Prof. Monti – classe IV – introduzione ad Agostino da Ippona – a.s. 2016-2017 AGOSTINO DA IPPONA (354 - 430) 1. VITA Agostino nacque nel 354 dc a Tagaste, in Numidia, nell’Africa Romana. Il padre, Patrizio, era pagano, la madre, Monica, cristiana: ella ebbe ad esercitare sul figlio un’enorme influenza. Agostino trascorse la fanciullezza e l’adolescenza fra Tagaste e Cartagine, conducendo i primi studi e, guidato da un carattere assai focoso, le prime esperienze di vita (cosa di cui si accusò in modo amaro nelle Confessioni). Coltivò studi di carattere classico, in particolare nell’ambito della lingua latina (al contrario, non amò mai il greco). A 19 anni lesse l’Ortensio di Cicerone (opera perduta, che seguiva le tracce del Protrettico di Aristotele), lettura che lo attrasse verso lo studio della filosofia. L’entusiasmo del giovane Agostino si rivolse così dalle questioni linguistiche a quelle filosofiche. Appena diciannovenne, cominciò ad insegnare retorica in Cartagine, insegnamento che mantenne sino ai ventinove anni d’età, continuando a condurre una vita che poi gli apparirà (e che descriverà!) come "dissoluta". All’età di 20 anni aderì alla sètta dei manichei, ma quando neppure il famoso Fausto riuscì a risolvere i suoi molti dubbi, cominciò ad allontanarsene. Nel 383, animato dall’ambizione e dalla speranza di trovare una scolaresca più disciplinata e preparata, Agostino si recò a Roma. In Italia, però, le cose non andarono secondo i suoi desideri: Agostino decise di spostarsi ancora e riuscì ad ottenere un incarico, sempre di retorica, nella città di Milano. Qui l’insegnamento del vescovo Ambrogio, la continuata influenza della madre Monica (che lo raggiunge proprio nella città lombarda) e la lettura di alcuni scritti di Plotino (che gli furono utili rispetto al superamento di una concezione materialistica di Dio) lo spinsero con forza verso l’adesione al cristianesimo. Si ha una svolta nel 386: Agostino abbandonò l’insegnamento della retorica, che ormai gli risultava assai gravoso, e con alcuni amici si ritirò a Cassiciaco, sempre presso Milano, ove compose alcune opere. Nel 387, finalmente, ricevette il battesimo dalle mani di Ambrogio. Agostino cominciò a pensare di dover diffondere la dottrina cristiana presso le sue genti, in Africa, progettò dunque il ritorno. La madre Monica morì in attesa dell’imbarco. Tornato a Tagaste, Agostino venne consacrato prete nel 391 e Vescovo di Ippona nel 395. La sua attività in parte ricalca quella degli altri Padri in relazione alla difesa e al chiarimento dei principi della fede. Il sacco di Roma (Goti, guidati da Alarico, nel 410) spinse molti a vedere nel cristianesimo un elemento di debolezza e dissolvimento dell’impero: tesi alla quale Agostino reagì scrivendo La città di Dio, opera composta fra il 412 e il 426. Anche l’Africa romana, nel frattempo, fu interessata dalle invasioni: I Vandali di Genserico si abbatterono sulla regione. Agostino morì proprio mentre le truppe nemiche cingevano d’assedio la città di Ippona. 1 Prof. Monti – classe IV – introduzione ad Agostino da Ippona – a.s. 2016-2017 2. OPERE Numerosissime sono le opere di Agostino. Molte hanno natura polemica: scritti contro i manichei, i donatisti, i pelagiani. Scritti di stampo marcatamente dottrinale sono, invece, Sulla trinità, Sulla dottrina cristiana e la Città di Dio. Al 400 dc vanno fatti risalire i tredici libri delle Confessioni: certamente l’opera più famosa del santo cristiano. Interessanti anche le Ritrattazioni, composte intorno al 427: qui Agostino ricorda in ordine cronologico tutti i suoi scritti, evidenziandone lo scopo e rivedendoli criticamente, segnalando errori o imperfezioni. 