18/03/17 1 - The Sisternet

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18/03/17
+
CAP. 6 Vol. I
Quale pedagogia
e didattica per
l’insegnamento/
acquisizione
delle lingue
altre?
+
+ Quale pedagogia e didattica per
LUMSA
Scienze della
Formazione
l’insegnamento/acquisizione delle
lingue altre?
Formazione
Primaria
1.  Psico-pedagogia
dell’insegnamento delle lingue
2.  Le teorie psicologiche
sull’apprendimento
3.  La didattica: tra fondamenti
teorici e azioni pratiche
4.  Introdursi alla glottodidattica
Caterina
Cangià
3
Introduzione
+
Le scienze della “persona in relazione”
hanno giocato un ruolo fondamentale
nell’evoluzione della didattica delle lingue
altre.
Seguono le teorie fondanti la didattica e le
discipline che affiancano il docente durante
la strutturazione della sua azione
d’insegnamento.
5
Introduzione
Si parte da un quadro di riferimento
orientato al personalismo esistenzialista,
focalizzato a sostegno delle scelte
metodologiche che verranno presentate in
seguito e che toccheranno il cuore della
didattica delle lingue altre.
4
Introduzione
Vengono presentate le discipline
psicologiche che hanno contribuito a
spiegare i meccanismi base
dell’apprendimento e le teorie definite
“classiche”.
Si tratta qui dello sfondo che caratterizza il
tema come insegnare e imparare lingue altre.
+
2
+
6
1. Psico-pedagogia
dell’insegnamento delle lingue
Il termine pedagogia è riferito alla disciplina
scientifica relativa all’educazione.
Più largamente è applicato a qualsiasi
riflessione, studio, ricerca scientifica e non
scientifica, su e per l’educazione, la
formazione e l’istruzione.
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+
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1. Psico-pedagogia
dell’insegnamento delle lingue
+
La costellazione delle scienze pedagogiche:
1) parte da una riflessione teorica ancorata
sul personalismo;
2) enumera i valori ai quali formare le
giovani personalità;
3) si attarda su considerazioni circa la
comunicazione e il linguaggio;
4) tiene in conto la metodologia pedagogica
più vicina alla ricerca negli ambiti della
lingua seconda e della lingua straniera.
8
Un quadro di riferimento fondato
sul personalismo esistenzialista
«All’inizio è la relazione» (Buber, 1993, p. 72),
perché la nostra identità è nella relazione.
Siamo ciò che emerge dal nostro sistema di
relazioni umane e principalmente “siamo”.
Quest’ultimo enunciato è proclamato
dall’esistenzialismo, una famiglia di filosofie
dedicate all’interpretazione dell’esistenza
umana nel mondo.
9
+
10
Un quadro di riferimento fondato
sul personalismo esistenzialista
L’esistenzialismo si racconta in tre punti:
1)  non solo “conosciamo”, ma “siamo”;
2)  “emergiamo” unicamente dalla nostra
esperienza con gli altri;
3)  non siamo distaccati osservatori del
mondo, ma siamo “nel mondo”, unitàpersona, stupenda esperienza-da-vivere.
+
11
Un quadro di riferimento fondato
sul personalismo esistenzialista
Gli esistenzialisti sono interessati all’essere
(being) più che al conoscere (knowing).
+
12
Un quadro di riferimento fondato
sul personalismo esistenzialista
Ogni esistenzialista riconosce che è difficile
instaurare comunicazioni autentiche e
relazioni intersoggettive solide.
L’esistenzialismo indica come unico percorso
valido una sempre più estesa e approfondita
comunicazione intersoggettiva.
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Un quadro di riferimento fondato
sul personalismo esistenzialista
+
Della filosofia esistenziale interessa, a chi si
occupa di lingue e cultura, la versione
dialogica, che riconosce il rapporto
essenziale io-tu.
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Un quadro di riferimento fondato
sul personalismo esistenzialista
Si sta parlando del personalismo, quel
movimento profondamente convinto che il
reale è il “personale” e che la persona è la
realtà “somma”, sia come sostanza che come
dignità.
