questionario esame storia

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Età giolittiana
1. Quali furono gli obiettivi centrali della politica di
Dopo una breve esperienza come Primo Ministro e la partecipazione al
Giovanni Giolitti? In che modo cercò di realizzarli?
governo Zanardelli (15 febbraio 1901 - 3 novembre 1903) come Ministro
2. Quali furono le principali riforme realizzate da Giolitti?
3. Svolgi i seguenti punti sull’età giolittiana secondo la
degli Interni, il 3 novembre 1903 Giolitti divenne capo del governo. Egli
seguente scaletta:
tentò un coinvolgimento del Partito Socialista, rivolgendosi direttamente a
•
Periodo in cui governò e sue caratteristiche
un "consigliere" socialista, Filippo Turati, che avrebbe voluto come suo
generali
ministro (Turati però rifiutò anche in seguito alle pressioni della corrente
•
Finalità e obiettivi economici e politici di Giolitti
massimalista del PSI).
•
Strategie e alleanze con cui cercò di realizzarli
Nei confronti delle agitazioni sociali il presidente del Consiglio mutò
•
Esito della sua azione sul piano politico
radicalmente tattica rispetto alle tragiche repressioni dei governi
precedenti, che avevano temuto che le agitazioni operaie fossero mosse
da un intento sovversivo e avevano represso gli scioperi. Secondo Giolitti lo Stato doveva assumere un atteggiamento neutrale e di
mediazione, limitandosi alla tutela dell'ordine pubblico.
Inoltre, Giolitti fece approvare norme a tutela del lavoro (in particolare infantile e femminile), sulla vecchiaia, sull'invalidità e sugli
infortuni, sollecitò i prefetti a usare maggiore tolleranza nei confronti degli scioperi apolitici, fece ammettere alle gare d'appalto le
cooperative cattoliche e socialiste, varò la nazionalizzazione delle ferrovie, promosse lo sviluppo economico attraverso la stabilità
monetaria e i lavori pubblici.
Dopo la breve parentesi dei governi di Alessandro Fortis e di Sidney Sonnino, nel maggio 1906 Giolitti insediò il suo terzo gabinetto,
durante il quale continuò la politica economica già avviata nel suo secondo governo. In campo finanziario l'operazione principale fu la
conversione della rendita, cioè la sostituzione dei titoli di stato a tassi fissi
Patto Gentiloni
in scadenza (con cedola al 5%) con altri a tassi inferiori (prima il 3,75% e
Accordo elettorale concluso in Italia nel 1913 tra gruppi di
poi il 3,5%). Furono inoltre introdotte alcune leggi volte a tutelare il lavoro
cattolici moderati e singoli deputati liberali legati a Giovanni
femminile e infantile con nuovi limiti di orario (12 ore) e di età (12 anni).
Giolitti, in occasione delle prime elezioni tenutesi con sistema
La maggioranza approvò, inoltre, leggi speciali per le regioni del
maggioritario, a suffragio maschile pressoché universale.
Mezzogiorno, che diedero buoni risultati, pur no riuscendo a colmare il
Per i moderati liberali si trattava di assicurarsi l’appoggio dei
divario tra Nord e Sud. Il buon andamento economico e l'oculata gestione
cattolici, ormai ritenuto importante per contrastare l’avanzata
dell’opposizione. L’Unione elettorale, presieduta da Vincenzo
del bilancio consentirono una forte stabilità monetaria, favorita dalle
Gentiloni stabilì il programma politico cui i candidati liberali
rimesse che gli emigranti italiani inviavano ai propri parenti rimasti in
avrebbero dovuto aderire per ottenere l’appoggio cattolico.
patria. Il triennio 1906-1909 è ricordato come il periodo nel quale "la lira
faceva aggio sull'oro".
Nel 1909 si tennero le elezioni, da cui uscì una maggioranza giolittiana. Nonostante ciò, Giolitti lasciò che fosse nominato presidente
del consiglio Sidney Sonnino, di tendenze conservatrici, che fu costretto alle dimissioni dopo soli tre mesi. Gli successe Luigi Luzzatti,
giolittiano. Il quarto governo Giolitti durò dal 30 marzo 1911 al 21 marzo 1914. Nacque come tentativo di coinvolgere al governo il
Partito Socialista, che votò a favore. Il programma prevedeva la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita e l'introduzione del
suffragio universale maschile, progetti di considerevole significato "sociale", entrambi immediatamente realizzati. Il presidente del
Consiglio spinse, inoltre, la maggioranza ad approvare il provvedimento che prevedeva un'indennità mensile per i deputati, che
all'epoca non avevano alcun tipo di retribuzione.
Spinto dalle crescenti pressioni delle correnti politiche nazionaliste, nel settembre 1911 Giolitti diede inizio alla conquista della Libia ma
la guerra si prolungò oltre le aspettative e richiese l’impiego di quasi mezzo milione di uomini. Il conflitto, inoltre, favorì il prevalere, nel
partito socialista, della fazione massimalista guidata da Benito Mussolini e mise fine alla collaborazione tra i riformisti e Giolitti.
Alle elezioni dell’ottobre 1913 la maggioranza governativa subì una notevole riduzione, mentre i socialisti e i radicali aumentarono
nettamente il numero dei seggi.
Il sovrano conferì l’incarico di formare il nuovo governo ad Antonio Salandra, che pochi mesi dopo, con il Patto di Londra, impegnò
l’Italia nella prima guerra mondiale senza informare non solo il Parlamento, ma nemmeno i membri del governo, con l’eccezione del
suo ministro degli Esteri Sonnino.
La Prima guerra mondiale
1. La belle époque (Come viene definito il periodo che precede la Prima guerra mondiale e che cosa lo caratterizza?)
Belle époque è il nome attribuito al periodo che va dal 1870 circa al 1914, per indicare l’epoca di pace e di sviluppo vissuta dalla
borghesia europea e in particolare francese, che ne assurse a simbolo ed eponimo. Malgrado i contrasti di classe e il crescere delle
rivalità imperialistiche, la belle époque fu caratterizzata da un notevole e ingiustificato ottimismo circa le sorti del mondo borghese,
alimentato dall’impetuoso sviluppo economico e dall’aumento generalizzato del benessere sociale, dalla sostanziale stabilità politica e
dalla convinzione della missione civilizzatrice del colonialismo, dai grandi progressi della scienza e della tecnica, dal fiorire della cultura
e delle arti. Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 pose bruscamente fine a questa età di illusioni.
2.
Le cause della I guerra mondiale. Quali furono le “radici” del conflitto? Quali furono le principali cause della Prima guerra
mondiale?
La prima guerra mondiale ebbe inizio in seguito alla grave crisi politica e diplomatica suscitata dall’assassinio a Sarajevo dell’arciduca
Francesco Ferdinando, erede al trono dell’impero asburgico, a opera del nazionalista serbo Gavrilo Princip (28 giugno 1914). Al di là
del contrasto tra l’Austria e la Serbia, le sue radici vanno tuttavia ricercate nei caratteri che furono propri dell’età dell’imperialismo e
nelle relazioni internazionali (in particolare tra gli Stati europei) nel periodo tra gli ultimi decenni del XIX secolo e il 1914. Le tensioni tra
le grandi potenze europee crebbero: il fenomeno più rilevante degli anni 1871-1914 fu il rapido affermarsi della Germania come
maggiore potenza economico-militare del continente e il conseguente acuirsi della rivalità con la Gran Bretagna. Due giganteschi
sistemi di alleanze tra grandi potenze si fronteggiavano in Europa:
•
la Triplice Intesa, formata da Gran Bretagna, Francia e Russia;
•
la Triplice Alleanza, costituita da Germania, Austria-Ungheria e, in posizione ambigua, Italia.
Furono l’Austria e la Germania a dare inizio al conflitto: la prima per consolidare la propria presenza nei Balcani e per liquidare la
Serbia, protetta dalla Russia e uscita rafforzata dalle guerre balcaniche; la seconda per rifarsi delle sconfitte diplomatiche che le
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avevano impedito di crearsi un impero coloniale che fosse adeguato alla sua ormai straordinaria potenza economica, la quale la
opponeva direttamente alla Gran Bretagna.
Anche le altre grandi potenze erano tuttavia disponibili alla guerra: la Russia per riacquistare il prestigio perduto nella guerra russogiapponese del 1904-1905 e completare la propria espansione nei Balcani giungendo agli Stretti; la Francia per ottenere la rivincita nei
confronti della Germania, da cui era stata umiliata nella guerra franco-prussiana del 1870-71; la Gran Bretagna per difendere i propri
interessi economici minacciati dal dinamismo produttivo e commerciale tedesco e quelli geopolitici legati alla sua posizione di potenza
nel mondo extraeuropeo.
3. Le dichiarazioni di guerra e gli schieramenti. Quando e con quali schieramenti di alleanze ebbe luogo la guerra?
Alla dichiarazione di guerra il 28 luglio 1914 dell’Austria-Ungheria alla Serbia, che aveva respinto le condizioni umilianti avanzate da
Vienna, fece seguito l’entrata in guerra di tutte le altre grandi potenze. La Germania dichiarò guerra alla Russia (1° agosto) e due giorni
dopo alla Francia. Il 3 agosto l’Italia dichiarò la propria neutralità, col motivo che la Triplice Alleanza aveva un carattere difensivo. Il 4
agosto la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania. La Germania e l’Austria furono affiancate in momenti successivi dall’Impero
ottomano (novembre 1914) e dalla Bulgaria (ottobre 1915). La Triplice Intesa si ampliò con l’intervento del Giappone (agosto 1914),
dell’Italia (maggio 1915) e della Romania (luglio 1916). Complessivamente, a fianco delle due coalizioni originarie si schierarono altri
18 stati tra cui anche gli Stati Uniti, che entrarono in guerra contro la Germania nell’aprile del 1917.
4. Le reazioni della popolazione e i socialisti. Quali furono le reazioni della popolazione e dei partiti socialisti?
L'esplosione di un conflitto di tanto vaste proporzioni fu favorita dal nazionalismo aggressivo che si era diffuso in vasti settori di
opinione pubblica. Lo scoppio della guerra ebbe in quasi tutti i paesi un entusiastico appoggio popolare, che dimostrò l’influenza
esercitata sulle masse dai sentimenti imperialistici e nazionalistici. La grande industria e l'alta finanza sostennero la guerra, vista come
possibilità di espansione e di illimitati profitti, ma l’ideologia nazionalista aveva influenzato persino il movimento operaio organizzato
nella II Internazionale, i cui partiti (il tedesco e il francese in primo luogo) votarono i crediti di guerra e appoggiarono i governi di unità
nazionale. Spacciando la guerra come “difensiva” e necessaria alla salvezza della patria, essi sconfessarono le recenti affermazioni
pacifiste e antimperialiste del Congresso internazionale di Basilea (1912).
5. Le aree del conflitto. Quali furono le principali aree geografiche interessate dal conflitto?
Per quanto il conflitto si sviluppasse anche nelle colonie tedesche dell’Africa – che furono per lo più rapidamente conquistate dalle
potenze dell’Intesa – e su tutti i mari, la prima guerra mondiale fu essenzialmente una guerra europea e sul suolo europeo si
combatterono tutte le battaglie decisive.
6. La guerra lampo. Quali obiettivi perseguiva la strategia militare tedesca. Quale concezione della guerra fu smentita?
Le attese generali erano di una soluzione rapida del conflitto. La superiorità assoluta dell’attacco sulla difesa era un dogma all'inizio
della guerra, e su questa base la Germania impostò la sua preparazione al conflitto, convinta di poter combattere una guerra lampo. Il
piano Schlieffen prevedeva che il grosso delle truppe fosse diretto a ovest, attraverso il Belgio, contro la Francia per poi volgersi, una
volta ottenuta una rapida vittoria, sul fronte orientale contro la Russia, molto lenta nel mobilitare il suo notevole potenziale umano,
prima che potesse impegnare le truppe tedesche. Gli avvenimenti bellici dimostrarono subito che la combinazione di due nuove armi,
la mitragliatrice e il filo spinato, consentivano a eserciti interrati in trincee scavate in breve tempo e appoggiati dall'artiglieria di creare
uno sbarramento contro cui era destinato a infrangersi qualsiasi attacco di fanteria o cavalleria nemica. Il conflitto si trasformò in una
tremenda guerra di trincea. Nella guerra furono impiegati su larga scala i gas asfissianti, si sviluppò l'aviazione, che ai compiti iniziali di
osservazione aggiunse il bombardamento e la difesa del proprio cielo. Inglesi e Francesi impiegarono i primi carri armati, troppo tardi
per influire in modo decisivo sul conflitto, in tempo però per dimostrare le loro enormi potenzialità.
7. Il fallimento della “guerra di movimento” Quale fu l’esito della guerra di movimento?
Lo slancio tedesco sul fronte occidentale fu arrestato prima dai francesi sulla Marna (6-12 settembre 1914) e poi dagli anglo-francesi a
nord, verso la Manica, a Yser (18 ottobre – 10 novembre) e a Ypres (23 ottobre – 15 novembre). La guerra di movimento si trasformò
in guerra di logoramento, lungo oltre ottocento chilometri di trincee. Sul fronte orientale, le vittorie tedesche di Tannenberg (27-30
agosto) e dei Laghi Masuri (8-10 settembre) sulle truppe russe furono in parte compensate dai successi riportati da queste sugli
austriaci in Galizia. In ogni caso, la resistenza opposta dai russi costrinse la Germania a distogliere parte del proprio esercito dal fronte
occidentale, favorendo la controffensiva dei francesi e determinando il sostanziale fallimento del piano Schlieffen.
8. Neutralisti e interventisti. Chi fece parte dei due schieramenti, neutralisti e interventisti?
Il 3 agosto 1914 il governo Salandra aveva dichiarato la neutralità italiana, perché l’Austria non l’aveva consultata e perché il trattato
della Triplice Alleanza aveva carattere prevalentemente difensivo.
L’Italia si divise tra neutralisti e interventisti.
Neutralisti:
− una parte degli industriali, mirante a realizzare grossi profitti procurando a entrambi i campi belligeranti forniture belliche;
questo settore trovava espressione politica nelle posizioni dei liberali giolittiani e nel loro principale organo, La Stampa di
Torino; Giolitti era profondamente convinto che, per quanto riguardava le terre irredente, «molto si sarebbe potuto ottenere
senza guerra», cioè attraverso negoziati con l'Austria, in cambio della neutralità italiana;
− i cattolici, sotto il pontificato di Benedetto XV, per i legami con la cattolica Austria e per ragioni di principio;
− la maggioranza del Partito socialista, unico nell'ambito della II Internazionale a opporsi alla guerra, pur con un sostanziale
immobilismo che si espresse nella formula «né aderire né sabotare», dopo l’entrata in guerra.
Interventisti:
− L'intervento a fianco dell'Intesa era voluto dai settori dell'industria che aspiravano ai superprofitti di guerra e a liberarsi del
capitale tedesco in Italia; di essi erano portavoce i liberal-conservatori (quali Salandra, capo del governo, e Sonnino, ministro
degli Esteri dall'ottobre 1914) e il Corriere della Sera di Luigi Albertini.
− Nazionalisti, dannunziani e futuristi, che esaltavano la guerra per se stessa, passarono dall'iniziale appoggio agli Imperi
Centrali a una accesa campagna a favore dell'intervento a fianco dell'Intesa.
− Benito Mussolini nel novembre 1914 passò dal campo neutralista a quello interventista-nazionalista e fu espulso dal P.S.I.
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−
In nome dell’eredità risorgimentale erano interventisti anche i socialisti riformisti di Bissolati, molti repubblicani, sindacalisti
rivoluzionari come Corridoni, gli irredentisti capeggiati da Cesare Battisti, e quanti videro nella guerra condotta dall'Intesa la
difesa della democrazia e delle nazionalità oppresse contro l'assolutismo reazionario.
9. L’intervento dell’Italia. Come si giunse all’entrata in guerra dell’Italia?
Sonnino tentò, tramite trattative con l'Austria, di ottenere compensi territoriali nel Trentino in cambio del mantenimento della neutralità
italiana. Ma l'Austria non fu disposta a fare concessioni se non nell'aprile del 1915, cioè dopo il fallimento dell'offensiva invernale contro
la Russia nei Carpazi e della guerra-lampo a occidente: a questo punto però l'Italia aveva iniziato (dal marzo 1915) le trattative segrete
con l'Intesa, che si conclusero il 26 aprile 1915 con la sottoscrizione del Patto di Londra, in base al quale l'Italia si impegnava a entrare
in guerra a fianco dell'Intesa entro un mese e otteneva in caso di vittoria il Trentino e l'Alto Adige fino al Brennero, Trieste, l'Istria e
metà della Dalmazia e delle isole costiere.
Il 9 maggio Giolitti, all'oscuro del patto, giunse a Roma sperando di raccogliere intorno a sé la maggioranza parlamentare neutralista
perché sconfessasse col suo voto l'operato del governo Salandra, che decise, il 13 maggio, di presentare le dimissioni senza attendere
il voto in Parlamento. Dopo un periodo di consultazioni, il re respinse le dimissioni di Salandra (16 maggio) e convocò la Camera dei
Deputati che appoggiò, esclusi e socialisti, la richiesta di «poteri straordinari in caso di guerra». Il 24 maggio l'Italia dichiarava guerra
all'Austria-Ungheria.
