COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE Bruxelles

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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE
Bruxelles, 21.12.2000
COM(2000) 846 definitivo
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE
AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO
IL CONTRIBUTO DELLE FINANZE PUBBLICHE ALLA CRESCITA E
ALL’OCCUPAZIONE: MIGLIORARE LA QUALITÀ E LA SOSTENIBILITÀ
INDICE
Sommario e principali conclusioni ........................................................................................ iii
1.
Introduzione ................................................................................................................... 8
2.
In che modo le finanze pubbliche influiscono sulla crescita e sull’occupazione?........... 10
2.1 Panorama delle finanze pubbliche nell’UE all’inizio del 21° secolo................................ 10
2.2 L’incidenza delle finanze pubbliche sulla crescita e sull’occupazione............................. 15
3.
Mantenere finanze pubbliche sane nella terza fase dell'UEM ........................................ 19
3.1. Le nuove sfide in materia di bilancio ............................................................................. 19
3.2. Le prospettive per il futuro e la risposta degli Stati membri ........................................... 20
4.
Verso sistemi fiscali e previdenziali più favorevoli all'occupazione .............................. 23
4.1. La struttura dei sistemi fiscali e previdenziali nell'UE.................................................... 23
4.2. Le prospettive per il futuro e la risposta degli Stati membri ........................................... 29
5.
Le finanze pubbliche al servizio dell'economia della conoscenza.................................. 37
5.1. Confronto della struttura della spesa delle amministrazioni pubbliche ........................... 37
5.2. Capitale fisico (infrastrutture)........................................................................................ 40
5.3. Gli investimenti in capitale umano ................................................................................ 42
5.4. Ricerca e sviluppo e innovazione................................................................................... 49
6.
Sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.................................................... 52
6.1. Panoramica delle conseguenze dell'invecchiamento della popolazione per il bilancio .... 52
6.2. La via da seguire e la risposta degli Stati membri........................................................... 61
7.
Allegato A: Riforme dei sistemi tributari...................................................................... 68
8.
Allegato B: Riforme dei sistemi di prestazioni.............................................................. 78
9.
Allegato C: Riforme dei sistemi di assistenza sanitaria ................................................. 87
10. Allegato D: Riforma dei sistemi pensionistici pubblici ................................................. 97
2
SOMMARIO E PRINCIPALI CONCLUSIONI
Premesse
Il Consiglio europeo del 23-24 marzo 2000 ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di
presentare, entro la primavera del 2001, una relazione che valuti il contributo delle finanze
pubbliche alla crescita e all'occupazione e che appuri, in base a dati e indicatori comparabili,
se siano state prese adeguate misure concrete per:
• allentare la pressione fiscale sul lavoro, in particolare quello scarsamente qualificato e a
bassa retribuzione, migliorare gli effetti di incentivazione all'occupazione e alla
formazione prodotti dai regimi fiscali e previdenziali;
• riorientare la spesa pubblica al fine di accrescere l'importanza relativa dell'accumulazione
di capitale - sia fisico che umano - e sostenere la ricerca e lo sviluppo, l'innovazione e le
tecnologie dell'informazione;
• garantire la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, esaminandone i vari
aspetti, incluso l'impatto dell'invecchiamento della popolazione, alla luce della relazione
che dovrà essere elaborata dal Gruppo ad alto livello "Protezione sociale".
La relazione della Commissione e del Consiglio contribuirà ad assicurare che le diverse
misure individuate dal Consiglio europeo di Lisbona tengano pienamente conto delle loro
conseguenze sotto il profilo delle finanze pubbliche.
Il Consiglio ECOFIN ha esaminato nella riunione del 7 novembre 2000 una relazione
interinale1, per la quale ha espresso il suo apprezzamento, giudicandola una buona base per
la relazione che dovrà essere presentata dalla Commissione e dal Consiglio al Consiglio
europeo di Stoccolma.
Come le finanze pubbliche influenzano la crescita e l’occupazione
La spesa pubblica e le entrate fiscali rappresentano una percentuale del PIL degli Stati
membri che va dal 40% al 50%. L’impatto delle finanze pubbliche sulla crescita e
sull’occupazione non è facile da descrivere. I governi possono perseguire obiettivi politici di
varia natura (miglioramento dell’allocazione delle risorse, ridistribuzione, stabilizzazione)
attraverso una vasta gamma di strumenti (regolamentari, di spesa, fiscali), il che implica
inevitabilmente che l’impatto delle finanze pubbliche sull’economia reale assume forme
molteplici e complesse. Tuttavia vi è un largo consenso sul fatto che esistono tre principali
canali attraverso i quali le finanze pubbliche possono promuovere la crescita potenziale e
l’occupazione, e cioè:
• partecipando all’accumulazione dei fattori produttivi. Il settore pubblico contribuisce
direttamente alla crescita e all’occupazione attraverso la sua partecipazione
all’accumulazione dei fattori. Gli investimenti in capitale fisico (infrastrutture), capitale
umano (istruzione e formazione professionale) e capitale conoscitivo (R&S ed
innovazione) e, in minor misura, le spese sociali si riflettono sul prodotto e sul potenziale
1
ECFIN 586-00-EN.rev1
iii
di crescita a lungo termine. Se l’aumento degli investimenti pubblici è finanziato
attraverso un inasprimento di imposte aventi effetti distorsivi o a prezzo di un aumento
del disavanzo e, di conseguenza, del debito pubblico, esso può però spiazzare gli
investimenti privati.
• offrendo gli opportuni incentivi attraverso i sistemi fiscali e previdenziali. Influenzando
le decisioni delle famiglie e delle imprese in materia di lavoro, risparmio e investimenti, i
sistemi fiscali e previdenziali incidono sul funzionamento dell’economia reale. I sistemi
previdenziali svolgono un ruolo importante nel correggere le deficienze del mercato e
nell’assicurare la coesione sociale e per queste vie contribuiscono anch’essi alla crescita
e all’occupazione. Una protezione sociale efficiente può essere considerata come un
fattore ‘produttivo’. Tuttavia, è necessario far sì che i sistemi fiscali e previdenziali
favoriscano tassi di partecipazione e di occupazione più elevati.
• assicurando la stabilità del quadro macroeconomico. Finanze pubbliche sane
contribuiscono alla stabilità macroeconomica e sostengono la politica monetaria nel suo
compito di mantenere la stabilità dei prezzi a tassi d’interesse bassi. In entrambi i casi si
ha un effetto di promozione degli investimenti e del risparmio privati. Una sana gestione
delle finanze pubbliche, riducendo il debito pubblico e di conseguenza l’onere degli
interessi, crea spazio per una riduzione delle imposte aventi effetti distorsivi e/o un
aumento della spesa pubblica produttiva. Infine, una sana situazione delle finanze
pubbliche favorirà anche la crescita e l’occupazione a lungo termine, aiutando i paesi a
far fronte alla notevole pressione verso l’aumento della spesa pubblica, e specialmente
delle spese pensionistiche e sanitarie, esercitata dall’invecchiamento della popolazione.
Come mantenere finanze pubbliche sane nell’UEM
L’evoluzione recente dei bilanci dimostra che l’UE è sulla strada giusta. L’obiettivo indicato
nel Patto di crescita e stabilità, ossia saldi di bilancio prossimi al pareggio o in avanzo, è a
portata di mano e il debito pubblico segue un andamento costantemente discendente. Nel
contempo, si stanno attuando riforme per ridurre la pressione fiscale, che era giunta a livelli
storicamente elevati. Si tratta di un notevole successo, se si considera che solo sette anni or
sono il disavanzo per l’insieme dell’UE ammontava al 6% del PIL.
Il quadro non è però del tutto favorevole. Anzitutto, si manifesta con sempre maggiore
evidenza un allentamento prociclico della politica di bilancio proprio nel momento in cui il
differenziale tra prodotto effettivo e potenziale sta diventando positivo nella maggior parte
degli Stati membri. Il fatto che le proiezioni indichino che l’UE nel suo complesso avrà
ancora un disavanzo strutturale nel 2001 suggerisce che in alcuni Stati membri si è
verificato un rilassamento dello sforzo di risanamento del bilancio rispetto allo sforzo di
aggiustamento ‘reale’ implicito nei loro programmi di stabilità e convergenza. Potrebbe
essere necessario un ulteriore aggiustamento perché gli Stati membri riescano a rispettare il
loro impegno a conseguire l’obiettivo del patto di stabilità e crescita in anticipo rispetto al
termine previsto.
Con l’avvicinamento all’obiettivo del patto di stabilità e crescita e il consolidarsi di un
contesto economico favorevole, stanno venendo in primo piano nuove priorità di bilancio.
Nella relazione si esamina, sulla base di una serie di criteri, se le recenti riforme fiscali sono
tali da realizzare una riduzione sostenibile della pressione fiscale mantenendo fermo
l’impegno alla disciplina di bilancio. Anche se sgravi fiscali sono opportuni nella maggior
parte dei paesi dell’UE, sembrano essere necessari corrispondenti tagli della spesa pubblica
iv
per evitare un deterioramento dei saldi di bilancio strutturali. Inoltre, gli effetti
sull’occupazione e sulla crescita di alcuni sgravi fiscali potrebbero essere accentuati dal loro
inserimento in un pacchetto globale che comprenda misure mirate per ridurre le imposte
aventi effetti distorsivi e opportune riforme dei sistemi previdenziali. La Commissione
invita gli Stati membri a vagliare i criteri impiegati per determinare gli sgravi fiscali e il loro
campo d’applicazione nell’ambito del processo di sorveglianza delle situazioni di bilancio a
livello UE.
Verso sistemi fiscali e previdenziali più favorevoli all’occupazione
Negli ultimi tempi le riforme fiscali si sono concentrate sull’obiettivo della riduzione della
tassazione del fattore lavoro, che è cresciuta di un terzo negli ultimi 30 anni. Globalmente,
sono stati realizzati dei progressi nel rendere i sistemi fiscali più favorevoli all’occupazione,
riducendo la pressione fiscale sul lavoro e abbassando le aliquote fiscali marginali. Tuttavia,
se si opera un raffronto su scala internazionale, la tassazione complessiva del lavoro in molti
Stati membri è tuttora assai elevata. Inoltre, gli interventi di riforma sono stati di intensità
disuguale, con una strategia globale di riforma del sistema fiscale in alcuni paesi e misure
frammentarie in altri.
Molti paesi hanno preso provvedimenti per ridurre la pressione fiscale, e in particolare i
contributi sociali a carico dei datori di lavoro, e più di recente l’imposta personale sul
reddito, in particolare all’estremità inferiore della scala retributiva. Anche se la maggior
parte delle riforme si è proposta una riduzione generalizzata della tassazione, in alcuni paesi
gli sgravi sono stati chiaramente mirati alle famiglie a basso reddito con bambini.
Le variazioni del tasso netto di sostituzione sono state relativamente modeste, mentre solo
pochi Stati membri hanno introdotto benefici all’attività lavorativa per accrescere il reddito
dei lavoratori a basso salario. La relazione tra gli incentivi fiscali e la disponibilità dei
disoccupati a cercare e ad accettare un posto di lavoro dipende fortemente dalle condizioni
alle quali è subordinata l’erogazione delle prestazioni sociali come pure dal modo in cui
sono amministrati i relativi regimi. Si è osservata una certa tendenza a rendere più restrittive
le condizioni di ammissione al beneficio delle prestazioni sociali, incentivando così la
partecipazione a programmi di misure attive sul mercato del lavoro. Tuttavia, gli sforzi
intesi a dare maggiore impulso alle politiche attive piuttosto che a quelle passive devono
essere accelerati, potenziati e intensificati.