Vari filosofi hanno rappresentato il
personalismo. Si concorda con la visione di
Mounier, Buber e Lévinas*.
*Da approfondire attraverso la lettura personale del testo.
+ Le discipline psicologiche a fondamento
15
+
della didattica delle lingue altre
La visione umanistica della personalità (Cfr.
paragrafo 1.2.1.)
Non possiamo insegnare con qualità senza
conoscere i meccanismi alla base
dell’apprendimento:
La psicologia dello sviluppo o psicologia
evolutiva (Cfr. paragrafo 1.2.2.)
La psicologia sociale (Cfr. paragrafo 1.2.3.)
La psicologia educativa/scolastica (Cfr.
paragrafo 1.2.4.)
+
17
Il condizionamento classico e
operante
Mettiamo in atto dei processi tramite i quali
acquisiamo informazioni dal mondo esterno
e le incameriamo in modo da poterle
riutilizzare al momento opportuno.
In questo consiste l’apprendimento.
16
2. Le teorie psicologiche
sull’apprendimento
+
- 
condizionamento classico e operante
- 
apprendimento per imitazione proposto
dalla teoria sociale cognitiva
18
Il condizionamento classico e
operante
Tra i meccanismi attraverso cui si verifica
tale processo, due hanno trovato grande
consenso tra gli studiosi e sono stati
elaborati da Pavlov (19432) e Skinner (1957,
tr. it. 1976).
Rispettivamente hanno messo in evidenza
come operano il condizionamento classico e
il condizionamento operante.
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Ivan Petrovič Pavlov
Rjazan, 14 settembre 1849 - Leningrado, 27 febbraio 1936
+
Il condizionamento classico e
operante
I neonati sono in grado di apprendere uno
stimolo condizionato soprattutto quando
l’associazione richiesta ha un particolare
valore a livello adattivo e di sopravvivenza
(Bombi - Pinto, 2001).
Burrhus Frederic Skinner
Susquehanna, 20 marzo 1904 - Cambridge, 18 agosto 1990
+
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Il condizionamento classico e
operante
Il condizionamento operante trova le sue
radici nella convinzione che sia possibile
fare in modo di promuovere l’acquisizione di
alcuni comportamenti e di inibirne altri.
Tale apprendimento avviene tramite l’uso, da
parte di chi educa, di rinforzi e punizioni.
I primi fanno sì che la frequenza di un
determinato comportamento aumenti, i
secondi fanno in modo che diminuisca.
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Il condizionamento classico e
operante
+
Il bambino viene a contatto, solitamente,
nella vita quotidiana, con molti di questi
rimproveri o punizioni da parte dei genitori
come testimonia il ruolo degli elogi o dei
rimproveri nel rapporto di interazione con i
più piccoli (Bombi - Pinto, 2001).
26
Il condizionamento classico e
operante
«Qualsiasi operante, verbale o altro,
acquisisce forza e continua a essere
mantenuto in forza quando le risposte sono
frequentemente seguite dall’evento che
viene chiamato “rinforzo”»
Skinner (1957, tr. it. 1976, p. 78)
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+
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Il condizionamento classico e
operante
Il comportamento viene messo in atto da un
bambino anche attraverso l’imitazione
dell’adulto (Bandura - Walters, 1963).
Albert Bandura
Mundare, 4 dicembre 1925
+
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La teoria sociale cognitiva
La teoria sociale cognitiva è spiegata
nell’opera più completa di Bandura del 1986:
Social foundations of thought and action.
Viene delineato un modello di
apprendimento per osservazione che
include processi di: attenzione, di ritenzione,
di riproduzione motoria e di motivazione.
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La teoria sociale cognitiva
L’attenzione si rivolge a un comportamento
osservabile, ma ciò che viene osservato
dipende dalle caratteristiche del modello da
osservare e dalle caratteristiche
dell’osservatore.
+
+
32
La teoria sociale cognitiva
Quanto è familiare è più facilmente appreso
di quanto non lo è.
