F. Schubert, dal Quintetto per pianoforte Op. 114

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www.fondazionegraziottin.org, Area divulgativa - Strategie per stare meglio 21/08/12
Benessere e serenità in un gioiello cameristico (F. Schubert,
dal Quintetto per pianoforte Op. 114)
Proposte di ascolto di Pino Pignatta
Franz Schubert
Quintetto per pianoforte Op. 114 “Die Forelle”
Allegro vivace; Andantino-Allegretto con variazioni
Clifford Curzon, pianoforte; Amadeus Quartet
Nell’agosto del 1819, il ventiduenne Franz Schubert passeggia nei boschi dell’Alta Austria, sui
sentieri intorno al piccolo villaggio di Steyr, ospite per qualche giorno di Sylvester Paumgartner,
ricco mecenate e appassionato violoncellista. L’amico chiede al compositore di scrivere un pezzo
adatto alle serate musicali con gli ospiti, in casa, una sorta di cenacolo artistico a carattere
intimo e familiare, com’era consuetudine all’inizio dell’Ottocento e soprattutto come piaceva allo
stesso Schubert, che per quasi tutta la sua breve vita, 31 anni appena, deliziò gli amici in
interminabili concerti (le celebri “schubertiadi”) con il compositore in persona al pianoforte.
Paumgartner, dunque, commissiona un nuovo lavoro a Schubert, ma a due condizioni: l’organico
dev’essere un quintetto per violino, viola, violoncello, contrabbasso e pianoforte; e il pezzo deve
obbligatoriamente includere un movimento a variazioni basato su un Lied creato a vent’anni dallo
stesso Schubert: Die Forelle, “La Trota”. Nessuna obiezione: il compositore si mette al lavoro e
finisce di scrivere quello stesso autunno, a Vienna.
E’ nato così uno dei più sbalorditivi capolavori cameristici nella storia della musica: il
Quintetto “La Trota” (ForellenQuintett), una delle pagine più popolari del musicista austriaco,
insieme con il Quartetto in re minore, meglio conosciuto come “La morte e la fanciulla” (Der
Tod und das Mädchen), composto tra il 1824 e il 1826, che sicuramente inseriremo più avanti fra
le “Strategie per stare meglio”. Il ForellenQuintett fu pubblicato postumo come opera 114, a un
anno di distanza dalla morte del musicista. E in questo senso è emblematico dell’amaro destino
di Schubert, che morì giovane, povero, malato, dopo una vita da bohémien con altri sfortunati
artisti a Vienna, e che vide pochissime opere pubblicate durante la sua esistenza, tanto che, a
parte un concerto applauditissimo a pochi mesi dalla morte, Schubert se ne andò senza essersi
reso pienamente conto d’essere stato “Schubert”.
Non solo: il ForellenQuintett – con quel tesoro di fresche e rinvigorenti melodie, che non importa
quante
volte
s’ascoltano
ma
appaiono
sempre
tonificanti,
spontanee,
fortificanti
e
“fragranti”, oltre che segno della sincerità d’espressione schubertiana, «della purezza di
sentimento e della schiettezza d’immaginazione», come ha scritto il musicologo Ennio Melchiorre
– è un’altra commovente prova della forza terapeutica che la musica può sprigionare, per il
modo stesso in cui è nata la composizione, per l’humus naturalistico e spirituale che ha fatto da
contorno alla sua genesi e alla predisposizione d’animo che ha portato Schubert ad accettare la
proposta: la passeggiata, i sentieri, i boschi dell’Austria, i ruscelli, il guizzo di una trota già
“musicato e cantato” dal Franz ventenne, dunque quelle suggestioni bucoliche e pastorali
che avevano ispirato Beethoven; ma anche il calore dell’amicizia, la cordialità, la spontaneità,
la bellezza delle cose semplici, la sincerità di una stretta di mano, la compagnia, la vicinanza.
Tutto questo è allo stesso tempo presupposto e forza viva nella pagina del compositore
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Benessere e serenità in un gioiello cameristico (F. Schubert, dal Quintetto per pianoforte Op. 114)
austriaco, entra e s’impasta nelle armonie del Quintetto, e sembra del tutto evidente che il
gioiello cameristico restituisca quel benessere, quella ricerca e richiesta d’equilibrio
interiore, di guarigione, che oggi sono spesso inseguite in vacanze ispirate al wellness del
corpo e della mente, oppure in letture, osservazioni di opere d’arte e ascolti tesi a una
dimensione più spirituale dell’esistenza.
