AUTISMO E COMPUTER
a cura di Piero Cecchini, Marcella Peroni, Paola Visconti
novembre 2006
GLI AUTORI
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Piero Cecchini, esperto di tecnologie e disabilità – Fondazione ASPHI Onlus
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Marcella Peroni, psicologa – collaboratrice Fondazione ASPHI onlus
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Paola Visconti, neuropsichiatria infantile – responsabile Ambulatorio Autismo e DPS,
U.O. NPI Ospedale Maggiore, Bologna
L’autorizzazione per la riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo è da richiedere
agli autori e agli enti promotori del progetto.
SI RINGRAZI ANO
I ragazzi che hanno partecipato alle sessioni di lavoro e i loro genitori.
Il personale dell’Ambulatorio Autismo e dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile
dell’Ospedale Maggiore di Bologna.
Il personale della Fondazione ASPHI.
Le persone coinvolte nella realizzazione del percorso di Fabio: C. Gentili, C. Manzoni, F.
Giovannini, S. Gentili, S. Bagni e ovviamente la famiglia.
Le persone coinvolte nella realizzazione del percorso di Giulia: M. Amigoni, C. Amati, V.
Bianchini, V. Giardino, la scuola e i genitori.
Franca Gamberoni della Fondazione ASPHI per la redazione del libro.
Inoltre il presidente del Rotary Club Bologna ringrazia i promotori e i realizzatori di
questa pubblicazione, gli amici rotariani Giuseppe Gobbi, Direttore dell’Unità di
Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Maggiore di Bologna, Andrea Magalotti,
Segretario Generale della Fondazione ASPHI onlus e Angelo Stagni, Presidente
2005-2006, che ha condiviso la decisione di avviare questo progetto.
Prefazione
Il Rotary Club Bologna ha accolto con molto favore la proposta di sostenere una
pubblicazione che riporta alcune esperienze di applicazione delle tecnologie informatiche e
telematiche (ICT) al fenomeno dell’autismo maturate dalla Fondazione ASPHI onlus e
dall’Ambulatorio Autismo dell’Ospedale Maggiore di Bologna.
In questo modo si intende favorire la ricerca e la diffusione di tecniche che possano
essere utili a migliorare la qualità della vita di persone colpite da una malattia per la quale è
tuttora ignota la terapia.
Come noto il Rotary è una organizzazione internazionale nata nel 1905 che raccoglie in
circa 30.000 Club sparsi in tutto il mondo oltre 1.200.000 persone, uomini e donne, con
posizioni di rilievo nel campo degli affari e delle professioni, che si dedicano a servizi
umanitari. Scopo del Rotary è quello di diffondere l’ideale del servire, inteso come motore e
propulsore di ogni attività umana.
Questa iniziativa rientra a pieno titolo nelle finalità del Rotary di occuparsi in particolare
della umanità più debole e bisognosa. Già dall’inizio della vita centenaria del Rotary il
mondo della disabilità è stato costantemente alla sua attenzione e si sono sviluppati progetti
e iniziative in tutti i continenti.
La pubblicazione “Autismo e Computer” esce nel corso dell’anno rotariano 2006-2007 e
testimonia il desiderio di celebrare in modo concreto l’ottantesimo di fondazione del nostro
Club nato a Bologna il 5 marzo 1927.
Il Presidente del Rotary Club Bologna
Angelo Oreste Andrisano
Bologna, novembre 2006
INDICE
5.
Introduzione
7.
I Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
15. Informatica al servizio dell’autismo
26. Una ricerca applicata: le nuove tecnologie con persone autistiche
34. Esperienze
Il percorso di Giulia dalla scuola materna alle elementari
Tecnologie Informatiche e Abilità Sociali: un progetto nelle scuole superiori
61. Allegati
Descrizione dei software citati ne testo
Presentazione degli enti coinvolti nel progetto di ricerca
Ambulatorio autismo
Fondazione ASPHI onlus
86. Bibliografia
:
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Introduzione
La società odierna assume sempre più una dimensione tecnologica: dal banale e
quotidiano uso di elettrodomestici a cellulari e computer che si sono imposti in ogni famiglia
e ci appaiono ormai indispensabili sia nel lavoro che nei rapporti sociali. Tutto ciò va a
comporre la foto di un mondo in movimento, che va di fretta e forse in parte dimentica ciò
che è connaturato nella natura umana: una certa qualità di relazioni sociali che fino a solo
dieci-venti anni fa avvenivano essenzialmente per contatti diretti e soprattutto
necessitavano di tempo.
Eppure, malgrado le contraddizioni e le possibile critiche le nostre possibilità
comunicative sono aumentate e in parte si sono semplificate, e allora perché non provare a
servirsi delle nuove tecnologie per bambini che sono colpiti proprio su questo versante?
Quasi una sfida, un mondo di tecnologie comunicative al servizio di chi fa fatica ad
esprimersi, a mettersi naturalmente,”empaticamente” in contatto con gli altri: i bambini affetti
da autismo.
Il lavoro costante con questi bambini ci aveva inoltre insegnato che, a dispetto delle
difficoltà verbali, sono molto dotati sul versante visuo-spaziale e molto attratti da tutto ciò
che viene loro presentato sotto forma di immagini, disegni, foto.
Il computer con la sua ineludibile meccanicità appare, quasi paradossalmente, un mezzo
privilegiato per andare incontro in maniera idonea alle loro esigenze di chiarezza, di
sobrietà e di precisione comunicativa. La relazione con un computer si mantiene costante,
non ci sono inferenze emotive, né eventuali sottintesi e la risposta è univoca.
Da qui è partito un percorso che ha le sue radici nella decisione di qualche anno fa,
scaturita da un intento comune ad Asphi e all’Ambulatorio Autismo: trovare mezzi e risorse
che possano promuovere una maggiore integrazione sociale e comunicativa per i bambini
affetti da autismo.
Dopo una fase iniziale di analisi sull’esistente (utilizzo delle tecnologie informatiche
nell’autismo) abbiamo elaborato un protocollo di indagine in varie aree neuropsicologiche
implicate nel percorso di sviluppo di qualsiasi bambino, ma spesso gravemente deficitarie
nel soggetto autistico; tali aree sono state indagate sia con materiale testistico tradizionale
(a tavolino) sia tramite utilizzo di del computer in un gruppo di bambini e ragazzi.
Nel frattempo due progetti psicoeducativi, rispettivamente di Giulia e Fabio, ormai
conosciuti da molti anni dall’Ambulatorio Autismo,si sono arricchiti delle opportunità offerte
dalle tecnologie informatiche e la loro riuscita ci ha spinto a raccontarli, anche in
considerazione del ruolo svolto nell’ambito delle abilità sociali.
I primi risultati sono stati oggetto di varie relazioni nell’ edizione di Handimatica 2004 e
questo libro è la naturale prosecuzione di questa prima e più limitata divulgazione. La
sperimentazione viene infatti trattata più ampiamente e maggior spazio viene offerto sia alle
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due esperienze che alla descrizione di vari software utilizzabili con i bambini affetti da
autismo. Pur non essendo stati elaborati specificatamente ci sono apparsi particolarmente
indicati per alcune loro caratteristiche.
La prima parte, più teorica, riguardante le caratteristiche del Disturbo Autistico e
l’incontro fra l’informatica e l’autismo, è stata oggetto di ulteriore approfondimento anche
alla luce di alcuni aggiornamenti bibliografici.
Per concludere, il libro nasce da una nostra primaria esigenza che queste esperienze e il
lavoro di tanti tecnici ed operatori, così come l’evoluzione di Giulia e Fabio, venissero
conosciute da un pubblico più ampio; speriamo di essere anche venuti incontro alle
esigenze di chi ci legge e di aver portato un piccolo contributo per il trattamento e
soprattutto per l’integrazione sociale di questi bambini.
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I Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
Definizione
Il Disturbo Autistico (D.A.) fa parte dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
(PDD): sindromi croniche accomunate da alterazioni qualitative nelle aree di
funzionamento sociale, della comunicazione, del comportamento e attività
immaginativa. La terminologia “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo”, entrata in
uso nel 1987, con il DSM III-R, rende bene la complessità e l’origine del
problema: pone infatti l’accento sullo sviluppo indicando quindi un esordio fin
dalle prime epoche di vita rispetto a precedenti teorie che chiamavano in
causa l’ambiente ed in particolare la famiglia, e, al tempo stesso, rimarca
l’importanza centrale delle relazioni che il bambino instaura con l’ambiente
circostante, in quanto per noi, “esseri sociali”, appare determinante la
possibilità di scambio e di reciprocità con l’Altro, a tal punto che una forte
limitazione o una atipicità dei rapporti vanno a pervadere l’intero percorso
evolutivo.
Il Disturbo Autistico esordisce per definizione entro i primi tre anni e segnali
specifici, anche se non patognomonici, sono presenti fin dal primo anno di vita,
tuttavia l’Autismo si configura come una disabilità “permanente”, persistendo
nelle sue caratteristiche peculiari, ovvero nelle atipicità di interazione sociale e
nelle modalità di rigidità immaginativa per tutto il corso di vita, pur potendosi
registrare notevoli progressi con un sempre maggiore adattamento
all’ambiente.
Epidemiologia
L’autismo non presenta prevalenze geografiche e/o etniche, ed è stato descritto in
maniera ubiquitaria indipendentemente dalla razza e dall’ambiente sociale. Presenta,
viceversa, una prevalenza di sesso, in quanto sembra colpire i maschi in misura da 3 a 4
volte superiore rispetto alle femmine ( Linee guida autismo, 2005).
Sulla base dei dati attualmente disponibili una prevalenza di 10 casi per 10000 sembra la
stima più attendibile. Tale dato non sembra tuttavia interpretabile con un aumento dei casi
di autismo rispetto a trenta anni fa, ma piuttosto come un affinamento delle tecniche
diagnostiche e una maggiore sensibilizzazione delle famiglie e dei servizi (Fombonne,
2003).
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Le cause e i dati neurobiologici
Molta strada è stata percorsa dall’iniziale descrizione di Kanner del ’43, eppure ancora le
cause precise rimangono un mistero, forse anche in ragione del fatto che l’autismo, o
meglio lo spettro dei Disturbi Autistici, appare una via finale comune comportamentale di
varie sindromi e situazioni cliniche e risulta attualmente più indicato, per la complessità dei
rapporti mente-cervello, prendere in esame più fattori patogenetici, piuttosto che ricalcare
un vecchio modello, tipico delle discipline mediche, eziologia-patogenesi-malattia (Rapin,
2004, Società Italiana NPI, Linee-guida autismo, 2005).
L’avvento delle Neuroscienze e i progressi nel campo della
genetica hanno permesso di offrire qualche spiraglio di maggior
chiarezza. I gemelli monozigoti (stesso patrimonio genetico)
risultano decisamente più colpiti dei dizigoti e, sebbene non sia
stato individuato il gene dell’autismo, un certo numero di cromosomi
appaiono più implicati (2, 7, 15, 16); molteplici evidenze supportano
l’idea di un coinvolgimento di più geni, almeno tre, ma anche fino a
10, che a seconda della loro penetranza darebbero luogo ai vari
quadri clinici che ritroviamo nella pratica quotidiana, con forme di
autismo più o meno sfumato.
Un campo di estremo interesse è inoltre
rappresentato dall’utilizzo di sofisticate tecniche
d’indagine di Risonanza magnetica funzionale che
permettono di osservare non solo la morfologia del
cervello, ma di valutare la minore o maggiore
attivazione di varie aree in relazione al compito
neuropsicologico intrapreso. Tale campo di indagine
ha apportato significative rivelazioni sulle possibili
correlazioni anatomo-funzionali di aree cerebrali
implicate nelle capacità socio-emotive. In questo modo
siamo venuti a conoscenza, per esempio, che una
piccola area situata nel lobo temporale, nella sua parte
inferiore, è adibita al riconoscimento delle espressioni
facciali e gli autistici, nei quali non si attiva, risultano dei “cattivi lettori” delle proprie e altrui
emozioni e necessitano pertanto di un’estrema prevedibilità, poiché utilizzano invece aree
collegate al riconoscimento degli oggetti ( Schultz, 2000) .
8
Anche
aree
cerebrali
filogeneticamente
antiche
quali
amigdala, ippocampo e
lobo libico
sembrano scarsamente attive nei
bambini colpiti da autismo; in sostanza
l’insieme degli studi dove viene operato
un confronto fra soggetti a sviluppo
tipico e soggetti con D.A. sta mettendo
in luce un circuito denominable come
“Social Brain” ( Mundy, 2003) che, oltre
ad aiutarci a comprendere la ragione
prima delle scarse capacità sociali degli
autistici, si sta rivelando fondamentale
per comprendere le strutture dove
vengono elaborati i requisiti per
relazionarci con gli altri.
Eterogeneità clinica, autismo low ed high funcioning
Nell’immaginario collettivo quando si parla di autismo viene in mente il film Rain Man, o
forse ora il protagonista del best seller “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di M.
Haddon (2004). Tuttavia questi sono esempi
rappresentativi di una piccola parte dei PDD,
circa di un 25-30%, vale a dire dei PDD ad alto
funzionamento, cioè soggetti con difficoltà
marcate nelle aree sopracitate, ma con un livello
di intelligenza nella norma o ai limiti.
Bisogna invece considerare che circa un 70%
dei pazienti diagnosticati con PDD presentano in
associazione gradi diversi di Ritardo Mentale.
Nella pratica clinica è infatti usuale distinguere fra soggetti low ed high-functioning,
ovvero a basso ed alto livello di funzionamento con ricaduta sugli aspetti di adattamento
all’ambiente.
Il basso o alto livello di funzionamento, individuabile tramite il livello di sviluppo e/o Q.I.,
sembra correlabile ad aspetti di coinvolgimento delle strutture cerebrali, evidenziati da
Risonanza Magnetica Cerebrale, Elettroencefalogramma, Sindromi Neurogenetiche,
alterazioni metaboliche e segni neurologici, quali epilessia o altre alterazioni dello sviluppo.
Tuttavia il rapporto non è intepretabile in termini di causa-effetto ma solo come una
verosimile maggiore predisposizione e fragilità delle strutture cerebrali.
Ritroviamo inoltre associate, o con termine attuale in comorbidità, varie sindromi e
patologie ben conosciute in ambito neurologico, quali per es. Sclerosi Tuberosa, X Fragile,
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sindrome di Down, situazioni nelle quali la componente ritardo gioca un ruolo estremamente
importante e aggrava ulteriormente il quadro.
L’insieme di questi fattori, unito alla presenza o meno del linguaggio (50% non parlano,
molti altri hanno un tipo di linguaggio ripetitivo
ed ecolalico) e alla diversa gravità ed intensità
della sintomatologia autistica, rendono ragione
dell’eterogeneità dei quadri clinici e quindi della
difficoltà di ipotizzare per questi bambini e
adulti prognosi di sviluppo e strategie di
intervento univoche. Questa multiformità di
presentazione della sintomatologia determina
la necessità di interventi individualizzati pur
all’interno di linee guida con chiari riferimenti
teorici: un esempio è il modello TEACCH.
(Treatment and Education of Autistic and
Communication Handicapped Children) basato
sull’utilizzo di specifiche e peculiari caratteristiche neuropsicologiche riscontrate nei bambini
autistici, per esempio, le abilità visuo-spaziali, e capace di offrire un alto livello di
strutturazione che va incontro al bisogno di prevedibilità. Numerosi risultati empirici e
questionari sul grado di soddisfazione delle famiglie riportati in letteratura hanno confermato
l’efficacia del TEACCH, validando l’approccio a livello scientifico.
Le caratteristiche dei PDD
La prima compromissione qualitativa è rappresentata da atipicità e limitazioni nell’ambito
dell’Interazione sociale, evidenziabile in maniera differente a seconda dei diversi momenti di
vita, ma individuata, fin da Kanner, come il nucleo centrale della patologia autistica. Quando
sono piccoli non volgono lo sguardo, appaiono indifferenti, più concentrati sugli oggetti che
sugli altri, utilizzano l’altro come uno strumento per richiedere e soprattutto non appaiono
interessati alla condivisione emotiva e mancano di reciprocità e scambio; con il passare del
tempo e con maggiore intensità nei primi cinque anni di vita queste caratteristiche si
intensificano e appare sempre più evidente la tendenza all’isolamento, l’incapacità allo
scambio e ai turni e la difficoltà ad imitare. Eppure non possiamo definirli come bambini
insensibili o non attaccati ai loro genitori, anzi spesso si rattristano quando vedono piangere
un bambino piccolo o manifestano forte ansia al distacco dalla figure parentali:
semplicemente non comprendono le nostre regole sociali e mancano degli strumenti per
entrare in empatia, come dimostrano alcune ricerche sopramenzionate.
