AIDS
➜ Cenni
sulla patologia
Il termine AIDS è un acronimo delle iniziali delle parole inglesi «Acquired
Immune Deficiency Syndrome», cioè «Sindrome da Immuno Deficienza
Acquisita».
In Spagna, in Francia e paesi francofoni la stessa patologia è indicata con la
sigla «SIDA».
La causa della sindrome in questione è un retrovirus del gruppo dei
Lentivirus, la cui sigla identificativa attuale è HIV (Human Immunodeficiency
Virus).
È un virus linfotropo e neurotropo, relativamente poco contagioso, la cui trasmissione avviene con modalità piuttosto note: sessuali, parentali, scarsa sterilità degli strumenti chirurgici, trasfusioni, scambio di siringhe. Il contagio si
può verificare inoltre per via transplacentare o anche al momento del parto.
Il virus agisce attaccando il «core» del sistema immunitario, cioè i linfociti T4,
che sono i veri responsabili della risposta immunitaria.
Il virus, dopo un periodo di latenza variabile (da due a sei mesi), determina
una immunodeficienza, che è la responsabile della sintomatologia clinica.
Le infezioni opportunistiche nel soggetto affetto da HIV sono dovute a
germi intracellulari, che nel soggetto normale vengono di solito controllati e
distrutti dalle difese immunitarie naturali dell’organismo.
L’organo colpito più frequentemente da infezione è il polmone (in più del 50%
dei casi); segue l’apparato digerente, i sistemi nervosi centrale e periferico (SNC
e SNP).
Altra manifestazione quasi tipica della immunodeficienza conseguente
all’AIDS è il Sarcoma di Kaposi, che si manifesta nel 35% dei casi sotto forma,
spesso, di forme particolari di questo tumore.
Per quanto concerne il trattamento terapeutico della malattia, oltre che contro le infezioni opportunistiche ci si orienta verso due direzioni:
- la terapia antivirale aspecifica o specifica (con ACT) o con cocktail di farmaci;
- la terapia con immunostimolazione.
Il trattamento di questi pazienti va effettuato in un ambiente specializzato,
che in Italia è rappresentato dai reparti di malattie infettive. Riveste una
grandissima importanza il trattamento preventivo in quanto, a tutt’oggi, la
prevenzione resta l’arma più efficace per arrestare l’epidemia del virus.
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schede
cliniche
prova no1
01.
schede cliniche
Il trattamento preventivo si basa sull’individuazione dei soggetti colpiti,
attraverso gli esami sierologici, in particolare tra i donatori di sangue.
Con un semplice esame di laboratorio (metodo Elisa) che si positivizza non
prima di due mesi dall’avvenuto contagio (effetto finestra) si dimostra l’avvenuta reazione anticorpale specifica contro il virus.
In particolare il «medico di base» può svolgere un’attività di educazione a
riguardo della prevenzione, anche per lo stretto contatto con la famiglia del
soggetto sieropositivo.
Le misure preventive sono relative alle modalità di trasmissione e si raccomanda ai sieropositivi di aver sempre rapporti sessuali protetti. Questo
punto viene a volte sottovalutato da pazienti con coniuge o convivente che
non prevedono che oltre a infettare il partner, potrebbero, col rapporto non
protetto, trasmettere la malattia anche agli ipotetici nascituri.
I sieropositivi devono, inoltre, evitare di donare sangue, anche se i controlli
in vigore oggi escludono questa possibilità.
Occorre adottare misure preventive nei confronti del personale di assistenza
e dei familiari ed evitare nei sieropositivi le infezioni intercorrenti e le vaccinazioni con vaccini vivi attenuati.
Importantissima è negli ambulatori, e non solo, l’adozione di misure di disinfezione specifica. Vengono a tale scopo utilizzati:
- composti del cloro;
- alcool al 70%;
- glutaraldeide per la disinfezione degli strumenti chirurgici anche di piccola chirurgia ambulatoriale.
Inoltre, è necessario utilizzare speciali contenitori a perdere per gli oggetti
potenzialmente contaminati (anche il cibo, per possibili tracce ematiche, va
smaltito tra i rifiuti speciali). In particolare si considerano contaminati tutti
gli aghi, i bisturi monouso, gli specilli ecc.
Il medico ha perciò la responsabilità di proteggere il malato, il personale
sanitario e se stesso, con l’uso di camici, sovrascarpe, mascherina, copricapo,
guanti e, se è il caso, occhiali.
Tutte le tecniche invasive e non invasive dovranno essere eseguite osservando le più rigorose norme di asepsi e di igiene al fine di ridurre al minimo il
rischio di sovrainfezioni al malato.
Per quanto riguarda l’assistenza al paziente affetto da AIDS, ospedalizzato o
no, rivestono grande importanza gli aspetti psicologici e psichiatrici, connessi alla malattia. La scoperta della sieropositività, in particolare, in soggetti
già psicologicamente o psichicamente labili, sarà seguita da una serie variabile di reazioni, anche perché l’impossibilità di prevedere la prognosi deter-
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mina un impatto traumatico con la notizia e spesso crea non poche difficoltà al medico nel seguire il soggetto.