«Il più grande poeta in musica che sia mai esistito»: così Liszt definì Schubert. Ed è
spontaneo essere completamente d’accordo ascoltando il tono cordiale della “conversazione” tra i
quattro archi e il pianoforte, dove Schubert rivela l’abilità nel tessere eleganti armonie.
L’ascoltatore è catturato sin dal movimento iniziale, Allegro vivace, che si apre con un
drammatico, quasi disperato, arpeggio di pianoforte, seguito da una melodia in “legato” degli
archi, in apparente contraddizione con l’indicazione dinamica di tempo, appunto un Allegro
vivace. Ma prestando un ascolto non distratto e selettivo, si percepisce che viola e violoncello
ristabiliscono subito dopo la vera velocità dell’impulso ritmico. E qui, oltre ad apprezzare la
bravura dell’Amadeus Quartet, vi suggeriamo di soffermarvi sull’interpretazione del pianista
inglese Clifford Curzon, davvero straordinario nel rendere con trilli e arpeggi, stacchi di tempo,
eleganza e tocco, l’atmosfera naturalistica: “vedrete” guizzare la trota nel ruscello di
Schubert.
Il compositore espande e sviluppa questo momento di musica, prima di arrivare a un tema
secondario, un duetto cantabile tra violino e violoncello, con un arpeggio in apertura quasi a
cercare “effetti speciali”. Il secondo forte motivo del movimento iniziale è una melodia
altamente ritmica introdotta dal pianoforte. Il cuore della sezione di sviluppo, con le sue varie
modulazioni, si riaggancia al primo tema. La ricapitolazione è una ripetizione quasi letterale del
tema principale. Com’è stato analizzato in partitura dallo studioso Melchiorre, «soltanto alla
ventisettesima battuta, dopo la quarta entrata del pianoforte, il tema acquista contorni precisi e
la ritmica diventa più densa e compatta, sino a sciogliersi in piacevoli impasti strumentali, tra i
quali si possono cogliere accenti di variazioni. Il pianoforte, il violino e il violoncello assumono di
volta in volta il ruolo di guida del discorso, esprimendo quel gusto del fraseggio musicale
luminoso e cristallino tipico della personalità di Schubert».
Dopo l’Andante e lo Scherzo dal ritmo incalzante, che sembra quasi spezzare l'atmosfera estatica
del ForellenQuintett, arriva il quarto movimento, l’Andantino-Allegretto con variazioni, chiesto
espressamente dall’amico mecenate di Schubert, e costruito sul precedente lied “La Trota”: sei
variazioni di lucente levigatezza musicale. Il tema è annunciato dagli archi, poi la melodia
passa alternativamente al pianoforte, alla viola, al violoncello, al contrabbasso e al violino.
Un’autocitazione, presa a prestito quasi intatta dalla melodia vocale, ma con lievi modificazioni
ritmiche. Per la precisione, il tema di questo quarto movimento, che dà il nome a tutta la pagina,
deriva
dal
motivo
iniziale
del
Lied,
che
racconta
l’agilità
(e
il
“sollievo”,
anche
qui
terapeuticamente efficace) con cui la trota riesce a divincolarsi e a scappare al pescatore.
Canta la melodia originaria di Schubert: «In un chiaro ruscelletto, guizzava lieta e svelta la trota
capricciosa, veloce come una freccia…». Le prime tre variazioni sono soprattutto una decorazione
sulla melodia, che è condotta, rispettivamente, dal piano, dalla viola, dal violoncello e dal
contrabbasso. La quarta e la quinta variazione, invece, sono sostanzialmente delle trasformazioni
della melodia originaria. La sesta variazione, la più veloce, riassume tutto quanto è stato
sviluppato prima, con violino e viola che eseguono in eco il tema del celebre Lied.
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Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
1) Franz Schubert
ForellenQuintett OP. 114
Alfred Brendel, pianoforte; Cleveland Quartet (Philips, acquistabile anche su iTunes)
2) Franz Schubert
Piano Quintet “Trout” - String Quartet “Death and the Maiden”
Alfred Brendel, pianoforte; Amadeus Quartet (Deutsche Grammophon, acquistabile anche su
iTunes)
3) Franz Schubert
Lieder (contiene Die Forelle)
Monica Groop, mezzo-soprano; Rudolf Jansen, pianoforte (Ondine, acquistabile anche su iTunes)
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