Accanto alla classica tipologia del bambino descritto come “isolato e distaccato nel suo
mondo” sono stati inoltre descritti, da tempo, altri profili, che si discostano in parte da
questa immagine tradizionale e lasciano il posto ad altre modalità di presentazione del
Disturbo (Wing e Gould, 1979). Osserviamo così bambini “passivi” che lasciati soli non
interagiscono, ma rispondono se stimolati, malgrado la difficoltà a sostenere uno scambio e
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bambini “attivi ma strani” che cercano di mettersi in contatto, per esempio ripetendo più
volte le domande, o avvicinandosi poi allontanandosi o ricercando un contatto fisico in
maniera eccessiva; in sostanza utilizzando modalità relazionali inadeguate.
La compromissione qualitativa della Comunicazione espressa in questo secondo criterio
non si riferisce alla mancanza di un linguaggio ( pur assente in un 50% dei casi) ma “fa
piuttosto riferimento all’incapacità da parte del bambino autistico di appropriarsi di quei
codici che servono per la comunicazione” (Società Italiana di NPI, linee guida autismo,
2005). Spesso il bambino autistico non parla o usa un linguaggio “tutto suo” fatto di un
misto di suoni solo scarsamente riconoscibili come nostri fonemi. La mancanza del
linguaggio è forse il primo sintomo sospetto riferito dai genitori, il sintomo che rappresenta
la punta dell’iceberg di una generale disattenzione al linguaggio parlato, ma non a tutti i
suoni. Altre volte il linguaggio è presente, quantomeno con modalità primitive, tipo parolafrase, ma si associa ad ecolalia, inversione pronominale o utilizzo di jngle presi a prestito
dalla pubblicità, dai cartoni animati e inseriti come “script” meccanici in contesti non sempre
adeguati.
Anche la componente posturo-cinetica (posture, sguardo, atteggiamenti mimici, gesti) e
la componente non verbale del linguaggio (intonazione, prosodia, pause) appaiono
gravemente compromesse, e paradossalmente ciò appare più evidente nei soggetti ad alto
funzionamento, dove la presenza di un linguaggio più strutturato mette in risalto il deficit
pragmatico comunicazionale. Il deficit sul versante comunicativo investe sia il versante
ricettivo che quello espressivo: il bambino autistico non riesce a “capire” quello che gli altri
vogliono comunicargli e, nello stesso tempo, non riesce a “farsi capire” ( Prizant et al, 1987)
Terzo elemento della triade è rappresentato da una marcata Ristrettezza nelle attività ed
interessi e da deficit nell’Attività Immaginativa. Riscontriamo quindi difficoltà immaginative
che si traducono in una difficoltà nel gioco. Il bambino autistico è spesso incapace di
giocare in modo spontaneo, il gioco è sostituito da attività stereotipate, sia nel senso di
attività motorie afinalistiche sia rispetto all’uso di un oggetto, per esempio la macchinina,
che viene utilizzato in modo persevarativo o solo per soffermarsi su certi dettagli ( metterle
in fila o concentrarsi sulle ruote che girano). Se il gioco riesce a raggiungere il livello
funzionale, quasi mai raggiunge il livello simbolico del “far finta”. I problemi in questo ambito
si evidenziano pertanto in misura maggiore nel momento in cui si tratta di giochi di
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simulazione o di imitazione, dove la vicinanza con altri mette allo scoperto sia le carenze
immaginative che il deficit a livello sociale ed imitativo.
Accanto alla classica triade spesso vengono riferite Anomalie sensoriali; sul versante
linguistico-comunicativo abbiamo già detto dell’apparente sordità a certi suoni a cui fa da
contraltare una capacità inusuale e impensabile ad avvertire suoni lontani (soprattutto con
caratteristiche meccaniche) o debolissimi fruscii di fogli di carta. In realtà non si tratta di
anomalie dell’udito, ma di ricezioni verosimilmente alterate per certe frequenze (le vocali
piuttosto che le consonanti) o di meccanismi che “spengono o accendono” una via di
trasmissione centrale, che potrebbe situarsi a livello del tronco cerebrale. Un’altra tipica
stereotipia è il mettersi le mani sulle orecchie, anche se è lecito domandarsi quanto questo
possa essere ascritto al versante uditivo o rappresenti una modalità di esprimere sofferenza
in generale.
Altre anomalie si annoverano sul versante tattile e vanno dalla ricerca di sensazioni
fisiche particolari alla insofferenza a ricevere un abbraccio o una carezza.
In ambito visivo è indubbiamente ben conosciuto lo sguardo “ deviato” di un bambino
autistico, la sua difficoltà ad incrociare lo sguardo per più di pochi secondi, o la ricerca di
dettagli portando gli oggetti vicinissimi agli occhi.
Le teorie neuro psicologiche
A partire dagli anni ’70 si sviluppano diverse ricerche che evidenziano disfunzioni
cognitive peculiari dei soggetti autistici e, oltre a diversificare il problema cognitivo
rispetto al semplice ritardo mentale, ribaltano il vecchio concetto di una mancanza di
motivazione, ponendo invece l’accento sulla incapacità e sulle difficoltà incontrate dal
bambino autistico ad eseguire un compito o a mostrare una determinata abilità poiché
manca di certi prerequisiti di base (Hermelin e O’Connor, 1970).
Le teorie neuropsicologiche degli anni successivi, seguendo questo filone, cercano
ugualmente di rendere ragione dei deficit pragmatici, di comunicazione e sociali
caratteristici dei bambini autistici mettendo in causa
specifiche carenze cognitive
congenitamente determinate. Questo tipo di pensiero afferma inoltre il concetto che vede
nella cognizione (dal termine inglese “cognition”) una facoltà mentale che permette
all’individuo di adattarsi al proprio ambiente e di organizzarlo secondo i propri bisogni sulle
base delle conoscenze che ha introiettato ( tramite “l’apparato cognitivo”: percezione,
attenzione, memoria, etc.). E l’ambito sociale ed affettivo non possono essere disgiunti da
questo processo, ma entrano a farne parte tramite un processo di integrazione continua
( Visconti et al, 2004).
La mancanza di una Teoria della mente ( Baron-Cohen et al, 1985), il Deficit di
Coerenza Centrale (Frith, Happè, 1994) ed il Deficit nelle Funzioni Esecutive (Ozonoff,
1995) rappresentano le teorie più accreditate per il maggior numero di studi sperimentali,
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anche se nessuna di queste appare in grado di esplicitare in maniera esaustiva le
caratteristiche riscontrate nei soggetti artistici; piuttosto si può ipotizzare che l’una o l’altra
possano intervenire o sommarsi in momenti diversi dello sviluppo.
Sintetizzando, nel caso del “Deficit della Teoria della Mente” sarebbe predominante
un’incapacità ad attribuire a sé e ad altri stati mentali, con conseguente difficoltà a
distinguere stati mentali (desideri, credenze, immaginazione) altrui, mentre sarebbe
conservata la percezione fisica del mondo esterno. I bambini autistici possono essere
pertanto considerati dei veri e propri “ Ciechi Sociali”.
Nel caso del “Deficit di Coerenza Centrale” sarebbe carente la capacità di integrare
informazioni differenti a differenti livelli, e non verrebbe data priorità alla comprensione del
significato. Da qui discendono le difficoltà a livello di generalizzazione, di percezione e di
attenzione, mentre viene incentivata la loro capacità a cogliere i dettagli, con il risultato di
“percepire preferenzialmente un mondo frammentato” (Happé, 1999).
Le Funzioni Esecutive controllate primariamente dal lobo frontale riguardano
comportamenti quali: pianificazione degli obiettivi, il
controllo degli impulsi, l’inibizione di risposte
predominanti ma inappropriate, l’organizzazione
nella ricerca e la flessibilità di pensiero e di azione.
Il comportamento dei bambini autistici, rigido ed
inflessibile, la loro perseverazione su un compito, i
loro interessi stereotipati e la loro difficoltà a
pianificare un’azione rappresentano l’espressione
di questo deficit (Pennington et al., 1996).
Per ognuna di queste teorie sono stati fatti studi
con confronti di casistiche fra soggetti con Disturbi
di Apprendimento, disabilità cognitiva e a sviluppo
tipico, appaiati per età cronologica. E in alcuni casi
è stato anche possibile indirizzare gli studi di Neuroimaging funzionale, localizzando aree
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cerebrali potenzialmente implicate, come nel caso della parte mediana centrale del lobo
frontale verosimile sede della capacità di Teoria della Mente ( Gallagher et al.2000).
Prognosi
E’ descritto in letteratura un miglior esito prognostico in bambini che sviluppano il
linguaggio entro i 5 anni, anche se non va dimenticato che il linguaggio, sia in
comprensione che in produzione, appare fortemente condizionato dal livello di
funzionamento cognitivo.
Studi di follow-up hanno evidenziato che un Q.I. di 70 o più (almeno nei test non verbali),
rappresenta un indicatore suggestivo per una miglior prognosi, anche se l’adattamento e
l’integrazione sociale in età adulta appaiono consequenziali agli interventi psicoeducativi
precedenti e soprattutto si correlano con le possibilità di inserimento all’interno del tessuto
sociale nel quale il soggetto vive e quindi, in sostanza, all’organizzazione di strutture
dedicate per i giovani adulti (Howlin et al., 2004).
Nel complesso, la particolare pervasività della triade sintomatologica e l’andamento
cronico del quadro patologico determinano abitualmente nell’età adulta condizioni di
disabilità, con gravi limitazioni nelle autonomie e nella vita sociale. Al presente un’altissima
percentuale (dal 60% al 90%) di bambini autistici divengono adulti non autosufficienti, e
continuano ad aver bisogno di cure per tutta la vita (Società Italiana di NPI, Linee guida
autismo, 2005).
14
Informatica al servizio dell’autismo
Introduzione
Il computer e i software didattici riabilitativi possono essere un’utile attività
nel percorso formativo di una persona con autismo. Ovviamente
l’introduzione di tali strumenti deve essere pensata in vista del
perseguimento di obiettivi a breve, medio e lungo termine e all’interno
dunque di un progetto psicoeducativo più ampio, nel quale l’informatica è uno
dei mezzi per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Nella scelta degli obiettivi concorrono vari aspetti:
- le abilità e le potenzialità del bambino che devono essere
attentamente valutate per delineare una fotografia realistica dei punti di
forza e di debolezza;
- le preferenze del bambino;
- il contesto educativo con le esigenze e le aspettative della famiglia in
accordo alle risorse, da una parte, didattiche della scuola e, dall’altra,
riabilitative dei servizi sanitari;
- le linee di sviluppo tipiche delle diverse abilità: tale accorgimento
permette di stabilire una “task analysis” delle abilità e dei compiti, per
procedere in modo graduale.
Risulta dunque evidente che le nuove tecnologie sono un
mezzo e non un fine, dunque si parte sempre dalla persona, dai
suoi interessi e bisogni, dalle sue abilità e difficoltà, ecc. E’
l'educatore che si serve di questo apparecchio per interagire
con il bambino: ciò può permettere alla persona con autismo la
ricezione di stimoli complessi resi in un linguaggio
comprensibile. Spesso l’informatica permette un tipo di
comunicazione biunivoca, poiché pone il soggetto in condizione
di rispondere in maniera appropriata ed efficace.
I percorsi, che si avvarranno anche dell’informatica per promuovere obiettivi evolutivi,
dovrebbero essere individualizzati a seconda degli elementi sopra descritti. Appare dunque
difficile tracciare percorsi comuni o delineare suggerimenti di massima considerando
l’unicità di ogni persona e del proprio contesto, tanto più quando si parla di bambini con
una sindrome con manifestazioni così eterogenee.
In questo capitolo si espliciteranno alcune nozioni che potranno essere utili anche alla
lettura delle esperienze pratiche documentate nei capitoli successivi. Per prima cosa,
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occorre precisare quali caratteristiche, che spesso accomunano i soggetti con autismo,
possono incontrare le soluzioni a contenuto informatico, iniziando così la presentazione
anche dei mezzi tecnologici a disposizione.
Quindi verranno forniti degli elementi per comprendere la varietà di software esistente,
per poter attuare una scelta consapevole all’interno della vasta gamma di opportunità. Oltre
ad una definizione delle differenze tra i diversi software esistenti, si effettueranno alcune
esemplificazioni.
Ovviamente le esemplificazioni riportate in questo capitolo e in tutto il libro non possono
descrivere in modo esaustivo e completo il panorama di possibilità offerte dalle nuove
tecnologie. Si è comunque deciso, anche per aiutare nella scelta dei software in vista del
perseguimento di obiettivi, di fornire delle esemplificazioni e indicazioni pratiche per
promuovere intersoggettività e comunicazione, autonomia e socializzazione.
Di seguito, vengono riportate le conoscenze scientifiche attuali che riguardano l’utilizzo
delle nuove tecnologie con soggetti con autismo e altre disabilità, sottolineando le cautele
necessarie all’introduzione di questi strumenti e quanto sia ancora essenziale
l’aggiornamento e la documentazione di esperienze.
Perché l’informatica (ICT) è adatta al funzionamento dei soggetti con
autismo e con altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (PDD)
L’informatica, oltre a veicolare l’informazione attraverso il canale visuo-spaziale preferito
dai soggetti con PDD, ha altre importanti caratteristiche che possono aiutare queste
persone. Non dimentichiamo, per iniziare, che il computer, essendo una macchina, non si
spazientisce, non si altera e di fronte a errori reagisce in modo assolutamente “anaffettivo”,
senza alcun tono di ironia o di disapprovazione. Nel caso di bambini con PDD questo
diviene un vantaggio, poiché questi soggetti presentano specifiche difficoltà di interazione e
di pragmatica della comunicazione che rendono complicata anche la comprensione
dell’ironia. Per una persona con PDD diviene probabile che sia più facile comprendere la
voce meccanica di una sintesi vocale, poiché quest’ultima è in grado di produrre uno
stimolo uditivo stabile e senza particolari inflessioni. Una sintesi vocale è un applicativo che
trasforma il testo digitale in audio simulando
la lettura umana. Essendo però sintetizzata,
risulta altamente prevedibile e
forse
preferibile ad una voce umana. Ovviamente
con l’utilizzo dell’informatica non si vuole
alimentare la connaturata rigidità dei soggetti
autistici: se da una parte il computer è
facilitante perché reagisce sempre nella
stessa maniera ad una data azione, dall’altra
parte possiamo intervenire gradualmente per
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modificare il tipo di feedback. Nel caso della sintesi vocale si potrà, mediante un software di
gestione della sintesi vocale, modificare una serie di parametri, quali velocità, intensità, tipo
di voce e tono.
L’apprendimento può essere potenziato con l’utilizzo di software specifici. Alcuni
software in commercio rispondono a caratteristiche particolarmente motivanti per soggetti
che devono intraprendere un percorso di apprendimento. I software possono essere
presentati sotto forma di gioco, infatti nella maggioranza dei programmi è evidente l’aspetto
ludico e competitivo; a volte questi prodotti assomigliano a videogiochi, molto apprezzati
anche dagli adulti, caratterizzati da azione, sfida, possibilità di scelta e divertimento.
Rispetto ai videogiochi, i software didattici si ispirano a dei modelli di apprendimento
sottostanti che permettono il rinforzo di particolari strategie. Per esempio, un software del
tipo “prova e impara”, che gratifica con feedback sistematici l’utente quando risponde bene,
è evidentemente costruito secondo un modello di apprendimento di tipo comportamentista,
che prevede la presenza di rinforzi sistematici a risposte corrette. Questo favorirebbe
notevolmente l’apprendimento di soggetti autistici che, in questo modo, potrebbero
muoversi in un ambiente altamente prevedibile in cui i rinforzi sono puntuali e coerenti
(Trehin, 1997). Il modello di riferimento cognitivo-comportamentale è infatti l’approccio che
sperimentalmente apporta maggiori risultati con i soggetti con PDD; inoltre, per ottenere
cambiamenti positivi e significativi, è necessario adottare un processo abilitativo il più
possibile precoce e intensivo, diretto all’insegnamento di abilità essenziali, che includa la
partecipazione attiva dei genitori nella progettazione e realizzazione dell’intervento, percorsi
che si ritrovano ampiamente nell’approccio cognitivo-comportamentale. L’ICT può quindi
essere facilmente inserita in questo tipo di didattica e in progetti psicoeducativi che
rispondano a individualizzazione del percorso e focalizzazione dell’attenzione.
Infatti alcuni software didattici possono favorire
l’attenzione, soprattutto se si sfruttano le caratteristiche
multimediali
ed
interattive,
il
controllo
attivo
dell’apprendimento da parte dell’utente e la possibilità di
intervenire a livelli diversi di difficoltà e con la presenza
di molti esempi. Sappiamo inoltre che l’autoregolazione
è uno degli elementi che meglio predice il grado di
apprendimento, dunque la gestione da parte del
bambino del software appare estremamente utile in vista
del perseguimento di obiettivi di sviluppo.
Aspetti strutturali di alcuni software possono essere particolarmente utili considerando le
caratteristiche dei soggetti con PDD. Per esempio, una caratteristica, presente in quasi tutti
i software, è la rappresentazione dei contenuti astratti per mezzo di figure, schemi, vignette,
cartoni animati, suoni, ecc. Tali elementi assolvono evidenti funzioni legate all’attrazione,
alla stimolazione della curiosità e dell’interesse.