10. La guerra nel 1915-16. Quale fu l’andamento della guerra nel 1915-16?
Tra il giugno e il dicembre del 1915 quattro diverse offensive italiane sull’Isonzo e sul Carso si tramutarono in altrettanti fallimenti. La
Bulgaria, nell’ottobre dello stesso anno, si schierò con le forze austro-tedesche determinando la sconfitta della Serbia. Il 1915 si chiuse
con un bilancio complessivamente favorevole agli imperi centrali ma il 1916 si caratterizzò essenzialmente per il tentativo infruttuoso
dei tedeschi di sconfiggere definitivamente i francesi nella battaglia di Verdun, che provocò sui due fronti oltre seicentomila morti. Essa
fu seguita dalla controffensiva anglo-francese della Somme, nella quale furono impiegati i primi carri armati, che provocò quasi un
milione di morti. In maggio gli austriaci scatenarono contro gli italiani la Strafexpedition, una spedizione punitiva rivolta a punire i
“traditori”. Essa fu seguita da una serie di controffensive italiane di scarso successo, che portarono solo alla presa di Gorizia. In giugno
i russi riuscirono a operare lo sfondamento delle linee austriache e la capitolazione dell’Austria fu evitata soltanto per l’intervento di
truppe tedesche. L’offensiva russa indusse la Romania a entrare in guerra a fianco dell’Intesa. Il 28 agosto l’Italia dichiarò guerra
anche alla Germania. Dopo aver subito dure sconfitte da parte dei turchi, gli inglesi attivarono la rivolta araba contro questi ultimi. Nel
maggio di quell’anno la flotta tedesca subì una sconfitta da parte di quella inglese nella battaglia che si svolse nei pressi della penisola
dello Jutland.
11. Il 1917: la sconfitta russa, l’intervento americano, Caporetto. Quali furono gli avvenimenti più significativi che segnarono
il 1917?
Nel gennaio del 1917 proposero la pace, senza però impegnarsi a liberare i territori occupati (in Francia e in Belgio). Perciò essa fu
respinta da parte delle potenze dell’Intesa. In agosto papa Benedetto XV invitò inutilmente le potenze europee a far cessare l’<<inutile
strage>>, Il generale tedesco Hindemburg lanciò una massiccia guerra sottomarina per impedire i rifornimenti all’Inghilterra e per
forzare il blocco navale inglese. Quest’atto provocò l’entrata in guerra degli USA (6 aprile 1917), che compensò il crollo ormai
imminente della Russia zarista, il cui esercito, dopo lo scoppio della rivoluzione antizarista, si andava rapidamente disgregando. Infatti
nel marzo del 1917 (febbraio secondo il calendario russo) un’insurrezione popolare a Pietrogrado aveva costretto lo zar Nicola II
Romanov ad abdicare e si era costituito un governo provvisorio, che confermò l’impegno nel conflitto ma che non riuscì a evitare il
disfacimento dell’esercito. Oltre agli Stati uniti, entrarono in guerra contro la Germania anche la Grecia, la Cina e il Brasile.
Sul fronte occidentale, nel 1917 i contendenti mantennero sostanzialmente le proprie posizioni e l’unico evento di rilievo fu lo
sfondamento delle linee italiane da parte delle truppe austro-tedesche a Caporetto (24 ottobre), fermato sul fiume Piave, che provocò
in Italia la caduta del governo Boselli, la formazione di un governo Orlando e la sostituzione del generale Luigi Cadorna con il generale
Armando Diaz alla guida dell’esercito. Dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi in Russia, il nuovo governo guidato da Lenin
avviò trattative di pace con i tedeschi, che portarono in dicembre all’armistizio di Brest-Litovsk.
12. Il 1918. Quali eventi caratterizzarono la fase conclusiva della guerra, nel 1918?
Il 1918, inaugurato dal messaggio al Congresso del presidente americano Wilson (8 gennaio), in cui si delineavano i “quattordici punti”
su cui avrebbe dovuto essere fondata la pace futura, registrò anche il massimo apporto di uomini e mezzi da parte degli Stati Uniti.
Il 3 marzo fu firmata la pace di Brest-Litovsk tra la Germania e la Russia bolscevica, che impose ai russi durissime condizioni. A ovest,
nonostante importanti successi parziali, i tedeschi non riuscirono a sfondare le linee francesi: la seconda battaglia della Marna (15-17
luglio) segnò invece l’inizio della controffensiva alleata che raggiunse il culmine con la battaglia di Amiens (8-11 agosto).
La proposta tedesca di trattative fu respinta. In quattro mesi la Francia del nord fu riconquistata e la Germania, vicina al crollo, dovette
affrontare anche una crisi interna che si concretizzò in una riforma costituzionale che introdusse, tra l’altro, il regime parlamentare. Ne
sarebbe seguito il crollo dell’impero guglielmino.
Nel frattempo, gli austriaci, mentre era in corso la disgregazione dell’impero austroungarico, erano stati sconfitti definitivamente il 24
ottobre dall’offensiva generale delle truppe italiane a Vittorio Veneto; i turchi avevano subìto numerose sconfitte in Siria e Palestina;
l’esercito bulgaro era stato cacciato dalla Macedonia, dalla Serbia e dalla Romania. Il 3 novembre 1918 l’Austria firmò l’armistizio con
l’Italia e l’11 novembre la Germania quello con le potenze dell’Intesa.
13. La prima guerra mondiale e le trasformazioni nella società. Quali conseguenze economiche e sociali produsse la guerra?
Il prolungarsi contro ogni aspettativa della guerra ebbe conseguenze di enorme importanza sulla politica, sulla mentalità collettiva,
sull’economia e sui rapporti sociali. La guerra, con il suo enorme consumo di materiali e il bisogno di sostenere milioni di uomini in
armi, indusse le economie e in specie le industrie dei paesi coinvolti a mobilitare tutte le loro energie.
La forza militare divenne come mai in precedenza il frutto di quella industriale e della disponibilità di materie prime. Nonostante lo
sviluppo industriale tedesco, gli imperi centrali, grazie anche agli effetti del blocco navale imposto dagli inglesi, si trovarono in una
crescente inferiorità, accresciuta enormemente dopo l’intervento americano nel 1917. La mobilitazione del “fronte interno”, data la
mancanza di mano d’opera maschile, portò a un ingresso massiccio delle donne nei settori produttivi.
Lo Stato, divenuto il principale committente dell’industria, accrebbe in modo massiccio il proprio intervento in campo economico. In
Germania l’interventismo statale raggiunse il suo apice, dando luogo a forme di accentuata pianificazione dell’economia. I profitti
andarono in maniera massiccia a favore di gruppi di speculatori, i cosiddetti “pescecani o profittatori di guerra”, la cui ricchezza
contrastava in maniera stridente con la miseria della maggior parte della popolazione.
14. L’opposizione alla guerra. In che modo si manifestò l’opposizione alla guerra ?
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Le grandi battaglie e la prolungata guerra di trincea trasformarono la guerra in una gigantesca e crudele carneficina, portando ben
presto il nazionalismo di massa a cedere alla disillusione e a creare le condizioni del diffondersi di sentimenti di opposizione alla
guerra. Nelle trincee, specie a partire dal 1917, per mantenere la disciplina fu necessario ricorrere a una durissima repressione,
culminata anche nella decimazione di interi reparti. I governi fecero ricorso alla propaganda, per alimentare lo sforzo bellico e per
contrastare l’opposizione pacifista e antimilitarista. I socialisti europei organizzarono nel settembre del 1915 la conferenza di
Zimmerwald e nell’aprile del 1916 quella di Kienthal, in cui la maggioranza auspicò una pace “senza annessioni e indennità” mentre la
minoranza, tra cui Lenin e i suoi seguaci, teorizzò che la guerra imperialistica doveva essere l’occasione per organizzare la rivoluzione.
15. I trattati di pace e la Società delle Nazioni. Quali furono le condizioni di pace imposte ai paesi sconfitti?
La conferenza generale per la pace fu aperta a Parigi il 18 gennaio 1919, con l’esclusione dei vinti, che furono dichiarati responsabili
della guerra. L’Italia fu emarginata perché considerata come una potenza minore.
Il trattato di pace con la Germania, firmato a Versailles il 28 giugno 1919, impose ai tedeschi condizioni durissime: disarmo pressoché
totale; smilitarizzazione della zona del Reno e occupazione militare francese della riva sinistra; restituzione dell’Alsazia-Lorena alla
Francia, occupazione da parte dei francesi per 15 anni della regione della Saar; cessione alla Polonia di parte dell’Alta Slesia, della
Posnania e di gran parte della Pomerania, alla Danimarca dello Schleswig settentrionale; perdita di tutte le colonie; pesantissime
sanzioni economiche (fu fissata una cifra astronomica per il risarcimento dei danni di guerra.
La pace tra le potenze dell’Intesa e l’Austria fu firmata a Saint-Germain il 10 settembre 1919. L’impero austroungarico si trovò dissolto:
si formarono nuovi stati come Cecoslovacchia, Polonia e Iugoslavia; l’Austria fu separata dall’Ungheria; la Galizia fu attribuita alla
Polonia, la Bucovina alla Romania, il Trentino, il Sud Tirolo (Alto Adige) e l’Istria all’Italia. L’Austria fu ridotta a un ottavo del territorio del
suo ex impero. Il 4 giugno 1920 fu firmato il trattato del Trianon con l’Ungheria, che fu privata di oltre 12 milioni di abitanti e di territori a
favore di Cecoslovacchia, Iugoslavia e Romania. Come alla Germania, anche all’Austria e all’Ungheria fu imposto un disarmo
pressoché totale.
Il trattato di pace con la Turchia, firmato a Sèvres il 10 agosto 1920, assegnò, sotto forma di “mandato”, alla Gran Bretagna
l’amministrazione dell’Iraq e della Palestina, alla Francia quella della Siria. Alla Grecia andarono la regione di Smirne, parte della
Tracia e Adrianopoli. Gli Stretti furono posti sotto controllo britannico. Arabia e Yemen acquisirono l’indipendenza, ma, di fatto,
divennero stati vassalli degli inglesi. La Turchia si trovò ridotta a un paese con meno di 8 milioni di abitanti.
In attuazione del progetto del presidente americano Wilson, il 28 aprile 1919 fu costituita la Società delle Nazioni con lo scopo di
assicurare la pace nel mondo e la cooperazione internazionale.
16. L’eredità della guerra. Quale fu in Europa l’eredità della guerra?
La guerra causò il disgregarsi di quattro grandi imperi: tedesco, asburgico, ottomano e russo. Essa vide la creazione del regime
sovietico e creò condizioni rivoluzionarie in molti paesi europei. Il conflitto comportò per l’Europa devastazioni senza precedenti, una
pace fragile, circa 10 milioni di morti (di cui circa 600.000 italiani) e numerose tensioni sociali e politiche. Esso sancì la fine del
predominio del continente europeo sul mondo intero, facendo emergere nuove potenze come gli Stati Uniti e il Giappone. Enormi
erano i debiti dei Paesi dell'Intesa verso gli U.S.A. ai cui prestiti dovette ricorrere anche la Germania, per la ricostruzione. In tutti i Paesi
europei gli anni della guerra e del primo dopoguerra furono caratterizzati da una profonda crisi economico-sociale, con il continuo
aumento dei prezzi dei prodotti. Questa crisi portò all’impoverimento delle masse popolari e alla rovina dei ceti piccolo-borghesi e di
quanti vivevano di redditi fissi, mentre ne beneficiarono, i grandi imprenditori gli industriali, i banchieri, i grandi azionisti, che
realizzarono alti profitti grazie alle condizioni di monopolio del periodo bellico e al crescente interventismo statale, attraverso le
commesse belliche e i finanziamenti accordati alle industrie.
Rivoluzione russa – Stalinismo
1. La Russia all’inizio del ‘900 e la rivoluzione del 1905
Guidato da un sistema autocratico e assolutistico imperniato sulla figura dello Zar, l'Impero russo negli ultimi anni del XIX secolo era
attraversato da profonde contraddizioni sociali. La Russia era lo stato europeo più arretrato, tuttavia l’industrializzazione del paese era
stata avviata: si erano sviluppati grossi agglomerati urbano-industriali, in cui l'Europa investiva ingenti capitali; tra il 1888 e il 1913 la
rete ferroviaria raddoppiò e quella telegrafica quadruplicò; le esportazioni di cereali e di prodotti industriali crebbe notevolmente.
All'inizio del 1900 le condizioni di vita nelle campagne erano notevolmente peggiorate. Si susseguirono le sommosse contadine e le
manifestazioni di protesta degli operai. Nel 1904 la sconfitta in una guerra contro il Giappone, aveva alimentato le tensioni interne. La
Russia zarista viveva un momento molto difficile, e il tradizionale sistema di potere autocratico rivelava tutta la sua debolezza. Il 9
gennaio 1905 (domenica di sangue) una manifestazione popolare fu duramente repressa dall’esercito. I socialdemocratici, che nel
congresso del 1903 si erano divisi in due correnti, quella maggioritaria dei bolscevichi e quella minoritaria dei menscevichi, tentarono di
porsi a capo del moto popolare. Consigli di operai (soviet) si formarono a Mosca, San Pietroburgo e in altre città, mentre nelle
campagne si diffusero le rivolte contro i proprietari terrieri. Lo Zar si vide costretto a fare alcune concessioni: nell'ottobre 1905, su
pressione di Sergej Vitte, che era stato nominato primo ministro, Nicola II concesse una costituzione che proclamava i basilari diritti
civili per tutti i sudditi; promise inoltre l'elezione di una Duma, ovvero di un parlamento, i cui poteri tuttavia erano piuttosto limitati. Alla
fine del 1905 il governo riuscì, anche grazie a una pesante opera di repressione, a riprendere il controllo del paese.
2. Rivoluzione russa del 1917: le cause.
Il regime parlamentare, concesso dallo zar in seguito alla rivoluzione del 1905, fu ben presto ridimensionato, la Duma più volte sciolta, i
suoi poteri drasticamente ridotti. La riforma agraria del 1907 si rivelò in pratica un fallimento, mentre la forte crescita industriale favorì
l'esodo dei contadini dalle campagne e aumentò notevolmente il numero dei proletari, concentrati in poche città. Il governo zarista
rafforzò l'apparato poliziesco e anziché tentare di risolvere, i più gravi problemi sociali moltiplicò gli arresti e le deportazioni, censurò,
sequestrò, represse. Tutto ciò mise in crisi, per qualche momento, i partiti rivoluzionari ma non ne impedì lo sviluppo. Il governo,
inoltre, avviò l'alleanza con la Francia e la Gran Bretagna, favorì l'afflusso del capitale straniero, potenziò l'esercito. La partecipazione
alla Prima guerra mondiale fu un massacro che comportò enormi perdite e nel 1916 il numero dei disertori raggiunse il milione. Il
malcontento della popolazione crebbe e la Russia divenne una polveriera pronta a esplodere.
3. La rivoluzione di febbraio.
Una prima scintilla fu l'anniversario della domenica di sangue del 1905, quando ancora una volta la polizia sparò sulla folla in varie
città, uccidendo diversi manifestanti. Il 23 febbraio 1917 (8 marzo per il calendario occidentale) fu proclamato uno sciopero generale e
la rivolta di operai e soldati di Pietrogrado costrinse lo zar Nicola II ad abdicare. I principali partiti che componevano la Duma, ottobristi
(monarchico-costituzionali) e cadetti, formarono un governo provvisorio, guidato dal principe Georgij E. L’vov. In un secondo momento,
entrò a far parte dell’esecutivo anche il socialrivoluzionario Aleksander Kerenskij, come ministro della Giustizia. Il governo provvisorio
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aveva due obiettivi: costruire un regime liberal-parlamentare e proseguire il conflitto contro la Germania. Tuttavia, al potere ufficiale si
affiancò presto quello dei Soviet, organismi di rappresentanza eletti nelle fabbriche, nelle campagne e nell’esercito, che da Pietrogrado
si erano diffusi in tutto il paese. Intanto nelle campagne i contadini iniziarono a insorgere dando l’assalto alle terre dei grandi
proprietari.
4. Le Tesi di aprile.
In questo clima Lenin, leader del partito bolscevico, rientrò in Russia insieme con un gruppo di dirigenti. Accolto il 4 aprile a Pietrogrado
da una folla entusiasta, enunciò le “tesi di aprile”: nessun appoggio al governo provvisorio e “tutto il potere ai Soviet”; confisca delle
terre di tutti i grandi proprietari; nazionalizzazione delle banche; creazione di una nuova Internazionale per sostenere la rivoluzione
negli altri paesi. Le parole d’ordine dei bolscevichi erano ancora minoritarie all’interno dei Soviet, ma trovavano sempre più consensi in
un paese stremato dalla guerra.
5. I falliti tentativi controrivoluzionari
Si costituì intanto un secondo governo provvisorio, di cui fecero parte sei ministri socialisti su quattordici. Kerenskji, divenuto ministro
della Guerra, scatenò un’offensiva militare in Galizia ma l’esito fu disastroso. All’inizio di luglio, a Pietrogrado, i bolscevichi e i
socialrivoluzionari di sinistra cercarono di trasformare una manifestazione popolare in insurrezione. Il loro fallimento permise al governo
di scatenare un’offensiva contro il partito bolscevico: Lenin fu costretto a rifugiarsi in Finlandia, Trotzkij fu arrestato e furono sospese le
pubblicazioni del giornale bolscevico “Pravda”. Il 26 agosto il generale Kornilov, comandante in capo dell’esercito, tentò di effettuare un
colpo di stato, ordinando alle sue truppe di marciare verso la capitale. Kerenskji fece allora appello ai Soviet e alle organizzazioni
rivoluzionarie: una parte delle unità militari si mobilitò in difesa del governo e fu costituita la guardia rossa operaia, mentre l’avanzata
dell’esercito di Kornilov fu ostacolata dall’azione dei ferrovieri che impedirono il trasporto delle truppe. Il tentativo controrivoluzionario
fallì completamente, mentre crebbe il prestigio dei bolscevichi, protagonisti della resistenza, che conquistarono la maggioranza nei
Soviet di Pietrogrado e di Mosca. Una profonda crisi investì, al contrario, il governo provvisorio in seguito alle dimissioni dei cadetti.
Socialrivoluzionari e menscevichi non riuscirono, inoltre, a trovare un accordo sulla linea politica da seguire. Fu così il Soviet di
Pietrogrado, presieduto da Trotzkij, a dominare la scena rivoluzionaria.
6. La rivoluzione d’ottobre.
Il 10 ottobre (calendario russo) si svolse la riunione del comitato centrale del partito bolscevico che prese la decisione, su proposta di
Lenin, di passare all’insurrezione armata. Contrari si dichiarano due fra i più autorevoli dirigenti del partito, Kamenev e Zinov’ev.
