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TRIMESTRALE DI AGGIORNAMENTO MEDICO
MARZO 2014
ANNO 15
2013: gli articoli “top” in HIV e Virus epatitici
IL COMMENTO
ai migliori
articoli della
FONDAZIONE
ICONA
al CROI 2014:
LETTERATURA
2013
i lavori presentati
a Boston
pagina 5
pagina 32
Congress report
INACTION
Inflammation and
chronic hepatitis/HIV
infections:
who is the driver?
Nuovo
Network italiano
nell’infezione
acuta da HIV
pagina 39
pagina 48
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da esperti
indice
Editoriale
3
pag. 5
2013: gli articoli “top” in HIV e Virus epatitici
Mauro Moroni, Mario Rizzetto
Top Five HIV
pag. 8
1. Low-level HIV viremia is associated with microbial translocation and inflammation.
Reus S, et al. Commento di G. Marchetti, E. Merlini
2. Absence of detectable HIV-1 viremia after treatment cessation in an infant.
Persaud D, et al. Commento di A. Gori
Post-treatment HIV-1 controllers with a long-term virological remission after the interruption of early initiated antiretroviral therapy.
Sàez-Ciriòn A, et al. Commento di A. Gori
3. Multi-step inhibition explains HIV-1 protease inhibitor pharmacodynamics and resistance.
Rabi SA, et al. Commento di C. Balotta
4. Dolutegravir plus abacavir-lamivudine for the treatment of HIV-1 infection.
Walmsley SL, et al. Commento di A. Castagna
5. Association between tenofovir exposure and reduced kidney function in a cohort of HIV-positive patients:
results from 10 years of follow-up.
Laprise C, et al. Commento di S. Lo Caputo
Top Five VIRUS EPATITICI
pag. 20
1. Completion of the entire hepatitis C virus life cycle in genetically humanized mice.
Dorner M, et al. Commento di C.F. Perno
2. Impact of occult hepatitis B virus infection on the outcome of chronic hepatitis C.
Squadrito G, et al. Commento di G. Taliani
3. GS-9620, an oral agonist of Toll-like receptor-7, induces prolonged suppression of hepatitis B virus in chronically infected chimpanzees.
Lanford RE, et al. Commento di M.U. Mondelli
4. Telbivudine improves renal function in patient with chronic hepatitis B.
Gane EJ, et al. Commento di M. Rizzetto
5. Completion of the entire hepatitis C virus life cycle in genetically humanized mice.
Lawitz E, et al. Commento di A. Gasbarrini
ICAR 6° Congresso Nazionale Italian Conference on AIDS Retroviruses. Roma, 25-27 maggio 2014
ICONA: i contributi al CROI 2014
CROI - ICAR 2014: premiati i giovani ricercatori italiani
pag. 30
pag. 32
Interazioni farmacologiche
pag. 33
Interazioni farmacologiche tra ARV e farmaci gastroenterologici, ormoni, immunomodulatori
e chemioterapici antineoplastici
Andrea Calcagno
Nuove terapie per l’epatite cronica C
pag. 37
Focus sulle nuove combinazioni
Alessia Ciancio, Mario Rizzetto
Congress report
pag. 39
Inflammation and chronic hepatitis/HIV infections: who is the driver? Milano, 30-31 gennaio 2014
Giulia Marchetti, Roberto Rossotti, Valentina Svicher
Approfondimenti
pag. 43
Infiammazione e HIV: lo stato dell’arte
Matteo Basilissi, Giusi Maria Bellistri, Esther Merlini
Highlights
INACTION - Nuovo Network italiano sull’infezione acuta da HIV
Andrea Gori, Giuseppe Tambussi
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
pag. 48
4
TRIMESTRALE DI AGGIORNAMENTO MEDICO
MARZO 2014 - ANNO 15
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DIRETTORE SCIENTIFICO E
COORDINAMENTO SCIENTIFICO HIV:
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COORDINAMENTO SCIENTIFICO VIRUS EPATITICI:
Mario Rizzetto, Torino
COMITATO DI REDAZIONE:
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editoriale
5
2013: gli articoli “top”
in HIV e Virus epatitici
“Cura funzionale” è un neologismo entrato nel linguaggio della ricerca clinica sull’infezione da HIV, che lascia a desiderare
sotto il profilo semantico: se per “cura” si intende la traduzione della parola cure, questa dice già tutto. Se, invece, la si deve
intendere secondo il dizionario italiano, occorre considerare che ogni cura deve essere “funzionale” e che il problema sta solo
nel definire a quale obiettivo. Nell’attuale contesto della cART, “cura funzionale” si avvicina molto al concetto di guarigione e
di fronte alla rilevanza di questa opportunità, ogni discussione semantica perde di significato. Il lavoro di Persaud et al, e la
pubblicazione sulla coorte VISCONTI, seguono di alcuni anni la segnalazione del “paziente di Berlino”, che riveste un valore
“simbolico”per il messaggio veicolato, ma senza eventuali ricadute sulla pratica clinica. La “guarigione” della bambina e, soprattutto, l’analisi della coorte, pur nell’eccezionalità del primo caso e nella prudenza che deve scaturire dai dati della coorte,
sembrano invitare già oggi ad una presa d’atto che va progressivamente imponendosi: non è mai troppo presto per iniziare
il trattamento. Presa d’atto che il più recente aggiornamento delle Linee Guida nazionali ha tenuto in debito conto.
Il lavoro di Laprise et al, è importante perché evidenzia la sostanziale differenza tra le alterazioni di un esame di laboratorio e le conseguenze cliniche concrete sulla funzionalità di organi e apparati. La “tossicità cronica” dei regimi terapeutici è
oggi oggetto di costante attenzione. A oltre 15 anni dall’esordio della cosiddetta HAART, l’analisi delle più ampie e rigorose coorti internazionali permette di giungere a considerazioni tranquillizzanti ed è forse il momento per modificare il tema
“tossicità cronica” in “cronica tollerabilità”.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
HIV
top five
VIRUS
EPATITICI
top five
Interazioni
farmacologiche
Walmsley et al, firmano la pubblicazione dello studio SINGLE, confronto fra due regimi di prima linea differenti sia nel terzo
farmaco che nel backbone, che si distingue per la numerosità della casistica, il lungo periodo di osservazione e la completezza dei parametri. Tra questi, meritano citazione la mediana del tempo necessario per raggiungere la soppressione della
replicazione virale ed il recupero dei linfociti CD4. Dolutegravir, INI di “ultima generazione” con la storica associazione
ABC/3TC, è stato confrontato con la più classica EFV/FTC/TDF, con la documentazione dei requisiti per l’impiego in prima
linea (rapida soppressione della replicazione virale, miglior recupero immunologico e ottima tollerabilità).
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Il lavoro di Rabi et al, tra cui spicca il nome di Robert Siliciano, è particolarmente complesso e affronta un problema che nasce
dall’osservazione clinica con metodologie di laboratorio altamente sofisticate: la resistenza ai PI in assenza di mutazioni.
I risultati vanno oltre l’aver fornito un’interpretazione al quesito di base e le basi biologiche della resistenza ai PI, in quanto
permettono di rivalutare positivamente l’interezza e la complessità dei meccanismi d’azione dei PI che, disponibili dal 199596, hanno aperto l’era della “triplice terapia”; dati clinici sperimentali ne permettono l’uso, in casistiche selezionate, in bio anche mono-terapia, nell’ambito dei cosiddetti Less Drug Regimen (LDR), con diverse evidenze biologiche.
congress
report
Le prime segnalazioni sullo stato di cronica infiammazione nella popolazione con HIV anche trattata efficacemente e con viremia < 50 copie/ml, risalgono al 2005-2006. Allo stato di infiammazione cronica sono attribuiti un mosaico di possibili
danni che, nel loro insieme, possono configurare un più rapido “invecchiamento” di alcuni soggetti.
L’immunoattivazione e lo stato di infiammazione cronica sono l’oggetto della pubblicazione di Reus et al, che analizzano i
soggetti con bassi livelli di viremia, con i marcatori di “traslocazione microbica” (TM), con risultati in parte sorprendenti sull’associazione tra infiammazione e TM ma anche sull’indipendenza dell’entità della viremia plasmatica. Questi dati spostano
le cause del mantenimento di un cronico stato infiammatorio dalla semplice responsabilità di HIV a basso tasso di replicazione a un danno persistente della barriera intestinale. Le implicazioni potrebbero essere notevoli e se i dati saranno confermati, sembra a favore sia dell’esordio precoce che di un esordio “aggressivo”.
highlights
Gli Esperti di ReAd Files, coordinati da Franco Maggiolo, hanno selezionato 5 lavori solo apparentemente disgiunti tra loro:
dall’analisi dei testi e dei commenti emergono più fili conduttori che, di fatto, si identificano nei grandi temi dell’attuale ricerca
clinica applicata: l’immunoattivazione e lo stato di infiammazione cronica; l’approfondimento delle conoscenze sui meccanismi d’azione delle famiglie di farmaci, al fine di collocarli al meglio nelle strategie terapeutiche; la cosiddetta “cura funzionale”.
editoriale
HIV
ONE HUNDRED PER CENT DEDICATED TO
HIV MEDICINES AND RESEARCH, FOCUSED
ON THE NEEDS OF THOSE AFFECTED BY
HIV, AND COMMITTED TO INNOVATION
We are committed to delivering innovation for people
living with HIV
Find out more
100% focused on HIV
editoriale
7
Lo studio GLOBE ha dimostrato che telbivudina è più efficace contro l’HBV di lamivudina. Inaspettatamente la disamina
della funzionalità renale ha rilevato un significativo incremento della filtrazione glomerulare nei pazienti in telbivudina.
Gane et al, confermano ed estendono questa osservazione, rilevando che, in più studi, telbivudina ha aumentato la filtrazione glomerulare dell’8.5%; l’incremento della funzione renale è stato ottenuto indipendentemente dall’azione antivirale del farmaco e dall’assetto virologico del paziente. Questi dati suggerirebbero un potenziale beneficio di
telbivudina nelle nefropatie croniche, indipendente dalla sua capacità di antivirale.
Lawitz et al, confermano, nello studio LONESTAR, potenza, duttilità e buona tolleranza della combinazione orale IFNfree di sofosbuvir con ledipasvir. Malgrado la campionatura di pazienti ancora limitata, lo studio preannuncia una terapia solo orale, efficace almeno nel 95% dei casi, di sole 8 settimane nei pazienti naive e di 12 settimane nei pazienti
con cirrosi compensata che hanno fallito precedentemente la terapia con un inibitore delle proteasi.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
HIV
top five
EPATITICI
VIRUS
highlights
A cura di Mauro Moroni e Mario Rizzetto
top five
Lanford et al, dimostrano che negli scimpanzé la somministrazione orale di GS-9620, agonista del Toll-like receptor 7,
comporta un’efficace e robusta risposta antivirale mediata dall’immunità innata, con aumento dell’interferone alfa ed
attivazione dei linfociti Natural Killer. Tale evidenza pone la base allo studio nell’uomo di farmaci che stimolano l’immunità innata per eradicare il virus dell’epatite B, in complemento alle terapie antivirali.
Interazioni
farmacologiche
Squadrito et al, sottolineano l’importanza dell’infezione occulta da HBV (OBI) nel peggiorare il decorso clinico dell’epatite cronica da HCV. In 94 pazienti con epatite cronica C, seguiti in media per 11 anni, OBI ha rappresentato un
rischio significativo di progressione accelerata di malattia e di sviluppo di epatocarcinoma rispetto ai pazienti con
epatite cronica C senza OBI. Appare, dunque, prioritaria l’indicazione terapeutica contro l’HCV nei pazienti con epatite cronica C in cui è presente OBI.
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Dorner et al, descrivono un metodo di infezione produttiva di HCV nel topo. Questo studio sperimentale è un avanzamento della ricerca di base dell’HCV, che fornisce nuovi target terapeutici alla ricerca farmacologica e consente altresì
di studiare più nel dettaglio la variabilità virale sotto la pressione immunologica. La comprensione delle modalità con
cui il virus evade all’attacco immune potrebbe aiutare nell’allestimento di un vaccino contro l’HCV.
congress
report
L’attenzione nell’epatite virale è focalizzata sulle prospettive terapeutiche suscitate dallo sviluppo di antivirali nell’epatite cronica B e C.
Sono state pubblicate nel 2013 ricerche nell’epatite cronica C che mirano ancor più in là dei sorprendenti risultati terapeutici finora acquisiti, e nell’epatite cronica B valutano l’indicazione agli antivirali in situazioni cliniche alternative
o propongono terapie innovative per raggiungere l’eradicazione dell’HBV.
editoriale
Infezioni da virus epatitici
HIV
8
Top Five della letteratura
Bassi livelli di viremia di HIV si associano
a traslocazione microbica e infiammazione
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Low-level HIV viremia is associated with microbial translocation and inflammation.
Reus S, Portilla J, Sanchez-Pàya J, Giner L, Francès R, Such J, Boix V, Merino E and Gimeno A. JAIDS 2013; 62:129-134.
EXTENDED ABSTRACT
Commento
Reus et al. indagano l’associazione tra bassi livelli di viremia plasmatica di HIV e marcatori di traslocazione microbica (TM) e di infiammazione in 52 pazienti con HIV in
terapia antiretrovirale virologicamente efficace (HIV RNA
< 200 cp/ml). Dalla stratificazione dei pazienti in due
gruppi, HIV RNA < 20 cp/ml e HIV RNA tra 20-200
cp/ml, è emerso che i soggetti con un più stretto controllo
della carica virale (< 20 cp/ml) presentano in circolo meno
rDNA di origine batterica, un buon indicatore di TM (1),
LPS, sCD14, IL-6 e TNFα (tabella 1). All’interno di ciascun
gruppo i pazienti sono stati ulteriormente suddivisi in base
alla presenza/assenza di rDNA batterico circolante: i soggetti con presenza di rDNA batterico circolante si caratterizzano, come atteso, per più elevati livelli di LPS e sCD14
(tabella 2).
L’osservazione di più alti livelli di IL-6 e TNFα in chi ha
rDNA batterico circolante, indipendentemente dalla carica
virale, sembra inoltre suggerire che l’infiammazione in
corso di infezione da HIV in trattamento sia sostenuta più
dalla TM che non dalla replicazione di HIV (tabella 2). Una
successiva analisi statistica ha infine evidenziato che l’unico
fattore associato alla TM, intesa come presenza di rDNA
batterico nel sangue periferico, sia la carica virale di HIV.
Nonostante la natura trasversale dello studio, che consente di osservare associazioni, ma non di stabilire un
rapporto di causalità tra i fenomeni in esame, questo lavoro rappresenta un punto importante per fare chiarezza sull’associazione tra traslocazione microbica e
replicazione virale in contesti clinici di HIV a viremia
soppressa per effetto della HAART.
Il controllo della viremia plasmatica di HIV ad opera
della HAART al di sotto dei limiti di rilevazione delle
metodiche ad oggi disponibili, si accompagna ad una
diminuzione dei livelli di TM e di infiammazione cronica, sebbene non a livelli paragonabili a quelli della
popolazione generale (2-3).
Tuttavia, le conseguenze in termini di TM ed infiammazione
in pazienti con viremia altamente controllata (ad esempio <
20 cp/ml), rispetto a pazienti con un controllo virologico
meno rigoroso, non sono ancora del tutto chiarite.
Il dato presentato in questa ricerca riveste indubbiamente un estremo interesse in quanto mette in evidenza
un’associazione tra infiammazione e TM, indipendentemente dalla viremia plasmatica. Questa osservazione
permette di ipotizzare che in corso di terapia antiretrovirale virologicamente soppressiva, il virus (4) rappre-
“I soggetti con HIV RNA < 20 copie/ml presentano
meno rDNA batterico in circolo, confermando che il controllo viremico
riduce traslocazione microbica e infiammazione cronica”
Tabella 1. Marcatori di traslocazione microbica (TM) e di infiammazione in accordo ai livelli di viremia plasmatica
di HIV (HIV RNA), n= 52
HIV RNA 20-200 cp/ml
(n= 13)
HIV RNA < 20 cp/ml
(n= 39)
P
Marcatori di TM
rDNA, n (%)
LPS, mediana (IQR) UE/ml
sCD14, mediana (IQR) ug/ml
6 (46)
1.1 (0.6-1.2)
6.2 (2.8-9.3)
7 (18)
0.8 (0.5-1.1)
4.1 (2.8-6.1)
< 0.05
NS
NS
Marcatori di infiammazione
IL-6, mediana (IQR) pg/ml
TNFα, mediana (IQR) pg/ml
90 (81-154)
47 (30-80)
79 (61-105)
37 (24-56)
< 0.05
NS
rDNA: DNA batterico ribosomiale; LPS: lipopolisaccaride; IL-6: interleuchina -6; TNFα: tumor necrosis factor α; IQR: range interquartile;
NS: non significativo
Reus S et al, JAIDS 2013
[Bassi livelli di viremia di HIV si associano a traslocazione microbica e infiammazione. Commento di G. Marchetti, E. Merlini]
HIV
P2
P3
1.1 (0.8-1.5)
9.3 (7.0-11)
154 (139-169)
80 (49-87)
0.8 (0.5-1.1)
2.9 (2.6-4.8)
81 (45-90)
30 (25-35)
1.1 (0.8-1.8)
11 (8.1-12)
73 (67-90)
144 (120-150)
0.6 (0.5-1.0)
3.7 (2.8-4.6)
75 (56-85)
35 (23-45)
NS
NS
NS
NS
< 0.05
< 0.01
< 0.01
< 0.01
NS
NS
NS
NS
rDNA (+): presenza di rDNA; rDNA (-) assenza di rDNA; DNA batterico ribosomale; LPS: lipopolisaccaride; IL-6: interleuchina -6;
TNFα: tumor necrosis factor α; IQR: range interquartile; NS: non significativo. P1: significativo per HIV RNA; P2: significativo per rDNA:
P3: significativo per interazione tra HIV RNA e rDNA.
Reus S et al, JAIDS 2013
senta uno stimolo antigenico trascurabile, che non
rende ragione dello stato di infiammazione cronica che
sperimentano i pazienti con HIV nonostante la HAART.
Questa osservazione apre nuovi scenari relativi al legame patogenetico tra danno di barriera gastro-intestinale e risposta immune. In particolare, è altamente
verosimile un modello in cui la viremia di HIV costituisca
il “primum movens” del danno di barriera gastro-enterica e della successiva TM, a sua volta responsabile di
uno stato pro-infiammatorio. Una volta spenta la replicazione virale ad opera della HAART, lo stato pro-infiammatorio sembrerebbe autosostenersi ed essere, dunque,
correlato alla TM.
In assenza di strategie terapeutiche validate per ridurre la
TM e l’infiammazione cronica (5), l’osservazione che pazienti con viremia < 20 cp/ml mostrino minori livelli circolanti di tali marcatori suggerisce che i livelli di viremia
residua, ancorché molto bassi, possano influenzare il recu-
“Nei soggetti con rDNA batterico
circolante i più alti livelli di LPS,
sCD14, IL-6 e TNFα mostrano il ruolo
centrale della traslocazione microbica
nel sostenere l’infiammazione”
pero immunologico. Questo dato consente di aggiungere
un’informazione importante relativamente al significato immunologico e - in prospettiva - clinico, derivante da un rigoroso controllo della carica virale (ad esempio < 20 cp/ml).
Giulia Marchetti,
Esther Merlini
Dipartimento di Scienze della Salute,
Clinica delle Malattie Infettive,
Università degli Studi di Milano, Ospedale “San Paolo”
Riferimenti bibliografici:
1. Guarner C, Gonzalez-Navajas JM, Sànchez E, et al. The detection of bacterial DNA in blood of rats with CCI4-induced cirrosi
with ascites represents episodes of bacterial trans location. Hepatology. 2006. 44:633-639.
2. Klatt NR, Funderburg NT, Brenchley JM. Microbial translocation, immune activation, and HIV disease. Trends Microbiol. 2013
Jan; 21(1):6-13.
3. Brenchley JM, Price DA, Schacker TW, et al. Microbial translocation is a cause of systemic immune activation in chronic HIV infection. Nat Med. 2006 Dec; 12 (12)1365-71.
4. Chun TW, Murray D, Justement JS, et al. Relationship between residual plasma viremia and the size of HIV proviral DNA reservoirs in infected individuals receiving effective antiretroviral therapy. JID. 2011; 204:135-8.
5. Hunt PW. Th17, gut and HIV: therapeutic implications. Curr Opin HIV AIDS. 2010; 5:189-193.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
HIV
P1
top five
rDNA (-)
(n= 32)
VIRUS
rDNA (+)
(n= 7)
EPATITICI
rDNA (-)
(n= 7)
top five
rDNA (+)
(n= 6)
Interazioni
farmacologiche
LPS, mediana (IQR) UE/ml
sCD14, mediana (IQR) ug/ml
IL-6, mediana (IQR) pg/ml
TNFα, mediana (IQR) pg/ml
HIV RNA < 20 cp/ml
(n= 39)
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
HIV RNA 20-200 cp/ml
(n= 13)
congress
report
Tabella 2. Livelli di traslocazione microbica (TM) e di infiammazione in accordo alla viremia di HIV (HIV RNA)
e alla presenza di rDNA, n= 52
editoriale
9
highlights
Top Five della letteratura
HIV
10
Top Five della letteratura
Assenza di viremia da HIV-1 rilevabile dopo
interruzione del trattamento in una bambina
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Absence of detectable HIV-1 viremia after treatment cessation in an infant.
Persaud D, Hannah G, Ziemniak C, Hui Chen Y, Piatak M, Jr, T-W Chun, Strain M, Richman D, and Luzuriaga K. N Engl J Med.
2013 Nov 7; 369(19):1828-35.
EXTENDED ABSTRACT
HIV misconosciuta, risultata positiva al test per HIV al momento
Il lavoro riprende uno degli argomenti più attuali nella gestione
del parto. La nascita della bambina è avvenuta prima che fosse
dell’infezione da HIV, dimostrando come una cura dell’infezione
possibile iniziare una profilassi antiretrovirale. Nell’eventualità
possa essere raggiunta. Gli autori descrivono il caso di una
che la bambina si fosse potuta infettare durante il parto, alla
bambina sottoposta precocissimamente a cART al momento del
30a ora dalla nascita è stato iniziato un trattamento antiretrovirale con AZT + 3TC + NVP. Tuttavia alla 30a ora dal parto, il
parto, la quale non ha presentato una ripresa della replicazione
test per la determinazione dell’HIV DNA su PBMC è risultato
di HIV dopo la sospensione della terapia. La bambina è nata
positivo e la determinazione della viremia plasmatica ha dialla 35a settimana di gestazione da madre con infezione da
mostrato un valore di HIV RNA di
19.812 cp/ml, confermando,
Tabella 1. Test di laboratorio e terapia antiretrovirale ricevuta da madre e bambina*
quindi, l’avvenuta infezione.
Test
Risultato
Terapia ARV
A una settimana dalla nascita,
Madre
presa coscienza che ci si trovasse
Anticorpi per HIV, al parto
Positivo
Nessuna
di fronte ad un trattamento, e non
HIV ELISA e Western Blot di conferma, a 24 ore
Positivo
Nessuna
Carica virale, a 24 ore
2423 copie/ml
Nessuna
ad una profilassi post-esposizione,
Conta dei CD4, a 14 giorni
644 cellule/mmc
Nessuna
si è quindi provveduto a ottimizGenotipo e sottotipo di HIV-1, a 14 giorni
Wild type, sottotipo B
Nessuna
zare
la cART introducendo LPV/r
Conta dei CD4, a 26 mesi
513 cellule/mmc
Nessuna
e sospendendo NVP. Dopo 29
Carica virale, a 26 mesi
6763 copie/ml
Nessuna
Tipizzazione HLA, a 26 mesi
A3, A23, B7, B14, Cw7 e Cw8
Nessuna
giorni di trattamento, si è assistito
Stato mutazionale del delta32 CCR5, a 26 mesi
Non mutato
Nessuna
alla negativizzazione dell’HIV
Frequenza di cellule infette, a 28 mesi
137 IUPM
Nessuna
RNA plasmatico. Al 18° mese di
Bambina
trattamento,
la madre, autonomaHIV-1 DNA, a 30 ore
Positivo
AZT
HIV-1 RNA, a 31 ore
19,812 copie/ml
AZT, 3TC e NVP
mente, decideva tuttavia di soHIV-RNA, a 6 giorni
2617 copie/ml
AZT, 3TC e NVP
spendere la cART. Le analisi
HIV-RNA, a 11 giorni
516 copie/ml
AZT, 3TC e LVP/r
successive, eseguite con un followHIV-RNA, a 19 giorni
265 copie/ml
AZT, 3TC e LVP/r
up fino al 30° mese di età della
HIV-RNA, a 29 giorni
< 48 copie/ml
AZT, 3TC e LVP/r
Percentuale di CD4, a 8 giorni
69%
AZT, 3TC e LVP/r
bambina, hanno comunque persiTipizzazione HLA, a 26 mesi
A3, A68, B7, B39 e Cw7
Nessuna
stentemente dimostrato, in asStato mutazionale del delta32 CCR5, a 26 mesi
Non mutato
Nessuna
senza di cART, una negatività
*Tutti i momenti considerati sono post-parto.