È importante attirare l’attenzione dei
soggetti in formazione su cosa osservare.
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36
La teoria sociale cognitiva
Quando un soggetto in formazione assiste a
un dato comportamento, gli si deve ricordare
che quanto ha osservato può e deve
influenzare il suo comportamento futuro.
È necessario che, subito dopo
l’osservazione, avvenga una codificazione
verbale e/o una codificazione attraverso le
immagini, seguita dalla ripetizione
(rehearsal): questo modo di operare aiuta la
memoria a lungo termine.
+
La teoria sociale cognitiva
Come per il processo di attenzione anche
per quello di ritenzione, è indispensabile
offrire informazioni esplicite circa i compiti o
le abilità da osservare e circa i punti da
codificare e ripetere.
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La teoria sociale cognitiva
+
Oltre ad “accorgersi” di una sequenza
comportamentale, codificarla e ripeterla, è
necessario riprodurla.
In alcuni casi, la sequenza che viene
osservata è subito riproducibile, mentre in
altri l’osservatore può tentare di ripetere
alcune componenti dell’azione, ma non
l’azione intera per via della sua complessità.
Il terzo meccanismo caratterizzante
l’apprendimento sociale è la pratica o
l’esercizio.
+
38
La teoria sociale cognitiva
Spesso è necessario acquisire singole
sottoabilità prima che l’intera azione o
sequenza possa essere eseguita.
39
La teoria sociale cognitiva
+
La riproduzione è a volte un processo
esigente, specialmente quando si deve
acquisire una prestazione difficile per la
quale è necessaria molta pratica.
40
La teoria sociale cognitiva
«Le abilità non vengono perfezionate
attraverso la sola osservazione né vengono
sviluppate soltanto per annaspanti prove ed
errori [...]. In molti apprendimenti quotidiani,
[ci avviciniamo] al nuovo comportamento
grazie al modellamento (modeling) e lo
raffiniamo attraverso aggiustamenti autocorrettivi sulle basi del feedback informativo
che viene dalla [nostra] stessa prestazione»
Bandura (1977, p. 28)
+
41
La teoria sociale cognitiva
Il feedback di chi insegna va caricato di
incoraggiamento e di lode che devono
“sprecarsi” anche per ogni più piccolo
successo.
Secondo Bandura, non è necessario che lo
sviluppo di sottoabilità preceda l’esecuzione
di un intero compito.
+
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La teoria sociale cognitiva
L’apprendimento di abilità distinte e
l’apprendimento di compiti completi
possono andare di pari passo.
Anzi, l’unico scopo che giustifica un faticoso
esercizio è poter svolgere con maestria e
soddisfazione il compito completo.
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44
La teoria sociale cognitiva
Apprendere una lingua altra ricalca da
vicino questi passaggi.
S’inizia, in determinati ambienti
glottodidattici, da subito, a parlare anche in
maniera “spettinata”, perché non sono state
acquisite le numerose sottoabilità di cui è
fatta la competenza linguistica.
+
45
La teoria sociale cognitiva
+
La prestazione dipende anche dalla
motivazione che, a sua volta, fa seguito alla
previsione di una ricompensa o della
soddisfazione personale.
Il sapore degli applausi ricevuti da un attore
fa immaginare come ci si potrà sentire
quando toccheranno a noi.
Anche se questo richiede di svolgere un
compito globale e impegnativo (una parte
da protagonista) fatta di numerose
sottoabilità da conquistare, prova dopo
prova.
A volte l’attesa è suscitata dall’osservare la
ricompensa che altri ricevono quando
eseguono la prestazione.
+
47
La teoria sociale cognitiva
La motivazione “funziona” solo se l’azione
globale osservata piace talmente da rendere
indispensabile esercitarvisi per poterla
eseguire alla perfezione.
