Capitolo 1 Diritto di vivere o diritto di morire? (Cassazione Civile, Sezione Prima, 16 ottobre 2007 n. 21748) 1.1. Il parere Tizio si reca da un legale e dichiara di essere il tutore legale di sua figlia Caia, in stato di come vegetativo da oltre 15 anni a causa di un gravissimo incidente stradale occorsole nel dicembre 1992, quando la ragazza, astro nascente della locale squadra di pallavolo, appena ventenne, era stata travolta da un pirata della strada. L’uomo narra che, giusto qualche mese prima dell’incidente, si era recato assieme a sua figlia in ospedale, per far visita a Sempronio, figlio di alcuni amici di famiglia, ugualmente ridotto in stato vegetativo a causa di un sinistro stradale. Tizio precisa che, in quell’occasione e nei giorni successivi alla visita de qua, Caia aveva più volte manifestato il proprio pensiero in ordine all’accanimento terapeutico, dichiarando che preferiva di gran lunga la morte, rispetto ad una vita vissuta senza consapevolezza, in un letto d’ospedale, tenuta in vita solo dai macchinari. Tizio, inoltre, precisa che solo l’alimentazione forzata mediante sondino gastrico tiene in vita la povera Caia e che lo stato di coma in cui la giovane si trova è irreversibile. Indi, l’uomo intende sapere se sia possibile chiedere l’interruzione dell’alimentazione forzata cui è sottoposta Caia, nel rispetto delle sue convinzioni, ampiamente palesate prima dell’incidente. Assunte le vesti del legale di fiducia di Tizio, e premessi brevi cenni in tema di diritto alla salute e poteri di rappresentanza del tutore, rediga il candidato il parere richiesto. La vicenda de qua trae origine da un incidente stradale che riduce la giovane Caia in coma irreversibile. Tizio, padre di Caia, viene nominato tutore legale della giovane interdetta e se ne prende cura per oltre 15 anni. Caia, invero, in stato di coma vegetativo irreversibile, viene tenuta in vita soltanto grazie all’alimentazione ed all’idratazione forzate, realizzate mediante 2 atti e pareri di diritto civile sondino nasogastrico; la sospensione di tale trattamento medico porterebbe la ragazza a morte certa nell’arco di pochi giorni. Qualche tempo prima dell’incidente occorsole, Caia si era recata in ospedale con il padre per far visita al figlio di alcuni amici di famiglia, rimasto anch’egli in stato di coma irreversibile a causa di un sinistro stradale. Molto scossa dall’esperienza, sia in quell’occasione, sia nei giorni successivi, affrontando l’argomento, Caia aveva manifestato chiaramente il proprio convincimento in ordine all’insostenibilità di una vita vegetativa assicurata solo grazie a macchinari. Caia, infatti, aveva più volte ribadito che avrebbe preferito la morte, piuttosto che vivere una vita costretta a letto e priva di consapevolezza del mondo esterno. Tizio, pertanto, chiede se sia possibile rispettare la scelta di vita fatta in tempi non sospetti da sua figlia, ed ottenere un provvedimento giudiziale che consenta l’interruzione delle terapie mediche cui la giovane è sottoposta. Nel caso in oggetto vengono in evidenza il riconoscimento e la tutela effettiva che il nostro ordinamento garantisce ai diritti fondamentali dell’individuo, con particolare riferimento al diritto alla salute ed all’autodeterminazione dell’uomo anche in ambito medico. L’art. 2 Cost., invero, riconosce, tutela e promuove i diritti fondamentali dell’individuo, nella sua integrità e dignità, mentre l’art. 13 Cost., al primo comma, proclama l’inviolabilità della libertà personale. In tema di diritto alla salute, inoltre, l’art. 32 Cost. così statuisce: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost. assume un duplice significato; esso, invero, può essere inteso come diritto all’integrità fisica, da far valere erga omnes, ovvero come diritto all’assistenza sanitaria, da far valere nei confronti della Pubblica Amministrazione. La norma costituzionale in esame, inoltre, prevede che l’individuo possa essere oggetto di trattamenti sanitari obbligatori, ma assoggetta tale evenienza ad un duplice ordine di limitazioni: 1. la riserva di legge (l’assoggettamento a trattamenti sanitari obbligatori può avvenire solo nei casi espressamente previsti dal Legislatore); 2. la legge deve sempre operare nel rispetto della persona umana. Proprio per garantire la tutela del diritto alla salute dell’individuo, nella sua accezione più ampia, è richiesto che il paziente venga previamente informato circa il contenuto dei trattamenti sanitari cui dovrebbe essere sottoposto, in modo da poter riflettere liberamente e Capitolo 1 – Diritto di vivere o diritto di morire? 