Modificata da Persaud D et al, NEJM 2013
dell’HIV RNA plasmatico, dell’HIV
DNA su PBMC e degli Ab speciTabella 2. Analisi specialistiche sulla persistenza dell’infezione da HIV nella bambina
fici anti-HIV (tabelle 1 e 2).
Campione
Quantità
Cellule analizzate
Il precocissimo inizio della cART,
DNA provirale totale
n°cell/volume plasma
n°di replicati pos/n°di pozzi
al momento stesso dell’acquisiCD4 resting
zione del virus, può quindi porA 24 mesi
< 3.5 copie/106 cellule
96,500
0/3
tare ad una cura dell’infezione
A 26 mesi
< 2.5 copie/106 cellule
134,000
0/6
da HIV.
PBMC arricchite con CD4 attivati
A 24 mesi
A 26 mesi
Viremia plasmatica residua
A 24 mesi
A 26 mesi
Virus infettante a 24 mesi
< 2.2 copie/106 cellule
< 2.6 copie/106 cellule
1 copia/ml
< 2 copie/ml
< 0.05 IUPM §
154,000
130,000
4 ml
4 ml
22x106 CD4 resting
0/6
0/6
3/3
0/4
0/22
Il limite di rilevazione era 2.9 copie per 106 cellule. § Nessun strain replicante recuperato. IUPM = Infection
units per 1 milion resting CD4+ cells
Modificata da Persaud D et al, NEJM 2013
“Unico caso al mondo
di negativizzazione
dell’HIV RNA
post-terapia”
[Assenza di viremia da HIV-1 rilevabile dopo interruzione del trattamento in una bambina. Commento di A. Gori]
HIV
Top Five della letteratura
11
HIV-1 post-treatment controllers in remissione virologica a lungo termine dopo interruzione della terapia antiretrovirale precoce, studio ANRS VISCONTI
“I pazienti post-treatment controllers
presentano una sintomatologia più
severa durante l’infezione primaria”
HIV
top five
VIRUS
Lo studio pubblicato da Sàez-Ciriòn et al, parte dal presupposto che la terapia antiretrovirale sia in grado di ridurre significativamente la morbilità e mortalità associata
a HIV, ma non possa curare l'infezione. Quindi, data la
difficoltà di eradicazione, si pone come obiettivo quello di
provare a raggiungere una possibile “cura funzionale”
dell’infezione da HIV. Dato questo razionale, all’interno
della Coorte francese VISCONTI, è stato possibile identificare 14 pazienti HIV “post-treatment controllers”. Ossia,
lo studio è riuscito a caratterizzare 14 pazienti trattati con
cART, per un periodo considerevolmente lungo, al momento della diagnosi di infezione acuta da HIV, la cui viremia, misurata attraverso la determinazione dell’HIV
RNA, è rimasta controllata al di sotto dei valori di rilevabilità per molti anni dopo l’interruzione della cART.
La maggior parte dei pazienti “post-treatment controllers”
non possedeva un assetto genetico HLA B associato a un
EPATITICI
profilo di protezione, come invece è stato dimostrato essere presente nella maggior parte dei pazienti che controllano spontaneamente l’infezione. Al contrario, erano
caratterizzati dalla presenza di alleli HLA associati a un
elevato rischio di trasmissione e di progressione, i quali
sono per lo più assenti tra i pazienti che controllano spontaneamente l’infezione. Parallelamente, i soggetti “posttreatment controllers” possedevano una minor risposta
citotossica CD8+ specifica e presentavano una sintomatologia più severa durante l’infezione primaria (tabella 3).
Lo studio ha anche evidenziato come nei pazienti “posttreatment controllers”, il ruolo delle cellule CD4+ latentemente infette, nel contribuire a mantenere il reservoir
top five
EXTENDED ABSTRACT
editoriale
Post-treatment HIV-1 controllers with a Long-Term Virological Remission after the Interruption of Early Initiated Antiretroviral Therapy.
Sàez-Ciriòn A, Bacchus C, Hocqueloux L, Avettand-Fenoel V, Girault I, Lecuroux C, Potard V, Versmisse P, Melard A, Prazuck T, Descours B, Guergnon J, Viard JP, Boufassa F, Lambotte O, Goujard C, Meyer L, Costagliola D, Venet A, Pancino G, Autran B, Ouzioux
CR, the ANRS VISCONTI Study Group. PLOS Pathogens 2013; 9:610032111.
1996
2001
1996
1998
2001
Sint.
Sint.
Sint.
Sint.
Sint.
V
V
I
III
V
GXR
CXK
MWP
JOGA
OCP
LY1
LY2
MO1
F
M
M
F
M
M
M
M
1998
1999
1999
2002
2002
2001
2000
1999
Sint.
Asint.
Sint.
Sint.
Sint.
Sint.
Asint.
Sint.
III
V
V
IV
V
III
V
V
SL2
M
MEDIA
1998
1999
Sint.
V
V
2NRTI
3NRTI+PIg3NRTI
2NRTIg2NRTI+PI
2NRTI+PIg3NRTI
NNRTI+2
NRTIg3NRTI
2NRTI+PI
2NRTI+PI
2NRTI+PI
2NRTI+PI7
2NRTI+PIg3NRTI
2NRTI+PIg3NRTI
3NRTI
2NRTI+PIg2
NRTI+NNRTI
3NRTI+PIg3NRTI
81
24
92
60
13
82
101
107
72
104
416
955
ND5
502
397
1057
906
354
915
523
959
743
441
886
502
134
6
222
122
16
4.3
6.8
3.46
5.0
3.0
<20
2
91
<40
224
16/16
24/26
18/28
9/9
7/30
86
39
12
17
31
23
56
48
48
75
115
72
59
101
84
93
787
593
371
393
489
682
455
580
1636 1598
976 787
1428 1400
734 779
856 973
833 541
938 492
1044 1251
59
38
120
8
616
36
44
13
7.3
4.3
7.1
5.9
5.3
4.9
4.4
6.0
<40
289
1
<5
<20
<20
<40
5
5/5
9/12
21/21
10/10
11/11
23/23
13/22
13/13
34
36.5
113
89
822
502
993 1299
927 937
140
51.5
3.1
5.0
5
<20
13/14
2/26
10/28
20/30
3/30
3/12
8/22
1/22
1/14
1 M: uomo, F: donna - 2 Infezione acuta da HIV-1, sintomatica o asintomatica - 3 NRTI: inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa, PI: inibitori
della proteasi, NNRTI inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa - 4 CV: carica virale - 5 ND: non disponibile.
Sàez-Ciriòn A et al, PLOS Pathogens 2013
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
M
F
F
M
M
Tempo Tempo Conta CD4
Ultimo HIV CV4 HIV-1
HIV-1 RNA
in cART da inter- (cell/µl)
DNA (copie/ RNA
dall’inizio
(mesi) ruzione
106 PBMC) copie/ml
dell’interruzione
1° ril. Stop Ultimo
All’infezione Ultimo ril CV
CV>50 CV
cART
acuta (Log) in follow-up <50
<400 >400
congress
report
OR1
OR2
OR3
OR8
KPV
cART3
highlights
Cod. Sesso1 Anno Infezione Fiebig
della acuta2
ad
diagnosi
inizio ART
Interazioni
farmacologiche
Tabella 3. Caratteristiche dei pazienti post-treatment controllers inclusi negli studi
HIV
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
12
totale delle cellule infettate da HIV, non fosse così importante in relazione al ridotto tasso di infezione delle cellule
naive e all’alterata distribuzione, all’interno del compartimento T CD4+, delle cellule CD4+ resting memory.
Gli autori concludono affermando come l’inizio precoce
e prolungato della cART in corso di infezione primaria
da HIV possa portare in alcuni casi, sebbene caratterizzati da un profilo genetico ed immunologico sfavorevole,
ad ottenere un controllo duraturo dell’infezione da HIV
anche dopo la sospensione della terapia antiretrovirale.
Commento
Precedentemente, una sola segnalazione al mondo
aveva documentato la possibilità di arrivare ad una
cura dell’infezione da HIV. Con il “paziente di Berlino”
si è aperta una nuova fase della storia dell’infezione
da HIV nella quale la possibilità di curare l’infezione si
è resa ipotizzabile. In quella circostanza, il risultato è
stato raggiunto in un paziente sottoposto a trattamento
per leucemia mieloide acuta con chemioterapia ablativa totale, seguita da radioterapia e trapianto allogenico di cellule staminali e utilizzando cellule di
donatore omozigote per la mutazione Δ32 del recettore per chemochine CCR5.
Il caso del “paziente di Berlino” ha dimostrato la possibilità di eliminare o quantomeno ridurre drasticamente i
reservoir di HIV, in modo tale da consentire l'interruzione della cART senza che ne consegua una successiva ripresa della replicazione virale.
Gli studi, focalizzati a conoscere i meccanismi della
persistenza dell’infezione e a valutare eventuali strategie per intervenire efficacemente sull’instaurarsi e il
mantenersi dei reservoir virali, rappresentano di fatto la
più grande sfida attuale per il raggiungimento di una
possibile cura dell’infezione da HIV. In questo contesto
vanno inquadrati i due recenti lavori pubblicati da
NEJM e PLOS Pathogens.
Rispetto al lavoro pubblicato da Persaud et al, il primo
quesito che sorge spontaneo è se la bambina si sia realmente infettata o se invece l’esito della positività ai
test HIV debba essere interpretato come conseguenza
di uno scambio di sangue materno-fetale. In altre parole, è necessario chiarire se l’intervento farmacologico
debba essere considerato come una profilassi post-
Top Five della letteratura
“Dopo il “paziente di Berlino”,
il caso della bambina dimostra che
la cura di HIV può essere raggiunta,
è difficile però estrapolare
dei principi generali da un evento
eccezionale e forse irripetibile”
esposizione, oppure, come sostengono gli autori, l’inizio molto precoce di una terapia antiretrovirale in un
caso di infezione realisticamente contratta. Il risultato
positivo dell’HIV DNA su PBMC a 30 ore dal parto e la
concomitante positività dell’HIV RNA plasmatico, a mio
parere, soddisfano di fatto i criteri per poter porre una
diagnosi di infezione neonatale compatibilmente contratta in utero piuttosto che di un’infezione intraparto e
confermano, quindi, l’ipotesi degli autori che la bambina fosse veramente infetta.
Il secondo punto riguarda, invece, il risultato ottenuto
ed è necessario chiedersi se la bambina sia stata effettivamente “curata” dall’infezione da HIV. A questo riguardo ritengo ci sia ancora qualche dubbio.
L’incertezza è dovuta principalmente a due fattori: il
primo è che al momento il follow-up di osservazione sia
troppo breve e che invece ci sia la necessità, in assenza di cART, di protrarre l’osservazione per un periodo decisamente più lungo; il secondo, è prettamente
metodologico ed è dovuto all’imprecisione con cui, in
questo momento, i reservoir di HIV possono essere misurati. E’, però, vero che, pur tenendo in considerazione questi due fattori, il persistere della negatività in
assenza di cART, a 24 e a 26 mesi dalla nascita, sia
dei test per la determinazione dell’HIV DNA che di
quelli per la determinazione dell’HIV RNA, rappresenta
in maniera indiscutibile una base estremamente forte e
convincente, tale da indicare che forse una possibile
cura dell’infezione possa essere raggiungibile.
In ultimo, va anche considerato l’aspetto pratico: in
quali altre occasioni o situazioni cliniche questo caso
potrà essere ripetibile? Il caso clinico descritto da Persaud et al, potrebbe essere e rimanere unico, e quindi
estrema cautela ritengo sia necessaria prima di estra-
[HIV-1 post-treatment controllers con una remissione virologica a lungo termine dopo interruzione della terapia antiretrovirale precoce,
studio ANRS VISCONTI. Commento di A. Gori]
Andrea Gori
UO Malattie Infettive,
AO San Gerardo, Monza
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
HIV
top five
VIRUS
EPATITICI
top five
Interazioni
farmacologiche
nee o alle caratteristiche dell’ospite, ma come questo
sia invece effettivamente il risultato conseguente all’inizio precoce della cART;
ii) i pazienti “post-treatment controllers”, dopo la sospensione della cART, si sono dimostrati in grado di
continuare a mantenere o in alcuni casi anche di diminuire la quota di HIV DNA all’interno dei reservoir,
suggerendo come il limitare il più possibile il pool delle
cellule latentemente infette attraverso l’inizio precoce
della cART rappresenti il punto cruciale per l’ottenimento del controllo dell’infezione dopo la sospensione
del trattamento e come, sotto un altro punto di vista,
l’inizio precoce della cART sia effettivamente in grado
di impattare positivamente sulla limitazione dell’instaurarsi dei reservoir virali stessi.
In conclusione, entrambi gli studi, in modi diversi, dimostrano come una cura funzionale possa essere un
obiettivo perseguibile e come l’eradicazione del virus
debba primariamente rappresentare uno dei prossimi e
più rilevanti obiettivi della ricerca e della cura contro
l’HIV.
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
“L’analisi della coorte VISCONTI
dimostra che, in mancanza di un
profilo favorevole, i soggetti posttreatment controllers controllano
la replicazione virale non per cause
spontanee ma come conseguenza
dell’inizio precoce della cART”
editoriale
13
highlights
polare principi generali da questo unico evento. L’eccezionalità dell’evento rende, infatti, i risultati poco fruibili dal punto di vista pratico anche se rappresentano
un importantissimo passo avanti nella conoscenza patogenetica dell’infezione da HIV.
In questo contesto e dal punto di vista delle ricadute in
ambito clinico-assistenziale, sicuramente più interessante e più utile ai fini pratici, è il lavoro pubblicato da
Sàez-Ciriòn et al, il quale ben descrive gli enormi vantaggi che possono essere ottenuti attraverso un trattamento antiretrovirale precoce e prolungato.
All’interno della Coorte VISCONTI sono stati, infatti, individuati 14 soggetti che, senza avere profili legati
all’ospite particolarmente favorevoli, hanno controllato
spontaneamente la replicazione del virus mantenendo
a lungo livelli di HIV RNA non rilevabili dopo la sospensione di un ciclo prolungato di cART, iniziata precocemente nelle prime fasi dell’infezione acuta da HIV.
Lo studio ha paragonato l’assetto di questi pazienti definiti “post-treatment controllers” con quello dei soggetti
che controllano spontaneamente l’infezione, dimostrando come di fatto sia possibile, anche in chi non è
immunologicamente o geneticamente predisposto, arrivare ad un completo controllo dell’infezione in assenza
della terapia antiretroviale, con il raggiungimento di
quella che viene classicamente definita “cura funzionale” dell’infezione da HIV.
In particolare, anche in questo caso ritengo che alcuni
punti specifici debbano essere rimarcati:
i) all’interno della coorte analizzata, la stima della probabilità di mantenere il controllo virologico dopo 24
mesi dalla sospensione della cART era del 15%.
Una percentuale molto maggiore rispetto alla probabilità attesa per i soggetti che controllano spontaneamente l’infezione e che suggerisce, quindi, come il
controllo dell’infezione non sia dovuto a cause sponta-
HIV
congress
report
Top Five della letteratura
HIV
14
Top Five della letteratura
L’inibizione multistep spiega la farmacodinamica e la
resistenza degli inibitori dell’enzima proteasi di HIV-1
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Multi-step inhibition explains HIV-1 protease inhibitor pharmacodynamics and resistance.
Rabi SA, Laird GM, Durand CM, Laskey S, Shan L, Bailey JR, Chioma S, Moore RD, and Siliciano RF. Journal of Clinical Investigation
2013, 123 (9):3848-3860.
EXTENDED ABSTRACT
Sostituzioni nella sequenza della coda citoplasmatica di
Env, che non vengono rilevate dai saggi correnti utilizzati
nelle pratica clinica per valutare la resistenza ai PI, possono contribuire a conferire resistenza ai PI e fornire una
spiegazione del fallimento virologico a questa classe di
farmaci in assenza di mutazioni associate a resistenza
nella regione proteasi.
Tra i farmaci antiretrovirali gli inibitori dell’enzima proteasi
hanno la più alta attività intrinseca, che è il risultato di curve
di dose-risposta a più step altamente cooperanti ad oggi
non spiegate dalle teorie farmacodinamiche correnti.
Un problema non chiarito, relativo all’uso clinico dei PI, è
rappresentato dal fatto che un certo numero di pazienti
che falliscono regimi contenenti PI albergano ceppi virali
Commento
i quali, inspiegabilmente alla luce delle conoscenze atIn aggiunta all’aver fornito eleganti dimostrazioni in vitro,
tuali, non presentano mutazioni associate all’uso di quequesto lavoro apre nuove frontiere di indagini relative al
sti farmaci.
ruolo di Env come possibile “luogo” di resistenza ai PI,
Questo lavoro dimostra che questo fenomeno può essere
che necessiteranno di larghi studi di popolazioni con inspiegato attraverso una dettagliata analisi degli effetti dei
fezione ai PI e resistenza clinica a questi farmaci in asPI sugli step distinti del ciclo vitale di HIV-1 (figura 1).
senza di mutazioni nella proteasi (1, 2).
Le dimostrazioni fornite indicano che i PI sono in grado di
I livelli molto elevati di inibizione della replicazione di
inibire l’ingresso nella cellula bersaglio, la retrotrascrizione
HIV-1 ottenuti dalla terapia antiretrovirale erano spiegati,
e gli step post-retrotrascrizionali. Le curve dose-risposta glooltre che dalla potenza intrinseca dei PI (3), dalla combibali sono state ricostruite combinando le singole curve di
nazione di farmaci che contrastano diversi step del ciclo
ciascuno step, utilizzando il principio dell’indipendenza di
vitale del virus. L’importanza di questo lavoro risiede nella
Bliss, che mostra che l’inibizione indipendente dei diversi
dimostrazione che i PI, in aggiunta al blocco della matustep genera da parte dei PI curve dose-risposta altamente
cooperative, le quali spiegano l’alta efficienza di questa classe di farmaci.
Figura 1. Farmacodinamica dei PI
Approssimativamente, metà
(A) Rappresentazione delle
del potenziale inibitorio dei
A
curve dose-risposta per ATV
PI si manifesta allo step del(convenzionale semilogaritmica,
logaritmica-logaritmica e effetto
l’ingresso del virus (figura
mediano)
2), riflettendo la probabile interazione tra la proteina
Gag non processata e la
(B) I PI, inibendo la maturazione,
possono inibire diversi step del
coda citoplasmatica della
ciclo replicativo virale (ingresso,
proteina Env.
B
“I PI sono in
grado di inibire,
oltre alla maturazione dei virioni,
anche ingresso,
trascrizione e integrazione di HIV”
retrotrascrizione ed integrazione)
(C) Formula dell’indipendenza di
Bliss che predice che la frazione
degli eventi di infezioni è il
prodotto della frazione delle
particelle virali che superano
ogni blocco
C
Rabi SA et al, J Clin Invest. 2013
[L’inibizione multistep spiega la farmacodinamica e la resistenza degli inibitori dell’enzima proteasi di HIV-1. Commento di C. Balotta]
0
ATV
DRV
LPV
Rabi SA et al, J Clin Invest. 2013
razione dei virioni, sono in grado di inibire altri step a
valle: l’ingresso, la trascrizione e l’integrazione di HIV-1,
ovvero agiscono come più farmaci in uno e li candidano
come farmaci utilizzabili in monoterapia, spiegando i risultati di diversi trial clinici (3).
Utilizzando un saggio altamente sensibile in grado di misurare il “budding” virale, gli autori hanno dimostrato
che i virioni immaturi per effetto dei PI sono incapaci di
entrare nella cellula bersaglio, retro-trascrivere il proprio
genoma e integrarlo efficientemente; un saggio sensibile
per valutare l’ingresso ha permesso di misurarne l’inibizione a questo livello. Inoltre, utilizzando pseudovirus
con una coda citoplasmatica della gp41 troncata, si è
osservato che questi virus sono in grado di superare il
blocco dell’ingresso e ciò ha permesso di misurare l’effetto inibitorio della dose-risposta dei PI a livello di trascrizione. L’inibizione post-entry è stata valutata poi come
Claudia Balotta
Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche,
Sezione di Malattie Infettive ed Immunopatologia,
Ospedale L. Sacco, Università di Milano
Riferimenti bibliografici:
1. Perez-Valero I, Arribas JR. Protease inhibitor monotherapy. Curr Opin Infect Dis. 2011; 24:7-11.
2. Taiwo B, Zheng C, Gallien S, et al. Efficacy of a nucleoside-sparing regimen of darunavir/ritonavir plus raltegravir in treatmentnaive HIV-1-infected patients (ACTG A5262). AIDS. 2011; 25:2113-2122.
3. Shen L, Peterson S, Sedaghat AR, et al. Dose-response curve slope sets class specific limits on inhibitory potential of anti-HIV
drugs. Nat Med. 2008; 14: 762-766.
4. Bliss CI. The toxicity of poisons jointly applied. Ann Appl Biol. 1939; 26:585-615.
5. Rosenbloom DI, Hill AL, Rabi SA, et al. Antiretroviral dynamics determines HIV evolution predicts therapy outcome. Nat Med.
2012; 18:1378-1385.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
editoriale
HIV
top five
VIRUS
2
EPATITICI
4
top five
6
espressione di una proteina marcatore di espressione genica dopo infezione con pseudovirus costruiti ad hoc.
Infine, sono state ricostruite le curve dose-risposta globali
dell’inibizione dell’infettività da parte dei PI, combinando
le singole inibizioni agli step di ingresso e post-entry.
Queste dimostrazioni sono state condotte utilizzando il
modello Bliss independence, che assume che 2 farmaci
combinati agiscano indipendentemente: la ricostruzione
delle curve di dose-risposta coincidevano con quelle ottenute in via sperimentale (4).
Il trattamento dei pazienti con PI ha evidenziato che il fallimento virologico in assenza di mutazioni nella regione
proteasi può essere dovuto sia a mancata adesione alla
terapia con livelli di farmaco assenti, sia a limitata adesione con livelli subottimali di farmaco, che comportano
emergenza di mutazioni per altre classi di farmaci; tuttavia nel secondo caso il ripristino di livelli ottimali di PI
comporta una risposta virologica efficace (5).
Questo studio fornisce una ulteriore spiegazione del fallimento virologico ai PI in assenza di mutazioni nella regione proteasi: le sostituzioni del gene Env, in particolare
della coda citoplasmatica di gp41, che possono essere
responsabili di resistenza ai PI, non vengono correntemente rilevate nella pratica clinica.
Interazioni
farmacologiche
Effetto inibitorio alla Cmax
8
“Lo studio spiega il fallimento
virologico ai PI in assenza di
mutazioni nella regione proteasi”
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Post-RT
RT
Entry
10
15
congress
report
Figura 2. Contributo dell’effetto inibitorio dei PI su
ciascuno step del ciclo vitale virale all’effetto inibitorio
totale alla Cmax
HIV
highlights
Top Five della letteratura
HIV
16
Top Five della letteratura
Dolutegravir più abacavir-lamivudina
per il trattamento dell’infezione da HIV-1
ABC/3TC e l’81% nel gruppo trattato con EFV/FTC/TDF
SINGLE è uno studio internazionale, prospettico, randoha HIV RNA < 50 copie/ml. E’ quindi rispettato il critemizzato, di fase III, della durata di 144 settimane (1).
rio di non-inferiorità (differenza 7%, IC 95% 2-12) (fi1.090 soggetti con infezione da HIV-1, naive agli antigura 1). Inoltre, sebbene la dimensione del campione
retrovirali, hanno effettuato lo screening, 833 pazienti,
non sia stata calcolata su un ipotesi di superiorità, l’asHBsAg negativi e HLA-B5701 negativi, con creatinina
sociazione DTG + ABC/3TC si è dimostrata statisticaclearance > 50 ml/min, HIV RNA > 1.000 copie/ml e
mente superiore a EFV/FTC/TDF (P = 0.003) e la
virus suscettibile ai farmaci in studio sono stati randodifferenza di risposta è legata principalmente al numero
mizzati a ricevere dolutegravir 50 mg QD in associadi discontinuazioni per eventi avversi (10/114, 2%, nel
zione ad abacavir/lamivudina (DTG + ABC/3TC) o
gruppo DTG + ABC/3TC e 42/419, 10%, nel gruppo
efavirenz/emtricitabina/tenofovir (EFV/FTC/TDF). Lo stuEFV/FTC/TDF).
dio è in doppio cieco per le prime 96 settimane, ogni
Il numero di eventi avversi seri, che ha portato all’interrusoggetto assume quindi 3 compresse al giorno.
zione del trattamento è più alto nel gruppo EFV/FTC/TDF
L’età media dei partecipanti è di 35 anni, le donne sono
(8 vs 1), cosi come la proporzione generale di eventi avil 16%, nel 24% dei casi i soggetti sono afro-americani.
versi (66% vs 43%), in particolare per lo sviluppo di rash
A 48 settimane l’88% nel gruppo trattato con DTG +
e disturbi neuropsichiatrici. Il profilo di sicurezza dell’associazione DTG + ABC/3TC è, invece, caratterizzato dal riscontro di insonnia e da un
Figura 1. Studio SINGLE: dati di efficacia virologica (A) e
atteso, modesto ma significativo, incremento
immunologica (B) a 48 settimane
dei livelli di creatinina (figura 2).