46
La teoria sociale cognitiva
+
48
La teoria sociale cognitiva
La pertinenza della teoria sociale cognitiva, in
riferimento allo sviluppo del linguaggio, è
stata evidenziata dalla pubblicazione, nel
1978, del volume di Rosenthal e Zimmerman:
Social learning and cognition
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La teoria sociale cognitiva
+
L’imitazione è un comportamento che
sembra avere una base innata, come emerge
dallo studio di neonati di soli due giorni che
mettono in atto con frequenza maggiore
espressioni mimiche mostrate dall’adulto, ma
anche uno sviluppo progressivo, dato che
alcune abilità imitative compaiono solo in età
più tarda (Bombi - Pinto, 2001).
+
I processi imitativi sono nostri formidabili
alleati, soprattutto quando si tratta di lingua
altra.
Siamo noi, spesso, le uniche persone con cui
bambini e ragazzi hanno la possibilità di
parlare in una lingua altra.
51
La teoria sociale cognitiva
+
La nostra pronuncia, se impeccabile, rimarrà
indelebile nella mente attenta di chi ascolta
e imita, in un processo di apprendimento
che, senza tanto sforzo, consentirà ai nostri
discenti di essere in futuro molto competenti
in lingua altra.
+
È sempre più provato che l’esposizione a
modelli competenti linguisticamente
promuove lo sviluppo del linguaggio.
Sono state fatte numerose ricerche
sull’aumento di un uso competente del
linguaggio in giovanissimi utenti
positivamente rinforzati (Whitehurst Valdez-Menchaca, 1988).
52
La teoria sociale cognitiva
L’influenza dell’imitazione è grande e porta
bambini anche molto piccoli a indurre
regole di linguaggio grazie a molteplici
esposizioni a uno stesso fenomeno
linguistico.
Oggi è condivisa la convinzione che le
strutture del linguaggio acquisite dal
bambino sono una funzione delle strutture
che sente usare nel suo mondo.
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La teoria sociale cognitiva
50
La teoria sociale cognitiva
+
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La teoria sociale cognitiva
L’imitazione, in quanto mediatrice
dell’apprendimento della lingua, è un tema
scottante in psicolinguistica (Speidel Nelson, 1989).
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La teoria sociale cognitiva
+
All’interno di un contesto ricco di prestazioni
positive, che incoraggia e chiede di
cimentarsi con compiti impegnativi, ogni
singolo discente segue volentieri percorsi
personali.
56
La teoria sociale cognitiva
Verso la filosofia della “bottega
artigiana” (Cfr. Paragrafo 2.2.2.)
Ciò che dicono le sentinelle degli orizzonti
della ricerca (Cfr. Paragrafo 2.2.3.)
Dalla metodologia pedagogica alla
metodologia della ricerca (Cfr. Paragrafo
2.2.4.)
+
57
3. La didattica: tra fondamenti
teorici e azioni pratiche
La disciplina pedagogica che studia il
processo d’insegnamento è una scienza
pratico-prescrittiva, che offre fondamento e
orientamento all’azione e che si potrebbe
definire come base scientifica dell’arte
d’insegnare.
58
3. La didattica: tra fondamenti
teorici e azioni pratiche
La didattica si articola a seconda delle
discipline di insegnamento, dando luogo alla
didattica speciale e alle didattiche
specifiche, nel caso nostro, alla didattica
della lingua altra, chiamata glottodidattica.
Vediamo quali sono le teorie che fondano
l’azione didattica nel contesto
dell’insegnamento delle lingue altre.
Dal greco didaskein, il termine viene anche
utilizzato per indicare il modo di fare proprio
di chi insegna.
+
+
59
60
Il costruttivismo
La corrente del costruttivismo considera la
persona costruttrice del proprio sapere: non
è tanto l’informazione ricevuta a
determinarne il comportamento quanto la
struttura cognitiva.
L’informazione non esiste di per sé, se non
colorata dagli occhi e dalla mente di chi
guarda, cioè attraverso il significato che le
viene attribuito dall’osservatore.
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Il costruzionismo
+
Alla base di questo concetto introdotto da
Seymour Papert (1980) c’è un’idea di
apprendimento che passa attraverso la
costruzione di rappresentazioni del mondo
con cui l’individuo interagisce.