3 consapevolmente, in completa autonomia, sulla decisione da prendere. Perché l’attività medica sia lecita e valida, pertanto, è necessaria la sussistenza del consenso reso dal paziente, consenso che costituisce un vero e proprio presupposto di liceità del trattamento medico, in quanto afferisce alla libertà morale del soggetto ed alla sua autodeterminazione, nonché al suo diritto alla libertà fisica, inteso come integrità corporea, tutti aspetti della libertà personale garantita e riconosciuta dal citato art. 13 Cost. Nella lettura costituzionale del diritto alla salute, pertanto, non sembra sussistere, in capo al medico, un generale diritto di curare che incontrerebbe l’unico limite nella coscienza dello stesso sanitario, bensì una potestà o facoltà di curare che, per potersi concretamente estrinsecare, necessita del consenso della persona cui il trattamento sanitario è rivolto. Il riconoscimento e la tutela apprestata dall’ordinamento giuridico al diritto alla salute, inteso come diritto ad ottenere le cure necessarie a preservare la propria integrità fisica, comprende, riconosce e garantisce anche il suo esatto opposto, ovvero il diritto a rifiutare le cure mediche, ad interrompere la terapia in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale. Il “rispetto della persona umana”, principio che informa di sé tutta la nostra Costituzione, comporta, infatti, il rispetto e la tutela della salute dell’uomo nella sua accezione più ampia, ovvero come benessere psico – fisico dell’individuo, che, come tale, coinvolge necessariamente anche la parte più intima dell’uomo ed i suoi convincimenti etico - religiosi. Come ha stabilito anche la giurisprudenza del Supremo Collegio, invero, “deve escludersi che il diritto all’autodeterminazione terapeutica del paziente incontri un limite allorché da esso consegua il sacrificio del bene della vita”, in quanto “…la salute dell’individuo non può essere oggetto di imposizioni autoritativo – coattiva” (Cass. Civ., Sez. I, sent. 16 ottobre 2007 n. 21748). Nulla quaestio allorquando il rifiuto alla terapia medica sia un rifiuto informato, scaturito da una decisione ponderata del malato, il quale non sceglie l’eutanasia, ma decide di lasciar fare alla malattia il proprio corso naturale. In tal caso non sussiste nemmeno la responsabilità del medico per omessa cura, in quanto il sanitario è obbligato a sottoporre il paziente alla terapia in forza del consenso prestato da quest’ultimo. Pertanto, qualora tale consenso venga meno, cesserà di esistere anche il corrispondente obbligo del sanitario. Il problema, al contrario, sorge quando il paziente, come nel caso in oggetto, non è in grado di esprimere un consenso informato, e non abbia lasciato il c.d. testamento biologico, ovvero non abbia lasciato alcuno scritto contenente dichiarazioni di volontà anticipate. 4 atti e pareri di diritto civile Caia, infatti, pur essendo ancora in grado di respirare autonomamente, non ha alcuna percezione del mondo esterno, e la sua situazione, pur non peggiorando, non presenta neppure la minima possibilità di recupero. Anche per l’ipotesi di pazienti interdetti e, quindi, incapaci di manifestare in modo compiuto la propria volontà, il potere del medico incontra il suo limite nel rispetto della persona umana, nell’accezione più ampia, come sopra illustrata. Tizio ha raccontato che, prima dell’incidente occorsole, Caia ha manifestato chiaramente le sue convinzioni sull’argomento, affermando che, secondo lei, non poteva essere considerata “vita”, nel senso pieno della parola, un’esistenza trascorsa attaccata a dei tubi, in