Sul versante dell’efficacia emergono altri
A 100
DTG + ABC/3TC, 88%
90
dati importanti: la mediana del tempo ne80
cessario per raggiungere la soppressione
70
EFV/TDF/FTC, 81%
virologica è più breve nel gruppo DTG +
60
ABC/3TC (28 vs 84 giorni, P < 0.001), e
50
il recupero di CD4 è più elevato (267 vs
40
208 cellule/mmc, P < 0.001).
30
Differenza di risposta alla sett. 48, 7 punti percentuali
20
In 18 pazienti nel gruppo DTG + ABC/3TC e
(IC 95%, 2-12) p= 0.003
10
17 nel gruppo EFV/FTC/TDF si è avuto falli0
mento virologico (2 viremie consecutive > 50
2 4
8 12 16 20 24 28 32 36 40 44 48
Basale
copie alla settimana 24 o successivamente).
Tempo (settimane)
Nei casi in cui è stato possibile genotipizzare
DTG + ABC/3TC
300
B
267 cellule/mmc
non si sono osservate mutazioni maggiori per
NRTI o INI nel gruppo in DTG + ABC/3TC,
250
mentre nel gruppo in EFV/FTC/TDF sono
200
state documentate 1 K65 K/R e in 4 casi muEFV/TDF/FTC
150
tazioni per NNRTI.
208 cellule/mmc
Partecipanti (%) con HIV RNA
< 50 copie/ml
VIRUS
EXTENDED ABSTRACT
Variazione media della conta
dei CD4 (cellule/mmc)
highlights
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Dolutegravir plus abacavir-lamivudine for the treatment of HIV-1 infection.
Walmsley SL, Antela A, Clumeck N, Duiculescu D, Eberhard A, Gutiérrez F, Hocqueloux L, Maggiolo F, Sandkovsky U, Granier C,
Pappa K, Wynne B, Min S, Nichols G for the SINGLE Investigators. N Engl J Med. 2013 Nov 7; 369(19):1807-18.
100
50
Differenza di risposta alla sett. 48, 59 cellule/mmc
(IC 95%, 33-84) p < 0.001
0
2 4
Basale
8
12
16
20 24 28 32
Tempo (settimane)
36
40
44
48
Walmsley SL et al. NEJM 2013
“Nei pazienti naive l’uso
di INI è associato a risposta
virologica precoce e
maggior immunorecupero”
[Dolutegravir più abacavir-lamivudina per il trattamento dell’infezione da HIV-1. Commento di A. Castagna]
32
40
48
Walmsley SL et al. NEJM 2013
è difficile fare un confronto tra gli attuali studi sugli inibitori
dell’integrasi in prima linea perché hanno definizioni di fallimento virologico e di “timing” sull’esecuzione del genotipo
che possono in qualche misura generare risultati diversi,
dall’altro l’assenza di mutazioni associate a resistenza a
DTG, unitamente ai dati preliminari di una minor fitness virale, legata alla eventuale comparsa della mutazione
R236K (4) supportano ulteriormente il concetto di DTG
come di un INI a elevata barriera genetica. I dati a 48 settimane di SINGLE, insieme a quelli provenienti da altri studi
di confronto tra INI e EFV rendono infine ragionevole la riflessione sulla possibile evoluzione delle Linee Guida sulla
scelta della terapia antiretrovirale di prima linea, condizione nella quale il regime contenente EFV/FTC/TDF è ancora oggi considerato come “preferred regimen”.
Antonella Castagna
Divisione di Malattie Infettive,
Ospedale San Raffaele, Milano
Riferimenti bibliografici:
1. Walmsley SL, Antela A, Clumeck N, et al; SINGLE Investigators. Dolutegravir plus abacavir-lamivudine for the treatment of HIV-1
infection. N Engl J Med. 2013 Nov 7; 369(19):1807-18.
2. Wohl DA, Cohen C, Gallant JE, et al; for the GS-US-236-0102 study team. A randomized, double-blind comparison of single tablet regimen elvitegravir/cobicistat/emtricitabine/tenofovir DF versus single tablet regimen efavirenz/emtricitabine/tenofovir DF for
initial treatment of HIV-1 infection: analysis of week 144 results. J Acquir Immune Defic Syndr. 2013 Nov 19.
3. Rockstroh JK, DeJesus E, Lennox JL, et al; STARTMRK Investigators. Durable efficacy and safety of raltegravir versus efavirenz when
combined with tenofovir/emtricitabine in treatment-naive HIV-1-infected patients: final 5-year results from STARTMRK. J Acquir Immune Defic Syndr. 2013 May 1;63(1):77-85.
4. Oliveira M, Mesplède T, Quashie PK, et al. Resistance mutations against dolutegravir in HIV integrase impair the emergence of resistance against reverse transcriptase inhibitors. AIDS. 2014 Jan 22.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
editoriale
VIRUS
16
24
Tempo (settimane)
EPATITICI
12
top five
8
Interazioni
farmacologiche
2 4
top five
HIV
EFV/TDF/FTC
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
SINGLE, studio in doppio cieco, stabilisce in
modo inequivocabile che l’associazione DTG
+ ABC/3TC ha i requisiti per essere un’ulteriore opzione di prima linea, efficace e ben
tollerata, in tutti i soggetti con infezione da
HIV-1, HBsAg e HLA-B5701 negativi.
I dati di efficacia offrono poi spunti per considerazioni
utili nella gestione dei pazienti su diversi fronti. L’analisi
a 48 settimane sottolinea come efficacia e tollerabilità
del backbone ABC/3TC meritino di essere valutate o rivalutate con maggior attenzione, in relazione al terzo
farmaco a cui si accompagna.
SINGLE conferma, inoltre, e molto chiaramente, osservazioni “intuibili“ anche in altri studi (2-3): l’utilizzo di INI
in prima linea è associato ad una risposta virologica più
precoce e ad un maggior recupero immunologico.
Pur in assenza di correlati clinici a lungo termine, penso
siano elementi di vantaggio importanti, che meritano un
approfondimento patogenetico e che potrebbero riflettersi in futuro anche in una ridefinizione dei “goal” della
terapia antiretrovirale di prima linea.
In SINGLE non sono state documentate resistenze a DTG o
ai componenti del regime ad esso associati. Sono dati
nuovi che vanno interpretati con molta cautela: da un lato,
DTG + ABC/3TC
25
20
15
10
5
0
-5
-10
congress
report
Commento
17
Figura 2. Studio SINGLE: variazione dei livelli di creatinina
nel corso delle 48 settimane di trattamento
Variazione media
dal basale (micromol/L)
“L’associazione DTG +
ABC/3TC ha i requisiti
per essere un’opzione
di prima linea terapeutica”
HIV
highlights
Top Five della letteratura
HIV
18
Top Five della letteratura
Associazione tra esposizione a tenofovir e ridotta
funzione renale in una coorte di pazienti HIV-positivi:
risultati di 10 anni di follow-up
highlights
EXTENDED ABSTRACT
Commento
In questo articolo gli autori illustrano i risultati dell’impatto
sulla funzionalità renale a lungo termine di una terapia antiretrovirale includente tenofovir rispetto ad una composta
con altri farmaci. Lo studio è stato condotto su una coorte
di pazienti sieropositivi canadesi, afferenti ad un unico centro. Dei 2.352 pazienti, 1.043 sono stati valutati analizzando nel corso di 10 anni di follow-up la perdita del tasso
stimato di filtrato glomerulare (eGFR).
Una delle caratteristiche principali della coorte era
quella di essere composta in prevalenza da maschi bianchi omosessuali con una bassa percentuale di pazienti
afro-americani (2,8%) e di sesso femminile (3,8%).
L’alterazione della funzionalità renale è stata stabilita valutando una riduzione dell’eGRF < 90 ml/min/1.73m3.
Sono stati utilizzati due differenti modelli di regressione
per analizzare la correlazione tra tenofovir e diminuzione
della funzionalità renale: il modello di Cox per calcolare
il tasso di rischio (HR) ed una analisi multivariata includente tutte le possibili variabili presenti al basale (età,
sesso, comorbilità, classi di antiretrovirali).
I risultati dello studio hanno evidenziato che l’esposizione a tenofovir causa un rischio di riduzione della funzionalità renale
(eGFR < 90 ml/min/1.73m3) del 63% ed in particolare si osserva soprattutto nel corso del primo
anno di esposizione al farmaco.
Figura 1. Curve di
La figura 1 mostra l’incidenza cumulativa di ridotta funzionalità re0.60
nale nel corso di 10 anni di
esposizione a regimi includenti o
0.50
non includenti tenofovir.
Gli autori concludono che anche in questa coorte è
stata osservata una correlazione tra esposizione a tenofovir e riduzione della funzionalità renale, ma che
questa non risulta essere molto rilevante se valutata a
lungo termine.
Questo studio conferma i dati provenienti da numerosi
studi sull’argomento riguardo la correlazione tra diminuita funzionalità renale ed utilizzo di tenofovir.
Tuttavia utilizza come parametro di ridotta funzionalità
renale una riduzione del eGRF < 90 ml/min/1.73m3,
mentre in altre coorti (1) vengono utilizzati dei valori
differenti, eGRF < 60 ml/min/1.73m3, che identificano
pazienti con un rischio di sviluppare un danno renale
più evidente e non una semplice riduzione del filtrato
glomerulare che può rimanere nei range di normalità.
Infatti gli autori confermano che raramente sono stati osservati valori al di sotto di un eGRF < 60 ml/min/1.73m3.
Inoltre non sono disponibili altri parametri di ridotta
funzionalità renale quali i dati della proteinuria e di
altri esami delle urine.
Questo studio quindi evidenzia il ruolo di tenofovir nel
determinare una perdita di funzionalità renale e non una
malattia renale. Il dato interessante è la durata del fol-
“La riduzione
della funzionalità
renale legata
all’esposizione a
tenofovir si osserva
soprattutto nel corso del
primo anno di
esposizione al farmaco”
Incidenza cumulativa
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Association between tenofovir exposure and reduced kidney function in a cohort of HIV-positive patients: results from 10 years of
follow-up.
Laprise C, Baril JG, Dufresne S, Trottier H. CID 2013; 56(4):567-75.
Kaplan-Meier relative alla ridotta funzionalità renale
Log-rank test: P = .024
0.40
0.30
0.20
0.10
Non esposti a TDF
Esposti a TDF
0.00
0
2
4
6
8
10
Follow-up (anni)
Outcome = 2 misurazioni consecutive
di eGFR < 90 ml/min/1.73 m3 ≥ 3 mesi precedenti
Laprise C et al. CID 2013
[Associazione tra esposizione a tenofovir e ridotta funzione renale in una coorte di pazienti HIV-positivi: risultati di 10 anni di follow-up.
Commento di S. Lo Caputo]
HIV
19
389
344
283
224
168
143
−0.25 (−2.02 1.51)
−1.66 (−3.22 −.10)
−3.76 (−5.13 −2.38)
−5.14 (−7.80 −2.48)
−7.73 (−9.51 −5.95)
−9.42 (−11.45 −7.39)
−3.08 (−5.55 −.60)
−4.16 (−6.12 −2.20)
−2.75 (−4.75 −0.61)
−3.15 (−6.92 0.61)
−0.88 (−4.21 2.45)
−1.05 (−5.90 3.80)
.015
.000
.009
.101
.602
.671
P
−3.05 (−5.55 −.54)
−4.05 (−6.03 −2.08)
−2.42 (−4.57 −.28)
−3.09 (−6.98 .80)
−0.12 (−3.59 3.35)
0.32 (−4.55 5.19)
.017
.000
.023
.119
.946
.898
I pazienti con un filtrato glomerulare stimato (eGFR) con punteggio < 90 ml/min/1.73 m2 al basale non sono stati compresi; 872 pazienti sono
stati inclusi in queste analisi per un’adeguata misurazione dell’eGFR all’inizio dell’esposizione (a TDF o altri antiretrovirali) per un tempo ≥ 1 anno.
Abbreviazioni: IC, intervallo di confidenza; eGFR, punteggio stimato di filtrato glomerulare (ml/min/1.73 m2); TDF, tenofovir disoproxil fumarato.
a Il controllo empirico delle variabili confondenti è stato fatto utilizzando la variazione ± 5% nel metodo di previsione (se l’inclusione della covariabile
nel modello ha una variazione stimata del 5%, la variabile è stata mantenuta nel modello multivariato), considerando le variabili misurate all’inizio
dell’esposizione a TDF o altri antiretrovirali (eGFR, consumo di alcol), le variabili misurate al basale (età, sesso, razza, orientamento sessuale, reddito
mensile, tipo di impiego, fumo) e le variabili misurate durante il follow-up (periodo di prevalenza, droghe iniettabili, diabete, ipertensione e uso di NRTI
e NNRTI, inibitori della fusione, inibitori di ingresso, virus dell’immunodeficienza, INSTI o PI). Le variabili (confondenti) incluse nel modello sono state
eGFR al basale e l’utilizzo di NNRTI o di PI.
b La perdita di eGFR è direttamente attribuibile all’esposizione a TDF.
Laprise C et al, CID 2013
“Tenofovir impatta sulla riduzione
della funzionalità renale senza
determinare danni renali severi nella
maggior parte dei pazienti trattati”
low-up che permette di valutare la riduzione dell’eGRF
nel corso di ben 10 anni di terapia con tenofovir. Alla
nota, ed ampiamente documentata (2), sensibile riduzione dell’eGRF nel corso del primo anno di assunzione
di tenofovir, si osserva una modesta riduzione negli anni
successivi confermata dal lungo follow-up (tabella 1).
Alcune correlazioni sia positive (uso degli inibitori
dell’integrasi) che negative (fumo e razza nera) con
una ridotta funzionalità renale sono sicuramente da
confermare e necessitano di casistiche più ampie ed
analisi statistiche più raffinate.
L’utilità clinica di questo lavoro è quella di confermare
che tenofovir ha un impatto sulla riduzione della funzionalità renale, ma che questa non porta a severi danni
renali nella maggior parte dei pazienti in trattamento.
Questi dati, tuttavia, confermano che è necessaria una
attenta valutazione di tutti i fattori che possono avere
un impatto sulla funzionalità renale nel paziente con
HIV, prima di iniziare una terapia con tenofovir e durante il follow-up per evitare che si verifichi un danno
renale clinicamente evidente.
Sergio Lo Caputo
S.C. Malattie Infettive,
Azienda Sanitaria, Firenze
Riferimenti bibliografici:
1. Scherzer R, Estrella M, Li Y, et al. Association of tenofovir exposure with kidney disease risk in HIV infection. AIDS 2012; 26: 867-75.
2. Cooper RD, Wiebe N, Smith N, et al. Systematic review and meta-analysis: renal safety of tenofovir disoproxil fumarate in HIVinfected patients. Clin Infect Dis 2010; 51:496-505.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
HIV
−3.31 (−5.02 −1.60)
−5.79 (−7.00 −4.58)
−6.44 (−8.00 −4.88)
−8.27 (−10.62 −5.92)
−8.61 (−11.69 −5.53)
−10.46 (−15.43 −5.49)
Perdita aggiustata eGFRb
attribuibile a TDF (IC 95%)
top five
Perdita media
eGFR (IC 95%)
VIRUS
N°
EPATITICI
Perdita eGFRb
P
attribuibile a TDF (IC 95%)
Perdita media
eGFRb (IC 95%)
top five
483
358
241
149
78
32
Analisi di
regressione
lineare multivariataa
Interazioni
farmacologiche
Dopo 1 anno
Dopo 2 anni
Dopo 3 anni
Dopo 4 anni
Dopo 5 anni
Dopo ≥ 6 anni
N°
Analisi di
regressione
univariata
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Esposizione
cumulativa
Non esposti
congress
report
Esposti
editoriale
Tabella 1. Perdita del filtrato glomerulare stimato: analisi di regressione lineare univariata e multivariata
e media grezza di esposizione a TDF
highlights
Top Five della letteratura
VIRUS EPATITICI
20
Top Five della letteratura
Completamento dell’intero ciclo vitale dell’HCV
in topi geneticamente umanizzati
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Completion of the entire hepatitis C virus life cycle in genetically humanized mice.
Dorner M, Horwitz JA, Donovan BM, Labitt RN, Budell WC, Friling T, Vogt A, Catanese MT, Satoh T, Kawai T, Akira S, Law M,
Rice CM & Ploss A. Nature 2013; 501: 237-241.
EXTENDED ABSTRACT
Partendo dall’osservazione che i due recettori CD81 e
occludina (OCLN) rappresentano il minimo set di recettori umani necessari per rendere le cellule murine permissive all’ingresso di HCV, è stato dimostrato che
l’espressione transitoria di questi due geni umani è sufficiente per infettare topi immunocompetenti.
Il lavoro dimostra che topi transgenici che esprimono stabilmente CD81 ed occludina umani tollerano l’ingresso
di HCV, anche se le risposte innate ed adattative limitano l’infezione da HCV in vivo. L’indebolimento dell’immunità antivirale in questi topi umanizzati infettati
con HCV si traduce, nell’arco di alcune settimane, in livelli viremici rilevabili. In topi privi di ciclofilina A, l’infezione da HCV è marcatamente ridotta, confermando
che il sistema della ciclofilina è essenziale per un efficiente ciclo replicativo di HCV.
Utilizzando un reporter cellulare fluorescente attivato
dalla proteasi di NS3-4A, l’infezione da HCV è stata visualizzabile nei singoli epatociti in vivo. I topi con infezione persistente producono particelle infettanti de novo
(figura 1), la cui produzione può essere inibita dalla terapia con antivirali ad azione diretta (DAA), evidenziando quindi la presenza dell’intero ciclo vitale di HCV
nel topo modificato.
Commento
L’articolo di Dorner et al, pubblicato sulla prestigiosissima rivista Nature, descrive un metodo, sofisticato
ed elegante, di infezione da HCV in animale da
esperimento.
Topi transgenici, portatori di geni umani (CD81 e occludina) in grado di permettere l’entrata del virus HCV
nelle cellule murine, diventano suscettibili all’infezione
da HCV, sviluppano una viremia secondaria nel loro
organismo, manifestano una chiara infezione epatica
e, in condizioni di anche solo parziale immunosoppressione (che riduce il controllo immunologico del
virus), hanno una produzione virale sostanzialmente
aumentata tale da permettere di studiare a fondo l’efficacia di farmaci anti-HCV; il loro sviluppo, in effetti,
mancava di un modello animale che permettesse di
caratterizzare al meglio i farmaci e di quantificarne
l’efficacia.
“E’ stato messo a punto un nuovo
modello murino per caratterizzare meglio
i farmaci e quantificarne l’efficacia”
Lo studio sembra, però, arrivare fuori tempo massimo,
visto che oggi sono già disponibili numerosi farmaci
anti-HCV; molti altri, ancora migliori, sono in fase di
avanzatissimo sviluppo clinico, e alcuni prevedono che
il controllo del virus HCV diventerà una routine nei pazienti trattati, con conseguente guarigione definitiva.
Personalmente penso che le cose rimangano ancor
oggi un po’ più complesse. I farmaci antivirali in arrivo
sono effettivamente eccezionali, tuttavia gli altissimi
costi proposti per il loro uso permetteranno, in un
Paese come l’Italia con un tasso di infezione molto alto
(si calcola più di 1 milione di persone infettate da questo virus), di trattare solo una piccola parte delle persone infettate. Resteranno fuori dal trattamento, nelle
condizioni proposte dallo scenario attuale, la grande
maggioranza delle persone infettate, in assenza di malattia epatica evidente.
Pertanto il lavoro di Dorner et al, mantiene ancor oggi
una notevole modernità, per almeno tre ragioni.
La prima, è l’avanzamento delle conoscenze nel settore dei modelli animali da HCV, che ha valenze per
la ricerca di base, e potrà essere comunque utilizzato
per altri modelli virali.
La seconda è la possibilità che un siffatto modello animale permetta di studiare a fondo il ciclo replicativo virale, mettendo così le basi per lo studio di nuove fasi
del ciclo replicativo che possano divenire bersaglio di
nuove classi di farmaci (magari caratterizzati da minori costi); Dorner nello studio su Nature ha, per esempio, dimostrato l’essenzialità della ciclofilina nel
completamento della replicazione e diffusione virale
nell’organismo; tale elemento era già noto, ma è stato
ora meglio definito e caratterizzato.
La terza ragione, probabilmente la più importante, è la
possibilità di studiare a fondo il ciclo replicativo virale
in un modello animale, di valutare la variabilità del
virus sotto pressione immunitaria (il modello di Dorner
si presta molto bene a questo scopo), e di identificare i
sistemi di “escape” virale dalla pressione immunitaria,
[Completamento dell’intero ciclo vitale dell’HCV in topi geneticamente umanizzati. Commento di C.F. Perno]
Top Five della letteratura
VIRUS EPATITICI
21
Entry factor positive
Campo chiaro Albumina BFP-nlsMAVS DRAQ5
Miscela
Miscela
HIV
Entry factor negative
Campo chiaro Albumina BFP-nlsMAVS DRAQ5
Giorno 0 Giorno 5 Giorno 31
EFT +/+ Stat1 -/- Ppia1 +/+
EFT +/+ Stat1 -/- Ppia1 +/EFT +/+ Stat1 -/- Ppia1 -/-
6
5
I.o.d.
4
3
0
10 20 30 40 50 60
Giorni da infezione
a, b = Quantificazione di epatociti murini con HCV replicante attivamente in topi wild-type 4hEF e 4hEF Stat1 -/- come misurato dal
cleavage di HCV NS3-4a-dipendente con il reporter transgenico TagBFP – nlsMAVS costruito con analisi ImageStream X. c-e= Livelli
longitudinali di HCV RNA e segnale della luciferasi in topi 4hEF Stat1 -/- privi di PPIA (c, d) e in topi Stat1 -/- trattati con un inibitore
di HCV NS5A per 20 giorni (e). I dati mostrati sono la media di due esperimenti indipendenti condotti in 10-18 topi. **P < 0.01.
Dorner M et al, Nature 2013
che oggi rendono pressochè impossibile lo sviluppo di
un vaccino efficace contro l’HCV.
Quest’ultimo rappresenta una sfida di importanza vitale, dato che i vaccini rimangono l’arma principale
nella prevenzione delle malattie virali, purtroppo spuntata, finora, nel contesto della malattia da HCV.
Carlo Federico Perno
Ordinario di Virologia,
Università di Roma “Tor Vergata”
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
top five
VIRUS
0
9
Interazioni
farmacologiche
5
Veicolo
BMS-790052
Inoculo
“Le nuove conoscenze nel settore
dei modelli animali gettano le basi
per lo studio di nuove fasi
del ciclo replicativo virale
per mettere a punto nuovi
farmaci e vaccini
efficaci contro l’HCV”
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
3
10
BMS-790052
10
congress
report
Giorni da infezione
EFT -/EFT +/+
EFT +/+ Stat1 -/-
I.o.d.
4
**
**
highlights
0 2 4 6 8 10
15
e
Copie di HCV RNA/ml di siero (log10)
-2
5
Pp
ia
-/
-
-1
6
Pp
ia
+/
+
0
d
P<0.001
Segnale luciferasi relativo (%)
c
7
Copie di HCV RNA/ml di siero (log10)
Percentuale di traslocazione
nucleare (log10)
b
EPATITICI
Jc1
top five
Cellule Mock
a
editoriale
Figura 1. Visualizzazione e interferenza genetica e farmacologica con infezione da HCV
VIRUS EPATITICI
22
Top Five della letteratura
Impatto dell’epatite B occulta sull’outcome
dell’epatite C cronica
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Impact of occult hepatitis B virus infection on the outcome of chronic hepatitis C.
Squadrito G, Cacciola I, Alibrandi A, Pollicino T, Raimondo G. J Hepatol 2013; 59:696-700.
EXTENDED ABSTRACT
La coinfezione da parte del virus dell’epatite B (HBV) e
C (HCV) comporta un aumento significativo di rischio di
progressione del danno istologico e di sviluppo dell’epatocarcinoma (HCC) (1).
Inoltre lo spettro della coinfezione può essere insidioso
in quanto il genoma di HBV (HBV DNA) può persistere
nel fegato anche quando l’antigene di superficie
(HBsAg) non è dimostrabile nel sangue: in questo caso
si parla di infezione occulta da virus B (OBI) (2).
Il ruolo che OBI svolge in associazione con HCV nel modulare il decorso della malattia epatica è rimasto a
lungo ambiguo, anche per la difficoltà di ricostruirne la
storia naturale. Tuttavia c’è una diffusa percezione che
questo ruolo vada meglio chiarito, anche in considerazione del fatto che OBI è piuttosto frequente nei pazienti
con infezione da HCV.
Il lavoro di Squadrito et al. (3) rappresenta uno studio
nodale per la comprensione e la valorizzazione dei rapporti tra OBI e infezione da HCV. Si tratta di uno studio
osservazionale di coorte condotto con l’obiettivo di valutare l’evoluzione della malattia da HCV in funzione
della presenza o meno di OBI. Ciò che gli autori volevano valutare è il ruolo di OBI nel modificare, in senso
peggiorativo, la prognosi dei pazienti con epatite C favorendo la progressione verso la cirrosi e/o la comparsa di epatocarcinoma.