La psicologia del pensiero e dell’apprendimento ci insegnano inoltre che buona parte
delle nostre conoscenze sono codificate mentalmente non in strutture logico formali, ma in
strutture che conservano le caratteristiche fisico - percettive della realtà. La capacità del
17
software di sfruttare queste caratteristiche analogiche offre un ancoraggio al dato
percettivo, molto utile per l’apprendimento. Nel caso dei PDD questo aspetto dei software
didattici risulta ancora più importante, dato che questi soggetti solitamente hanno abilità .
Un altro vantaggio di alcuni software è la verifica del lavoro dell’utente senza
necessariamente mantenere una presenza costante; questo permette di sviluppare una
maggiore autonomia nel soggetto che probabilmente aumenterà la sua autostima. Inoltre
alcuni programmi didattici possono favorire la consapevolezza delle proprie strategie in
quanto, in certi casi, permettono di registrare e quindi riesaminare in un momento
successivo la serie di mosse e scelte attuate. Poter disporre di una traccia dei ragionamenti
compiuti aiuta a riflettere su di essi (metacognizione).
Inoltre la richiesta del software di compiere scelte e decisioni aiuta a scandire il
ragionamento in fasi, e anche questo può facilitare la presa di coscienza e invitare alla
pianificazione di strategie. I soggetti con PDD hanno un deficit specifico di pianificazione
(Ozonoff, Pennington, Rogers, 1991), quindi risulta evidente l’utilità di attivare questo
processo esecutivo fondamentale.
Riassumendo ci sembra interessante valutare in parallelo caratteristiche dei soggetti con
Disturbo Autistico e PDD e le proprietà delle soluzioni a contenuto informatico (ICT) nel
riquadro riassuntivo.
Disturbo Autistico
eterogeneità
Incapacità di anticipare gli eventi, necessità
di prevedibilità
Picco di abilità visuo-spaziale
Necessità di ripetere per apprendere
Necessità di feedback come rinforzo
Anomalia qualitativa in ambito sociale
Difficoltà di shifting dell’attenzione e di
pianificazione
Mezzi informatici
Presenza di un ampio panorama di scelta
tra software; all’interno di uno stesso
software presenza di livelli diversi di
difficoltà per personalizzare il percorso
psicoeducativo.
Alta prevedibilità degli stimoli che possono
essere programmati.
Materiale prevalentemente visivo.
Possibilità di ripetizione infinita
Feedback sistematici come rinforzo
Non sono coinvolti direttamente fattori
sociali; possibilità di utilizzo dell’ICT come
mediatore sociale
Si può scegliere di mettere solo le
informazioni strettamente necessarie sul
video per minimizzare le distrazioni.
La richiesta dei software di compiere
scelte e decisioni aiuta a scandire il
ragionamento in fasi.
18
Informatica e Disturbo Autistico: alcuni studi
L’efficacia dell’utilizzo dell’informatica come strumento utile al perseguimento di obiettivi
di sviluppo ormai ha un consistente riscontro nella letteratura scientifica (per una rassegna,
Panyan, 1984; Moore e al., 2000).
Per esempio, il gruppo di Bernard-Opitz e al. (1999 e 2001) riporta che soggetti autistici
non verbali mostrano maggiori interazioni vocali nella situazione computer assisted
instruction rispetto alla situazione di intervento tradizionale, evidenziando inoltre un
miglioramento nei comportamenti non verbali (maggiore contatto oculare), nella
comunicazione spontanea (minor numero di
ecolalie) e nell’apprendimento delle
“academics” (abilità scolastiche).
Altri studi interessanti hanno indagato la
possibilità di utilizzare software didattici per
l’apprendimento delle abilità sociali ed il
riconoscimento delle emozioni (Silver e Oakes,
2001; Gnanathusharan e Mitchell, 2000). Questi
autori propongono l’apprendimento di abilità,
quali il riconoscimento delle emozioni, tramite
specifici software riabilitativi, ed ottengono
risultati positivi, sebbene spesso limitati alla
situazione di laboratorio, anche nella predizione
delle emozioni generate da stimoli esterni e stati
mentali (Silver e Oakes, 2001). Tali studi
rimandano alla necessità di integrare l’intervento al computer con altre attività di
generalizzazione, all’interno di un più ampio programma psicoeducativo.
Altri gruppi di ricerca hanno ottenuto risultati positivi con programmi che facilitano
l’acquisizione della lettura, della scrittura, dell’intersoggettività e della comunicazione in
generale (Heimann e al., 1995; Tjus e al., 1998), raccogliendo una consistente mole di dati
in favore della possibilità di utilizzo dell’ICT con i soggetti con autismo.
Quale software per un soggetto con autismo?
È ovvio che non esiste risposta a questa domanda. I software, come qualsiasi altro
strumento, possono essere adatti al raggiungimento di un obiettivo e non per una sindrome.
Non esistono o esistono pochi software nati e pensati in modo specifico per persone
autistiche, e spesso questi programmi non sono in italiano.
Un esempio recente (2005) in italiano di software pensato per l’autismo è Autismo e
competenze cognitivo-emotive (Erickson) che propone una serie di esercizi per allenare
capacità di riconoscere e comprendere desideri, opinioni, emozioni e credenze, basandosi
sull’ipotesi neuropsicologica di un cattivo funzionamento della Teoria della Mente nei
soggetti con autismo. Tale software appare, d’altra parte, adatto solo ad una fascia ristretta
19
di soggetti, solitamente ad alto funzionamento e
verbali, con i quali si è intrapreso un percorso sulle
abilità sociali e riconoscimento delle emozioni.
Se da una parte non esistono molti prodotti pensati
in
particolare
per
l’autismo,
dall’altra
non
dimentichiamo che queste persone, oltre ad un
fabbisogno educativo specifico (specialistico), hanno
anche un fabbisogno normale, come riuscire ad avere
passatempi e contesti di apprendimento che
consentano di esercitare abilità proprio come tutti gli
altri bambini con difficoltà e non. Considerando le
difficoltà nelle capacità immaginative, tipiche del
Disturbo Artistico, trovare delle attività funzionali come
passatempo è ancora più necessario rispetto ad altre
situazioni di disagio. Per offrire occasioni di svago e di
apprendimento possono essere utilizzati software
didattici riabilitativi, nati anche per altre disabilità o per
altri obiettivi.
In Italia esiste un vasto assortimento di ottimi software didattici che possono essere
utilizzati con soggetti con autismo a seconda degli obiettivi prefissati. In questo senso si
rende necessaria un'attenta cura nella scelta del prodotto. È consigliabile, per quanto
possibile, far riferimento a consulenti esperti, partecipare ad eventi che possano consentire
di conoscere più soluzioni in modo da comprendere se un prodotto può essere adatto a
quel bambino, poiché bisogna rifuggire da ricette precostituite. Una ulteriore fonte di
informazione sono i siti internet che fungono anche da biblioteche del software didattico, nei
quali si possono fare ricerche per aree di sviluppo di interesse. Si rende necessario, per
comprendere anche i prodotti presentati, specificare che esistono tipi diversi di software
esistenti:
1) alcuni sono commerciali, cioè vengono venduti da ditte, necessitano di licenze d'uso
e hanno il vantaggio, solitamente, di un'assistenza tecnica e di una buona qualità del
prodotto; ovviamente hanno lo svantaggio di avere un costo. Sempre più frequentemente è
possibile visionare i prodotti, prima di procedere al loro acquisto, attraverso Internet o punti
dimostrativi che talvolta offrono anche consulenza;
2) dei software commerciali a volte vi è una versione shareware, cioè un'applicazione
commerciale che viene rilasciata come dimostrativo del prodotto: molte ditte offrono
questo servizio attraverso download dal sito Internet. Altre ditte, soprattutto negli Stati Uniti,
adottano la soluzione del "prova e poi compra". In questo caso il programma, intero o in
parte, si può utilizzare per un periodo limitato di tempo. Tali opportunità offrono il vantaggio
di verificare se il software corrisponde alle aspettative e dunque valutarne con
consapevolezza la possibilità di acquisto;
20
3) infine esistono programmi freeware, cioè liberi o di pubblico dominio, che possono
essere scaricati da Internet mediante funzione di download e non hanno costo. Il vantaggio
di tali programmi è che possono essere utilizzati senza limiti gratuitamente; d'altra parte
talvolta non sono software di buona fattura tecnica o con un razionale scientifico e non
hanno un’assistenza tecnica. Infine, questa tipologia di programmi solitamente non propone
percorsi di apprendimento ma per lo più si tratta di eserciziari.
Un'altra distinzione necessaria tra i software per comprenderne le diverse nature è:
1) chiusi, cioè interamente confezionati con percorsi didattici precostituiti;
2) personalizzabili, dove è possibile modificare, definire e adattare alcuni parametri e/o
esercizi;
3) autore, in cui è delimitata solo la struttura degli esercizi, il contenuto viene deciso
dall'educatore. Questi software consentono una grande flessibilità di utilizzo e permettono,
attraverso una personalizzazione del materiale e delle attività, di attivare percorsi
individualizzati calibrati alle difficoltà e conoscenze del soggetto utilizzatore. I programmi
autore offrono inoltre, attraverso le proprie caratteristiche multimediali e multimodali, una
generalizzazione delle attività svolte in altri contesti.
Fra questa tipologia di software sottolineiamo alcuni strumenti autore come Microsoft
PowerPoint o la versione libera di OpenOffice, Contatto, Clicker, ecc.. I primi due possono
essere utilizzati in un primo approccio con il mezzo informatico; gli altri, una volta indagata
la risposta del soggetto, per la costruzione vera e propria di esercizi e percorsi didattici.
E’ infine importante mettere in evidenza che è necessario tener conto di tempo per
costruire gli esercizi anche se i programmi sono spesso strutturati in modo intuitivo e
facilitati per rispondere alle esigenze anche dei meno esperti.
Intersoggettivita’- comunicazione
È esperienza comune che spesso risulta più semplice proporre ad un soggetto con
autismo attività strutturate come il computer rispetto al gioco libero. Questo è facilmente
comprensibile se si pensa alla mancanza di attività immaginativa delle persone con
Disturbo Autistico che quindi necessitano di un’organizzazione degli spazi, dei tempi e delle
21
attività. Con questa considerazione iniziale l’informatica può divenire un buon
“passatempo”: un modo per offrire svago e divertimento al bambino e respiro alla famiglia
e agli operatori.
Ovviamente non si suggerisce in questo modo di “parcheggiare” i bambini davanti al
computer, ma piuttosto di trovare attività accattivanti e motivanti che possano supportare lo
sviluppo di abilità.
Mediante l’attività a computer è anche possibile offrire una sorta di ambito comune di
gioco che può aumentare l’attenzione condivisa e l’attenzione all’Altro. Tutto questo risulta
possibile se si è riusciti, attraverso training mirati, ad implementare le capacità comunicative
e quindi a ridurre i comportamenti problema del bambino.
Per supportare l’“apprendere a comunicare” si possono pensare dei percorsi anche al
computer. Ad esempio, se si sta implementando un
percorso di Comunicazione Aumentativa Alternativa
(CAA), è possibile utilizzare software con uscita in
voce come comunicatori o, meglio, come mezzi di
allenamento
all’utilizzo
della
CAA
con
familiarizzazione ai simboli. Meglio perché il
comunicatore, come le parole per noi, deve essere
sempre disponibile al soggetto e dunque avere un
comunicatore al computer è fruibile solo in quel
contesto.
Per i bambini preverbali possono essere usati anche altri strumenti che possono favorire
la vocalizzazione e far comprendere l’effetto del linguaggio. In questo senso in contesti
riabilitativi è stato utilizzato l’IBM SpeechViewer, testato e validato con soggetti autistici
(Bernard-Opitz et al., 1999). Viene infatti dimostrato che soggetti autistici non verbali
mostrano maggiori interazioni vocali nella situazione al computer rispetto alla situazione di
intervento tradizionale logopedico.
L’IBM SpeechViewer era un programma in grado di elaborare la voce dell'utente e di
rappresentarla graficamente sullo schermo del computer; il
programma rispondeva alle corrette verbalizzazioni con
grafica animata. Il vantaggio di tale software era quello di
trasformare l'input verbale in output mediato dal canale
visuo-spaziale, preferito dai soggetti autistici. Tale
vantaggio è stato sfruttato anche da altri prototipi
riscontrando risultati interessanti e generalizzati per
aumentare il vocabolario e la grammatica in soggetti
autistici verbali. Attualmente il sw non è più in
distribuzione; ma è in fase di traduzione un software per la
rieducazione verbale pensata per bambini piccoli. Questo software denominato “Sounds
22
Begining- Produzione Sonora”1 presenta esercizi con modalità di causa-effetto che
rispondono alle corrette verbalizzazioni con grafica animata e accattivante.
Lavoro indipendente
L’uso del computer può essere inserito anche nel
curriculum scolastico per promuovere l’attenzione e
stabilizzare il soggetto durante attività finalizzate e che
stimolino il processo di crescita nei vari ambiti dello
sviluppo: percezione, motricità fine, coordinazione
occhio-mano, l’area cognitiva, verbale, ecc., a
seconda del progetto psicoeducativo stilato. In questo
caso vengono usate le stesse strategie e tecniche
utilizzate a tavolino (uso del rinforzo, prompting,
shaping, fading, ecc.), con il vantaggio che
solitamente i software si basano su modelli
comportamentali di apprendimento che prevedono la presenza di rinforzi sistematici a
risposte corrette. Questo favorisce l'apprendimento in ambienti altamente prevedibili in cui i
rinforzi sono puntuali e coerenti. In questo senso sono particolarmente adatti i software che
attraverso diversi compiti stimolano l’apprendimento dei prerequisiti necessari ad attività più
complesse, presentandosi con una grafica essenziale, chiara e molto simile alla modalità di
lavoro tipica del lavoro indipendente dell’approccio T.E.A.C.C.H..
I software possono promuovere anche apprendimenti di tipo didattico, come
l’apprendimento della letto-scrittura e dell’aritmetica. Tutte le attività proposte dovranno
essere finalizzate a promuovere il livello di partecipazione e l’autonomia del soggetto e la
gestione del tempo in modo finalizzato.
Per far in modo che un soggetto possa aumentare il proprio livello di partecipazione,
risulta necessario che le abilità acquisite in un contesto siano trasferibili in un altro. Questa
ciò che viene chiamata generalizzazione degli apprendimenti.
1
Distributore: Cooperativa Anastasis
23
I soggetti con autismo possono incontrare problemi di generalizzazione degli
apprendimenti in contesti diversi. Per evitare il più possibile queste difficoltà risulta
fondamentale cercare di proporre lo stesso concetto con modalità diverse e persone
diverse. Per esempio, lo stesso problema può essere proposto sul quaderno e quindi svolto
per via teorica, può essere presentato con materiali concreti in cui sia necessario un
intervento reale, si può compiere una breve drammatizzazione con uno o due compagni ed
infine riproporre il tutto con esercizi al computer.
Per introdurre un’attività in un contesto sociale il bambino dovrà essere in grado di
svolgerla in modo autonomo e senza aiuto, in modo tale da poterla eseguire anche in una
situazione più complessa in compagnia di un compagno.
Socializzazione
Paradossalmente il computer può essere anche un mezzo di socializzazione: infatti
permette, ad esempio, di favorire una visibilità positiva del soggetto rispetto alla classe,
poiché spesso in questo ambito il soggetto con autismo riesce a raggiungere capacità
superiori di gestione del mezzo informatico rispetto ai coetanei. Questi elementi possono
permettere la realizzazione di momenti ludici e di apprendimento sia per il soggetto con
autismo che per i compagni. L’ausilio del mezzo informatico risulta poi piacevole e
interessante anche per i compagni e così è possibile contare sulla massima collaborazione
da parte di tutti. In questo modo si può implementare con software già noti al soggetto un
lavoro sulla tolleranza e sul rispetto dei turni, base fondamentale della comunicazione e
dell’integrazione in contesti sociali.
Inoltre, è possibile anche organizzare parte di un
training sulle abilità sociali e sull’educazione all’affettività a
computer, tramite ad esempio software autore che
permettano di lavorare, tramite materiale multimediale, su
sequenze di azioni, ad esempio, da riordinare. Nella
presente pubblicazione vengono presentate due
esperienze in cui è stata affrontata anche questa area di
sviluppo.
Infine non dimentichiamoci che il computer è un mezzo
di comunicazione e che per soggetti più dotati si può
introdurre l’uso di Internet e della posta elettronica. La stessa Temple Grandin, autistica ad
alto funzionamento, afferma che "Internet è tuttora il migliore strumento per migliorare la
vita di relazione di un soggetto autistico".