62
Il costruzionismo
Le informazioni sono acquisite grazie alla
presenza di materiali che possono essere
concretamente toccati e manipolati e che
rendono la situazione di apprendimento
quanto più possibile vicina alla realtà.
Tali dispositivi sono noti come artefatti
cognitivi: la mente, cioè, costruisce a partire
da supporti specifici che sostengono
praticamente il processo di acquisizione.
63
+
64
Il connessionismo
Alla base della teoria rappresentazionalecomputazionale della mente (TRCM) c’è
appunto la mente considerata nello
svolgimento delle sue funzioni.
+
65
Il connessionismo
In particolar modo attraverso la disciplina
nota come Intelligenza Artificiale si è iniziato
a voler conferire al computer capacità simili
a quelle umane, ma è stata presto messa in
evidenza l’impossibilità di tale operazione.
+
66
Il connessionismo
Tra le differenze più evidenti c’è proprio
quella relativa alla materia che i funzionalisti
hanno tanto disprezzato: l’informazione
immagazzinata nel cervello modifica il
substrato neuronale, cosa che non accade
assolutamente quando si tratta dell’hardware
di un computer.
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+
67
Il connessionismo
+
Attualmente si sta abbandonando l’uso del
computer per riprodurre gli algoritmi del
cervello e si stanno recuperando e
sviluppando tesi risalenti ai primi anni
dell’Intelligenza Artificiale, ovvero tesi
relative alle reti neurali.
+
Gli studi sulle reti neurali hanno concentrato
la loro attenzione sull’apprendimento del
linguaggio.
Nel loro progredire è nato un legame con la
psicologia dello sviluppo che ha portato a
focalizzare gli studi sull’apprendimento della
lingua da parte dei bambini.
69
Il connessionismo
+
Tra i primi risultati è emerso che una rete
artificiale può imparare il linguaggio anche
solo attraverso la semplice esposizione a
esso e non necessariamente attraverso
l’introduzione di regole da rispettare.
+
Dalla combinazione dell’analisi
fenomenologica e degli apporti delle
neuroscienze nasce la neurofenomenologia.
La tradizione fenomenologica affonda le sue
radici nel pensiero di Husserl (Costa, 2009),
che per primo ha organizzato in modo
coerente pensiero e metodologia
fenomenologiche.
70
Il connessionismo
L’acquisizione linguistica non sembra essere
soggetta, quindi, alla previa assunzione di
regole precise, ma necessita unicamente di
una struttura neuronale in grado di cogliere
elementi di regolarità nell’uso delle forme di
espressione corretta (MacWhinney, 1994).
71
La neurofenomenologia
68
Il connessionismo
+
72
La neurofenomenologia
Il concetto base di tale corrente filosofica è
che i fenomeni possono essere conosciuti
come appaiono alla coscienza, la quale
manifesta sempre un’intenzionalità.
I fenomeni ci si presentano spontaneamente
e noi attribuiamo loro dei significati.
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74
La neurofenomenologia
Secondo il filone della fenomenologia
incarnata (embodied phenomenology)
avviato dal filosofo Merleau-Ponty
(Kirchmayr, 2008) la cognizione non può
essere separata dal corpo in cui è
incorniciata.
Neuroscienziati contemporanei hanno
ripreso queste idee filosofiche
fenomenologiche e le hanno integrate con la
ricerca in campo neurofisiologico.
+
Francisco Javier Varela García
Santiago del Cile, 7 settembre 1946 –
Parigi, 28 maggio 2001
75
La neurofenomenologia
+
Tra questi, il teorizzatore più importante è
stato, indubbiamente, Francisco Varela che,
insieme al proprio maestro Humberto
Maturana ha introdotto il concetto di
autopoiesi (dal greco = auto creazione),
applicandolo al sistema individuo-ambiente.
+
Una prima ricaduta per la didattica delle
lingue altre, immediatamente spendibile con
i discenti più giovani, vede assolutamente
necessario il coinvolgimento dell’azione e
del movimento nelle dinamiche di
apprendimento.