Il contributo delle finanze pubbliche all’economia fondata sulla conoscenza
Visto il dibattito in corso sulla “nuova economia”, è questo il momento giusto per valutare il
contributo delle finanze pubbliche all’economia fondata sulla conoscenza. Tuttavia,
effettuare raffronti tra paesi per quanto riguarda la spesa pubblica è oltremodo difficile in
quanto mancano i dati necessari sia per gli input del settore pubblico (ossia una
classificazione funzionale comparabile delle spese) sia per gli output (ossia l’efficienza e i
benefici economici delle spese stesse). A prescindere dalla disponibilità dei dati, i confronti
dovrebbero tener conto delle differenze nella struttura degli incentivi per i soggetti privati,
delle procedure di gara, degli appalti pubblici, dell’outsourcing e infine della tassazione.
Purtroppo, vista la limitatezza dei dati disponibili, è stato possibile adempiere solo in parte
al mandato del Consiglio di Lisbona.
Sono indispensabili maggiori sforzi per accrescere gli investimenti necessari per agevolare
lo sviluppo della società dell’informazione. I governi devono inoltre fare di più per
v
l’istruzione e la formazione professionale, per dotare i cittadini europei delle qualifiche
necessarie per la società dell’informazione, cercando nel contempo di associare il settore
privato alle attività innovative e di R&S. Questi sforzi vanno compiuti nel quadro di
politiche di bilancio sane, finanziando l’incremento dell’accumulazione di capitale
attraverso una ridistribuzione delle spese e non attraverso un incremento della spesa
pubblica complessiva. La ristrutturazione della spesa pubblica dovrebbe essere inoltre
integrata da riforme istituzionali e strutturali che diano maggiore spazio ai meccanismi di
mercato e introducano adeguati sistemi di incentivi per promuovere l’accumulazione di
capitale fisico e umano nel settore privato.
La sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche
Nei prossimi decenni, si verificheranno mutamenti sostanziali per quanto riguarda le
dimensioni ed il profilo d’età della popolazione degli Stati membri dell’UE. Le più recenti
proiezioni sulla popolazione pubblicate da Eurostat indicano che la popolazione dell’UE in
età lavorativa (ossia tra i 20 ed i 64 anni) rimarrà più o meno stabile, a circa 230 milioni di
unità, fino al 2015, ma scenderà successivamente a 192 milioni entro il 2050. Al tempo
stesso, il numero degli anziani (65 anni e più) salirà da 61 milioni nel 2000 a 103 milioni nel
2050. Ciò implica che il tasso di dipendenza per l’UE (definito come il rapporto tra le
persone di 65 anni e più e la popolazione in età lavorativa) crescerà rapidamente, dal 27%
nel 2000 al 53% nel 2050.
L’invecchiamento della popolazione eserciterà una forte pressione all’aumento della spesa
pensionistica pubblica. Le proiezioni a lungo termine elaborate dal gruppo di lavoro
“invecchiamento della popolazione” del Comitato di politica economica indicano che
l’invecchiamento della popolazione potrebbe provocare un aumento della spesa
pensionistica di entità compresa tra 3 e 5 punti percentuali del PIL nella maggior parte degli
Stati membri. Esse indicano che l’aumento prevedibile della spesa pubblica per le pensioni
sarà più lento che l’incremento del tasso di dipendenza: ciò fa pensare che le riforme degli
anni ’90 sono riuscite a limitare in qualche misura l’aumento della spesa per le pensioni
pubbliche dovuto all’invecchiamento della popolazione. Per quanto riguarda la spesa
sanitaria, le stime disponibili quantificano in circa 3 punti percentuali del PIL il suo
incremento a causa dell’invecchiamento della popolazione. Globalmente, l’invecchiamento
della popolazione pone una sfida impegnativa alla sostenibilità delle finanze pubbliche; i
problemi più gravi sono quelli che si presentano ai paesi gravati da uno stock di debito
pubblico di notevole entità e che finanziano i sistemi pensionistici sulla base del principio di
ripartizione.
Il fenomeno ha dimensioni tali da rendere indispensabile un approccio globale per affrontare
le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione sui bilanci. In primo luogo, gli Stati
membri dovrebbero risanare i loro bilanci e ridurre il livello del debito pubblico più
rapidamente, riducendo così la spesa per interessi e compensando in questo modo una parte
dell’incremento di spesa derivante dall’invecchiamento della popolazione. In secondo
luogo, riforme del mercato del lavoro che portino ad un aumento del tasso di occupazione
contribuirebbero a controbilanciare l’impatto negativo dell’evoluzione demografica sulle
dimensioni delle forze di lavoro. Come sottolineato nella relazione del Gruppo di lavoro ad
alto livello sulla protezione sociale, si deve dedicare particolare attenzione ad incrementare
il tasso di partecipazione delle donne e dei lavoratori più anziani. Sono necessarie riforme
per far sì che i sistemi fiscali e previdenziali offrano incentivi positivi a rimanere sul
mercato del lavoro, per limitare il ricorso al pensionamento anticipato, per migliorare
l’accesso alla formazione nel corso dell’intera vita lavorativa, per facilitare la conciliazione
vi
delle esigenze della vita professionale e della vita privata, per esempio mettendo a
disposizione infrastrutture a prezzi accessibili che si prendano cura dei bambini. Infine,
nonostante le misure già prese negli ultimi anni, sono necessarie ulteriori riforme dei sistemi
pensionistici pubblici, intese ad accrescere il tasso di partecipazione dei lavoratori più
anziani e delle donne, assicurare una maggiore equità attuariale collegando più strettamente
contributi e prestazioni e instaurare un miglior equilibrio tra i diversi pilastri del sistema
pensionistico. In molti Stati membri si dovrebbe attribuire un ruolo più importante ai sistemi
pensionistici che funzionano secondo il principio di capitalizzazione. La politica da seguire
dovrebbe essere decisa con un consistente anticipo rispetto all’incremento del tasso di
dipendenza, in modo che i cittadini possano prendere le opportune disposizioni per
assicurarsi un reddito sufficiente da anziani.
L’UE può svolgere un ruolo costruttivo, aiutando gli Stati membri a far fronte alle
ripercussioni dell’invecchiamento della popolazione sulle finanze pubbliche. La
Commissione sosterrà i lavori intesi a estendere le proiezioni di spesa a lungo termine che
tentano di delineare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa sanitaria e
sull’assistenza a lungo termine agli anziani. Essa si adopererà inoltre per assicurare che la
problematica della sostenibilità a lungo termine sia pienamente inserita nel quadro del Patto
di stabilità e crescita; gli Stati membri, dal canto loro, dovrebbero prendere adeguatamente
in considerazione questo aspetto nei loro programmi di stabilità e di convergenza. Infine, la
Commissione prenderà in esame l’opportunità di condurre, in collaborazione con gli Stati
membri, un'inchiesta europea longitudinale sull’invecchiamento, i cui risultati potrebbero
essere utili per elaborare strategie politiche in grado di soddisfare le esigenze poste da una
popolazione in via di invecchiamento.
vii
1. INTRODUZIONE
Il mandato
Il Consiglio europeo del 23-24 marzo 2000 ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di
presentare, entro la primavera del 2001, una relazione che valuti il contributo delle finanze
pubbliche alla crescita e all'occupazione e che appuri, in base a dati e indicatori comparabili,
se siano state prese adeguate misure concrete per:
• allentare la pressione fiscale sul lavoro, in particolare quello scarsamente qualificato e a
bassa retribuzione, migliorare gli effetti di incentivazione dell'occupazione e della
formazione prodotti dai regimi fiscali e previdenziali;
• riorientare la spesa pubblica al fine di accrescere l'importanza relativa dell'accumulazione
di capitale - sia fisico che umano - e sostenere la ricerca e lo sviluppo, l'innovazione e le
tecnologie dell'informazione;
• garantire la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, esaminandone i vari
aspetti, incluso l'impatto dell'invecchiamento della popolazione, alla luce della relazione
che dovrà essere elaborata dal Gruppo ad alto livello "Protezione sociale".
Nel quadro della preparazione della relazione della Commissione e del Consiglio, il
Consiglio ECOFIN del 7 novembre 2000 ha esaminato una relazione interinale2 preparata
dai servizi della Commissione, che si fonda sulla relazione della DG ECFIN Public finances
in EMU-2000 3. Il Consiglio ECOFIN ha concluso che la suddetta relazione interinale
costituisce una buona base per l’elaborazione della relazione della Commissione e del
Consiglio che dovrà essere presentata al Consiglio europeo di Stoccolma nella primavera
2001.
Scopo della relazione della Commissione e del Consiglio al Consiglio europeo di
Stoccolma
Esistono già vari strumenti comunitari che contengono raccomandazioni su vari aspetti della
finanza pubblica. Le tematiche macroeconomiche sono trattate nel quadro degli Indirizzi di
massima per le politiche economiche e del Patto di stabilità e crescita (PSC). Gli aspetti
strutturali della politica fiscale e della politica di spesa sono trattati negli Indirizzi di
massima e negli Orientamenti in materia di occupazione, mentre le riforme dei mercati dei
prodotti e dei fattori sono valutate nell’ambito del processo di Cardiff. La relazione della
Commissione e del Consiglio punta l’attenzione sul contributo delle finanze pubbliche alla
promozione della crescita e dell’occupazione, affinché possano svolgere pienamente il loro
ruolo nel conseguimento dei nuovi obiettivi strategici dell’Unione.
La relazione della Commissione e del Consiglio può contribuire ad assicurare che,
nell’attuare l’insieme delle misure indicate dal Consiglio europeo di Lisbona per conseguire
2
3
ECFIN/586/00-EN.rev1.
ECFIN/339/00-EN, maggio 2000, pubblicata in European Economy, Reports and Studies, n. 3, 2000.
8
tali obiettivi, si tenga pienamente conto delle loro implicazioni per le finanze pubbliche. È
indispensabile che nell’opera di riforma dei sistemi fiscali e previdenziali e nelle manovre
intese a riorientare la spesa pubblica verso l’accumulazione di capitale fisico ed umano si
tenga fermo, in modo credibile e in ogni momento, l’impegno a mantenere una situazione
sana e sostenibile delle finanze pubbliche.
Struttura della comunicazione
La parte 2, dopo aver presentato alcuni fatti stilizzati sulle finanze pubbliche all’inizio del
ventunesimo secolo, passa in rassegna le complesse interazioni tra finanza pubblica, da un
lato, e crescita economica e occupazione, dall’altro, disegnando quindi il quadro analitico
per il seguito della relazione.
La parte 3 è imperniata sulla necessità di finanze pubbliche sane come condizione per la
crescita e l’occupazione. Essa descrive le sfide cui devono far fronte gli Stati membri nel
proseguire l’opera di risanamento dei bilanci nella terza fase dell’UEM ed esamina se le
misure prese di recente siano atte ad ottenere una riduzione sostenibile della pressione
fiscale complessiva, rispettando nel contempo l’impegno alla disciplina di bilancio.
La parte 4 della relazione esamina i passi compiuti da ultimo per rendere i sistemi fiscali e
previdenziali più favorevoli all’occupazione, per accertare se abbiano effettivamente
migliorato gli incentivi a lavorare, risparmiare ed investire. Dopo aver passato in rassegna la
struttura dei sistemi fiscali e previdenziali nell’UE, la parte 4 valuta l’incidenza delle
riforme recentemente messe in atto dagli Stati membri specie per quanto riguarda i
lavoratori non qualificati e a basso salario.
La parte 5, dedicata al ruolo delle finanze pubbliche nella promozione di un’economia
fondata sulla conoscenza, contiene valutazioni dettagliate degli investimenti pubblici in
capitale fisico (infrastrutture), capitale umano, R&S ed innovazione.
La parte 6 esamina la problematica della sostenibilità a lungo termine delle finanze
pubbliche alla luce delle ripercussioni dell’invecchiamento della popolazione sui sistemi
pensionistici e sanitari, fondandosi su proiezioni elaborate dal Gruppo di lavoro
sull’invecchiamento della popolazione del Comitato di politica economica, esaminato dal
Consiglio ECOFIN del 7 novembre 2000, e sui lavori del Gruppo di lavoro ad alto livello
sulla protezione sociale. Vi si valuta se gli Stati membri stiano prendendo misure adeguate,
in tutta una serie di settori, per far fronte alle implicazioni di bilancio dell’invecchiamento
della popolazione.
