OUTLIVE! N° 12 e mezzo - Ottobre 2008 - Miami

Ottobre 2008 - N.12 e mezzo
forever Rock and roll nights!!!
Le strade della bassa padana sono da sempre
la massima ispirazione per gli artisti del rock
italiano: sarà l'aria che si respira, sarà la
suggestione che viene dai profumi della terra
coltivata, sarà per la magnifica cucina.
Oppure sarà perchè dall'autostrada del
Brennero continua ad arrivare quella brezza
del Mare del Nord che invita al viaggio, alla
fuga, come diceva il buon Pier Vittorio
Tondelli in “Altri Libertini”, romanzo cult
per i giovani sognatori della P38 generation
anni settanta. In realtà la brezza è quella
della costiera romagnola, di quella Rimini
tanto mitica nell'immaginario collettivo della
cultura del divertimento. Ma
nell'immaginario di Lorenzo Semprini, leader
dei Miami and the Groovers, ad un certo
punto è entrato come un fulmine a ciel sereno, la suggestione di un altro posto,
lontano, al di là dell'oceano. Il New Jersey di Bruce Springsteen e Southside
Johnny, e la loro musica, ha conquistato Lorenzo e i suoi Groovers
impossessandosi dei loro cuori e cambiando loro la vita. Non è facile suonare Rock
and Roll in Italia, soprattutto cantando in inglese, ma oramai il destino è stato
scritto e, anche se per Miami and the Groovers, forse, non si apriranno mai i
cancelli di uno stadio, resterà loro dentro, per sempre acceso, il fuoco della
passione. E, credetemi, non esiste nulla di più nella vita di noi tutti della passione
che scalda l'anima.
A te Lorenzo!
D: Una delle vostre canzoni più sentite si intitola “Rock and Roll nights”. Cosa è per
voi questa notte di R&R? Cosa spinge dei ragazzi romagnoli verso un genere, ma
soprattutto verso una cultura musicale, così lontana geograficamente, eppure così
vicina al cuore?
R: Rock and roll night è la canzone che apre il nostro primo album Dirty Roads
(2005) ed è stata per molto tempo la canzone di apertura dei nostri concerti. E' una
canzone manifesto, una manifestazione di intenti. La cultura rock è qualcosa di
molto profondo se la senti davvero, cosa che per me e per la band accade. Il rock ti
dice di uscire e dire al mondo cosa ti passa nella testa e cosa senti nel tuo profondo.
Il rock è essenzialmente verità e divertimento, ma allo stesso tempo è anche
possibile sofferenza o urlo arrabbiato. Una notte di R&R è tutto questo. Molto ma
molto meglio di una "Cool disco Bilionaire night"...
D: Avete collaborato e jammato con grandi musicisti americani come Southside
Johnny, Elliott Murphy, Willie Nile, Joe D'Urso, Michael McDermott, Jesse Malin,
Jono Manson e tanti altri. Di fatto al vostro nuovo album “Merry go round”
partecipano artisti del calibro di Bill Toms, Ron Lasalle, Joel Guzman e lo stesso Jono
Manson che d'altronde è quasi cittadino italiano. Eppure in Italia fuori da
dall'ambiente “specializzato” siete praticamente sconosciuti. Cosa ne pensi?
R: Penso che sia difficile diventare "conosciuti" se alle spalle
non hai qualcuno che investa su di te tempo, soldi ed energie.
Noi siamo una band indipendente al 100%, ci produciamo i
nostri dischi, facciamo il nostro booking, ci occupiamo di tutte
le questioni relative (logistiche, promozionali, ecc). Eppure
riusciamo a suonare circa 60 concerti all'anno, siamo riusciti a
suonare con dei nostri eroi e ad arrivare a suonare in posti
impensabili come il mitico Stone Pony di Asbury Park New
Jersey. Abbiamo un fans club fedelissimo (www.miamisupporters.com) e quello che cerchiamo non è il successo da
Top of the pops o da Sanremo...cerchiamo di arrivare in ogni
angolo possibile e dire ciò che abbiamo da dire, non importa se sei davanti a 1.000 o
a 20 persone. Ed in questi anni di soddisfazioni ce ne siamo tolte parecchie.
D'altronde se dai uno sguardo al panorama italiano del rock trovi moltissimi ottimi
artisti e band che meriterebbero ben altri palcoscenici o un pubblico più vasto.
Però purtroppo se accendi una radio o guardi Mtv vedi che di naturale non c'è
nulla e che vengono "imposti" al grande pubblico solo quelle situazioni che i
discografici o chi per loro ritengono opportune.