76
La neurofenomenologia
La cognizione è, secondo questa prospettiva,
qualcosa a cui dev’essere attribuito un senso
nuovo, con un respiro più ampio: essa
rappresenta la competenza che l’organismo
ha sviluppato nell’interagire con l’ambiente
in un costante rapporto di rideterminazione
dinamica.
77
La neurofenomenologia
Humberto Romesín Maturana
Santiago del Cile, 14 settembre 1928
+
78
3. La didattica: tra fondamenti
teorici e azioni pratiche
Dalla teoria alla prassi: programmare
l’azione didattica (Cfr. Paragrafo 3.2.)
La tecnologia dell’educazione (Cfr. Paragrafo
3.2.1.)
Valutare (Cfr. Paragrafo 3.2.2.)
Fisicità e cognizione non possono essere
separati: quella di rivolgerci alle “giovani
menti” è un’illusione, poiché si tratta di menti
che fanno parte di uno specifico corpo.
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+
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4. Introdursi alla glottodidattica
+
Se pensassimo alla “glottodidattica” come a
una pianta, le radici sarebbero la teoria e la
chioma sarebbe la pratica.
In effetti la glottodidattica studia:
design (la progettazione);
implementation (l’attuazione);
-  evaluation (la valutazione)
- 
- 
Dal tronco nascerebbero poi rami e
arborescenze: le scienze della
comunicazione; le scienze della persona in
relazione; le scienze-ponte o di congiunzione
fra le scienze della comunicazione e le
scienze della persona in relazione.
+
+
80
4. Introdursi alla glottodidattica
dell’educazione linguistica con particolare
riferimento alle lingue altre e studia altresì le
strategie e le pratiche che vengono usati
nell’insegnamento delle lingue e i principi
teorici che a esse danno origine.
81
Glottodidattica: le mot et la
chose
+
82
Glottodidattica: le mot et la
chose
La glottodidattica, in quanto corpus
scientifico organico, autonomo e
interdisciplinare, ha assunto la sua fisionomia
solo nell’ultimo quarto del secolo scorso.
Il termine è stato introdotto in Italia da Titone
negli anni Sessanta ma già spiccava, da
alcuni anni, sulla copertina di una rivista
polacca: Glottodidactica appunto.
È nata, corredata da fondamenti teoretici,
con il battesimo della “nuova scienza
linguistica” da parte degli esponenti del
Reform Movement (Movimento della
Riforma).
Termine oggetto di vivaci discussioni, viene
assunto da qualcuno come sinonimo di
didattica delle lingue straniere moderne.
È un’imprecisione e un impoverimento!
83
Glottodidattica: le mot et la
chose
La glottodidattica, poiché è una scienza
rivolta sia al fare che al conoscere, ha una
natura complessa (Titone, 1991b).
Ha vari campi di applicazione che si possono
radunare sotto la denominazione di
“insegnamento formale di lingue altre”.
+
84
Glottodidattica: le mot et la
chose
Lingue:
la lingua etnica;
la lingua minoritaria;
-  la lingua nazionale (come per l’Italia
l’italiano standard);
-  una lingua classica;
-  una lingua seconda (compresente nel
territorio dove si vive);
-  una lingua straniera (non compresente nel
territorio dove si vive).
- 
- 
14
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+
85
Glottodidattica: le mot et la
chose
+
Anche l’insegnamento formale della propria
lingua materna è curato dalla glottodidattica.
86
Glottodidattica: le mot et la
chose
Freddi (1991) afferma che una disciplina
come la glottodidattica o è frutto
d’integrazione e sintesi di altre discipline o
non esiste come scienza autonoma.
Perciò a volte “assume” elementi o contenuti
da altre discipline e altre volte opera da filtro
nell’utilizzo degli apporti da esse
provenienti.
+
+
87
Glottodidattica: le mot et la
chose
+
88
Glottodidattica: le mot et la
chose
Porcelli (1994) colloca la glottodidattica
all’intersezione tra l’area pedagogica, quella
psicologica e quella linguistica.