9
2. IN CHE MODO
SULL’OCCUPAZIONE?
LE
FINANZE
PUBBLICHE
INFLUISCONO
SULLA
CRESCITA
E
2.1. Panorama delle finanze pubbliche nell’UE all’inizio del 21° secolo
Le dimensioni della sfida di Lisbona
Il Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 ha fissato un nuovo obiettivo
strategico per l’Unione, ossia “… diventare l'economia basata sulla conoscenza più
competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.” Il
Consiglio europeo ha chiesto in particolare all'UE di “…accrescere il tasso di occupazione
dall'attuale media del 61% a una percentuale che si avvicini il più possibile al 70% entro il
2010.” Essenzialmente, l’UE deve sfruttare pienamente il suo potenziale economico per
migliorare il tenore di vita, a beneficio dei suoi cittadini.
Si può avere un’idea delle dimensioni di questa sfida mettendo a confronto l’evoluzione del
PIL pro capite nell’UE e negli USA. Dopo un periodo di riduzione delle distanze dagli anni
’50 ai primi anni ’80 il PIL pro capite dell’UE (misurato in parità di potere d’acquisto) è
fluttuato intorno al 70% del livello degli USA fino al 1990 (cfr. grafico 2.1). Nel corso degli
anni ’90 il differenziale del PIL pro capite relativo è invece cresciuto e oggi il PIL pro capite
dell’UE è pari soltanto al 65% di quello degli USA, circa 9 punti percentuali in meno del
picco registrato all’inizio degli anni ‘80.
73
72
71
70
69
68
67
66
65
Fonte: servizi della Commissione
10
02
00
98
96
94
92
90
88
86
84
82
80
78
76
74
72
64
70
PIL pro capite in PPA; USA = 100
Grafico 2.1: PIL pro capite nell’UE rispetto agli USA 1970-2002
Questo andamento del tenore di vita relativo si spiega con una crescita meno dinamica e con
una situazione dell’occupazione peggiore nell’UE che negli USA. Grosso modo, le
dimensioni dell’economia dell’UE nel 2000 sono il doppio di quelle dell’inizio degli anni
’70, mentre il PIL degli USA nel 2000 è pari ad oltre due volte e mezzo il livello del 1970.
Si deve tuttavia tener presente che questo divario si è formato soprattutto nel corso degli
anni ’90 e potrebbe riflettere in una certa misura dei differenziali congiunturali. Ancora più
netta della differenza tra le due economie in termini di crescita è la divaricazione in termini
di creazione di posti di lavoro. Oggi la quota degli occupati nell’UE in percentuale della
popolazione in età lavorativa è inferiore di 15 punti a quella degli USA, mentre nel 1970 si
registravano valori simili sulle due sponde dell’Atlantico.
Per invertire questo declino relativo, l’UE deve mobilitare tutte le risorse disponibili. Il
Consiglio europeo di Lisbona ha riconosciuto che per conseguire il nuovo obiettivo
strategico si dovrà fare affidamento soprattutto sul settore privato. Tuttavia, poiché la spesa
pubblica e le tasse rappresentano una quota che va dal 40 al 50% del reddito nazionale negli
Stati membri dell’UE, le finanze pubbliche hanno un ruolo centrale da svolgere per il
conseguimento di questo obiettivo. Questo ruolo viene analizzato dettagliatamente nel
seguito della presente relazione, dopo un esame della struttura complessiva delle finanze
pubbliche nell’UE.
Una panoramica delle finanze pubbliche nell’UE. Lo Stato interviene nell’economia per
diversi scopi: per fornire beni pubblici e per supplire alle deficienze del mercato, per
ridistribuire il reddito sotto il profilo territoriale e sociale e per stabilizzare il prodotto
nell’arco del ciclo economico. Per tali obiettivi esso utilizza una vasta gamma di strumenti,
in particolare la regolamentazione, la tassazione e la spesa pubblica. Influenzando le
decisioni dei soggetti economici in materia di lavoro, di risparmio e di investimenti, le
finanze pubbliche incidono sul funzionamento dell’economia reale. Per individuare la loro
relazione con la crescita e l’occupazione, è utile passare in rassegna alcune delle
caratteristiche fondamentali delle finanze pubbliche e dell’andamento dell’economia
dell’UE all’inizio del ventunesimo secolo.
Negli ultimi trent’anni si è assistito ad una straordinaria lievitazione delle dimensioni della
spesa pubblica, che rappresenta oggi quasi la metà del PIL dell’UE (cfr. grafico 2.2). La
spesa delle amministrazioni pubbliche ammontava al 35% del PIL nel 1970, ma è cresciuta
costantemente fino a toccare un picco superiore al 50% del PIL nel 1993. Da allora la spesa
totale delle amministrazioni pubbliche ha registrato un certo calo, per attestarsi al 46% circa
del PIL nel 2000. Tuttavia nell’UE la quota del settore pubblico è ancora superiore
rispettivamente di 13 e di 20 punti percentuali del PIL a quella degli USA e del Giappone,
paesi nei quali essa è cresciuta, nell’arco dello stesso periodo di riferimento, di soli 4 punti
percentuali del PIL.
11
Grafico 2.2. Amministrazioni pubbliche: spesa, entrate e indebitamento nell’UE, 1970-2002
55
Spesa totale
% del PIL
50
Disavanzo
45
Entrate
40
35
02
00
20
98
96
94
92
90
88
86
84
82
80
78
76
74
72
70
30
Fonte: servizi della Commissione
L’espansione delle dimensioni del settore pubblico fino all’inizio degli anni ’90 ha avuto
luogo in parallelo con l’emergere di ampi e persistenti disavanzi (corrispondenti alla zona
ombreggiata nel grafico 2.2). Quasi senza eccezioni, il disavanzo pubblico medio nell’intera
UE è rimasto attestato su valori superiori al 3% del PIL dal 1975 in poi, toccando un
massimo storico del 6% del PIL nel 1993. Questa evoluzione si differenzia dagli andamenti
degli USA e del Giappone, dove disavanzi di bilancio elevati e persistenti si sono registrati
con frequenza assai minore.
Di fronte a posizioni di bilancio avviate su un sentiero chiaramente insostenibile e per
prepararsi all’UEM, che comportava la necessità di rispettare i criteri di convergenza di
Maastricht, i responsabili delle politiche hanno avviato un'energica manovra di
aggiustamento dei bilanci a partire dal 1992-93 (cfr. grafico 2.3). Il disavanzo delle
amministrazioni pubbliche per l’intera UE è sceso di 5 punti percentuali del PIL tra il 1993
e il 1999. A livello degli Stati membri si sono verificate delle spettacolari inversioni di rotta
della politica di bilancio, grazie alle quali alla fine del 1999 nessun paese dell’UE registrava
un disavanzo eccessivo, vale a dire che i disavanzi erano tutti inferiori al valore di
riferimento del 3% del PIL stabilito nel trattato di Maastricht.
12
Grafico 2.3. Squilibri di bilancio nell’UE 1977-2002
Differenziale positivo tra prodotto effettivo e
75
Disavanzo (% del PIL)
6
debito
Disavanzo
5
70
65
4
60
3
55
2
50
1
45
0
40
-1
35
-2
30
Debito (% del PIL)
7
01
99
97
95
93
91
89
87
85
83
81
79
77
Fonte: servizi della Commissione
Disavanzi elevati e persistenti avevano prodotto un rapido incremento del debito pubblico. Il
rapporto tra debito pubblico e PIL per l’UE è salito da meno del 30% alla fine degli anni ‘70
ad un picco del 72% nel 1996 (cfr. grafico 2.3). Da allora la tendenza al rialzo è stata
invertita. Tuttavia lo stock del debito pubblico è ancora troppo elevato, al 64% del PIL nel
2000, e rimane al di sopra del 100% del PIL in tre Stati membri (B, EL ed I).
La tendenza a mettere in atto politiche di bilancio procicliche costituisce un’altra
caratteristica della politica economica degli ultimi trent’anni. Invece di ridurre il disavanzo e
il debito pubblico nei momenti in cui la situazione economica era più favorevole, i governi
si sono dimostrati piuttosto inclini a procedere ad un allentamento discrezionale della
politica di bilancio (cfr. le aree ombreggiate nel grafico 2.3, che corrispondono ai periodi in
cui il tasso di crescita era superiore a quello tendenziale). Ne risultava la necessità di una
stretta di bilancio durante le fasi discendenti del ciclo, per evitare che il disavanzo ed il
debito precipitassero in una spirale che li rendesse non più controllabili. La politica di
bilancio ha quindi amplificato gli effetti delle oscillazioni congiunturali, agendo in senso
prociclico invece di produrre gli auspicabili effetti di stabilizzazione.
Negli ultimi 30 anni, ogni componente della spesa pubblica, ad eccezione degli
investimenti, ha fatto segnare un incremento. In particolare, la spesa per interessi in
percentuale del PIL è salita da meno del 2% nel 1970 al 4% nel 2000. Al contrario, durante
lo stesso periodo, la spesa pubblica per investimenti si è dimezzata, dal 4% del PIL nel 1970
al 2% nel 20004 (cfr. grafico 2.4).
4
Le cifre citate si riferiscono unicamente alla spesa delle amministrazioni pubbliche. Tuttavia esiste
una più ampia cerchia di imprese pubbliche, miste o private che provvedono a fornire e/o gestire
infrastrutture organizzate a rete (trasporti, energia, telecomunicazioni, rifornimento idrico) e che
possono beneficiare di diversi gradi e forme di sostegno finanziario da parte dell’amministrazione
pubblica, o per gli investimenti (ad es. sovvenzioni per la costruzione di infrastrutture) o per il loro
stesso funzionamento (ad es. compensazione degli obblighi di servizio pubblico).
13
Grafico 2.4. Struttura della spesa pubblica nell’UE, 1970-2002
60
46
50
40
48
46
Altri
Investimenti
Consumi
Trasferimenti sociali
Sovvenzioni
Interessi
36
30
20
10
0
1970
1980
1990
2000
Fonte: servizi della Commissione
Parallelamente a questa evoluzione della spesa totale, la pressione fiscale è cresciuta
costantemente negli ultimi trent’anni fino a raggiungere un picco storico del 46% circa del
PIL nel 1999. Le proiezioni indicano che essa inizierà a scendere solo a partire dal 2000. In
concomitanza con questo incremento della pressione fiscale, si è avuto uno spostamento del
suo baricentro a danno del fattore lavoro (cfr. grafico 2.5). Le quote dei contributi sociali e
delle imposte dirette nel totale delle entrate fiscali sono aumentate di 3 punti percentuali
ciascuna rispetto al 1970. Nello stesso periodo, la quota delle imposte indirette nel totale
delle entrate fiscali è scesa di 6 punti percentuali. Complessivamente, l’inasprimento della
pressione fiscale sul lavoro ha costituito, nella maggioranza degli Stati membri, la principale
componente dell’incremento della pressione fiscale complessiva.
Grafico 2.5. Struttura delle entrate pubbliche nell’UE, 1970-2000
60
50
40
42
44
46
37
Altri
Contributi sociali
30
Imposte indirette
Imposte dirette
20
10
0
1970
1980
1990
2000
Fonte: servizi della Commissione
14
2.2. L’incidenza delle finanze pubbliche sulla crescita e sull’occupazione
Questi fatti stilizzati inducono a pensare che la rapida crescita delle dimensioni del settore
pubblico, i mutamenti della composizione delle entrate fiscali e della spesa pubblica e la
persistenza di elevati disavanzi strutturali che hanno gonfiato il debito pubblico siano tutti
fattori che spiegano i risultati poco soddisfacenti sotto il profilo della crescita e
dell’occupazione registrati dall’UE negli ultimi decenni. Tuttavia l’impatto delle finanze
pubbliche sulla crescita e sull’occupazione non è così lineare. Questo perché i governi
perseguono contemporaneamente più obiettivi attraverso un’ampia gamma di misure, il che
rende molteplici e complesse le ripercussioni della situazione delle finanze pubbliche
sull’economia reale.