D:Ho posto la stessa considerazione a Marco Diamantini dei Cheap Wine e cioè il mio
sospetto che al contrario di quanto avveniva negli anni settanta, quando cantare in
inglese favoriva il contatto con il grande pubblico, oggi sia esattamente il contrario e
che non usare l'idioma nazionale sia una limitazione. In effetti i grandi rockers da
stadio nel nostro paese cantano in italiano. Non credete magari in futuro di
pubblicare un disco nella nostra lingua?
R: Conosco bene Marco e stimiamo i Cheap Wine. La barriera linguistica è un
limite lo so bene. E' anche vero che scrivere pezzi rock in italiano è molto difficile.
Io non escludo niente per il nostro futuro. Ci sono artisti che sono riusciti a
coniugare bene un certo tipo di suono all'idioma nazionale come ad esempio i Gang.
Resta il fatto che se sei cresciuto, come me, fin da piccolo con la musica di Elvis,
Bruce Springsteen o Dylan, la lingua inglese resta il riferimento migliore per questo
tipo di suono e di cultura.
D:Hai incontrato Bruce Springsteen, credo che se fosse capitato a me sarei svenuto
per l'emozione. Carolyne Mas mi ha detto che è stato molto emozionante e gratificante
per lei. Tu come l'hai vissuta?
R: Bruce è da sempre il mio referente artistico principale,
sia come musicista sia come persona.
Ho visto davvero tantissimi suoi concerti, in tutto il mondo,
ho suonato nel corso di questi anni decine e decine delle sue
canzoni. Dal settembre 1999 organizzo un evento a
settembre a lui dedicato (www.glorydaysinrimini.net). Ho
avuto la possibilità di incontrarlo qualche volta. Sia di sfuggita sia in qualche
occasione meno caotica. L'ho vissuta in maniera equilibrata, anche con un pochino
di timore, forse perchè quando ti trovi in carne ed ossa colui che hai ascoltato e
seguito per tanti anni hai anche un po' di dubbi che la realtà sia diversa da come te
la eri immaginata. Resta il fatto che dal vivo è ancora un artista incredibile e
sorprendente, nonostante sia ormai prossimo ai 60 anni. Un esempio per tutti.
D:Mi rendo conto che abbiamo caricato il povero Boss di enormi responsabilità
eleggendolo quasi al ruolo di moderno profeta di quella religione, di quel partito
politico, di quella setta, che si chiama R&R. Quanto la musica può essere tutto ciò e
quanto può cambiare le menti delle persone?
R: A me la musica, il rock in particolare ha cambiato la vita. In meglio. Mi ha
aiutato a crescere, a capire, a farmi una coscienza sia di vita che politica. E' vero
che come dicono gli Stones "It's only R&R", ma anche come in uno dei nostri testi
"R&R can save your mortal soul". La vita di tutti i giorni, il lavoro, la televisione,
la politica ci spinge a chiuderci in noi stessi, ad aver paura, a non esprimerci
come vorremmo. Per fortuna che l'arte in generale, e la musica in particolare
riescono a sconfiggere questo conformismo imperante. Quando vedo un
ragazzino ad un nostro concerto piuttosto che vederlo davanti alla televisione mi fa
sentire meglio. Mi fa sentire che una piccola missione è stata compiuta.
D: Non deve essere facile trovare dei buoni musicisti in Italia che amino fare del
Rock di questi tempi. I tuoi Groovers sembrano invece una band solida con in
evidenza, senza togliere nulla agli altri, il chitarrista Beppe Ardito e il batterista Marco
Ferri. Che mi dici dei tuoi compagni di viaggio?
R: I miei compagni di viaggio sono davvero dei grandi musicisti. Nonostante
nessuno di loro lo faccia per mestiere, e quindi ogni mattina debba alzarsi ed
andare al lavoro, be'....è come se fossero dei professionisti per la passione, la grinta
e l'umiltà che ci mettono. Beppe Ardito è un chitarrista
davvero completo e molto nel suono rock, cosa rara in
Italia. Riesce a mischiare Stones, Clash e Chuck Berry
come pochi altri. Marco Ferri è un batterista spettacolare,
preciso e potente, istintivo ma anche quadrato. Poi vederlo
dal vivo è davvero appagante. Il bassista Luca Fabbri è
l'alter ego ideale per la nostra sezione ritmica, attento ai
particolari, musicalmente preparatissimo e sempre pronto a
rimetterci in sesto quando l'onda anarchica musicale sta per arrivare (che nel rock
suonato dal vivo è sempre all'erta).
Completano la band Claudio Clay Giani, il sassofonista che dal 2001 è nei Miami &
the Groovers, musicista dotato di grande spirito, di gusto e di grande presenza
scenica ed Alessio Raffaelli, prezioso pianista che sa mischiare i ricami di Roy
Bittan al sound garage di tante band che amiamo.