Così come in glottodidattica glotto è un
premodificatore e didattica resta sempre la
parola-nucleo.
Nella denominazione “didattica delle lingue
moderne”, afferma che la parola-nucleo è
didattica e che delle lingue moderne sia una
postmodificazione.
Al centro c’è l’atto educativo, incentrato sul
rapporto docente-discente.
89
Glottodidattica: le mot et la
chose
Si possono riconoscere, all’interno della
glottodidattica, due anime:
una interna, più linguistica, che sposa un
punto di vista teorico-descrittivo;
-  una esterna, con natura più pedagogicodidattica.
- 
La glottodidattica interna sarebbe più
“glotto-centrica”, mentre quella esterna
sarebbe più “didattico-centrica” (Cambiaghi
- Bosisio, 2008, p. 106).
+
90
Glottodidattica: le mot et la
chose
In un certo senso, i metodi cambiano ogni
volta che cambia la concezione di “lingua” o
di “apprendimento/acquisizione della
lingua”.
Vengono a volte definiti in base alle tecniche
che propongono per la soluzione di
problemi immediati e altre volte in base a
teorie generali dell’apprendimento, e altre
ancora in base a teorie linguistiche.
15
18/03/17
+
91
Glottodidattica: le mot et la
chose
+
La glottodidattica va definita facendo
riferimento sia alla visione della natura della
lingua che alla visione dell’apprendimento
linguistico.
Nasce e si organizza per trovare soluzioni
per i problemi legati all’insegnamentoapprendimento delle lingue altre e si colloca
in un continuo viavai che parte dalle
prospettive teoriche e raggiunge gli
orizzonti della classe.
La glottodidattica è una scienza con le sue
teorizzazioni, i suoi approcci e metodologie
e con le tecniche che ne derivano, anche se
frutto d’integrazione e sintesi.
+
92
Glottodidattica: le mot et la
chose
93
Glottodidattica: le mot et la
chose
La glottodidattica è ricca di una dimensione
psicopedagogica che le conferisce spessore
e vitalità.
+
94
Costellazioni in interazione
Le riflessioni condivise suggeriscono un
modello teorico traducibile graficamente
ispirato alle costellazioni.
Attorno al nucleo “glottodidattica” ruotano
due anelli: sono formati dalle costellazioni
delle scienze della comunicazione e delle
scienze della persona in relazione.
+
95
96
Costellazioni in interazione
Le scienze della comunicazione e della
persona in relazione maturano solo nella
vitalità interdisciplinare e transdisciplinare.
16
18/03/17
97
+ Da numerose scienze, una definizione
99
98
+ Da numerose scienze, una definizione
articolata di glottodidattica
articolata di glottodidattica
La glottodidattica è così una scienza che
nasce e vive per la presenza di molte altre
ricevendo da ognuna apporti vivaci come
segue.
Il testo è tutto ciò che veicola significato,
dalla pubblicità alla multimedialità.
+ Da numerose scienze, una definizione
100
È possibile comunicare con tutto e quando il
codice linguistico non è conosciuto a
sufficienza, molto possono fare, per veicolare
significato, l’ambiente fisico, letterario e
sociale all’interno del quale avviene
l’operazione che collega significante e
significato.
101
+ Da numerose scienze, una definizione
articolata di glottodidattica
articolata di glottodidattica
In particolare, con i discenti più giovani è
necessario promuovere un comportamento
culturalmente ricco, da far acquisire per
osmosi e per mimesi, convinti che
l’esposizione alla cultura altra introduce la
“manifestazione” della lingua altra.
Per questa ragione è opportuno trasformare
l’ambiente dove si svolgono le attività in
lingua altra in un’isola culturale, come si
esprimeva Mary Finocchiaro (1964).
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Dalla costellazione della linguistica
emergono la convinzione che significato,
contesto e situazione hanno uguale valore.
La straordinaria vitalità dell’enunciato,
preziosa miscela di semantica e di
pragmatica, entità completa e totale di
comunicazione, emessa per la funzione di
interscambio che svolge, si completa poi
nella considerazione del testo quale
complesso “apparato di comunicazione”,
prima che insieme coerente e coeso di frasi,
da considerare all’interno di un contesto
chiaro e interessante.