3. LA PERSONALITÀ DI AGOSTINO In Agostino la speculazione teologica non presenta i caratteri del distacco e dell’oggettività, ma si salda fortemente all’uomo Agostino, alla sua vita concreta, ai suoi sentimenti e ai suoi desideri. L’atteggiamento della confessione non è, dunque, limitato solo allo scritto più famoso, le Confessioni. Agostino dichiara di non voler conoscere altro che l’anima e Dio, non abbandonerà mai questo programma. Cos'è per lui l'anima? È l’uomo interiore, l’interiorità dell’essere umano continuamente in colloquio con se stesso. Dio, invece, è l’Essere nella sua trascendenza e normatività, certo, ma anche l’Essere senza il quale non si può conoscere l’io, né si può essere l’io che si è. Ricordate che anche in Plotino, e nei neoplatonici in generale, è presente questo atteggiamento introspettivo, di ritorno a se stessi. In loro, però, si tratta di una sorta di "privilegio" cui solo il saggio può accedere: Agostino ritiene, invece, che ogni uomo possa e debba intraprendere un percorso interiore. La ricerca, di sé e di Dio, trova certamente nella ragione la sua guida e il suo strumento, ma è tutto l’uomo che si impegna nella ricerca, in tutti i suoi aspetti, non solo l’intelletto. Certo: si tratta di una ricerca che sempre si radica nella religione. Cerchiamo di essere un poco più precisi: per Agostino la fede si trova tanto all’inizio quanto alla fine della ricerca. Essa è condizione preliminare e guida della ricerca, seppure proprio dalla ricerca ricava consolidamento e approfondimento. Ben lontana da Agostino è l’idea di una pura gnosi, cioè di una conoscenza puramente razionale del divino, ma lo è altrettanto l’affermazione dell’irrazionalità della fede (Tertulliano). Per Agostino la Verità che l’uomo cerca è anche, evangelicamente, la via e la vita. Non è solo la mente ad averne bisogno, ma l’uomo in tutti i suoi aspetti. Pure, come sapete, Agostino non si abbandona facilmente alla fede. Il suo non è un credere superficiale, accettato e acquisito in termini abitudinari / sociali, ma è sempre un risultato non scontato, né previsto. Il suo è uno spirito critico, inquieto, che sempre pone un’esigenza di comprensione: Credo ut intelligam, intelligo ut credam. 2 Prof. Monti – classe IV – introduzione ad Agostino da Ippona – a.s. 2016-2017 4. LO SCOPO DELLA RICERCA: DIO E L’ANIMA - Nei Soliloqui, tra le prime sue opere, Agostino dice: “Io desidero conoscere Dio e l’anima. Nient’altro, dunque? Nient’altro, assolutamente.” Egli tenne sempre fede a tale proposito. Ma, domandiamoci, si tratta di ricerche che procedono su strade differenti, strade che conducono rispettivamente a Dio e all’anima? No. Dio, infatti, è principalmente e primariamente nella profondità dell’anima umana che si rivela, che si scopre. Ecco che cercare Dio è cercare l’anima, cioè quel "luogo" laddove egli si mostra, e cercare l’anima è cercare Dio perché è un ripiegarsi su di sé, fino a riconoscere la propria natura spirituale, confessandosi. 4.1 VINCERE IL DUBBIO! Questa ricerca può e quindi deve avere successo: effettivamente esiste una Verità da raggiungere! Per sfuggire ai dubbi, alla mutevolezza del mondo delle cose, Agostino suggerisce di “Non uscire da te, ritorna in te stesso, nell’interno dell’uomo abita la verità; e se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso” (Sulla vera religione). Lo scetticismo (come quello degli Accademici) di chi ritiene che non si possa giungere ad alcuna conoscenza certa, deve essere abbandonato perché non sostenibile. Agostino lo dimostra così: anche chi dubita della verità è certo di dubitare, cioè di vivere e di pensare: quindi all'interno del dubbio stesso consegue una prima certezza che lo sottrae al dubbio, rapportandolo alla verità. Ma, a questo punto, se c’è almeno una certezza, allora si può e si deve ricercare la Verità... Questa è un’argomentazione che, come vedremo, godrà di enorme successo anche in età moderna, con Cartesio. Persino lo stato di dubbio più radicale può consentire e di fatto consente di intraprendere un cammino verso il vero, la certezza, consente di trascendersi verso di essa. La verità è quindi, nello stesso tempo, interiore e trascendente. 