Scuola di Alta Formazione Luigi Martino Master in difesa tributaria e assistenza al contribuente Principio della motivazione nell’atto amministrativo (con riferimento agli artt. 97 e 24 della Costituzione) Paolo Brecciaroli V Presidente di Sezione Commissione Tributaria Provinciale di Milano Milano, 13 dicembre 2013 1 Premessa LE FONTI DEL DIRITTO IN GENERALE E LE RELAZIONI TRA ESSE Le fonti del diritto sono tutti quei fatti (meri accadimenti o situazioni obiettive) ed atti (apposite manifestazioni di volontà di determinati soggetti ed organi) giuridici cui l’ordinamento giuridico riconosce l’idoneità a porre in essere, modificare o abrogare norme giuridiche. Esse si pongono fra loro in relazioni in base a precise regole che definiscono i rapporti tra le fonti stabiliti secondo tre criteri: 1) criterio cronologico: quando si tratti di fonti confliggenti dello stesso tipo, la norma precedente prevale su quella successiva secondo il principio “lex posterior derogat legi priori”; 2) criterio gerarchico: in caso di norme configgenti, le norme di rango superiore prevalgono su quelle di rango inferiore; 3) criterio di competenza: fa riferimento alla competenza fondata sull’ambito territoriale o sulla diversità di oggetti regolabili. Per la disciplina di una particolare materia ci può essere anche una preferenza della Costituzione verso una fonte anziché un’altra. Nell’Ordinamento italiano la regolamentazione delle fonti, è disposta sia dalla Costituzione che da norme contenuta in leggi ordinarie ivi comprese “le disposizioni preliminari del Codice Civile”. 2 QUADRO DI CLASSIFICAZIONE DELLE FONTI NELL’ORDINAMENTO ITALIANO Le fonti nell’ordinamento italiano possono così classificarsi 1. fonti superprimarie o di rango costituzionale: la Costituzione e le leggi formalmente costituzionali (fra le quali: gli statuti delle Regioni ad autonomia speciale); 2. fonti primarie: norme comunitarie; le leggi. formali (che sono le norme giuridiche statali per antonomasia: da cui il frequente uso dell'espressione legge, assunta nel senso puramente materiale di norma) e gli atti equiparati del Potere Esecutivo, come i decreti-legislativi (ora rappresentati dalle sole leggidelegate) e le ordinanze di necessità (tra cui: i decreti-leggi); le leggi regionali e gli atti equiparati dei "Governi regionali, nonché le leggi provinciali della Regione Trentino-Alto Adige (nelle materie di rispettiva competenza e, di regola, sempre nei limiti segnati dai «principi fondamentali delle leggi ordinarie »), gli statuti delle Regioni ordinarie; e, con contenuto puramente negativo, il referendum abrogativo delle leggi formali; 3. fonti secondarie: i regolamenti statali (validi solo se conformi alle leggi e distribuiti secondo una scala d efficacia in relazione alla gerarchia degli organi che li emanano, avendo, quindi, al vertice quelli presidenziali); gli statuti ed i regolamenti di tutti gli altri soggetti dotati di autonomia (le cui norme, se devono uniformarsi ai regolamenti di esecuzioni di leggi statali, d'altro lato, nelle materie conferite alla potestà normativa dei soggetti stessi, non possono venir comunque limitati dai regolamenti indipendenti dello Stato); i contratti collettivi di lavoro (valevoli per tutti gli appartenenti alle categorie interessate, se emanati secondo le modalità previste dall'art. 39 Cost.). Al primo gradino della gerarchia delle fonti, sono posti i “principi fondamentali” della Costituzione (si tratta dei primi 12 articoli che costituiscono le basi essenziali della Costituzione) ai quali si ispira l’ordinamento italiano cui costituiscono la struttura organizzativa. Tutte le norme di diritto debbono conformarsi ai principi in essa contenuti. “Il parlamento può modificare la Costituzione, seguendo le procedure stabilite (art. 138), … purchè non intacchi quei “ principi supremi” (tra cui il nucleo essenziale dei diritti inviolabili delle persone) che si ritengono sottratti allo stesso potere di revisione della Costituzione” (ONIDA). 3 LE NORME DELL’UNIONE EUROPEA Le norme comunitarie prevalgono su quelle interne e vanno collocate nella gerarchia delle fonti dopo la Costituzione e sovraordinate alla legge ordinaria. Ciò discende dalla previsione normativa dell’art. 11 Costituzione che la rende permeabile ai poteri sopranazionali, in cui si afferma che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni” e “Promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Tale norma, che rende permeabile la Costituzione ai poteri sovramìnazionali, finalizzata all’ingresso dell’Italia all’ONU (1955), ha anche avuto la funzione di legittimare costituzionalmente le limitazioni alla sovranità dello Stato italiano conseguenti all’adesione alle Comunità e poi all’Unione Europea. La limitazione è consistita nell’attribuire – nei confronti dei cittadini negli ambiti previsti dai trattati – ad Istituzioni sopranazionali (organi delle comunità europee) compiti e poteri con efficacia superiore a quella espressa dalle istituzioni nazionali, cosicché le leggi italiane non possono operare in contrasto con le leggi comunitarie che giudici ed amministrazioni debbono rispettare e fare rispettare. 