La lingua altra, nel periodo del suo primo
impatto con i discenti, deve aderire a
situazioni del mondo reale, essere veicolo di
significato funzionale, consentire relazioni
interpersonali, transazioni squisitamente
pragmatiche, rispondere a reali bisogni
comunicativi.
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Il “testo” e il “discorso”, presentati sotto
forme che vanno dal racconto orale al
racconto multimediale interattivo,
valorizzano fortemente l’intenzione
comunicativa e si presentano come “eventi
linguistici” prodotti da attori che svolgono
ruoli precisi, in situazioni chiare e in
determinati assetti scenici.
La riflessione sui linguaggi non verbali ci
ricorda che comunichiamo con i gesti, con la
mimica e con il corpo più dei due terzi delle
nostre idee e dei nostri sentimenti e che
perché avvenga comunicazione non sono
indispensabili le parole.
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Prossemica e cinesica esaltano il linguaggio
dello sguardo e dei gesti con i quali
“scriviamo” interi testi, mentre la cronemica
evidenzia il prima, il dopo, l’alternanza dei
turni e il ritmo del comportamento verbale.
La psicologia offre un contributo notevole
alla glottodidattica: la psicologia della
personalità afferma che “relazione è
reciprocità” perciò bisogno di comunicare,
di dire e di dirsi perché fondamento della
relazione è il dialogo.
Il teatro, grazie ai suoi codici peculiari
consente una straordinaria molteplicità di
situazioni che ricevono il carisma
dell’autenticità perché sono messi in scena
per un pubblico.
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La personalità, motivata ad autorealizzarsi, è
difatti un sistema aperto nella misura in cui è
relazionale.
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La psicologia educativa/scolastica ricorda
che l’apprendimento è costruttivo, avviene
per accumulo di conoscenza formale e non
formale, è auto-regolato, è orientato a uno
scopo, è situato e collaborativo, è ancorato a
contesti sociali e fisici di vita reale, è luogo di
scambio e rispetta le differenze individuali.
Se dalla pedagogia emerge che il rapporto
educativo è dialogico, la didattica per le
lingue altre esalta la presenza della scuolacomunità, della classe-Bottega che
appassiona al “fare”, promuove autostima e
forgia personalità capaci di attesa e cariche
di autoefficacia.
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Lo sfondo della filosofia del linguaggio ci
ricorda che ogni lingua altra va considerata
sotto il profilo degli atti che, per parlarla e
nel parlarla, si compiono.
L’apporto della neurolinguistica alla
glottodidattica ricorda che le forme
linguistiche si acquisiscono facendo svolgere
attività che coinvolgono i discenti in compiti
pratici, visuo-spaziali, manuali, di movimento
e linguistici, che mettono in atto la
cooperazione emisferica, quali possono
essere le azioni sceniche.
“Parlare è agire” significa che il linguaggio
ha un carattere pragmatico e che in esso
l’unica distinzione che si può tracciare è tra
diversi tipi di azione.
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Che la parola venga assorbita attivamente
dagli apprendenti grazie alle loro interazioni
con l’ambiente lo conferma la
psicolinguistica.
La psicolinguistica applicata insiste
sull’acquisizione delle “impalcature” della
lingua altra o strutture indispensabili alla sua
costruzione; insiste altresì sull’offerta di
contenuti che nascono da esperienze vissute
e ascoltate.
Tutto il primo apprendimento, infatti, avviene
per gli scambi sociali e per le interazioni
linguistiche alle quali gli apprendenti
vengono esposti.
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Un quadro di riferimento teorico costruito
attorno alla messa in scena teatrale si
potrebbe materializzare in procedimenti
flessibili e adattabili alle situazioni di
insegnamento/acquisizione di lingue altre
che incanalerebbero un alto potenziale di
emotività verso il raggiungimento di un fine
produttivo che impasta azione e lingua.
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