4.2 LA RICERCA DI DIO - Ora: per Agostino la Verità non è, come accade oggi per noi, qualcosa che caratterizza un concetto, un'idea. Essa non è qualcosa di astratto, teorico. La sua natura è, invece, del tutto concreta. Per Agostino la Verità altro non è, infatti, che Dio stesso. Diciamo meglio e in modo più preciso: l'Essere che si rivela e parla all’uomo è Dio nel suo Logos o Verbo. La Verità, dunque, è la persona di Cristo. Proprio in quanto l’uomo ricerca Dio nell’interiorità della sua coscienza, Dio è per lui Trascendenza, ma anche Rivelazione, Padre e Logos, dunque. In qualche modo, la struttura stessa della ricerca manifesta le prime due persone divine, ma anche la terza: lo Spirito Santo, che è l’Amore. Dio è Amore e Verità, ma le due cose sono congiunte: non si può amare se non la verità, e solo l’amore (che è Dio) è vero. Vediamo meglio: l'uomo cerca (e alla ricerca corrisponde Cristo: che è la rivelazione) quel qualcosa (cioè Dio) che è la Verità. Perché l'uomo cerca la verità? Perché la ama (Spirito). Attenzione però: l’uomo non può amare Dio, che è Amore, se non ama gli altri uomini. Infatti Dio si offre come verità solo a chi cerca, si propone come amore solo a chi ama. Ecco, come vedete, che la ricerca non può mai essere solo intellettuale: essa è sempre anche dare amore e chiedere amore. L’uomo ricerca verità ed amore, ma l’iniziativa prima della ricerca non è sua. Proprio mentre si tende nel suo sforzo di ricerca, l’uomo capisce che l’iniziativa di tale sforzo appartiene a Dio: l’uomo infatti giunge a Dio solo perché Lui, per primo, si rivela. L’uomo 3 Prof. Monti – classe IV – introduzione ad Agostino da Ippona – a.s. 2016-2017 arriva ad amare Dio solo perché Lui, per primo, lo ama. Ecco che lo sforzo filosofico diviene umiltà religiosa. La ricerca diventa fede, la libertà dell’iniziativa diventa grazia. <-> 5. LA NATURA DELL’UOMO - La possibilità stessa di cercare (la verità e l’amore, cioè Dio) è radicata nella natura stessa dell’uomo. Siamo uomini cioè, per Agostino, siamo creati ad immagine e somiglianza del nostro Creatore. Possiamo giungere a Dio nella triplice forma della sua natura perché e solo perché la nostra natura è, in quanto immagine di Dio, altrettanto triplice. “Io sono, io conosco, io voglio. Sono in quanto so e voglio; so di essere e di volere; voglio essere e sapere.” Agostino Confessioni Tre cose: una sola cosa. Sono i tre aspetti dell’unico uomo, le nostre tre facoltà: memoria, intelligenza e volontà. “Io ricordo di aver memoria, intelligenza e volontà; intendo di intendere, di volere e di ricordare e voglio volere, ricordare ed intendere.” Agostino Sulla Trinità Questi tre fondamentali aspetti dell’uomo, pur distinti e distinguibili, coincidono nell’unità dell’uomo stesso. L’anima umana, così articolata (tre elementi che si comprendono l’un l’altro) è immagine di Dio, seppure impari. L’uomo può cercare ed amare Dio perché è fatto ad immagine di Lui. Certo, questa non è una possibilità il cui esito sia garantito a priori: l’uomo è ad immagine di Dio, non è Dio! Io posso realizzare questa possibilità, ma posso anche non farcela. Questo accade perché l’uomo è, innanzitutto, quello che Agostino chiama "l’uomo vecchio": l’uomo carnale, esteriore, l’uomo fatto di materia, che nasce, cresce, invecchia, si ammala, muore. Egli può diventare però "uomo nuovo", può cioè rinascere alla vita spirituale. 