4 LA COSTITUZIONE La Costituzione italiana è una Costituzione votata 8e cioè adottata volontariamente e liberamente dal popolo, attraverso l’assemblea costituente); rigida (nel senso che è modificabile solo seguendo procedure stabilite – cfr. art 138 Costituzione); lunga (oltre alle norme sull’organizzazione statle, statuisce anche i principi fondamentali dello Stato ed i diritti fondamentali dei cittadini); scritta (è consacrata in un documento formale). La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato. Produce precisi effetti normativi: a) l’intrerpretazione di altre norme viene vincolata ai significati più vicini al suo contenuto programmatico e di principi; b) la normazione statale e regionale è vincolata ad ispirarsi ai suoi principi; c) le disposizioni in contrasto con i suoi contenuti vengono dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale. 5 PRINCIPI COSTITUZIONALE IN MATERIA AMMINISTRATIVA - La Costituzione contiene importanti principi in materia amministrativa che è opportuno richiamare: principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.); principio della riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici (art. 97 Cost.) principio del diritto alla tutela giurisdizionale nei confronti dell’azione amministrativa (art. 24 e 103, comma 1 Cost.); principio del decentramento amministrativo (art. 5 Cost.); principio della tutela delle autonomie locali (artt. 5 e 128 Cost.); principio del libero accesso dei cittadini ai pubblici impieghi per concorso (artt. 51 e 97, ultimo comma Cost.); principio della riserva di legge per l’imposizione di prestazioni coattive (art. 23 Cost.); principio della espropriabilità della proprietà privata ai fini di pubblica utilità e indennizzo (artt. 42, terzo comma e 43 Cost.); principio dell’obbligo di tutti a concorrere alle spese pubbliche (art. 53 Cost.); principio della programmazione economica (art. 41, terzo comma Cost.); principio della indipendenza dei giudici amministrativi (art. 100 Cost.). (V. 379) 6 LA RISERVA DI LEGGE La riserva di legge è una limitazione della potestà normativa operata dalla Costituzione a favore del legislatore. Può essere assoluta, quando al legislatore si affida di disciplinare la materia in modo sostanzialmente completo. La riserva è relativa, quando la Costituzione affida al legislatore la disciplina della materia nel suo aspetto fondamentale lasciando spazio ai regolamenti ed alla discrezionalità dei pubblici poteri. La distinzione tra i due tipi di usura è affidata al diverso modo di indicazione: si usa l’espressione “nei casi e modi previsti dalla legge” per le riserve assolute e l’espressione meno pregnante “in base alla legge” per le riserve relative. 7 LE FONTI DI ORIGINE COMUNITARIA In base all’art. 11 della Costituzione ed ai trattati dell’Unione Europea “L’Italia … consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni” anche gli organi comunitari sono abilitati ad emanare “atti” quali manifestazioni del potere normativo. L’art. 189 (ora 249) del trattato CE, prevede che gli organi comunitari siano abilitati ad emanare atti con carattere vincolante, quali: a) regolamenti; b) direttive; c) decisioni. Ed altri atti senza potere vincolante, quali d) raccomandazioni e pareri. 8 Norme comunitarie con carattere vincolante -aRegolamenti: sono atti di normazione derivata comunitaria che hanno portata generale e che sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri. -bDirettive: sono atti che vincolano lo Stato membro cui sono riferite per il risultato da raggiungere, mentre quanto alla forma ed ai mezzi, la competenza resta degli organi nazionali che possono recepirla utilizzando una legge, un regolamento o un atto amministrativo. Il mancato o incompleto recepimento delle direttive alla scadenza del termine di attuazione assegnato al singolo Stato, comporta a carico dello Stato un obbligo di risarcimento, come è stato più volte statuito dalla Corte di Giustizia. -cDecisioni: sono obbligatorie per i destinatari in tutti i loro elementi: secondo una giurisprudenza della Corte di Giustizia anche le pronunce della Corte di Giustizia costituirebbero fonte normativa direttamente applicabile. Atti comunitari non vincolanti -dRaccomandazioni e pareri. Le raccomandazioni, sono atti che costituiscono esortazioni dirette ai singoli Stati membri senza portata obbligatoria rispetto alle direttive; i pareri sono – invece – da considerare sostanziali opinioni su determinate questioni. 