Tuttavia, prevalse la convinzione che quello fosse il momento opportuno per agire, perché il partito bolscevico godeva della fiducia
popolare. Inoltre, Lenin pensò che la rivoluzione mondiale fosse imminente e che le forze reazionarie stessero preparando un altro
colpo di stato. Fu così creato un comitato insurrezionale composto da 48 bolscevichi, 14 socialrivoluzionari di sinistra e 4 anarchici.
Nella notte tra il 6 e il 7 novembre (24/25 ottobre per il calendario russo), sotto la direzione del comitato insurrezionale insediatosi
all’istituto Smolnyi, sede del Soviet di Pietrogrado, le truppe rivoluzionarie occuparono i punti strategici della città. Il presidente della
Duma, Kerenskji, si diede alla fuga a bordo di una vettura dell’ambasciata americana, mentre gli altri ministri restarono asserragliati in
attesa di rinforzi. Il Palazzo d’Inverno, sede del governo provvisorio, era presidiato da un migliaio di ufficiali cadetti e da un battaglione
di donne. Un ultimatum delle forze rivoluzionarie concesse mezz'ora ai ministri per arrendersi, minacciando di aprire il fuoco con i
cannoni della fortezza di Pietro e Paolo e delle navi da guerra. Scaduto l'ultimatum, verso le nove di sera un colpo di cannone a salve
sparato dalla fortezza di Pietro e Paolo diede il segnale d'inizio dell'attacco al Palazzo d'Inverno. Iniziò il cannoneggiamento ma pochi
colpi andarono a segno, mentre nel frattempo un gruppo di combattenti bolscevichi penetrò in un'ala del palazzo e ottenne la resa dei
resistenti. Il 26 ottobre (8 novembre) alle 2 e 10 di notte i soldati rivoluzionari entrarono nella sala del governo provvisorio: i ministri
furono arrestati e condotti alla fortezza di Pietro e Paolo. Alle 2 e 30 di notte Kamenev, in qualità di presidente del congresso dei
Soviet, annunciò la caduta del Palazzo d'Inverno e alle cinque di mattina fu decretata l'assunzione del potere da parte dei Soviet.
7. I provvedimenti del governo bolscevico.
Una serie di decreti del Congresso dei Soviet annunciò: l'avvento di una pace senza annessioni né indennità; la nazionalizzazione
delle grandi proprietà terriere e la distribuzione delle terre ai contadini, il controllo operaio sulle fabbriche, l'istituzione di un governo di
“commissari del popolo”. Chiuso il Congresso, proseguì l'attività legislativa del nuovo governo: un decreto sospese la libertà di stampa,
un altro creò la milizia operaia (poi Armata Rossa), un terzo proclamò l'eguaglianza e la sovranità dei popoli dell'ex Impero russo, riuniti
volontariamente in un'Unione Sovietica (15 novembre), altri nazionalizzarono le banche e le industrie e soppressero il commercio
privato. Il governo bolscevico, benché ostile a un’Assemblea Costituente, non si oppose alla sua convocazione (18 gennaio 1918).
Guidata dai social-rivoluzionari, essa assunse un atteggiamento di netta opposizione ai recenti decreti governativi. Abbandonata
l'assemblea, i bolscevichi la dispersero con un intervento di forza. Nel luglio 1918 fu promulgata la nuova Costituzione, che sanciva la
dittatura del proletariato, privando dei diritti politici i borghesi ostili al nuovo ordine.
8. La pace di Brest-Litovsk.
Nonostante forti resistenze interne, il 3 marzo 1918 fu firmato il trattato di Brest-Litovsk, un accordo che imponeva alla Russia la
cessione di numerosi territori già occupati dalle truppe tedesche, comprendenti ben un terzo della popolazione e a circa metà degli
impianti industriali del Paese. L’accettazione di queste condizioni, definite “vergognose” dallo stesso Lenin, provocò la rottura tra
bolscevichi e socialrivoluzionari di sinistra. Questi ultimi tentarono di riportare il Paese in guerra organizzando l’assassinio
dell’ambasciatore tedesco e un attentato a Lenin, nel quale il leader bolscevico restò gravemente ferito. Sventato il colpo di stato, il
governo sovietico varò drastiche misure per fronteggiare le enormi difficoltà causate dalla guerra, dal blocco economico imposto dagli
Alleati e dalla controrivoluzione interna.
9. La guerra civile.
Le nazioni occidentali, temendo il diffondersi della rivoluzione bolscevica, organizzarono un intervento militare contro il potere sovietico
fornendo consistenti aiuti alle ”armate bianche”, le truppe fedeli al regime zarista. Ma l’Armata Rossa, organizzata da Trotzkij,
commissario del popolo per la guerra, respinse i vari tentativi di penetrazione nella regione di Mosca e Pietrogrado, per poi attuare una
controffensiva che portò in seguito alla definitiva sconfitta delle forze controrivoluzionarie.
10. Kronstadt e la NEP.
Nel 1921, un anno difficile che vide la chiusura di molte fabbriche e una grave penuria di generi alimentari, scoppiò la rivolta
antibolscevica dei marinai di Kronstadt, che si ribellarono e resistettero per oltre due settimane alle forze governative. Lenin si vide
costretto a reprimere la rivolta con la forza (marzo 1921). In Russia si moriva di fame, di freddo, di stenti e nessun aiuto proveniva
dall'estero, perché molti Stati avevano deciso il blocco delle relazioni commerciali con la Russia. Nel tentativo di rilanciare l’economia
fu istituita la Nuova Politica Economica (N.E.P.), che reintrodusse l'iniziativa privata nelle piccole e medie industrie e nel commercio
interno e riammise il diritto alla proprietà privata.
11. Nascita dell’URSS, nuova Costituzione.
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Il 27 dicembre 1922 fu decisa, al Congresso Panrusso dei Soviet, la creazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, che
diventò uno Stato plurinazionale. Nel gennaio 1924 entrò in vigore la Costituzione dell'U.R.S.S., che prevedeva la dittatura del
proletariato: i borghesi, gli ecclesiastici e quanti non svolgevano un lavoro produttivo erano esclusi dal voto.
12. La morte di Lenin e la lotta tra Stalin e Trotzkij.
Il 21 gennaio 1924 Lenin, già ammalato da tempo, morì a Gorki presso Mosca. La sua morte scatenò uno scontro durissimo per la
“successione”, che si trascinò dal 1924 al 1927 dentro e fuori il partito, nelle piazze e sui giornali, tra le tesi di Stalin e quelle di Trotzkij.
Quest’ultimo sosteneva la necessità di compiere ogni sforzo per favorire lo scoppio della rivoluzione in Europa, pena il fallimento della
rivoluzione in Russia (Teoria della “rivoluzione permanente”); Stalin sosteneva invece che occorreva rinunciare all’”esportazione”
immediata della rivoluzione in Europa e mirare al consolidamento del socialismo in Russia (Teoria del “socialismo in un paese solo”).
Stalin si sbarazzò di Trotzkij e in seguito anche di Bucharin. Abrogata la N.E.P., diede inizio (1929) alla collettivizzazione delle
campagne e alla eliminazione dei kulaki (contadini ricchi), avviò un processo di industrializzazione a tappe forzate, mediante i
cosiddetti piani quinquennali. Il primo piano quinquennale (1928-32) fece compiere un grande balzo in avanti all'industria russa, specie
a quella metalmeccanica, dell'acciaio ed estrattiva (industria pesante). Negli anni ’30 la crescita industriale fu imponente ma a questo
sviluppo fecero da contrappeso le carestie (1931 e 1933), la qualità scadente dei prodotti dell'industria, la povertà dei contadini, la
penuria dei beni di consumo.
13. Il regime totalitario di Stalin.
Il regime totalitario di Stalin si fu una sorta di ritorno all’ordine: gli sforzi dei lavoratori furono esaltati (stachanovismo) e premiati (salari
differenziati); si riportò la disciplina nella scuola; si esaltò di nuovo il concetto di patria, si reintrodusse il culto delle tradizioni, degli eroi,
degli scrittori della vecchia Russia. Nel 1936 fu promulgata la nuova Costituzione, apparentemente più elastica e meno radicale di
quella del 1924. Furono formalmente riconosciuti a tutti gli stessi diritti, compreso quello di voto, ed erano ammesse la libertà di
coscienza, di parola, di stampa, di riunione. Tuttavia, al Partito comunista era assicurata una preminenza assoluta su ogni altra
istituzione statale e non era prevista nessuna forma d'opposizione. Dopo il 1936, il regime attraversò un periodo di crisi e la dittatura di
Stalin fu difesa con misure straordinarie: si susseguirono (1936-38) i processi contro i veri o presunti nemici del regime e quasi tutti i
vecchi dirigenti del partito, protagonisti della rivoluzione bolscevica, furono eliminati: scomparvero Zinovev, Kamenev, Bucharin,
Ordzonikidze, Jagoda, Tuchacevskij e molti altri. Mentre da un lato si instaurava uno spietato regime autoritario e repressivo, dall’altro
la propaganda tesseva le lodi del dittatore, trasformandone l’immagine in quella di un semidio, attraverso il cosiddetto “culto della
personalità”.
Esercizi
1. Quali erano le condizioni della Russia pre-rivoluzionaria?
2. Quali avvenimenti caratterizzarono la rivoluzione del 1905?
3. Quali furono le principali cause della rivoluzione russa?
4. Quali eventi caratterizzarono la rivoluzione di febbraio del 1917?
5. Che cosa sostenevano le Tesi di aprile di Lenin?
6. Quali eventi caratterizzarono la rivoluzione d’ottobre?
7. Quali provvedimenti furono adottati dal governo bolscevico dopo la presa del potere?
8. Che cosa fu la pace di Brest-Litovsk?
9. Quale esito ebbe la guerra civile?
10. Che cosa fu la NEP?
11. Quando nacque l’URSS e che cosa prevedeva la nuova costituzione?
12. Quali caratteristiche e quali conseguenze ebbe l’ascesa al potere di Stalin?
13. Che cosa caratterizzò il regime totalitario di Stalin?
FASCISMO
1. La crisi del dopoguerra in Italia.
La I Guerra mondiale, nonostante la vittoria, creò in Italia una situazione di profonda crisi e di forti conflitti politici e sociali. I morti erano
stati oltre 600000, circa 450000 i feriti o mutilati. L’Italia ottenne dai trattati di pace il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e le isole del
Dodecanneso, ma non tutti i compensi previsti dal patto di Londra. I nazionalisti iniziarono una violenta campagna contro il governo,
accusandolo di essersi piegato alle decisioni di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il poeta Gabriele D’Annunzio, che coniò la
definizione di “vittoria mutilata”, occupò la città di Fiume (12 settembre 1919) con reparti di ex-militari volontari. I socialisti, invece,
misero sotto accusa la classe dirigente liberale e i nazionalisti per aver voluto la guerra. Il dopoguerra vide l’aggravarsi delle tensioni
sociali, a causa della forte inflazione che triplicò il costo della vita dal 1914 al 1919. Il ritorno dei soldati dal fronte e le difficoltà dovute
alla riconversione delle industrie che avevano prodotto per la guerra fecero aumentare notevolmente la disoccupazione. Il 1919-20 fu
un periodo di aspri conflitti sociali: in molte zone del sud i contadini occuparono le terre. Gli operai del nord misero in atto un’ondata di
scioperi e agitazioni che culminò nell’occupazione delle fabbriche, nel 1920. Nel gennaio 1919 nacque il Partito popolare italiano,
formazione politica cattolica guidata da don Luigi Sturzo. Le elezioni del 1919 videro un grande successo dei socialisti e dei popolari e i
liberali, per governare, si allearono con questi ultimi. Alla guida del governo si succedettero prima Francesco Saverio Nitti (1919-20) e
poi Giovanni Giolitti (1920-21). Questi pose fine con successo sia all’avventura fiumana sia all’occupazione delle fabbriche da parte
degli operai (settembre 1920) ma dovette dimettersi di fronte all’ostilità dei socialisti, dei cattolici, dei nazionalisti e del mondo
industriale.
2. Nascita del fascismo
Nel 1919 l’ex dirigente socialista Benito Mussolini fondò il movimento fascista: il 23 marzo, in un salone di un circolo milanese in piazza
San Sepolcro furono fondati i Fasci italiani di combattimento. Si trattò all’inizio di un movimento eterogeneo, che raggruppò diverse
correnti di opposizione: la più numerosa era quella degli interventisti rivoluzionari (ex socialisti, sindacalisti, anarchici); un’altra era
composta dagli ex combattenti e in particolare dagli “arditi”; una terza era rappresentata dagli intellettuali futuristi, guidati da Marinetti.
Dalla loro costituzione fino ai primi giorni di giugno l’attività dei Fasci di combattimento fu assorbita dall’elaborazione del programma,
oscillante fra nazionalismo e riforme democratiche, che rispecchiava l’eterogenea composizione del movimento.
3. L’assalto fascista al municipio di Bologna
Nel novembre 1920 Bologna fu teatro di uno degli episodi più drammatici e significativi dello squadrismo fascista. I socialisti vinsero le
elezioni amministrative di fine ottobre, così i fascisti bolognesi minacciarono disordini e violenze. L’occasione si presentò il 21
novembre, data dell’insediamento del nuovo sindaco che i socialisti vollero festeggiare con una grande adunata popolare nella piazza
del municipio. Nonostante la presenza di un nutrito stuolo di forze dell’ordine, gruppi di fascisti armati riuscirono a schierarsi nella
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piazza gremita da migliaia di persone. Quando il neoeletto sindaco si affacciò al balcone di palazzo D’Accursio per salutare la folla,
dalle file dei fascisti partirono diversi colpi di pistola, cui le “guardie” socialiste sul balcone risposero con il lancio di bombe a mano.
Mentre nella piazza la gente presa dal panico fuggiva, nella sala consiliare i rappresentanti della maggioranza si scagliarono contro
quelli di minoranza al grido di «assassini». La confusione fu tale che non si riuscì mai a sapere esattamente se fu un socialista o un
fascista a sparare dalla tribuna del pubblico, ferendo mortalmente un consigliere dell’opposizione, l’avvocato Giulio Giordani,
nazionalista ed ex combattente. Il bilancio degli incidenti fu di dieci morti e un centinaio di feriti, tutti socialisti o loro simpatizzanti,
eccetto l’avvocato Giordani. L’eccidio di palazzo D’Accursio rappresentò una tappa decisiva dello squadrismo fascista. Da quel
momento le spedizioni punitive e le violenze fasciste contro gli avversari politici, le camere del lavoro, le case del popolo, le
cooperative, si moltiplicarono, senza che lo Stato intervenisse seriamente a punire i colpevoli e a garantire la legalità. Nel corso del
1921, in seguito alle violenze delle squadre fasciste, molte delle amministrazioni conquistate dai socialisti nel 1920 furono sciolte «per
motivi di ordine pubblico» o costrette a dare le dimissioni sotto la minaccia delle violenze.
4. Il PNI e la marcia su Roma
Il fascismo ottenne dapprima l’appoggio degli agrari, in funzione antisindacale e antisocialista, nelle campagne dell’Emilia-Romagna. In
seguito ebbe sempre più il sostegno anche degli industriali, che non si sentivano più sufficientemente protetti dai liberali contro
l’avanzata del movimento operaio. Nel gennaio 1921 al congresso del Partito socialista, tenutosi a Genova, in seguito a una scissione,
nacque il Partito comunista d’Italia, con l’obiettivo di preparare una rivoluzione sul modello sovietico. In novembre sorse anche il Partito
nazionale fascista dalla fusione tra fascisti e nazionalisti. Illudendosi di manovrare i fascisti, Giolitti li fece includere nei “blocchi
nazionali” alle elezioni del 1921. Il governo di Ivanoe Bonomi (1921-22) vide crescere la forza dei fascisti, coinvolti sempre più
frequentemente in scontri sanguinosi con i socialisti e con i comunisti.
In questo contesto, Mussolini organizzò la presa del potere: dopo un ultimo governo liberale, presieduto da Luigi Facta, nell’ottobre del
1922 il fascismo si mobilitò militarmente compiendo la “marcia su Roma”. Il re cedette e affidò l’incarico di formare il governo a
Mussolini, che diede vita a una coalizione di fascisti, nazionalisti, popolari, liberali.
5. Le prime misure autoritarie.
Tra il 1922 e il 1923 Mussolini, creato il Gran Consiglio del fascismo, organizzata la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale,
riformata la scuola per opera di Gentile, introdusse una riforma elettorale (legge Acerbo) che concedeva un forte premio di
maggioranza (i due terzi dei seggi alla Camera) alla lista che avesse ottenuto il maggior numero di voti (almeno il 25%). Le elezioni del
1924, condotte in un clima di violenza contro le opposizioni, diedero ai fascisti e ai loro alleati una maggioranza del 64,9%.
6. Il delitto Matteotti e le “leggi fascistissime”.
In seguito all’assassinio del socialista Giacomo Matteotti nel giugno del 1924, le opposizioni divise diedero vita alla “secessione
dell’Aventino”, ritirandosi dal parlamento nella vana speranza di un intervento del re contro il fascismo, ma andarono incontro a una
totale sconfitta. Rinsaldatosi al potere, dopo un momento di grave crisi, Mussolini procedette nel 1925-26 a varare le “leggi
fascistissime”, volte a rafforzare il potere esecutivo e a reprimere gli oppositori. Esse segnarono la fine delle del pluralismo partitico,
dando vita a un regime totalitario in cui l’unico partito legittimo fu quello fascista. Furono creati un Tribunale speciale per la difesa dello
stato e una polizia politica segreta (OVRA) e i giovani vennero inquadrati nelle organizzazioni del nuovo regime.
7. La repressione degli antifascisti.
Il regime procedette a una capillare repressione contro le forze dell’antifascismo, rivolgendosi con particolare durezza contro i
comunisti, il cui capo, Antonio Gramsci, arrestato nel 1926, morì nel 1937. All’opposizione e per la massima parte in esilio, si trovarono
Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, Piero Gobetti, Turati, Nenni, Sturzo, Nitti, Alcide De Gasperi, i fratelli Carlo e Nello Rosselli,
Emilio Lussu, Palmiro Togliatti.