Con questo obiettivo in mente gli autori hanno esaminato 236 pazienti HBsAg negativi, HCV positivi, valutando nel fegato la presenza di OBI ed escludendo la
presenza di altre cause di danno epatico (alcol, autoimmunità) o altre infezioni (HIV). Di questi 236 pazienti, 128 (39,2%) sono risultati OBI positivi, con una
significativa associazione tra cirrosi e infezione occulta
(p<0.01) (tabella 1).
Novantaquattro pazienti sono stati seguiti longitudinalmente per una mediana di 11 anni (range 5-19 anni),
che rappresenta un tempo ragguardevole.
Settantanove pazienti hanno eseguito terapia antivirale
con interferone e ribavirina e 25 (31.6%) sono guariti
(SVR), indipendentemente dalla presenza di OBI. Complessivamente, 18 pazienti hanno sviluppato HCC dopo
una mediana di 8.8 anni (13/37 OBI positivi, 5/57
OBI negativi, p < 0.05) mentre dei restanti 76 pazienti,
15 sono evoluti verso la cirrosi (8/24 OBI positivi, 7/52
OBI negativi, p < 0.05) (figura 1). La presenza di OBI
ha dunque rappresentato un rischio di progressione di
malattia e di sviluppo di HCC, nonostante i pazienti OBI
positivi fossero più giovani di quelli OBI negativi. Inoltre, durante il follow-up, 18 pazienti sono deceduti per
cause correlate alla malattia di fegato - di cui14 con
HCC - e 2 sono andati al trapianto.
Complessivamente, i pazienti OBI positivi hanno presentato una sopravvivenza inferiore rispetto ai negativi.
Commento
Molti sono gli aspetti che conferiscono valore a questo
studio: il disegno longitudinale prospettico; l’aver arruolato una popolazione non selezionata e molto ben
caratterizzata seguendola per un lungo periodo; il
fatto che una minima proporzione dei pazienti fosse
cirrotica al momento della biopsia; l’aver valutato cofattori di progressione quali il consumo di alcol, il
fumo di sigarette, la presenza di steatosi.
Tutto ciò rafforza il concetto che la presenza di OBI è
determinante nel modulare la progressione di malattia, pone nuove domande riguardo alla sua patobiologia e stimola a comprendere fino in fondo le basi
molecolari del danno legato alla coinfezione tra HBV
in forma occulta e HCV.
Tabella 1. Caratteristiche istologiche dei 326 pazienti HCV-positivi
esaminati per infezione occulta da HBV (OBI)
Istologia
n.
OBI pos
OBI neg
p
Danno minimo
Epatite cronica
Cirrosi
55
216
55
12
86
30
43
130
25
< 0.01
< 0.01
< 0.01
Estratto da Squadrito G et al, J Hepatol 2013
“La presenza di OBI
rappresenta un rischio
di progressione
di malattia e
sviluppo di HCC”
[Impatto dell’epatite B occulta sull’outcome dell’epatite C cronica. Commento di G. Taliani]
VIRUS EPATITICI
LDW, n= 15
OBI-negativi
n= 5
p <0.05
OBI-positivi
n= 8
Non-LDW, n= 61
OBI-negativi
n= 7
OBI-positivi
n= 16
OBI-negativi
n= 45
p <0.01
Estratto da Squadrito G et al, J Hepatol 2013
rassicurante – che la guarigione di HCV ne migliora
l’esito clinico. Il che equivale a dare alla terapia antiHCV un carattere di opportunità che sfiora la necessità, a prescindere dallo stato di progressione attuale
della malattia.
Gloria Taliani
Clinica Malattie Infettive e Tropicali,
Università “Sapienza” di Roma
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
editoriale
HIV
highlights
Riferimenti bibliografici:
1. Oh JK, Shin HR, Lim MK, et al. Multiplicative synergistic risk of hepatocellular carcinoma development among hepatitis B and C
co-infected subjects in HBV endemic area: a community-based cohort study. BMC Cancer. 2012; 12:452.
2. Raimondo G, Allain JP, Brunetto MR, et al. Statements from the Taormina expert meeting on occult hepatitis B virus infection. J Hepatol 2008; 49:652-657.
3. Squadrito G, Cacciola I, Alibrandi A, et al. Impact of occult hepatitis B virus infection on the outcome of chronic hepatitis C. J
Hepatol 2013; 59:696-700.
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
E’ innegabile che, dopo la pubblicazione di questo lavoro, bisognerà considerare molto attentamente la necessità di eseguire una diagnosi di OBI nei pazienti con
infezione da HCV e sarebbe molto importante ottenere
conferme dei risultati riportati da Squadrito et al. anche
su altre coorti di pazienti in altri contesti geografici.
Se confermati, questi dati imporrebbero la massima
attenzione sulla gestione clinica dei pazienti con coinfezione HCV-OBI, tenendo conto dell’osservazione –
top five
OBI-positivi
n= 13
Non-HCC, n= 76
VIRUS
HCC, n= 18
EPATITICI
94 pazienti
OBI-positivi, n= 37
OBI-negativi, n= 57
11 anni di follow-up
“Questi risultati
confermano che
la presenza
di OBI è
determinante
nel modulare la
progressione di
malattia e spingono
a considerare la
diagnosi di OBI nei
pazienti con HCV”
top five
Figura 1. Eventi clinici significativi: sviluppo di HCC e progressione
della malattia di fegato (LDW) in 94 pazienti con epatite cronica da HCV
suddivisi in base alla presenza di OBI. (Il valore di P è stato calcolato con
Test Chi quadrato)
23
Interazioni
farmacologiche
Top Five della letteratura
VIRUS EPATITICI
24
Top Five della letteratura
GS-9620, agonista orale del Toll-like receptor-7,
induce soppressione prolungata del virus
dell’epatite B in scimpanzè infettati cronicamente
VIRUS
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
GS-9620, an oral agonist of Toll-like receptor-7, induces prolonged suppression of hepatitis B virus in chronically infected chimpanzees.
Lanford RE, Guerra B, Chavez D, Giavedoni L, Hodara VL, Brasky KM, Fosdick A, Frey CR, Zheng J, Wolfgang G, Halcomb RL,
Tumas DB. Gastroenterology. 2013 Jun; 144(7):1508-17.
EXTENDED ABSTRACT
nazione di cellule infettate da HBV, rendendo questo farmaco particolarmente attraente per future terapie dell’epatite cronica B.
La terapia dell’epatite cronica B si fonda essenzialmente
sull’uso di analoghi nucleotidici diretti che sopprimono
la replicazione virale in modo molto efficiente senza peraltro raggiungere l’eradicazione virale.
In alternativa, l’interferone α dimostra una debole attività antivirale ma è tuttavia capace di eradicare il virus
in una piccola percentuale di casi, poiché il suo effetto
persiste anche dopo la sospensione del farmaco.
Lanford e coll. hanno valutato gli effetti della stimolazione del Toll-like receptor-7 (TLR-7), espresso soprattutto
nel citoplasma delle cellule dendritiche plasmacitoidi, in
scimpanzé infettati cronicamente con virus dell’epatite B
(HBV). I risultati dimostrano che la somministrazione
orale a breve termine di GS-9620, agonista del TLR-7,
provoca una prolungata soppressione dei livelli di HBV
DNA nel siero e nel fegato degli scimpanzé trattati,
spesso associata ad incremento della necroinfiammazione epatica (figure 1 e 2).
Il farmaco ha, inoltre, indotto un incremento della produzione di interferone α e altre citochine e chemochine
con conseguente
attivazione delle cellule dell’immunità
0
innata ed acquisita quali le Natural Killer (NK), le Natural Killer T (NKT) e le T CD8+.
Gli autori concludono che la stimolazione dei meccanismi di immunità innata e acquisita può indurre l’elimi-
Commento
L’attuale terapia antivirale dell’epatite cronica B induce
persistente e completa soppressione virologica nella
maggior parte dei casi, pur tuttavia senza ottenere una
eradicazione virale se non in una esigua frazione di
pazienti trattati con interferone α.
In questo senso, ogni approccio immunoterapeutico rivolto a controllare in modo definitivo la replicazione
virale attraverso la stimolazione della risposta immunitaria o attraverso l’inibizione dei processi infiammatori
intraepatici è sicuramente auspicabile.
Le componenti dell’immunità innata cellulare responsabile della identificazione di HBV con conseguente produzione di citochine infiammatorie non è stata tuttavia
definita con precisione.
Studi condotti negli animali da esperimento, indicherebbero che le cellule NK e NKT giocano un ruolo importante nel controllo iniziale dell’infezione da HBV (1)
ed è significativo che nell’uomo il network di linfociti
dell’immunità innata residente nel fegato sia prevalentemente costituito da cellule NK CD56bright, che possono produrre quantità abbondanti di interferone α,
specie quando attivate da citochine quali IL-12
e IL-18 (2).
Non vi è dubbio inoltre che un controllo effiFigura 1. Aumento di ALT e riduzione di HBV DNA in uno
scimpanzè trattato con agonista dei TLR-7, GS-9620
ciente dell’infezione da HBV è associato ad una
= iniezione ogni 28 giorni
robusta e persistente
risposta
T helper e T cito8
4 x 0139
= iniezione
ogni 84 giorni
600
10
HBV
AST
1 mg/kg
2 mg/kg
tossica
diretta
contro
le
diverse
proteine di HBV.
ALT
GGT
107
U/L
congress
report
highlights
6
10
200
105
0
-28
HBV DNA (IU/ml)
400
104
18
38
58
78
98
118
138
Giorno
Lanford RE, et al. Gastroenterology 2013
Veicolo
BMS-790052
Inoculo
“GS-9620 sopprime HBV DNA
mg IM LD, 200 mg SC q4w x 3
nel siero e nel fegato800
800di
mg IM LD, 200 mg IM q4w x 3
800 mg IM LD, 400 mg IM q4w x 3
scimpanzè trattati e induce
800 mg IM ogni 3 mesi x 2
4a PA-IC90 (o,664 mg/ml)
l’aumento di IFN α e di altre
citochine e chemochine, con
attivazione dell’immunità
innata ed acquisita”
[GS-9620, agonista orale del Toll-like receptor-7, induce soppressione prolungata del virus dell’epatite B in scimpanzè infettati
cronicamente. Commento di M. Mondelli]
Mario U. Mondelli
Dipartimento di Malattie Infettive, Fondazione IRCCS
Giorno -28
Giorno 57
Poiché i rapidi declini di DNA virale
del fegato e dell’antigene virale secreto negli animali ad alto titolo
sono coerenti con l’eliminazione
delle cellule infette, questa è stata
esaminata direttamente mediante
immunoistochimica in sezioni di fegato del core dell’antigene dell’HBV (HBcAg).
In animali ad alto titolo, circa il
30% degli epatociti sono risultati
positivi prima della terapia (sopra),
e l’ultimo giorno di somministrazione, quando i livelli di HBV DNA
sono stati ridotti di 100 volte, sono
state rilevate poche cellule corepositive (sotto).
Policlinico San Matteo e Dipartimento di Medicina Interna
Modificato da Laford RE et al, Gastroenterology 2013
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
editoriale
HIV
top five
highlights
Riferimenti bibliografici:
1. Zeissig S, Murata K, Sweet L, et al. Hepatitis B virus-induced lipid alterations contribute to natural killer T cell-dependent protective immunity. Nat Med 2012; 18:1060 1068.
2. Tu Z, Bozorgzadeh A, Pierce RH, Kurtis J, et al. TLR-dependent cross talk between human Kupffer cells and NK cells. J Exp Med
2008; 205:233-244.
3. Bertoletti A, Gehring AJ. Immune therapeutic strategies in chronic hepatitis B virus infection: virus or inflammation control? PLoS
Pathog 2013; 9:e1003784.
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
e Terapia Medica, Università degli Studi di Pavia
VIRUS
Figura 2. Colorazione immunoistochimica di HBcAg
eseguita in sezioni fissate in formalina del fegato di 4x0139
prima della somministrazione al giorno 28 (sopra) e al
giorno 57 (sotto), ultimo giorno di dosaggio a 2 mg/kg
EPATITICI
“I risultati ottenuti spingono a
sperimentare, accanto agli antivirali,
farmaci immunomodulanti come
GS-9620, in grado di stimolare i meccanismi di immunità innata e acquisita,
eliminando così le cellule infette”
25
top five
Tuttavia, anche l’immunità innata sembra giocare un
ruolo di primo piano non solo nella fase precoce dell’infezione ma anche nella infezione persistente e, a questo
proposito, recenti studi indicherebbero l’importanza di
strategie immunoterapeutiche indirizzate all’attivazione
di questo braccio dell’immunità dell’ospite.
In questo senso l’aumento della produzione di interferone α a livello intraepatico ottenuto con GS-9620 potrebbe contribuire ad eliminare il virus dal fegato.
L’efficacia prolungata nell’animale da esperimento non
era soltanto correlata direttamente alla produzione di
interferone α in sé, ma anche all’attivazione di linfociti
appartenenti ad entrambi i bracci della risposta immune dell’ospite.
E
Lo scimpanzé è l’unico animale da esperimento che si
infetta naturalmente con HBV, sebbene l’epatite cronica che ne deriva non rappresenti accuratamente la
storia naturale dell’infezione nell’uomo. Questi risultati,
tuttavia, gettano le basi per la sperimentazione nell’uomo di potenti farmaci immunomodulanti in grado
F antivirali diretti
di affiancare adeguatamente i farmaci
nella terapia dell’epatite cronica B (3).
VIRUS EPATITICI
Interazioni
farmacologiche
Top Five della letteratura
VIRUS EPATITICI
26
Top Five della letteratura
Telbivudina migliora la funzione renale
nei pazienti con epatite cronica B
highlights
EXTENDED ABSTRACT
Telbivudina (LdT) è un analogo nucleosidico sintetico capace di inibire la polimerasi del virus dell’epatite B (HBV).
L’efficacia nell’epatite cronica B è stata valutata nello
studio GLOBE, trial randomizzato in doppio cieco che
ha confrontato l’uso di Ldt verso lamivudina (LAM).
Sono stati arruolati un totale di 1367 pazienti sia
HBeAg positivi che HBeAg negativi, randomizzati 1:1 a
ricevere LdT 600 mg al dì o LAM 100 mg al dì per 104
settimane.
Lo studio ha dimostrato che LdT è superiore a LAM nel
controllo dell’epatite cronica B (1).
Inaspettatamente, la disamina retrospettiva della terapia
a lungo termine, inclusi oltre al GLOBE altri studi complementari con LdT, ha rivelato un distinto miglioramento
della funzione renale nei pazienti trattati con LdT in confronto ai pazienti trattati con LAM (2).
Il lavoro di Gane e coll. fornisce un’analisi degli eventi
renali nella terapia registrativa con LdT.
La funzione renale è stata misurata come filtrazione glomerulare con tre diverse metodiche; Cockcroft-Gault
(eGFR); Modification of Diet in Renal Disease (MDRD) e
Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaborative
equation; i risultati sono stati concordanti.
Sulla base del MDRD, la filtrazione glomerulare è aumentata nei pazienti trattati con LTd in media dell’8.5%.
Il miglioramento si è mantenuto nei pazienti trattati per
4-6 anni (figura 1).
L’aumento della filtrazione glomerulare è risultato più
marcato (+17.2%) nei pazienti con malattia cronica renale stadio 2 al basale (eGFR di 60-89 ml/min/1.73
m3), in quelli di età superiore ai 50 anni (+11.4%) ed in
quelli con fibrosi avanzata (+7.2 nelle fibrosi S-5/S-6
secondo Ishak) (figura 2).
Globalmente, la funzione renale è migliorata in oltre il
70% dei pazienti con malattia cronica renale stadio 2.
La funzionalità renale è aumentata indipendentemente
dall’effetto antivirale di LdT contro HBV e dall’assetto virologico del paziente; è migliorata anche in coloro in cui
l’infezione da HBV non è stata controllata dal farmaco,
ed indipendentemente dalla presenza o meno dell’HBeAg nel sangue o dall’emergenza di resistenza a
LdT.
Da rilevare che la clearance della creatinina ha cominciato a migliorare solo dopo 24 settimane di terapia,
per poi incrementare ulteriormente nei successivi mesi
di trattamento.
Commento
Figura 1. Evoluzione della funzione renale in due anni
di terapia con telbivudina e con lamivudina. Clearance
della creatinina calcolata con la formula MDRD
Telbivudina
Lamivudina
10
Variazione percentuale di eGFR
dal basale (MDRD)
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Telbivudine improves renal function in patient with chronic hepatitis B.
Gane EJ, Deray G, Liaw YF, Lim SG, Lai CL, Rasenack J, Wang Y, Papatheodoridis G, Di Bisceglie A, Buti M, Samuel D, Uddin A,
Bosset S, Trylesinski A. Gastroenterology 2014; 146(1):138-146.
8
P< .01 alla settimana 40
P< .0001 dalla settimana 40 alla settimana 104
6
4
2
Questi dati suggeriscono che telbivudina possa essere
efficace nel migliorare la funzione renale, indipendente dalla sua attività come antivirale nei confronti
dell’epatite virale da HBV: il ritardo di 6 mesi necessario all’apparire del miglioramento della filtrazione
glomerulare fa ipotizzare l’esistenza di un meccanismo terapeutico che agisce sulle strutture renali e sui
percorsi fibrotici/infiammatori, piuttosto che ad un
meccanismo che agisce sulla sola funzione renale.
L’ipotesi di un meccanismo nefroprotettore intrinseco
alla telbivudina trova apparentemente conferma nella
dimostrazione che la somministrazione contemporanea
0
-2
-4
0
4
12
24
40
52
68
84
100
Settimane
Gane EJ et al. Gastroenterology 2014
“Telbivudina apporta
un miglioramento alla funzione
renale indipendente dalla
sua attività di antivirale”
[Telbivudina migliora la funzione renale nei pazienti con epatite cronica B. Commento di M. Rizzetto]
VIRUS EPATITICI
27
15
10
P <.0001
P <.0001
P <.0001
4.3%
-5
-0.5%
n= 680 n= 687
Totale
editoriale
HIV
+11.4%
+8.5%
5
0
+17.2%
VIRUS
20
Telbivudina
Lamivudina
EPATITICI
25
-2.4%
n= 87 n= 100
Età > 50 anni
n= 261 n= 242
eGFR ≤ 90 al basale
Gane EJ et al. Gastroenterology 2014
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
highlights
Riferimenti bibliografici:
1. Liaw YF, Gane E, Leung N, et al. 2-Year GLOBE trial results: telbivudine is superior to lamivudine in patients with chronic hepatitis
B. Gastroenterology. 2009 Feb; 136(2):486-95.
2. Chan HL, Chen YC, Gane EJ, et al. Randomized clinical trial: efficacy and safety of telbivudine and lamivudine in treatmentnaïve patients with HBV-related decompensated cirrhosis. J Viral Hepat. 2012 Oct; 19(10):732-43.
3. Sun J, Piratvisuth T, Amarapurkar DN, et al. Consistent renal function improvement with a telbivudine treatment in combination
with adefovir or tenofovir. Hepatology 2012; 56:401A.
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
Mario Rizzetto
SCDU Gastroenterologia,
AO Città della Salute
e della Scienza di Torino
Figura 2. Effetto dell’età e dell’insufficienza renale lieve (eGFR
al baseline di 60-90 ml/min/1.73 m3) nei due anni di terapia con
telbivudina e lamivudina (studio GLOBE)
Variazione di percentuale di eGFR (MDRD)
nell’epatite cronica B di LdT e tenofovir
(nucleotide a rischio di nefrotossicità) previene il danno renale indotto da quest’ultimo (3).
Il potenziale indipendente di telbivudina
nel migliorare la filtrazione glomerulare
merita conferma nei pazienti nefropatici
“puri” di varia eziologia; ove ciò fosse
confermato, il farmaco rappresenterebbe
il primo efficace strumento di terapia
della malattia cronica renale.
Prop. di pazienti
con infiammazio
top five
“Se questi dati saranno confermati in pazienti nefrologici “puri”, telbivudina
rappresenterà il primo farmaco per la terapia della malattia renale cronica”
top five
Top Five della letteratura
28
VIRUS EPATITICI
Top Five della letteratura
Combinazione a dose fissa di sofosbuvir e ledipasvir con o
senza ribavirina nel trattamento di pazienti con infezione da
virus dell’epatite C di genotipo 1 naive o precedentemente
trattati: studio LONESTAR randomizzato in aperto di fase II
VIRUS
EXTENDED ABSTRACT
Commento
Tra gli inibitori diretti della replicazione virale, con elevato
Con l’introduzione dei DAA nella gestione dei pazienti
tasso di risposta terapeutica, vi sono attualmente in studio soaffetti da epatite cronica da HCV genotipo 1, lo scenafosbuvir (S) e ledipasvir (L). Sofosbuvir è un analogo nucleotirio del management delle terapie antivirali si è radicaldico inibitore della polimerasi NS5B, estesamente studiato in
mente modificato. Numerosi sono stati infatti gli studi
combinazione con peginterferone e ribavirina nei pazienti afclinici condotti, o ancora in corso, che hanno l’obietfetti da epatite cronica HCV genotipo 1.
tivo di identificare il farmaco, o la combinazione di
Ledipasvir è un inibitore della NS5A risultato molto potente
farmaci, che possa presentare la maggiore efficacia tecontro il genotipo 1a e 1b e con la peculiarità di essere attivo
rapeutica a fronte di modesti o notevolmente ridotti efcontro il virus che presenta la mutazione S282T, che risulta
fetti collaterali. L’associazione sofosbuvir + ledipasvir
l’unica variante conosciuta in grado di ridurre la suscettibilità
insieme con ribavirina è stata già ampiamente analiza sofosbuvir. LONESTAR è uno studio in aperto, randomizzata nello studio ELECTRON su una popolazione di
zato, in cui sono state testate l’efficacia e la sicurezza di un
soggetti naive o prior null responder alla terapia antiviregime terapeutico basato sulla combinazione di questi due
rale. Da questo trial è stato possibile ottenere in enfarmaci in due coorti: la coorte A di pazienti naive, non cirtrambi i gruppi in studio l’SVR12. L’enorme potenza di
rotici, divisi secondo i seguenti schemi terapeutici: S + L per
questa categoria di antivirali è stata, quindi, ampia8 settimane (gruppo 1); S + L + ribavirina per 8 settimane
mente confermata dallo studio LONESTAR.
(gruppo 2); e S + L per 12 settimane (gruppo 3).
In aggiunta, la novità introdotta dallo studio si basa
Nella seconda coorte B sono stati studiati 40 pazienti affetti da
sulla somministrazione di questo nuovo regime teracirrosi compensata, che hanno presentato un fallimento ad un
peutico a pazienti con cirrosi compensata o con falliprecedente trattamento con un inibitore della proteasi, anmento ad un regime terapeutico basato su inibitori
ch’essi divisi secondo schema terapeutico di 12 settimane di
delle proteasi, recentemente introdotti nelle linee guida
82 pratica clinica, e che quindi non avrebbero alS + L senza (gruppo 4) o con ribavirina (gruppo 5) (figura 1).
e nella
79
69
La dose quotidiana per S è stata pari a 400 mg una volta al
cuna prospettiva terapeutica.
86
giorno, per L 90 mg una volta la giorno e ribavirina in base
Dai risultati ricavati81dallo75studio è76possibile trarre imal peso. L’obiettivo primario dello studio è stata la determiportanti considerazioni circa la gestione clinica.
nazione della risposta virologica sostenuta a 12 settimane dalla fine della
Figura 1. Valori medi dell’HCV RNA ad ogni visita alla settimana 8
terapia (SVR12). E’ stata rilevata perdi trattamento
tanto una SVR12 del 95% nel gruppo
7
1, 3, e 4 del 100% nei gruppi 2 e 5.
Gruppo 1 (sofosbuvir più ledipasvir per 8 settimane)
Gli eventi avversi più comuni sono stati
6
Gruppo 2 (sofosbuvir più ledipasvir e ribavirina per 8 settimane)
nausea, anemia, infezioni del tratto reGruppo 3 (sofosbuvir più ledipasvir per 12 settimane)
Gruppo 4 (sofosbuvir più ledipasvir per 12 settimane)
spiratorio e mal di testa (figura 2);
5
Gruppo 5 (sofosbuvir più ledipasvir e ribavirina per 12 settimane)
nessuno di questi è stato causa di so4
spensione precoce del trattamento,
mostrando quindi un ampio profilo di
3
sicurezza.
“Confermata la potenza
anche nei pazienti cirrotici
o precedentemente falliti”
HCV RNA medio (log10 IU/ml)
highlights
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Sofosbuvir and ledipasvir fixed-dose combination with and without ribavirin in treatment-naive and previously treated patients
with genotype 1 hepatitis C virus infection (LONESTAR): an open-label, randomised, phase 2 trial.
Lawitz E, Poordad FF, Pang PS, Hyland RH, Ding X, Mo H, Symonds WT, McHutchison JG, Membreno FE. Lancet 2014; 383: 515-23.