9 ATTI AMMINISTRATIVI L’atto amministrativo, è un atto che promana da un’autorità amministrativa (aspetto formale) nell’esercizio di una funzione amministrativa (aspetto sostanziale). Sono indirizzati a soggetti determinati o determinabili e sono in grado di apportare una modificazione unilaterale nella sfera giuridica degli stessi. CARATTERI DELL’ATTO AMMINISTRATIVO Gli atti amministrativi impongono unilateralmente modificazioni nella sfera giuridica dei destinatari (autotorietà o imperatività) e sono dotati di una particolare efficacia, la esecutorietà, che consente di dare immediata e diretta esecuzione nei confronti del soggetto destinatario di provvedimento sfavorevole senza previa pronuncia giurisdizionale. Altri caratteri dell’atto amministrativo sono: la tipicità con riferimento ad atti previsti dall’Ordinamento (l’autorizzazione e similari quali l’abilitazione, l’approvazione, il nulla-osta, le licenze, le registrazioni, le dispense; le concessioni ed atti similari quali la delega, la ammissione (es. conferimento di cittadinanza); le concessioni edilizie; gli ordini (es. ordine pubblico); gli atti ablativi reali (provvedimenti che privano il titolare di un determinato diritto reale); provvedimenti di secondo grado (ad es. provvedimenti che decidono controversie amministrative)); la nominatività, a ciascun interesse pubblico da realizzare è preordinato un tipo di atto perfettamente definito. 10 LA DELEGA E LA CONCESSIONE Con la delega, l’autorità amministrativa attribuisce, nei casi previsti dalla legge, ad altri potestà o facoltà inerenti a diritti suoi propri (es. delega di poteri). Con tale atto l’amministrazione conferisce ad un soggetto diverso da essa la facoltà di esercitare un potere suo proprio. La delega non va confusa con la concessione traslativa poiché con tale istituto l’amministrazione si spoglia di certi poteri trasferendoli al concessionario, diversamente da quanto avviene con la delega in cui l’autorità delegante non si priva dei propri poteri in ordine all’attività delegata, ma demanda al delegato soltanto l’esercizio dei poteri stessi conservando il potere di esercitare l’attività stessa. (v. pag. 179, sulla delega) (v. anche “GERARCHIA”) L’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE ED I PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA L’art. 97 della Costituzione, comma 1, statuisce “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Tale articolo detta i principi fondamentali che devono ispirare sia il legislatore che la pubblica amministrazione nella gestione delle strutture organizzatorie e che si possono sintetizzare come segue. 11 PRINCIPIO DI LEGALITA’ Stabilisce i rapporti tra “legge” ed “attività amministrativa” nel senso che deve esserci corrispondenza tra “attività amministrativa” e “prescrizione di legge”. In buona sostanza è conforme a legge ogni atto: che, non si ponga in contrasto con la legge; che è conforme alla legge; che sia positivamente fondato sulla legge; che abbia forma e contenuto sostanzialmente predeterminati dalla legge. In buona sostanza il legislatore deve disciplinare compiutamente i pubblici poteri. Il principio è ribadito dal disposto degli artt. 24 e 13 della Costituzione che sanciscono il controllo del Giudice sull’attività della pubblica amministrazione e quindi la non esercitabilità di tale attività in contrasto con la legge e ribadito dall’art. 101 della Costituzione che stabilisce che “la giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. Il giudice, in buona sostanza, non potrà, nel suo esercizio, decidere una controversia applicando un diritto oggettivo diverso da quello legislativo e quindi potrà dare applicazione a norme amministrative solo se conformi alla legge. Da ciò discende che le norme riguardanti l’organizzazione amministrativa sono previste dalla legge e non dal potere amministrativo. 12 PRINCIPIO DI IMPARZIALITA’ - - Il principio di imparzialità deve essere il criterio – guida della Pubblica Amministrazione nella sua completezza. Deve intendersi nel senso che il responsabile del procedimento nell’espletamento delle proprie funzioni deve far prevalere l’interesse pubblico solo a conclusione di un’attenta ed oggettiva valutazione delle posizioni e delle ragioni di chi si trova in conflitto con la Pubblica Amministrazione. In particolare, il principio comporta: che tutti i soggetti siano ammessi ad usufruire dei pubblici servizi; che sia bandito qualsiasi favoritismo e siano considerati illegittimi quegli atti amministrativi emanati senza valutazione di tutti gli interessi esistenti; che i funzionari si astengano dal partecipare a quegli atti in cui abbiamo interesse direttamente o per interposta persona; che i cittadini possano ricusare il funzionario portatore di interessi personali sulle questioni su cui deve decidere; che i concorsi e le gare pubbliche siano impostati su criteri tecnici e di imparzialità delle commissioni giudicatrici; che l’amministrazione assicuri l’imparzialità attraverso la pubblicità degli atti, la loro motivazione, il rispetto dei criteri fissati, la previa determinazione dei criteri di massima per l’attribuzione di sussidi ed altre erogazioni; che vengano identificati e valutati tutti gli interessi coinvolti; che sia bandita la discriminazione arbitraria; che tuteli equamente gli interessi pubblici e privati in gioco evitando sacrifici non imposti dall’interesse pubblico; che rivesta posizioni neutrali, di terzietà, di arbitro rispetto ad interessi configgenti da regolare e comporre senza condizionamenti politici. 