Le reazioni vanno dalla incredulità ad atteggiamenti di fuga con moltiplicazione, per reazione, dei comportamenti a rischio. Non possono escludersi
anche intenzioni deliberate di provocare il contagio. Frequenti sono pure le
reazioni di ansia e di depressione.
Al momento della rivelazione della positività, per un individuo depresso, i
rischi di suicidio sono elevati; le sindromi depressive sicuramente si aggravano; subentrano crisi ipocondriache accompagnate da angoscia di abbandono, spesso da disperazione.
Col progresso dell’infezione le manifestazioni neuropsichiche sono quanto
mai variabili e gravi, visto il neurotropismo del virus HIV.
Meningiti ed encefaliti possono causare sindromi confusionali, fino al quadro di sindrome demenziale. Quando il quadro si aggrava compaiono alterazioni neuromotorie e disturbi del linguaggio. Lo stato terminale è rappresentato dal coma.
La procedura migliore, ma non sempre praticabile, sarebbe quella di poter
assistere il paziente al proprio domicilio, lontano dallo stress che comporta
l’ospedalizzazione. Tuttavia, per realizzare una corretta assistenza domiciliare è necessario il coinvolgimento dei familiari, dell’assistente e dell’infermiere domiciliari (se disponibili), che operano coordinati dal medico di base, se
questi è sensibile allo sforzo comune.
Inutile dire che l’educazione sanitaria, perché l’assistenza domiciliare sia praticabile, va estesa ai parenti conviventi.
Per i riflessi sociali che l’AIDS può comportare occorre ricordare, infine, che
l’art. 5 della legge 135 del 5/6/1990 recita: «Nessuno può essere sottoposto,
senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV se
non per motivi di necessità clinica nel suo interesse. Sono consentite analisi
di accertamento di infezione da HIV, nell’ambito dei programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con
assoluta impossibilità di pervenire all’identificazione delle persone interessate». Lo stesso articolo stabilisce anche che un chirurgo non può rifiutarsi di
operare un sieropositivo: «Gli operatori sanitari che, nell’esercizio della loro
professione, vengono a conoscenza di un caso di HIV, sono tenuti a prestare
la necessaria assistenza».
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schede
cliniche
prova no1
01.
schede cliniche
giudizio diagnostico,
prognostico e terapeutico
➜ Dati
del paziente:
➜ Cognome: ................... Nome: .................
➜ Sesso: M F
➜ Età: 27. Situazione familiare: Orfano con due
sorelle
sposate.
➜ Attività: Attualmente disoccupato.
➜ Anamnesi familiare: Madre defunta (48 aa) per K all’utero,
padre defunto (40 aa) per incidente.
➜ Anamnesi patologica remota: Normali malattie infanzia, servizio
militare assolto, tonsillectomia a 12 anni.
➜ Anamnesi patologica prossima: Due anni fa circa, in occasione
di controllo ematologico per donazione di sangue, si rilevava HIV
positività.
➜ Modalità di esordio dell’attuale stato patologico: Malgrado la
HIV positività il soggetto non manifestava sintomi se non da
circa due mesi.
➜ Sintomi di esordio specifici: Astenia ed epistassi.
➜ Tempo trascorso tra i primi sintomi e l’esordio: Due mesi.
➜ Complicazioni successive ai sintomi di esordio: Per ora il
soggetto non manifesta complicazioni se non una generica
astenia e ripetute epistassi.
➜ Esame obiettivo stato generale: Stato astenico, pallore della
cute e mucose; il soggetto (altezza 1,72) ha denunciato calo
ponderale da 70 a 65 kg in circa un mese.
➜ Esame obiettivo specifico:
➜ Apparato respiratorio: non compromesso.
➜ Apparato cardiocircolatorio: idem; P.A. = 115/65.
➜ Apparato digerente: note di gastrite.
➜ Sistema nervoso: note di depressione ansiosa.
➜ Risultato esami di laboratorio: Numero di leucociti CD4+ =
320/mm3. Da effettuare, oltre agli esami di routine: marker
epatite, transaminasi, γGT, LDH, fosfatasi alcalina.
➜ Diagnosi differenziale: La diagnosi è di certezza. Ancora da
accertare presenza di epatite. Opportuna biopsia epatica.
➜ Diagnosi: Sindrome da immunodeficienza. È alle prime
manifestazioni patologiche di compromissione generale.
➜ Terapia da impostare: Terapia ancora da definire. Eventuale
terapia con associazione di indinavir + didanosina.
➜ Prognosi: Riservata (come per tutti i malati di AIDS). Al
soggetto e ai parenti la prognosi dovrà essere comunicata
tenendo conto della tipologia (grado di istruzione, stato ansioso
ecc.) dei soggetti.
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