Inoltre, la crescita e la creazione di posti di lavoro a lungo termine sono influenzate da una
lunga serie di fattori diversi dalle finanze pubbliche. In particolare, il funzionamento dei
mercati dei prodotti, dei capitali e del lavoro e l’evoluzione demografica svolgono anch’essi
un ruolo fondamentale. Gli effetti delle finanze pubbliche sulla crescita e sull’occupazione
dipendono dall’interazione tra le politiche di bilancio e l’assetto regolamentare generale
come pure dalle reazioni del settore privato agli interventi pubblici. Inoltre, per quanto
riguarda l’incidenza dell’entità della spesa sulla crescita e sull’occupazione, i confronti
internazionali possono essere fuorvianti. Stabilire correlazioni dirette tra crescita e
dimensioni del settore pubblico nei vari paesi può portare a conclusioni ambigue, mentre
compiti svolti efficientemente dal settore pubblico in un paese possono essere demandati al
settore privato in altri.
Nonostante la complessità di questa interrelazione, nella letteratura economica il rapporto
tra finanze pubbliche e crescita e occupazione è ampiamente documentato. Le finanze
pubbliche possono promuovere la crescita potenziale e l’occupazione 1) contribuendo
all’accumulazione di capitale fisico e umano, 2) distribuendo opportuni incentivi attraverso i
sistemi fiscale e previdenziale e 3) assicurando la stabilità del contesto macroeconomico.
L’accumulazione dei fattori produttivi. Lo Stato contribuisce direttamente
all’accumulazione dei fattori investendo in capitale fisico (infrastrutture), umano (istruzione
e formazione) e conoscitivo (R&S e innovazione). Anche la spesa sociale svolge un suo
ruolo, in particolare sostenendo gli investimenti in capitale umano. Gli investimenti pubblici
possono anche avere un effetto indiretto positivo sull’accumulazione dei fattori nel suo
complesso se integrano gli investimenti privati. Per esempio, la messa a disposizione di
infrastrutture efficienti (di trasporto, energetiche e di altro tipo) può accrescere la
produttività degli investimenti del settore privato e attrarre investimenti supplementari.
Questa complementarità può essere rafforzata attraverso partenariati tra settore pubblico e
privato che accrescono l’efficienza degli investimenti pubblici, introducendo considerazioni
attinenti al rapporto costi/benefici, e che, allo stesso tempo, garantiscono che valutazioni di
utilità sociale vengano inglobate nelle decisioni d'investimento del settore privato.
A priori, la spesa pubblica destinata all’accumulazione di capitale ha un effetto positivo
sulla crescita e l’occupazione. Tuttavia, gli effetti potenzialmente favorevoli alla crescita
degli investimenti pubblici possono essere vanificati dalla reazione degli operatori privati.
Quel che conta, in definitiva, per la crescita economica non è l’accumulazione pubblica di
fattori produttivi di per sé, bensì l’accumulazione totale (pubblica e privata) dei fattori. Un
15
aumento degli investimenti pubblici avrà un effetto limitato o persino negativo sulla crescita
se spiazza gli investimenti privati. Questi effetti di spiazzamento possono prodursi per
diverse ragioni:
• La fornitura di beni e servizi da parte del settore pubblico dovrebbe essere limitata ai
settori nei quali vi sono evidenti ragioni che giustificano l’intervento pubblico e non
dovrebbe inibire attività economiche che potrebbero essere svolte in modo più efficiente
dal settore privato. Tutti avranno presenti i casi in cui l’intervento pubblico è stato
associato a leggi che precludevano l’accesso al mercato e all’uso abusivo della
concessione di diritti esclusivi, con l’effetto di impedire una partecipazione ottimale del
settore privato. Il processo di liberalizzazione e privatizzazione degli ultimi anni ha
trasformato una serie di settori nei quali l’intervento del settore pubblico era finora
giustificato da una situazione di monopolio naturale. Molti dei settori dei prodotti e dei
servizi recentemente liberalizzati sono all’avanguardia nell’adozione delle nuove
tecnologie e nella creazione di posti di lavoro ad elevato valore aggiunto. Tuttavia,
l’esigenza di un intervento pubblico non è venuta del tutto meno. In particolare attraverso
l’opera di regolamentazione le autorità pubbliche svolgono una funzione fondamentale
per assicurare l’efficiente funzionamento dei mercati interessati, evitando abusi di
posizione dominante.
• Il contributo degli investimenti pubblici alla crescita e all’occupazione dipende anche da
come questi investimenti sono finanziati. In passato, una parte della spesa pubblica è
stata finanziata attraverso disavanzi di bilancio che hanno portato all’accumulazione di
un ingente stock di debito pubblico. I titoli del debito pubblico costituiscono un
investimento relativamente privo di rischi e, per questa loro caratteristica, riducono
l’appetibilità di investimenti privati più rischiosi. Inoltre, un elevato livello del debito
esercita una pressione al rialzo dei tassi d’interesse che, aumentando il costo del capitale,
diminuisce ulteriormente il numero dei progetti d’investimento privato redditizi. Di
conseguenza un debito crescente può frenare l’accumulazione complessiva di capitale e
impedire all’economia di incorporare le nuove tecnologie al ritmo necessario per
mantenere la competitività e la creazione di posti di lavoro ad alta produttività.
• Inoltre, i benefici della spesa pubblica possono essere vanificati se essi vengono
finanziati attraverso imposte che producono distorsioni, scoraggiando gli investimenti e
la creazione di occupazione (vedi sotto).
Queste considerazioni sul potenziale effetto di spiazzamento degli investimenti privati
evidenziano quanto sia importante accrescere l’accumulazione di capitale pubblico
attraverso la ristrutturazione della spesa pubblica, come raccomandato dal Consiglio
europeo di Lisbona.
Offrire gli incentivi giusti attraverso i sistemi fiscali e previdenziali. Intervenendo sugli
incentivi a lavorare, risparmiare e investire, i sistemi fiscali e previdenziali incidono
sull’accumulazione dei fattori nel settore privato e, di conseguenza, sulla crescita e
sull’occupazione. Il sistema di protezione sociale contribuisce a correggere le deficienze del
mercato offrendo un’assicurazione contro la disoccupazione e la malattia e una rendita per
gli anziani, e promuovendo così una più efficiente allocazione delle risorse. Un sistema di
protezione ed assistenza sociale ben congegnato può incrementare l’efficienza economica.
Prestazioni quali, per esempio, l’assicurazione contro la disoccupazione o gli assegni
familiari, come anche le politiche di promozione dell’integrazione sociale, possono
16
accrescere il tasso di partecipazione e l’offerta di lavoro, favorendo nel contempo
l’accettazione sociale delle riforme strutturali.
Tuttavia questi effetti positivi possono essere compensati da effetti negativi sull’offerta e
sulla domanda di lavoro. Per esempio, prestazioni di disoccupazione generose e
incondizionate ed erogabili per un periodo molto lungo, se non sono combinate con un
sostegno al collocamento e con un controllo della disponibilità a lavorare, possono dar
luogo a trappole di dipendenza dai benefici sociali e trappole di disoccupazione all’estremità
inferiore della scala salariale. I regimi di prepensionamento, pur costituendo una rete di
sicurezza per i lavoratori più anziani nei momenti di crisi, impediscono loro di rientrare nel
mercato del lavoro nelle fasi di espansione o li incoraggiano ad abbandonare
prematuramente il mercato del lavoro. Nell’insieme, le esperienze concrete accumulate in
Europa e fuori supportano la tesi che le riforme dei sistemi fiscali e previdenziali, comprese
quelle relative alle modalità di erogazione delle prestazioni, possono incrementare i tassi di
partecipazione e di occupazione.
Per quanto riguarda la tassazione, imposte elevate sul fattore lavoro all’estremità inferiore
della scala salariale, combinate con sgravi fiscali rilevanti al di sotto di una certa soglia e il
brusco ritiro di prestazioni al di sopra di un certo reddito, sono fonte di trappole della
povertà e di una più bassa accumulazione del capitale umano. Se una riduzione della
pressione fiscale complessiva può avere un impatto positivo sugli investimenti privati, essa
può avere effetti più profondi se le riduzioni sono applicate a imposte aventi un elevato
potere distorsivo (cfr. sotto, parte 4). Sgravi fiscali mirati all’estremo inferiore della scala di
produttività farebbero crescere l’incentivo delle imprese ad assumere lavoratori non
qualificati.
Un approccio globale alla riforma dei sistemi fiscali e previdenziali costituisce un altro
fattore decisivo per il miglioramento delle prospettive di crescita a lungo termine. Attuando
le riforme secondo un piano globale gli Stati membri possono produrre effetti positivi sulla
crescita e sfruttare le possibilità di interazione offerte dall’attuazione di strategie politiche
coerenti nei diversi settori. Riforme di ampio respiro che incentivino la partecipazione della
forza lavoro e la formazione di capitale umano possono anche promuovere il potenziale di
innovazione dell’economia, promuovere lo spirito imprenditoriale e dare impulso agli
investimenti e all’innovazione nel settore privato.
Assicurare la stabilità del quadro macroeconomico. Per mantenere un quadro
macroeconomico favorevole alla crescita e all’occupazione occorre una forte disciplina di
bilancio, vale a dire bilanci che rimangano complessivamente in equilibrio nell’arco del
ciclo economico e un debito pubblico basso o costantemente decrescente. Nel contesto
dell’UE, ciò significa un rapporto debito/PIL nettamente al di sotto del valore di riferimento
del 60%.
La disciplina di bilancio influenza la crescita e l’occupazione attraverso vari canali, diretti e
indiretti.
Per quanto riguarda i canali diretti, una sana situazione delle finanze pubbliche,
coadiuvando la politica monetaria nel suo compito di mantenere stabili i prezzi, può tradursi
in tassi d’interesse più bassi, che a loro volta possono stimolare gli investimenti privati,
portando ad una maggiore crescita dello stock di capitale nel medio e nel lungo periodo. In
secondo luogo, la progressiva riduzione del debito pubblico abbasserà l’onere degli
interessi, offrendo un margine per la riduzione di imposte distorsive e/o l’incremento della
17
spesa pubblica produttiva: come illustrato sopra, questi due tipi di interventi possono
agevolare l’accumulazione dei fattori. Un altro canale diretto è rappresentato dal risparmio
aggregato, che è la somma del risparmio privato e di quello pubblico. Dato che l’aumento
del risparmio pubblico accresce il risparmio nazionale aggregato, possono rendersi
disponibili risorse aggiuntive per gli investimenti produttivi.
La disciplina di bilancio incide anche indirettamente sulla crescita e sull’occupazione
perché garantisce stabilità macroeconomica. Innanzitutto, può indurre aspettative di
stabilizzazione dell’inflazione, riducendo le incertezze e rendendo più prevedibili le
prospettive sulle quali risparmiatori ed investitori fondano i loro piani a lungo termine. In
secondo luogo, la disciplina di bilancio permette ai governi di lasciare che gli stabilizzatori
automatici operino pienamente nelle fasi negative del ciclo, riducendo l’ampiezza delle sue
oscillazioni. La capacità di far fronte alle fasi discendenti del ciclo è particolarmente
importante nell’ambito dell’UEM in quanto, data la perdita dell’autonomia monetaria
nazionale, la politica di bilancio potrebbe dover svolgere un ruolo più importante nel
contribuire ad attenuare le variazioni del ciclo economico. Infine, il conseguimento
dell'equilibrio delle finanze pubbliche sarà utile per far fronte al problema di bilancio a
lungo termine posto dall’invecchiamento della popolazione. Un più basso livello del debito
pubblico ridurrà la spesa per interessi e compenserà quindi in parte l’aumento della spesa
pubblica per le pensioni e per l’assistenza sanitaria. Se non si affronterà l’invecchiamento
della popolazione partendo da una situazione sana delle finanze pubbliche, è possibile che ci
si troverà costretti in futuro ad inasprire la pressione fiscale fino a livelli insostenibili, che
ostacoleranno la crescita e la creazione di posti di lavoro.