13 PRINCIPIO DI BUONA AMMINISTRAZIONE Il principio di buona amministrazione trova rispondenza nell’art. 13 del T.U. degli impiegati civili dello Stato (DPR3/57) che recita: “l’impiegato deve prestare tutta la sua opera nel disimpegno delle sue mansioni che le sono affidate curando in conformità delle legge con diligenza nel miglior modo, l’interesse dell’amministrazione per il pubblico bene”. Il principio di buona amministrazione si articola su criteri di efficacia e di economicità. Il criterio di economicità, mutuato dalla logica imprenditoriale, impone alla Pubblica Amministrazione di conseguire l’ottimizzazione dei risultati in relazione ai mezzi a disposizione. Il criterio di efficacia impone l’idoneità dell’azione amministrativa a perseguire gli obbiettivi legislativamente enucleati in tema degli interessi pubblici. Il tutto secondo logiche di produttività imprenditoriale. Tale principio oltre ad economicità ed efficacia prevede anche il miglior contemperamento degli interessi nonchè il minor danno per i destinatari dell’azione amministrativa. Con la legge 241/90 i predetti criteri assumono la veste di precetti dell’Ordinamento generale attinenti alla legittimità dell’operato di Pubblici poteri che comporta in caso di loro violazione la deducibilità in sede giurisdizionale amministrativa del vizio di violazione di legge o il vizio di eccesso di potere. 14 PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA Il principio di ragionevolezza comporta che la P.A. deve adeguarsi a canoni di razionalità operativa. Ciò significa che i provvedimenti amministrativi devono basarsi sul principio della logica, della proporzionalità, della adeguatezza. In buona sostanza devono essere immuni da censure sul piano della logica, aderenti ai dati di fatto ed interessi emersi nel corso dell’istruttoria, coerenti con le premesse fissate dalla P.A., esenti da ingiustificata disparità di trattamento (ciò avviene quando la P.A. si comporti in maniera diversa dinanzi a situazioni analoghe) nonché esenti da contraddittorietà della motivazione. La violazione del principio di ragionevolezza comporta un vizio di eccesso di potere. 15 PRINCIPIO DI TRASPARENZA EX LEGGE 7.8.1990, N. 241 Il principio di trasparenza dell’azione amministrativa comporta l’immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l’operato della P.A. onde garantirne e favorirne lo svolgimento imparziale. Inoltre secondo la previsione dalla L. 241/90 costituiscono ulteriori articolazioni del principio di trasparenza: l’obbligatorietà della motivazione del provvedimento amministrativo (art. 3, L. 241/90) che consente al privato di controllare la correttezza dell’operato della P.A.; il principio del giusto provvedimento (art. 7, L. 241/90) che consiste ai privati di partecipare attivamente al procedimento amministrativo. In tal modo il privato può controllare dall’interno lo sviluppo dell’azione della P.A.. Il principio di trasparenza trova concreta applicazione nell’12, c. 1, Dlgs 29/93 che al fine di garantire la piena attuazione della legge 241/90 individua, gli uffici per le relazioni con il pubblico che svolgono le seguenti attività: • servizi all’utenza per i diritti di partecipazione di cui al Capo III della legge 7 agosto1990,n.241; • informazioni all'utenza: - sugli atti amministrativi; - sui responsabili; - sullo svolgimento; - sui tempi di conclusione dei procedimenti nonché sulle modalità di erogazione dei servizi; • ricerca ed analisi finalizzate alla conoscenza dei bisogni e proposte per il miglioramento dei rapporti con l’utenza; • promozione e realizzazione di iniziative di comunicazione di pubblica utilità per assicurare la conoscenza di normative, strutture pubbliche e servizi erogati e l’informazione sui diritti dell’utenza nei rapporti con le amministrazioni. L’art. 2 della L. 241/90 sancisce, inoltre, l’obbligo della P.A. di concludere il procedimento con un provvedimento esplicito nel termine stabilito dalla P.A. per ogni tipo di procedimento. In mancanza di tale determinazione, entro 30 giorni dall’inizio d’ufficio del procedimento. Il termine di 30 giorni, decorso inutilmente, alla luce dell’art. 328 c.p. integra il reato di omissione di atti d’ufficio. 