti, che siano in grado di creare maggiore occupazione. Un’altra caratteristica dell’economia livornese, in parte connessa con la precedente, è legata al fatto che molte delle attività presenti sono largamente di transito, nel senso che beni e persone passano dal territorio livornese senza lasciare grandi tracce del loro passaggio: sono così le attività portuali, la logistica, quelle connesse alla produzione di energia, persino alcune di quelle turistiche (i croceristi). In altre parole, l’economia livornese si trova spesso all’interno di filiere produttive rispetto alle quali è in grado di trattenere solo una piccola parte del valore aggiunto prodotto. Questo complesso di caratteristiche ha contribuito, nel corso degli anni, a determinare alcuni dei punti di debolezza dell’area; tuttavia, negli anni più recenti -quelli cioè del nuovo millennio- segnati da difficoltà di crescita diffuse a tutto il sistema produttivo regionale e nazionale, l’economia livornese ha mostrato una maggiore tenuta. La crescita non è stata certamente esaltante, ma è stata comunque superiore a quella del resto della regione. In parte questo miglior risultato lo si spiega con la minore dipendenza dalle esportazioni che in questi anni hanno mostrato le maggiori difficoltà e che sono alla base della bassa crescita dell’intero paese; resta però il fatto che all’interno dell’economia provinciale, 3 sono emerse anche dinamiche interessanti in alcuni settori: turismo, attività portuali e cantieristica rappresentano certamente gli esempi migliori e in alcuni casi (la cantieristica soprattutto) sono elementi di vera e propria eccellenza nel panorama nazionale. Su questa situazione, purtroppo, è caduta la crisi finanziaria che ha colpito l’intera economia mondiale, conducendo ad una drastica caduta del PIL nel biennio appena trascorso, ma con effetti che, nonostante la presenza dei primi segnali di ripresa nel corso del 2010, avranno postumi non indifferenti ancora per qualche mese. Il 2010 vedrà infatti nuove significative cadute occupazionali accentuando ulteriormente il problema del lavoro; è infatti possibile che tra il 2008 ed il 2010 vengano persi 6 mila posti di lavoro, che rischiano quindi di mettere in secondo piano l’obiettivo di fondo cui si faceva sopra riferimento (quello cioè di creare tra i 9 mila e i 16 mila nuovi posti di lavoro per raggiungere un adeguato tasso di occupazione). In questa fase si pone dunque la doppia opzione di fronteggiare l’emergenza senza compromettere il cammino di fondo dell’economia. Questo richiede la costruzione di scenari condivisi; la definizione di strategie di intervento coordinate e, ove, possibile integrate; l’adozione di routines di consultazione, decisione, informazione all’interno di un network istituzionale che favoriscano l’azione comune delle amministrazioni locali, azione comune che, in forza della maggiore coesione, porterà la Provincia ad agire con maggior efficacia non solo nei rapporti con Regione Toscana, ma anche a livello nazionale e europeo. È evidente che tali scenari non possono che basarsi su quelli che sono gli elementi di forza dell’area che, in una fase come quella che si va aprendo, debbono indirizzarsi verso il potenziamento della capacità dell’intera economia regionale di esportare all’estero beni e servizi. La domanda interna, infatti, rimarrà ancora per anni depressa visti gli sforzi di rientro dal debito pubblico che i governi dovranno mettere in atto (la manovra finanziaria di questi giorni ne è una chiara dimostrazione). La capacità di esportare può essere rafforzata aumentando la competitività delle filiere esportatrici, ma anche intervenendo nella competitività complessiva del sistema, dei suoi soggetti privati, ma anche di quelli pubblici. Le filiere esportatrici debbono essere rafforzate nei singoli passaggi che le compongono, quindi non solo necessariamente attraverso il rafforzamento delle imprese direttamente esportatrici, ma anche attraverso la maggiore competitività di tutti i beni e servizi che stanno lungo la filiera. Quindi relativamente all’economia livornese si tratta, da un lato, di rafforzare il sistema industriale, non solo consolidando le attuali presenze, ma cercando anche di svilupparne e attrarne di nuove; dall’altro di rendere via via più competitivi quei beni e servizi prodotti nell’area e presenti in molte delle filiere esportatrici toscane e nazionali (dall’energia ai trasporti). La competitività del sistema la si rafforza attraverso la realizzazione e l’ammodernamento delle opere infrastrutturali (rispetto alle quali vi è un ampia programmazione che riguarda l’intera provincia), ma anche attraverso la ricerca di una maggiore efficienza della macchina pubblica. È necessario in altre parole che l’azione pubblica non si limiti a voler indirizzare l’iniziativa privata, ma, piuttosto, riporti al centro delle politiche l’azione della PA, conferendo ad essa maggiore efficienza e efficacia e in modo da ovviare ad alcuni dei limiti che, in questo territorio come nella generalità del paese, sono riconducibili ai fallimenti della burocrazia. Se però la via del rafforzamento della capacità esportativa del sistema produttivo regionale è la via maestra per una nuova ripresa, occorre non dimenticare la possibilità di ricorrere anche alla riduzione delle importazioni. Ciò può avvenire in modi diversi, sia producendo all’interno beni e servizi ora importati, sia modificando i modelli di consumo di famiglie ed imprese, attraverso azioni volte, appunto, a ridurre il contenuto di importazione. L’impegno verso la green-economy va in questa direzione: da un lato, occorre sviluppare una filiera tecnologica a sostegno delle energie rinnovabili, 4 dall’altro, indurre un’evoluzione dei modelli di consumo ed efficienza energetica. Tutto questo potrebbe raggiungere l’obiettivo non solo di migliorare la qualità dell’ambiente e di ridurre la dipendenza da petrolio della nostra economia, ma anche quello di stimolare, in sinergia col mondo della ricerca, lo sviluppo di nuove attività produttive in grado di far fronte alle nuove domande emergenti. Consolidamento della base industriale presente, sviluppo delle esperienze di successo anche attraverso un più intenso legame col territorio (rafforzando cioè le filiere), avvio di una politica di sostenibilità ambientale nel tentativo di attrarre o far nascere nuove attività, assieme al rafforzamento delle attività portuali e ad un più efficiente sfruttamento delle potenzialità turistiche sembrerebbero rappresentare la principali occasioni di sviluppo per l’economia livornese. L’avvio dei piani di investimento infrastrutturale ad oggi previsti potrebbe creare le condizioni favorevoli alla formazione di un clima di fiducia sul futuro, in un momento in cui la crisi internazionale appena vissuta, le difficili condizioni della finanzia pubblica del paese, rischiano di abbassare ulteriormente le speranze di un ritorno su di un sentiero di crescita in grado di garantire una nuova ripresa dell’occupazione in un’area, come quella livornese, in cui dell’occupazione resta il problema più rilevante. 5