24
Conclusione
Per concludere ribadiamo la convinzione che sia necessario partire sempre dalla
persona per non confondere l'opportunità di usare l’informatica con una necessità. Occorre
infatti rifuggire dal considerare la tecnologia come una "panacea", cioè il credere che sia
sufficiente introdurre queste tecnologie perché automaticamente l'educazione conosca
l'innovazione e diventi efficace. È chiaro che un allievo in difficoltà non risolve i suoi
problemi per il semplice fatto di poter usufruire di un computer, d'altra parte è indubbio che
ne potrebbe trovare svago e giovamento ed è per questo che bisognerebbe tentare anche
questa possibilità, insieme a tante altre.
All'educatore è richiesto di saper dominare il computer e in questo senso è richiesta una
competenza sia teorica che pratica dell'utilizzo delle nuove tecnologie: l'educatore deve
saperle gestire ed adattare al proprio progetto didattico ed educativo. Inoltre nell’ambito
educativo è richiesto un aggiornamento continuo perché le conoscenze sull’autismo si
aggiornano costantemente e le tecnologie cambiano in fretta. Con questi presupposti il
progetto deve avere dei chiari obiettivi e per perseguirli l'insegnante dovrà essere cosciente
dei bisogni e delle abilità di quel Bambino.
Considerata l’eterogeneità delle possibili manifestazioni del Disturbo Autistico è poi
necessario riuscire a documentare percorsi di lavoro anche con l’ausilio del computer, per
fornire esperienze di buone prassi fruibili e che possano essere spunto e suggerimento di
lavoro.
Infine le nuove tecnologie possono sicuramente essere intese come “tecnologie
assistite”, cioè tutti i software e hardware che aiutano l’individuo ad accedere
all’informazione e strutturare il proprio apprendimento, ma anche come supporto agli
educatori, ad esempio, per reperire informazioni, idee, materiali, crearne di nuovi o
riutilizzarne di vecchi, ecc. nell’ottica anche di uno scambio e di un confronto tra operatori e
per favorire la generalizzazione degli apprendimenti.
25
Una ricerca applicata:
le nuove tecnologie con persone autistiche
Introduzione
Sulla base delle considerazioni riguardanti le abilità e le difficoltà dei
soggetti autistici e le caratteristiche delle nuove tecnologie, l’equipe
dell’Ambulatorio Autismo dell’Ospedale Maggiore di Bologna ha sentito
l’esigenza di approfondire tale ambito di ricerca con una sperimentazione sul
campo (Peroni et al., 2003). Tale esigenza nasce dalla pratica clinica ed è
stata particolarmente stimolata dai racconti dei genitori che solitamente
riportano ottime prestazioni a computer dei propri bambini autistici,
soprattutto rispetto a performance non altrettanto brillanti in situazioni più
tradizionali.
È nata in questa maniera la collaborazione con la Fondazione ASPHI che
da tempo opera per l’integrazione dei disabili con l’ausilio dell’informatica
Il progetto di valutazione dell’utilizzo delle nuove tecnologie con persone
autistiche nasce quindi dalla condivisione di tecniche, strumenti tecnologici e
diagnostici, conoscenze cliniche, informatiche e cognitive.
Metodo
Dopo un’analisi dell’esistente e una review
bibliografica della letteratura scientifica (effettuata
tramite motori di ricerca specialistici, Internet, studi
pilota e raccolta di informazioni su esperienze di
piccoli pazienti dell’Ambulatorio Autismo), si è
allestito un laboratorio presso la Fondazione
ASPHI onlus di Bologna e si è provveduto a stilare
un protocollo sperimentale di intervento che
prevedeva incontri a sessioni individuali con attività
a computer inframezzate ad attività a tavolino simili
a quelle proposte al computer.
Ogni sessione ha previsto una fase di preparazione dei materiali e dell’accoglienza
dell’utente, l’intervento al computer e a tavolino, e infine la rielaborazione delle informazioni
e documentazioni ottenute mediante anche la videoregistrazione.
26
Si è deciso di intervenire in diverse aree:
1) intersoggettività: riconoscimento delle emozioni causate da situazioni e
desideri;
2) comunicazione: rispetto dei turni, comprensione di parole ambigue,
produzione di un testo;
3) cognitiva: memoria, problem solving, attenzione.
Per valutare l’effettiva valenza delle nuove tecnologie con i soggetti si è utilizzato come
metodo l’osservazione partecipante e in differita tramite video (Peroni e Visconti, 2004).
lavoro al pc
lavoro a tavolino
Il laboratorio
Il laboratorio allestito presso ASPHI è stato strutturato in un ambiente privo di stimoli
estranei con arredi poco invasivi e anonimi per non influire sull’attenzione dei
bambini/ragazzi che partecipavano alle attività.
Il laboratorio è attrezzato con tavolo per
attività a “tavolino” e postazione al computer.
La postazione del computer è stata
predisposta in modo specifico affinché ci fosse
sufficiente spazio per due persone
(bambino/ragazzo e operatore). E’ costituita da:
tavolo di legno, lampada a luce fredda, personal
computer dotato di software specifico e webcam.
27
Nella stanza è installato un sistema di registrazione che prevede le riprese delle sessioni
di lavoro sia frontalmente, per monitorare il soggetto e per valutare le sue reazioni rispetto
ai programmi proposti, sia da dietro per la visione delle modalità di svolgimento delle attività
al computer.
Le telecamere sono fissate a muro in modo da non disturbare l’attenzione del soggetto
durante l’attività.
Inoltre, un sistema di registrazione a circuito
chiuso permette di trasmettere le sessioni di
lavoro su uno schermo presente in altra stanza
dell’edificio dove vengono accolte e restano in
attesa gli accompagnatori dei bambini/ragazzi
(genitori, terapisti, insegnanti, ecc..). In questo
modo anch’essi possono seguire le sedute che
vengono svolte per una condivisione dell’attività e
per un successivo confronto utile per impostare il
lavoro psicoeducativo.
28
Soggetti
Alla sperimentazione hanno partecipato 11 soggetti diagnosticati con Disturbo Pervasivo
dello Sviluppo (PDD) tra 8-15 anni (10 Maschi, 1 Femmina) selezionati sulla base delle
seguenti caratteristiche:
- produzione-comprensione del linguaggio a livello di strutturazione-comprensione di
frasi semplici;
- un buon livello di funzionamento cognitivo > a 60 Q.I. performance;
in modo tale da comprendere il funzionamento neuropsicologico dei soggetti con PDD
indipendentemente dalla presenza di ritardi cognitivi e di linguaggio significativi.
Di ogni soggetto è stato stilato un profilo di funzionamento neuropsicologico sulla base
delle valutazioni a cura dell’equipe effettuate presso l’Ambulatorio Autismo. Ai genitori è
stata fornita preliminarmente una scheda per comprendere le competenze informatiche del
partecipante e ideare, in un secondo momento, un percorso di apprendimento
personalizzato e adatto alle capacità del soggetto.
Per ogni soggetto è stata stilata dall’equipe dell’Ambulatorio Autismo una relazione
comprendente un’osservazione clinica, descrizione delle attività, le reazioni del soggetto e
le possibili applicazioni nella vita quotidiana. Durante la seduta di restituzione presso
l’Ambulatorio Autismo ai genitori ed operatori sono stati dati suggerimenti sul globale
progetto psicoeducativo comprendente anche l’utilizzo dell’informatica.
Ipotesi e obiettivi
L’intento della ricerca applicata ha come obiettivo quello di verificare la reale opportunità
di utilizzo del computer e delle nuove tecnologie nel percorso di apprendimento dei soggetti
con DPS e testare se i programmi esistenti sono appropriati alle caratteristiche di questi
soggetti. In particolare ci siamo ripromessi di valutare:
1) l’utilizzabilità dei software (sw) esistenti: ciò che esiste di aspecifico ( software
didattici genericamente) può andare bene anche per i soggetti autistici?
2) il computer desta davvero interesse? è possibile utilizzare l’informatica come un
“passatempo”? va tenuta presente la scarsa capacità immaginativa di questi soggetti che
rende complicata l’occupazione funzionale del tempo;
3) attraverso il computer possiamo implementare gli apprendimenti dei soggetti con
DPS?
4) i soggetti autistici preferiscono il computer rispetto a situazioni classiche di
apprendimento e di lavoro a tavolino, come sostengono i genitori?
29
Materiali e procedura
Sono stati utilizzati vari software che ad una prima analisi possono apparire come
attraenti e motivanti per verificare l’interesse, la possibilità di utilizzarli anche in autonomia e
l’opportunità di apprendimento che potevano offrire (ad esempio, “Leaps and Bound”,
“Bachi Spaziali”, “Giochi di Pensiero”).
Vengono così confrontate varie attività a
computer e a tavolino, simili per contenuto
e modalità di svolgimento; ad esempio
sequenze temporali da riordinare (“la casa
della Scienza di Sammy”). Ovviamente il
tipo di feedback nelle due modalità risulta
differente: nel caso del computer sono
presenti animazioni, suoni, musiche che
non sono riproducibili nella situazione a
tavolino.
La
partecipazione
emotiva
dell’operatore a tavolino come feedback,
d’altra parte, è invece riproducibile anche
con la mediazione del computer; in questa
maniera è possibile davvero valutare
l’eventuale valore aggiunto delle caratteristiche multimediali del computer e dei software
utilizzati.
Riguardo all’utilizzabilità dei software esistenti, sebbene non siano stati creati ad hoc per
soggetti autistici e quindi vadano ritenuti aspecifici, molti dei prodotti esistenti sono stati
inclusi nel protocollo sperimentale, poiché sono stati ritenuti adatti alle caratteristiche
neuropsicologiche di questi soggetti.
D’altra parte esistono aree di intervento poco esplorate dai software esistenti: i
programmi commercializzati puntano principalmente ad aspetti cognitivi, tralasciando
aspetti simbolico-immaginativi. Pertanto sono state proposte attività al personal computer
tramite un software autore (“Contatto”) che ha permesso di esplorare, in confronto alla
situazione a tavolino, anche il versante della comprensione di parole ambigue, delle
emozioni da desiderio e da situazione, caratteristiche che sappiamo essere deficitarie nelle
persone con autismo.
30
Esempi di esercizi
Esercizi tratti da “Contatto” svolti a computer e attività a tavolino tratte da Hadwin J., Howlin P.,
Baron-Cohen S. Teoria della mente e autismo. Ed. Erickson
31
Risultati
Da una prima analisi possiamo con tranquillità affermare che tutti i soggetti hanno
partecipato volentieri alla sessione di lavoro al computer, collaborando con l’operatrice ed
accettando le proposte.
Ad esempio, E. è un bambino autistico ad alto livello di funzionamento: si presenta come
ipomimico e poco partecipe nelle attività. Già all’inizio della sessione, manifesta interesse,
sorride, imita, prende il mouse e diviene maggiormente propositivo rispetto alle osservazioni
precedenti in ambulatorio e rispetto alla sessione a tavolino. La partecipazione inoltre
migliora durante la sessione al computer. Dato che l’apprendimento dipende in larga misura
dalla motivazione, possiamo quindi ipotizzare che il computer rappresenta un valido
“mezzo di apprendimento”.
Alcuni soggetti hanno dimostrato di sopportare meglio le frustrazioni dovute agli sbagli,
nella situazione a computer piuttosto che a tavolino. Ad esempio, S. è un ragazzino
autistico con intelligenza nella norma che presenta grosse difficoltà nella gestione delle
proprie reazioni emotive; a computer riesce a sopportare di perdere, mentre quando
incontra delle difficoltà a tavolino si agita e presenta numerose stereotipie motorie.
Inoltre tutti i soggetti partecipanti hanno
dimostrato tempi di attenzione sostenuta
maggiori durante la sessione computer
piuttosto che la situazione di controllo a
tavolino. Alcuni dei partecipanti si sono
alzati durante la sessione a tavolino ma
non in quella a computer, tutti dal tavolino
tendevano a guardare la postazione del
computer o hanno esplicitamente richiesto
di tornare a giocare con il computer,
mentre nessuno ha richiesto di andare a
tavolino dalla postazione al computer,
nonostante i tipi di attività fossero
grossomodo simili.
Ad esempio, S. presenta chiaramente
una differenza nella reazione alla richiesta
di cambiare attività: a computer il ragazzo
si sta divertendo, quando gli si chiede di
andare a tavolino afferma “Voglio ancora
giocare a..” e indica il computer, poi
sbadiglia e temporeggia. A tavolino
presenta molte stereotipie, quando
32
l’operatrice chiede se vuole tornare al PC, S. risponde immediatamente “Sì” e si alza molto
rapidamente, andandosi ad accomodare alla postazione al computer. Tale comportamento
è altamente significativo considerando la
difficoltà comunicativa tipica dei soggetti
con autismo.
Un vantaggio notevole dell’utilizzo del
computer e dei software didattici è la
possibilità di accedere ad una gamma
diversa di rinforzi, intesi come eventi che
abbiano la capacità di modificare la
frequenza
con
cui
compare
un
determinato
comportamento,
incrementandola. Il rinforzo può essere
intrinseco, simbolico (il punteggio) e può
comunque accompagnarsi a rinforzo
sociale se l’attività viene svolta in
compagnia di qualcuno.
Infine non è stato possibile tracciare un profilo omogeneo delle preferenze dei soggetti e
delle difficoltà incontrate rispetto ai software utilizzati. Ad esempio, alcuni preferivano
rinforzi verbali, altri ne erano infastiditi e quindi richiedevano di escludere feedback come
“bravo”. Alcuni apparivano distratti da informazioni grafiche aggiuntive sullo schermo,
mentre altri non sembravano esserne infastiditi. Queste osservazioni rimandano alla
necessità di costruire sistemi “intelligenti” che sappiano proporre le attività a seconda delle
risposte fornite.
Conclusioni
Sebbene i dati non siano stati trattati statisticamente, possiamo facilmente affermare che
queste sessioni hanno avuto un esito favorevole. Date queste considerazioni preliminari ci
sembra opportuno procedere con la sperimentazione e l’approfondimento di questo tipo di
intervento, anche in contesti ecologici, viste le possibilità che sembra poter offrire
l’intervento tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie.
Oltre a questa ricerca di tipo sperimentale, sono stati inoltre attivati alcuni percorsi
educativi individualizzati per comprendere l’applicabilità delle nuove tecnologie in ambito
naturale.
33
ESPERIENZE
I percorsi che di seguito vengono presentati fanno riferimento ad esperienze, rivisitate e
ampliate, illustrate in occasione del convegno “Autismo, tecnologie informatiche e scuola “
tenuto in Handimatica2 a Bologna, nel novembre 2004..
2
Handimatica: mostra convegno nazionale su tecnologie e disabilità organizzata da Fondazione
ASPHI www.handimatica.it
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Il percorso di Giulia
dalla scuola materna alle elementari
*rielaborato da R. Truzzi e C. Amati
“da-ia dichi-do” annuncia Morgan.
Poi scaraventa via il cestello e corre all’altro capo della casa.
Io e Jennifer ci scambiamo un’occhiata e ci stringiamo nelle spalle:
nostro figlio ha quasi tre anni e parla una lingua tutta sua.
(Collins P., 2005)
Introduzione
L’utilizzo delle Tecnologie Informatiche e Comunicazionali, come
intervento nei disturbi autistici, ha ampliato il numero di strumenti fruibili dal
bambino, dagli insegnanti e dai terapisti per facilitare la comunicazione e
per sviluppare nuovi percorsi di riabilitazione.
L’utilizzo dell’informatica per i soggetti con Disturbo Pervasivo dello
Sviluppo può essere pensato per perseguire vari obiettivi, come illustrato
nella sperimentazione presso il laboratorio di ASPHI. L’esperienza qui
raccontata è un esempio di percorso di integrazione su più livelli: il primo e
forse fondamentale, la costante alleanza, con un coinvolgimento attivo, fra
genitori e operatori dell’Ambulatorio Autismo che ha posto le basi per un
percorso abilitativo individualizzato; il secondo elemento, uno stretto
collegamento con gli operatori scolastici e territoriali e quindi la creazione
di una rete di integrazione.
Terzo elemento innovativo è rappresentato da un’integrazione di
diverse tecniche e interventi psicoeducativi mirati, in funzione dell’età e del
livello di sviluppo che hanno potuto essere applicati nel contesto di vita di
Giulia, scuola e casa.
Dopo una breve sintesi del caso di Giulia e dei vari interventi effettuati
ci concentreremo sull’utilizzo delle nuove tecnologie. Tale percorso vede
protagonista Giulia e tutte le persone che sono cresciute con lei nel corso
di questi anni.
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Presentazione di Giulia
Giulia, unicogenita, è nata nel 1995. I genitori iniziano ad avere i primi sospetti verso i 3
anni a causa di un importante ritardo del linguaggio e di alcuni atteggiamenti quali
dondolamenti stereotipi, selettività alimentare e atipicità nell’utilizzo dei giochi e degli
oggetti. Nello stesso periodo durante l’inserimento alla Scuola Materna Garibaldi, le
insegnanti notano grosse difficoltà relazionali: Giulia tende ad isolarsi, non è interessata agli
altri bambini, presenta scarso contatto visivo e stereotipie motorie e con oggetti.