16 DISCREZIONALITA’ AMMINISTRATIVA I limiti all’attività amministrativa possono essere fissati in modo ben determinato oppure con criteri di elasticità. Tale diversa caratteristica conseguono alla presenza di riserve di legge assolute o relative. Nel primo caso, l’attività dell’amministrazione si dice vincolata; nel secondo caso, si è in presenza di attività dell’amministrazione detta discrezionale. La maggiore o minore libertà riconosciuta alla P.A. nell’espletamento della propria attività riflette la finalità di lasciare alla P.A. un margine di autonomia decisionale nella scelta della soluzione migliore da decidere caso per caso. Costituiscono limiti sull’attività discrezionale: a) l’interesse pubblico, che non è l’interesse della P.A. ne la somma degli interessi individuali. Si tratta di interesse concreto, obiettivo, collettivo; b) la causa del potere, e cioè il fine specifico, causa, per cui il potere è stato conferito; c) i principi di logica e imparzialità che accanto al principio di legalità debbono sempre sorreggere l’attività amministrativa; d) principio dell’esatta e completa informazione. La violazione dei limiti della discrezionalità dà luogo a quel particolare vizio dell’atto amministrativo che è l’ “eccesso di potere”. Diversa dalla discrezionalità amministrativa è la “discrezionalità tecnica” che consiste in un potere di valutazione di carattere tecnico, basato su conoscenze scientifiche. 17 DIRITTI SOGGETTIVI Il diritto soggettivo consiste nella posizione giuridica soggettiva di vantaggio che l’ordinamento giuridico conferisce ad un soggetto cui vengono riconosciute determinate utilità nonché la relativa tutela degli interessi afferenti al bene su cui si esercita il diritto soggettivo. La tutela dei diritti soggettivi è generalmente rimessa al giudice ordinario. La competenza del giudice amministrativo ricorre solo in casi tassativamente previsti. INTERESSI LEGITTIMI La definizione di interesse legittimo, anche se di esso si occupa la Costituzione negli artt. 24, 103, 113, è operata dalla dottrina che sul punto non è del tutto concorde. Si ritiene comunque, quale maggiormente accreditata, che possa essere adottata la definizione che si è mossa nella direzione maggiormente condivisa in base a tale orientamento della dottrina. L’interesse legittimo va individuato nell’interesse alla legittimità del comportamento dell’amministrazione. Il diritto consiste nella pretesa del singolo alla legittimità dell’atto amministrativo oppure ad un corretto esercizio del potere da parte della P.A. Questa definizione trova la sua fonte nel principio di legalità che impone alla P.A. il divieto di porre in essere provvedimenti illegittimi. In buona sostanza l’interesse legittimo è l’interesse alla legittimità dell’azione amministrativa, interesse che può essere tutelato solo in sede di giurisdizione amministrativa. 18 La risarcibilità del danno da lesione degli interessi legittimi Recentemente, la giurisprudenza, invertendo la rotta, ha riconosciuto la risarcibilità degli interessi legittimi qualora l’attività illegittima della P.A. determini la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si ricollega e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’Ordinamento. In sostanza, stabilisce la Suprema Corte con la sentenza 500/99, per ottenere il risarcimento è necessario che la lesione dell’interesse legittimo riguardi l’interesse ad un bene della vita meritevole di tutela alla luce dell’Ordinamento positivo. La legge 21.7.2000 n. 205, art. 7 conferma, positivandolo, il principio esposto prevedendo la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione a tutte le controversie risarcitorie nell’ambito della sua giurisdizione sia esclusiva che di legittimità. Ciò implica l’implicita presa di posizione a favore della risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi posto che il giudice amministrativo non può che conoscere di giudizi di interessi legittimi 19 STRUTTURA FORMALE DELL’ATTO AMMINISTRATIVO - - La struttura formale dell’atto amministrativo prevede: intestazione: si tratta dell’indicazione dell’Autorità che ha emanato l’atto; preambolo: dove sono indicate le norme di legge in base alle quali l’atto stesso è stato adottato; motivazione: articolata in una parte descrittiva nella quale la P.A. descrive gli interessi coinvolti; una parte valutativa in cui la P.A. esprime una valutazione in base alle quale motiva la scelta di interessi; dispositivo: è la parte precettiva dell’atto; luogo: è il luogo in cui è stato emanato; data: è la data di emissione del provvedimento; sottoscrizione: è la firma dell’Autorità che emana l’atto o di quella delegata. 20 La motivazione La legge 241/90 ha profondamente innovato in materia di motivazione. L’articolo 3, in aderenza al principio di trasparenza e di effettività della tutela giurisdizionale del privato, ha statuito che ogni provvedimento amministrativo debba essere motivato. La Corte Costituzionale con sentenza 15.7.1994, n. 311, ha affermato la generalità di tale principio estendendone l’operatività ai procedimenti disciplinati dalla legge anteriore. La motivazione, come prevede l’art. 3, deve indicare i presupposti di fatto e cioè gli elementi e i dati di fatto oggetto di valutazione da parte della P.A.. Deve indicare le ragioni giuridiche e cioè le argomentazioni giuridiche e i ragionamenti di supporto al provvedimento. Motivazione per relationem. Si tratta di una motivazione che non risulta direttamente dal provvedimento ma dagli atti precedentemente compiuti nel