8. Totalitarismo imperfetto e ricerca del consenso.
Il “duce” Mussolini, con l’appoggio determinante dei ceti medi, dell’élite del potere economico e della Chiesa, stabilì così la sua dittatura
e il fascismo assunse le caratteristiche di un regime totalitario, reso però incompiuto dal “compromesso” stabilito con altri centri di
potere come la monarchia e la Chiesa. L’11 febbraio del 1929 il fascismo pose fine allo storico conflitto fra stato e Chiesa con i Patti
lateranensi: firmati dal cardinale Gasparri per la Santa sede e da Mussolini, essi erano costituiti da tre atti distinti, un trattato, una
convenzione finanziaria e un concordato. Il trattato garantiva alla Santa sede un'assoluta indipendenza, riconoscendo la religione
cattolica come religione di stato. La Chiesa riconosceva il Regno d'Italia con la capitale a Roma, mentre la convenzione finanziaria
impegnava l'Italia a riparare i danni inferti alla Santa sede con l'occupazione di Roma nel 1870, con un versamento di 750 milioni di lire
in contanti e di un miliardo in titoli di stato. Il concordato imponeva ai vescovi di giurare fedeltà allo Stato italiano e stabiliva alcuni
privilegi per la Chiesa cattolica: al matrimonio religioso venivano riconosciuti effetti civili e le cause di nullità ricadevano sotto i tribunali
ecclesiastici; l'insegnamento della dottrina cattolica, definita fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica, diventava obbligatorio
nelle scuole elementari e medie; i preti spretati o colpiti da censura ecclesiastica non potevano ottenere o conservare nessun impiego
pubblico nello Stato italiano.
Abolita la libertà sindacale, varata nel 1927 una Carta del lavoro, postosi il fine di creare un ordine corporativo atto a conciliare i
rapporti fra capitale e lavoro, introdotta nel 1928 una nuova riforma elettorale di tipo plebiscitario ed elevato il Gran Consiglio del
Fascismo a fondamento del governo, il regime sostituì infine nel 1939 la Camera dei deputati con la Camera dei fasci e delle
corporazioni, abolendo di fatto qualsiasi traccia delle istituzioni parlamentari previste dallo Statuto albertino. La tendenza del regime
fascista al totalitarismo si accentuò, nel corso degli anni trenta, mediante la creazione di strumenti più organici e più strettamente
dipendenti dal partito. Al PNF furono attribuite funzioni sempre più ampie di controllo e di influenza sulla vita sociale, che andavano
dall’organizzazione del tempo libero all’educazione delle giovani generazioni. Un esempio significativo di questa politica fu costituito
dall’istituzione della Gioventù italiana del littorio (Gil).
9. La politica economica.
La politica economica, dopo un’iniziale fase di liberismo antistatalistico (1922-25), subì una drastica svolta nel senso di un accentuato
interventismo statale, specie per far fronte alla crisi iniziata nel 1929, e di cui furono massime espressioni la creazione nel 1933
dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), un vasto piano di opere pubbliche, il pieno controllo del sistema bancario, il lancio
della politica “autarchica” volta al massimo sfruttamento delle risorse interne e la battaglia del grano.
10. La politica estera.
In politica estera, il fascismo, dopo le fasi iniziali segnate dall’appoggio alla Francia contro la Germania, dall’ostilità verso il nuovo stato
iugoslavo e dalla protezione dell’indipendenza dell’Austria, culminata nel 1934 e nella seguente conferenza di Stresa (1935) in
un’energica azione contro le mire di Hitler, subì una drastica svolta. La guerra per la conquista dell’Etiopia (1935-36), che oppose
l’Italia alla Società delle Nazioni, sanzionò l’irreversibile alleanza tra fascismo e nazismo. Forte del fallimento delle deboli sanzioni
imposte dalla Società delle Nazioni e vittorioso in Etiopia, nel maggio del 1936 Mussolini proclamò la nascita dell’impero raggiungendo
il massimo di consenso nel paese. La guerra civile spagnola (1936-39), nella quale l’Italia intervenne a fianco dei franchisti, saldò
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definitivamente l’alleanza fra l’Italia e la Germania nazista, che nel 1936 stabilirono l’“asse Roma-Berlino”, nel 1937 il patto
Anticomintern (cui aderì anche il Giappone), nel 1939 il patto d’acciaio. In questo quadro, l’Italia dapprima si ritirò dalla Società delle
Nazioni (1937), quindi accettò nel 1938 l’occupazione dell’Austria da parte dei tedeschi (Anschluss). Alla conferenza di Monaco
(settembre 1938), che provocò la distruzione della Cecoslovacchia, Mussolini appoggiò decisamente la politica di Hitler. La crescente
subordinazione del fascismo al nazismo si espresse anche nell’emanazione nel 1938 di leggi razziali dirette contro gli ebrei,
condannate dalla chiesa. Nel 1939 l’Italia occupò l’Albania.
11. La seconda guerra mondiale.
Scoppiata la seconda guerra mondiale nel settembre del 1939, l’Italia, dopo un periodo di “neutralità armata”, entrò nel conflitto il 10
giugno 1940, in uno stato di grave impreparazione militare, illudendosi che esso fosse ormai prossimo a risolversi in senso favorevole
ai tedeschi. Avendo subito gli italiani irrimediabili insuccessi in Africa, in Grecia e in Russia, nel luglio del 1943 gli angloamericani
sbarcarono in Sicilia, determinando il crollo del regime fascista (25 luglio), dopo che Mussolini era stato messo in minoranza al Gran
Consiglio del fascismo per iniziativa di Achille Grandi. Il duce fu arrestato per ordine del re e il governo venne affidato dal re al
maresciallo Pietro Badoglio, che in una situazione di caos, nel corso del governo detto dei “quarantacinque giorni”, portò il paese fuori
dal conflitto in seguito all’armistizio del 3 settembre, a cui seguirono l’8 settembre il crollo dell’esercito e la fuga a Brindisi del sovrano.
Nell’Italia settentrionale, occupata dai tedeschi, Mussolini, da essi liberato, diede vita il 23 settembre a un regime neofascista
repubblicano (Repubblica Sociale Italiana) con sede a Salò; mentre nell’Italia occupata dagli alleati fu formato il “regno del sud”, che
dichiarò guerra alla Germania il 13 ottobre, con la formazione di governi di coalizione fra i partiti antifascisti guidati da Badoglio (194344) e Bonomi (1944-45). Nell’Italia dominata dai nazifascisti, che misero in atto sanguinose repressioni, si organizzò, sotto la direzione
di Comitato di liberazione nazionale (CLN) e del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI), la Resistenza armata partigiana,
a cui diedero un particolare impulso le formazioni comuniste e quelle del Partito d’azione. Nel 1943-44 vi furono nel nord ripetuti
scioperi. Il 25-26 aprile 1945, ebbe luogo l’insurrezione nazionale. Mussolini, catturato mentre fuggiva in Svizzera, venne giustiziato il
28 aprile.
Esercizi
1. Ricostruisci le tappe dell’ascesa del fascismo, dalle sue origini alla Marcia su Roma.
2. Spiega le vicende del delitto Matteotti e indica quali conseguenze politiche produsse.
3. A partire dal 1925-26 Mussolini fece approvare una serie di leggi autoritarie e repressive: quali?
4. Spiega le caratteristiche della politica economica fascista.
5. Spiega il significato dei termini:
“vittoria mutilata” “Biennio rosso” Autarchia
6. Quando furono varate le “leggi fascistissime” e cosa prevedevano?
7. Che cosa furono i Patti lateranensi e che cosa prevedevano?
8. Come si caratterizzò la politica economica fascista nel periodo 1925-1943?
9. Quali sono i tratti caratteristici del totalitarismo?
10. Che cosa significa il termine fascismo?
11. Quali classi sociali appoggiarono il fascismo?
Nazismo
Che cosa fu la Repubblica di Weimar e che cosa la caratterizzò ?
In Germania, finita la prima guerra mondiale, nel 1919 nacque la Repubblica di Weimar. Durante gli anni della repubblica di Weimar, la
Germania fu aperta alla libertà: le donne godettero di piena emancipazione; la cultura si arricchì di artisti e scrittori straordinari. Nel
1925 fu eletto presidente della repubblica il generale Hindenburg, che durante la guerra aveva imposto al paese una specie di dittatura
militare. La repubblica di Weimar fallì nel suo intento fondamentale: quello di fare della Germania un paese pienamente democratico. I
partiti che sostennero la Repubblica di Weimar furono il partito socialdemocratico (SPD), il partito cattolico del Centro, il piccolo partito
democratico. La repubblica ebbe due nemici irriducibili: i movimenti di estrema destra e i comunisti.
Quale fu la situazione economica e politica della Germania negli anni ’20?
Nel 1923 la Germania sospese i pagamenti dei debiti di guerra, e la Francia, per ritorsione, occupò il territorio della Ruhr. L’inflazione
giunse all’apice, annullando il valore del marco: il pane giunse a costare centinaia di miliardi di marchi al kg. A Monaco vi fu un fallito
tentativo di colpo di stato capeggiato da Hitler che trascorse alcuni mesi in galera, dove scrisse il Mein kampf (La mia battaglia).
Divenne cancelliere Gustav Stresemann, che dominò la vita politica tedesca fino al 1929, prima come cancelliere poi come ministro
degli esteri. Con Stresemann la situazione economica e politica tedesca migliorò: furono ripresi i pagamenti dei debiti, iniziarono ad
arrivare consistenti investimenti statunitensi e l’economia si riprese; la Germania fu ammessa nella Società delle Nazioni e i rapporti
con la Francia migliorarono. Iniziò una fase di distensione internazionale che culminò con il Trattato di Locarno (1925), firmato da
Aristide Briand (ministro degli esteri francese) e Stresemann, che impegnava Francia, Belgio e Germania a non violare le comuni
frontiere. Nel 1929 il piano Young ridusse le riparazioni di guerra tedesche.
La Germania riacquistò verso la metà degli anni Venti un ruolo di grande potenza grazie anche agli aiuti della finanza statunitense, ma
la grande crisi del 1929 e i dissesti economici seguiti al ritiro dei capitali stranieri rimisero in ginocchio l’economia tedesca.
Quali furono le conseguenze della crisi del 1929?
Nel 1932 la produzione industriale toccò il livello più basso, con milioni di disoccupati. Mentre si susseguivano governi deboli e incapaci
di fronteggiare la crisi, si radicalizzò la lotta politica, che lasciò spazio ai comunisti e ai nazionalsocialisti di Hitler.
Dal 1929 al 1932 le divergenze tra i tanti partiti resero impossibile qualunque solida maggioranza parlamentare. La repubblica di
Weimar stava entrando in agonia. Il precario governo di Heinrich Brüning, cattolico, tentò di tagliare la spesa pubblica e di attuare una
riforma agraria ma nel 1932 fu costretto a dimettersi per l’opposizione dei grandi latifondisti (junker).
Come nacque e si sviluppò il partito nazista e che cosa lo caratterizzò?
Il DAP (Deutsche Arbeiterpartei) fondato a Monaco il 5 gennaio 1919 dall’operaio Anton Drexler, diventò il 24 febbraio 1920
Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (Partito operaio nazionalsocialista tedesco, NSDAP). Il NSDAP, cui nel settembre 1919
aderì Adolf Hitler, presentò diverse analogie con il fascismo italiano: il reclutamento dei membri tra i reduci e i ceti medi urbani e rurali,
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il ruolo centrale del capo, il ricorso allo squadrismo (le squadre d’assalto o SA furono create il 3 agosto 1921), un programma
contraddittorio che univa rivendicazioni anticapitaliste, antisocialiste e nazionaliste. Un punto centrale del programma fu
l’antisemitismo. Dopo un fallito tentativo di putsch (9 novembre 1923), l’arresto di Hitler e lo scioglimento del partito, il NSDAP fu
rifondato nel febbraio 1925, con importanti novità: il rifiuto del putschismo in favore di una strategia legalitaria; il deciso abbandono
degli elementi ideologici “socialisti”; la ricerca del sostegno politico e finanziario di industriali, agrari e militari.
Quali sono i principali aspetti dell’ideologia nazionalsocialista?
Idee ed obiettivi di Hitler si trovano espresse nel "programma" del partito e nel libro Mein Kampf (La mia battaglia) composto durante la
prigionia. Un primo obiettivo di Hitler era ricostruire una Grande Germania, con l’unione di tutti i tedeschi, anche di quelli che, in seguito
alla pace di Versailles, vivevano fuori dai confini dello Stato tedesco, e procurare al popolo tedesco lo “spazio vitale” (il Lebensraum)
verso Oriente, cioè verso il territorio occupato dagli slavi (polacchi e russi), popoli considerati inferiori.
Secondo i nazisti la storia non è determinata dalla lotta di classe, ma dalla lotta tra le razze e solo i tedeschi, gli ariani, avrebbero
potuto salvare l’Europa dai popoli inferiori (asiatici, africani, slavi e in particolare ebrei), privi di spiritualità, onore, cultura, senso del
lavoro etc. I tedeschi erano un Herrenvolk (popolo di signori), depositari di un’etica superiore (onestà, laboriosità, creatività, dignità
etc.), destinati, con poche altre nazioni privilegiate, a dominare il mondo, a schiacciare le razze inferiori e a instaurare un "Nuovo
Ordine". Gli ebrei erano considerati da Hitler il “nemico interno”, capace di dominare il sistema capitalistico e al tempo stesso di dirigere
il comunismo e accusati di ordire un complotto internazionale per il dominio del mondo. Hitler attribuì agli ebrei la responsabilità delle
umiliazioni e del dissesto provocati dalla sconfitta e dalla grande crisi del 1929.
Hitler diceva di voler combattere anche il capitalismo liberale (da qui la denominazione “socialista” del partito) ma si trattava di un anticapitalismo reazionario, che recuperava il culto della natura e del mondo agricolo proprio del Romanticismo tedesco. Il “socialismo”
nazista sosteneva la necessità della protezione di tutti i lavoratori tedeschi (operai e padroni), superando le divisioni di classe in nome
del comune sangue e della Volksgemeinschaft (comunità popolare) di appartenenza. Nonostante le posizioni anticapitalistiche
dichiarate solennemente, Hitler cercò il consenso delle classi dirigenti del Paese, cui si presentò come nemico giurato del bolscevismo,
capace di riportare l’”ordine” nel paese.
Pilastro del nazismo era l’assoluta obbedienza al Führerprinzip, ossia al principio dell'autorità del capo (Führer), le cui decisioni
dovevano sostituirsi a quelle del parlamento.
Come giunse al potere Hitler?
Solo dopo la crisi del 1929 il NSDAP ottenne un seguito di massa: alle elezioni del 1930 i nazisti ottennero più di 6 milioni di voti (il
18,3%); anche i comunisti accrebbero la loro forza elettorale, mentre perdevano consensi i partiti che sostenevano la Repubblica di
Weimar. Nel 1932 fu rieletto presidente il vecchio maresciallo Hindenburg e in due successive elezioni, nello stesso anno, i nazisti
ottennero 14 milioni di voti (quasi il 40%) e divennero il partito di maggioranza relativa.
Il 30 gennaio del 1933 Hindenburg diede a Hitler l’incarico di cancelliere, alla guida di un governo di coalizione formato da nazisti,
conservatori e cattolici.
In che modo i nazisti costruirono uno Stato totalitario?
Giunti al potere, i nazisti procedettero alla costruzione del regime totalitario con rapidità e sistematicità, ricorrendo a provvedimenti
illegali e alla violenza fisica nei confronti degli avversari. Il regime nazista fu caratterizzato: dal controllo di tutti gli apparati dello Stato,
dalla propaganda martellante, dalla lotta spietata contro gli oppositori e dalla persecuzione nei confronti degli ebrei.
L'incendio del Reichstag (il parlamento tedesco), avvenuto la notte del 27 febbraio 1933 fu attribuito ai comunisti e offrì a Hitler
l'occasione per mettere fuori legge il Partito comunista e per limitare le libertà politiche e civili.
Nelle successive elezioni del 5 marzo 1933, avvenute in un clima ferocemente intimidatorio, i nazisti ottennero il 43,9% dei voti. Hitler
chiese e ottenne dal Parlamento di conferire al governo i pieni poteri, compresi il potere legislativo e la facoltà di modificare la
Costituzione.
Nell'arco di pochi mesi fu creato un regime dittatoriale totalitario basato sul terrore: Gestapo, la potente polizia segreta, e SS di
Himmler; apertura del campo di concentramento di Dachau (1933), riservato a oppositori politici interni e criminali comuni;
internamento nei campi di concentramento (lager) quasi un milione di tedeschi, eliminazione fisica di molti oppositori.
Tutti i partiti e ai sindacati furono messi fuori legge: il 14 luglio 1933 il governo emise una legge che riconosceva come legale il solo
Partito nazista. I sindacati operai furono sciolti e i lavoratori inquadrati nel Fronte del Lavoro, organizzazione corporativa nazista.
Le caste militari e degli industriali chiedevano l'epurazione dell'ala sinistra del Partito, le SA capeggiate da Rhom: il 30 giugno 1934, la
cosiddetta "notte dei lunghi coltelli", Hitler fece massacrare dalle SS comandate da Himmler e dagli uomini di Goering, Rhom e il suo
stato maggiore (alcune centinaia di persone).
Alla morte di Hindenburg, nell'agosto del 1934, Hitler aggiunse alla carica di cancelliere quella di capo dello Stato, e in seguito di capo
supremo delle forze armate. Nasceva così il terzo Reich (il primo era stato il Sacro romano impero germanico, mentre il secondo era
quello formatosi nel 1871).
Quali furono le caratteristiche dello Stato totalitario?