completa dipendenza da macchinari. Occorre stabilire se Tizio possa efficacemente farsi portavoce delle convinzioni etiche espresse da Caia in tempi non sospetti e, pertanto, chiedere all’Autorità Giudiziaria competenze l’autorizzazione alla sospensione dei trattamenti sanitari cui la giovane è soggetta. Ed invero, all’indomani dell’incidente stradale occorso a Caia, la giovane è stata interdetta ai sensi dell’art. 414 c.c., che così recita:”Il maggiore di età ed il minore emancipato, i quali si trovano in condizione di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione”. All’istituto dell’interdizione si applicano, per espressa previsione di legge, le norme dettate in tema di tutela dei minori; ed infatti, Tizio è stato nominato tutore legale della figlia. Le funzioni del tutore sono stigmatizzate dall’art. 357 c.c., che così statuisce: “Il tutore ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni”. Dalla lettura sistematica degli artt. 414 e 357 c.c. emerge che il tutore ha il compito di curare non solo gli interessi patrimoniali dell’interdetto, ma anche quelli non patrimoniali, come, ad esempio, proprio il diritto alla salute. In tali casi, invero, non essendo possibile un dialogo diretto tra medico e paziente, si avrà una vera e propria sostituzione del tutore all’interdetto: il medico sarà comunque tenuto ad informare in ordine alla diagnosi ed alle possibilità terapeutiche, mentre il paziente, attraverso il tutore, potrà accettare o rifiutare i trattamenti sanitari. Il diritto alla salute, però, è un diritto personalissimo che, come precisato anche dal Supremo Collegio, “presuppone il ricorso a valutazioni della vita e della morte, che trovano il loro fondamento in concezioni di natura etica o religiosa, e comunque anche extragiuridiche, quindi sicuramente soggettive” (Cass. Civ. Sez. I, ordinanza 20 aprile 2005 n. 8291). Capitolo 1 – Diritto di vivere o diritto di morire? 5 Secondo giurisprudenza consolidata, infatti, il carattere personalissimo del diritto alla salute non comporta, in capo al tutore, il trasferimento di un potere di disposizione incondizionato sull’interdetto; il tutore, infatti, deve agire sempre nell’interesse dell’interdetto, senza sostituirsi allo stesso, ma cercando di decidere nel rispetto della volontà del tutelato. Ciò è possibile mediante la ricostruzione della presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima della perdita della coscienza, tenendo conto dei desideri dallo stesso espressi in tale epoca, della sua personalità, delle sue convinzioni etiche, filosofiche, culturali e religiose. Nel caso in esame, Caia, già ventenne all’epoca dell’incidente che l’ha ridotta in stato di coma vegetativo, aveva espresso chiaramente il proprio rifiuto rispetto ad un’esistenza vissuta in un letto d’ospedale, tenuta in vita solo da macchinari e senza alcuna consapevolezza del mondo esterno. Tale posizione, d’altro canto si riflette nella personalità della ragazza che, come narrato dal padre, era una giovane piena di vita, nonché astro nascente della locale squadra di pallavolo. Per una ragazza così vitale non poteva considerarsi accettabile l’idea di un corpo che, grazie a terapie sanitarie, era destinato a sopravvivere alla mente. Nel nostro ordinamento, improntato alla libertà ed all’autodeterminazione anche in ambito sanitario, non può non riconoscersi rilevanza anche a tali scelte operate dal paziente quando ancora era cosciente, e manifestate, nel momento opportuno, dal rappresentante legale, che diviene portavoce del malato e che permette, in tal modo, il rispetto dell’autonomia del malato che si trovi in stato vegetativo permanente. Come ha rilevato anche il Supremo Collegio in una recentissima sentenza, “Ove il malato giaccia da moltissimi anni in stato vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo esterno, e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino nasogastrico che provvede alla sua nutrizione ed idratazione, su richiesta del tutore che lo rappresenta, e nel contraddittorio con il curatore speciale, il giudice - fatta salva l’applicazione delle