5.1 PECCATO Si tratta di una scelta cui ogni uomo si trova di fronte: vivere secondo la carne o secondo lo spirito; allontanarsi da Dio, dall’Essere, (come fecero gli angeli ribelli, come fece Adamo, ecc.), cioè peccare, oppure aderire a Lui. Il peccato è superbia, è qualcosa che distacca dall’Essere per aderire a ciò che è da meno, che vale meno dell’Essere. Il peccato dunque non ha una vera causa efficiente, positiva, non è una realizzazione, ma è una defezione, una rinuncia. Voler trovare la causa di tale defezione è come voler vedere le tenebre o udire il silenzio. Il peccato, dunque il male, non ha una sua realtà positiva. Esso è solo la negatività dell’allontanarsi da Dio, è solo mancanza, proprio come il buio è solo mancanza di luce, non ha una sua esistenza autonoma e indipendente. 4 Prof. Monti – classe IV – introduzione ad Agostino da Ippona – a.s. 2016-2017 6. IL PROBLEMA DELLA CREAZIONE E DEL TEMPO - In quanto Essere, Dio è fondamento di tutto ciò che è. La stessa mutevolezza del mondo ci dimostra che le cose fisiche non sono primariamente essere. Dio ha creato tramite la parola, come sappiamo, non però una parola sensibile, come la nostra, fatta di suoni, ma il Logos, il Figlio, pari a Dio stesso. Una parola che è una persona. - Il Logos ha in sé le Idee (notate il debito con Platone) cioè le forme o le ragioni immutabili delle cose, anch’esse eterne. Le idee non sono però, come in Platone, i costituenti di un mondo intelligibile, ma l’eterna e immutabile Ragione tramite la quale Dio ha creato il mondo. Esse non sono separate da Dio. Agostino avvicina le idee alle ragioni seminali degli Stoici. Esse, implicite nella mente divina, si esplicano nelle cose e nel loro ordinamento. - Alcuni Padri, come Origene, ritenevano la creazione del mondo come qualcosa di eterno non potendo essa, in alcun modo, implicare mutamento nella volontà divina. Perché mai Dio avrebbe dovuto creare l’universo in un dato momento piuttosto che in un altro? In termini più banali: cosa faceva Dio prima della creazione? Ecco: occorre capire che l’eternità non è un tempo infinito. Essa è, invece, al di sopra del tempo, al di fuori di esso. Dio è eterno: ciò vuol dire che in Lui nulla è passato, nulla è futuro. Egli è immutabile: presente e solo presente in cui nulla trapassa. Anche il tempo è creato: esso non coinvolge il Creatore. È come se Dio, per fare un paragone (anche se forse non è del tutto adeguato), si trovasse di fronte la sua stessa creazione come un pittore si trova di fronte alla sua opera finita. Ma cos’è il tempo? Il passato è tale perché non è più; il futuro è tale perché non è ancora; il presente, fosse sempre presente e non trapassasse continuamente nel passato, non sarebbe tempo (presente) ma eternità. Il tempo è dunque estremamente sfuggente, eppure noi lo misuriamo, ed è nell’anima che effettuiamo la misura. Ecco: noi conserviamo memoria del passato, attendiamo il futuro e poniamo attenzione alle cose presenti. Ricordo, attesa e attenzione: ecco il tempo! È dunque nell’anima che il tempo trova la sua realtà. 