Lo Stato totalitario nazista si fondava sull’idea comunità popolare su base razziale, da cui dovevano essere eliminati gli ebrei e le altre
minoranze, e sul suo legame “mistico” con il Führer. Lo stato totalitario ricercò il consenso: i giovani furono inquadrati nelle formazioni
della Hitlerjugend (Gioventù hitleriana), furono organizzate, secondo un preciso e coreografico rituale, parate militari e manifestazioni di
massa, fu costruito a Norimberga uno stadio per 240.000 persone, l’architettura monumentale di Albert Speer, l’architetto del regime,
esaltò il futuro del Terzo Reich. Il cinema e la radio, sotto l’abile regia del Ministro della propaganda Goebbels, tessevano le lodi del
popolo tedesco e del suo führer e la vita culturale fu sottoposta a un rigido controllo. Dalla Germania ci fu un esodo di intellettuali di
primo piano, come Thomas Mann e Albert Einstein. Anche in Germania, come in Italia, si giunse a un concordato fra Hitler e il
Vaticano: la chiesa accettava lo scioglimento dei sindacati cattolici e del partito del Centro per assicurarsi libertà di culto. Solo nel
1937, Pio XI condannò il nazismo nell’enciclica “Con cocente dolore”, ma il suo successore, Pio XII (1939-1958) attenuò
l’atteggiamento anti-nazista.
Che cosa caratterizzò la politica economica nazista?
Per fronteggiare le conseguenze della crisi del 1929: fu realizzata una politica di massiccio intervento statale in campo economico
(dirigismo). La Germania si riprese economicamente, grazie alla produzione di armamenti e alle grandi opere pubbliche, che ridussero
e quasi eliminarono la disoccupazione, guadagnando al regime un indubbio consenso di massa.
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I rapporti tra i trust industriali (Krupp, Farben, ecc.) e il nazismo si rafforzarono perché: il regime proibì gli scioperi operai, favorì
l’industria con le commesse pubbliche e il potenziamento della produzione bellica, oltre che con la promessa di grandi profitti di guerra.
Gli industriali, favoriti e protetti, si sottomisero alla pianificazione economica statale, che iniziò nel 1936 con il primo piano
quadriennale. Gli operai ebbero bassi salari, ma in compenso ottennero lavoro sicuro e stabile.
Che cosa caratterizzò la politica estera di Hitler?
Hitler si propose di attuare un programma di politica estera, di impronta razziale, fondato sulla revisione del trattato di Versailles e
sull’annessione alla Germania delle aree di vari paesi europei abitate da minoranze tedesche, sulla conquista dei territori dell’Europa
orientale e sull’assoggettamento dei popoli slavi. Nel 1938 Hitler si sbarazzò, destituendoli, dei generali dell’esercito (Blomberg,
Fritsch) che si opponevano all’idea di un’espansione militare tedesca in tempi brevi.
Quale fu la politica del nazismo nei confronti degli ebrei?
Gli ebrei furono: indicati come i responsabili della sconfitta della Germania nella Prima guerra mondiale, additati come capi del
bolscevismo o come crudeli capitalisti, corruttori del sangue ariano. Le persecuzioni contro gli ebrei, il “nemico interno”, cominciarono
fin dal 1933 e si aggravarono con le leggi di Norimberga (1935) che, “per la protezione del sangue e dell’onore tedesco”, impedirono i
matrimoni tra ebrei e “cittadini di sangue tedesco”, dichiararono nulli quelli già contratti, vietarono l’assunzione di personale femminile
tedesco con meno di 45 anni da parte degli ebrei, dichiararono punibili per legge le relazioni sessuali tra ariani ed ebrei.
Le persecuzioni si intensificarono a partire dalla notte dei cristalli (novembre 1938), in cui molti ebrei furono linciati per le strade e le
loro sinagoghe e i loro uffici furono incendiati. Le devastazioni erano state organizzate da Goebbels e dal famigerato SS Heydrich.
Pochi ebrei presero la decisione di espatriare all’estero, sia per l’attaccamento alla madrepatria, sia per la convinzione che non si
sarebbe giunti a violenze sistematiche e generalizzate, sia per le enormi difficoltà legate all’emigrazione”. Dei 525.000 ebrei tedeschi
meno di 200.000 se ne andarono prima dello scoppio della guerra. Inizialmente l’eliminazione degli Ebrei sembrò essere intesa come
allontanamento dalla Germania; e secondo alcuni studiosi non vi sarebbe stata fin dall'inizio una precisa volontà di sterminio, che si
sarebbe manifestata solo dopo l’attacco all’URSS, con le prime difficoltà militari, in paesi come la Polonia e la Russia dove vivevano
milioni di ebrei. Secondo altri storici lo sterminio fu progettato fin dall’inizio, ma per ragioni di opportunità politica tale intenzione non fu
mai espressa pubblicamente. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale circa sei milioni di ebrei furono uccisi dai nazisti.
Quando e come si giunse al genocidio degli Ebrei?
Tutto si svolse nella massima segretezza possibile: non sono stati trovati documenti firmati che contengano esplicitamente l’ordine di
attuare il genocidio. La “soluzione finale” della questione ebraica (la Endlösung), intesa come genocidio, fu presa nel 1941, al momento
dell’attacco all’Urss, e fu pianificata nel 1942, alla Conferenza di Wannsee (presso Berlino).
Gli ebrei occidentali, identificati, marchiati con la stella di Davide e privati delle loro proprietà furono deportati a Est e lì massacrati con
tecniche industriali, nei campi di sterminio che si trovavano in Polonia: Auschwitz, Sobibor, Chelmno, Maidanek, Treblinka, Belzec.
Molte industrie tedesche aprirono stabilimenti per sfruttare il lavoro degli ebrei ridotti in condizione di schiavitù e destinati a morire di
fame, di fatica o nelle camere a gas. La I.G. Farben fece affari con i nazisti vendendo il terribile Zyklon B, il gas usato per liquidare gli
ebrei. Nei campi furono eliminati anche moltissimi zingari, testimoni di Geova, prigionieri russi. Hitler si proponeva di rendere l’Europa
judenfrei (libera dagli ebrei), e ci riuscì quasi completamente, anche perché nessuno Stato spalancò le porte agli ebrei che cercavano
di fuggire.
L’unicità della Shoà deriva dai metodi scientifici e industriali con cui in buona parte fu attuata, oltre che per l'ideologia razzista che
condannò a morte gli ebrei, considerati esseri sub-umani, equiparabili a topi o cimici.
Esercizi
1. Per ognuno dei seguenti avvenimenti scrivi una didascalia di spiegazione e indicane la data.
• Notte dei lunghi coltelli
• Hitler cancelliere
• Notte dei cristalli
• Tentativo di colpo di Stato in Baviera
• Leggi di Norimberga
2. Spiega quali furono le condizioni che in Germania favorirono l’ascesa del Nazismo
3. Spiega quali furono le caratteristiche dell’ideologia nazista utilizzando i seguenti termini:
Trattato di Versailles – “spazio vitale” – Razzismo – antisemitismo – antibolscevismo – culto del capo
4. Descrivi le fasi della costruzione della dittatura nazista dall’ascesa elettorale di Hitler alla conquista del potere assoluto da parte
del Fuhrer.
5. Spiega quali furono gli strumenti di repressione, di violenza e di manipolazione delle coscienze del totalitarismo in Germania.
6. Spiega quali furono le caratteristiche della politica economica attuata dal regime nazista.
7. Spiega quali sono gli aspetti comuni che caratterizzano i regimi totalitari, attraverso un confronto con il fascismo.
I totalitarismi del ‘900
Stalinismo
1917: Febbraio: abdicazione Nicola II –
formazione del Governo provvisorio
Ottobre: i bolscevichi rovesciano in Russia il
governo provvisorio.
1918: Trattato di Brest-Litovsk con la
Germania; Inizia la guerra civile
1919: guerra civile e fondazione della Terza
Internazionale comunista.
1921: Rivolta di Kronstadt e inizio della NEP
1922: X congresso panrusso dei Soviet:
nasce l’Urss; Costituzione; Stalin segretario
del Pcus.
1924-1928: morto Lenin, gli succede Stalin;
scontro per la “successione”: tesi di Stalin
Fascismo
1919:
fondazione
dei
fasci
di
combattimento;
1920: occupazione delle fabbriche e
diffusione dello squadrismo fascista.
1921: i Fasci di combattimento di Mussolini
si trasformano in Partito Nazionale Fascista;
ottobre 1922: marcia su Roma (truppe
fasciste armate che entrano a Roma - il Re
non fa fermare le truppe fasciste, ma dà
l’incarico a Mussolini di formare il governo.
Primo governo di Mussolini è di fascisti,
liberali,
popolari
e
qualche
socialdemocratico (=destra dei socialisti).
1923: istituzione del Gran Consiglio del
Nazismo
1919: Rivoluzione spartachista a Berlino e
uccisione di Rosa Luxemburg e Karl
Liebknecht.
1923: fallito tentativo di colpo di stato (Putch
di Monaco); Hiler in carcere scrive il Mein
kampf.
Tra il ’32 e il 33 il partito nazista raggiunge la
maggioranza relativa (circa il 45% dei voti).
1933: Hitler CANCELLIERE = capo del
governo; sospensione dei diritti politici,
creazione della Gestapo, scioglimento dei
partiti, persecuzioni antisemite; Germania e
Giappone abbandonano la Società delle
Nazioni.
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(Teoria del “socialismo in un paese solo”) e fascismo e della Milizia Volontaria per la 1934: Notte dei lunghi coltelli: eliminazione
quelle di Trotzkij (Teoria della “rivoluzione Sicurezza Nazionale.
capi delle S.A.; in Austria i nazisti
permanente”); Stalin si sbarazza di Trotzkij e 1924: assassinio di Matteotti da parte dei assassinano Dollfuss; la Germania non riesce
in seguito di Bucharin. Abrogata la N.E.P., fascisti.
ad annettere il paese; morto Hindenburg,
inizia (1929) la collettivizzazione delle 1925-1926: varo delle "leggi fascistissime" Hitler assume anche la carica di capo dello
campagne e l’eliminazione dei kulaki (decadenza di deputati dell'opposizione, Stato: nasce il Terzo Reich;
(contadini ricchi). Trockij esiliato nel 1929 e scioglimento dei partiti politici, istituzione del 1935: "leggi di Norimenberga" contro gli ebrei;
assassinato in Messico da un sicario.
Tribunale speciale per la difesa dello Stato). Hitler ripristina la coscrizione obbligatoria.
1928-1932: varo primo piano quinquennale. 1929: a Roma firma dei Patti Lateranensi 1936: Hitler occupa la Renania; asse RomaStalin dà il via alla lotta contro i kulaki fra lo Stato italiano di Mussolini e la Chiesa Berlino
(ottobre);
patto
anti-Comintern
(contadini ricchi).
cattolica.
Berlino-Tokyo.
1936-1938: in URSS Stalin attua la Grande 1935: inizia la conquista coloniale italiana 1938: Hitler assume il comando supremo
Purga:
epurazione
vecchia
guardia dell'Etiopia
delle forze armate; annessione dell'Austria;
bolscevica ed eliminazione di ogni forma di 1936: asse Roma-Berlino (ottobre).
patto di Monaco e cessione dei Sudeti alla
dissenso.
1938: leggi antisemite.
Germania. Notte dei cristalli.
Creazione Stato totalitario: strumenti di repressione e autoritari; ideologia e consenso.
1936: nuova Costituzione; riconosciuti Squadracce
con
camicie
nere
(= SA = squadre d’assalto; sono le Camicie
formalmente libertà di coscienza, di parola, di organizzazione paramilitare)
brune (= organizzazione paramilitare)
al
potere
scioglie
le Le SA guidate da Röhm, in conflitto con
stampa, di riunione Ma preminenza del Mussolini
Partito comunista su ogni altra istituzione organizzazioni paramilitari delle squadracce Hitler, vengono eliminate nella “notte dei
e al loro posto crea la Milizia (non si lunghi coltelli”; una parte delle SA confluirà
statale.
Vietata di fatto ogni forma di opposizione governa con gli stessi uomini con cui si va poi nelle SS, il corpo dei fedelissimi a Hitler
al potere).
guidato da Himmler.
(eliminazione del pluralismo politico).
Dopo il 1936, crisi della dittatura di Stalin Eliminazione del pluralismo politico; Eliminazione del pluralismo politico; messa
fuorilegge del partito comunista e dei partiti
difesa con misure straordinarie: arresti messa fuorilegge dei partiti antifascisti
arbitrari, purghe, gulag. 1936-38: processi Controllo della stampa e dei mezzi di antinazisti
Controllo della stampa e dei mezzi di
contro veri o presunti nemici del regime, comunicazione; censura.
Riforma elettorale (1928): Listone; si poteva comunicazione; censura.
quasi tutti vecchi dirigenti del partito;
Eliminazione di Zinovev, Kamenev, Bucharin, votare solo sì o no a questa lista unica; il Attribuzione al governo del Fuhrer dei pieni
poteri da parte del Reichstag
Ordzonikidze, Jagoda, Tuchacevskij e molti parlamento ha solo potere consultivo.
OVRA= polizia politica
GESTAPO = polizia politica (KGB in Russia)
altri.
Controllo della stampa e dei mezzi di Tribunale speciale per la difesa dello stato Internamento degli oppositori nei lager (campi
(condanna al confino, prigione, pena di di concentramento).
comunicazione; censura.
Sindacati: vengono aboliti e sostituiti dal
CEKA poi NKVD (Commissariato del popolo morte)
Sindacati: vengono aboliti e sostituiti dalle “Fronte del Lavoro” = organizzazione statale
per gli affari interni) = polizia politica segreta
Corporazioni (controllate dal partito fascista) nazista
Internamento degli oppositori nei gulag
Ritorno all’ordine: recupero di valori Ritorno all’ordine: recupero di valori Ritorno all’ordine: recupero di valori
tradizionali
per
inculcare
disciplina, tradizionali
per
inculcare
disciplina, tradizionali
per
inculcare
disciplina,
conformismo e rispetto per l'autorità.
conformismo e rispetto per l'autorità.
conformismo e rispetto per l'autorità.
Struttura sociale fortemente gerarchizzata. Struttura sociale fortemente gerarchizzata. Struttura sociale fortemente gerarchizzata.
Contadini discriminati; ritorno alla servitù; Combattere il comunismo; dal 1938: Schiacciare gli ebrei e purificare la razza
sottomissione operai agli industriali; sforzi dei antisemitismo.
ariana; estirpare il comunismo
lavoratori esaltati (stacanovismo) e premiati Nazionalismo: espansione coloniale nel Nazionalismo: Grande Germania (Austria e
(salari differenziati); disciplina nella scuola;
Mediterraneo (mare nostrum); conquista territori abitati da tedeschi); “Spazio vitale” =
Nazionalismo russo unito al culto di Stalin. Etiopia; Italia nazione proletaria contro le territorio adeguato alla grandezza della
esaltazione della patria (l’URSS patria del nazioni plutocratiche; revisione il trattato di Germania e del popolo tedesco; revisione il
socialismo); culto delle tradizioni, degli eroi, Versailles
trattato di Versailles
degli scrittori della vecchia Russia. Culto Mussolini è il Duce = guida, comandante, Hitler è il Führer= guida, capo supremo;
della personalità: Stalin esaltato come un condottiero (da dux = guida). Culto del Culto del Fuhrer (Ein Volk, ein Reich, Ein
semidio (dio-padre-padrone onnipotente) Duce (il Duce ha sempre ragione)
Fuhrer)
accanto alla caccia spietata ai "nemici del Uso dei mezzi di comunicazione di Uso dei mezzi di comunicazione di massa,
popolo".
massa, cinegiornali, adunate di massa, cinegiornali, adunate di massa, discorsi
Uso dei mezzi di comunicazione di massa, discorsi
politici,
ecc.
MINCULPOP politici,
ecc.
Gobbels
ministro
della
parate militari, idolatria dei capi e delle loro (Ministero della cultura popolare). Controllo propaganda. Controllo della scuola.
immagini, uso di vocaboli di origine religiosa. della scuola.
Concordato con le chiese cattolica e
A scuola libri di testo di Stato. Controllo Concordato del 1929 con la Chiesa protestante
della scuol
cattolica.
Organizzazioni
giovanili
(«Gioventù
Organizzazioni giovanili (Komsomol) di Organizzazioni giovanili (Gioventù Italiana Hitleriana») di carattere paramilitare per
carattere paramilitare per l’inquadramento di del Littorio) di carattere paramilitare per l’inquadramento di fanciulli e adolescenti;
fanciulli e adolescenti.
l’inquadramento di fanciulli e adolescenti; nazificazione dei lavoratori («Fronte del
organizzazioni dopolavoro.
lavoro»).
Politica economica
Piani quinquennali: abbandono NEP; Crisi del 1929: crollo di Wall street.
Crisi del 1929: crollo di Wall street.
industrializzazione a tappe forzate. Primo Protezionismo + autarchia + dirigismo Protezionismo + autarchia + dirigismo
piano quinquennale (1928-32): balzo in statale. Il fascimo nei primi anni fa una statale
avanti
dell'industria
metalmeccanica, politica liberista; si orienta verso il Anche in Germania c’è intervento statale: la
dell'acciaio, estrattiva (industria pesante). protezionismo dal 1925 ma soprattutto dal Germania si riprende economicamente,
Anni ’30: crescita imponente; carestie, 1930 quando si sviluppano autarchia e durante il nazismo, perché aumenta la
povertà dei contadini, penuria dei beni di dirigismo = intervento statale nell’economia. richiesta di lavoratori nell’industria per la
consumo.
produzione di armamenti e per opere
pubbliche.
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La crisi del 1929
1. Lo sviluppo degli Stati Uniti
Negli anni Venti gli Stati Uniti registrarono un boom economico quasi ininterrotto, fino al 1929. Tale sviluppo su trainato dalla
produzione di automobili che, grazie all’adozione di un’organizzazione scientifica del lavoro (il taylorismo) e all’impiego della catena di
montaggio da parte della Ford, permise l’avvio della produzione di massa. La produzione in serie di automobili (il famoso modello T),
realizzata attraverso la catena di montaggio, fece crescere notevolmente la produttività e questo permise una sensibile diminuzione dei
prezzi. Lo sviluppo del settore automobilistico ebbe poi positive ricadute sui settori produttivi a esso collegati, come l’industria
petrolifera, della gomma, dell’acciaio, delle infrastrutture, ecc. Inoltre, anche l’industria elettrica visse una fase di grande sviluppo: la
produzione, infatti, raddoppiò tra il 1923 e il 1929.