misure suggerite dalla scienza e dalla pratica medica nell’interesse del paziente - può autorizzare la disattivazione di tale presidio sanitario, in sé non costituente, oggettivamente, una forma di accanimento terapeutico, unicamente in presenza dei seguenti presupposti: (a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del pazien- 6 atti e pareri di diritto civile te medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona. Ove l’uno o l’altro presupposto non sussista, il giudice deve negare l’autorizzazione, dovendo allora essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dal grado di salute, di autonomia e di capacità di intendere e di volere del soggetto interessato e dalla percezione, che altri possano avere, della qualità della vita stessa” (Cass. Civ. Sez. I, sent. 16 ottobre 2007 n. 21748). Nel caso in esame sussistono entrambi i requisiti richiesti dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, in quanto le condizioni di Caia sono irreversibili, vertendo la stessa, da oltre 15 anni, in stato di coma vegetativo senza alcuna possibilità di ripresa, ed avendo la stessa giovane espresso i suoi convincimenti in ordine alla prosecuzione della vita mediante il solo ausilio di macchinari, in tempi non sospetti, quando era ancora nel pieno delle proprie capacità. Tizio, pertanto, potrà rivolgersi all’Autorità Giudiziaria non già per chiedere l’autorizzazione ad interrompere il trattamento sanitario che tiene in vita Caia, in quanto l’alimentazione mediante sondino nasogastrico non costituisce accanimento terapeutico, ma per chiedere il controllo circa la legittimità della scelta compiuta nell’interesse dell’interdetta, scelta che riflette gli orientamenti di vita della figlia. 1.2. L’atto Tizio, padre di Caia e suo tutore, intende chiedere all’Autorità Giudiziaria l’interruzione dell’alimentazione forzata mediante sondino nasogastrico, trattamento sanitario che tiene in vita la giovane. Caia, invero, nel febbraio 1990, mentre tornava a casa dall’Università, era stata travolta da un camion, e tale incidente l’ha ridotta in uno stato di coma irreversibile, da cui non v’è la minima possibilità di ripresa. Ed invero, la ragazza è costantemente attaccata, mediante dei tubi, a dei macchinari che le permettono di respirare e viene nutrita artificialmente, come sopra decritto: qualora tale trattamento venga sospeso, Caia morirebbe nel giro di pochi giorni. Qualche settimana prima del predetto ’incidente, Caia ed alcune sue amiche, Mevia e Sempronia, si erano recate presso il nosocomio del Comune di Alfa per far visita ad un loro amico, coinvolto, con altri tre ragazzi in un altro gravissimo incidente stradale, da cui era stato l’unico a salvarsi. Nei giorni seguenti, Caia aveva affermato più volte, ed in modo molto deciso, sia nei discorsi con le sue amiche, sia davanti ad i suoi genitori, che preferiva di gran lunga la morte, rispetto ad una vita Capitolo 1 – Diritto di vivere o diritto di morire? 7 artificiale, e che non riteneva che l’essere mantenuta in vita dai macchinari potesse definirsi “vivere”. La giovane, invero, non accettava il fatto di poter trascorrere anni interi costretta in un letto d’ospedale, tenuta in vita solo dalle macchine e senza alcuna consapevolezza del mondo circostante. Trascorsi ormai, più di diciotto anni dall’incidente che ha ridotto Caia in stato vegetativo, e preso atto del fatto che tale stato comatoso è irreversibile, Tizio decide che è giunto il momento di rispettare le scelte effettuate a suo tempo da Caia e di interrompere il trattamento sanitario che la tiene in vita e, pertanto, si reca da un legale al fine di rivolgersi al Giudice competente e dar corso alle determinazioni dell’interdetta. Assunte le vesti del legale di Caio, rediga il candidato l’atto giudiziario richiesto. TRIBUNALE CIVILE DI _______ RICORSO EX ART. 732 C.P.C In favore di Tizio, nato a _____il _____, C.F. _______ e residente in _____ alla Via _______, in qualità di tutore e legale rappresentante pro tempore di Caia, nata a _____ il ______, C.F. ________ e residente in ______ alla Via ______, dichiarata