corso dell’iter procedimentale. Tale atto deve essere espressamente indicato e reso disponibile. L’atto amministrativo deve indicare il termine per impugnazione e l’Autorità alla quale ricorrere. L’omissione di tale indicazione non determina l’illegittimità dell’atto ma può dar vita ad un ricorso per remissione in termini qualora vi sia un errore scusabile. La mancata indicazione della motivazione determina il “vizio per violazione di legge”. Sono invece da reputarsi affetti dal vizio di eccesso di potere quegli atti che presentano carenze nella motivazione per illogicità, contrarietà della motivazione e altro di simile. La giurisprudenza, sul difetto di motivazione ha assunto un orientamento conservativo per cui l’ipotesi di annullamento ricorre solo nei casi di impossibilità di definire il merito della controversia. Si esclude l’annullamento dell’atto nei casi in cui in qualche modo sia possibile ricostruire l’iter logico seguito dall’amministrazione in sede di decisone. Tale orientamento della giurisprudenza sembra tuttavia collidere con la ratio e la lettera dell’art. 3 tendente a sancire l’obbligo formale di motivazione indispensabile per l’esistenza di un provvedimento legittimo. Di fatto svilisce la portata innovativa della L. 241/90. 21 Elementi accidentali dall’atto amministrativo Sono elementi accidentali dell’atto amministrativo: - il termine che può essere iniziale o finale; - la condizione, diretta a subordinare l’inizio o la cessazione di un atto al verificarsi di un evento futuro ed incerto; - l’onere, che può essere apposto alle autorizzazioni, concessioni e comunque a quegli atti che determinano un ampliamento della sfera dei diritti dei destinatari; - le riserve e cioè atti con cui la P.A. si riserva di adottare provvedimenti. 22 RAPPORTI GERARCHICI La gerarchia si sostanzia nella subordinazione di un organo, gerarchicamente inferiore, rispetto ad altro organo, gerarchicamente superiore. Si manifesta con un potere di supremazia che viene riconosciuto al secondo sul primo organo. L’organo gerarchicamente superiore è investito, nei confronti dell’organo inferiore, di una serie di poteri: - posizione di supremazia generale rispetto all’organo subordinato; - potere di direzione dell’attività dell’organo inferiore, che si esercita con l’emanazione di circolari o istruzioni o direttive; - potere di delegare all’organo inferiore l’esercizio di propri poteri, nei casi consentiti dalla legge; - potere di risolvere i conflitti di competenza tra organi gerarchicamente inferiori; - potere di vigilanza, che importa un controllo sull’attività dell’inferiore mediante ispezioni o inchieste; - potere di sostituzione, cioè di agire in luogo dell’inferiore, quando questi ometta di prendere provvedimenti che è obbligato ad adottare; - potere di avocazione, di assumere un compito spettante all’inferiore; - potere annullamento d’ufficio, nei confronti di atti illegittimi dell’inferiore; - potere di riforma, su atti che, pur conformi a legge, si palesino inopportuni; - potere di decisione dei ricorsi gerarchici. La gerarchia in senso stretto è in fase recessiva, permanendo solo nelle amministrazioni militari. Attualmente si registra una progressiva sostituzione del modello della gerarchia con quello della direzione in cui l’organo sovra ordinato non impartisce ordini, ma direttive, indica cioè gli obiettivi da raggiungere lasciando libertà di azione all’organo sottostante sulle modalità di perseguimento degli obiettivi stessi. 23 IL TRASFERIMENTO DELL’EESERCIZIO DELLA COMPETENZA Le attribuzioni e le competenze sono fissate dal legislatore. In buona sostanza la competenza amministrativa è inderogabile. Tuttavia, nei casi previsti dalla legge, si determina lo spostamento dell’esercizio della competenza pur non operandosi un trasferimento della titolarità della competenza. Ciò s verifica attraverso gli istituti di: a) la delega del potere, da parte dell’organo titolare, od altro organo amministrativo. Ciò non comporta un trasferimento ……………… dal delegante al delegato in ordine all’atto oggetto delega, ma solo una competenza derivata sempre oggetto di revoca da parte dell’organo superiore; b) l’avocazione da parte dell’organo giuridicamente superiore (avocante), dell’atto di competenza dell’organo inferiore (avocato). L’avocazione comporta che vi sia un rapporto di gerarchia e che l’atto non sia rimesso alla competenza esclusiva dell’organo inferiore. Quanto all’affare viene avocato, l’organo inferiore non può più esercitare la propria competenza. c) la sostituzione, quando a causa di inerzia dell’organo gerarchicamente inferiore, l’organo superiore si sostituisce ad esso per eseguire un atto vincolato. 