Alla fine del 1998 Giulia viene valutata dall’équipe
dell’Ambulatorio Autismo dell’Ospedale Maggiore dove si
osserva la presenza di anomalie qualitative nell’area della
relazione (scarso interesse nella relazione con l’Altro), della
comunicazione (assenza di linguaggio e scarso utilizzo della
gestualità) e degli interessi (angolazione visiva, utilizzo degli
oggetti funzionale ma non simbolico). Un assessment
neurocomportamentale porta ad una diagnosi di Disturbo
Pervasivo dello Sviluppo di tipo autistico. In seguito a questa valutazione si delinea un
progetto psicoeducativo che viene organizzato all’interno di una cornice strutturale secondo
il modello TEACCH, ma si impernia in fase iniziale, in maniera predominante, sul versante
dell’intersoggettività e della capacità di ricezione degli stimoli secondo la Terapia di
Scambio e di Sviluppo.
L’approccio T.E.A.C.C.H. e l’intervento psicoeducativo per Giulia
La filosofia del T.E.A.C.C.H. (Treatment and
Education of Autistic and Communication
Handicapped Children) prevede una cornice
teorica e pratica aperta all’integrazione di altri
approcci come ad esempio la “Terapia di
Scambio e di Sviluppo” e anche l’intervento
tramite l’informatica.
Con Giulia è stata organizzata, sin dalla
scuola materna, una modalità di lavoro tipica
dell’educazione strutturata che si ispira al
modello
T.E.A.C.C.H.
attuata
tramite
un’organizzazione degli ambienti, del tempo e
delle attività in modo da fornire una maggiore prevedibilità e leggibilità degli eventi.
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Organizzazione degli ambienti
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Proprio a causa di un deficit delle funzioni esecutive i bambini con autismo difficilmente
riescono a pianificare gli eventi per cui abbisognano di routines giornaliere e prevedibilità.
Le informazioni vengono fatte passare prevalentemente per il canale visuo-spaziale
bypassando le difficoltà di comunicazione di Giulia.
Le sequenze
La comprensione del testo
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All’interno di questa cornice e con queste modalità sono state introdotte varie esperienze
per favorire l’interazione, lo sviluppo funzionale, l’autonomia,
la comunicazione e
successivamente le abilità sociali della bambina.
Le attività sono state preparate
sulla
base
delle
valutazioni
periodiche
effettuate
dall’équipe
dell’Ambulatorio Autismo, partendo
da attività che Giulia dimostra di
padroneggiare in sede ambulatoriale
e da abilità in emergenza, ovvero
abilità non completamente acquisite
che necessitano dell’aiuto di un
adulto.
Dato che le difficoltà più marcate
di Giulia e in generale dei bambini
con
Disturbo
Autistico
sono
nell’ambito della comunicazione e
della socializzazione, le proposte in fase iniziale vengono presentate in un ambito protetto,
a tavolino, con l’ausilio di un mediatore in un rapporto uno a uno.
Si ritiene infatti opportuno, per le caratteristiche neuropsicologiche di Giulia e in generale
dei bambini con Disturbo Autistico, che primariamente le attività vengano proposte da un
punto di vista cognitivo e che vi sia una sorta di “stabilizzazione” motoria che permetta il
processo di apprendimento. Il ripetersi di quel compito, con il tempo porta all’acquisizione di
quella abilità e all’esecuzione in autonomia che rimane il vero obiettivo prioritario della
strategia educativa, non relegata pertanto ad un banale esercizio fine a sé stesso.
Parallelamente all’evolversi del consolidamento funzionale le abilità possono essere
esercitate nella situazione più complessa, cioè quella sociale.
In tal modo si segue un
ordine crescente ma
graduale di difficoltà, poiché
si parte da capacità di base
che sono sia di tipo
funzionale che cognitivo,
essendo questo versante
meno compromesso
rispetto a quello sociale.
Come nel caso di qualsiasi
percorso riabilitativo, si
tende poi ad implementare le abilità apprese e a generalizzarle in un contesto sociale che
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rappresenta il vero terreno di sfida per valutare una reale padronanza dei compiti e quindi
favorire un’effettiva integrazione.
Il percorso di Giulia è sempre stato oggetto di un monitoraggio su più fronti: a livello di
setting ambulatoriale, tramite la visione di videoregistrazioni che mostrano il comportamento
di Giulia in ambiente familiare, e attraverso le osservazioni svolte a scuola.
Parallelamente sono stati eseguiti approfondimenti medici secondo un protocollo di
esami specifici che non hanno evidenziato patologie neurologiche associate.
Una valutazione multidimensionale periodica ha permesso pertanto una continua
modulazione del progetto psicoeducativo sulla base dei bisogni della bambina e in relazione
ai bisogni della famiglia.
In fase iniziale l’obiettivo psicoeducativo si è focalizzato sul versante relazionale, ossia
ottenere un contatto oculare più diretto, una maggiore attenzione condivisa e una
reciprocità e condivisione emotiva. All’interno della cornice T.E.A.C.C.H. si è quindi
selezionato un intervento secondo la Terapia di Scambio e di Sviluppo ( T.E.D.) nei vari
ambienti di vita della bambina; importante elemento di valore aggiunto è stato dato dal
pieno coinvolgimento dei genitori, che dopo aver assistito a qualche dimostrazione si sono
resi disponibili ad intraprendere “il lavoro” anche a casa. E ciò ha naturalmente reso ancora
più stretta l’alleanza terapeutica già in corso.
Successivamente, pur continuando a lavorare sul piano dell’intersoggettività, si è passati
all’implementazione delle abilità funzionali attraverso attività cognitive mirate nell’ambito del
cosiddetto “lavoro indipendente” (acquisizione di abilità oculo-manuali, motricità fine,
imitazione).
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Uno dei fattori di efficacia del progetto riabilitativo è stato verosimilmente “la rete”, ossia
il costituirsi di un gruppo di lavoro (équipe specialistica, genitori, operatori scolastici e
operatori AUSL) che attraverso incontri periodici hanno condiviso punti di forza e di criticità
del progetto con conseguenti cambiamenti.
La collaborazione dei genitori è stata ottenuta attraverso un’iniziale comunicazione
chiara e trasparente della diagnosi accompagnata a suggerimenti psicoeducativi mirati che
evidenziassero non solo i punti deboli ma anche quelli di forza. Questo ha facilitato la
messa in atto di strategie di “coping” con un ingresso attivo della famiglia nel progetto
psicoeducativo; i risultati ottenuti hanno continuamente rinforzato tale rapporto.
In questa seconda parte della trattazione presenteremo come ci si sia avvalsi anche del
supporto delle nuove tecnologie per intervenire con Giulia nei diversi ambiti di sviluppo.
L’uso del computer con Giulia: perché?
Il computer è stato introdotto nel percorso di apprendimento di Giulia per vari motivi. Il
primo e fondamentale è che il computer attrae da sempre la bambina, quindi è sempre
risultato un mezzo privilegiato di apprendimento poiché la forte motivazione ha prodotto
ottimi risultati a livello attentivo.
Il secondo motivo per l’introduzione del computer nel percorso di sviluppo è l’aiuto offerto
dall’informatica al processo di generalizzazione; permette infatti di proporre lo stesso
concetto con modalità diverse: mediante il computer può essere possibile riproporre attività
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svolte in altri contesti e anche produrre schede
didattiche da software esistenti (semplicemente
stampando le schermate e quindi riproponendo
l’esercizio con una modalità bidimensionale e
cartacea) o creare nuovi materiali riutilizzabili e
modificabili.
In effetti i software sono vissuti dai bambini
come dei videogames. Essi sono quindi
intrinsecamente rinforzanti e possono essere
utilizzati sia come strumenti per gratificare il
ragazzo dopo un’attività impegnativa appena
svolta, sia per sviluppare, tramite ipertesti, nuovi
apprendimenti e generalizzare quelli già acquisiti.
L’uso del computer, in una fase successiva, può inoltre rappresentare un potente mezzo
per sviluppare interazioni con i pari in una comunicazione virtuale vera, in cui si può
comunicare su interessi specifici, in qualche modo rendendo più strutturata e prevedibile la
relazione.
L’uso del computer con Giulia: Il percorso
Giulia ha iniziato a usare il computer nel 2000, a quasi 5 anni, come una forma di
“passatempo” a casa. I genitori raccontano che era più semplice proporre a Giulia attività
strutturate come il computer rispetto al gioco libero. Questo è facilmente comprensibile se si
pensa alla mancanza di attività immaginativa dei soggetti con Disturbo Autistico. Quindi
risultava più semplice nel percorso psicoeducativo partire con attività di tipo cognitivo,
anche attraverso il computer, piuttosto che altre modalità di lavoro tipiche della didattica
tradizionale; addirittura risultava più semplice “lavorare al computer” piuttosto che “far
giocare liberamente”, proprio in considerazione delle caratteristiche di Giulia.
L’uso del computer è stato inserito anche nel curriculum scolastico per promuovere
l’attenzione e stabilizzare Giulia durante attività finalizzate. In questo senso alla materna si
sono utilizzati software didattici come “Gioca con Teddy” e “Socrates”, giochi semplici e
motivanti che cercavano di implementare le capacità attentive di Giulia, stimolando il
processo di crescita in vari ambiti dello sviluppo: percezione, motricità fine, coordinazione
occhio-mano e l’area cognitiva.
Sulla base delle valutazioni periodiche di follow-up,
nel corso degli anni, sono stati stabiliti insieme a scuola
e famiglia nuovi bisogni e obiettivi da perseguire e, a
seconda di tali necessità e fini, sono stati gradualmente
introdotti vari software tra cui: “Gioca con le lettere” e
“Impara le parole” per l’introduzione alla letto-scrittura, e
“Gioca con le cifre” e “Impara la matematica” per
l’avviamento ai numeri e al pensiero logico-strategico.
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Oltre ad implementare aree dello sviluppo, il computer è stato indubbiamente un mezzo
per promuovere l’autonomia di Giulia e la gestione del tempo in modo finalizzato. Giulia
dimostra molto presto di essere capace di gestire in modo del tutto adeguato l’interazione
con il computer, padroneggiando vari comandi come avviare il computer, far partire un
programma, gestire il mouse e anche dimostrando un’insospettata capacità ad organizzarsi
semplici situazioni di gioco mediate dal computer.
Questo aspetto ha un risvolto estremamente positivo per la gestione del tempo libero a
casa: in questo modo Giulia può infatti rimanere sola, ad esempio quindici-venti minuti,
organizzandosi in autonomia un’attività funzionale senza una guida costante da parte
dell’adulto.
I genitori hanno inoltre sfruttato
l’interesse di Giulia per il computer per
favorire le capacità espressivo-narrative
della bambina mostrando le fotografie della
giornata e stimolando Giulia nel commento
e nella comunicazione.
Data l’abilità di Giulia con le nuove
tecnologie, alle elementari è stato anche
organizzato un momento di lavoro con i
compagni sullo scambio sociale tramite la
mediazione del computer: questo ha fornito
una visibilità positiva della bambina rispetto
ai compagni e ha inoltre incrementato la sua capacità di condividere e tollerare lo
svolgimento di un gioco in compagnia dei coetanei.
L’ausilio del mezzo informatico risulta poi piacevole e interessante anche per i compagni
di Giulia e così è stato possibile contare sulla massima collaborazione da parte di tutti gli
attori. In questo modo si è implementato per tutti un lavoro sulla tolleranza e sul rispetto dei
turni, base fondamentale della comunicazione e dell’integrazione in contesti sociali.
Attraverso la mediazione delle nuove tecnologie è stato anche possibile organizzare un
lavoro sulle abilità sociali, introducendo un percorso specifico avente come obiettivi la
comprensione di stati emotivi diversi, nonché l’acquisizione di comportamenti socialmente
utili. Tale progetto, intitolato “Che emozioni!”, vede la collaborazione dei compagni di classe
di Giulia nella preparazione del materiale e nei giochi cooperativi che ne conseguono. Per
affrontare il tema delle abilità sociali e la comprensione delle emozioni, come nel caso di
Fabio, (vedi capitolo successivo) è stato previsto un percorso per “step” successivi:
1)
Preparazione del materiale:
a. Documentazione fotografica e videoregistrazione di scenette di “role-playing”
attuate dai compagni: i compagni di Giulia partecipano come attori a brevi
rappresentazioni di situazioni che possono causare tristezza, gioia, rabbia,
paura.
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b. Raccolta di fotografie di Giulia in situazioni che rimandano a tali emozioni
con la collaborazione della famiglia.
c. Montaggio del materiale video in collaborazione con la Fondazione ASPHI .
d. Preparazione da parte dell’educatrice di eserciziari sul “riconoscimento delle
emozioni” mediante il software autore “Clicker4” con il materiale raccolto, e
preparazione di eserciziari cartacei.
2) Input teorico: presentazione tramite computer del modello competente
(presentazione video dei compagni)
3) Esecuzione degli eserciziari tematici a computer e cartacei
4) Attività di consolidamento e generalizzazione con i compagni: esercizi a
computer a turno e role playing di situazioni.
Esempi di esercizi sulle emozioni
Sebbene tale progetto sia iniziato solo in 3° eleme ntare, proprio in funzione di una
gradualità degli apprendimenti, Giulia ha mostrato di apprezzarne i contenuti e di
partecipare collaborando in tutte le fasi, e i compagni dimostrano lo stesso entusiasmo.
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Conclusioni
In questa trattazione abbiamo voluto esporre come e perché è stato introdotto l’uso delle
nuove tecnologie nel percorso di crescita di Giulia per il suo benessere, il suo sviluppo e la
sua integrazione sociale. Crediamo che tale percorso sia esemplificativo di un concetto ben
espresso dal Professor Andrea Canevaro: “Non c’è integrazione se non c’è
organizzazione”. L’integrazione sociale per una bambina autistica come Giulia è un
obiettivo ambizioso che per essere perseguito deve essere necessariamente pensato e
organizzato in momenti di apprendimento graduali e sistematici, partendo da situazioni
facilitanti per arrivare a situazione di reale integrazione in cui la bambina possa beneficiare
della compagnia dei coetanei e viceversa.
In questa breve analisi abbiamo messo in luce come l’introduzione dell’informatica abbia
favorito in Giulia, come situazione
facilitante, il raggiungimento di obiettivi
gradualmente
modificati.
Grazie
all’utilizzo del computer e di software
didattici è stato infatti possibile
supportare l’implementazione e la
generalizzazione di abilità dello sviluppo
preliminari alla comunicazione e
l’interazione sociale. Il computer ha
inoltre permesso di favorire una visibilità
positiva di Giulia, considerando le
capacità
superiori di gestione del
mezzo informatico rispetto ai coetanei.
Questi elementi hanno permesso la realizzazione di momenti ludici e di apprendimento sia
per Giulia che per i compagni, oltre alla condivisione dell’attività al computer in funzione
dell’apprendimento di abilità sociali e di riconoscimento delle emozioni.
Ovviamente l’intervento tramite il computer è stato previsto con Giulia all’interno di una
programmazione ed organizzazione più ampia ed articolata su cui non è possibile
soffermarci in questa sede. Risulta quindi fondamentale sottolineare che l’introduzione delle
nuove tecnologie deve essere sempre integrata in una progettazione psicoeducativa
complessa, all’interno di una rete di lavoro con diverse professionalità e competenze che
coinvolga attivamente scuola e famiglia, come nel caso di Giulia. Da non dimenticare
inoltre che la progettazione deve tenere sempre in considerazione le caratteristiche del
bambino, della sua patologia e del suo ambiente, ricordandosi che “non c’è integrazione se
non c’è organizzazione”.
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Tecnologie informatiche e Abilità sociali:
un progetto nelle scuole superiori
Introduzione
L’utilizzo del computer probabilmente racchiude la metafora del
solipsismo e risulta quindi forse difficile pensare che le nuove tecnologie
possano aiutare nella comprensione e nell’apprendimento di abilità sociali.
In queste pagine vogliamo dimostrare come invece sia possibile introdurre
questo argomento con il supporto informatico per soggetti con Disturbo
Pervasivo dello Sviluppo, sfruttando le caratteristiche neuropsicologiche di
questi soggetti unitamente alle proprietà di prevedibilità e multimedialità
dell’informatica. Cercheremo di dimostrare tale opportunità presentando un
percorso pilota di training sulle abilità sociali effettuato mediate l’utilizzo
anche del computer alle scuole superiori con un soggetto con Disturbo
Autistico: Fabio.
Presentazione di Fabio
Fabio nel periodo della sperimentazione aveva 16 anni, manifesta comportamenti
spesso caricaturali o rigidi, alcune eccentricità nella comunicazione verbale ed alcuni
comportamenti non adattivi. I segnali forse
più critici rimandano a una difficoltà nella
gestione delle emozioni: in questo senso si
nota che il ragazzo tende a frustrarsi
eccessivamente di fronte ai propri errori,
possiede una maggiore consapevolezza
dei propri limiti che rimanda a un’ansia
crescente.