18
3. MANTENERE FINANZE PUBBLICHE SANE NELLA TERZA FASE DELL'UEM
3.1. Le nuove sfide in materia di bilancio
Nella sezione precedente si è sottolineato il contributo che finanze pubbliche sane possono
dare alla crescita e all'occupazione, sia direttamente (liberando risorse per un'ulteriore
accumulazione di fattori produttivi da parte del settore pubblico e di quello privato), sia
indirettamente (creando quella stabilità che attira risparmiatori e investitori e permettendo di
fronteggiare meglio gli shock economici). Arrivare a bilanci con un saldo "prossimo al
pareggio o positivo", come richiesto dal Patto di stabilità e crescita (PSC), è un prerequisito
essenziale per creare le condizioni che consentano di realizzare gli obiettivi del Consiglio
europeo di Lisbona.
Il risanamento dei bilanci è proseguito nel corso della terza fase dell'UEM nel quadro del
PSC. I risultati del 2000 hanno superato le aspettative e il disavanzo delle amministrazioni
pubbliche nel complesso dell'UE è sceso dallo 0,7% del PIL del 1999 allo 0,1%. Sebbene si
tratti di risultati positivi, la riduzione del disavanzo è attribuibile in buona parte all'aumento
delle entrate dovuto alla ripresa economica, piuttosto che alla diminuzione della spesa. Per i
prossimi anni si prevede un'ulteriore, seppure lenta, riduzione dei disavanzi di bilancio. In
base ai programmi di stabilità e convergenza, l'attuale disavanzo nell'area dell'euro dovrebbe
ridursi fino a raggiungere quasi il pareggio per l'insieme dell’UE entro il 2003. Questo
significa che l'obiettivo a medio termine del PSC è alla portata di tutti gli Stati membri.
La realizzazione ed il mantenimento dell'obiettivo del PSC di bilanci con un saldo
prossimo al pareggio o positivo determineranno una rapida riduzione dello stock del debito
pubblico. La diminuzione degli interessi sul debito pubblico creerà così un margine che
consentirebbe di operare una riduzione delle imposte e potrebbe parzialmente compensare
l'aumento della spesa futura per le pensioni e l'assistenza sanitaria dovuto
all'invecchiamento della popolazione. Inoltre, la diminuzione del debito pubblico
renderebbe le finanze pubbliche meno vulnerabili di fronte alle variazioni dei tassi
d'interesse, fatto che riveste un'importanza particolare soprattutto nel caso degli Stati
membri con un rapporto debito/PIL superiore al 100%. In diversi Stati membri, inoltre, il
rapporto debito/PIL è ancora vicino al valore di riferimento del 60%, ben al di sopra quindi
dei livelli registrati in passato.
Con il progressivo avvicinarsi dei vari paesi al pareggio di bilancio si potrebbe determinare
un più ampio margine per un alleggerimento della pressione fiscale che, a sua volta,
potrebbe contribuire notevolmente all'aumento del prodotto potenziale e dell'occupazione.
Questo processo è già in corso. Per arrivare ad una riduzione permanente della pressione
fiscale è tuttavia fondamentale trovare il giusto equilibrio tra riduzione delle imposte,
investimenti nei servizi pubblici e sostegno al risanamento dei bilanci. Sarebbe infatti
controproducente procedere ora a riduzioni delle imposte, salvo poi rendersi conto che esse
non sono sostenibili nell'arco del ciclo economico o nel lungo termine e che un'eventuale
recessione renderebbe necessaria un'inversione di tendenza.
19
In una prospettiva più a lungo termine, gli Stati membri devono prepararsi alle implicazioni
economiche e di bilancio dovute all'invecchiamento della popolazione. Come delineato nel
capitolo 6, l'aumento della spesa per le pensioni pubbliche e per l'assistenza sanitaria legato
all'invecchiamento della popolazione rappresenta, a lungo termine, un rischio notevole per
la sostenibilità delle finanze pubbliche in molti Stati membri. Il concetto di finanze
pubbliche sostenibili non è limitato alla capacità di finanziare l'accresciuta spesa legata
all'evoluzione demografica senza provocare un aumento dei disavanzi e del debito pubblico.
Esso include anche la necessità che i regimi pensionistici e i sistemi sanitari conducano ad
un aumento dei tassi di occupazione come pure l’esigenza di una minore pressione fiscale in
linea con gli obiettivi di Lisbona, di assicurare che non si produca uno spiazzamento di altre
componenti fondamentali della spesa pubblica e di garantire l'equità, sia all'interno di una
stessa generazione che tra generazioni. Per far fronte alle conseguenze dell'invecchiamento
della popolazione sui bilanci pubblici è necessaria una strategia di riforma di ampia portata,
che includa la riduzione del debito pubblico, riforme del mercato del lavoro volte ad
aumentare l'occupazione e la riforma dei regimi pensionistici pubblici. Sembra esservi oggi
la possibilità di procedere ad ulteriori riforme prima che si arrivi al pensionamento della
generazione del baby-boom, a partire dal 2010.
3.2. Le prospettive per il futuro e la risposta degli Stati membri
Gli Indirizzi di massima per le politiche economiche del 2000 riconoscono le sfide a breve e
medio termine individuate sopra in relazione alle finanze pubbliche, ed in particolare la
necessità di procedere ad una ristrutturazione della spesa e ad un alleggerimento della
pressione fiscale pur rafforzando l'impegno per il risanamento dei bilanci. La parte restante
della presente sezione esamina se gli Stati membri sono sulla strada giusta per far fronte a
questi impegni nei tempi previsti.
Raggiungere l'obiettivo del PSC prima del termine fissato
Ci si attende che gli Stati membri realizzino risultati migliori rispetto agli obiettivi fissati
per il 2001 nei programmi di stabilità e convergenza. Le previsioni dell'autunno 2000
ipotizzano infatti per l'UE un bilancio in pareggio nel 2001, laddove gli aggiornamenti
1999/2000 dei programmi di stabilità e convergenza prevedevano un disavanzo dello 0,7%
del PIL. Ciò non dovrebbe tuttavia indurre a concludere che gli Stati membri abbiano
conseguito risultati migliori rispetto agli obiettivi del PSC. Infatti, se si considera che la
situazione di partenza nel 1999 era migliore del previsto e che, sia nel 2000 che nel 2001, la
crescita sarà superiore a quanto ipotizzato nei programmi, gli Stati membri dovrebbero in
media essere in grado di superare gli obiettivi del PSC dello 0,9% del PIL senza la necessità
di ulteriori aggiustamenti.
Le previsioni d'autunno inducono pertanto a ritenere che in taluni Stati membri si sia avuto
un rilassamento della politica di risanamento delle finanze pubbliche rispetto all'impegno
'effettivo' implicito nei loro programmi di stabilità e convergenza. Può essere quindi
necessario un ulteriore sforzo di risanamento da parte degli Stati membri affinché vengano
rispettati gli Indirizzi di massima per le politiche economiche che prevedono, qualora
opportuno, un riequilibrio dei bilanci che vada oltre i requisiti minimi stabiliti dal Patto di
stabilità e crescita.
20
Le riduzioni delle imposte rispondono a criteri di prudenza e sostenibilità?
Negli aggiornamenti 1999-2000 dei programmi di stabilità e convergenza, nonché in
dichiarazioni specifiche in relazione ai progetti di bilancio per il 2001, gli Stati membri
hanno delineato ulteriori piani per ridurre la pressione fiscale complessiva e riformare i loro
sistemi fiscali (cfr. capitolo 4).
La relazione della Commissione Le finanze pubbliche nell'UEM – 2000 ha individuato
quattro criteri per stabilire se le riforme fiscali possono condurre ad una riduzione
sostenibile della pressione fiscale mantenendo al tempo stesso l'impegno per la disciplina di
bilancio. Si tratta dei seguenti criteri: 1) gli Stati membri devono rispettare l'obiettivo a
medio termine di un saldo di bilancio 'prossimo al pareggio o positivo', o almeno registrare
progressi in tal senso; 2) le riforme dovrebbero tenere conto della situazione congiunturale e
non essere improntate ad un orientamento prociclico; 3) si devono prendere in
considerazione il livello del debito pubblico e la sostenibilità a lungo termine delle finanze
pubbliche; 4) le riduzioni delle imposte dovrebbero rientrare in un pacchetto di riforme di
ampio respiro. Il rispetto di questi criteri contribuirebbe ad assicurare che le riforme fiscali
abbiano ripercussioni durature e positive sulla crescita e l'occupazione.
Il primo criterio implica che riduzioni fiscali non accompagnate da misure di
compensazione sono possibili solo negli Stati membri che hanno già raggiunto l'obiettivo a
medio termine di un saldo di bilancio 'prossimo al pareggio o positivo'. In caso contrario, le
riduzioni delle imposte devono essere affiancate da riduzioni della spesa di valore
equivalente o se possibile superiore, per poter continuare a fare passi avanti verso l'obiettivo
del PSC. Sebbene notevoli progressi siano stati compiuti per quanto riguarda il rispetto della
regola del saldo di bilancio 'prossimo al pareggio', taluni paesi hanno ancora molta strada da
percorrere. In particolare, si prevede che nel 2001 i disavanzi depurati dagli effetti del ciclo
rimangano ad un livello pari o superiore all'1% del PIL in sei Stati membri (D, F, I, A, P,
EL).
Il secondo criterio sottolinea l'importanza di evitare un indebito deterioramento strutturale
delle finanze pubbliche che impedirebbe agli stabilizzatori automatici di attenuare le
oscillazioni congiunturali. Come parametro di valutazione si possono prendere le variazioni
registrate nel corso del ciclo dal saldo primario di bilancio depurato del ciclo. Tra il 2000 e
il 2001 si prevede una riduzione dell'avanzo primario depurato del ciclo dal 3,5% al 3,1%
nell'UE nel suo complesso. Questo dato potrebbe indurre a ritenere che vi sia un
rilassamento della politica di bilancio in una fase in cui il differenziale tra prodotto effettivo
e potenziale sta diventando positivo nella maggior parte degli Stati membri.
Per evitare un simile allentamento prociclico, può rivelarsi necessario compensare le
riduzioni delle imposte con corrispondenti riduzioni della spesa. Le situazioni economiche e
di bilancio variano tuttavia da un paese all'altro e la portata, i tempi ed il ritmo di ulteriori
aggiustamenti dovranno essere adattati alle specifiche realtà nazionali. Per i paesi che
presentano disavanzi strutturali ed un elevato rapporto debito/PIL può essere necessario
incentrare gli sforzi sul risanamento del bilancio, per altri Stati membri può essere invece
21
più importante rimediare alla carenza di investimenti del settore pubblico. Ciascun paese
deve determinare quale combinazione di investimenti nei servizi pubblici e di riforme fiscali
risulterà più efficace per aumentare il prodotto potenziale e l'occupazione. È fondamentale
trovare il giusto equilibrio, che tenga in debito conto la posizione nel ciclo economico e la
situazione di partenza.
Il terzo criterio richiede che si tenga conto del livello del debito pubblico e della
sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. È chiaro che gli Stati membri con un
debito vicino o superiore al 100% del PIL dovrebbero ritenere prioritaria la sua riduzione
prima di prendere in considerazione significative diminuzioni delle imposte. Del resto, per
gli Stati membri con livelli di debito pari o inferiori al valore di riferimento del 60%,
l'accelerazione del ritmo di riduzione del debito potrebbe rientrare in una strategia globale di
preparazione all'aumento dei costi legati all'invecchiamento della popolazione. Valutare le
riduzioni delle imposte alla luce delle conseguenze dell'invecchiamento della popolazione
per i bilanci pubblici non è un'operazione semplice. Le stime disponibili (cfr. capitolo 6)
mostrano che, ad eccezione di alcuni paesi, l'invecchiamento della popolazione potrebbe
determinare un sensibile aumento della spesa pubblica. La fiducia nella sostenibilità a lungo
termine delle finanze pubbliche sarà compromessa se le riforme fiscali già annunciate non
saranno accompagnate da un'analoga determinazione nell'affrontare gli squilibri strutturali
relativi al finanziamento delle pensioni e dell'assistenza sanitaria.