Il reddito nazionale americano aumentò del 23% fra il 1923 e il 1929, mentre la popolazione, in seguito alle leggi restrittive
sull'immigrazione, aumentò solo del 9% e la forza lavoro dell'11%.
La grande disponibilità di capitali permise agli USA di concedere prestiti all’estero, circa tre miliardi di dollari tra il 1925 e il 1929, in
particolare ai paesi europei, dei quali la Germania era stata il maggior beneficiario, riprendendosi rapidamente dalla crisi del
dopoguerra.
2. Il crollo della Borsa
Le ragioni del crollo vanno ricercate nella crescita indiscriminata del valore dei titoli azionari, avvenuto nel corso degli anni Venti. In
seguito al continuo incremento del volume degli acquisti, i prezzi delle azioni divennero sempre più alti e si creò così un boom che
spinse molti americani a investire il proprio denaro in Borsa. Molti impegnarono tutti i propri risparmi, incoraggiati da consulenti
disonesti o incompetenti. Si trattò di un boom eccezionale, sganciato però dallo sviluppo dell'economia reale e fondato soprattutto sui
movimenti di capitale a scopo speculativo di finanzieri spregiudicati.
A un certo punto iniziò a diffondersi il timore che questa crescita sarebbe cessata. Quando nell'autunno del 1929 iniziarono a
manifestarsi i primi segnali della crisi di sovrapproduzione che colpiva gli Stati Uniti a causa sia della ridotta offerta di moneta sia della
riduzione della domanda interna e delle sempre maggiori difficoltà di esportazione, l'ondata speculativa si orientò al ribasso,
provocando immediatamente il crack.
Alcuni operatori finanziari pensarono di poter realizzare maggiori profitti speculando al ribasso, perciò iniziarono a svendere le proprie
azioni. Tale tendenza si sviluppò al punto che il 23 ottobre più di sei milioni di azioni furono vendute a prezzi sempre più bassi e il
giorno seguente, il “giovedì nero”, ne furono negoziate più del doppio. Il lunedì successivo (28 ottobre) furono ceduti nove milioni di
azioni. Martedì 29 ottobre (il “martedì nero”) ne furono negoziate oltre sedici milioni: il prezzo delle azioni di numerose imprese di
grandi dimensioni, come la General Electric, precipitò. Il valore delle azioni diminuì di quattordici miliardi di dollari in meno di una
settimana. Ciò ebbe un riflesso immediato sulle altre Borse valori degli Stati Uniti, da Chicago a San Francisco.
Le quotazioni caddero a picco: in un mese i titoli persero il 40 per cento del loro valore. Alla fine dell'anno le perdite ammontavano già
a 40 miliardi di dollari, ma il crollo continuò ininterrotto fino all'8 luglio 1932, quando l'indice del "New York Times", fondato sulle
quotazioni di venticinque titoli particolarmente significativi, toccò il suo minimo storico (58 punti contro i 452 del settembre 1929).
3. Le conseguenze
Il crollo di Wall Street segnò l’inizio della Grande Depressione. In seguito al crollo di Borsa, vi fu una serie di fallimenti di banche,
compagnie di assicurazioni e imprese private, con il conseguente aumento del numero di disoccupati e un’ulteriore diminuzione della
domanda interna. Nell'anno successivo la crisi borsistica si estese all'economia reale, prima americana e poi mondiale, provocando
una diminuzione del reddito e un rapido aumento della disoccupazione.
Sia l’industria che l'agricoltura erano seriamente indebitate con le banche che, nel periodo di boom che aveva preceduto la crisi,
avevano ecceduto nei prestiti, confidando in una restituzione regolare ma anche nel fatto che i risparmiatori non avrebbero ritirato i loro
depositi ma anzi li avrebbero accresciuti. Molte imprese, messe in difficoltà dal calo delle vendite e dei prezzi, non furono più in
condizione di pagare i debiti alle scadenze, mentre i risparmiatori chiedevano alle banche la restituzione di tutte o di parte delle somme
depositate, determinandone il fallimento.
Molte famiglie, senza più assistenza finanziaria, impossibilitate a pagare i mutui fondiari, si videro addirittura espropriate della loro
casa, mentre altre si trasferirono in località dove speravano di trovare lavoro. Nel romanzo di J. Steinbeck, Furore, si narra il lungo
viaggio che Joad e la sua famiglia compiono dall'Oklahoma alla California. La politica di contenimento della spessa pubblica e di
salvaguardia del valore della moneta (promossa dal presidente Hoover) può essere considerata una delle concause della crescente
disoccupazione.
Il crollo della Borsa aveva posto in drammatica evidenza la fragilità e le contraddizioni della prosperità americana degli anni Venti: i
risparmi dei ceti medi furono bruciati nella speculazione borsistica, la crisi industriale espulse dalle fabbriche centinaia di migliaia di
lavoratori, gli agricoltori dovettero fronteggiare prima le conseguenze della crisi economica poi quelle della siccità che travolse il
Midwest con particolare intensità alla metà del decennio. Nel 1933 milioni di americani erano disoccupati e le file per il pane erano
un’immagine comune nella maggior parte delle città. In migliaia vagabondavano per le strade degli Stati Uniti alla ricerca di cibo, di
lavoro e di rifugio.
Fu in questo quadro che le elezioni presidenziali negli Stati Uniti del novembre portarono alla sconfitta di Hoover e alla vittoria di F. D.
Roosevelt, che pose al centro del suo programma elettorale una serie di interventi per far fronte alla situazione, a partire dall’analisi
delle debolezze dell’economia americana.
4. Il New Deal
Salito al potere agli inizi del 1933, Roosevelt si trovò a fronteggiare un grave peggioramento delle condizioni del sistema bancario
statunitense. I fallimenti si moltiplicavano. Furono più del doppio di quelli dell’anno precedente. Di fronte all’ampiezza del fenomeno,
Roosevelt si adoperò per l’approvazione dell'Emergency Banking Act e poi del Banking Act (20 marzo 1933), cambiando radicalmente
la politica economica del suo predecessore.
Grazie alla notevole svalutazione del dollaro cui fu autorizzato dal Congresso, stimolò la spesa pubblica, intraprendendo un vasto
programma di opere pubbliche, e ponendo mano a quello che fu chiamato il New Deal, un complesso di provvedimenti diretti a
risolvere la crisi bancaria, a contenere ed eliminare la speculazione, riducendo lo strapotere dei grandi gruppi finanziari, ad alleviare la
disoccupazione e a sostenere l’agricoltura. Uno dei più significativi fu il Social Security Act, che introdusse una serie di misure di
sicurezza sociale e di aiuti a coloro che si trovavano in condizioni di difficoltà.
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Nel 1936, dopo la sua rielezione, Roosevelt avviò la seconda fase del New Deal, basata sulla creazione di nuovi posti di lavoro
attraverso la realizzazione di opere di utilità sociale. Fu costituita un’agenzia governativa, la Works Progress Administration (Wpa) con
il compito di elaborare programmi per la costruzione di edifici, strade, scuole e aeroporti. L’amministrazione Roosevelt coinvolse anche
intellettuali, attori, scrittori, pittori e soprattutto fotografi, incaricati dal governo di realizzare specifici reportage sulle condizioni di vita dei
cittadini americani e sugli interventi promossi dal governo.
5. La crisi nel mondo.
Nei mesi che seguirono l’ottobre 1929, la produzione industriale andò rapidamente crollando in tutti i paesi del mondo, con l’eccezione
dell'URSS, del Giappone e dei paesi scandinavi. La tabella seguente, posta uguale a 100 la produzione industriale dell’ottobre 1929,
riporta la situazione nei vari paesi nel 1932:
U.R.S.S. 183
Olanda 84
Francia 72
Polonia 63
Giappone 98
Regno Unito 84
Belgio 69
Canada 58
Norvegia 93
Romania 82
Italia 67
Stati Uniti 53
Svezia 89
Ungheria 82
Cecoslovacchia 64
Germania 53
Sul piano internazionale, la crisi si manifestò con la contrazione del commercio che comportò l’adozione da parte dei diversi paesi di
dazi doganali nei confronti dei prodotti esteri. La Società delle Nazioni convocò una riunione nel febbraio del 1930 per una sorta di
tregua doganale che però non fu mai attuata.
La disoccupazione superò nel 1932 i 25 milioni di unità e colpì maggiormente i paesi industrializzati, dove le possibilità di lavoro
agricolo erano minori. In molti paesi la crisi fu aggravata dal ritiro dei capitali che gli Stati Uniti vi avevano investito: fu questo uno dei
fattori che fecero precipitare l’economia tedesca e che determinarono in Germania l'ascesa al potere di Hitler.
Il 1933 segnò l’inizio della ripresa, che però non avvenne contemporaneamente in tutti i paesi. Essa culminò nel 1937, facendo ritenere
che ci sarebbe stata una nuova fase di sviluppo, ma già sul finire di quell'anno si poterono rilevare i segni di una nuova recessione, che
non si verificò solo perché il mondo aveva ormai imboccato la strada del riarmo e della guerra.
6. L’intervento statale e la fine del liberismo.
L’interventismo statale assunse in primo luogo la caratteristica di un aumento della spesa pubblica, la cui riduzione era stata, invece,
uno dei punti fermi delle politiche deflazionistiche adottate nella prima fase della crisi.
Negli Stati Uniti, più che di un aumento della spesa per investimenti, si trattò di un aumento della spesa corrente, finalizzata a un
rilancio dei consumi interni tale da stimolare la ripresa produttiva. In Germania, al contrario, il governo nazista privilegiò i lavori pubblici
e gli armamenti. Tuttavia, il governo di Hitler non tralasciò di concedere all'industria privata sussidi statali ed esenzioni tributarie.
Forma efficace di interventismo fu l’assistenza a favore di industrie particolarmente depresse, sia con finanziamenti agevolati sia con
interventi rivolti a migliorarne l'organizzazione interna. In Italia, dopo la costituzione dell'I.M.I. nel 1931, vi fu quella dell'I.R.I., nel
gennaio 1933. Con l'I.M.I. e soprattutto con l'I.R.I. si mirò da un lato allo smobilizzo finanziario e dall’altro alla riorganizzazione
gestionale e produttiva del sistema industriale.
7. America e Europa davanti alla crisi
Per cogliere la differenza tra le risposte alla crisi date in America e in Europa, bisogna tenere presenti le diverse caratteristiche dello
sviluppo economico-sociale. Negli Stati Uniti si era già affermata la produzione di beni di consumo di massa che in Europa era molto
meno sviluppata. Nel 1928 si producevano negli Stati Uniti quasi cinque milioni di autovetture, mentre la Francia, il principale
produttore europeo, non raggiungeva che le 223 000 e la Germania le 90 000. In America circa 12 milioni di appartamenti disponevano
di un apparecchio telefonico, mentre la Germania, non ne contava che 3,2 milioni. Alla fine degli anni Trenta un quarto delle famiglie
americane disponeva di una lavatrice mentre l’80% utilizzava il frigorifero. Negli Usa nel 1949 si producevano 11,9 milioni di radio, 2,7
milioni di frigoriferi, 2,6 milioni di ferri da stiro elettrici, 1,5 milioni di lavatrici, 2,3 milioni di tostapane, 1,3 milioni di aspirapolvere, 1,9
milioni di ventilatori. Alla vigilia della seconda guerra mondiale gli stessi elettrodomestici nelle case degli italiani, se si esclude la radio,
erano pressoché sconosciuti.
L’industria americana dipendeva da un mercato interno caratterizzato dai consumi di massa; l’industria europea non aveva questa
connotazione, e dipendeva molto di più dalla spesa pubblica o dai mercati coloniali, che dai consumi dei propri cittadini. Questa
situazione spiega in parte perché in Europa il progetto keynesiano di sconfiggere la crisi attraverso il rilancio della domanda interna
non ebbe successo, mentre negli Usa rappresentò il nucleo teorico del New Deal.
8. John Maynard Keynes
Il sistema economico capitalistico parve essere sull’orlo di un completo collasso. L’economista John Maynard Keynes (1883-1946), nel
suo libro La teoria generale dell’occupazione, interesse e moneta, cercò di far capire che cosa fosse successo al capitalismo, al fine di
permetterne la conservazione.
La depressione nasce dal fatto che una riduzione del volume degli investimenti comporta una riduzione della produzione, da cui
consegue una riduzione dell’occupazione e dei consumi, che a sua volta incide negativamente sulle prospettive di guadagno di altri
imprenditori, facendo diminuire ulteriormente gli investimenti. Si genera così una reazione a catena per cui occupazione, produzione,
prezzi e profitti diminuiscono e in particolare, gli imprenditori non hanno convenienza a investire il denaro.
Secondo Keynes lo Stato può cercare di arrestare questo circolo vizioso (riduzione di investimenti - riduzione di consumi - di nuovo
riduzione degli investimenti e via di seguito) attraverso una qualificata spesa pubblica addizionale che può invertire la tendenza,
attraverso il rilancio dei consumi.
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LA SECONDA GUERRA MONDIALE
1. Quali furono le caratteristiche generali della II Guerra mondiale come guerra “totale”?
La prima guerra mondiale interessò prevalentemente le potenze europee, mentre la seconda guerra mondiale fu una guerra in senso
proprio “mondiale”, che coinvolse un numero senza precedenti di paesi dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia. Inoltre, essa colpì
duramente anche le popolazioni civili, che pagarono duramente le conseguenze dei massicci bombardamenti che colpirono un gran
numero di città. La mobilitazione delle risorse materiali e umane fu totale, mettendo in luce la superiorità della macchina produttiva
degli Stati Uniti.
La seconda guerra mondiale finì con l’assumere, almeno sul piano propagandistico, una caratterizzazione “ideologica”: l’Italia, la
Germania e il Giappone sostennero che si trattava di una lotta contro il dominio delle democrazie ricche e decadenti e contro il
comunismo, mentre le potenze occidentali e l’URSS, la presentarono come una crociata contro gli stati autoritari militaristi ed
espansionisti.
Nei paesi occupati i nazisti instaurarono un sistema di terrorismo generalizzato, con l’obiettivo di creare un “ordine nuovo”, contro ebrei,
oppositori politici e forze della resistenza, provocando stermini di massa. Anche i giapponesi attuarono in Asia pratiche simili, sebbene
non su una scala paragonabile per sistematicità e ampiezza.
2. Quali furono le cause e i fatti che precedettero la II guerra mondiale?
La Germania, che rivendicava un radicale cambiamento delle condizioni punitive della pace di Versailles, invase senza alcuna
dichiarazione formale di guerra la Polonia, il 1° settembre 1939, provocando l’entrata in guerra di Francia e Inghilterra.
Lo scoppio della guerra mondiale fu preceduto da una serie di guerre e atti aggressivi:
− l’attacco del Giappone alla Cina nel 1931, allargatosi nel 1937;
− la guerra condotta dall’Italia contro l’Etiopia (1935-36);
− la guerra civile scatenata in Spagna dalla destra clericale e nazionalista contro il legittimo governo repubblicano (1936-39);
− l’annessione (Anschluss) dell’Austria da parte della Germania (1938);
− il Patto di Monaco e la successiva occupazione della Cecoslovacchia da parte della Germania (1938),
− l’occupazione dell’Albania da parte dell’Italia (1939).
L’inerzia e i cedimenti anglo-francesi furono alla base del successo di tutte queste aggressioni e la firma il 23 agosto 1939 a Mosca del
Patto nazisovietico (Molotov-Ribbentrop), che prevedeva la spartizione tra Germania e URSS delle reciproche sfere di influenza
nell’Europa orientale, diede il via libera per l’attacco tedesco alla Polonia.
Individua gli eventi che caratterizzarono la guerra:
3. 1939-40. Dal crollo della Polonia alla caduta della Francia. La resistenza britannica
“guerra lampo”: la Germania trionfò in meno di un mese sulla Polonia, attaccata contemporaneamente sul fronte orientale dalle
truppe dell’URSS in base alle clausole segrete del patto Molotov-Ribbentrop, e occupò la Danimarca e la Norvegia tra aprile-giugno
del 1940.
Sul fronte occidentale, dopo una iniziale fase di stallo (drôle de guerre, tra il settembre 1939 e il maggio 1940), il 9 aprile Hitler diede
inizio all’invasione dei paesi neutrali Olanda, Belgio e Lussemburgo, con l’intento di attaccare la Francia sul suo fronte più debole. I
tedeschi il 24 maggio giunsero a Dunkerque, da dove la marina e l’aviazione britanniche evacuarono in dieci giorni quasi 340.000
soldati inglesi e francesi, e il 5 giugno sfondarono più a sud, con largo impiego di carri armati, la linea difensiva francese fra l’Aisne e la
Somme, aggirando la linea fortificata Maginot.
L’Italia, che il 1° settembre 1939 aveva proclamato la “non belligeranza”, consapevole della propria impreparazione militare, il 10
giugno 1940 entra in guerra e attacca la Francia.
Il 14 giugno 1940 i tedeschi occuparono Parigi e il 22 giugno il maresciallo Pétain, che aveva assunto il potere, firmò l’armistizio. La
Francia fu divisa in due parti: a Nord sotto diretta amministrazione tedesca; nella Francia centro-meridionale, governo collaborazionista
guidato da Pétain con sede a Vichy (Repubblica di Vichy).
In Inghilterra al potere Winston Churchill: linea di resistenza a oltranza. Dopo la sconfitta della Francia, la Germania scatenò un
grande attacco aereo contro l’Inghilterra con l’intento di preparare uno sbarco di forze di terra. Tra l’agosto e l’ottobre del 1940 la
“battaglia d’Inghilterra”, condotta dalle aviazioni inglese e tedesca, si trasformò in una vittoria per gli inglesi, tanto che il previsto sbarco
tedesco – la cosiddetta operazione “Leone marino” – fu rinviato a data indefinita.
Mussolini diede inizio alla cosiddetta “guerra parallela” a quella tedesca, da svilupparsi nel Mediterraneo, in Africa e nei Balcani, ma
alla fine di ottobre l’offensiva italiana in Africa settentrionale contro gli inglesi si arrestò. Il 28 ottobre Mussolini attaccò la Grecia ma gli
italiani si scontrarono contro una fortissima resistenza. In novembre fu affondata buona parte della flotta italiana nel porto di Taranto. Il
27 settembre fu firmato a Berlino il patto tripartito tra Germania, Italia e Giappone.