D’altra parte, il ragazzo ha raggiunto un
buon grado di autonomia e di adattamento
sociale grazie alla famiglia, all’intervento
psicoeducativo della scuola e all’attivazione
precoce dei Servizi Territoriali. Fabio è
seguito dall’Ambulatorio Autismo da alcuni
anni e ha partecipato nel 2003
all’esperienza nel laboratorio presso la Fondazione ASPHI per valutare l’efficacia
dell’utilizzo delle nuove tecnologie con persone autistiche. Durante la sperimentazione si è
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impostato un lavoro in collaborazione con la scuola e la famiglia per implementare le abilità
sociali di Fabio, capacità trasversali a ogni ambito di sviluppo.
Fabio nel laboratorio di ASPHI
Fabio è stato osservato presso il laboratorio della Fondazione ASPHI per tre volte
nell’arco di una quindicina di giorni. Alle sessioni sperimentali partecipava individualmente,
collaborando sempre attivamente; i genitori potevano assistere grazie a telecamere a
circuito chiuso.
Durante l’esperienza, Fabio ha mostrato un’ottima partecipazione. Lui stesso racconta
scrivendo alla fine del primo incontro “ok oggi vengo a marcella a fare il computer mi piace il
computer faccio le carte sono felice faccio il computer io andrò in bagno. sono io fabio ho
15 anni”.
Si notano alcune rigidità di pensiero che si esplicitano nella comunicazione verbale:
Fabio nell’ultima sessione continua ad affermare “giovedì, veniamo da Marcella”, anche se
sa che la sperimentazione si è conclusa. Secondo la mamma, il suo modo stereotipato di
ripetere che tornerà a giocare al computer, rimanda alla piacevolezza della situazione che
non riesce ad esprimere in altro modo. D’altra parte, in contesti più organizzati, come ad
esempio durante lo svolgimento di un esercizio al computer, Fabio riesce a richiedere,
commentare e rispondere in modo più
contestuale ed appropriato.
Nelle tre osservazioni, il ragazzo ha
mostrato buone capacità di adattamento ed
un’ottima capacità di utilizzo del computer in
autonomia. Durante le sessioni si sono costruiti
anche esercizi di rielaborazione delle proprie
esperienze e delle proprie emozioni al
computer mediante un software autore. Tale
attività è apparsa utile al fine del
riconoscimento
delle
emozioni
e
di
conseguenza nella gestione di esse.
Descrizione delle attività del protocollo sperimentale e delle reazioni di
Fabio
In generale si constata una buona padronanza della tastiera, del mouse e del computer;
Fabio è infatti in grado di utilizzarlo in quasi totale autonomia. Da tavolino Fabio richiede di
tornare a computer, quindi è probabile che anche se le attività a tavolino sono simili a quelle
proposte con il mezzo informatico, il ragazzo preferisce solitamente quest’ultima modalità di
lavoro, anche se non si oppone e collabora in entrambe le situazioni.
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Le aree comprese nel protocollo sono principalmente tre, come descritto nel capitolo
della ricerca applicata:
-
intersoggettività (riconoscimento delle emozioni causate da situazioni e desideri);
comunicazione (rispetto dei turni, comprensione di parole ambigue, produzione di un
testo);
cognitiva (memoria, problem solving, attenzione).
Intersoggettività: Fabio si comporta in modo appropriato durante le attività al computer,
triangola maggiormente lo sguardo rispetto ad altre condizioni, commenta in modo
adeguato le attività, mantenendo il contatto oculare e posture adatte alla situazione. Il
riconoscimento delle emozioni da situazioni e da desiderio è relativamente buono, ma
soprattutto ci sembra importante sottolineare la potenzialità di questo esercizio ai fini di una
rielaborazione dei propri vissuti. Fabio ha
particolarmente apprezzato i feedback verbali delle
faccine felici, tristi, impaurite e arrabbiate, che tentavano
di riprodurre con la voce gli stati d’animo dei personaggi.
In questo modo il ragazzo si è particolarmente
appassionato al compito, tanto che nell’ultima sessione
si sono rielaborate alcune esperienze del ragazzo
tramite foto scannerizzate ed è stato Fabio a tentare di
riprodurre con la voce gli stati d’animo delle varie
situazioni. Questa attività è stata particolarmente
gratificante tanto che nel racconto finale Fabio, in totale autonomia, scrive: “sono andato da
marcella a fare il computer ho registrato la mia voce sono felice”. L’espediente di utilizzare
foto ed il microfono per personalizzare il più possibile l’esercizio sembra particolarmente
appropriato nel caso di Fabio.
Per quanto riguarda la comprensione degli stati d’animo di un personaggio di una storia,
Fabio presenta alcune difficoltà, che difficilmente si riesce a stabilire se siano dovute ad una
cattiva decodifica del testo o ad una consegna troppo difficile.
Comunicazione: in questo senso notiamo alcune
difficoltà di comprensione, che non sempre si
esplicitano in modo così evidente come nella
comprensione del testo. Per esempio, è stato anche
proposto un esercizio di comprensione al computer,
della serie dei “Giochi di Pensiero” che Fabio ha
gradito particolarmente: una voce al telefono chiede
un “fripple” (un mostriciattolo) con caratteristiche
precise; le richieste vanno ovviamente da un livello
molto semplice (1 variabile, quale colore, forma ecc)
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ad un livello esperto con costruzione morfosintattica molto complicata. Fabio riesce a
svolgere l’esercizio senza arrivare fino ad un livello esperto ma dimostrando di riuscire a
comprendere anche costruzioni morfosintattiche più complicate della semplice consegna
con una variabile alla volta.
Fabio accetta i turni nei giochi che prevedono due concorrenti. I commenti sono
solitamente appropriati al contesto, il ragazzo commenta “che bello, sono felice”.
Riguardo alla comunicazione scritta, al di là di errori nella costruzione della frase, Fabio
riesce ad essere comunicativo, rimanendo solitamente su un piano descrittivo. Scrive nella
prima e nella seconda occasione: “ok oggi vengo a marcella a fare il computer mi piace il
computer faccio le carte sono felice faccio il computer io andrò in bagno io gioco con la
bambola Io leggo il libro. sono io fabio ho 15 anni io guardo la tv” , “Io vado da carlotta vado
a scuola vado dalla nonna loredana vado in macchina vado da marcella ho giocato il
computer io racconto la storia la faccina. gioco il computer. io guardo la tv io vado in bagno
ciao”.
Mentre scrive una sintesi vocale ripete e sillaba cosa si sta digitando, questo espediente
ha stimolato Fabio a triangolare lo sguardo dalla tastiera allo schermo ed infine, come
conferma, all’operatrice. In questa maniera il ragazzo ha dimostrato di avere una buona
capacità di automonitoraggio; infatti quando il computer segnava errore, Fabio riusciva per
prove e errori ad autocorreggersi.
Cognitivo: Fabio riesce abbastanza facilmente a
comprendere i nuovi compiti, anche se tenderebbe,
in modo evidente, a perseverare nelle attività
gratificanti. L’utilizzo di alcuni software altamente
strutturati rischiano di innescare modalità ripetitive e
stereotipate di affrontare il compito. È necessario
quindi monitorare le attività di Fabio al computer, che
non devono divenire sterili e perseverative, ma
piuttosto
un’occasione
di
scambio
e
di
comunicazione.
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Gli esercizi di musica, sono tra quelli riportati tra i giochi preferiti, Fabio si emoziona nel
momento in cui comprende che è stato lui a comporre quella melodia.
Per quanto riguarda le sequenze temporali,
difficilmente Fabio compie errori, l’esercizio a
tavolino viene apprezzato particolarmente (tanto
che nella rielaborazione scrive “faccio le carte”).
Fabio sceglie in libertà alcuni esercizi, tra cui
uno di categorizzazione, in cui si dimostra
particolarmente abile.
Si è poi utilizzato un software che stimola i
processi di lettura e di scrittura, facilitando la
conoscenza
della
tastiera
favorendo
l'automazione della localizzazione dei tasti. Si
richiede al soggetto di decifrare e di ricomporre la
parola che scende con un baco, se il soggetto la ricompone in modo corretto, un fiore spara
del polline contro il baco che si trasforma in farfalla. Fabio ha apprezzato molto questo
software, riuscendo a superare i primi 6 livelli di difficoltà (parole composte di 6 lettere). Il
ragazzo esulta in modo appropriato quando riesce a prendere il bonus e riesce ad
affrontare in modo adeguato la frustrazione di non riuscire a portare a termine l’esercizio.
D’altra parte in contesti diversi dall’attività al computer Fabio tende a scoraggiarsi più
facilmente.
I colloqui con la famiglia
Fabio ha avuto un’ottima evoluzione in particolare nell’adattamento sociale e delle
autonomie personali. La settimana del ragazzo appare ricca di stimoli e di attività, molte di
queste attività vengono svolte in parziale autonomia dal ragazzo, che per esempio è in
grado di rimanere a casa da solo o fare brevi tragitti conosciuti in totale indipendenza.
Inoltre constatiamo la possibilità di Fabio di sperimentare numerose situazioni sociali che
vanno dall’attività sportiva, la vita parrocchiale ed i campi solari. Sicuramente queste
diverse situazioni, corroborate da un buon intervento terapeutico dei servizi territoriali,
educativo della scuola e da una situazione familiare accogliente, hanno permesso l’attuale
evoluzione del disturbo.
I segnali più critici che emergono dal colloquio con la mamma rimandano ad una
difficoltà ancora attuale nella gestione e regolazione delle emozioni. Questa caratteristica
era stata anche riscontrata durante le osservazioni nell’Ambulatorio Autismo e durante la
sperimentazione nel laboratorio di ASPHI. Tale difficoltà si esplicita in comportamenti non
sempre appropriati al contesto, a volte il ragazzo ad esempio si butta per terra o presenta
eteroaggressività. Inoltre il ragazzo tende a frustrarsi eccessivamente di fronte ai propri
errori, possiede una maggiore consapevolezza dei propri limiti che rimanda a un’ansia
crescente. Fabio fatica a gestire e modulare le proprie emozioni, tenta di rielaborarle in
contesti conosciuti riagganciandosi a film visti (per esempio, “sono cattivo come Piccola
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Peste”). Sembra dunque urgente per i genitori trovare nuovi scenari che permettano di far
comprendere al ragazzo le proprie sensazioni. Per questo motivo è stato proposto e ideato
un training sulle abilità sociali seguendo un percorso individualizzato a seconda delle
esigenze individuate.
Le abilità sociali
Si intende per abilità sociale la “capacità di comprendere ed assimilare codici di
comportamento sociale”. Il training sulle abilità sociali è un programma ampio che
comprenda vari settori tra cui:
- l’educazione dell’affettività, come rielaborazione di emozioni difficili da gestire per
Fabio,
- l’apprendimento di script sociali,
- il tema delle persone conosciute/sconosciute,
- lavoro per l’autonomia
Nel caso di Fabio è stato ipotizzato che i
primi due punti potessero essere affrontati nella
scuola e generalizzati con l’aiuto della famiglia;
per quanto riguarda gli ultimi due punti si è
invece coinvolto l’educatore extra-scolastico. In
questa sede descriveremo in particolare i primi
due punti, che si sono esplicitati in una
rielaborazione delle emozioni e una migliore
comprensione delle situazioni sociali per
riuscire ad attivare schemi di comportamento
sempre più appropriati e mostreremo alcuni
esempi di attività per affrontare il tema delle
persone conosciute/sconosciute.
Il Progetto
Per impostare un progetto sulle abilità sociali risulta necessario effettuare osservazioni in
contesti differenti (casa, scuola, ambulatorio) e colloqui frequenti con le persone che
frequentano il ragazzo. L’intervento sulle abilità sociali mediate l’utilizzo del computer è
stato ideato dall’équipe dell’Ambulatorio Autismo, ma condiviso e modificato con la
partecipazione di tutti gli agenti educativi, genitori e i tecnici ASPHI coinvolti.
L’obiettivo principale da perseguire è quello di aiutare Fabio a riconoscere le proprie
emozioni e a esprimerle in modo appropriato. Per affrontare questo tema è stato previsto un
percorso per “step” successivi attuati nel contesto scolastico e casalingo.
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Metodologia
Il programma di intervento sulle abilità sociali prevede una serie di tappe che
schematicamente elenchiamo, di seguito, per punti per poi meglio descriverle:
Fase preliminare: preparazione del materiale e degli esercizi.
A. RIELABORAZIONE DI UNA SITUAZIONE REALE:
• partendo da un episodio accaduto realmente, racconto delle reazioni e identificazione
dell’emozione corrispondente
• presentazione di uno schema di comportamento alternativo e identificazione delle
emozioni
• valutazione del percorso più adeguato
B. SCHEMA DELLA REGOLA
INPUT TEORICO: approccio cognitivo tramite presentazione di script sulla sequenza
appropriata di abilità.
C. MODELING: presentazione di un modello competente:
• Presentazione in PowerPoint della regola tipo cartone animato
• Presentazione in situazioni naturali (se possibile), se no in situazioni ad hoc
(l’educatrice drammatizza la regola)
•
Revisione del contenuto teorico, discussione e commento.
D. ROLE PLAYING: simulazione e drammatizzazione della sequenza in contesto protetto;
E. GENERALIZZAZIONE A BREVE E A LUNGO TERMINE
RIASSUNTO DEI CONTENUTI, OGGETTIVAZIONE E TRASCRIZIONE SUL QUADERNO:
passaggio di informazioni tra gli agenti educativi.
COMPITI: preparati sugli argomenti trattati su computer e cartacei
•
•
•
risposte a scelta multipla
esercizi di sequenziazione
valutazione dei percorsi più adeguati
Per ogni abilità suggerita nel programma dovrà essere mantenuto lo stesso schema di
scomposizione in step
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Nella fase preliminare si è coinvolto il ragazzo
nella costruzione del materiale sia cartaceo che
tecnologico che sarebbe stato utilizzato nelle
sessioni di lavoro. Durante la sperimentazione
nel laboratorio di ASPHI Fabio aveva mostrato
estremo interesse nella fase di costruzione
dell’esercizio, al punto che dopo aver costruito al
computer, tramite anche l’ausilio del microfono,
un esercizio di riconoscimento di emozioni
partendo da foto di situazioni esperite da Fabio, il
ragazzo ha commentato scrivendo, come si
anticipava: “io sono andato a scuola io andrò a
casa sono andato da marcella a fare il computer
ho registrato la mia voce sono felice io salgo
l'autobus sono felice”.
Si è deciso di partire, sulla base delle valutazioni precedenti, da situazioni problematiche
realmente vissute da Fabio. Al ragazzo viene richiesto con il supporto visivo, di rielaborare
l’accaduto secondo uno schema prefissato:
• racconto delle reazioni e identificazione dell’emozione corrispondente (che
chiameremo percorso reale);
• presentazione di uno schema di comportamento alternativo e identificazione delle
emozioni (percorso alternativo);
• valutazione del percorso più adeguato.
Questo schema può essere rappresentato secondo due percorsi possibili: la vicenda
realmente accaduta o una possibile alternativa, secondo il modello seguente ideato
dall’équipe dell’Ambulatorio Autismo:
Situazione Reale
1 percorso reale
2 percorso alternativo
Comportamento reale
Comportamento alternativo
Conseguenza reale
Conseguenza alternativa
Feedback
Feedback
53
Per esempio, una situazione reale è: Laura (ex educatrice di Fabio) è incinta e non può
più venire a scuola con Fabio. La reazione di Fabio (comportamento reale) continua a
ripetere “Laura stupida”. La conseguenza di questo comportamento è che Fabio continua a
non vedere l’educatrice (conseguenza reale) e Fabio continua a sentirsi triste (feedback).
In questo caso vorremmo che:
•
Fabio imparasse a riconoscere il suo stato emotivo, quindi gli chiediamo di
identificare la propria emozione nella situazione reale:
•
Imparasse a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni: conseguenza reale.
•
Infine vorremmo che Fabio esprimesse il suo dispiacere in modo più adeguato,
quindi gli proponiamo uno schema di comportamento alternativo
Nell’esempio sopra esposto potrebbe, per esempio, telefonare a Laura (comportamento
alternativo). Se facesse questo probabilmente potrebbe anche andare a trovare Laura e
vederla (conseguenza alternativa) e quindi Fabio si potrebbe sentire felice (feedback).
Gli esercizi per la rielaborazione di situazioni reali sono stati costruiti mediante software
multimediale aperto “Contatto”: tale software ha una “modalità autore” che permette di
creare esercizi con immagini, foto, suoni e feedback personalizzabili.
In una seconda fase vengono esposte a Fabio, sotto forma sia cartacea che al computer
mediante “Contatto”, le attività costruite sulle quali è possibile compiere delle scelte.
In seguito viene richiesto a Fabio di estrapolare una regola generale dalla situazione
particolare. Per esempio, facendo riferimento al percorso descritto, la regola potrebbe
essere:
54
Quando una persona cambia una abitudine causandomi agitazione
1)
2)
penso “che cosa sento”;
dico a quella persona che cosa sento.