24 LA DELEGA DEI POTERI La delega dei poteri è un atto amministrativo organizzatorio per effetto del quale nei casi espressamente previsti dalla legge un organo o un ente investito in via originaria della competenza a provvedere in una determinata materia, conferisce ad un altro organo o ad un altro ente, autoritativamente ed unilateralmente, una competenza di tipo derivata in quella stessa materia (QUARANTA). Dalla definizione si ricavano questi principi generali sulla delega: - è ammissibile solo se espressamente prevista dalla legge. Si tratta di una deroga alla competenza non inclusa nel potere gerarchico; deve essere prevista esplicitamente o implicitamente dalla norma attributiva della competenza (v. Corte Costituzione, sez. enti locali 2.4.93 n.2); - deve sempre essere conferita per iscritto (per via del carattere derogatorio – artt. 9 e 10 L. 400/88) Effetti Con la delega si trasferisce dal delegante al delegato, non già la titolarità del potere ma solo l’esercizio dello stesso. Il delegato, quindi, viene a trovarsi nella stessa posizione del delegante nell’esercizio del potere che il delegato esercita in nome proprio e ne è direttamente responsabile. La delega quindi è un atto amministrativo: - organizzatoria; discrezionale, essendo rimessa alla facoltà del delegante; essenzialmente temporanea, non essendo possibile delega permanente; ampliativa, della sfera giuridico del delegato. Tipi di delega: delega interorganica, quando avviene da un organo ad altro organo della stessa amministrazione; delega intersoggettiva, quando avviene tra soggetti diversi. Sulla possibilità di impugnare davanti al delegante l’atto posto in essere del delegato, la questione è controversa. Una Commissione del D.d.S. (parere 12.7.1999) si è dichiarata favorevole. Validità degli atti del delegato per vizio di delega La validità esiste per i soli atti che producono effetti favorevoli nei confronti dei terzi. Non lo è, per gli effetti sfavorevoli (così decide la giurisprudenza). Poteri del delegante nei confronti del delegato: - potere di impartire direttive; - il potere di sostituzione in caso di inerzia; - il potere di annullamento mediante autotutela degli atti eventualmente illegittimi effettuati dal delegato. - L’autorità delegato acquista una legittimazione esclusiva solo in caso di delega intersoggettiva, altrimenti, in caso di delega interorganica, il soggetto delegante conserva il potere di agire in ordine all’oggetto della delega. La delega è sempre revocabile per iscritto Solo nel caso di delega interorganica è configurabile una revoca implicita, con l’esercizio del potere da parte del delegante. 25 AUTOTUTELA AMMINISTRATIVA L’autotutela amministrativa si configura come quel complesso di attività amministrative con cui ogni pubblica amministrazione risolve i conflitti parziali od attuali, relativi ai suoi provvedimento o alle sue pretese. E’ la possibilità per la P.A. di farsi ragione da sè con i mezzi amministrativi a sua disposizione. Implica il potere di pronunciarsi unilateralmente su tutte le questioni amministrative di propria competenza L’autotutela viene suddivisa in autotutela decisoria riferita ad atti amministrativi precedentemente posti in essere dalla pubblica amministrazione ed in autotutela esecutiva quando è volta ad attuare le decisioni già adottate dall’amministrazione. L’autotutela decisoria può essere “diretta” o “non contenziosa”, quando la P:A. esercita i suoi poteri spontaneamente. (esempio: gli atti di ritiro di precedenti provvedimenti di atti amministrativi, quali revoca, rimozione, sospensione, annullamento ecc). Può essere autotutela decisoria “indiretta” o “contenziosa” nei casi in cui il potere della P.A. trova fondamento in una iniziativa dell’interessato e cioè in un ricorso. 26 PATOLOGIA DELL’ATTO AMMINISTRATIVO L’atto amministrativo può presentare i seguenti stati patologici. Può essere: Inesistente. L’atto amministrativo è inesistente quando manca di uno degli elementi essenziali che ne condizionano l’esistenza. L’atto è inesistente per: Inesistenza del soggetto: quando l’agente che ha emanato l’atto non è qualificabile organo della P.A. Incompetenza assoluta per territorio: ricorre quando l’atto sia stato emanato da un organo che non ha la competenza territoriale. Incompetenza assoluta per materia: si verifica quando l’organo amministrativo emana un atto in una materia del tutto sottratta alla sua competenza oppure quando l’organo amministrativo emana un atto riservato alla competenza di altro settore amministrativo. Inesistenza dell’oggetto: l’atto è inesistente perché manca in natura il bene su cui l’atto è destinato a produrre gli effetti giuridici oppure quando il bene è indeterminato o indeterminabile oppure non è idoneo a raggiungere gli effetti che l’atto si propone. Mancanza di forma essenziale: ad esempio quando manca la forma scritta richiesta dalla legge ad substantiam. In tal caso l’atto è considerato dall’ordinamento “tanquan non esset”. Inesistenza del contenuto: è inesistente l’atto amministrativo che intende autorizzare o attestare o altro, ciò che è indeterminato o indeterminabile, illecito, impossibile. Mancanza di finalità: ogni atto amministrativo è inesistente quando non è rivolto a realizzare compiti della P.A. (fini illeciti; o atto posto in essere “iocj causa”. 