interdetta con sentenza del _______ n. ______, emessa dal Tribunale di ______ il ______, rappresentato e difeso dall’Avv. ______, C.F. ________, giusta procura in calce al presente atto, e presso il suo studio professionale sito in _____, alla Via ______, elettivamente domiciliato, PREMESSO CHE In data ____ febbraio 1990 la giovane Caia, figlia di Tizio, mentre tornava a casa dall’università, è stata travolta da un camion. Tale incidente ha ridotto Caia in uno stato di coma vegetativo permanente da cui non v’è alcuna possibilità di ripresa. La ragazza, infatti, da oltre 18 anni è costretta a letto e l’unica terapia medica che la tiene in vita è costituita dall’alimentazione artificiale mediante sondino nasogastrico, la cui eventuale interruzione comporterebbe la morte dell’interdetta nel giro di pochi giorni. Lo stato di coma vegetativo permanente in cui si trova Caia non è soggetto a peggioramenti ma, secondo la migliore scienza medica, non è soggetto nemmeno al sia pur flebile miglioramento, onde la giovane sarà costretta, anche per gli anni a venire, e sino a quando il suo cuore resiste- 8 atti e pareri di diritto civile rà, a rimanere attaccata alle macchine che la alimentano, senza alcuna percezione del mondo esterno. Qualche tempo prima dell’incidente occorsole, Caia si era recata assieme a Mevia e Sempronia, sue amiche, presso l’ospedale del Comune di Alfa, per far visita ad un comune amico rimasto anch’egli vittima di un sinistro stradale, in cui altri tre ragazzi erano rimasti uccisi. Nei giorni successivi a tale visita, Caia, rimasta profondamente scossa dall’accaduto e dalle condizioni in cui si trovava il suo amico, aveva manifestato chiaramente sia alla sua famiglia sia alle sue amiche, che avrebbe preferito di gran lunga la morte ad un’esistenza trascorsa attaccata a delle macchine. Secondo la ragazza, invero, non poteva essere ritenuta “vita” un’esistenza trascorsa in un letto d’ospedale, che si protraesse esclusivamente a causa del supporto di un macchinario, e quindi vissuta senza alcuna esperienza o contatto con il mondo esterno. A seguito del gravissimo incidente di cui è rimasta vittima Caia, il Tribunale di ______ con la sentenza n. ____ del _____, ha dichiarato la giovane interdetta ex art. 414 c.c., nominando Tizio, suo padre, tutore della stessa. Nell’esercizio delle sue funzioni, stante il disposto dell’art. 357 c.c., il tutore ha l’obbligo di amministrare i beni dell’incapace e di curarne la persona. Tale cura, come sottolineato anche dal Supremo Collegio, investe non solo gli interessi patrimoniali dell’interdetto, ma anche quelli non patrimoniali, come la tutela del diritto alla salute dell’incapace (cfr. Cass. Civ. Ord. n. 8291 del 20 aprile 2005). Tale diritto, così come stabilito dall’art. 32 Cost., costituisce un diritto fondamentale dell’individuo ed è garantito anche agli indigenti; tuttavia, il secondo comma della suddetta disposizione costituzionale prevede che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. La tutela del diritto alla salute e della libertà di autodeterminazione dell’uomo, principio fondamentale del nostro ordinamento, sancito dall’art. 13 Cost., comporta il rispetto non solo di colui che decide di curarsi, assicurandogli la possibilità di comprendere la natura dei trattamenti sanitari possibili e di effettuare, quindi, in modo consapevole, la conseguente scelta, ma anche di chi decide liberamente e coscientemente di non sottoporsi ad alcuna terapia medica, lasciando che la malattia compia il suo corso naturale. Nel caso di specie, Caia non ha scritto il c.d. testamento biologico, ovvero le sue volontà in caso di perdita permanente di tutte le capacità, Capitolo 1 – Diritto di vivere o diritto di morire? 