4. 1941 - L’attacco tedesco all’URSS, il fallimento della “guerra lampo” e l’intervento di Giappone e USA
Gli insuccessi italiani in Africa e in Grecia costrinsero la Germania ad assumere l’iniziativa anche su quei fronti: nel febbraio 1941 gli
Afrikakorps del generale Erwin Rommel sbarcarono in Africa settentrionale; in aprile i tedeschi attaccarono la Iugoslavia e la Grecia,
occupandole nel giro di poche settimane. L’intervento nei Balcani, cui si aggiunse nel mese di marzo l’invasione da parte delle truppe
tedesche della Bulgaria, segnarono la rottura dell’intesa tedesco-sovietica.
Il 22 giugno 1941 iniziò l’attacco tedesco all’URSS (“Operazione Barbarossa”), con cui Hitler pensava di poter in breve tempo
sconfiggere l’URSS e impadronirsi delle sue risorse. Le straordinarie vittorie iniziali sembrarono dargli ragione: le armate tedesche del
Nord conquistarono in breve tempo i paesi baltici e il Nord-Ovest della Russia, ponendo sotto assedio Leningrado in settembre; le
armate del centro giunsero alla periferia di Mosca a metà ottobre; le armate del Sud si impadronirono di Kiev e della regione industriale
del Donetz.
L’offensiva fu arrestata soltanto dal precoce inverno russo, che creò notevoli problemi di approvvigionamento ai reparti tedeschi e
diede l’opportunità ai russi di dar vita alla guerra partigiana e di lanciare in dicembre una grande controffensiva nel settore di Mosca,
che costrinse le truppe tedesche a una prima ritirata. Alla fine del 1941 i nazisti potevano vantare vittorie trionfali ma, al tempo stesso,
dovevano prendere atto del fatto che la guerra lampo si era trasformata in una lunga guerra di logoramento.
Intanto gli Stati Uniti avevano sostenuto con grandi aiuti la Gran Bretagna e in marzo avevano approvato la legge “affitti e prestiti”
(Lend-Lease Act), in base alla quale gli inglesi potevano ricevere gli aiuti senza pagarli subito e il 14 agosto Churchill e il presidente
Roosevelt avevano firmato la “Carta atlantica”, dove si manifestava la ferma determinazione di combattere contro il nazifascismo.
Intanto, i rapporti degli USA con il Giappone si erano deteriorati, poiché i primi erano decisi a opporsi ai disegni espansionistici del
secondo. Il 7 dicembre 1941 i giapponesi attaccarono senza dichiarazione di guerra la base navale americana di Pearl Harbor,
distruggendo gran parte della flotta USA del Pacifico. Quattro giorni più tardi anche Germania e Italia dichiararono guerra agli USA.
Alla fine del 1941 il conflitto ebbe una svolta decisiva con l’intervento in guerra del Giappone e degli Stati Uniti.
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5. 1942 - La “guerra di usura” e le prime grandi sconfitte di Germania e Giappone
Il Giappone nei primi cinque mesi del 1942 annientò le forze britanniche e olandesi in Asia e si impadronì di larga parte del Pacifico:
Filippine, Malesia, Singapore, Indonesia e Birmania. Inoltre i giapponesi minacciarono l’India britannica e, dopo lo sbarco in Nuova
Guinea e la conquista dell’isola di Guadalcanal (luglio 1942), l’Australia. Tuttavia, anche la guerra lampo nipponica fu arrestata in
maggio nel Mar dei Coralli e in giugno nei pressi delle isole Midway, dove la flotta giapponese subì dure sconfitte da parte americana.
In Russia, nel settore Sud del fronte, la Wehrmacht – affiancata da un corpo di spedizione italiano, l’Armata Italiana in Russia (ARMIR)
– conquistò la Crimea e si spinse oltre il Don, fino a raggiungere il Volga e il Caucaso; a partire da luglio i combattimenti si
concentrarono nella città di Stalingrado, dove fino al febbraio 1943 si svolse la più grande battaglia di tutta la storia umana, conclusasi
con una catastrofica sconfitta per i tedeschi.
In Africa settentrionale, Rommel in giugno conquistò Tobruk e avanzò in Egitto fino quasi ad Alessandria, minacciando il flusso di
rifornimenti inglesi (legato al controllo del canale di Suez e di alcune basi aeree nell’Egitto centro-orientale) ma il 3-4 novembre fu
sconfitto a El Alamein dal generale inglese Montgomery e dovette iniziare, insieme alle truppe italiane, la ritirata in Libia. L’8 novembre,
reparti angloamericani guidati dal generale statunitense Eisenhower sbarcarono in Algeria e in Marocco e il 13 novembre gli inglesi
presero Tobruk.
6. 1943 - La svolta nella guerra e il crollo dell’Italia.
Nel 1943 le potenze del patto tripartito persero ovunque l’iniziativa. Nel Pacifico, le truppe americane e australiane guidate
dall’ammiraglio Nimitz e dal generale MacArthur conquistarono in febbraio l’isola di Guadalcanal e in sei mesi gli alleati sbarcarono in
Nuova Georgia (3-5 luglio e 15 agosto), nelle Aleutine (15 agosto), in Nuova Guinea (4-22 settembre), nelle isole Choiseul (28 ottobre),
a Bougainville e alle Gilbert (1-20 novembre), in Nuova Britannia (15-26 dicembre).
In Russia il rifiuto di Hitler di autorizzare la ritirata delle proprie truppe a Stalingrado costrinse alla capitolazione l’armata del generale
von Paulus (2 febbraio 1943) e ciò consentì all’Armata Rossa di respingere i tedeschi oltre il Don e di riprendere Kiev (6 novembre).
In Africa, Rommel fu costretto ad abbandonare la Libia in gennaio e in maggio le truppe italo-tedesche dovettero capitolare anche in
Tunisia. Gli angloamericani avevano così creato le condizioni per lo sbarco sulle coste italiane.
Il 12 giugno fu occupata l’isola di Pantelleria e da lì le forze angloamericane e canadesi partirono per sbarcare il 10 luglio in Sicilia, la
cui conquista fu completata in agosto. L’effetto fu il crollo del regime fascista, il 24-25 luglio del 1943, e la formazione del governo
Badoglio che, mentre promise ai tedeschi la continuazione della guerra al loro fianco, preparò segretamente l’armistizio con gli alleati,
firmato a Cassibile il 3 settembre e reso pubblico l’8 settembre. Il re e Badoglio fuggirono a Pescara e a Brindisi sotto la protezione
degli alleati, dando vita al “Regno del Sud” e l’esercito italiano, lasciato senza ordini, si disgregò in uno stato di marasma, cadendo
preda della vendetta tedesca. Gli americani sbarcarono a Salerno e gli inglesi a Taranto (9 settembre). I tedeschi reagirono con grande
rapidità ed efficacia all’armistizio, occupando l’Italia centro-settentrionale, dove ebbe presto inizio la guerra partigiana. Il 23 settembre
Mussolini costituì nel Nord la Repubblica Sociale Italiana, il cui governo aveva sede a Salò. Il 13 ottobre il governo monarchico
badogliano dichiarò guerra alla Germania.
7. Il “nuovo ordine” in Europa.
Germania e il Giappone crearono nei paesi conquistati un “nuovo ordine”, in Europa e in Asia. La Germania inglobò nel Reich quasi
tutte le aree popolate da tedeschi, giungendo a una popolazione di circa 100 milioni di abitanti. Inoltre, sottomise le razze inferiori come
gli slavi, sterminò gli ebrei, sfruttò all’estremo le risorse economiche dei territori conquistati. Grandi masse di prigionieri e di lavoratori
furono avviate al lavoro in Germania in condizioni di militarizzazione.
La Boemia-Moravia, la Polonia, l’Ucraina e furono ridotte alla condizione di colonie, mentre si crearono, sotto la diretta influenza del
Reich, stati-satellite come la Francia di Vichy, l’Ungheria, la Slovacchia, la Romania, la Bulgaria e la Repubblica Sociale Italiana. In
tutta Europa fu imposto un regime di terrore per tenere sotto controllo la popolazione e fu organizzata una dura lotta contro i movimenti
di resistenza.
Gli ebrei, i nemici del Nazismo, i prigionieri di guerra furono rinchiusi nei campi di concentramento, molti dei quali divennero campi di
sterminio (Buchenwald, Mauthausen, Auschwitz, Dachau, ecc.), dove trovarono la morte tra i 5 e i 6 milioni di ebrei. La ribellione
disperata del ghetto di Varsavia nell’aprile 1943 fu spietatamente repressa.
8. 1944. Lo sbarco alleato in Normandia, la controffensiva sovietica e le vittorie americane nel Pacifico
In Russia, la Wehrmacht non fu più in condizioni di arrestare l’offensiva generale dell’Armata Rossa che, a partire dalla primavera
1944, dopo aver spezzato l’assedio di Leningrado, durato 900 giorni, ed essersi impadronita dell’Ucraina e della Crimea, dilagò nei
Balcani e nell’Europa centrale giungendo nei pressi di Varsavia, che insorse e per questo subì una spietata repressione da parte dei
nazisti (1° agosto – 2 ottobre). In agosto fu occupata la Romania e in settembre e ottobre la Bulgaria, l’Estonia e la Lettonia. In ottobre
nei Balcani l’esercito sovietico si congiunse con le truppe iugoslave del maresciallo Tito, dando inizio alla liberazione della Iugoslavia
che sarebbe stata completata nell’aprile 1945. Il generale ripiegamento dei tedeschi nel settore orientale fu completato dall’abbandono
in ottobre della Grecia, occupata dagli inglesi.
Intanto, nel Pacifico, americani e australiani avanzavano verso il Giappone: in gennaio e febbraio occuparono le isole Marshall, in
aprile e maggio sbarcarono nuovamente in Nuova Guinea mentre le loro forze in Birmania si congiungevano con quelle cinesi. Tra
giugno e agosto presero Saipan e Guam nelle Marianne. A settembre l’iniziativa alleata si spostò a Sud e iniziarono i bombardamenti
delle Filippine e di Formosa. La flotta giapponese fu distrutta nella seconda battaglia di Leyte (22-26 ottobre), nonostante il ricorso
all’azione suicida dei kamikaze.
In Europa, mentre gli alleati sbarcavano ad Anzio (22 gennaio) e occupavano Roma (4 giugno) costringendo i tedeschi ad attestarsi
lungo la linea gotica dell’Appennino, fu progettata e attuata l’apertura di un “secondo fronte”, nella Francia settentrionale: il 6 giugno
iniziò l’“Operazione Overlord” con lo sbarco in Normandia sotto il comando del generale Eisenhower. Gli angloamericani sfondarono la
difesa tedesca e marciarono su Parigi. Il 15 agosto vi fu un secondo sbarco di truppe americane e golliste in Provenza, che minacciò di
chiudere i tedeschi in una morsa, e il 26 agosto de Gaulle poté fare il suo ingresso trionfale a Parigi. Meno di un mese più tardi Francia
e Belgio erano quasi interamente liberi e la Wehrmacht si ritirò sulle frontiere del Reich.
La sconfitta ormai certa della Germania portò al tentativo, compiuto da un gruppo di congiurati, militari e civili, di eliminare Hitler e di
giungere a una pace separata con gli angloamericani. Il 20 luglio 1944 il colonnello von Stauffenberg piazzò una bomba nel bunker di
Hitler, che si salvò solo per miracolo, procedendo poi a una spietata repressione.
9. 1945. La capitolazione della Germania e del Giappone
Fra il 1944 e il 1945 Hitler impiegò contro gli inglesi, seppure senza molto successo, i missili telecomandati V1 eV2 e i primi aerei a
reazione, mobilitò tutti gli uomini validi tra i sedici e i sessant’anni e fece arruolare le donne nei servizi ausiliari.
Gli alleati bombardarono duramente le città tedesche: nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1945 Dresda fu completamente rasa al suolo
e si contarono oltre centomila morti. Il 7 marzo 1945 l’ultima offensiva tedesca avviata nel dicembre precedente nelle Ardenne fu
arrestata dagli americani e l’Italia settentrionale fu liberata alla fine di aprile. Sul fronte orientale l’Armata rossa, dopo l’occupazione
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della Polonia, invase la Germania, prese Vienna il 13 aprile e iniziò la battaglia per la presa di Berlino. Il 30 aprile, dopo aver ordinato la
resistenza a oltranza, Hitler si suicidò. Il 7 maggio la Germania firmò la capitolazione senza condizioni a Reims.
Nel Pacifico gli americani occuparono nel gennaio 1945 Manila, nelle Filippine, e il 19 febbraio compirono il primo sbarco in territorio
giapponese a Iwo Jima. Il 7 aprile le due flotte si affrontarono presso Okinawa, la cui occupazione fu portata a termine dagli americani
a giugno. I giapponesi respinsero un ultimatum degli USA, così il nuovo presidente americano Harry Truman decise l’impiego di una
nuova arma: il 6 agosto una prima bomba atomica fu lanciata su Hiroshima, radendo al suolo l’intera città e provocando oltre
novantamila morti; tre giorni più tardi, il 9 agosto un secondo ordigno fu sganciato su Nagasaki. Il 2 settembre il Giappone firmò la
propria capitolazione a bordo della corazzata Missouri, nella baia di Tokyo.
10. Il collaborazionismo e i movimenti di resistenza
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale si svilupparono, all’interno dei paesi occupati dalle forze armate tedesche, italiane e
nipponiche, due fenomeni di grande importanza politica e militare: da un lato il collaborazionismo con gli occupanti e dall’altro la
resistenza a essi.
Regimi collaborazionisti si svilupparono in Norvegia con Vidkun Quisling, in Francia con Pétain, in Italia con la Repubblica di Salò, e
nell’Europa orientale e balcanica. I regimi collaborazionisti fornirono aiuti militari e divennero uno strumento essenziale nella lotta
contro i movimenti di resistenza, rendendosi responsabili in molti casi di atrocità che superarono in ferocia quelle dei nazisti.
La lotta delle formazioni partigiane si sviluppò su larga scala in Iugoslavia, per opera dei comunisti di Tito, e in Russia, ma anche in
Grecia, in Polonia, in Francia e nell’Italia centro-settentrionale.
In Italia la Resistenza ai nazisti si sviluppò dopo l’8 settembre 1943, con un bilancio di oltre 70000 morti. Le formazioni partigiane
rispecchiarono le diverse tendenze politiche: brigate Garibaldi, comuniste; Giustizia e Libertà, azioniste; Matteotti, socialiste; autonome,
formate in gran parte da militari monarchici badogliani; democristiane; liberali. La classe operaia del triangolo industriale mise in atto
nel marzo 1944 due grandi scioperi generali. La direzione politica della Resistenza fu opera dei Comitati di Liberazione nazionale
(CLN), aventi il loro organo supremo nel Comitato di Liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI), costituito nel gennaio del 1944. Le
formazioni partigiane diedero luogo il 25-26 aprile 1945 all’insurrezione nazionale, che precedette l’arrivo delle truppe alleate.
Mussolini, mentre tentava la fuga in Svizzera, fu arrestato e giustiziato dai partigiani il 28 aprile.
11. Le cifre della seconda guerra mondiale
La seconda guerra mondiale ha rappresentato il più grave e terrificante conflitto della storia dell'umanità. A descriverlo, prima delle
parole, valgano molto di più le cifre.
∗ ITALIA: 415.000 morti (330.000 militari, 85.000 civili).
∗ FRANCIA: 610.000 morti (250:000 militari, 360.000 civili).
∗ GRAN BRETAGNA: 410.000 morti (350.000 militari, 60.000 civili).
∗ GERMANIA: 7.000.000 di morti (4.000.000 militari, 3.000.000 civili).
∗ POLONIA: 5.420.000 morti (120.000 militari, 5.300.000 civili).
∗ UNIONE SOVIETICA: 21.000.000 di morti (13.600.000 militari, 7.500.000 civili).
∗ AUSTRIA, BELGIO, BULGARIA, CECOSLOVACCHIA, DANIMARCA, FINLANDIA, GRECIA, JUOGOSLAVIA,
LUSSEMBURGO, NORVEGIA, OLANDA, ROMANIA, UNGHERIA: 4.720.000 morti (1.020.000 militari, 3.700.000 civili).
∗ STATI UNITI: 250.000 morti (tutti militari).
∗ CANADA: 42.000 morti (tutti militari).
∗ GIAPPONE: 2.060.000 morti (1.700.000 militari, 360.000 civili).
∗ CINA: 13.500.000 morti (3.500.000 militari, 10.000.000 civili).
Il totale di questa immane carneficina è spaventoso: 55.527.000 morti, dei quali 25.162.000 militari e 30.365.000 civili.
Nei 12 anni di regime nazista furono, inoltre, sterminati nei campi di concentramento circa 6.000.000 di ebrei.
Gli internanti furono, in totale, 7.500.000.
Ai morti vanno aggiunte le distruzioni materiali, le devastazioni di incalcolabili ricchezze, di un immenso patrimonio creato dal lavoro e
dalla intelligenza dell'uomo.
Molti paesi furono ridotti nella più completa rovina, con le città trasformate in un cumulo di macerie, le strutture economiche e le
comunicazioni sconvolte, le popolazioni superstiti affamate.
Nel 1945 il costo totale della guerra fu calcolato in 1.154 miliardi di dollari; il costo delle distruzioni provocate dalla guerra in 230 miliardi
di dollari. Si è anche calcolato che nella sola Europa occidentale furono completamente distrutti 1.500.000 edifici e danneggiati
7.000.000.
12. Il nuovo assetto mondiale
A partire dal 1943 le potenze occidentali e l’URSS tennero tre importanti conferenze volte a definire il futuro assetto del mondo:
− tra il 28 novembre e il 1° dicembre 1943 Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrarono a Teheran;
− tra il 4 e l’11 febbraio 1945 ebbe luogo la conferenza di Jalta;
− tra il 17 luglio e il 2 agosto quella di Potsdam. In queste conferenze furono definite le linee generali delle condizioni di pace.