Il quarto criterio invita ad inserire le riforme fiscali in un pacchetto di riforme di più ampia
portata. Le riduzioni delle imposte dovrebbero, ad esempio, essere indirizzate in prevalenza
ai settori in cui producono effetti positivi sul piano dell'offerta ed essere accompagnate da
riforme dei sistemi previdenziali per poter incentivare maggiormente l'occupazione e
l'attività imprenditoriale.
Valutazione generale
Il recente andamento dei bilanci mostra chiaramente che l'UE è sulla strada giusta.
L'obiettivo del PSC di un saldo di bilancio "prossimo al pareggio o positivo" sembra essere
realizzabile e il debito pubblico continua a diminuire in maniera costante. Al tempo stesso,
si stanno introducendo riforme per alleggerire la pressione fiscale rispetto ai suoi livelli
attuali, vicini ai massimi storici. Tuttavia, taluni Stati membri devono compiere ulteriori
progressi al fine di rispettare l'obiettivo del PSC di un saldo di bilancio "prossimo al
pareggio", vi è il rischio di un orientamento fiscale prociclico ed il debito pubblico continua
a restare a livelli elevati. Nel complesso, sulla base di quattro criteri obiettivi, anche negli
Stati membri in cui le riduzioni delle imposte sono più opportune, sembra necessario
accompagnarle con riduzioni della spesa pubblica. L'esperienza passata ha dimostrato che
affinché le riduzioni delle imposte siano permanenti (e non vi sia quindi la necessità di
un'inversione di tendenza in caso di rallentamento dell'economia), esse devono essere
accompagnate da riforme della spesa che affrontino direttamente i problemi alla base
dell'elevata pressione fiscale. Dopo aver dimostrato la capacità di procedere al risanamento
dei loro bilanci in vista della realizzazione dell'UEM, in un contesto economico tutt'altro
che favorevole, gli Stati membri devono ora dimostrare la loro immutata volontà di
perseguire una politica di bilancio responsabile anche durante una fase economica positiva.
22
4. VERSO SISTEMI FISCALI E PREVIDENZIALI PIÙ FAVOREVOLI ALL'OCCUPAZIONE
4.1. La struttura dei sistemi fiscali e previdenziali nell'UE
L'interazione tra i sistemi fiscali e previdenziali ed il mercato del lavoro
La ricerca di politiche in grado di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e
l'attuale dibattito sulla revisione dello Stato sociale in Europa sono tra loro collegati. Il
legame è costituito dalle ripercussioni sul comportamento dei soggetti economici degli
effetti – incentivo dei sistemi fiscali e previdenziali. A livello politico è diffusa la
convinzione che ridurre gli effetti disincentivanti dei sistemi fiscali e previdenziali sia della
massima importanza per risolvere il problema dell'elevata disoccupazione strutturale. Si
avverte l'esigenza di un migliore equilibrio tra gli obiettivi di equità e quelli di efficienza di
tali sistemi. Nell’ambito dei primi rientra l’esigenza di assicurare, attraverso meccanismi di
ridistribuzione finanziati con le imposte, un reddito adeguato per evitare il fenomeno dei
"lavoratori poveri", nonché di ridurre le disuguaglianze dei redditi. I secondi si riferiscono
alla necessità di incrementare gli incentivi volti a far sì che lavorare convenga.
Le ripercussioni dei sistemi fiscali e previdenziali sull'offerta di lavoro si manifestano in
particolare attraverso due canali. Un primo canale é rappresentato dal livello dei sussidi
rispetto al reddito da lavoro, fattore che può influenzare la decisione di partecipare al
mercato del lavoro e far scattare la cosiddetta "trappola della disoccupazione". Il secondo é
legato all'aumento del reddito disponibile (tenuto conto dell'effetto combinato della
maggiore imposizione fiscale e della soppressione di sussidi legati al reddito) a seguito di un
incremento del reddito da lavoro, nonché il suo impatto sull'impegno lavorativo o sulle ore
lavorate (la cosiddetta "trappola della povertà").
Per quanto riguarda l'offerta, è difficile fornire una previsione esatta circa la portata e la
direzione della reazione dell'offerta di lavoro in risposta alle variazioni delle imposte. Vi
sono tuttavia prove sufficienti del fatto che le variazioni del livello impositivo sono
importanti per determinati gruppi di persone, in particolare coppie in cui un coniuge non
lavora (di solito le donne sposate), famiglie monoparentali e lavoratori poco qualificati.
Per quanto concerne la domanda, le politiche fiscali che aumentano il costo del lavoro per i
datori di lavoro tendono a diminuire la redditività e la competitività, riducendo in tal modo
la domanda di lavoro e l'occupazione. Inoltre, le politiche fiscali che riducono i prezzi degli
altri fattori produttivi diversi dal lavoro tendono a modificare l'intensità relativa di tali fattori
a discapito del lavoro stesso. Ciò vale in particolare per la manodopera meno qualificata, per
la quale il grado di sostituzione con il capitale è più elevato che per i lavoratori specializzati.
Per tale ragione un'attenzione particolare va riservata al grado di imposizione fiscale sui
lavoratori meno qualificati. Essi rappresentano infatti il segmento del mercato del lavoro
maggiormente esposto al rischio delle trappole della "povertà" o della "disoccupazione"
quando lavorare non conviene, nonché quello per il quale la domanda è più sensibile al
costo.
23
Panoramica dei sistemi fiscali e previdenziali
Sulla base delle aliquote fiscali implicite5 sul lavoro dipendente, negli ultimi trent'anni la
pressione fiscale complessiva sul lavoro nell'UE ha registrato un aumento costante. Nel
1970, i contributi sociali e le imposte sul reddito delle persone fisiche rappresentavano poco
meno del 30% del costo totale del lavoro. Dieci anni dopo, nel 1980, tale valore era pari al
35% e ha raggiunto un picco di circa il 42% nel 1996-97. Da allora, la pressione fiscale
media sul lavoro nell'UE è in diminuzione e il valore previsto per il 2002 è pari al 40% (cfr.
grafico 4.1). La pressione fiscale è rappresentata per quasi tre quarti da contributi sociali
(CS)6. Negli USA, la pressione fiscale sul lavoro è pari al 25% ed è ripartita equamente tra
contributi sociali ed imposte sul reddito delle persone fisiche. All'interno dell'UE, le aliquote
fiscali implicite sono significativamente superiori alla media in S, B, DK, D e F, mentre
aliquote piuttosto basse si registrano in IRL e UK.
Grafico 4.1. Aliquote fiscali implicite sul lavoro dipendente nell'UE e negli USA, 19802002
45,0
UE
40,0
35,0
30,0
USA
25,0
20,0
1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002
Fonte: servizi della Commissione
Anche la pressione fiscale sul lavoro scarsamente retribuito, una causa importante della
disoccupazione dei lavoratori meno qualificati, è decisamente più elevata nell'UE che negli
USA (cfr. Tabella 4.1). Solo in IRL, L e UK le aliquote fiscali medie sui salari bassi e medi
sono simili o inferiori a quelle degli USA. In A, B, DK, D, FIN, F, I e S, i contributi sociali
e le imposte sul reddito delle persone fisiche rappresentano il 40% o più del costo di un
singolo lavoratore senza figli che percepisca il 67% del salario medio (SM). La maggior
parte di questa elevata pressione fiscale sul lavoro scarsamente retribuito è determinata dai
5
6
L'aliquota fiscale implicita è data dal rapporto tra imposte sul lavoro dipendente (imposte sul reddito
da lavoro delle persone fisiche e contributi sociali) e costo totale del lavoro.
In Europa, i contributi sociali sono determinati principalmente da principi assicurativi, in quanto
generano diritti a prestazioni assicurative e previdenziali individuali. In alcuni paesi industrializzati,
come gli USA, l'assicurazione sociale è in parte finanziata su base privatistica.
24
contributi sociali, mentre la parte imputabile alle imposte sul reddito delle persone fisiche è
relativamente bassa.
Tabella 4.1. La pressione fiscale sui salari bassi e medi
(Imposte sui redditi e contributi sociali nel 1999 in percentuale sul costo del lavoro)
(1)
(2)
(3)
(4)
B
34.9
41.3
51.2
52.4
DK
14.6
31.0
40.9
40.9
D
31.1
34.5
47.0
47.0
EL
34.3
36.8
35.2
36.5
E
28.4
30.3
32.6
36.2
F
31.5
38.8
40.4
43.5
IRL
-5.2
19.9
21.5
24.7
I
28.2
37.4
44.2
44.7
L
4.7
11.4
30.0
27.9
NL
21.8
34.2
40.3
41.1
A
19.0
31.8
41.7
43.7
P
22.0
26.0
30.3
32.1
FIN
27.6
40.3
43.3
45.4
S
40.9
44.5
48.8
49.7
UK
14.2
23.8
26.2
25.5
US
12.6
24.5
29.3
29.8
JAP
14.7
14.7
18.3
18.4
(1) lavoratore single con due bambini, con un reddito
pari al 67% del salario medio
(2) coppia sposata con due figli e lavoratore single con
salario medio.
25
(3) lavoratore single senza figli, con un salario pari al
67% del salario medio.
(4) coppia sposata con due figli e due lavoratori con
salari ridivisi tra loro al
100% e al 67% del salario medio
Dal punto di vista degli incentivi volti ad aumentare l'offerta di lavoro, ed in particolare al
fine di valutare i rischi della "trappola della povertà", le aliquote fiscali marginali7 sono più
importanti delle aliquote medie. Nel periodo 1997-99, la maggior parte degli Stati membri
(ad eccezione di D, L e S) sono riusciti a ridurre le aliquote fiscali marginali sulle
retribuzioni basse e medie. La riduzione maggiore si è avuta in E, IRL e NL. Ciò nonostante
le aliquote marginali, comprese tra il 40% e il 50%, rimangono elevate e lo sono ancora di
più in B, D, DK, FIN, NL. Nella maggioranza degli Stati membri, tuttavia, l'aliquota fiscale
marginale è inferiore a quella degli USA.
Le distorsioni determinate dalle imposte dipendono in gran parte dalla loro interazione con i
sistemi previdenziali. In molti paesi gli assegni familiari ed altri sussidi sono calcolati in
relazione al reddito dei beneficiari. Pertanto, con l'aumento del reddito, i sussidi vengono
gradualmente ridotti, il che equivale ad un'imposta addizionale che può far aumentare
l'aliquota marginale a livelli estremamente elevati, scoraggiando in tal modo qualsiasi sforzo
per lavorare di più.
Per quanto concerne la spesa pubblica complessiva per la previdenza sociale, questa è
diminuita in percentuale del PIL nella maggior parte degli Stati membri dal 1993,
prevalentemente per via della contrazione della quota dei sussidi destinati alla popolazione
in età lavorativa. Tale riduzione della spesa previdenziale può essere attribuita ad una serie
di fattori, tra cui la normale evoluzione congiunturale della crescita economica e della
disoccupazione e, in misura minore, le riforme dei sistemi previdenziali.
Nel 1997, i trasferimenti totali sono ammontati a circa il 19% del PIL nell'UE nel suo
complesso. Solo nei paesi con un livello di reddito più basso (EL, E, IRL, P) la quota dei
trasferimenti complessivi in percentuale del PIL era sensibilmente inferiore alla media (cfr.
tabella 4.2). Nel complesso, un quarto dei trasferimenti sociali è destinato a persone in età
lavorativa, sotto forma di sussidi di invalidità, disoccupazione e assistenza sociale. Di queste
tre voci, la terza è relativamente marginale. I sussidi di disoccupazione rappresentano più
del 3% del PIL in B, DK, NL e FIN. Solo in NL e FIN i sussidi per invalidità sono superiori
al 3% del PIL.