27 Imperfetto. L’atto amministrativo risulta imperfetto quando il suo ciclo di formazione non sia ancora concluso. Diventa “perfetto” al termine della fase costitutiva del procedimento. Inefficace. L’atto amministrativo è inefficace quando, benché perfetto, e cioè al termine della fase costitutiva del procedimento, non è idoneo a produrre gli effetti giuridici essendo inesistenti i requisiti di efficacia previsti. Ad esempio, i controlli previsti dalla legge; le comunicazioni previste dall’atto ricettizio; la condizione sospensiva o termine iniziale quando prevista dal provvedimento. L’atto inefficace va considerato non esecutivo. Ineseguibile. L’atto è ineseguibile quando diventa inefficace per il sopravvenire di un atto ostativo. Invalido. E’ invalido il provvedimento nel quale uno degli elementi o requisiti prescritti per quel tipo di atto difetti o sia viziato. A seconda della gravità del vizio l’atto invalido può essere nullo o annullabile. Irregolare. Si ha irregolarità dell’atto quando presenta un vizio per il quale la legge non commina conseguenze negative per l’atto stesso (esempio, inefficacia, annullabilità etc.) ma solo eventuali sanzioni amministrative a carico dell’agente che lo ha posto in essere (esempio violazione delle norme sul bollo). 28 Nullo. E’ nullo l’atto quando manca di un elemento essenziale dell’atto stesso (soggetto, oggetto, volontà, forma, destinatario) o nel caso di violazione di norma imperativa sanzionata con la nullità (cfr. L 444/94 sulla prorogatio degli atti amministrativi) o nel caso di atto amministrativo in contrasto con sentenza passata in giudicato. Conseguenze della nullità di un atto amministrativo (come ricavabili dai principi generali validi per tutti i rami del diritto) la nullità comporta le seguenti conseguenze: inesistenza giuridica dell’atto (“quoa nullum est, nullum effectum producit”); inesecutorietà: l’atto nullo è inesecutorio; inanullabilità: l’atto nullo è inesistente e come tale non può essere annullato; insanabilità e inconvalidabilità: l’atto nullo non può essere sanato né convalidato; illegittimo: l’atto amministrativo che presenti dei vizi di legittimità che incidono su elementi essenziali di esso è illegittimo e come tale annullabile. Fonte positiva dei vizi di legittimità è l’art. 26 R.D. 1054/24 (T.U. delle leggi del consiglio di Stato) che menziona tre categorie di vizi: incompetenza; eccesso di potere e violazione di legge. Differenza tra illegittimità e illiceità. E’ illegittimo l’atto amministrativo esistente che presenta un vizio di uno dei suoi elementi essenziali. L’atto amministrativo di per sè non può mai essere qualificato illecito poiché si concretizza nella violazione di norme giuridiche che non disciplinano atti ma che sanzionano comportamenti lesivi di diritti soggettivi altrui . Pertanto l’illecito è sempre e solo un comportamento “contra jus” al quale la legge ricollega una responsabilità e un’assoggettabilità a sanzione per l’autore dell’illecito. 29 VIZI DI LEGITTIMITA’ Fonte positiva dei vizi di legittimità è l’art. 26 R.D. 1052/24 (T.U. delle leggi del Consiglio di Stato) che menziona tre categorie di vizi: incompetenza eccesso di potere violazione di legge 30 INCOMPETENZA L’incompetenza, quale vizio di legittimità dell’atto amministrativo che comporta l’annullabilità, è solo l’incompetenza relativa che può essere per grado o per materia . L’incompetenza assoluta e la competenza – invece - sono causa di nullità o di inesistenza dell’atto. Si ritiene da parte della dottrina prevalente che nel vizio di incompetenza rientrano sia i vizi di legittimazione che quelli di irregolare composizione dell’organo collegiale. 31 ECCESSO DI POTERE L’eccesso di potere che viene anche definito come scorrettezza in una scelta discrezionale è una figura dei vizi di legittimità. Occorrono tre requisiti per l’eccesso di potere: 1) potere discrezionale della P.A. 2) uno sviamento di potere e cioè l’esercizio del potere per fini diversi da quelli stabiliti dal legislatore con la norma che lo ha attribuito 3) la prova dello sviamento, necessaria per far venir meno la presunzione della legittimità dell’atto. Potere discrezionale della P.A. Esiste l’eccesso di potere in presenza di violazione dell’osservanza dei precetti di logica e di imparzialità, di interesse pubblico, di causa del potere esercitato, insomma in presenza di violazione dei limiti interni della discrezionalità amministrativa. Sviamento di potere. Esiste lo sviamento di potere, sia nel caso in cui si usi un potere discrezionale per interessi personali o politici o per un fine diverso da quello per il quale il potere stesso era stato conferito, sia nel caso in cui la P.A. persegua l’interesse pubblico ma con un potere diverso da quello previsto a tal fine dalla legge. Figure sintomatiche di sviamento di potere Si tratta di ipotesi in cui, pur senza raggiungere la prova, si verificano sintomi di un esercizio sviato del potere amministrativo. 32