2
1
0
1
2
3
4
5
Settimane dello studio
6
7
8
Lawitz E et al, Lancet 2014
[Combinazione a dose fissa di sofosbuvir e ledipasvir con o senza ribavirina nel trattamento di pazienti con infezione da virus dell’epatite C di genotipo 1 naive o precedentemente trattati: studio LONESTAR randomizzato in aperto di fase II. Commento di A. Gasbarrini]
Top Five della letteratura
VIRUS EPATITICI
29
67
Policlinico “A Gemelli”, Roma
editoriale
HIV
15
14
13
0
2
4
0
2
4
6
8
10
12
10
12
VIRUS
B 2.0
top five
1.8
1.6
1.4
1.2
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0
Gruppo 1
Gruppo 2
Gruppo 3
Gruppo 4
Gruppo 5
(sofosbuvir
(sofosbuvir
(sofosbuvir
(sofosbuvir
(sofosbuvir
più
più
più
più
più
6
8
Settimane dello studio
ledipasvir
ledipasvir
ledipasvir
ledipasvir
ledipasvir
per 8 settimane)
e ribavirina per 8 settimane)
per 12 settimane)
per 12 settimane)
e ribavirina per 12 settimane)
“Nei pazienti non cirrotici naive può
essere sufficiente una durata di 8 settimane di terapia, di 12 nei pazienti che
non hanno ottenuto SVR con un regime
precedente, anche se cirrotici”
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Lawitz E et al, Lancet 2014
Riferimenti bibliografici:
1. Lawitz E, Poordad FF, Pang PS, et al. Sofosbuvir and ledipasvir fixed-dose combination with and without ribavirin in treatmentnaive and previously treated patients with genotype 1 hepatitis C virus infection (LONESTAR): an open-label, randomised, phase
2 trial. Lancet 2014; 383:515-23.
2. Gane EJ, Stedman CA, Hyland RH, et al. ELECTRON: All-Oral Sofosbuvir-Based 12-Week Regimens for the Treatment of Chronic
HCV GT 1 Infection. Reported by EASL 2013.
3. European Association for the Study of the Liver. EASL Clinical Practice Guidelines: Management of hepatitis C virus infection.
Journal of Hepatology 2014 vol. 60 j 392-420.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
EPATITICI
11
10
top five
12
Interazioni
farmacologiche
Concentrazione media
di emoglobina (g/dL)
16
congress
report
UOC di Medicina Interna e Gastroenterologia,
A 17
highlights
Antonio Gasbarrini
Università Cattolica Sacro Cuore di Roma,
Figura 2. Concentrazioni medie di emoglobina (A) e
bilirubina totale (B) durante il trattamento
Concentrazione media
di bilirubina (mg/dL)
L’ottenimento degli stessi risultati in termini di SVR12
nella coorte A per i pazienti sottoposti a 12 o 8 settimane di terapia fa presupporre che per i pazienti non
cirrotici potrebbe essere sufficiente una durata massima di 8 settimane di terapia, mentre nella coorte dei
pazienti che non hanno ottenuto una risposta al trattamento con inibitori delle proteasi potrebbe essere richiesto un periodo complessivo di 12 settimane, anche
se cirrotici.
L’ampio profilo di sicurezza, con il riscontro di pochi
effetti collaterali, permette in aggiunta di evidenziare
la possibilità di prediligere un regime interferon-free
che permetterebbe di trattare una categoria di pazienti
attualmente esclusa a causa di intolleranza farmacologica all’interferone o per malattia in fase di scompenso, ad esempio in fase pretrapiantologica.
Ulteriori aspetti positivi di questo regime sono la breve
durata, l’assenza di restrizioni dietetiche, le poche interazioni farmacologiche e lo stesso profilo di risposta
per genotipo 1a e 1b.
Nella fase iniziale dello studio è stata effettuata anche
la determinale di eventuali polimorfismi RAV delle resistenze associate alle varianti, che potrebbe aprire la
via alla determinazione di una terapia personalizzata
per il singolo paziente.
I maggiori limiti di questo studio sono rappresentati
dallo scarso campione e dall’esperienza di un singolo
centro, che andrebbe quindi resa a carattere multicentrico per aumentarne la potenza con su un campione
in studio molto più ampio.
VI CONGRESSO NAZIONALE
30
VI CONGRESSO NAZIONALE
ROMA, 25-27 MAGGIO 2014
SHERATON CONFERENCE CENTER
Promosso da
ICAR
Italian
Conference on
AIDS and
Retroviruses
e da:
INMI, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive
ISS, Istituto Superiore di Sanità
SIICA, Società Italiana di Immunologia, Immunologia Clinica e Allergologia
SIMaST, Società Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Sessualmente Trasmissibili
SIV, Società Italiana di Virologia
SIVIM, Società Italiana di Virologia Medica
ANLAIDS, Associazione Nazionale per la lotta all’AIDS
ARCIGAY, Associazione LGBT Italiana
LILA, Lega Italiana per la lotta contro l’AIDS
NADIR, Fondazione Nadir Onlus
NPS Italia Onlus, Network Persone Sieropositive
La 6° Conferenza ICAR 2014 propone un inedito e tridimensionale
approccio tra scienza di base, ricerca diagnostico-clinica, competenze
delle associazioni di pazienti e/o delle comunità colpite dall’HIV
Un obiettivo ambizioso da parte della comunità scientifica
infettivologica italiana, delle Associazioni dei pazienti e
delle Istituzioni, in un momento in cui gli standard di assistenza e cura raggiunti in Italia devono confrontarsi con
esigenze di sostenibilità, mettendo così costantemente in discussione i percorsi intrapresi nei diversi ambiti.
La centralità di un approccio gestionale d’insieme, ma altrettanto attento alle peculiarità individuali, è il fulcro del
programma scientifico di Roma declinato nelle diverse componenti tematiche: dalla migliore gestione di complicanze
e comorbosità a lungo termine, ai risultati emergenti nella
cura funzionale di HIV, alle prospettive aperte in campo
epidemiologico e di diagnosi.
Tra le tematiche più nuove ed affrontate con un taglio fortemente pragmatico, la centralità del rapporto comunicazionale tra paziente e medico, l’esplorazione delle
possibilità ad ampio raggio in campo preventivo, la valutazione complessiva del paziente al fine di favorire un mo-
Comitato di Presidenza
Massimo Andreoni,
nitoraggio d’insieme, l’attenzione a particolari problematiche di popolazione e di condizione clinica, l’imprescindibile correlazione tra il dato di successo virologico e le
conseguenti sfide cliniche in funzione della promozione
della qualità della vita dei pazienti.
In linea con la tradizione e la filosofia ICAR, anche l’edizione 2014 dedica ampio spazio al contributo dei giovani
ricercatori italiani: nelle comunicazioni orali (9 sessioni),
nei poster (5 sessioni di poster discussion e poster display)
e attraverso il premio ICAR-CROI 2014.
Stessa grande attenzione alle persone con HIV ed alle Associazioni, con diversi momenti dedicati nell’ambito del
programma scientifico e con l’introduzione di un nuovo
topic “scienze sociali e aspetti di comunità” tra gli argomenti portanti del Congresso. Infine ICAR-LAB, una nuova
sessione pensata proprio per confrontarsi e indirizzarsi
verso percorsi comuni nei vari ambiti ed Expert Meeting
tematici nella giornata del 26 maggio.
Segreteria Scientifica
Adriana Ammassari,
Enrico Girardi,
INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS, Rome
Simone Marcotullio,
University Tor Vergata, Rome
INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS, Rome
Francesca Ceccherini-Silberstein,
NADIR ONLUS Foundation, Rome
INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS, Rome
University Tor Vergata, Rome
Gabriella d’Ettorre,
INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS, Rome
University Tor Vergata, Rome
Sapienza University, Hospital Umberto I, Rome
University Tor Vergata, Rome
Andrea Antinori,
Carlo Federico Perno,
ICAR
Italian
Conference on
AIDS and
Retroviruses
[VI CONGRESSO NAZIONALE. Roma, 24-27 maggio 2014]
Emanuele Nicastri,
Loredana Sarmati,
Roma, 25-27 maggio 2014
31
Programme at a glance
Domenica 25 maggio 2014
10:00-12:00 Apertura Segreteria e registrazione
12:00-13:00 LUNCH
13:00-15:00 4 Corsi di aggiornamento precongressuali
1. Virologia e diagnostica di laboratorio avanzata
2. Gestione infermieristica del paziente in terapia antiretrovirale
3. Disturbi neurocognitivi nella pratica clinica: metodi e strumenti
diagnostici e algoritmi clinico-terapeutici
4. Peculiarità cliniche e di management dell'infezione
da HIV nella popolazione
15:30-16:30 ICAR-LAB
1. Bisogni delle persone con HIV e personalizzazione
dell’intervento: focus on Less Drug Regimens (LDRs)
2. Progetto EFFICON
17:00-20:30 Sessione Inaugurale
17.00-17.30 Saluto delle Autorità
17.30-18.30 Round table “I have a dream: prospects
and challenges in the future of HIV”
18.30-20.00 Starting cART with CD4+ count >500 cell/mm3:
what evidence for benefit?
• We don't have evidence Caroline Sabin, London UK
• We don't need evidence Steven Deeks, San Francisco USA
20.00-20.30 ICAR-CROI Awards 2014 for
young Italian HIV investigators
20:30-22:30 Welcome Reception
Lunedì 26 maggio 2014
08:30-09:30
09:45-11:45
11:45-12:45
12:45-13:15
13:15-14:15
14:30-15:45
15:45-17:45
18:00-19:15
2 Keynote Lectures
Evolving objectives and methodology of randomized clinical trials in HIV setting - Giovanni Di Perri, Turin I
Screening and management of HPV-related anal cancer in HIV population - Joel Palefsky, San Francisco USA
Oral communications
Oral communications
Oral communications
Antiretroviral therapy I
Immunopathogenesis
Epidemiology and Community based studies
Hot Symposium
Innovative pathogenesis based approaches
Poster Discussion
Poster Discussion
in patients with suppressed viremia
Antiretroviral therapy-clinical
Comorbidities and coinfections
LUNCH
Expert Meetings
Hot Symposium
Symposium
Symposium
HIV-associated non-AIDS conditions
Virus and host in functional cure strategies The silent epidemic
Oral communications
Oral communications
Oral communications
Comorbidities and coinfections
Basic virology and tropism
HIV infection and women
Symposium
Symposium
Symposium
TasP and PEP: Prevention
Clinical management of
Difficult clinical cases: the joint expertise
from theory to practice
HIV-infected elderly patients
of the virologist and the HIV specialist
Martedì 27 maggio 2014
08:30-09:30
09:45-11:15
11:15-13:15
13:15-14:15
14:15-15:15
15:15-16:15
16:15-16:45
2 Keynote Lectures
Innovative tools and methods of HIV prevention - Enrico Girardi, Rome I
Redefining strategies for treatment of HIV/HCV coinfected patient - Massimo Puoti, Milan I
Hot Symposium
ARV therapy between best practices and sustainability: comparing experiences in EU area
Oral communications
Antiretroviral therapy II
LUNCH
Poster Discussion
Antiretroviral therapy: observational studies
Oral communications
Clinical virology and resistance
Oral communications
HIV-associated non-AIDS conditions
Poster Discussion
Poster Discussion
Epidemiology and Community based studies Clinical Virology
Wrap-up session: highlights of the main topics from ICAR 2014 - Chairmen: M. Andreoni, A. Antinori, C.F. Perno
ICAR 2014 Awards and Closing remarks
Informazioni utili
Sede Congressuale:
Sheraton Conference Center
Via del Pattinaggio, 100 - 00100 Roma
www.sheratonrome.com
Date del Congresso e dei Corsi
I lavori congressuali avranno inizio
domenica 25 maggio 2014 e si
concluderanno martedì 27 maggio
alle ore 16,45
• Corsi di aggiornamento - 25/5
dalle ore 13,00 alle ore 15,00
• ICAR LAB - 25/5
dalle ore 15,30 alle ore 16,30
• Sessione Inaugurale - 25/5
dalle ore 17,00 alle ore 20,30
Accreditamento ECM:
tutte le informazioni sul sito ICAR
Segreteria Organizzativa
Effetti Srl - Via Gallarate 106, 20151 MI (I)
tel.: +39 02 3343281
fax: +39 02 33496370
email: [email protected]
Sito web: www.ICAR2014.it
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
Servizi per i Partecipanti
Poster for you: gli autori dei poster
selezionati potranno richiedere alla Segreteria Organizzativa la stampa proprio poster, da ritirare direttamente in
sede congressuale, nel formato richiesto
(70x100 cm).
Cyber Point ICAR: all’interno dell’area
espositiva, con postazioni internet-free a
disposizione di tutti i congressisti.
CD-Rom ICAR: contiene le presentazioni
ufficiali e tutti i lavori selezionati come co-
municazioni orali o poster. Il CD-Rom sarà
distribuito in sede congressuale a tutti i partecipanti, dietro compilazione di coupon.
Web-Repository: una sezione dedicata,
all’interno del sito internet ufficiale ICAR
2014, dove poter consultare tutta la documentazione scientifica del Congresso
(comunicazioni, poster, presentazioni),
ricercare con parole-chiave (topic, autore) ed effettuare il download.
Per approfondimenti:
www.ICAR2014.it
Coorte ICONA
32
Italian
Cohort
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
ICONA:
i contributi al CROI 2014
I.
C
N
O.
A.
Naive
Antiretrovirals
Incidence of CD4/CD8 ratio normalization
and its role in the onset of non AIDS-related events
TG/HDL ratio and risk of
diabetes mellitus during cART
Solo una minoranza (circa il 14%) di
pazienti con HIV che iniziano la cART
ottiene la normalizzazione del rapporto
CD4/CD8, variabile associata, insieme
a viremia non rilevabile, all’attivazione
delle cellule T e ai marker di comorbidità non AIDS-correlata ed età-dipendente: Cristina Mussini ha presentato
i dati raccolti nel database ICONA relativi a 3,236 soggetti con HIV virosoppressi durante cART e con rapporto
CD4/CD8 < 0.8, seguiti dal 1997.
Tre quarti erano maschi, di età media
39 anni, il 40% infettati per via eterosessuale, il 30% MSM e il 20% IDU.
Nel corso di 7,305 anni-persona di
osservazione, 485 soggetti (14%)
hanno normalizzato il rapporto
CD4/CD4 (uguale o superiore a 1),
con un’incidenza di 6.3 per 100
anni/persona. Le possibilità di ottenere
un normale rapporto CD4/CD8 sono
pari al 4,4% ad 1 anno, all’11,5% a 2
anni e al 29,4% a 5 anni. Il tempo medio
alla normalizzazione è di 10,5 anni.
In 3,546 soggetti con HIV della coorte ICONA, di età media di 38
anni, con body mass index (BMI)
medio pari a 23 e 22% con HCVab, il rapporto TG/HDL predice il
rischio di sviluppo di diabete mellito: secondo i dati presentati al
CROI 2014 da Nicola Squillace,
del gruppo di Andrea Gori, questo rischio è indipendente dagli
altri fattori di rischio tradizionali.
Ottanta soggetti hanno sviluppato
diabete mellito nel corso di 13,911
anni-persona di osservazione (incidenza 5,7 per 1,000 anni-persona).
Nei pazienti con trigliceridi < 180
mg/dl l’incidenza di diabete era
4,3/1,000 anni-persona, mentre in
quelli con trigliceridi > 300 mg/dl
era pari a 15,3/1,000 anni-persona: il rapporto TG/HDL predice
meglio l’esordio del diabete, probebilmente perché rappresenta il
grado di insulinoresistenza alla
base del disturbo metabolico.
I fattori associati alla mancata normalizzazione sono l’età (per ogni 10
anni in più la probabilità di avere un
rapporto CD4/CD8 normale si riduce
del 13%), la trasmissione MSM (riduzione del 25% vs eterosessuale) e il
nadir di CD4 (riduzione del 28% per
livelli > e < 200 cellule/mmc).
Nel corso di 14,926 anni-persona di follow up, 93 soggetti (3%) sono deceduti
e 278 (9%) hanno sviluppato un evento
grave non AIDS, con un’incidenza di
4,8 per 100 anni-persona per rapporti
CD4/CD8 < 0.30, di 2,4 se compresi
tra 0,30 e 0,45 e di 2,0 se > 0,45.
Per ogni 100 CD4 in più al nadir il rischio di diagnosi di evento non AIDS o
di morte si riduceva del 6%: includendo
nell’analisi sia il numero corrente di
CD4 che il rapporto CD4/CD8, un
rapporto < 0,30 vs > 0,45 aumentava
del 65% il rischio di eventi non AIDS o
di decesso, mentre in chi aveva un rapporto compreso tra 0,30 e 0,45 il rischio di progressione non aumentava.
CROI - ICAR 2014: premiati
i giovani ricercatori italiani
Anche quest’anno i giovani ricercatori italiani si sono contraddistinti per l’originalità dei contributi alla ricerca di base
e clinica nel campo dell’infezione da HIV.
Dopo la Sessione speciale di Boston del 5 marzo “CROI Affiliated Event for Young Investigators”, che li ha visti protagonisti della premiazione da parte dei professori B. Hahn
e G. Silvestri, i premiati saliranno sul palco della Sessione
Inaugurale dell’Italian Conference on AIDS and Retroviruses (ICAR) di Roma: il 25 maggio 2014 presso lo Sheraton
[ICONA, CROI, ICAR 2014]
ICAR
Italian
Conference on
AIDS and
Retroviruses
Conference Center, Salone delle Signorie,
(17:00-20:30) riceveranno il CROI-ICAR Awards dai Chairmen della Conferenza, M. Andreoni, A. Antinori, C.F.
Perno, insieme a G. Silvestri. Tra i topic vincenti, spiccano gli studi nel campo dei meccanismi patogenetici che
sostengono l’infezione (viremia residua, reservoir, infiammazione, immunoattivazione, fattori di restrizione) e mirati
ad identificare le variabili correlate alla progressione di HIV,
oltre ad alcuni lavori sulle coinfezioni con HBV e HPV.
33
Interazioni
Con questo numero si conclude la rubrica
dedicata alle interazioni principali tra
antiretrovirali e farmaci di impiego comune nella pratica clinica per il trattamento delle comorbidità infettive e non
infettive oggi sempre più frequenti nei
Effetti PK
Meccanismo
pazienti con HIV.
FARMACOLOGICHE
Gestione clinica
5
PI/r/citalopram
PI/r/escitalopram
? # CITALO
= ESCITALO
CYP2C19
CYP2D6/CYP3A4
6
DRV/r/paroxetina
fAPV/r/paroxetina
$ PAROXE
?
7
PI/r/fluoxetina
? # RTV AUC
CYP2D6
CYP2C9
Usare se necessario
(riportati effetti collaterali in corso di coutilizzo)
8
DRV/r/sertralina
EFV/sertralina
$ SERTRA
CYP2B6
Titolare la dose di sertralina
Iniziare con la dose più bassa di citalopram.
Iniziare con la dose normale di escitalopram
Titolare la dose di paroxetina
editoriale
Interazioni farmacologiche tra ARV e farmaci
gastroenterologici, ormoni, immunomodulatori
e chemioterapici antineoplastici
Meccanismo
Gestione clinica
95
PI/r/olanzapina
CYP1A2
la dose
olanzapina
PI/r/citalopram
CYP2C19
IniziareTitolare
con la dose
più dibassa
di citalopram.
UGT1A4
PI/r/escitalopram
= ESCITALO
CYP2D6/CYP3A4
Iniziare con la dose normale di escitalopram
A cura di Andrea Calcagno Clinica Universitaria Malattie Infettive, Ospedale Amedeo di Savoia, Torino
10
ATV/r/quetiapina
?$#PAROXE
QUETIA
CYP3A4
Effetti
collaterali
in corso
di coutilizzo:
6
DRV/r/paroxetina
?
Titolare
la dose
di paroxetina
iniziare con la dose più bassa di quetiapina
fAPV/r/paroxetina
CYP2B6
PI/r/olanzapina
10
ATV/r/quetiapina
NRTI
NRTI
NNRTI
EFV
NVP
ETV
RPV
PPI
? # QUETIA
RANITIDINA
PI/r
fAPV/r
LPV/r
ATV/r
DRV/r
Si?
Si
No2
Si
Si?
Si?
Si?
Si
No1
Si?
Si
No2
Si
INSTI
RAL
bEVG
MVC
Si?3
Si4
Si?
Si?3
Si4
Si?
CCR5I
Si?
Si?
Si?
Si
No1
$ OLANZA
CYP1A2
ANTIACIDI
UGT1A4
CYP3A4
Titolare la dose di olanzapina
DOMPERIONDANSEDONE
TRON
Effetti collaterali in corso di coutilizzo:
Si?
Si?
iniziare con la dose più bassa di quetiapina
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?5
Si?5
Si?
Si?5
Si?
Si?5
Si?
METOCLOPRAMINA
LOPERAMIDE
Si?
Si
Si
Si?
No?1
Si?
Si
No?2
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?6
Si?6
Si?6
Si?6
NRTI
NNRTI
No?3
No?4
Si?
Si?
Si?
?
Si?
Si?6
Si?
INI
Si?
Si?5
Si?
Si?
Si?
Si?
VIRUS
9
EPATITICI
Titolare la dose di sertralina
Tabella EFV/sertralina
1. Farmaci ad azione sul sistema gastroenterico
top five
$ SERTRA
DRV/r/sertralina
cologiche con gli antiretrovirali.
In particolare consideriamo
Usare se necessario
la classe dei farmaci
checollaterali
agiscono
sistema gastroente(riportati effetti
in corsosul
di coutilizzo)
NRT
EFV
NVP
ETV
RPV
fAP
LPV
ATV
DRV
RAL
bEV
MV
PI/r
CCR5I
Interazioni
farmacologiche
8
top five
Concludiamo
questa rubrica con? #laRTVdisamina
di alcune
7
PI/r/fluoxetina
AUC
CYP2D6
classi eterogenee di farmaci che hanno interazioni CYP2C9
farma-
HIV
Effetti PK
$? #OLANZA
CITALO
2
ATV/r
Farmaci che
abbassano il
pH gastrico
Effetti PK
Meccanismo
Gestione clinica
$ RPV
Assorbimento
NO PPI
AntiH2 (qd) 12 ore prima o 4 ore dopo
Antiacidi 2 ore prima o 4 ore dopo RPV
$ ATV
Assorbimento
1
NO PPIxxxxxxxxxxxxxxxxxx
(se necessario omeprazolo
20 mg 12 ore xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
prima)
Xxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
AntiH2 (qd) 12 ore prima o 4 ore dopo
Antiacidi 1 ora prima o 2 dopo. In condizioni particolari #ATV a 400 mg
3
RAL
$ RAL
Assorbimento
OK PPI e antiH2
NO antiacidi contenenti cationi divalenti (idrossido di alluminio, etc.)
4
bEVG
$ EVG
Assorbimento
OK PPI e antiH2
Antiacidi 2 ore prima o 4 dopo bEVG
5
bPI e bEVG/
domperidone
# DOM
CYP3A4
Rischio teorico di concentrazioni maggiori di domperidone:
cautela per effetti indesiderati (e prolungamento del QT)
6
bPI e bEVG/
loperamide
# LOP
CYP3A4
CYP2C8
Concentrazioni aumentate in volontari sani:
cautela per effetti indesiderati
Per il dettaglio delle interazioni, vedi Tabella 2
Xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
x
Note: ABCB1: ATP-binding cassette, membro 1 della sottofamiglia B (MDR/TAP);
ABCC2
e 4 ATP-binding xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
cassette dei membrixxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
2 e 4 della
sottofamiglia C; APOA5: apolipoproteina A5: ATV: atazanavir; CETP: proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo; CYP2A6, 2B6 e 3A4:
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
citocromo p450 2A6, 2B6 e 3A4; DOCK7: fattore 7 dedicato alla cinesi cellulare; EFV efavirenz; GCKR: regolatore della glucochinasi;
HCP5: complesso P5 dell’HLA; LPL: lipoprotein-lipasi; LPV: lopinavir; NR1/2: membro 2 del gruppo 1, della sottofamiglia 1 dei recettori nucleari;
SLCO1B1: membro 1b1 della famiglia dei trasportatori anionici organici dei trasportatori dei soluti; TDF: tenofovir;
2
congress
report
RPV
3
4
highlights
1
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
I numeri
Tabella 2. Dettaglio delle interazioni tra ARV e farmaci gastroenterologici, effetti su profilo farmacocinetico,
meccanismo e gestione clinica dell’integrazione
5
6
I numeri
top five
HIV
editoriale
34
5
PI/r/citalopram
PI/r/escitalopram
? # CITALO
= ESCITALO
CYP2C19
CYP2D6/CYP3A4
6
DRV/r/paroxetina
fAPV/r/paroxetina
$ PAROXE
?
7
PI/r/fluoxetina
? # RTV AUC
CYP2D6
CYP2C9
Usare se necessario
(riportati effetti collaterali in corso di coutilizzo)
8
DRV/r/sertralina
EFV/sertralina
$ SERTRA
CYP2B6
Titolare la dose di sertralina
9
PI/r/olanzapina
$ OLANZA
CYP1A2
UGT1A4
Titolare la dose di olanzapina
10
ATV/r/quetiapina
? # QUETIA
CYP3A4
Effetti collaterali in corso di coutilizzo:
iniziare con la dose più bassa di quetiapina
VIRUS
EPATITICI
top five
Interazioni
farmacologiche
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
congress
report
Interazioni farmacologiche
Titolare la dose di paroxetina
Tabella 3. Contraccettivi e terapia ormonale sostitutiva
NRTI
NNRTI
PI/r
INSTI
highlights
Iniziare con la dose più bassa di citalopram.