7
L'OCSE calcola l'aliquota fiscale marginale come la maggiorazione delle imposte sul reddito delle
persone fisiche e dei contributi sociali a carico del lavoratore in caso di aumento del salario lordo. Si
tratta di un'aliquota marginale combinata (esplicita e implicita), in quanto prende in considerazione la
soppressione degli assegni familiari e dei crediti d'imposta commisurati al reddito. Per informazioni
più dettagliate su questo ed altri punti discussi nel presente capitolo, cfr. comunicazione al CPE
"Reforms in tax benefit systems in order to create employment incentives" ("Riforme dei sistemi
fiscali e previdenziali al fine di creare incentivi per l'occupazione"), ECFIN/0590/00-EN.
26
Tabella 4.2. Trasferimenti sociali nell'UE, 1993-1997 (% PIL)
Trasferimenti totali
Trasferimenti a
persone in età
lavorativa(1)
1997
20,0
18,9
20,0
15,2
15,0
19,8
10,3
19,4
n.d.
21,0
19,8
12,7
19,6
19,6
17,8
18,8
1993-97 1997-99 (2)
-1,2
-0,4
-1,1
-1,1
0,6
-0,3
0,7
0,1
-2,3
-0,8
0,2
-0,3
-2,3
-0,6
0,9
0,1
n.d.
-0,2
-2,9
-1,2
-0,6
-0,5
0,7
0,1
-4,3
-1,9
-3,5
-0,7
-1,3
-1,0
-0,4
-0,5
1997
5,4
6,8
4,6
1,7
4,2
3,7
3,7
1,9
n.d.
7,4
3,3
3,4
7,4
6,2
3,7
4,0
1993-97
-0,7
-2,1
-0,1
-0,1
-2,3
-0,3
-0,6
-0,4
n.d.
-1,2
0,3
-0,1
-2,5
-1,2
-0,8
-0,6
Disoccupazione
Variazione
Variazione
Variazione
Variazione Variazione
B
DK
D
EL
E
F
IRL
I
L
NL
A
P
FIN
S
UK
UE-15 (3)
Invalidità
1997
1,5
2,3
1,6
1,2
1,5
1,0
0,8
1,5
n.d.
4,1
2,0
2,3
3,4
2,6
2,8
1,8
1993-97
-0,3
0,1
0,1
-0,1
-0,1
-0,1
0,0
-0,2
n.d.
-0,7
0,4
-0,2
-0,9
-0,4
0,0
-0,1
1997
3,3
3,5
2,4
0,5
2,7
2,3
2,6
0,4
n.d.
3,2
1,2
1,0
3,5
2,9
0,9
1,9
1993-97
-0,4
-2,0
-0,3
0,0
-2,2
-0,3
-0,7
-0,2
n.d.
0,2
-0,1
0,0
-1,6
-0,8
-0,8
-0,5
Fonte: Eurostat, base dati sulla protezione sociale, SESPROS.
(1) Sussidi di disoccupazione + pensioni d'invalidità + assistenza sociale.
(2) Fonte: Ameco, DG ECFIN, Commissione europea.
(3) Dati ponderati in funzione della quota del PIL reale nel 1997, ad eccezione del Lussemburgo.
Il livello e la durata dei sussidi di disoccupazione in relazione al reddito influiscono
notevolmente sulla disponibilità ad accettare un impiego qualora chi è alla ricerca di
un'occupazione abbia una possibilità di scelta. In taluni paesi (cfr. tabella 4.3) i tassi di
sostituzione netti8 per i lavoratori scarsamente retribuiti sono relativamente elevati e questo
può far scattare la cosiddetta "trappola della disoccupazione"9. Nel caso di famiglie con
figli, il reddito di un disoccupato nel primo mese è pari o superiore all'80% del reddito da
lavoro in otto paesi (DK, FIN, NL, S, L, P, F e UK). Il tasso di sostituzione netto dopo
cinque anni di disoccupazione rimane prossimo a quello del primo mese. In alcuni paesi
(FIN, NL, S, L, UK e I), è addirittura superiore a quello del primo mese e solo in EL (e F) è
decisamente inferiore. Per i lavoratori single, i tassi di sostituzione netti sono un po' più
8
9
Il tasso di sostituzione netto evidenzia il rapporto esistente tra il reddito di un lavoratore e il reddito di
un disoccupato, tenendo conto dell'impatto delle prestazioni concesse in funzione del reddito e delle
imposte pagate in ciascuna delle due condizioni. Esso viene dato dal rapporto tra reddito disponibile
derivante da prestazioni sociali in caso di disoccupazione e reddito disponibile da lavoro.
Andrebbe ricordato che anche i costi legati ad un impiego (ad esempio le spese di trasporto o quelle
per accudire i bambini) ed altri fattori, non inclusi nei tassi di sostituzione, riducono il salario netto e
diminuiscono ulteriormente l'interesse ad accettare un lavoro.
27
bassi rispetto a quelli per le famiglie con figli e tendono a diminuire più rapidamente con il
protrarsi della disoccupazione.
Gli incentivi economici ad accettare lavori scarsamente retribuiti o a tempo parziale sono
piuttosto bassi nella maggior parte dei paesi. Nel 1997, la parte del reddito marginale
assorbita dalle imposte quando un disoccupato cessava di percepire il relativo sussidio
avendo accettato un lavoro a tempo parziale (40% dell'impegno lavorativo) era
particolarmente elevata nella maggior parte dei paesi: più del 100% in metà dei paesi (L, P,
A, FIN, D, B, EL) e 80-90% in quelli rimanenti (ad eccezione della Francia: 70%). Inoltre,
gli effetti dei sistemi fiscali e previdenziali sul reddito di una famiglia dipendono dalle
caratteristiche della famiglia stessa. Nella maggior parte dei paesi gli incentivi ad accettare
un impiego per il secondo coniuge erano maggiori quando l'altro aveva già un impiego
anziché percepire un sussidio di disoccupazione. Tuttavia, anche quando vi è già un membro
della famiglia che lavora, le imposte assorbono circa il 50% dell'incremento di reddito della
famiglia (B, DK e D).
Tabella 4.3 Tassi di sostituzione netti dei disoccupati ad un livello salariale basso (67%
del salario medio) nel 1997
Coppia sposata, 2
figli, primo mese di
disoccupazione
Lavoratore single,
primo mese di
disoccupazione
Coppia sposata, 2
figli, 60° mese di
disoccupazione
Lavoratore single, 60°
mese di
disoccupazione
B
75
84
79
61
DK
95
89
92
67
D
74
69
61
75
EL
48
55
5
0
E
78
70
61
35
F
86
83
60
55
IRL
73
45
73
45
I
52
36
75
39
L
87
82
91
67
NL
90
92
94
84
A
79
57
76
54
P
86
87
86
61
FIN
94
72
100
79
S
90
77
100
84
28
UK
83
73
95
73
US
51
59
61
10
Fonte: OECD: "Benefit Systems and Work Incentives", Parigi, 1999
4.2.
Le prospettive per il futuro e la risposta degli Stati membri
Raccomandazioni comunitarie
Il problema della disoccupazione figura tra le priorità dell'agenda politica dell'UE già
dall'adozione del Libro bianco su crescita, competitività e occupazione, nel 1993. Fin dal
1998, gli Indirizzi di massima per le politiche economiche esortano gli Stati membri a
i) rivedere e adeguare i sistemi fiscali e previdenziali al fine di assicurare che essi
sostengano attivamente la creazione di occupazione e ii) ridurre la pressione fiscale
complessiva, ed in particolare quella sui bassi salari, continuando nel contempo il processo
di risanamento dei bilanci, ad esempio attraverso una riduzione della spesa o uno
spostamento dell'imposizione verso imposte ambientali, sull'energia o sui consumi. Queste
raccomandazioni sono state incluse, dal 1998, anche negli orientamenti per l'occupazione, in
particolare negli orientamenti 4 e 14. Anche la comunicazione Una strategia concertata per
modernizzare la protezione sociale invita ad introdurre riforme volte a "rendere il lavoro
conveniente".
Tali raccomandazioni sono state ritenute necessarie per le ragioni seguenti:
•
il finanziamento di un'accresciuta spesa pubblica, ivi compresi quella previdenziale,
hanno contribuito a rendere eccessiva la pressione fiscale, in particolare sul lavoro e
quindi in ultima analisi a frenare la crescita e l'occupazione;
•
il livello notevolmente inferiore della pressione fiscale e dei contributi sociali in altri
paesi, come gli USA (che riflette una spesa pubblica inferiore in percentuale del PIL e
un aumento della spesa privata a fini previdenziali);
•
l'introduzione, in altri paesi, di riforme fiscali analoghe, che hanno innescato una
concorrenza fiscale sia all'interno che all'esterno dell'UE;
•
lo spostamento della domanda e dell'offerta di lavoro verso l'economia sommersa, ad
esempio, al fine di evitare la notevole pressione dovuta ad imposte e contributi sociali
elevati;
•
la crescente consapevolezza del fatto che i sistemi fiscali e previdenziali dell'UE
sembrano ridurre gli incentivi a lavorare per i soggetti con un basso potenziale di
guadagno.
In particolare quest'ultimo fattore, nonché il generale riconoscimento della necessità di far sì
che "lavorare convenga", spiegano perché una delle caratteristiche delle riforme è stata (e
dovrebbe continuare ad essere anche in futuro) la riduzione dell'imposizione sul lavoro,
specialmente su quello meno qualificato. Si avverte inoltre sempre più l'esigenza, almeno
nell'immediato futuro, di incentrare maggiormente le riforme fiscali sull'incentivazione di
risposte positive in termini di offerta di lavoro; alla luce dell'invecchiamento della
popolazione è infatti necessario un incremento sostanziale dei tassi di partecipazione e di
occupazione. Al fine di evitare indebite distorsioni nei mercati dei prodotti e in particolare
29
nel funzionamento del mercato interno, tali riforme devono essere attuate in conformità
della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato.
La riduzione della pressione fiscale sia sul capitale che sul lavoro dovrebbe aumentare
l'accumulazione di capitale fisico e di risorse umane, incrementare la partecipazione alla
forza lavoro e incentivare la domanda di lavoro. Le riduzioni generalizzate delle imposte sul
reddito delle persone fisiche possono contribuire alla moderazione salariale diminuendo il
cuneo fiscale sul lavoro. Inoltre, in numerosi Stati membri, le riforme volte a ridurre la
progressività delle imposte sul reddito possono aumentare gli incentivi a partecipare al
mercato del lavoro ai livelli più alti di reddito familiare. Questo potrebbe avere ripercussioni
in particolare su quei lavoratori altamente qualificati la cui attività costituisce la seconda
fonte di entrate in una famiglia - nella maggior parte dei casi, le donne. D'altro canto, le
riduzioni delle imposte sulle retribuzioni più basse attenueranno i rischi delle trappole della
disoccupazione e della povertà e determineranno effetti positivi sulla domanda di lavoratori
a bassa produttività a condizione che tali riduzioni delle imposte siano effettivamente
trasferite alle imprese. Inoltre, aumentando la retribuzione netta, la diminuzione delle
imposte sul lavoro contribuirà a far sì che lavorare convenga.
Per illustrare gli effetti potenziali di differenti riforme dei sistemi fiscali e previdenziali
sull'economia, la relazione Finanze pubbliche nell'UEM - 2000 presentava una serie di
simulazioni relative all'UE che utilizzavano il modello QUEST dei servizi della
Commissione. Queste simulazioni sono riassunte nel riquadro 1. Nel complesso, le riduzioni
delle imposte possono avere ripercussioni apprezzabili sulla produzione, gli investimenti e
l'occupazione. Affinché abbiano un carattere duraturo, tuttavia, tali riduzioni devono essere
accompagnate da riforme della spesa in grado di compensarle. È altresì importante che le
riduzioni delle imposte siano inserite nell'ambito di riforme economiche di ampia portata
per incrementare gli effetti positivi dello spostamento della pressione fiscale dal lavoro ad
altre basi imponibili.