9 però, parlando di una tale evenienza ha chiaramente manifestato il proprio convincimento. Come riportato sia dalle sue amiche, Mevia e Sempronia, sia dagli stessi familiari di Caia, invero, la giovane ha più volte ribadito di preferire la morte ad un’esistenza trascorsa in un letto d’ospedale, senza alcuna consapevolezza del mondo esterno e tenuta in vita artificialmente da delle macchine. La scelta effettuata da Caia in ordine al rifiuto delle cure sanitarie, in caso di situazione medica stabile e non soggetta a miglioramenti, deve considerarsi valida ed efficace, in quanto riflette le idee ed i convincimenti etico, morali e religiosi della giovane interdetta. Il tutore legale, come sottolineato anche dal Supremo Collegio nella sentenza n. 21748 del 16 ottobre 2007, infatti, non ha un potere di sostituzione totale rispetto all’incapace nel compimento delle scelte relative ai diritti personalissimi, quale quello alla salute, in quanto non può scegliere né al posto, né per il paziente. Egli, invero, deve agire sempre nel rispetto dell’incapace e deve decidere “con” l’incapace, ricostruendo la volontà di quest’ultimo, tenendo conto dei desideri da lui espressi, della sua personalità, del suo stile di vita, delle sue inclinazioni, nonché dei suoi valori etici, morali, filosofici e religiosi e facendosene portavoce. Caia ha manifestato chiaramente, prima di cadere nello stato di incapacità, il proprio rifiuto alle cure terapeutiche che tengano, da sole, in vita un individuo, dichiarando di non considerare “vita” un’esistenza di tal fatta, onde Tizio, in qualità di tutore legale rappresentante della giovane, intende farsi portavoce di tale scelta e, di conseguenza, sospendere il trattamento de quo, chiedendo all’Ill.mo Tribunale adito di compiere la relativa verifica di legittimità. L’odierno deducente ha prodotto, in allegato al fascicolo di parte, il parere favorevole in merito a tale distacco, fornito dal Giudice Tutelare. Tanto premesso Tizio, nelle qualità ut supra, come in atti rappresentato, difeso ed assistito, RICORRE all’Ill.mo Tribunale adito affinché, dato atto di quanto in narrativa, e previa nomina di un curatore speciale dell’interdetta ex art. 78 c.p.c., nell’ipotesi in cui si dovesse ravvisare conflitto tra gli interessi del tutore e quelli dell’interdetta, nonché considerato il parere del Giudice tutelare ai sensi del disposto dell’art. 732 c.p.c. versato in atti: Voglia accertare che: a) la condizione di stato vegetativo di Caia è irreversibile e non vi è la 10 atti e pareri di diritto civile minima possibilità di un recupero, anche parziale, dello stato cosciente secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale; b) l’istanza di autorizzazione alla richiesta di interruzione dell’alimentazione forzata, presentata dal ricorrente, sia realmente e univocamente espressiva, degli orientamenti di vita dell’interdetta, manifestati quando ella era ancora capace di intendere e di volere, verificando, mediante istruttoria, se le dichiarazioni rese da Caia possano configurarsi come testamento di vita; e per l’effetto autorizzare il ricorrente a chiedere l’interruzione del presidio sanitario che tiene in vita Caia. Si indicano in qualità di testi Mevia, Sempronia, amiche della stessa, chiamate a rispondere sulle seguenti circostanze: 1. “Vero che Caia non riteneva che potesse considerarsi “vita” un’esistenza trascorsa attaccata a delle macchine, senza alcuna consapevolezza del mondo esterno”. 2. “Vero che Caia ha manifestato chiaramente i suoi convincimenti circa l’interruzione delle terapie mediche, qualora fossero le sole a mantenere in vita il malato”. Si allegano i seguenti documenti: 1. copia conforme parere del Giudice Tutelare del Tribunale di ____, Dott. _____, del ______; 2. Luogo e data Avv. ___________________ MANDATO Il sottoscritto Tizio, in qualità di tutore e legale rappresentante pro tempore di Caia, dichiarata interdetta giusta sentenza n. ____ Reg Sent. emessa in data _____ dal Tribunale di ______, delega l’Avv. ______ a rappresentarlo e difenderlo nel presente giudizio, ed elegge domicilio presso il suo studio professionale sito in ____ alla via ______, conferendogli ogni più ampia facoltà. Ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dal D. Lgs. n. 196 del 2003, autorizza al trattamento dei suoi dati personali, limitatamente a quanto necessario per lo svolgimento del mandato difensivo Firma __________ E’ autentica Avv. _____________