Inoltre alcuni di loro hanno anche partecipato alla scrittura di alcuni brani del
nostro nuovo album "Merry go round"
D:Tu sei di Rimini e io ho uno splendido ricordo della tua città agli inizi degli anni
settanta, quando sembrava di essere in un immenso Luna Park: potevi andare per bar
e discoteche o anche solo passeggiare per tutta la notte senza correre alcun rischio,
divertendoti e conoscendo tantissima gente. Così come potevi incontrare
tranquillamente per strada Lucio Dalla o Augusto Daolio o Gianni Morandi,
come mi è capitato personalmente. Ho rivisto Rimini un paio di anni fa e ho avuto
un impressione alquanto diversa. E' così o è stata solo una mia sensazione personale?
R: No hai perfettamene ragione. Credo che Rimini sia cambiata negli anni. Da un
lato rimane quell'alone romantico un po' felliniano, della spiaggia, del divertimento
vero e della malinconia invernale. Una città in cui sono passati davvero grandi
artisti. Sapevi ad esempio che i Pink Floyd provarono a Rimini all'Altro mondo
studios prima di registrare il Live At Pompei?
Oggi dal lato musicale la situazione è davvero triste, pochi locali o strutture
adeguate per proporre musica. Gran parte dei giovani è preso dalle mode del
momento o al massimo si fa coinvolgere dalle tribute band che sono un modo di
comunicare molto facile, troppo direi. Noi suoniamo spesso anche dalle nostre
parti, ma ad esempio se andiamo a suonare al Nord riempiamo locali anche da 200
persone, qua invece è più difficile. Penso che comunque Rimini sia compreso in un
trend piuttosto negativo che coinvolge tutta l'Italia. Comunque è un ottimo posto
per vivere e divertirsi, questo te lo assicuro.
D: Con “Merry go round” siete giunti alla seconda esperienza discografica dopo
l'esordio di “Dirty Roads”. Tu che sei abituato a suonare soprattutto dal vivo, quali
differenze hai colto tra il lavoro in tour e quello in sala di registrazione? Le canzoni
nuove evolvono più in concerto o in studio?
R:La dimensione da studio è davvero molto diversa a quella live. Noi
siamo essenzialmente una live band ma abbiamo imparato, o lo
stiamo facendo, come comportarci con una nuova canzone in studio.
Ti dicevo prima che noi ci autoproduciamo,ed anche a livello artistico
abbiamo il controllo al 100% di ciò che facciamo. Magari a volte
pecchiamo di inesperienza, ma gli ottimi feedback avuti sia dal
pubblico che da vari artisti sul nostro disco ci fanno ben sperare. Le
canzoni nascono essenzialmente chitarra e voce per poi svilupparsi in sala prove
con tutta la band. Ci sono brano di questo disco che avevamo già proposto dal vivo.
Il concerto è un ottimo test per vedere la consistenza di un brano nuovo.
Sicuramente Merry go round è un lavoro più maturo, più deciso, più profondo del
primo Dirty Roads, album che tra l'altro ci ha dato tantissime soddisfazioni.
D:Come dicevo prima sono innumerevoli le jam a cui hai partecipato in Italia e negli
States, e di rango i musicisti con i quali hai avuto la sorte di collaborare. Avrai
certamente tanti aneddoti da raccontarci....Magari sul Boss...
R: Be' una delle più belle è quella con Southside Johnny. Aprivamo il suo
concerto di Milano del 2006. Lui è sempre stato uno dei miei idoli.
Come persona però non è delle più facili e mi avevano messo in
allerta. Difatti dopo il loro soundcheck scambiamo solo qualche
batutta e poi si inizia a suonare. Quando mancano due canzoni alla
fine del nostro set, mi giro e vedo Southside e tutti gli Asbury Jukes
ballare al ritmo della nostra "Local rocking band". Partiamo con
l'ultimo pezzo (Peace love & understanding di Nick Lowe) e sento
un gran boato dal pubblico: mi giro e vedo Southside che prende
posto al microfono dei cori...e dopo pochi secondi me lo ritrovo a
cantare al mio microfono...ti assicuro che è stato uno di quei momenti
indimenticabili. Su youtube puoi anche vedere il video di quel momento. Ma voglio
anche ricordare l'aver diviso il palco con Jesse Malin, Willie Nile e Joe D'Urso al
Light of day benefit di qualche anno fa e dei complimenti alle nostre canzoni. Tutto
questo ci dà entusiasmo per continuare a credere nel rock and roll, sapendo che
nonostante tutte le difficoltà ed i limiti da qualche parte c'è un posto per suonare ed
un ottimo pubblico ad ascoltarti. E questo è ciò che conta.
Grazie ancora e alla prossima.
Grazie a voi, e vorrei ricordare i nostri siti web: www.miami-groovers.com (sito
ufficiale), www.miami-supporters.com (Fans club) e
www.myspace.com/miamiandthegroovers. I nostri cd li potete acquistare
direttamente dal sito web.