Tale “buona prassi” viene esposta attraverso una sorta di modeling con un modello
virtuale competente attraverso il programma PowerPoint (vedi punto C) e generalizzato
attraverso esercizi di role playing e attività proposte al ragazzo attraverso diverse modalità.
Documentazione del progetto sulle abilità sociali
Una delle situazioni che sono state analizzate e sono state uno spunto di lavoro è un
episodio accaduto a scuola in cui Fabio non ha saputo controllarsi e ha tirato i capelli
all’educatrice. In particolare: la situazione reale di partenza è Fabio che ha dimenticato a
casa la cartellina di tecnica. Il comportamento reale messo in atto è stato di tirare i capelli
alla sua educatrice, con la conseguenza di non ottenere la cartellina, Fabio si sarà sentito
comunque triste (feedback).
Secondo il percorso per step di apprendimento
sopraesposto si è dunque riproposta questa
situazione reale in modo schematico con il
computer, con una esemplificazione visiva e
un’affermazione che descrive la situazione “Fabio
ha dimenticato la cartella di tecnica a casa”, infine
la richiesta di indicare come si senta Fabio.
Fabio deve indicare come si è sentito e quindi
riconoscere, nominare ed esplicitare la propria
emozione. Con questa attività si persegue
l’obiettivo di aiutare Fabio a riconoscere le proprie
emozioni, per poi arrivare ad esprimerle in modo
appropriato.
Infatti nell’episodio reale Fabio non riesce a
gestire la rabbia e mette in atto un
comportamento non adeguato (comportamento
reale): tira i capelli a Francesca.
Il comportamento viene esplicitato in modo
neutro attraverso una schermata, con la
richiesta successiva di esplicitare tra le quattro
emozioni principali (felicità, tristezza, rabbia e
paura), espresse attraverso delle faccine
stilizzate, come si è sentito Fabio (feedback), allenando sempre il ragazzo a riconoscere le
proprie emozioni, che ovviamente in questo caso sono negative.
55
È stato poi proposta a Fabio un comportamento alternativo che poteva essere adottato
nello stesso contesto: poteva infatti chiamare a casa e richiedere alla madre di portare a
scuola la cartella di tecnica.
La conseguenza (alternativa) in questo caso poteva essere di ottenere la cartella di
tecnica portata dalla madre. Anche
in questo caso veniva richiesto di
esplicitare il conseguente stato
d’animo (feedback) attraverso le
faccine stilizzate, allenando il
ragazzo a riconoscere le emozioni,
che ovviamente in questo caso sono
positive.
In seguito è stato richiesto di estrapolare lo schema della regola che è stata poi
presentata attraverso anche animazioni con PowerPoint.
TELEFONO A CASA E CHIEDO
DI PORARMI L’OGGETTO CHE
HO DIMENTICATO
QUANDO MI DIMENTICO A CASA UN OGGETTO
SONO TRISTE E MI AGITO QUINDI:
1. PENSO: “CHE COSAN SENTO? “
56
I conduttori del progetto hanno pensato a varie attività di generalizzazione, tra cui il
riassunto dei contenuti con oggettivazione e trascrizione sul quaderno:
FABIO E’ TRISTE
FABIO E’ ARRABBIATO
SE MI DIMENTICO A CASA
UN OGGETTO SONO TRISTE
E MI AGITO. MA NON DEVO
ARRABBIARMI. POSSO
INVECE TELEFONARE A
CASA E CHIEDERE DI
PORTARMI L’OGGETTO
Risultati
Fabio ha reagito egregiamente all’attività, collaborando attivamente e partecipando ad
ogni fase del progetto con interesse. Fabio scrive infatti nel proprio quaderno:
MI SONO DIVERTITO MOLTO A REGISTRARE LE VOCI DI FABIO CON IL
MICROFONO PERCHÉ MI PIACCIONO MOLTO LE FACCINE
57
Il ragazzo è stato in grado di compiere spontaneamente dei collegamenti con altre
situazioni emotive nelle quali si sentiva agitato e non aveva avuto reazioni appropriate.
L’educatrice infatti racconta: “Sicuramente questa nuova attività lo ha leggermente
spiazzato ma anche colpito sul vivo, nelle sue emozioni. Ha infatti subito fatto riferimento ad
altre due situazioni avvenute in cui si era arrabbiato e non era riuscito a contenere l’ansia
(quando si sdraia per terra “facendo la foca”, e quando ha colpito un estintore a scuola
spaventandosi molto). Ha chiesto di “stampare l’estintore” e “stampare Fabio per terra”; ha
saputo quindi identificare alcune delle situazioni e dei momenti che generano in lui ansia e
difficoltà a contenerla”.
Un altro risultato degno di interesse sono le osservazioni che riportano i genitori: “Fabio
sembra più capace di verbalizzare i propri stati emotivi e quindi di riconoscerli in se stesso”.
Tale esperienza ha quindi avuto una ripercussione positiva nell’ambiente familiare e
scolastico.
Un’altra attività:
riconoscimento delle persone conosciute/sconosciute
Con Fabio è stato inoltre affrontata, con la stessa metodologia sopra descritta, una parte
relativa al riconoscimento delle persone conosciute/sconosciute. Trascriviamo i vari
passaggi un modo da offrire uno spunto per il lavoro psicoeducativo in questo ambito di
lavoro, nella pagina seguente.
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A. SITUAZIONE REALE ED ESERCITAZIONI:
• partendo da una situazione reale, racconto delle reazioni e delle possibili
conseguenze
• presentazione di uno schema di comportamento alternativo
• valutazione del percorso più adeguato
Le esercitazioni sono di tipo cartacee e al computer tramite il sw contatto.
•
presentazione di una foto e rispondere con scelta multipla se la persona è conosciuta
o sconosciuta
• presentazione di una foto e scrivere conosciuta o sconosciuta in corrispondenza
della foto
• presentazione di varie foto e toccare tutte le foto delle persone conosciute e poi tutte
le foto delle persone sconosciute (con Contatto), nella modalità cartacea si può
richiedere di cerchiare di verde tutte le conosciute e di rosso le sconosciute.
• presentazione di una foto di persone conosciute a diversi gradi di familiarità: stima
del grado di familiarità secondo la dicitura “per niente”, “poco”, “abbastanza”, “molto”,
“moltissimo”. Utilizzare sistemi di facilitazione visiva.
• presentazione di una foto di persone conosciute a diversi gradi di familiarità: schemi
di comportamento diversi a seconda del grado di familiarità. Iniziare sempre dalle
situazioni limite (per esempio come mi comporto con uno sconosciuto che mi chiede
di entrare a casa oppure come mi comporto nella stessa situazione con mia sorella
che ha dimenticato le chiavi)
Si utilizzeranno foto dei compagni di scuola, di pallacanestro, della parrocchia, dei
familiari, dei professori, ecc. e foto dei giornali, ecc.
B. SCHEMA DELLA REGOLA
INPUT TEORICO: approccio cognitivo tramite presentazione di script sulla sequenza
appropriata di abilità..
C. MODELING: presentazione di un modello competente:
• Presentazione in PowerPoint della regola tipo cartone animato
• Presentazione in situazioni naturali (se possibile), se no in situazioni ad hoc
(l’educatrice drammatizza la regola)
•
Revisione del contenuto teorico, discussione e commento.
D. ROLE PLAYING: simulazione e drammatizzazione della sequenza in contesto protetto.
E. GENERALIZZAZIONE A BREVE E A LUNGO TERMINE
RIASSUNTO DEI CONTENUTI, OGGETTIVAZIONE E TRASCRIZIONE SUL
QUADERNO: passaggio di informazioni tra gli agenti educativi.
COMPITI: preparati sugli argomenti trattati su computer e cartacei
59
Conclusioni
Tale percorso pilota fornisce un modello di intervento sulle abilità sociali che si può
avvalere anche del supporto informatico che come sappiamo è molto ben accetto da questi
soggetti. Sembra quindi possibile superare il preconcetto del computer come segno di
individualismo e considerare le nuove tecnologie come mezzo utile nella comprensione e
nell’apprendimento di abilità sociali
Dato il buon esito del training e i risultati incoraggianti, è stato proposto alla scuola e alla
famiglia di continuare tale attività implementando maggiormente le attività di role playing e
verifica dell’apprendimento in contesto ecologico.
Altra attività che può servire a rafforzare l’apprendimento di script sociali è l’esposizione
a possibili imprevisti che possono accadere (ad esempio, cosa fare se l’autobus cambia
strada).
Un’altra attività che è consigliabile per ragazzi autistici con un discreto funzionamento
cognitivo e capacità di comunicazione attraverso la letto-scrittura, e che quindi è stata
suggerita anche a Fabio e ai suoi educatori, è l’utilizzo della comunicazione a distanza
tramite e-mail.
L’esperienza con Fabio, oltre ai contenuti teorici e pratici che fanno riferimento ad una
cultura cognitivo-comportamentale, ha funzionato anche grazie alla costruzione di una
buona rete che vede protagonisti l’interdisciplinarietà delle competenze: l’équipe
dell’Ambulatorio Autismo dell’Ospedale Maggiore di Bologna che ha ideato e supervisionato
il progetto, i Servizi Territoriali, l’educatrice, l’insegnante di sostegno e la responsabile dei
servizi handicap della scuola che lo hanno realizzato, la Fondazione ASPHI cha ha fornito
supporto tecnologico, la famiglia che ha partecipato regolarmente alla programmazione e
alla sperimentazione.
60
ALLEGATI
61
Descrizione dei software
citati nel testo
Di seguito vengono proposte le schede relative al software utilizzato nei
percorsi illustrati con alcune indicazioni sul loro contenuto.
Elenco dei programmi software utilizzati:
Leaps and Bound
Bachi Spaziali
Giochi di Pensiero
La casa della Scienza di Sammy
Contatto
Gioca con Teddy
Socrates
Gioca con le lettere
Impara le parole
Gioca con le cifre
Impara la matematica
PowerPoint
Clicker
CARLO II vers. 6
Software
LEAPS AND BOUND
Software di causa-effetto rivolto a bambini in età pre-scolare o soggetti con ritardo
cognitivo che, attraverso una proposta ludica, persegue l’obiettivo di sviluppare le abilità di
base. Le modalità di interazione mettono in gioco le abilità di previsione e coordinazione,
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abilità decisionali, orientamento spaziale e capacità attentive.
Gli esercizi e i contenuti che il software propone sono:
esplorazione e previsione
attenzione e coordinazione
Decisione, attenzione e coordinazione
previsione e coordinazione
decisione e attenzione
memoria e attenzione
La grafica è accattivante e può essere accompagnata, qualora si ritenga necessario, da
una musica di sottofondo.
Non ci sono livelli di esercizio ad esclusione del compito di memoria e attenzione. In
questo caso si tratta di un memory con 3 livelli di difficoltà crescente.
63
BACHI SPAZIALI
Il software, attraverso una forma ludica, propone esercizi di difficoltà crescente per
favorire i processi di lettura e scrittura.
Gli esercizi partono dalla riproduzione di singole lettere, fino alla lettura e scrittura da
tastiera di parole da prima sillabiche, bisillabiche e via via più complesse. Un ulteriore
esercizio richiede la capacità di individuare una lettera mancante di una parola afferente ad
una specifica categoria.
Il programma propone tre modalità per giocare e diverse funzioni parametrizzabili che
rendono gli esercizi fruibili e accessibili da soggetti con diverse difficoltà; offre inoltre la
possibilità di personalizzare gli esercizi esistenti e di creare nuovi compiti in modo da
rispondere alle esigenze specifiche del soggetto utilizzatore.
Le modalità di “gioco” previste sono:
Una modalità prevede, come soggetti bruchi, fiori e farfalle, la seconda è rappresentata
da navi spaziali e cannoncini su uno sfondo lunare.
Una terza modalità è priva di aspetto grafico e, sullo schermo compaiono i soli elementi
di esercizio. Questa modalità non viene utilizzata con soggetti autistici poiché priva di
stimoli attentivi.
64
GIOCHI DI PENSIERO 1
Software usato per lavorare all’interno dell’area cognitiva, comprende 6 tipi di esercizi
che prevedono attività di memoria attraverso i quali i bambini possono sviluppare capacità
cognitive, critiche e nella risoluzione di problemi. Ogni esercizio è strutturato in livelli, dal più
semplice al più complesso da selezionare in base all’età, agli obiettivi e alle capacità del
soggetto. I programmi presi in esame nella ricerca sono stati: Battista il musicista, Oranga, I
Fripples.
Battista il musicista Il programma propone 2 livelli di
esercizio per lo sviluppo della memoria sequenziale visiva
e sonora. Il primo esercizio consiste nel creare un motivo
musicale attraverso diversi elementi che possono essere
scelti dall’utente; il motivo creato viene poi ripetuto dal
soggetto del software. Il secondo esercizio, al contrario del
precedente, è il soggetto che propone un motivo che
dovrà essere memorizzato e ripetuto in modo sequenziale.
Oranga La schermata presenta un orango che suona
alcuni strumenti musicali. Anche in questo caso sono
proposti 2 livelli di esercizio con la possibilità di
incrementare le difficoltà.
Selezionando in ordine alcuni strumenti si può
comporre una musica e risentirla ripetere dall’Oranga,
oppure, in versione più complessa, cercare di riproporre il
suono che il personaggio propone selezionando in
sequenza gli strumenti corretti.
I Fripples . In base ad una consegna data relativa alle
caratteristiche di un soggetto, occorre individuare a quale
“personaggio” si fa riferimento. Il programma presenta
difficoltà crescenti.
65
LA CASA DELLA SCIENZA DI SAMMY
Il programma sviluppa abilità logiche di base e capacità di osservazione, fornendo
elementari nozioni scientifiche e stimolando la loro naturale curiosità. L'utilizzo è immediato,
grazie alle immagini a semplice ed immediato, grazie alle immagini animate ed alle
istruzioni che vengono date a voce.
Gli esercizi proposti nella ricerca sono stati quelli relativi ad attività di ordinamento e di
sequenze.
Facciamo un Film Il programma propone una
schermata con una pellicola nella quale si devono inserire,
attraverso un ordine sequenziale, immagini proposte in
ordine sparso. Un volta sistemate le immagini è possibile
visionare il film costruito. Gli esercizi possono essere
adattati in base alle difficoltà del soggetto rendendoli più o
meno complessi.
66
CONTATTO
CONTATTO è un software autore che, in modo intuitivo e guidato consente di costruire
esercizi basati sui concetti di classificazione, causa-effetto, ordinamento, corrispondenza,
memoria, e sui prerequisiti alla lettura e scrittura. Per la creazione degli esercizi il
programma prevede l’utilizzo di foto, disegni, audio e video ed è dotato di un archivio molto
ricco di disegni.
Per calibrare gli esercizi in base alle difficoltà del soggetto utilizzatore e in base agli
obiettivi da perseguire, è possibile creare percorsi personalizzati .
Il programma è stato utilizzato per creare esercizi sulle emozioni e sulle autonomie di
base.
67
GIOCA CON TEDDY
È un software prescolare, che può essere utilizzato da tutti i bambini. Propone esercizi
che riguardano capacità logiche, percezione visuo-spaziale, attenzione intese come
prerequisiti agli apprendimenti. Le modalità di proposta dei compiti sono facilmente intuitive
e la consegna avviene in modo verbale.
Di seguito vengono presentati alcuni esercizi del programma che più frequentemente
sono stati utilizzati con soggetti autistici.
Ordina per colore. L’esercizio richiede di collocare degli oggetti
nel contenitore in base al colore corrispondente.
Trova la figura uguale La schermata presenta uno scaffale con
alcuni oggetti e uno scaffale vuoto. Il compito richiesto è di collocare
nello scaffale vuoto gli oggetti uguali.
Domino. Con le regole del gioco del domino collocare i vagoni
con le figure corrispondenti partendo dalla consegna data con la
locomotrice.
68
101 ESERCIZI SOCRATES
Programma rivolto all’area pre-scolare che propone esercizi di riconoscimento,
associazione, classificazione e ordinamento. Oltre a queste attività didattiche propone,
attraverso giochi educativi, compiti di logica, orientamento spaziale, attenzione. Tutti i
compiti proposti sono presentati in forma intuitiva.
Gli esercizi proposti sono 10. Di seguito forniamo descrizione solo di alcuni a titolo di
esempio :
Forme
L’esercizio richiede di collocare le forme corrispondenti colorate in
corrispondenza delle forme grigie.
Suoni
Esercizio di riconoscimento dei suoni da abbinare alle figure
corrispondenti.
Coppie
Accoppiamento per categorie di colore o per categoria di
appartenenza
Numeri
Abbinamento quantità e numero corrispondente. Gli esercizi sono di
difficoltà crescente e la voce facilita il riconoscimento
69
Lettere
Gli esercizi propongono immagini e parole corrispondenti mancanti di
una lettera. Il compito consiste nell’individuare la lettera mancante.
Alcuni giochi proposti dal programma:
Nell’ordine, gioco del tetris, vinciquattro, torre di hanoi.