Iniziare con la dose normale di escitalopram
CCR5I
NRTI
EFV
NVP
ETV
RPV
fAPV/r
LPV/r
ATV/r
DRV/r
RAL
bEVG
MVC
ESTRADIOLO
ETINIL-ESTRADIOLO
PROGESTINICI
MEDROSSIPROGESTERONE I.M.
ULIPRISTAL
Si?
No?
No?
Si
Si
Si?
Si?8
Si?7
Si?
Si
Si?
Si
Si?
No?9
No?9
No?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si
Si10
Si10
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
?11
?11
?11
?11
?11
?11
?11
?11
Si?
?11
Si?
rico, gli ormoni (con una sezione dedicata agli anticoncezionali), ai farmaci immunomodulanti e i chemioterapici antineoplastici. Anche in questo caso i dati sono
abbondanti per alcune classi come gli inibitori di pompa
protonica (PPI, Proton Pump Inhibitors), gli antagonisti dei
recettori H2 (sebbene i dati siano su molecole di limitato
utilizzo in Italia, come famotidina e cimetidina) e antiacidi
(includendo anche l’idrossido di alluminio). I dati sui chemioterapici antineoplastici sono purtroppo limitati dalla
difficoltà di studiare in fase II le possibili interazioni anche
Xxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
a causa
deglixxxxxxxxxxxxxxxxxx
effetti collaterali:
ciononostante
sono stati
osservati gravi e frequenti eventi indesiderati in pazienti
trattati con antiretrovirali e antineoplastici.
Le interazioni, infine, con i farmaci immunomodulanti (includendo gli immunosoppressori) sono caratterizzate da
un elevato grado di complessità, dalla frequente presenza
di molecole con attività differenti e da compromissione
d’organo (come nei trapianti).
Tabella 4. Dettaglio delle interazioni tra ARV e farmaci anticoncezionali; effetto su profilo farmacocinetico,
meccanismo e gestione clinica dell’interazione
Effetti PK
Meccanismo
Gestione clinica
Contraccettivi orali con almeno 30 mcg di etinilestradiolo e norgestimato come progestinico; altri progestinici (desogestrel, etonogestrel, drosipirenone) non studiati.
Farmaci che hanno dimostrato di non alterare le concentrazioni degli anticoncezionali sono NRTI, rilpivirina, etravirina, maraviroc e raltegravir. Studi su cerotti, anelli vaginali,
impianti
sottocutanei
e iniezioni
intramuscolari
hanno dati
Per
il dettaglio
delle
interazioni,
vedi Tabella
2 limitati e se ne consiglia l’utilizzo con cautela
ATV/etinilestradiolo
# etinilestradiolo
UGT
Con ATV etinilestradiolo < 30 mcg
7
bPI/etinilestradiolo
etinilestradiolo
CYP3A4
bPI e bEVGcassette
etinilestradiolo
≥ 302mcg
Note:
ABCB1:
ATP-binding cassette, membro 1 $della
sottofamiglia B (MDR/TAP);
ABCC2 e 4Con
ATP-binding
dei membri
e 4 della
bEVG/etinilestradiolo
sottofamiglia
C; APOA5: apolipoproteina A5: ATV: atazanavir; CETP: proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo; CYP2A6, 2B6 e 3A4:
citocromo
p450con
2A6,
2B6 e 3A4; DOCK7: fattore
7 dedicato alla cinesi
cellulare; EFV Verosimile
efavirenz;
GCKR:
regolatore
della glucochinasi;
8
LPV/r
cerotto
$ etinilestradiolo
CYP3A4
efficacia
mantenuta
(per aumento
dell’esposizione
HCP5: complesso
P5 dell’HLA;
LPL: lipoprotein-lipasi;
LPV: lopinavir; NR1/2: membro 2 del gruppo
1, dellacautela/metodi
sottofamiglia 1di dei
recettori nucleari;
(etinilestradiolo
e norelgestromina)
# norelgestromina
del progestinico):
barriera
SLCO1B1: membro 1b1 della famiglia dei trasportatori anionici organici dei trasportatori dei soluti; TDF: tenofovir;
9
EFV/norgestimato
$ norelgestromina
CYP3A4
Impossibile predireUDP.
efficacia:
TR1B1:
gene
omologo 1 della Drosophila; UGT1A1:
polipeptide A1 della
famiglia 1 della gluocoronosiltransferasi
NVP/norgestimato
$ levonorgestrel
metodisui
di livelli
barriera
b Descritto
in precedenza da Arab-Alameddine M,
et al. (Clin Pharmacol Ther 2009; 85:485-94) nello studio
plasmatici di efavirenz.
c Descritto
in precedenza
da Rotger M, et al. (Circ Cardiovasc
Genet 2009; 2:621-8).
I numeri indicano
gli scorediottenuti
rispettivamente
addizionando
10
EFV
o NVP/
=
=
PK ed efficacia
MPA non
alterate
e sottraendo
il numero delle varianti
alleliche del rischio e le varianti alleliche protettive.
medrossiprogesterone
im
dalla cosomministrazione di NNRTI
d Descritto in precedenza da Lubomirov R, et al. (Pharmacogenet Genomics 2010; 20:217-30) nello studio sui livelli plasmatici di lopinavir;
11
NNRTI/ulipristal
CYP3A4
Non ci sono dati di PK disponibili:
i pazienti con punteggio -2 mostrano livelli plasmatici inferiori, quelli con punteggio + 2 livelli plasmatici superiori al rispetto al punteggio 0.
bPI/ulipristal
bEVG/ulipristal
potenzialmente
$ ulipristal
[Interazioni farmacologiche. A cura di Andrea Calcagno]
CYP1A2
CYP2D6
cautela perché potrebbe essere ridotta
la contraccezione d’emergenza
NR
NN
PI/
IN
CC
PI/r/citalopram
PI/r/escitalopram
? # CITALO
= ESCITALO
CYP2C19
CYP2D6/CYP3A4
6
DRV/r/paroxetina
fAPV/r/paroxetina
$ PAROXE
?
7
PI/r/fluoxetina
? # RTV AUC
CYP2D6
CYP2C9
Usare se necessario
(riportati effetti collaterali in corso di coutilizzo)
8
DRV/r/sertralina
EFV/sertralina
$ SERTRA
CYP2B6
Titolare la dose di sertralina
9
PI/r/olanzapina
$ OLANZA
CYP1A2
UGT1A4
Titolare la dose di olanzapina
10
ATV/r/quetiapina
? # QUETIA
CYP3A4
Effetti collaterali in corso di coutilizzo:
iniziare con la dose più bassa di quetiapina
35
AZATIOPRINA
CICLOSPORINA
MICOFENOLATO
TACROLIMUS
SIROLIMUS
NRTI
NRTI
Si?
EFV
NVP
ETV
RPV
?12
?12
?12
?12
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si
DOSE13
DOSE?
DOSE?
DOSE?
Si
TDM15
TDM15
SI?
SI?
Si
DOSE16
DOSE?
DOSE?
DOSE?
Si
TDM18
TDM18
TDM18
TDM18
NRTI
NNRTI
PI/r
fAPV/r
LPV/r
ATV/r
DRV/r
RAL
bEVG
MVC
?12
?12
?12
?12
Si?
?12
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
DOSE14
DOSE14
DOSE14
DOSE14
Si
DOSE14
SI?
TDM15
TDM15
TDM15
TDM15
Si
SI?
SI?
DOSE17
DOSE17
DOSE17
DOSE17
Si
DOSE17
SI?
TDM18
TDM18
TDM18
TDM18
Si18
TDM18
TDM18
PI/r
INSTI
CCR5I
NNRTI
HIV
IDROSSIUREA
top five
Tabella 5. Immunomodulanti e immunosoppressori
editoriale
Titolare la dose di paroxetina
INI
CCR5I
VIRUS
Interazioni farmacologiche
Iniziare con la dose più bassa di citalopram.
Iniziare con la dose normale di escitalopram
NRT
EFV
NV
ETV
RPV
fAP
LPV
ATV
DRV
RAL
bEV
MV
EPATITICI
5
# o $ idrossiurea
CYP3A4?
Non sono disponibili dati di PK (concentrazioni potenzialmente
aumentate con bPI e bEVG e ridotte con NNRTI):
attenzione a effetti collaterali (epatotossicità!)
13
EFV/ciclosporina
$ ciclosporina
= EFV
CYP3A4
Monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche
di ciclosporina più frequente e aumento di dose
# ciclosporina
# LPV
Per il dettaglio delle interazioni, vedi Tabella
# RTV 2
CYP3A4
Monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche di ciclosporina
più frequente e riduzione di dose
Con LPV/r dose di ciclosporina ridotta del 5-75% (e LPV e RTV AUC #)
UGT1A9
Non sono disponibili dati PK (concentrazioni potenzialmente alterate di micofenolato)
14
bPI e bEVG/
ciclosporina
15
bPI/micofenolato
# o $ micofenolato
Gestione clinica
Note: ABCB1:
ATP-binding cassette, membro 1 della sottofamiglia
ABCC2 edelle
4 ATP-binding
cassette
dei membri
2 e 4 della
NNRTI/micofenolato
UGT2B7B (MDR/TAP);
Monitoraggio
concentrazioni
plasmatiche
di micofenolato
più frequente
sottofamiglia C; APOA5: apolipoproteina A5: ATV: atazanavir;
CETP: proteina di trasferimento degli
del colesterolo;
UGT1A8
Con NVPesteri
lieve riduzione
di NVP AUCCYP2A6,
(13%) 2B6 e 3A4:
citocromo p450 2A6, 2B6 e 3A4; DOCK7: fattore 7 dedicato alla cinesi cellulare; EFV efavirenz; GCKR: regolatore della glucochinasi;
16 complesso
EFV/tacrolimus
lieve
CYP3A4 NR1/2: membroMonitoraggio
concentrazioni
plasmatiche
di tacrolimus
HCP5:
P5 dell’HLA; LPL: lipoprotein-lipasi;
LPV: lopinavir;
2 del gruppodelle
1, della
sottofamiglia
1 dei recettori
nucleari;
tacrolimus
più TDF:
frequente
e aumento di dose
SLCO1B1: membro 1b1 della famiglia $dei
trasportatori anionici organici dei trasportatori dei soluti;
tenofovir;
TR1B1:
UGT1A1: polipeptide
A1 della famiglia 1 Monitoraggio
della gluocoronosiltransferasi
17 gene
bPI eomologo
bEVG/ 1 della Drosophila;
# tacrolimus
CYP3A4
delle concentrazioniUDP.
plasmatiche di tacrolimus
b Descritto in precedenza da Arab-Alameddine M, et al. (Clin Pharmacol Ther 2009; 85:485-94) nello studio sui livelli plasmatici di efavirenz.
NNRTI/micofenolato
e riduzione di dose. Con bPI dose di tacrolimus
c Descritto in precedenza da Rotger M, et al. (Circ Cardiovasc Genet 2009; 2:621-8). I numeri indicano gli score ottenuti rispettivamente addizionando
ridotta fino al 97% (ma imprevedibile a priori: TDM!)
e sottraendo il numero delle varianti alleliche del rischio e le varianti alleliche protettive.
18
ARV/sirolimus
#
o
$
sirolimus
CYP3A4
Non
sono
disponibili
dati PK (concentrazioni potenzialmente alterate di sirolimus)
d Descritto in precedenza da Lubomirov R, et al. (Pharmacogenet Genomics 2010; 20:217-30) nello
studio sui livelli plasmatici di lopinavir;
Monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche di sirolimus più frequente
i pazienti con punteggio -2 mostrano livelli plasmatici inferiori, quelli con punteggio + 2 livelli plasmatici superiori al rispetto al punteggio 0.
Un case report di sicurezza nell’utilizzo con lamivudina/abacavir e raltegravir
in un trapianto di rene
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
Interazioni
farmacologiche
Meccanismo
ARV/idrossiurea
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Effetti PK
12
congress
report
Tabella 6. Dettaglio delle interazioni tra ARV e farmaci immunomodulatori; effetto su profilo farmacocinetico,
meccanismo e gestione clinica dell’interazione
highlights
“Le interazioni con i farmaci immunomodulanti, compresi gli immunosoppressori,
sono caratterizzate da un elevato grado di complessità, dalla frequente presenza di
Xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
molecole con attività differenti e da compromissione
d’organo,
come nei
trapianti”
top five
I numeri
Contraccettivi orali con almeno 30 ug di etinilestradiolo e norgestimate come progestinico;
altri progestinici (desogestrel, etonogestrel, drosipirenone) non studiati. Farmaci che hanno dimostrato di non alterare le concentrazioni degli anticoncezionali sono NRTIs, rilpivirina,
etravirina, maraviroc e raltegravir. Studi su cerotti, anelli vaginali, impianti sottocutanei e iniezioni intramuscolari hanno dati limitati e se ne consiglia l’utilizzo con cautela
5
PI/r/citalopram
PI/r/escitalopram
? # CITALO
= ESCITALO
CYP2C19
CYP2D6/CYP3A4
6
DRV/r/paroxetina
fAPV/r/paroxetina
$ PAROXE
?
7
PI/r/fluoxetina
? # RTV AUC
CYP2D6
CYP2C9
Usare se necessario
(riportati effetti collaterali in corso di coutilizzo)
8
DRV/r/sertralina
EFV/sertralina
$ SERTRA
CYP2B6
Titolare la dose di sertralina
9
PI/r/olanzapina
$ OLANZA
CYP1A2
UGT1A4
Titolare la dose di olanzapina
10
ATV/r/quetiapina
? # QUETIA
CYP3A4
Effetti collaterali in corso di coutilizzo:
iniziare con la dose più bassa di quetiapina
top five
HIV
editoriale
36
VIRUS
EPATITICI
top five
Interazioni
farmacologiche
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
congress
report
Interazioni farmacologiche
Titolare la dose di paroxetina
Tabella 7. Chemioterapici antineoplastici
NRTI
NNRTI
PI/r
INSTI
highlights
Iniziare con la dose più bassa di citalopram.
Iniziare con la dose normale di escitalopram
CCR5I
BLEOMICINA
PLATINO
CICLOFOSFAMIDE
DOXORUBICINA
ETOPOSIDE
METOTREXATO
VINCRISTINA
VINBLASTINA
Si?
Si?22
Si?
Si?
Si?
SI?22
Si?
NR
EFV
NVP
ETV
RPV
fAPV/r
LPV/r
ATV/r
DRV/r
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
?
?20
?20
?20
?20
?20
?20
?20
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
SI?
SI?21
SI?21
SI?21
SI?21
SI?21
SI?21
SI?21
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
?
?
?
?
No23
No23
No23
No23
NN
RAL
bEVG
MVC
Si?
Si?
Si?
Si?
SI?19
Si?
Si?
?20
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
SI?21
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
Si?
IN
NRTI
20
21
“I dati sui chemioterapici sono limitati della possibilità di studiare in fase II
le interazioni a causa degli effetti collaterali”
Tabella 8. Dettaglio delle interazioni tra ARV e farmaci chemioterapici antineoplastici; effetto su profilo
Xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
farmacocinetico, meccanismo e gestione clinica dell’interazione
Effetti PK
Meccanismo
Gestione clinica
Le Linee Guida italiane consigliano per la gestione terapeutica in corso di chemioterapia: monitorare intensivamente la tossicità (e specificamente renale se TDF nel regime).
Evitare AZT, ddI e d4T. Evitare bPI. Evitare MVC (in assenza di studi di PK). Utilizzare regimi a base di RAL o DGV. Non utilizzare la bilirubina per ridurre la dose
degli antiblastici a metabolizzazione epatica (con ATV)
19
Cobicistat/derivati
platino
# platino?
MATE-1
Interazione potenziale: inibendo COBI MATE-1: # platino
Attenzione a effetti collaterali
20
NNRTI/ciclofosfamide
bPI/ciclofosfamide
$ ciclofosfamide
# ciclofosfamide
CYP2B6
CYP3A4
Non disponibili dati PK
Attenzione a effetti collaterali
21
NNRTI/etoposide
bPI/etoposide
$ etoposide
# etoposide
CYP3A4
UGT1A1
Non disponibili dati PK
Attenzione a effetti collaterali
22
TDF/cisplatino
# cisplatino?
OAT1
MRP4
23
bPI e bEVG/vincristina
# vincristina
CYP3A4
Per il dettaglio
delle interazioni, vedi Tabella
2
TDF/metotrexato
# metotrexato?
Non disponibili dati PK
Attenzione a effetti collaterali e alla funzionalità renale
Evitarne l’utilizzo o valutare la riduzione
Note: ABCB1: ATP-binding cassette, membro 1 della sottofamiglia B (MDR/TAP); ABCC2 e 4 ATP-binding cassette dei membri 2 e 4 della
e vinblastina
# vinblastina
CYP3A5
di dose degli alcaloidi della vinca
sottofamiglia C; APOA5: apolipoproteina A5: ATV: atazanavir; CETP: proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo; CYP2A6, 2B6 e 3A4:
PgP
(tossicità ematologica e neurologica)
citocromo p450 2A6, 2B6 e 3A4; DOCK7: fattore 7 dedicato alla cinesi cellulare; EFV efavirenz; GCKR: regolatore della glucochinasi;
HCP5: complesso P5 dell’HLA; LPL: lipoprotein-lipasi; LPV: lopinavir; NR1/2: membro 2 del gruppo 1, della sottofamiglia 1 dei recettori nucleari;
*Linee Guida Italiane sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1; Novembre 2013.
SLCO1B1:
membro delle
1b1 della
famiglia
trasportatori
trasportatori
dei soluti;
TDF: tenofovir;
Data la complessità
interazioni
e ladei
numerosità
delle anionici
molecoleorganici
implicatedei
si rimanda
a Mounier
N, Kaltama
C, Castagliola D, et al. Drug interactions
TR1B1:
omologo 1
della
Drosophila;
UGT1A1:
polipeptide
A1
della famiglia
della practice.
gluocoronosiltransferasi
betweengene
antineoplastic
and
antiretroviral
therapies:
implications
and
management
for 1
clinical
Critical Reviews UDP.
in Oncology/Hematology 2009;
b72:10-20
Descritto einaprecedenza
da Arab-Alameddine M, et al. (Clin Pharmacol Ther 2009; 85:485-94) nello studio sui livelli plasmatici di efavirenz.
www.hiv-druginteractions.org.
c Descritto in precedenza da Rotger M, et al. (Circ Cardiovasc Genet 2009; 2:621-8). I numeri indicano gli score ottenuti rispettivamente addizionando
e sottraendo il numero delle varianti alleliche del rischio e le varianti alleliche protettive.
d Descritto in precedenza da Lubomirov R, et al. (Pharmacogenet Genomics 2010; 20:217-30) nello studio sui livelli plasmatici di lopinavir;
i pazienti con punteggio -2 mostrano livelli plasmatici inferiori, quelli con punteggio + 2 livelli plasmatici superiori al rispetto al punteggio 0.
“Nei pazienti con HIV trattati contemporaneamente con antiretrovirali
e antineoplastici, è possibile osservare lo sviluppo di eventi
indesiderati gravi e frequenti”
[Interazioni farmacologiche. A cura di Andrea Calcagno]
PI
CC
37
Nuove terapie
per l’EPATITE CRONICA C
Focus sulle nuove combinazioni
HIV
A cura di Alessia Ciancio, Mario Rizzetto SCDU Gastroenterologia, AO Città della Salute e della Scienza di Torino
editoriale
Studi recenti consolidano il ruolo terapeutico di daclatasvir utilizzato insieme a sofosbuvir in un trattamento tutto orale, pangenotipico, tollerato ed
efficace sia nei naive che nei non responder alla
triplice terapia; sul fronte della terapia IFN-free
emergono i risultati di una innovativa combinazione di antivirali (ABT-450, ABT-333, ABT-267) nei
pazienti HCV1 naive e non responder.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
2
3
4
12
24
12
Pazienti
16
16
16
18
15 (94%)
0
0
1
1
“Promettenti risultati per daclatasvir
+ asunaprevir + BMS-791325”
Lo studio dimostra lo spettacolare successo di un trattamento
tutto orale, pangenotipico, ben tollerato, efficace sia nei pazienti prima non trattati che in quelli che non hanno risposto
alla triplice terapia con telaprevir/boceprevir; ottima la risposta anche nel genotipo 3 finora il più resistente a SOF.
Lo studio fornisce anche la prova al concetto che DCV e SOF
sono efficaci indipendentemente da resistenze suscitate da telapravir/boceprevir. La combinazione DCV + SOF è dunque
il battistrada alla tanto attesa terapia IFN-free; tuttavia non affronta pur essa il problema cruciale della terapia nei cirrotici,
soprattutto in quelli con malattia avanzata e sintomatica.
Il competitore più probabile nell’immediato futuro sarà la
combinazione SOF con ledipasvir, i cui risultati preliminari
sono simili; quest’ultima combinazione avrà verosimilmente
un vantaggio commerciale. Il 17 gennaio 2014 sofosbuvir
è stato approvato nell’Europa del Nord. Contemporaneamente il CHMP (European Medicines Agency) ha autorizzato l’uso compassionevole di DCV.
Una seconda modalità di IFN-free therapy è quella basata
sulla combinazione di più farmaci: in un elaborato studio (3)
517 pazienti, non cirrotici, naive o non-responder alla duplice terapia con Peg-IFN e ribavirina, sono stati suddivisi in
top five
14 (88%)
Interazioni
farmacologiche
Recidiva virologica
Sax P et al, Lancet 2012
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
SVR24
15 (94%) 16 (89%)
congress
report
SVR12
EPATITICI
1
24
VIRUS
Gruppo
Durata terapia settimane
top five
Tabella 1. Risultati della terapia DCV+ASV+BMS-791325
highlights
Daclatasvir (DCV) è un inibitore del complesso replicativo
NS5A dell’HCV; possiede una potente attività antivirale e
un ampio spettro genotipico.
Un primo studio (1) ha considerato in pazienti HCV1 naive
senza cirrosi, DCV insieme ad asunaprevir (inibitore della
proteasi NS3) ed a BMS-791325 (inibitore non nucleosidico dell’NS5 B). Sono stati trattati 66 pazienti; tutti hanno
ricevuto DCV (60 mg al giorno) e asunaprevir (200 mg due
volte al giorno).
16 pazienti (gruppo 1) e altri 16 pazienti (gruppo 2) hanno
anche ricevuto BMS-791325 alla dose di 75 mg due volte al
giorno per 12 o per 24 settimane rispettivamente; 16 pazienti (gruppo 3) e 18 pazienti (gruppo 4) hanno anche ricevuto BMS-791325 alla dose di 150 mg per 12 o per 24
settimane rispettivamente. La risposta virologica sostenuta
(SVR) è stata raggiunta in 61 pazienti (92%) (tabella 1).
Hanno risposto allo stesso modo sia i trattati per 12 settimane
che i trattati per 24 settimane. La risposta è risultata indipendente dal genotipo 1a o 1b e dal polimorfismo dell’IL 28B.
La tolleranza è stata ottima; nessun paziente ha interrotto la
terapia. Le reazioni più comuni sono state la cefalea, l’astenia ed i sintomi gastrointestinali.
Malgrado i promettenti risultati, questa combinazione non è
stata al momento perseguita dall’azienda che lo produce;
l’attenzione si è rivolta invece alla combinazione di DCV
con sofosbuvir (SOF) (2), farmaco ormai convalidato, nel
proposito di combinare due potenti farmaci complementari
nella loro attività antivirale.
Sono stati arruolati 219 pazienti non cirrotici sia naive che
non-responder a precedente triplice terapia con boceprevir
e telaprevir, 131 di genotipo 1a, 34 di genotipo 1b, 26 di
genotipo 2 e 18 di genotipo 3. Sono stati trattati 211 pazienti. La maggioranza ha ricevuto SOF alla dose di 400
mg al giorno e DCV alla dose di 60 mg per 24 settimane;
parte dei pazienti ha ricevuto un “polso” iniziale di 7 giorni
di SOF, parte ha ricevuto anche RBV; parte dei naive ha ricevuto la terapia solo per 12 settimane (tabelle 2 e 3).
Nuove terapie per l’epatite cronica C
38
SVR24 = Risposta virale sostenuta alla 24a settimana post-terapia; s = settimane
HIV
editoriale
Tabella 2. SVR24 naive genotipo 2 e 3
DCV+
SOF
24s
DCV+
SOF+RBV
24s
N° trattati
16
14
14
SVR
88%
100%
93%
Naive
Non responder a triplice con BOC/TVR
SOF 7 gg DCV+ DCV+
DCV+
DCV+
SOF+DCV SOF SOF+RBV SOF+RBV SOF
23s
24s 24s
12s
24s
N°trattati 15
14
SVR
100% 95%
93%
15
DCV+
SOF+RBV
12s
41
21
20
93%
100%
95%
SVR24= Risposta virale sostenuta alla 24a settimana post-terapia; s = settim
33
14 sottogruppi di trattamento, e hanno ricevuto ABT-450 (ini+ ribavirina l’SVR 24 è variata dell’89% al 95% (figura 1). La
bitore della NS3/4 A proteasi) alla dose giornaliera di 100
tolleranza è stata buona; solo 8 pazienti (1%) hanno sospeso
oppure 150 oppure 200 mg insieme a ritonavir (R) 100 mg
la terapia per effetti collaterali. Le più frequenti manifestazioni
al giorno (ritonavir aumenta i livelli plasmatici e l’emivita di
avverse sono state astenia, insonnia, nausea e cefalea; nel 2%
Sax P et al, Lancet 2012
ABT-450 permettendone l’uso in monodose quotidiana); ABTdei pazienti vi è stato un aumento della bilirubina totale.