La guerra causò in Europa, Giappone e Cina una perdita di vite umane e distruzioni materiali di proporzioni catastrofiche, con circa 50
milioni di morti: l’URSS ebbe oltre 20 milioni di morti, la Polonia oltre 6, la Germania circa 5, la Iugoslavia oltre 1 milione e mezzo, il
Commonwealth britannico oltre 500000, la Francia circa 400000, l’Italia 300000, il Giappone 1800000, gli USA poco meno di 300000,
la Cina 15 milioni.
I rapporti di potenza nel mondo alla fine della guerra erano mutati drasticamente ed erano sorte due superpotenze:
− gli USA, che alla potenza militare univa un incontrastato primato economico;
− l’URSS, grande potenza militare ma colpita duramente dalle distruzioni della guerra.
La Gran Bretagna aveva perso il suo ruolo di potenza mondiale e la Francia era uscita dalla guerra drasticamente ridimensionata. Il 26
giugno 1945 fu fondata l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), creata per garantire la pace, la libertà dei popoli e la democrazia e
per favorire la cooperazione internazionale. Ben presto in seno all’ONU si manifestarono aspri contrasti tra le due superpotenze Usa e
URSS.
Il 10 febbraio 1947 furono firmati i trattati di pace che riguardavano Germania, Italia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Finlandia. L’Italia
cedette alla Francia Briga e Tenda, alla Iugoslavia la Venezia Giulia, mentre Trieste fu divisa in due zone, affidate alla Iugoslavia e agli
angloamericani. Le colonie furono perdute: Albania ed Etiopia recuperarono l’indipendenza, mentre Rodi e il Dodecanneso andarono
alla Grecia. I paesi orientali caddero sotto l’influenza dell’URSS.
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La Germania fu occupata e divisa in due zone, affidate l’una alle potenze occidentali (Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia) e l’altra
all’URSS. Per Berlino fu adottato lo stesso criterio. Contro i capi nazisti fu celebrato dal 15 novembre 1945 al 1° ottobre 1946 il
processo di Norimberga.
Le frontiere tra Germania, Polonia e URSS furono completamente ridisegnate. La Polonia ottenne dalla prima la Pomerania, la Slesia e
parte della Prussia orientale e cedette all’URSS le regioni della Bielorussia e dell’Ucraina, conquistate nel 1921.
Il Giappone perse i territori conquistati in Cina, la Corea, Formosa e Sakhalin. In Asia e in Africa Gran Bretagna, Francia e Olanda
recuperarono le loro colonie, dove però si erano sviluppati movimenti di liberazione anticoloniale.
Esercizi – II guerra mondiale
1. Indica quali furono le principali cause della II guerra mondiale.
2. Ordina cronologicamente gli avvenimenti e scrivi una didascalia di spiegazione.
Guerra di Spagna - Patto Molotov-Ribbentrop - Operazione Barbarossa - Battaglia di Stalingrado – Anschluss - Attacco alla Polonia Conferenza di Monaco - Repubblica di Vichy - “Guerra parallela” - Operazione Leone marino - Repubblica di Salò - Operazione
Overlord - Sbarco in Sicilia - Pearl Harbor - Hiroshima e Nagasaki
3. Spiega quali furono le principali conseguenze geopolitiche della II Guerra mondiale. Utilizza i seguenti termini: Conferenza di
Jalta; USA; URSS; superpotenze; sfere d’influenza.
“Guerra fredda”, decolonizzazione, Unione europea.
1. Il “bipolarismo” e la “guerra fredda”.
Il termine “bipolarismo” indica l’assetto di potere determinato dalla seconda guerra mondiale e dalla comparsa delle armi termonucleari
e con la competizione politico-ideologica tra USA e URSS negli anni compresi tra il 1945 e il 1991.
L’espressione “guerra fredda” è stata coniata nel 1947 per definire quello stato delle relazioni internazionali che si delineò all’indomani
della seconda guerra mondiale (1939-45) e che fu caratterizzato da una conflittualità senza precedenti – politica, economica e
ideologica – tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica e, al tempo stesso, dall’impossibilità di risolverla attraverso il tradizionale
strumento della guerra, dato il potenziale raggiunto dalle armi di distruzione di massa nell’era atomica. Con “guerra fredda” si indica il
periodo in cui la competizione tra le due superpotenze trovò sfogo nella corsa agli armamenti e che si concluse intorno al 1956 con il
raggiungimento della parità termonucleare, la quale segnò il passaggio alla fase più stabile del cosiddetto “equilibrio del terrore”. In un
senso ampio essa comprende l’intero periodo che va dal 1945 al 1991 anno della dissoluzione dell’Unione Sovietica.
2. La NATO
(North Atlantic Treaty Organization). Organizzazione politico-militare fondata a Washington il 4 aprile 1949 – con la firma del Patto
Atlantico – da Francia, Gran Bretagna, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Stati Uniti, Canada, Norvegia, Danimarca, Islanda,
Portogallo, Italia. Vi aderirono successivamente la Turchia e la Grecia (1952), la Repubblica Federale Tedesca (1955) e la Spagna
(1982). Dal 1966 la Francia, pur restando membro dell’organizzazione, è uscita dal Comitato militare, in cui è poi rientrata nel 1995.
Sorta nel clima della guerra fredda come organismo di cooperazione militare, politica ed economica, la NATO, garantendo la presenza
militare degli USA in Europa, è stato il principale soggetto del confronto con i paesi del blocco comunista i quali, nel 1955, le hanno
contrapposto l’organizzazione del Patto di Varsavia. Dopo la caduta dei regimi comunisti, la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la fine
dell’età bipolare (1989-91), la NATO ha dovuto ridefinire le proprie finalità strategiche.
3. Il Patto di Varsavia
Organizzazione di cooperazione militare e mutua assistenza istituita nel maggio del 1955 da Unione Sovietica, Bulgaria, Romania,
Cecoslovacchia, Repubblica Democratica Tedesca, Ungheria, Albania (che uscì dal Patto nel 1968) e Polonia. Fu creata dopo
l’ingresso della Repubblica Federale Tedesca nella NATO. Massimo organismo di difesa del blocco comunista durante gli anni della
guerra fredda, impegnato a reprimere insurrezioni anche all’interno degli stessi stati membri (ad esempio in Cecoslovacchia nel 1968),
si è sciolto ufficialmente il 1° aprile 1991, dopo la caduta dei regimi comunisti dell’Est europeo e alla vigilia della dissoluzione della
stessa Unione Sovietica.
4. Il muro di Berlino
Il 1961 segna una data importante per la Germania. È infatti in quell'anno che si definisce in maniera fisicamente evidente la
separazione fra le due Germanie, nate dalla divisione in settori seguita alla sconfitta del Paese dopo la seconda guerra mondiale. La
parte occidentale del Paese fu retta da un governo democratico sostenuto dai Paesi europei e dagli Stati Uniti, mentre quella orientale
fu guidata da un governo comunista, sotto l'influenza dell'Unione Sovietica. Berlino, divisa anch’essa in due parti, vide la fuga di molti
cittadini, scontenti della mancanza di libertà della Repubblica Democratica, verso quella Federale. Per impedire tali fughe, nel 1961 fu
eretto un muro che tagliava a metà Berlino. Nonostante il Muro e nonostante i rigidi controlli operati dalla polizia ai confini i cittadini
della Germania Est continuarono durante tutti gli anni Sessanta e Settanta a fuggire.
5. L’Italia
All’indomani della liberazione dal nazifascismo, le forze politiche scelgono di affidare ad un'assemblea costituente eletta dal popolo il
compito di redigere una nuova carta costituzionale che sostituisca il vecchio Statuto albertino del 1848. La scelta tra la monarchia e la
repubblica viene affidata ad un referendum popolare. Il referendum, con il quale gli italiani scelgono la repubblica ha luogo il 2 giugno
1946. Nello stesso giorno essi eleggono anche l'assemblea costituente: sono le prime elezioni a suffragio universale della storia
italiana estese anche alle donne. L'esiguo scarto tra i voti alla repubblica (12.718.641) e i voti in favore della monarchia (10.718.502)
dimostrano la divisione del Paese sulla questione istituzionale.
Dalle urne escono tre partiti di massa: comunista, socialista e cattolico ed è proprio quest’ultimo, la Democrazia Cristiana, ad ottenere
la maggioranza relativa con oltre il 35 per cento dei voti.
6. La costituzione della repubblica italiana
Dopo lo Statuto albertino la seconda costituzione italiana fu quella repubblicana entrata in vigore nel 1948. Essa istituì una repubblica
unitaria e istituzioni liberali a fondamento democratico, subendo l’influenza delle culture politiche del liberalismo, del cattolicesimo
democratico, del socialismo e del comunismo.
Stabilite le libertà politiche e civili, vennero anche affermati i principi della solidarietà sociale che miravano ad un’uguaglianza non solo
formale (giuridica e politica) ma anche sostanziale. La repubblica venne “fondata sul lavoro”. Furono affermati il “diritto al lavoro”; la
tutela della proprietà nei limiti però delle superiori esigenze sociali; il diritto degli strati più deboli all’assistenza sociale. Il potere
legislativo fu diviso tra la Camera dei deputati e il Senato, entrambi elettivi; il potere esecutivo fu affidato a un presidente del Consiglio,
nominato dal presidente della repubblica e ai ministri. La magistratura fu resa “un ordine autonomo e indipendente da ogni altro
potere”. A garanzia della costituzionalità delle leggi ordinarie fu creata una Corte costituzionale. Al presidente della repubblica, capo
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dello stato e da eleggersi ogni sette anni, fu affidato un compito di garanzia circa il corretto funzionamento delle istituzioni. Quale
correttivo della struttura centralistica dello stato vennero introdotte, oltre ai comuni e alle province, le regioni come enti autonomi.
I rapporti tra stato e chiesa continuarono ad essere regolati dal Concordato del 1929, con il riconoscimento di quella cattolica come “la
sola religione dello stato”. Le confessioni non cattoliche furono considerate “egualmente libere” dinanzi alla legge. A seguito di un
nuovo Concordato fra stato e chiesa firmato nel 1984, la religione cattolica non è più religione dello stato.
7. Il clima della guerra fredda
I contrasti politici si acuiscono anche a causa della situazione internazionale. La “dottrina Truman”, il deteriorarsi delle relazioni tra le
superpotenze, il condizionamento rappresentato dagli aiuti americani concessi all'Italia in base al piano Marshall, determinano un
cambio nella maggioranza governativa: l’estromissione dei comunisti e la nascita del IV governo De Gasperi che segna la fine
dell’unità dei partiti del CLN dei primi anni del dopoguerra. La Costituzione della Repubblica italiana, fra le più avanzate del mondo,
entra in vigore il 1° gennaio 1948.
Alle elezioni del 18 aprile 1948, svolte in un clima di accentuata polarizzazione tra le sinistre e lo schieramento di governo, la
Democrazia Cristiana trionfa ottenendo il 48% dei voti. I comunisti di Togliatti e i socialisti di Nenni vanno all’opposizione.
Inizia la fase del centrismo: formula politica basata su accordi quadripartiti (DC, socialdemocratici, repubblicani e liberali). I governi che
ne sono espressione, in cui la Democrazia Cristiana ha un predominio netto, sono caratterizzati da un acceso anticomunismo,
dall'appoggio del Vaticano, dalla fedeltà atlantica, e segnano la vita politica del Paese fino al 1958.
Le premesse per un superamento di quella formula sono individuabili nella linea dell'accordo DC-PSI lanciata da Aldo Moro al
congresso democristiano dell'ottobre 1959. La crisi del centrismo viene a compimento con l'avvento della nuova formula del
centrosinistra basata su accordi politici tra DC, PSI, PSDI e PRI. In quegli stessi anni il Paese vive un sensibile miglioramento delle
condizioni di vita dei cittadini e un'espansione dei consumi, entrando nel gruppo delle nazioni più industrializzate del mondo. Con la
pesante sconfitta elettorale socialista alle elezioni del 19 maggio 1968, l'asse politico del Paese è destinato a spostarsi
progressivamente a destra, mentre a sinistra il Partito comunista continua ad aumentare i suoi consensi e si assiste alla nascita di una
sinistra extraparlamentare. È un periodo di aspre lotte sociali e di continue contestazioni studentesche. Nel 1969, con la strage di
Piazza Fontana, si apre la “strategia della tensione” che punta a contrastare l’avanzata delle sinistre, i cui responsabili ancora non
sono stati individuati. Inizia una fase di instabilità politica che conduce al primo scioglimento anticipato del Parlamento della storia della
Repubblica e ad elezioni anticipate (7 maggio 1972), dalle quali non esce tuttavia un quadro politico stabile. A tale situazione si
aggiunge di là a poco una pesante crisi economica dovuta al crollo della lira sul mercato dei cambi che inducono il governo di
centrosinistra presieduto da Mariano Rumor a decretare un blocco di 90 giorni nei prezzi dei beni di largo consumo (24 luglio 1973).
8. La decolonizzazione
La decolonizzazione è il vasto processo che, dopo la Seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni Settanta, portò
all'indipendenza di numerose nazioni asiatiche e africane e alla fine degli imperi coloniali europei. Le cause principali dell'avvio di
questo fenomeno furono il ridimensionamento delle potenze europee di fronte ai due nuovi giganti, Usa e Urss, e la crescita, nelle
nazioni sottomesse, della lotta per l’indipendenza già dagli anni venti e trenta. La guerra causò numerose agitazioni sociali e politiche
nei domini delle potenze europee e alimentò la nascita di partiti e movimenti nazionalisti, che lottarono per l’indipendenza. Una delle
conseguenze più importanti del secondo conflitto mondiale fu, così, la disgregazione dei grandi imperi coloniali europei. Fu l'Asia,
maggiormente coinvolta nelle vicende belliche per il ruolo del Giappone, a dare il via al processo di decolonizzazione, con la conquista
dell'indipendenza da parte dell'India e del Pakistan (1947), la vittoria della rivoluzione comunista in Cina e il riconoscimento
dell'indipendenza dell'Indonesia (1949). Alla fine degli anni Quaranta iniziò anche un profondo rimescolamento di carte nell'area
mediorientale (1946, indipendenza di Siria e Libano; 1948, nascita di Israele e prima guerra arabo-israeliana). Il processo investì anche
i paesi africani a partire dagli anni cinquanta, dapprima nell'Africa settentrionale (1951, Libia; 1956, Tunisia, Marocco e Sudan) e in
seguito nell'Africa nera (1957, Ghana; dal 1960 le altre nazioni).
I paesi europei reagirono in maniera differente al crollo dei loro imperi coloniali: la Gran Bretagna tentò di evitare la radicalizzazione e
la repressione militare (con l'eccezione del Kenia nel 1963) puntando, tramite il Commonwealth, a mantenere stretti legami economici
con i paesi decolonizzati; gli altri paesi cercarono di impedire il distacco delle colonie ricorrendo spesso alle armi, sia in Asia che in
Africa (la Francia in Algeria e Vietnam, il Belgio in Congo, l'Olanda in Indonesia). In alcune ex colonie la minoranza bianca tentò di
mantenere un ferreo dominio, fallendo in Zimbabwe, ma riuscendovi a lungo in Sudafrica.
9. Le prospettive dell’Europa.
Una nuova concezione di Europa si apre la strada negli anni seguenti il secondo conflitto mondiale. Dalla guerra emerge infatti
manifesta la necessità che gli Stati europei, ormai non più grandi potenze planetarie, stringano tra loro vincoli di alleanza e
cooperazione politica ed economica. Ne sono protagonisti alcuni uomini politici, come Churchill, il francese Leon Blum, De Gasperi in
Italia e il tedesco Conrad Adenauer.
Una prima forma di cooperazione tra i Paesi europei si ha con la nascita dell'OECE (Organizzazione Europea di Cooperazione
Economica, 16 aprile 1948), finalizzata alla gestione comune degli aiuti concessi dagli Stati Uniti nel quadro del piano Marshall, e
completata, il 19 novembre 1950 dall'UEP (Unione Europea dei Pagamenti).
Oltre al Patto atlantico (aprile 1949), trattato di carattere militare che dà vita alla NATO e che vede uniti molti Paesi europei accanto a
Stati Uniti e Canada, un ulteriore passo verso l'integrazione europea è rappresentato dal Consiglio d'Europa (trattato di Westminster, 5
maggio 1949), uno strumento di carattere consultivo, articolato in un Comitato di ministri e in un'Assemblea consultiva. Ad esso segue,
nel 1950, per iniziativa del ministro degli Esteri francese R. Schuman, la proposta di un piano di gestione comune dei Paesi europei in
settori strategici quali quelli del carbone e dell'acciaio.
Il 18 aprile 1951, con il trattato di Parigi, nasce la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), cui aderiscono Francia,
Germania Federale, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo. A differenza del Consiglio d'Europa, non si tratta più di uno strumento
esclusivamente consultivo: con la CECA vengono varate politiche produttive concordate tra i Paesi membri e l'abolizione di dazi e
dogane, il tutto sotto il controllo di un'Alta Autorità sovranazionale. Al 1952 risale il progetto di una Comunità Europea di Difesa (CED),
ma il rifiuto del governo francese di ratificare l'accordo ne comporta il fallimento.
Con il trattato di Roma del 25 marzo 1957 (tra gli stessi Paesi membri della CECA) viene istituita la Comunità Economica Europea
(CEE) e l'Euratom. La prima ha come finalità la libera circolazione delle merci e delle persone nei Paesi membri, l'abolizione delle
barriere doganali e la fissazione di una barriera comune nei riguardi di paesi terzi; la seconda, lo sviluppo dell'industria nucleare per
scopi pacifici. Nel 1967, gli organi direttivi della CECA, della CEE e dell'Euratom sono unificati. In quell'occasione nascono quindi il
Parlamento europeo, la Commissione, il Consiglio d'Europa e la Corte di giustizia. Solamente alcuni anni più tardi si assiste all'ingresso
nella CEE della Gran Bretagna (1971), della Danimarca e dell'Irlanda (1972).
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