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GIOCA CON LE LETTERE
Programma per rinforzo alle abilità di lettura. Il software propone esercizi a difficoltà
graduale, intuitivi e con grafica gradevole. E’ un programma aperto che, attraverso un
semplice editor consente di modificare le immagini, i suoni e parole previste o di
aggiungerne di nuove.
Le attività di Gioca con le Lettere sono nove: Gioco dell'alfabeto, Copia la parola, Ascolta
ed indovina. Lettera iniziale. Rebus. Indovina la lettera mancante. Ascolta. Anagramma.
Caccia alla lettera
Alcune immagini relative agli esercizi che il software propone:
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IMPARA LE PAROLE
Il programma propone esercizi a difficoltà crescente con l’obiettivo di rinforzare e
stimolare la lettura. Il software, inoltre, attraverso un programma di gestione, offre la
possibilità di implementare il vocabolario fino a circa 250 parole con relative immagini e
suoni.
Gli esercizi che il software propone sono:
Alfabeto: completamento delle lettere in ordine alfabetico
Parole e immagini: associare parola e immagine
Completa la parola: scrivere le parole corrispondenti all’immagine.
Ricerca la parola: data un’immagine in bianco e nero, riconoscerla e scrivere il nome
corrispondente
Iniziali: data una immagine e tre parole che iniziano con la stessa lettera, individuare la
parola corrispondente alla figura.
Parole crociate: completare uno schema di parole crociate in base all’abbinamento
parola e immagine
Alcune immagini degli esercizi:
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GIOCA CON LE CIFRE
Il programma propone 9 esercizi relativi alle prime nozioni di matematica, in particolare
sul conteggio fino a 9. Gli esercizi previsti sono proposti con difficoltà crescente: partendo
dal rapporto quantità/numero fino a semplici operazioni.
Alcune immagini relative agli esercizi che il software propone:
73
IMPARA LA MATEMATICA
Il software intende favorire, tramite sei attività differenti, lo sviluppo delle prime abilità
matematiche attraverso una serie di attività pratiche
e divertenti, incentrate sul riconoscimento dei numeri e su operazioni di calcolo basate
esclusivamente sull’addizione.
Per ciascun esercizio sono previsti 3 livelli di difficoltà (facile, medio, difficile).
Gli esercizi previsti:
Quanti? Riconoscimento del numero corrispondente ad una quantità raffigurata.
Numeri mancanti. Completare una sequenza dei numeri
Piu` e meno. Semplici operazioni che prevedono il + e il – attraverso una
rappresentazione visiva.
Memory. Gioco del memory per ricerca di numeri uguali.
Che ore sono? Esercizi per imparare l’utilizzo dell’orologio a lancette e analogico.
Treno della matematica. Esercizi sulle operazioni + e –
Alcune immagini degli esercizi:
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POWER POINT
Programma autore del pacchetto Office di Windows.
Non si tratta di un software educativo e/o didattico, ma è uno strumento di lavoro per
produrre presentazioni.
La sua versatilità e gli strumenti che offre si prestano per creare semplici unità didattiche
soprattutto per una indagine dei requisiti necessari per l’individuazione di un software più
mirato. Attraverso questo strumento che già è presente su tutti i computer con sistema
operativo Windows, si possono creare semplici esercizi di causa effetto, di rinforzo degli
apprendimenti rispetto al riconoscimento di figure e presentazione di concetti e situazioni.
Per i soggetti autistici può essere utile proprio per approfondire in modo specifico gli
interessi del bambino/ragazzo e programmare esercizi specifici che possono, una volta
verificati, trovare efficacia con strumenti autore più appropriati.
In PowerPoint è possibile inserire immagini, foto, filmati, fare collegamenti con altri
programmi, testi, ecc…
Programma autore del pacchetto Office di Windows.
Una versione libera è inoltre presente nel pacchetto OpenOffice.
75
CLICKER4
Clicker 4 è un software aperto che permette di creare esercizi personalizzati attraverso
un sistema di progettazione che si avvale di tabelle e griglie. Si tratta di un programma
molto versatile che, attraverso una semplice programmazione permette di creare attività
didattiche e riabilitative avvalendosi di comandi, immagini, suoni, testo scritto, ecc…
E’ inoltre possibile costruire un vocabolario con immagini PCS (Picture Communication
Symbols) creando così una specie di comunicatore.
Clicker 4 è dotato di una libreria interna di immagini già pronte all'uso per la creazione
delle griglie. È anche possibile inserire nelle griglie qualunque altra immagine catturata con
lo scanner, o tratta da Internet o collezioni di immagini su Cd, etc.
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CARLO II
Carlo II è un editor di testi facilitato dotato di sintesi vocale che si propone di facilitare i
processi di scrittura per chi ha già acquisito il codice scritto, ma che per diversi motivi, ha
difficoltà nella lettura e/o nella scrittura manuale.
Il programma può essere personalizzato sia nelle modalità di uso ( tastiera normale o a
scansione), nella scelta della sintesi vocale, nella predizione e spelling di lettere/parole,
nella forma e dimensione dei caratteri, colori di sfondo, ecc.. Inoltre è prevista una gestione
dei quaderni e la possibilità di creazione e utilizzo di un vocabolario personalizzato.
Nel pacchetto è compreso il software di sintesi vocale TTS di Loquendo.
Inoltre, Carlo II è un valido strumento per l’autonomia; permette infatti di farsi leggere,
oltre ai documenti prodotti con l’editor , sia qualsiasi testo digitalizzato, sia testi presi da
internet (con un semplice copia/incolla) o testi contenuti in libri o sussidiari trasformati in
digitale attraverso lo scanner..
77
PER APPROFONDIRE
per conoscere le solu zioni esistenti:
www.handimatica.it L’indirizzo si riferisce al sito di una mostra-convegno nazionale sul
tema delle tecnologie e disabilità dove è possibile reperire tutti i riferimenti delle aziende
produttrici di ausili hardware e software (area espositori)
http://sd2.itd.ge.cnr.it
servizio di documentazione del software didattico dell'Istituto per le Tecnologie Didattiche
del CNR di Genova
(http://www.handitecno.it)
Sito di INDIRE su tecnologie e l’handicap
www.ivana.it
sito di sw libero per le scuole elementari
http://www.dienneti.it/index.htm
sito di programmatori che sviluppano sw libero. I programmi, spesso, non sono pensati
per soggetti con difficoltà ma, in alcuni casi, potrebbero essere utilizzati con buon profitto.
per saperne di più:
Peroni M. e Ciceri F. (2006). “Guida agli ausili informatici per il Ritardo Mentale”, Ed.
coop Anastasis. Con prefazione di A. Canevaro.
“Documentazione di percorsi educativi con soggetti autistici di uso delle tecnologie”
disponibili nel sito di ASPHI www.asphi.it – Area Documenti – novembre 2006
racconto di una esperienza di utilizzo di personal computer dal sito www.autismando.it
http://www.autismando.it/autsito/esperienze/esperienze.htm
78
Aziende distributori del software descritto, citato nel testo:
Cooperativa Anastasis www.anastasis.it
Helpicare www.helpicare.it
Easylabs www.easylabs.it
Auxilia www.auxilia.it
Leonardo Ausili www.leonardoausili.it
Note:
I Programmi Giochi di pensiero e La Casa della scienza di Sammy non sono più
distribuiti dal 2008 poiché non più funzionanti sui sistemi operativi Windows XP e
successivi.
Il programma 101 Esercizi Socrates è stato prodotto dalla Emme Interactive
79
PRESENTAZIONE ENTI
COINVOLTI NEL PROGETTO DI RICERCA
80
AMBULATORIO AUTISMO
Un centro di riferimento presso l’Ospedale Maggiore di Bologna
Progetti individualizzati per i piccoli autistici
Una diagnosi completa per stabilire una linea d’intervento efficace e per mettere in
evidenza i fattori neurologici associati o in causa. E’ questo l’obiettivo che si pone l’équipe
dell’Ambulatorio per l’Autismo e DPS
(Disturbi Pervasivi dello Sviluppo),
riorganizzato a partire da gennaio 2000 presso l’Unità Operativa di Neuropsichiatria
Infantile, guidata dal Dott. Giuseppe Gobbi, all’interno dell’Ospedale Maggiore di
Bologna, facente capo al Dipartimento di Neuroscienze.
Questo centro di riferimento di secondo livello in ambito regionale fornisce precise
indicazioni ai servizi territoriali, agli insegnanti e ai genitori su come affrontare i disturbi dello
sviluppo che rientrano nello spettro autistico.
Per realizzare una valutazione complessiva dei pazienti, viene seguito un protocollo di
approfondimenti medici accanto all’osservazione clinica neurocomportamentale.
Il percorso diagnostico è effettuato attraverso esami specifici (elettroencefalogrammi sia
in veglia sia nel sonno, screening neurometabolici, valutazioni genetiche e risonanze
magnetiche cerebrali) e con l’utilizzo di test e metodiche basate su un approccio cognitivocomportamentale. L’osservazione clinica prevede tre mezze giornate di impegno con test
specifici, il percorso riabilitativo viene invece affidato alla scuola, alla famiglia e agli
operatori del territorio a seguito di una specifica progettazione.
Infatti l’attività dell’ambulatorio prevede anche di fornire linee guida per progetti
riabilitativi individualizzati; il tutto viene accompagnato da una relazione scritta. Il progetto è
successivamente discusso con le famiglie e verificato periodicamente con gli operatori che
hanno in carico il bambino. Il centro mantiene rapporti continui con i pazienti e con chi li
segue, utilizzando video, contatti telefonici e e-mail, oltre alle visite e agli approfondimenti
medici, messi in atto parallelamente ai percorsi abilitativi.
L’équipe operativa fornisce ulteriori servizi, a livello di day hospital o ambulatoriale:
- consulenza farmacologia;
- impostazione e verifica periodica della progettazione riabilitativa, secondo un
approccio cognitivo-comportamentale (T.E.A.C.C.H., TED, PECS, DIR), in
collaborazione con la famiglie e la scuola, allo scopo di sostenere lo sviluppo della
massima autonomia possibile per il soggetto affetto da autismo, favorire la routine
quotidiana dei suoi familiari e sostenere l’integrazione scolastica;
81
-
consulenza familiare;
supervisione e formazione di operatori sanitari, scolastici sui temi legati all’autismo.
I ripetuti controlli hanno permesso di raccogliere dati con cui verificare l’utilità degli
strumenti diagnostici e valutare l’andamento riabilitativo. A distanza di 10 mesi dalla prima
visita, le scale (CAR, PER-R) con cui viene effettuato un follow up su ciascun paziente
hanno mostrato miglioramenti in tutte le aree esplorate. Gli esiti degli accertamenti medici
sono messi a confronto con le impressioni dell’équipe, degli insegnanti, dei genitori e degli
operatori e offrono ulteriori dati in merito alla traiettoria di sviluppo.
I tempi di valutazione sono lunghi, ma solo in questo modo è possibile incrociare tutte le
informazioni raccolte. Le metodologie seguite nell’ambulatorio dell’Ospedale Maggiore sono
entrate a far parte delle linee guida, stabilite a livello regionale, su autismo e DPS.
L’impegno dell’équipe che lavora nell’Ambulatorio per l’Autismo ha fatto sì che in questi
sei anni tale servizio sia diventato un centro all’avanguardia sia a livello nazionale che
internazionale per quanto riguarda l’osservazione clinica, la diagnosi eziologica e la
formazione. Al momento manca la possibilità di seguire direttamente anche l’aspetto
82
abilitativo, affidato ai servizi territoriali, mentre non viene trascurato l’ambito della ricerca
scientifica, con particolare attenzione alle origini neurobiologiche dell’autismo. A questo
proposito, l’ipotesi oggi più accreditata, alla luce degli studi più recenti, è quella di un’origine
organico-genetica. Seguendo quest’indirizzo di studio, è in corso nell’Unità Operativa di
Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Maggiore, una ricerca sul cromosoma 15, svolta in
collaborazione con Giovanni Neri, dell’Istituto di Genetica dell’Ospedale Gemelli di Roma,
uno studio sui Disturbi gastrointestinali, in collaborazione con Dott.ssa Anna Nanetti del
Laboratorio di batteriologia dell’Ospedale Sant’Orsola e uno studio sulla presenza di
celiachia con l’èquipe pediatrica dell’Ospedale Maggiore.
Per saperne di più
Negli anni dal 2000 al 2004 sono stati visitati, con valutazioni cliniche e un protocollo di
esami medici, 255 bambini con affluenza sia regionale che extra regionale (60% vs.40%),
ed in particolare, in quest’ultimo caso, dalle Regioni Veneto, Toscana, Lombardia.
Il bambino viene seguito in forma ambulatoriale, tramite Day Hospital (sotto il
coordinamento dell’infermiera Monica Zanasi) o in Ricovero ordinario, con netta prevalenza
dei primi due regimi.
Per ogni singolo paziente sono state effettuate da 3 a 10 prestazioni nel corso dell’anno
(incluse prime visite, follow up, incontri con genitori, operatori e insegnanti). Il tempo per
ogni prestazione varia da un minimo di un’ora e mezza a un massimo di tre ore e mezza.
I tempi di attesa, vista la durata di ciascuna prestazione (non meno di un’ora e mezza) e
l’affluenza sia provinciale che nazionale sono purtroppo lunghi (intorno ai 6 mesi), anche in
considerazione del ristretto numero di personale presente
E’ responsabile dell’Ambulatorio per l’Autismo e DPS dell’Ospedale Maggiore di Bologna
la Dott.ssa Paola Visconti, Neuropsichiatria Infantile
Collabora con la dott.ssa Visconti, ormai da molti anni, la Dott.ssa Roberta Truzzi,
psicologa dell’età evolutiva ed esperta in valutazioni comportamentali e parent training. .
L’ambulatorio è sede di stage e tirocini pratico-teorici, essendoci una convenzione con
la Facoltà di Scienze della Formazione (Prof. Andrea Canevaro) e al tempo stesso per la
presenza di psicologi in formazione da varie parti d’Italia.
La Responsabile collabora stabilmente con il gruppo di esperti regionali, dove sono state
elaborate linee-guida regionali su Autismo e DPS e fa parte di una Commissione Tecnica
Regionale per il “Programma Regionale integrato di Assistenza ai Disturbi dello Spettro
Autistico”; è inoltre supervisore-coordinatore di un progetto per l’elaborazione di un sito
regionale sui Disturbi Autistici su mandato dell’Assessorato alle Politiche Sociali
(www.specialeautismo.it).
I dati emersi dai risultati dei vari esami medici e dalle valutazioni neurocomportamentali
dei numerosi pazienti affluiti all’ambulatorio, oltre ad aggiornamenti up to date sulle nuove
metodologie di valutazione e di riabilitazione sono stati oggetto di numerose presentazioni a
vari convegni, seminari e corsi in varie zone di Italia e all’estero.
83
FONDAZIONE ASPHI ONLUS
Fondazione ASPHI onlus è una organizzazione non lucrativa di Aziende ed Enti con la
"Missione" di:
"Promuovere l'integrazione delle persone disabili nella scuola, nel lavoro, e nella
società attraverso l'uso della tecnologia ICT".
ASPHI svolge diverse attività con l’obiettivo primario di migliorare la qualità della vita
della persona disabile attraverso l’impiego di tecnologia, ma anche con l’obiettivo di
trasferire le proprie conoscenze e competenze affinché i risultati ottenuti in tutti questi anni
di lavoro possano avere una ricaduta più ampia e possano fornire una sempre maggiore
risposta ai bisogni. I campi applicativi si rivolgono al mondo del lavoro, della scuola e della
riabilitazione. Sono oggetto di potenziale attività tutte le disabilità.
ASPHI opera in sinergia con enti pubblici e privati, con persone singole, con istituti di
ricerca. In tutte le sue iniziative cerca di coniugare le competenze specifiche dell’area di
intervento con le sue competenze tecnologiche, mettendo a disposizione personale
qualificato sul tema dell’integrazione.
Le attività che ASPHI svolge possono essere suddivise in due ambiti: PROGETTI e
SERVIZI
I progetti riguardano:
•
•
•
•
disseminazione della conoscenza e di metodologie di intervento;
sperimentazione di prototipi o modalità operative per definire buone prassi di
intervento;
ricerca applicata di soluzioni per aree di intervento non ancora esplorate;
trasferibilità delle competenze e delle metodologie di lavoro per creare nuovi centri
servizi, affinché le persone disabili possano soddisfare le proprie esigenze nel
territorio in cui vivono.
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I servizi riguardano attività dirette che vedono coinvolte le competenze messe a
disposizione di singoli, gruppi o progetti.
•
•
•
•
•
•
Servizi rivolti alla persona attraverso attività di informazione, consulenza e supporto
Esami per la patente ECDL
Formazione
Servizi rivolti alle aziende per favorire la piena integrazione e la produttività delle
persone disabili
Servizi rivolti ad enti pubblici e privati per favorire l’accessibilità dei siti web per le
persone disabili
Servizi rivolti alla diffusione delle iniziative e dei prodotti esistenti
Per conoscere progetti, servizi e iniziative: www.asphi.it
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