Modificata
da Zolopa A,aSaxribavirina
PE, DeJesus E, et al, JAIDS 2013
450 è stato dato insieme ad ABT-267, inibitore di NS5A opLa triplice terapia data per 12 settimane
insieme
pure insieme a ABT-333, inibitore non-nucleosidico della
appare ottimale per i pazienti HCV1 sia naive che non-reNS5B polimerasi oppure in triplice combinazione con ensponder; tuttavia rimane sempre l’incognita della cirrosi, non
trambi. I protocolli terapeutici sono stati dati per 8, 12 o 24
essendo stati inclusi questi pazienti nello studio.
settimane. Tutti i gruppi eccetto uno,
hanno ricevuto anche ribavirina.
Figura 1. Percentuali di risposta virologica sostenuta (SVR) alla 24a settimana
I risultati di questo protocollo hanno diA: Pz non trattati precedentemente
B: Pz senza risposta alla precedente terapia
mostrato percentuali di SVR dal 83% al
96
95
93
89
91
100
89
89
100 88
83
100% nei vari sottogruppi.
80
80
Nei pazienti naive trattati in triplice con
ABT-450/r + ABT-267 + ABT-333,
60
60
l’SVR24 stata del 88% nel sottogruppo
40
40
trattato per 8 settimane e del 95% nel
20
20
sottogruppo trattato per 12.
Nei pazienti non-responder a Peg-IFN
0
0
Risposta virologica sostenuta
(% di pazienti)
top five
VIRUS
EPATITICI
top five
Interazioni
farmacologiche
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
congress
report
highlights
SOF 7 gg
SOF+DCV
“Dimostrato il successo della combinazione daclatasvir + sofosbuvir
nei pazienti naive e nei pazienti non responder a TVR/BOC”
Null Responder
31
Tabella 3. SVR12 e SVR24 genotipo 1
1
“Conferme per
5
ABT-450/r +
ABT-267 + ABT-333”
2
3
4
5
6
Gruppo (N=80) (N=41) (N=79) (N=79) (N=79) (N=80)
ABT-450/r+ABT-333+
ABT-267+RBV
ABT-450/r+
ABT-333+RBV
7
8
9
Gruppo (N=45) (N=45) (N=43)
ABT-450/r+
ABT-267+RBV
ABT-450/r+
ABT-333+ABT-267
Il quadro A riporta i risultati nei pazienti naive (gruppo 1-6), il quadro B nei pazienti non-responder (gruppi 7-9).
La durata della terapia è stata di 8 sett. nel gruppo 1; di 12 sett. nei gruppi 2, 3, 4, 5, 7, 8; di 24 sett. nei gruppi 6 e 9.
Le barre I indicano gli intervalli di confidenza al 95%.
Riferimenti bibliografici:
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[Nuove terapie per l’epatite cronica C. A cura di Alessia Ciancio, Mario Rizzetto]
congress report
39
Con l’adesione del Presidente della Repubblica
orkshop
Milan, Italy Palazzo delle Stelline
January 30-31, 2014
Inflammation and chronic
hepatitis/HIV infections:
who is the driver?
Inflammation and chronic
hepatitis/HIV infections: who is the driver?
Scientific Coordinators
A. d’Arminio Monforte (Milan, I), C.F. Perno (Rome, I), M. Puoti (Milan, I)
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
Figura 1. Fallimento a raggiungere la risposta
correlata al recupero immunologico in corso di cART,
malgrado la consistente soppressione virale
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
>100 CD4+
>150 CD4+
>200 CD4+
>350 CD4+
>500 CD4+
0
1
2
3
4
5
Tempo dalla conta di CD4 pre-ART (anni)
O’Connor J et al, AIDS 2014
“Viremia
residua
associata
a ridotto
recupero
immunologico
e ad aumento
dei marker
infiammatori”
HIV
top five
VIRUS
EPATITICI
top five
P. Hunt e A. Landay hanno approfondito la relazione di causalità tra infiammazione e replicazione di HIV: è
uno stato pro-infiammatorio sistemico il
“primum movens” della replicazione virale o, viceversa, la replicazione virale
va considerata il motore principale dell’infiammazione? Landay ha mostrato
in vitro che la stimolazione cellulare con
citochine pro-infiammatorie determina
un aumento della replicazione di HIV.
Lederman ha evidenziato l’effetto in vitro
di IL-1β e di IL-6 nell’inficiare il sistema di
omeostasi T-linfocitaria mediata da IL-7.
I dati sul ruolo di traslocazione microbica (TM) e coinfezioni virali nell’infiammazione mostrano che l’uso di un
farmaco anti-CMV in pazienti in HAART
soppressiva si associa ad una significativa riduzione dell’immunoattivazione.
A proposito di TM, LPS in scimmie
ospiti naturali di SIV determina un aumento del milieu pro-infiammatorio e
della replicazione virale. Ancora, rifaximina/sulfasalazina in questi animali
-spegnendo la TM- riducono la replicazione virale. Se fino all’80% dei
pazienti in HAART virologicamente
“soppressiva” ha persistenti livelli di
replicazione di HIV a basso titolo, sia
la presenza di RNA virale a livello
delle cellule il principale correlato dell’immunoattivazione sistemica. La replicazione persistente di HIV sembrerebbe
avere comunque un ruolo nel sostenere
l’infiammazione/immunoattivazione in
corso di HAART (tabella 1).
C. Katlama ha illustrato i vantaggi dell’inizio della HAART nell’infezione primaria (stadio Fiebig III) nel preservare
il comparto CD4, ridurre il “serbatoio”
di HIV e l’immunoattivazione.
Interazioni
farmacologiche
Coinfezioni (CMV, HCV)?
Perdita di meccanismi immunologici regolatori?
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Traslocazione microbica?
congress
report
Replicazione di HIV a basso titolo?
Eccessiva produzione di interferone alfa?
“La replicazione persistente di HIV sostiene
infiammazione e
immunoattivazione in
corso di HAART”
Vire
Vire
highlights
Tabella 1. Cause di infiammazione
e immunoattivazione in corso di
HAART virologicamente soppressiva
Percentuale di pazienti che
raggiungono le soglie-chiave
I
n tema di immunoattivazione HIV-relata, l’immunoattivazione/infiammazione si associa negativamente
alla progressione clinica di HIV ed
alla risposta alla HAART. L’assetto infiammato in periferia si associa allo
sviluppo di condizioni patologiche in
corso di HAART.
In 143 pazienti in HAART soppressiva, M. Lederman ha mostrato come
marcatori infiammatori pre-ART, che
ha definito con l’evocativo termine di
“zuppa infiammatoria”, si associno in
maniera significativa a morte ed
eventi vascolari in corso di HAART.
Secondo G. Silvestri, la ricerca su primati non umani (NHP) permette lo studio di aspetti patogenetici a livello dei
singoli tessuti; e la sperimentazione di
approcci terapeutici “rischiosi”, difficilmente applicabili alla ricerca nell’uomo. Analizzando gli interventi
immuno-modulanti di “prima generazione”, condotti cioè in animali senza
terapia antiretrovirale (ciclosporina, anticorpi anti-TNFα, corticosteroidi, deplezione CD4/CD8), emerge la
necessità di disegnare strategie immunomodulanti di “nuova generazione”,
durante HAART efficace: probiotici in
associazione ad HAART mostrano efficacia nel contenimento dell’infiammazione e nel recupero dei CD4.
D. Douek ha presentato i risultati della
sperimentazione dell’inibitore del recettore dell’interferone (IFN1-ant) in
scimmie con infezione acuta da SIV;
l’ipotesi che lo spegnimento del signalling di IFN potesse ridurre l’infiammazione, migliorando l’outcome
è stata disattesa, con aumento di SIV
RNA, riduzione dei CD4, nessuna riduzione dell’immunoattivazione e aumentata mortalità.
editoriale
Milano, 30-31 gennaio 2014
congress HBV
report
Figura 2. Meccanismi responsabili dell’infezione
occulta da HBV
Disgregazione e
riorganizzazione
Deaminazione
dipendente
Ridotte proteine
e replicazione HBV
Deaminazione
indipendente
HIV
HCV
Schistosoma
mansoni
Coin
fezio
ne
zione
Integraomica
gen
contesti clinici,
tra cui la selezione dei paMetilazione
zienti candidabili
alla semplificaAcetilazione
zione del trattamento, nonché
nell’ambito delle
strategie terapeutiche volte a raggiungere lo stato di
cura funzionale dell’infezione da HIV.
Sono stati approfonditi i meccanismi
che sottendono la patogenesi delle
epatiti virali croniche. C. Ferrari ha
mostrato come la progressiva perdita
di funzionalità e ipo-responsività delle
cellule T sia il meccanismo alla base
della cronicizzazione dell’infezione
da parte del virus dell’epatite B. Ferrari ha concluso la sua relazione mostrando alcuni approcci terapeutici
futuri (basati sull’utilizzo di differenti
tipi di interferone, o di agonisti dei
Toll-like receptor in combinazione con
antivirali), per ripristinare a pieno la
funzionalità di queste cellule e consentire al sistema immunitario di prendere il sopravvento sul virus.
G. Raimondo e G. Taliani hanno affrontato la tematica dell’infezione occulta da HBV, nota per essere
correlata (nonostante i bassi livelli di
replicazione virale) a persistente rischio di progressione verso epatocarcinoma (soprattutto nei pazienti HCV
positivi) e a rischio di riattivazione dell’infezione nel contesto di trattamenti
immunosoppressivi.
APOBE
C
Infezione
occulta
da HBV
Complessi
immuni
HBV
Mancanza
di HBsAg
rilevabile
R
im ispos
osp mune ta
ite
HIV
top five
VIRUS
EPATITICI
top five
Interazioni
farmacologiche
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
congress
report
highlights
“Focus
sul ruolo
patogenetico
di HCV nelle
infezioni
occulte”
i
ion e
iaz tich
Var igene
ep
Katlama ha inoltre eseguito una completa disamina dei modelli di cura
funzionale di HIV, cioè controllo
spontaneo dell’infezione senza terapia: élite controllers e “post-treatment
controllers”; questi ultimi trattati in
corso di infezione primaria attualmente con controllo virologico a
circa 5 anni dalla sospensione dalla
terapia.
Sempre in campo HIV, è stato approfondito il ruolo della viremia residua di HIV nell’immunoattivazione:
A. Antinori ha mostrato come, nonostante l’efficacia delle attuali terapie
antiretrovirali, una quota consistente
di pazienti presenta una viremia residua che si associa ad un recupero
immunologico ridotto, un aumento
dei marcatori di infiammazione ed
un aumentato rischio di sviluppare
malattie metaboliche e/o complicazioni a lungo termine quali le malattie cardiovascolari (figura 1).
Diversi sono i fattori che determinano il livello di viremia residua. Tra
questi svolge un ruolo cruciale la penetrazione sub-ottimale dei farmaci
nei compartimenti corporei in cui il
virus replica. C. Rouzioux ha evidenziato l’importanza di ottimizzare una
metodica per quantificare il burden
di reservoir cellulari di HIV. Ad oggi,
sono utilizzate diverse metodiche
“home made” ancora non standardizzate per quantificare le diverse
forme di HIV DNA (totale, integrato,
1-LTR, 2-LTR) in differenti subset cellulari target di HIV.
Rouzioux ha focalizzato l’attenzione
sull’HIV DNA totale, la cui quantificazione richiede una metodica facilmente traslabile nella pratica
diagnostica quotidiana.
La quantificazione dell’HIV DNA rappresenta ad oggi una sfida: il quantitativo di HIV DNA correla, infatti, con
la progressione della malattia e potrebbe essere utilizzato in diversi
e
zion
Variadella
enza
sequ
editoriale
40
Vaccino Trattamento
indotto HBIG
Splicing
Pre S
mutante
Trattamento
associato
Cellule T Gene VDR
Immunosoppressione
Apoptosi
Samal J et al, Clin Microbid Rev 2012
Raimondo ha mostrato come nei pazienti con infezione occulta da HBV
che hanno sviluppato epatocarcinoma,
ricorra frequentemente l’integrazione
di una porzione genomica nota, comprendente il pre-core basal core promoter, che può aumentare i livelli di
espressione di oncogeni favorendo la
trasformazione neoplastica degli epatociti. Nell’ambito delle infezioni occulte, Taliani ha puntato l’attenzione
anche sull’epatite occulta da HCV, definita come “la rilevazione di HCV
RNA nel tessuto epatico o nelle cellule
mononucleate del sangue periferico
nel contesto di livelli di HCV RNA plasmatici non rilevabili”, aprendo la visione su un aspetto ancora poco noto
dell’epatite C, che potrebbe avere profonde ripercussioni dal punto di vista
patogenetico (figura 2).
Nell’ambito della coinfezione da HIV
con i virus epatitici, R. Bruno ha mostrato i fattori e i meccanismi patogenetici che regolano il danno epatico
nei pazienti coinfetti HIV/HCV. In particolare, è stata evidenziata la capacità della glicoproteina gp120 di HIV
di indurre la produzione di citochine
da parte delle cellule stellate, favo-
[Inflammation and chronic hepatitis/HIV infections: who is the driver? Milano 30-31 gennaio 2014]
congress report
41
Con l’adesione del Presidente della Repubblica
orkshop
Milan, Italy Palazzo delle Stelline
January 30-31, 2014
Inflammation and chronic
hepatitis/HIV infections:
who is the driver?
Scientific Coordinators
A. d’Arminio Monforte (Milan, I), C.F. Perno (Rome, I), M. Puoti (Milan, I)
C
C
Figura 3. Dicotomia funzionale delle cellule NK nei pazienti con infezione
cronica da HIV
10
p=0.009
CTRL
HCV
p=0.001
10
0
CTRL HCV
CTRL
HCV
CTRL
HCV
I pazienti HCV-positivi hanno un profilo
fenotipico di attivazione: ridotta percentuale
di cellule che esprimono il recettore inibitorio
KIR3DLI e concomitante aumento delle cellule
NKG2D(+).
I cambiamenti fenotipici sono associati a una
aumentata attività citolitica citochino-mediata,
accompagnata da una produzione difettiva di
citochine (ridotta espressione di IFNγ e TNFα)
IL2+IL21
p=0.010
CTRL HCV
0
HIV
0
CTRL HCV
top five
HCV
20
VIRUS
CTRL
Aumenta attività citotossica
60
IL2+IL12
Media
50
p=0.003
40
20
p=0.041
40
25
30
TNFα
editoriale
60
20
50
0
IFNγ
80
p=0.050
Modificato da Oliviero B et al, Gastroenterology 2009
Interazioni
farmacologiche
La fibrosi in una malattia recente è probabilmente pienamente reversibile,
mentre non lo è la fibrosi più datata,
caratterizzata da collagene, elastina,
matrice extracellulare densa e ridotta
espressione di metallo-proteinasi.
L’eradicazione virale può, però, ridurre
l’infiammazione e la fibrosi. V. Calvaruso ha sottolineato come l’SVR mediante terapia con IFN nell’infezione
sia associata a regressione della fibrosi
e a minor insorgenza di HCC.
A
0.10
Unità Metavir standard
lare è la sola soluzione, la più semplice
e la più rapida per cercare di conservare la continuità tissutale. La cirrosi è
un processo caratterizzato da fibrosi
diffusa, noduli di rigenerazione, architettura alterata e costruzione di shunt
vascolari intra-epatici. La regressione
della cirrosi è stata dimostrata in modelli animali ma non nell’uomo. In molti
casi c’è una reversione della fibrosi ma
le anomalie della vascolarizzazione
non regrediscono.
top five
“Nell’HCV la flogosi persistente è legata ad attività citotossica e ridotta produzione di IFNγ e IFNα delle cellule NK”
EPATITICI
p=0.012
75
-0.10
0.00
DNA copie per
x10 PBMC
100
Firmicutes,
21.2%
p=0.01
p=0.01
Proteobatteri, 53.9%
B
Modificato da Rogers GB90
et al, PLOSONE 2013
80
70
60
Altri
50
40
30
-0.20
-0.30
-0.40
congress
report
Attinomiceti,
17.4%
I campioni di liquido ascitico hanno
spesso esame colturale negativo
anche quando c’è una franca
infezione. Andando a ricercare
il DNA batterico con
pirosequenziamento e qPCR si è
invece rilevata un’abbondanza di
germi nell’84% dei campioni con
sostanziali differenze fra i pazienti.
Esistono correlazioni statisticamente
significative fra le popolazioni
batteriche riscontrate e indicatori
clinici quali la conta dei
polimonucleati nel liquido ascitico
100
e la classe di Child-Pugh
-0.50
-0.60
-0.70
highlights
Altri, 3.1%
ellule T CD4+CCR5+
“La TM
media
l’infiammazione in
un contesto
di 10000
flogosi
A
cronica”
Bacteroides, 4.4%
35%
rs16
C
p=0.00008***
rs26
Proporzione di pazienti (%)
Figura 4. Presenza di germi intestinali nel liquido
ascitico di pazienti cirrotici
1000
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
30
Produzione alterata di citochine
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
100
100
KIR3DL1
%
%
NKG2D
%
Fenotipo orientato verso l’attivazione cellulare
% CD107 cellule NK
rendo la progressione della fibrosi.
I meccanismi con cui HCV persiste all’interno dell’organismo sono ancora
poco chiari. M. Mondelli ha descritto
come l’HCV venga riconosciuto presto
dall’immunità innata, ma presenta proteine che interferiscono con le difese.
Le cellule NK sono polarizzate verso
un’attività citotossica ma con una ridotta
produzione di IFNγ e TNFα che porta
ad una flogosi persistente. L’immunità
adattativa si sviluppa lentamente.
Le cellule B giocano un ruolo marginale
anche se sono stati descritti anticorpi
neutralizzanti.
La risposta T è per lo più effimera e fugace, si esaurisce rapidamente ed è
presto sopraffatta da un virus a velocissima replicazione. L’esaurimento per
esposizione persistente ad alte concentrazioni antigeniche, uno sviluppo
difettivo delle cellule T memory e l’effetto inibitorio di alcune proteine virali
sono fattori importanti per la disfunzione T-cellulare. Tale attività difettiva
non viene recuperata dopo la guarigione (spontanea o farmacologica):
questo aspetto è responsabile della
mancanza di un’immunità protettiva
(figura 3).
I meccanismi che concorrono al mantenimento della flogosi cronica sono
molteplici: A. Gasbarrini ha mostrato
come la traslocazione microbica medi
l’infiammazione anche in questo contesto. Nella malattia epatica la permeabilità intestinale è alterata e
associata ad alterazioni della flora intestinale, il che rende possibile la migrazione di batteri e loro prodotti dal
lume intestinale. Il livello plasmatico di
endotossine è correlato con la severità
del danno epatico e partecipa al complesso meccanismo dell’evoluzione
della malattia epatica (figura 4).
L’infiammazione persistente è alla base
dello sviluppo della fibrosi (figura 5):
M. Pinzani ha descritto come la deposizione di matrice extracellulare fibril-
30%
25%
20%
15%
10%
5%
congress report
Figura 5. Processi immunologici che portano
alla deposizione di tessuto fibrotico
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
42
Modificato da Pinzani M et al, Front. Gastrointestinal Research 2010
F. Marra ha spiegato che la valutazione della fibrosi include diverse metodologie: marcatori sierici, misure
della stiffness e nuove tecniche di imaging. Tutti questi metodi sono efficaci
nella differenziazione degli stadi
estremi, ma non sono ottimali per la discriminazione fra gli stadi intermedi di
fibrosi.
Qual’è l’evoluzione della malattia di
fegato nel paziente coinfetto quando
si ottiene un controllo ottimale di HIV?
J. Rockstroh ha ricordato che un inizio
precoce della HAART e la conseguente
immunoricostituzione si sono rivelati
capaci di rallentare significativamente
la fibrosi. Il quadro istologico di pazienti coinfetti con HIV RNA non rile-
Riferimenti bibliografici:
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Al-Harthi L, et al. J Infect Dis. 1997 Nov; 176(5):1175-9.
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●
●
●
●
●
●
●
●
●
“Nella
malattia
epatica
l’infiammazione
persistente
è alla base
dello
sviluppo
di fibrosi”
vabile presenta minor flogosi di quello
dei soggetti con replicazione attiva.
Giulia Marchetti
Università degli Studi di Milano
Roberto Rossotti
Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano
Valentina Svicher
Università di Roma, Tor Vergata
Maldarelli F, et al. PLoS Pathog. 2007 Apr; 3(4):e46.
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[Inflammation and chronic hepatitis/HIV infections: who is the driver? Milano 30-31 gennaio 2014]
approfondimenti
43
Infiammazione e HIV: lo stato dell’arte
Figura 1. Omeostasi intestinale in assenza (A) e in presenza di infezione
da HIV (B)
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
TM: problematiche
di standardizzazione
U
n marcatore di TM è il lipopolisaccaride (LPS), componente
della parete dei batteri gram-negativi,
che induce attivazione immunitaria interagendo con il recettore Toll-like 4.
L’attivazione LPS-mediata, inoltre, coinvolge l’interazione di LPS con la proteina legante LPS (LBP) che trasferisce
LPS sul CD14 e porta alla produzione
di citochine pro-infiammatorie. L’eccesso di endotossine si traduce nel
consumo di anticorpi del core endotossinico (EndoCAb).
La TM viene valutata misurando i livelli
plasmatici di prodotti batterici, come
l’LPS, i frammenti di DNA, CD14 solubile (sCD14) un marker dei mono-
VIRUS
top five
EPATITICI
top five
associata all’iperattivazione immune,
alla linfopenia CD4+ ed alla progressione di malattia (5, 6): chi sviluppa una risposta discordante alla
HAART sembra mantenere livelli di
LPS significativamente più alti rispetto
a chi risponde in modo completo alla
terapia, supportando la presenza di
una correlazione negativa tra recupero di linfociti T CD4+ e livelli di
LPS dopo terapia HAART (7).
E’ sempre più evidente il coinvolgimento della TM nelle comorbidità
non-AIDS, quali la progressione
della patologia epatica, l’aterosclerosi, le patologie cardiovascolari e i
disturbi neurocognitivi (8-10).
E’ urgente, quindi, identificare approcci terapeutici che possano attenuare il fenomeno della TM e il suo
effetto sull’attivazione immune, con
lo scopo precipuo di migliorare la
prognosi e l’aspettativa di vita.
Interazioni
farmacologiche
“Il lipopolisaccaride, inducendo attivazione immunitaria,
è il principale marcatore di traslocazione microbica”
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
A: la parete intestinale è integra e i microrganismi commensali non passano nella circolazione sistemica.
B: c’è un danno della mucosa intestinale conseguente ad HIV, con passaggio in circolo di frammenti di
origine batterica e conseguente stimolazione del sistema immunitario.
Modificata da Merlini E et al, JoVE, 2011
congress
report
ra i tanti meccanismi alla base
dell’iperattivazione immunitaria
nell’infezione da HIV, un ruolo centrale è giocato dalla traslocazione
microbica (TM) (1), che nell’intestino
è definita come il passaggio non fisiologico della microflora gastrointestinale attraverso la barriera
epiteliale intestinale e la lamina propria, fino ad arrivare nella circolazione sistemica (2).
I batteri traslocanti ed i loro componenti stimolano il sistema immunitario innato attraverso la via dei
Toll-like receptors (TLR) (3), contribuendo alla produzione di citochine
pro-infiammatorie e, più in generale,
allo stato di immunoattivazione che
caratterizza l’infezione da HIV (4).
La figura 1 illustra l’omeostasi intestinale in presenza e assenza di infezione da HIV.
Il principale marcatore di TM è il lipopolisaccaride (LPS), componente
della parete dei batteri gram-negativi. E’ possibile rilevare in circolo
anche frammenti di DNA batterico,
sCD14, LPS-binding protein (LBP), EndoCAb e anticorpi contro flagellina.
Di recente anche i livelli plasmatici di
Fatty Acid Binding protein (I-FABP),
marcatore di danno degli enterociti,
sono stati usati per correlare la traslocazione microbica con il danno intestinale. Pazienti con infezione
cronica o già in AIDS si caratterizzano per livelli plasmatici di LPS significativamente più elevati rispetto
ai soggetti non infetti, indicando
un’aumentata TM, significativamente
HIV
T
highlights
Traslocazione microbica
nell'infezione da HIV
editoriale
Pubblichiamo una serie di contributi sui risultati più recenti ottenuti dagli studi di patogenesi e di ricerca
sull’immunoattivazione/infiammazione nell’infezione da HIV, a firma del gruppo di lavoro dell’Ospedale
San Paolo di Milano.
approfondimenti
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
44
“Un metodo alternativo
per misurare la TM è la
quantizzazione del gene
16S RNA microbiotico
nel plasma”
citi, la LBP ed EndoCAb (tabella 1).