7. POLEMICHE 7.1 CONTRO IL MANICHEISMO (E IL PROBLEMA DEL MALE) - A smentire il dualismo tipico dei manichei – secondo il quale vi sarebbero due principi originari di carattere divino: Bene e Male – vale il carattere fondamentale di Dio: l’incorruttibilità. Agostino mutua una interessante argomentazione dal suo amico Nebridio: ammettiamo che, come i manichei sostengono, Dio sia impegnato in una continua lotta con il Male. In questo caso, o il Male può nuocere a Dio (nel qual caso Egli non è incorruttibile) oppure non può (nel qual caso, la lotta perde di significato: nessuno lotta contro qualcuno che non 5 Prof. Monti – classe IV – introduzione ad Agostino da Ippona – a.s. 2016-2017 gli può nuocere). Da questo deriva che o Dio non è incorruttibile – ma, in questo caso, in che senso potremmo ancora definirlo “Dio”? – o la teoria manichea è insostenibile. - A questo punto, però, il problema del male riemerge drammaticamente: se Dio è buono ed è l'Autore di tutto ciò che esiste, da dove viene il male che, incontestabilmente, noi sperimentiamo nella nostra vita? Chi ne è responsabile, visto che un principio divino negativo, il Male, non esiste? Agostino risponde dicendo che tutto ciò che è, in quanto è, è bene. Non esiste nulla che, di per se stesso, sia male. Tutte le cose, per loro natura corruttibili, sono bene. Occorre però capire che le cose, nella misura in cui si corrompono, perdono non solo la bontà, ma anche la realtà, l’esistenza. Se non fosse così, si giungerebbe a un assurdo paradosso: l’esistenza di cose del tutto corrotte, cioè non ulteriormente corruttibili, dunque incorruttibili, proprio come Dio! Naturalmente, è assurdo ritenere che le cose, corrompendosi, si avvicinino a Dio... Riprendiamo il discorso: ogni cosa, in quanto tale, è bene. Non vi può essere male al mondo, dunque, se non il peccato (che non ha consistenza ontologica alcuna). Come abbiamo visto, esso consiste nella rinuncia, nell’allontanamento dall’Essere per attaccarsi a qualcosa di minor valore, una cosa creata. Male è attaccarsi a una cosa creata, una qualsiasi, come se fosse l’Essere, allontanandosi così dall’Essere vero. Il male di per se stesso non ha realtà, sostanzialità alcuna. Il male non è per sé reale neppure nell’uomo, consistendo solo in una rinuncia, in un allontanamento. 7.2 LA POLEMICA CONTRO IL DONATISMO Il Donatismo (da Donato, uno dei suoi propugnatori) dilagava in Africa da molto tempo nel periodo in cui Agostino divenne vescovo: ecco perché egli decise di occuparsene. Secondo i donatisti, la Chiesa deve essere una comunità di perfetti che non devono avere contatto alcuno con le autorità civili dello Stato. I religiosi che tollerano tali contatti perdono la capacità di amministrare i sacramenti, divenendo indegni. I fedeli che abbiano ricevuto i sacramenti da costoro dovranno rinnovarli. Idee di questo tenore rendevano di fatto impossibile la costituzione di una qualsiasi gerarchia ecclesiastica: chiunque infatti può, senza difficoltà, mettere in discussione la “perfezione” di un qualunque prelato! Inoltre, legando l’efficacia dei sacramenti alla purezza del ministro ufficiante, si esponeva il valore dei sacramenti stessi a dubbio continuo. Contro il donatismo, Agostino afferma che la validità dei sacramenti non dipende affatto dalla persona che li amministra. È Cristo che opera tramite il sacerdote: a Lui solo si deve l’efficacia dei sacramenti. 7.3 LA POLEMICA CONTRO IL PELAGIANESIMO (SULLA LIBERTÀ UMANA) Il monaco inglese Pelagio viveva a Roma nei primi anni del V secolo: qui egli conobbe e criticò la dottrina agostiniana sul libero arbitrio e sulla grazia di Dio. Pelagio ritiene che l’essere umano – sia prima del peccato di Adamo, sia dopo – è in grado di per sé decidere di agire bene, indipendentemente dall’aiuto della Grazia divina. Il peccato di Adamo è solo quello che si potrebbe definire un “cattivo esempio”, che non ci rende incapaci di agire per il bene. Questa dottrina rischiava di rendere inutile, o