la vita psichica come vita giuridica

Nome file
9703CH0_GBC3.pdf
data
1997
Contesto
SIC/CHILD
Autore
GB Contri
Liv. revisione
Pubblicazione
Lemmi
Bambino
Vita psichica
Vita giuridica
EDIZIONI SIC
CHILD 0
IL BAMBINO I SUOI AMICI I SUOI NEMICI
LA VITA PSICHICA COME VITA GIURIDICA
La vita psichica, non del bambino ma a partire dal bambino, è una vita economica: egli pensa e
opera per un proprio fine di beneficio (= soddisfazione) secondo una norma o legge giuridica in cui
l'Altro è cooptato e sanzionato come partner e mezzo di tale fine.
Per ottenerne (domanda) la partnership, il bambino compie ogni possibile atto di propiziazione
dell'Altro, ossia gli dà soddisfazione: è così che vanno interpretate tutte quelle condotte, anche
mimiche o posturali, del bambino che consideriamo gentili, graziose, gradevoli, eleganti, care,
piacevoli, intelligenti, ecc. Non è vero che il bambino è «carino» in sé (e non esiste il bambino «in
sé» come non esiste la «cosa in sé»): lo è all'interno di quella norma di beneficio. È l'adolescenza
l'invenzione dell' «in sé», adolessenza.
Se ne ha stridente controprova in tutta la psicopatologia precoce, in cui il bambino è capace di
una sgradevolezza senza pari, fino a fare l'inferno degli adulti facendo l'infermo come forma di
irriducibile oppositività. Tutta la gamma delle condotte spiacevoli del bambino altro non è che
sanzione – secondo ciò che resta della prima norma – alla cattiva partnership dell'Altro.
La norma di beneficio del bambino – che domanda soddisfazione all'Altro offrendogliela –
merita di essere chiamata con la tradizionale parola «egoismo», riscattandola dalla cattiva luce in
cui una certa tradizione morale l'ha imprigionata, e riabilitandola come virtù. Il buon partner è
l'amico di questa virtù, e lo è se la pratica già per proprio conto (il bambino è testimone attento, e
spesso costernato, della cattiva partnership tra quell'uomo e donna che sono i genitori).
Ecco perché il bambino si lascia volentieri cooptare nella vita dell'Altro (in generale, almeno nei
primi anni di vita: genitori, altri famigliari, altri adulti). L'errore più comune è di credere (di
credenza si tratta) che questa cooptazione venga per prima, mentre invece viene per seconda e si
regge su quella prima. Questo errore è tutt'uno con il credere che il bambino non pensi.
Cui si associa un altro errore ancora: quello di credere che la vita del bambino sia regolata, aldilà
di quella norma, da «regole » esterne imposte dall'Altro o comandi (eteronomia). Ciò può sì
Accadere, ma soltanto quando il bambino è già disturbato. Quando è ancora sano, non è che si lasci
imporre una regolazione da regole distinte dalla propria norma di beneficio, ossia che non pensi:
pensa che ci pensa l'Altro, ossia installa il pensiero dell'Altro nel proprio (ordine della giornata, casi
di pericolo, regole igieniche ecc.). Il caso del bambino è quello in cui il pensiero dell'Altro non è
pregiudizialmente trattato nell'ostilità o nel sospetto, ma è acquisito in un'economia di vantaggio
almeno possibile (per paragone o norma, si pensi come è arduo per l'adulto essere in pace nei
confronti del pensiero di un Altro).
Si può anche dire che il bambino non ha mai obiezioni di principio da rivolgere all'Altro (sarà la
futura psicopatologia a farlo passare all'obiezione di principio). È ciò che chiamiamo anche «talento
negativo» del bambino: nessuno dei suoi oggetti, o talenti, a partire dal suo corpo, e dei suoi atti, è
sottratto per principio all'esposizione o disponibilità all'Altro, a condizione che l'Altro con-venga in
proprio con la sua norma di beneficio.
È dunque un errore distinguere nel bambino norma di beneficio, o principio di piacere (autonomia), dall'indicazione estrinseca (etero-nomia): l'eteronomia è precompresa come caso
dell'autonomia («Fa' tu»). Il bambino sano non è mai sregolato. Il bambino malato è iper-regolato.
Ciò è anche dire che – nella sua norma di beneficio implicante per principio l'Altro – il bambino
parte socius, non selvaggio, o presociale, o precivile, o animale, o bruto, o peggio ancora prelogico.
Del resto quando sarà adulto, se sarà sano oppure guarito lo sarà proprio e solo perché sarà tornato a
avere come legge di moto la sua iniziale norma di beneficio (ecco ciò che significa l'evangelico
«tornare come bambini», nel pensiero come negli atti).
Che è una norma che fa universo perché, nella sua economicità non esclude nessuno e nulla
dall'essere fattore di una tale economia: come tale, questa legge del suo moto fa ordine (universo)
non disordine né anarchia, perché fa legame. Como vita economica, la vita psichica inizia già come
vita giuridica, prima e invece di qualsiasi discorso sui «diritti dei bambini». Il proprio della
psicopatologia è di non fare più beneficio, universo, legame, norma.
© Studium Cartello – 2007
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