In molti studi sCD14, LBP e IgM EndoCAb sono misurati nel plasma o nel
siero di pazienti da un test ELISA ed i
risultati sono generalmente riproducibili (5). Più problematica è l’individuazione dei livelli plasmatici di LPS:
è molto utilizzato il saggio Limulus
Amebocyte Lysate (LAL), che consente
la quantizzazione di LPS in riferimento
a una quantità nota di endotossina,
sebbene sia il benchmark a più alta
sensibilità, presenta limitazioni a
causa delle contaminazioni dei reagenti e della natura inibitoria di alcuni
componenti del plasma, che rendono
i risultati difficilmente riproducibili.
Per queste ragioni, ogni laboratorio
ha sviluppato diverse strategie di ottimizzazione (11).
Metodo alternativo per misurare la traslocazione microbica è la quantizzazione del gene 16S RNA microbico
(rDNA) nel plasma, la maggior parte
dei saggi convenzionali di PCR per
16S rDNA sono disegnati per la determinazione qualitativa di ampliconi
che possono essere analizzati per
identificare diverse specie batteriche:
recentemente sono state sviluppate
PCR Real-Time altamente sensibili che
puntano ad un’accurata quantizzazione (12).
Tuttavia, la quantizzazione del 16S
rDNA mediante Real-Time PCR è problematica a causa delle possibili con-
[Infiammazione e HIV: lo stato dell’arte]
Tabella 1. Principali marcatori di traslocazione microbica misurati in
plasma/siero di pazienti con HIV
Marcatori
Descrizione
Metodi
Limiti
Lipopolisaccaride
(LPS)
Componente della membrana
esterna dei batteri
gram-negativi
Limulus
Amoebocyte
Lysate (LAL)
test
Contaminazione dei
reagenti inibitori plasmatici.
Specifico solo per batteri
gram-negativi
CD14 solubile
(sCD14)
Proteina espressa da
monociti/macrofagi. La forma
solubile appare secreta
direttamente o indirettamente
tramite vescicole intracellulari
ELISA
test
Citochine pro-infiammatorie
come IFNα e IFNβ possono
aumentarne i livelli plasmatici
Proteina legante
lipopolisaccaride
(LBP)
Proteina di fase acuta che lega LPS
e lo presenta al CD14 e al Toll-like
receptor (TLR)-4
ELISA
test
Prodotta dagli epatociti,
influenzata dalla coinfezione
HCV/HBV
Anticorpi del core
endotossinico
(EndoCAb)
Anticorpi IgM, IgG e IgA diretti
contro gli antigeni del core di LPS
che neutralizzano l’attività di LPS
ELISA
test
In condizioni normali, quando LPS
va in circolo, questi anticorpi si legano
a LPS e il loro titolo diminuisce.
Quando i prodotti microbici sono
presenti cronicamente in circolo, i
livelli di EndoCAb risultano aumentati
come parte di una normale risposta
umorale alla stimolazione antigenica
Frammenti
batterici di DNA
Frammenti di DNA derivanti
dalla degradazione batterica
16S rDNA
PCR
Contaminazione dei reagenti (i.e. DNA
esogeno espresso in Taq polimerasi);
contaminazione campioni;
quantità di DNA batterico circolante
taminazioni da DNA esogeno o da
tracce di DNA nei reagenti: sono stati
perciò pubblicati diversi approcci per
ridurre la contaminazione da tenere in
considerazione ogni qualvolta si voglia standardizzare uno studio (13).
Ruolo delle cellule Natural Killer T nell’HIV
I
l prematuro invecchiamento del soggetto con HIV, suggerito dall’aumentata incidenza di comorbosità
non infettive tipiche dell’individuo anziano, è uno degli aspetti di maggior
impatto nella gestione clinica del paziente con HIV.
Nell’ultimo decennio diversi lavori si
sono concentrati sul ruolo delle cellule
Natural Killer T (NKT) nella patogenesi dell’infezione: esse intervengono
precocemente nella risposta immunitaria tramite il rilascio di citochine
pro- ed anti- infiammatorie (TNF-α,
IFN-γ, IL-4, IL-10) ed esprimono i corecettori CCR5 e CXCR4, rendendole
suscettibili all’HIV (14).
A conferma di ciò, il loro numero è
100
approfondimenti
χ2
P
Cellule NKT (% popolazione cellulare)
Ipertensione
12.373
0.371
0.0021*
0.8309
Iperlidemia
Diabete mellito
1.489
1.511
0.5235
0.4697
Fumo
Numero di fattori di rischio
5.713
11.942
0.0575
0.0026*
*Significativo
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
Modificata da Andoh Y et al, Coronary Artery Dis 2006
infezione da HPV è associata all’insorgenza di lesioni cutanee e
mucosali, che variano da forme benigne a maligne, e sono caratterizzate da genotipi a basso e ad alto
rischio oncogeno. La storia naturale
dell’infezione da HPV è influenzata
in gran parte dallo stato immunitario
dell’ospite (19).
Le particelle virali di HPV penetrano
nei nuclei delle cellule epiteliali sane
HIV
top five
VIRUS
EPATITICI
top five
Interazioni
farmacologiche
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
L’
congress
report
Cellule NKT
(% popolazione cellulare)
Cellule NKT
(% popolazione cellulare)
Tabella 2. Associazione significativa tra la prevalenza di NKT circolanti
e angina (analisi di regressione logistica)
highlights
tra il numero di cellule NKT e la presenza di angina nei pazienti colpiti
n.s.
40
40
**
da infarto (tabella 2), suggerendole
come marker di patologie cardiova30
30
scolari (17).
L’associazione tra cellule NKT ed al20
20
terazioni a carico del metabolismo
osseo è da chiarire visto l’esiguo nu10
10
mero di lavori scientifici, svolti per lo
più su modelli animali.
0
0
Di recente è stata dimostrata una reHIVNon trattati
HIV+
Trattati
golazione diretta dell’osteoclastogeModificata da Moll M et al, Eur. J Immunol 2009
nesi nel modello murino (18).
Interessante
sarà capire se lo stesso
“Una precoce introduzione della HAART permette
controllo venga esercitato anche nelun parziale recupero funzionale delle NKT” l’uomo.
In conclusione, per l’alterazione funfortemente depleto nel sangue perifezionale delle cellule NKT in corso di
duzione della tolleranza delle cellule
rico di pazienti naive.
infezione da HIV, e la loro implicadel sistema immunitario, sono stati riL’infezione altera in maniera imporzione della patogenesi di alcune coscontrati anche sulla superficie cellutante anche la loro funzione, ridumorbosità non infettive tipiche del
lare di cellule NKT in corso di
cendo la produzione di IL-4 e IFN-γ
paziente con HIV, è importante apinfezione da HIV (16).
di cccDNA nel topo coinfetto
(15).
profondirne
la caratterizzazione al
Data l’estrema varietà funzionalelivelli
di intraepatici
livelli intraepatici di cccDNA nel topo HBV monoinfetto
L’introduzione precoce della HAART
fine di un potenziale loro utilizzo
queste cellule, è stata indagata l’impermette un parziale recupero funcome target terapeutico.
plicazione delle cellule NKT nella gezionale delle cellule NKT (figura 2)
nesi di alcune patologie, tra le quali
che, in corso di infezione cronica,
quelle a carico del sistema cardiovamostrano una ridotta capacità proliscolare ed osseo: un’elevata proporferativa non corretta dalla HAART.
zione di NKT è stata descritta a livello
Ruolo dell’immunità speciIn accordo con tali dati, elevati livelli
dell’ateroma dei soggetti infartuati
fica nell’infezione da HPV
di PD-1, proteina fondamentale nel
senza HIV. Andoh et al. hanno dimobilanciamento tra l’attivazione e l’instrato un’associazione indipendente
Figura 2. Danno funzionale delle cellule NKT e mancato recupero dopo HAART
editoriale
45
approfondimenti
46
Tabella 3. Confronto dei livelli citochinici di IL-6 e IL-10 nella coinfezione
HIV/HPV rispetto alle monoinfezioni HIV e HPV (in pg/ml)
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
HIV+/HPV+ (N=29)
HIV+/HPV- (N=26)
HIV-/HPV+ (N=17)
HIV-/HPV- (N=28)
IL-6
22.99
3.67
5.78
5.33
IL-10
146.86
74.17
88.27
36.34
Guha D et al, Exp. Mol. Pathol. 2009
“HIV si associa a un decremento dell’immunità
cellulare che può aumentare la persistenza di HPV”
e qui replicano originando le lesioni.
In contemporanea, si instaura una risposta immune cellulo-mediata regolata da meccanismi dipendenti dai
linfociti T CD4 che può portare alla
scomparsa della lesione stessa. Anche
se i meccanismi sono ancora poco
chiari, in questo processo sembrano
essere coinvolti, inoltre, le cellule Natural Killer e i linfociti citotossici.
Nei soggetti con HIV, si è notato un
incremento nell’incidenza dell’infezione da HPV, tanto da considerare il
cancro della cervice nelle donne con
HIV una condizione clinica di diagnosi di AIDS.
L’infezione da HIV è associata ad un
decremento dell’immunità cellulare,
che può aumentare la persistenza di
HPV ad alto rischio e questo può predisporre la donna a displasia o cancro della cervice (20).
Ad oggi non è del tutto chiaro in che
modo l’infezione da HIV intervenga
nella patogenesi dell’infezione da
HPV.
Sono stati ipotizzati meccanismi di
interazione diretta fra i virus, oltre all’immunodepressione causata da
HIV, che riduce la risposta immune
cellulo-mediata e favorisce la persistenza dell’infezione da HPV.
L’infezione da HPV può alterare l’immunità e influenzare la produzione
locale di citochine.
Significanti livelli di IL-6 e IL-10 sono
stati osservati in pazienti con HIV. In
pazienti con la doppia infezione
HPV/HIV si è riscontrato solo l’aumento di IL-6. La presenza di HIV in
pazienti HPV può causare squilibrio
di livelli di citochine in situ che possono facilitare altre infezioni opportunistiche (21) (tabella 3).
La produzione da parte delle cellule
infette da HIV di citochine, come IL-6,
sembra vada a modulare l’espressione di geni di HPV nei cheratinociti
infetti. Inoltre, la proteina tat di HIV
sembra svolgere un’azione diretta sull’attività trasformante di HPV agendo
su sequenze regolatorie (22).
Data la relazione tra immunosoppressione indotta da HIV e infezione
HPV associata, il trattamento con terapia antiretrovirale altamente attiva
(HAART) riesce, attraverso la ricostituzione immunitaria dell’ospite, ad
alterare la storia naturale dell’infezione da HPV.
Tuttavia, i dati sull’impatto della
HAART nella malattia da HPV sono
scarsi e i risultati riportati sono ancora contrastanti (23).
“Data la relazione tra immunosoppressione indotta
da HIV e infezione da HPV associata, la HAART
riesce ad alterare la storia naturale di HPV”
[Infiammazione e HIV: lo stato dell’arte]
Danno neurocognitivo
e correlati immunologici
S
ebbene l’introduzione della terapia antiretrovirale di combinazione (cART) abbia sensibilmente
ridotto l’incidenza di demenza associata ad HIV (HAD), i disturbi neurocognitivi minori, quali il disturbo
neurocognitivo moderato (MND) e il
deficit neurocognitivo asintomatico
(ANI) sono aumentati (24-26).
Le cause alla base di tale fenomeno
restano ancora parzialmente oscure,
benchè sembra siano coinvolti processi quali l’effetto dannoso del virus
nel Sistema Nervoso Centrale (SNC)
esercitato prima dell’inizio della terapia, l’accelerata immunosenescenza
che caratterizza i pazienti con HIV,
un’inadeguata concentrazione di farmaco che può portare alla presenza
di bassi e costanti livelli di replicazione virale nel SNC, la neurotossicità
della cART, un incompleto recupero
immunologico e una persistente immunoattivazione intratecale sostenuta da
macrofagi locali e glia (27).
Nel tentativo di capire la patogenesi
di questi disturbi minori, è stato recentemente ipotizzato un modello in cui
l’attivazione immune in periferia, mediata dal sistema monocita/macrofagico, potrebbe avere un ruolo nel
sostenere il danno a carico del SNC,
probabilmente anche attraverso un’alterazione dell’integrità della barriera
emato-encefalica (BEE) (28).
I più recenti studi sono tuttavia giunti
a conclusioni contrastanti: in alcuni,
l’aumentata incidenza di HAD e
HAND è stata associata ad un basso
nadir CD4 (29), ad un aumento di
marcatori di attivazione del sistema
monocito/macrofagica
come
il
sCD14 e il sCD163, a maggiori livelli di traslocazione microbica (LPS),
Il limite
approfondimenti
Airoldi M, et al. 2012; Clin Devel Immunol
Pedersen KK, et al. 2013; JAIDS
Burdo TH, et al. 2013; AIDS
MCP-1, Rantes, IL-8, MIP-1 β
HIV DNA (reservoir)
Liquor
PBMC
NFL
Liquor
Kelder W, et al. 1998; Ann Neurol
Shiramizu B, et al. 2009; J Neuropsich
Clinic Neurosci
Valcour VG, et al. 2013; PlosOne
Gisslen M, et al. 2007; J Infec Dis
IP-10, IL-8
sCD14
Liquor
Liquor, plasma
Plasma
Plasma
Plasma
LPS
Yuan L, et al. 2013; J Neurovirol
Kamat A, et al. 2012; JAIDS
Lyong LJ, et al. 2011; JAIDS
Sun B, et al. 2010; J Neuroviral
Sun B, et al. 2010; J Neuroviral
Ancuta P, et al. 2008; PlosOne
MIP-1β: macrophage inflammatory protein β; MCP-1: monocyte chemotactic protein;
IL-6(-8): interleuchina -6 (-8); TNFα: Tumor Necrosis Factor alpha; TGF β: fattore di crescita trasformante β;
NFL: Neurofilament light polypeptide; P-10: proteina infiammatoria 10; LPS: lipopolisaccaride;
PBMC: cellule mononucleate del sangue periferico
nonché a maggiori livelli di reservoir
di HIV nelle cellule circolanti, ad ulteriore conferma del ruolo giocato dall’HIV stesso (tabella 4).
Altri studi, al contrario, non hanno
evidenziato correlazione alcuna tra
performance neurocognitiva e marcatori di immunoattivazione quali IL6, TNFα e HLA-DR+CD38+CD8+.
Questa mancanza di consenso sul
ruolo dell’immunoattivazione periferica
sembra indicare un coinvolgimento
marginale di questo compartimento
nella patogenesi dei deficit neurocognitivi minori in corso di infezione da
HIV, suggerendo la necessità di studiare in modo più approfondito il Sistema Nervoso Centrale.
Più forti sono, infatti, i dati che provengono da studi su liquido cefalorachi-
Riferimenti bibliografici:
1. Brenchley JM, et al. Nat Med. 2006; 12:1365-1371.
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15. Vasan S, et al. Int Immunol. 2007; 19:943-951.
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
HIV
MIP-1 β, MCP-1, IL-6, TNFα, IL-10, TGFb
Liquor, plasma
β2microglobulina, sottopopol. T linfocitarie; IL-6, TNFα Plasma, PBMC
sCD163
Liquor, plasma
diano, in cui si è vista una stretta associazione tra peggioramento della performance neurocognitiva e aumentati
livelli liquorali di indici di infiammazione/attivazione quali neopterina,
MCP-1, MIP-1β, sCD14, sCD163 e IL-6.
L’individuazione di marcatori solubili
plasmatici e/o liquorali, da associare
ai test neuropsicologici oggi disponibili
(30), potrebbe quindi essere di grande
Modificata da Andoh et al. Coronary Artery Dis 2006
ausilio nella pratica clinica, permettendo una più rapida e precisa identificazione dei pazienti maggiormente a
rischio di danno neurocognitivo.
top five
Gisslen M, et al. 2009; BMC Neurol
VIRUS
Hagberg L, et al. 2010; AIDS Res Ther
Liquor
EPATITICI
Liquor
Amiloide, TAU
top five
Neopterina
Matteo Basilissi,
Giusi Maria Bellistri,
Esther Merlini
Dipartimento di Scienze della Salute,
Clinica di Malattie Infettive
Interazioni
farmacologiche
Referenza
e Tropicali, Ospedale San Paolo,
Università di Milano
16. Moll M, et al. Eur J Immunol. 2009; 39:902-911.
17. Andoh Y, et al. Coronary Artery Dis. 2006; 17:523-528.
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20. Elit L, et al. Gynecol. Oncol. 2005; 98:151-4.
21. Guha D, et al. Exp Mol Pathol. 2009; 86:65-8.
22. Vernon SD, et al. Virus Res. 1993; 27:133-45.
23. Heard I, et al. Antivir Ther. 2004; 9:13-22.
24. Heaton RK, et al. J. Neurovirology. 2011; 17:3-16.
25. Spudich S. Curr HIV/AIDS Rep. 2013; 10:235-243.
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27. Gannon P, et al. Curr Opin Neurol. 2011; 24:275-83.
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29. Munoz-Moreno JA, et al. AIDS Res Hum Retrov. 2008; 24:1301-7.
30. Meyer AC, et al. Neuroepidemiology. 2013; 41:208-16.
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Distretto
congress
report
Marcatori
“Marcatori di
infiammazione
liquorale e plasmatica
insieme al test NP
per identificare i
pazienti a rischio
di neuroAIDS”
highlights
Tabella 4. Elenco dei principali marcatori di attivazione/infiammazione
studiati su liquor e plasma in pazienti con HIV
editoriale
47
highlights
48
highlights
VIRUS
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
Nuovo Network italiano
sull’infezione acuta da HIV
Negli ultimi anni la ricerca clinica
italiana nel campo dell’infezione da
HIV è stata caratterizzata da ottimi
risultati grazie anche all’aumentata
capacità di collaborazioni tra i centri, lo studio ICONA è il più brillante esempio di questa filosofia.
Nella prospettiva di sviluppare ulteriormente gli studi collaborativi, è
stato ideato INACTION, Italian Network ACuTe HIV InfectiON, con
l’obiettivo di raccogliere informazioni cliniche e biologiche dei casi
di infezione acuta da HIV osservati
nel maggior numero Centri di Malattie Infettive italiani (figura 1).
Focus su diagnosi
e terapie
Perché l’infezione primaria? La definizione di infezione primaria da HIV1 (primary HIV infection, PHI), si
riferisce al periodo compreso tra l’infezione e la positivizzazione del test
anticorpale, cioè la piena sieroconversione confermata mediante western blot.
L’elevata carica virale presente nel
sangue e nelle secrezioni genitali
rende i pazienti che attraversano questa fase a maggior rischio di trasmissione dell’infezione: ciò è aggravato
dal fatto che spesso le manifestazioni
Figura 1. I Centri partecipanti
Luca Butini
AOU Ospedali Riuniti di Ancona
Stefania Piconi, Stefano Rusconi
AOU L. Sacco, Milano
Benedetto Maurizio Celesia
ARNAS Garibaldi, Catania
Carlo Torti
Az. Osp. Mater Domini, Catanzaro
Diego Ripamonti
Az. Osp. Papa Giovanni XXIII, Bergamo
Giulia Marchetti
Az. Osp. Polo Universitario San Paolo, Milano
Emanuele Focà
Az. Osp. Spedali Civili, Brescia
Roberto Gulminetti
Fond. IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia
Adriana Ammassari
INMI L. Spallanzani IRCCS, Roma
Antonio Di Biagio
IRCCS Az. Osp. Universitaria San Martino
IST, Genova
Andrea Calcagno
Ospedale Amedeo di Savoia, Torino
Giuseppe Orofino
Ospedale Amedeo di Savoia, Torino
Giordano Madeddu
Ospedale Civile SS Annunziata, Sassari
Andrea Gori, Alessandra Bandera,
Antonio Muscatello
Ospedale San Gerardo, Monza
Sergio Lo Caputo
Ospedale Santa Maria Annunziata, Firenze
Giuseppe Tambussi, Stefania Chiappetta,
Silvia Nozza, Manuela Pogliaghi, Marco Ripa
Ospedale San Raffaele, Milano
Marzia Garau
Ospedale SS Trinità, Cagliari
Federica Carli
Policlinico di Modena
Gabriella d‘Ettorre
Policlinico Umberto I Università
La Sapienza, Roma
Antonella Cingolani
Policlinico Universitario A. Gemelli, Roma
Saverio Parisi
Università degli Studi di Padova
[Nuovo Network italiano sull’infezione acuta da HIV]
Italian Network ACuTe HIV InfectiON
dell’infezione primaria non costituiscono un sintomo d’allarme per il paziente, che non ha quindi la
percezione di essere stato infettato.
La sintomatologia da infezione primaria da HIV ha una insorgenza
acuta da 4 giorni a 4 settimane
dopo l’esposizione. La durata dei
sintomi è variabile ma solitamente
compresa tra 1 e 3 settimane; la sindrome acuta retrovirale (acute retroviral syndrome, ARS), caratterizzata
da piressia, rash, malessere, stanchezza, artralgie, faringite, cefalea
e linfadenopatia è contemporanea
all’insorgenza della risposta immu-
highlights
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
Un’opportunità unica
di intervento
Considerato il numero esiguo di pazienti con infezione acuta diagnosticati, il nuovo progetto consentirebbe
di creare un network che potrebbe essere non solo di grande aiuto per sviluppare approcci diagnostici e
terapeutici omogenei di pratica clinica
da mettere a disposizione della comunità infettivologica nazionale, ma
anche di operare attivamente in un
contesto internazionale attraverso progetti e studi collaborativi.
In considerazione dello spirito che
anima il progetto, non sono previsti
particolari finanziamenti e sia i centri aderenti che la segreteria organizzativa che si occupa degli aspetti
logistici e organizzativi, metteranno
inizialmente a disposizione risorse
interne per le fasi di sviluppo del
programma.
Lo spirito e gli obiettivi del Network
INACTION sono stati discussi a Milano presso il Palazzo delle Stelline,
sede del Convegno Internazionale
“Inflammation and chronic hepatitis/HIV infections: who is the driver?”,
che ha visto la partecipazione di infettivologi provenienti da 21 centri di
malattie infettive, provenienti dalla
quasi totalità delle regioni italiane.
E’ in fase di costruzione un sito
(www.inactionstudygroup.it), attraverso il quale i partecipanti al network,
potranno accedere ai documenti degli
studi (dopo login), ma vi sarà anche
una parte pubblica, con informazioni
riguardo ai centri e agli studi in corso.
Il prossimo incontro di INACTION è
previsto nell’ambito di uno dei più importanti meeting italiani che riguardano malattie infettive e HIV, la VI
Italian Conference on AIDS and Retroviruses (ICAR), che si svolgerà a
Roma dal 25 al 27 maggio 2014.
Andrea Gori
editoriale
HIV
top five
VIRUS
UO Malattie Infettive,
AO San Gerardo, Monza
Giuseppe Tambussi
Divisione di Malattie Infettive,
IRCCS San Raffaele, Milano
EPATITICI
top five
La durata dei singoli stadi è variabile, e lo stadio di durata maggiore è lo
stadio V (circa 70 giorni). Il picco di viremia si verifica al momento della
sieroconversione (stadio III), con una successiva riduzione fino ad una
stabilità negli stadi finali.
Interazioni
farmacologiche
n Stadio I è presente unicamente l’RNA virale;
n Stadio II si positivizza l’antigene p24;
n Stadio III compaiono gli anticorpi IgM anti-HIV;
n Stadio IV il Western blot risulta indeterminato, cioè non raggiunge i criteri
necessari per la conferma della diagnosi;
n Stadio V si ha un Western blot reattivo, con assenza però della reattività
per p31 (pol), che si positivizza in corso dello stadio VI.
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Sono stati proposti sei stadi definiti da caratteristici riscontri laboratoristici:
congress
report
nitaria da parte dell’ospite e concomitante alla comparsa di una elevata
carica virale a livello plasmatico (tabella 1).
La gestione dei pazienti successiva
alla diagnosi di infezione acuta da
HIV ha presentato nel corso del
tempo orientamenti diversi, non solo
influenzata dalla crescente disponibilità di nuovi farmaci sul mercato,
ma anche dal dibattito da sempre
presente all’interno della comunità
scientifica relativo all’opportunità
del trattamento precoce.
All’interno delle ultime Linee Guida
italiane è presente una indicazione
al trattamento di tutti i pazienti con
infezione acuta o recente (AII).
Sono diverse le ragioni per cui potrebbe essere utile considerare il
trattamento di pazienti con infezione acuta: trattare pazienti altamente sintomatici, poiché hanno un
rischio di progressione maggiore;
preservare i valori di linfociti T
CD4+ periferici e ridurre il set point
virale; limitare il reservoir virale;
preservare la risposta immunitaria
HIV-specifica; la brevità del tempo
di raggiungimento di valori di linfociti T CD4+ periferici al di sotto
delle 500 cell/mm 3 dalla sierconversione.
Tabella 1. La diagnosi: stadiazione Fiebig
highlights
“Obiettivo è sviluppare
approcci gestionali
omogenei di pratica
clinica per la comunità
infettivologica in un
contesto collaborativo
internazionale”
49
highlights
congress
report
Nuove terapie per
l’epatite cronica C
Interazioni
farmacologiche
top five
VIRUS
EPATITICI
top five
HIV
editoriale
50
highlights
[ReAd files anno 14_n.1_marzo 2014]
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