accessoria, l’opera redentrice di Cristo. Se me la posso cavare anche da solo, la Grazia a cosa mi serve? Agostino, al contrario, riteneva che a causa del peccato originale nessun uomo potesse, senza l’aiuto di Dio (la Grazia) agire secondo il bene. Con Adamo ha peccato tutta 6 Prof. Monti – classe IV – introduzione ad Agostino da Ippona – a.s. 2016-2017 l’umanità, che di per sé è così divenuta un’unica “massa dannata”, incapace di salvarsi. Solo la misericordia e la grazia di Dio possono consentire all’uomo di salvarsi. Dio sceglie, imperscrutabilmente, chi si salverà e chi no. La Chiesa cattolica non accettò una simile radicale impostazione, mitigandone l’estremo rigore. - Ciò che più ci interessa, però, è un altro principio: di fatto Agostino identifica la libertà umana con la Grazia divina. Non esiste una libertà di fare il bene o di fare il male, ovvero di fare "ciò che si vuole", la volontà infatti si può dire "libera" solo quando non è asservita al peccato. La libertà di cui Adamo godette era quella di poter non fare il male, ma perse questa libertà. La libertà finale, dono di Dio, consisterà invece nel non poter più peccare. Tutto ciò appare assai strano alla nostra mentalità: come può essere libertà quella che ci impedisce qualcosa? Essere liberi per Agostino non significa “poter fare ciò che si desidera, qualunque cosa sia”, ma significa “agire in modo da realizzare al massimo la nostra umana natura”. Dio è l’Essere che ci dà esistenza, la Verità che ci dà la ragione, l’Amore che amandoci ci chiama ad amare: prendere una direzione diversa da quella che ci porta ad avvicinarci a Lui quindi non significa essere liberi, significa solo rinunciare a noi stessi, peccare. “Dio è la nostra possibilità”, dice Agostino, è la nostra unica possibilità positiva: l’essere umano non ha, né può avere, un'esistenza del tutto indipendente: non può prendere il posto di Dio. Ricordate quanto stretto sia il rapporto fra uomo e Dio per Agostino: se c’è in noi qualcosa di positivo è solo e soltanto perché Dio ce lo dona, non è un nostro possesso. L’essere umano, da solo, perde tutto, persino l’esistenza. 8. LA CITTÀ DI DIO - L’impero romano, ritenuto per secoli eterno, indistruttibile, sta crollando. Di chi è la colpa? Non furono in pochi ad additare la nuova religione cristiana come responsabile dell’indebolimento imperiale. Insieme agli antichi costumi, il cristianesimo avrebbe minato anche la potenza dell’impero. Agostino reagì a queste idee con l’ultima sua grande opera, La città di Dio. L’uomo può vivere secondo la carne, rimanendo “uomo vecchio”, o secondo lo Spirito, diventando “uomo nuovo”. Questa alternativa domina la storia dell’umanità, che è costituita dalla lotta fra due regni, o città. Queste due città, però, non sono mai nettamente divise in campi separati. Nessun periodo storico è dominato totalmente dall’una o dall’altra, né esse si identificano mai con Stati o istituzioni determinate. L’impero romano non fu mai la città dello Spirito, ma neppure la città della carne, ma fu entrambe le cose. “L’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l’amore di Dio portato sino al disprezzo di sé genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio. […] I cittadini della città terrena sono dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri; i cittadini della città celeste si offrono l’uno all’altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale.” Agostino La città di Dio Nessun segno esteriore distingue le due città: esse sono mescolate insieme, dall’inizio della storia fino alla fine dei tempi. Solo interrogando se stesso ognuno potrà capire a quale città appartenga. 7