Simulazione degli effetti a lungo termine delle riforme fiscali
su PIL, occupazione e investimenti
Secondo le analisi presentate nella relazione Finanze pubbliche nell'UEM - 2000, gli effetti delle riduzioni
delle imposte dipendono dal fatto che queste siano o meno accompagnate da tagli alla spesa (cfr. tabella 4.4).
Una riduzione delle imposte compensata integralmente da una riduzione della spesa pubblica può avere
ripercussioni economiche positive a lungo termine. A seconda del tipo di riforma fiscale, una riduzione delle
imposte dell'ordine dell'1% del PIL potrebbe determinare un aumento del PIL compreso tra lo 0,5% e lo 0,8%
nell'arco di 10 anni. L'occupazione potrebbe aumentare dello 0,5%-1% e anche gli investimenti sarebbero
stimolati. L'espansione economica porterebbe inoltre ad una riduzione del disavanzo pubblico pari a circa lo
0,5% del PIL dopo 10 anni. Una riduzione delle imposte non compensata da tagli alla spesa porterebbe
invece ad un aumento del disavanzo di bilancio pari a circa lo 0,75% del PIL. Questo significa che le riforme
fiscali possono autofinanziarsi solo per un quarto.
Le ripercussioni sull'occupazione sarebbero maggiori se le riduzioni delle imposte fossero incentrate sul
lavoro. Gli effetti a lungo termine sull'occupazione di una riduzione dell'1% del PIL della pressione fiscale sul
reddito da lavoro compensata da una riduzione della spesa pubblica ammontano infatti all'1% (1,5 milioni
di posti di lavoro), rispetto all'incremento dello 0,5% determinato da una riduzione generale delle imposte. Si
tratta tuttavia di un risultato che va interpretato con cautela, in quanto dipende in misura notevole dal regime di
sussidi ipotizzato. Nel complesso, gli effetti sull'occupazione sono maggiori quando il salario di riserva è
costante in termini reali che non quando i sussidi di disoccupazione sono legati ai salari netti. Nel primo caso,
la riduzione delle imposte è in parte trasferita alle imprese sotto forma di minori costi salariali. Di
conseguenza, si registra un aumento dell'occupazione senza che vi sia una riduzione dei salari netti.
30
Un'altra strategia per ridurre l'imposizione sul lavoro, in linea con gli orientamenti per l'occupazione, è uno
spostamento dall'imposizione sul reddito da lavoro alle imposte indirette, come le imposte sui consumi,
10
sull'energia e sulle attività inquinanti . Le imposte sui consumi producono distorsioni minori rispetto alle
imposte sul reddito da lavoro, in quanto colpiscono tutti i fattori produttivi e non solo il lavoro. Nel caso di
un'imposta sui consumi di beni nocivi per l'ambiente, l'imposta contribuirà a ridurre una distorsione esistente.
Gli effetti positivi non sono tuttavia immediati, poiché le ripercussioni di uno spostamento dell'imposizione dal
lavoro ai consumi dipendono in misura notevole dal sistema previdenziale in vigore ed in particolare dalle
politiche di accompagnamento nei confronti dei beneficiari di trasferimenti sociali e di sussidi di
disoccupazione. Nel complesso, la questione fondamentale è se lo spostamento dell'imposizione è trasferito
alle imprese e determina quindi una riduzione dei salari lordi. Questo elemento dipende a sua volta dal fatto
che i sussidi vengano o meno adeguati per compensare l'impatto delle imposte sul valore aggiunto sui prezzi al
consumo. Una riduzione delle imposte sul lavoro pari all'1% del PIL accompagnata da un aumento delle
imposte sul valore aggiunto determinerebbe, a lungo termine, un aumento dell'occupazione pari a quasi lo
0,7% se i beneficiari dei trasferimenti non ricevono compensazioni per la perdita di reddito subita. Se tuttavia i
beneficiari dei trasferimenti venissero compensati integralmente per gli aumenti delle imposte sul valore
aggiunto, gli effetti sull'occupazione sarebbero dimezzati.
Tabella 4.4. Effetti a lungo termine su PIL, occupazione e investimenti delle riforme fiscali (1% del
PIL)
Scenario fiscale
PIL
Lavoro Investimenti
(1) Riduzione delle imposte sul lavoro, sulle società e dell'IVA(*)
0,54
0,54
1,28
(2) Riduzione delle sole imposte sul lavoro e sulle società(*)
0,65
0,57
1,88
(3) Riduzione delle sole imposte sul lavoro(*)
0,81
0,66
0,97
0,82
1,24
0,73
0,37
0,48
0,32
(4) Spostamento dell'imposizione dal lavoro all'IVA(**)
(senza compensazione per i beneficiari di trasferimenti)
(5) Spostamento dell'imposizione dal lavoro all'IVA (***)
(con compensazione per i beneficiari di trasferimenti)
(*) Le simulazioni da (1) a (3) ipotizzano che i sussidi di disoccupazione rimangano costanti in termini di
consumi reali, vale a dire che rimanga costante il salario di riserva. In questo caso, la riduzione dell'imposta sul
lavoro viene in parte trasferita alle imprese sotto forma di minori costi salariali. Nell'ipotesi in cui i sussidi di
disoccupazione sono legati ai salari netti, gli effetti sulla produzione reale e sull'occupazione di una riforma
dell'imposta sul lavoro sarebbero meno significativi, o addirittura assenti.
(**) Questo scenario ipotizza che i disoccupati (e gli altri beneficiari di trasferimenti) non ricevano alcuna
compensazione per l'aumento dei prezzi al consumo, il che implica una riduzione del salario di riserva pari
all'aumento dei prezzi al consumo.
(***) I disoccupati (e gli altri beneficiari di trasferimenti) ricevono una compensazione per l'aumento dei prezzi
al consumo.
Le principali caratteristiche delle riforme fiscali negli Stati membri
Negli aggiornamenti dei programmi di stabilità e convergenza, nei Piani di azione nazionali
per l'occupazione, nonché in dichiarazioni più recenti relative ai progetti di bilancio per il
2001, gli Stati membri hanno ribadito la loro intenzione di ridurre la pressione fiscale
complessiva e di riformare i loro sistemi fiscali. Queste proposte, insieme ad una serie di
10
Si ritiene talvolta che uno spostamento dell'imposizione dal lavoro all'energia determini un "doppio
beneficio", riducendo contemporaneamente l'inquinamento e la disoccupazione. Lo spostamento
dell'imposizione verso i consumi dovrebbe produrre effetti positivi sull'occupazione.
31
riforme già attuate negli ultimi tre anni, sono riassunte nell'allegato A. Sebbene le riforme si
differenzino quanto a portata e profondità, la maggior parte degli Stati membri stanno
riducendo la pressione fiscale complessiva prevalentemente alleggerendo l'imposizione
diretta sul reddito delle persone fisiche e su quello delle società. Ciò nonostante, negli ultimi
anni, diversi paesi hanno anche ridotto i contributi sociali.
Dall'allegato A sembra che la tendenza generale delle politiche fiscali nell'UE vada verso
una riduzione della pressione fiscale sul lavoro. Iniziative per una riduzione delle imposte
sul reddito delle persone fisiche (riduzione delle aliquote marginali, aumento sia degli
assegni familiari che del reddito minimo esente) e riduzioni dei contributi sociali, sia a
carico dei datori di lavoro che dei lavoratori, sono già state introdotte nella maggior parte
degli Stati membri ed annunciate in altri. In alcuni casi le misure di riduzione delle imposte
hanno chiaramente carattere generale (D, ES, F, I, NL). Molte di queste consistono in una
diminuzione delle aliquote fiscali marginali applicabili al vertice e alla base della scala
retributiva (D, IRL), o talvolta a tutti gli scaglioni di reddito (NL, F, L, ES, ES, FIN, S, I).
Le riforme prevedono inoltre un aumento degli assegni familiari e soglie di esenzione più
elevate per le imposte sul reddito (UK, I, ES), affinché meno lavoratori salariati siano
soggetti all'imposizione fiscale. In certi casi (UK, NL) gli assegni familiari sono stati
trasformati in crediti d'imposta. In altri Stati membri, le misure di riduzione delle imposte
sembrano essere più orientate ad un alleggerimento della pressione fiscale sui redditi mediobassi (B, DK, EL, A, IRL e UK).
Nella maggior parte degli Stati membri, le riduzioni dei contributi sociali sono dirette più a
beneficio dei datori di lavoro che dei lavoratori (B, EL, ES, F, IRL, I, NL, FIN). Alcuni Stati
membri stanno concedendo sgravi fiscali ai datori di lavoro che creano occupazione (I, P,
EL), o più in particolare, che assumono giovani (B), disoccupati di lunga durata o lavoratori
della fascia retributiva più bassa (FIN, NL, S). Nel Regno Unito vengono concessi sussidi ai
datori di lavoro che assumono giovani in precedenza disoccupati.
Le riforme delle imposte sul reddito delle persone fisiche contribuiscono ad alleggerire
anche la pressione sul capitale, sebbene in misura minore rispetto a quella sul lavoro, poiché
le imposte sul reddito delle persone fisiche gravano anche sui redditi da capitale. Inoltre, le
misure messe in atto da numerosi Stati membri riguardano anche gli utili societari. Nella
maggior parte degli Stati membri, la riduzione delle imposte sul capitale viene realizzata
attraverso una diminuzione delle imposte sulle società e sulle plusvalenze11. In altri paesi, le
riforme sono più limitate e sono rivolte perlopiù a migliorare il funzionamento dei mercati
dei capitali e a creare incentivi in favore del capitale di rischio e degli investimenti
immateriali.
Sotto la crescente pressione della liberalizzazione dei mercati dei beni, dei servizi e dei
capitali, gli Stati membri si trovano a far fronte ad una concorrenza fiscale sempre
maggiore. Sebbene migliorare il funzionamento dei mercati dei capitali sembri essere uno
degli obiettivi principali delle riforme, è possibile che anche la concorrenza fiscale abbia
contribuito alla riduzione delle imposte sul capitale. In mancanza di un coordinamento in
materia fiscale a livello europeo, i vincoli determinati da questa concorrenza possono
continuare a costituire, a medio termine, un ostacolo che impedisce di indirizzare le riforme
11
Vale tuttavia la pena di ricordare che quest'anno la FIN ha aumentato le imposte sulle società.
32
fiscali negli Stati membri verso quei settori in cui produrrebbero gli effetti più positivi sulla
crescita e l'occupazione. L'adozione del pacchetto di misure fiscali proposto in relazione alla
tassazione del risparmio e delle imprese contribuirà ad ampliare la base imponibile e
consentirà riduzioni future delle aliquote d'imposta.
Per quanto concerne le imposte indirette, le misure finora annunciate sono state piuttosto
isolate. A prescindere da I e NL, dove sono stati annunciati aumenti generali delle aliquote
IVA, in altri Stati membri le modifiche delle imposte indirette riguardano solo una parte
modesta della base imponibile complessiva (ad esempio, una riduzione dell'IVA su taluni
settori ad elevata intensità di lavoro). Pertanto, lo spostamento dell'imposizione dal lavoro
ad altre basi imponibili, come i consumi, è stato un fenomeno molto limitato.
Le principali caratteristiche delle riforme dei sistemi previdenziali negli Stati membri
Le più recenti riforme dei sistemi previdenziali vengono presentate nell'allegato B. Per
quanto concerne i regimi relativi ai sussidi di disoccupazione, le riforme hanno riguardato in
particolare il controllo dei requisiti di ammissibilità ed il miglioramento della gestione dei
sistemi previdenziali. Nessun paese ha recentemente proceduto a riduzioni dei livelli o della
durata delle prestazioni previdenziali (un'eccezione è costituita dalla DK, dove la durata
delle prestazioni continua pur sempre ad essere una delle più lunghe). Si è registrata inoltre
una tendenza ad incrementare le prestazioni durante l'attività lavorativa o quelle legate
all'occupazione, come sussidi salariali mirati, crediti d'imposta e/o trasferimenti di
prestazioni ai datori di lavoro che assumano disoccupati. Queste riforme sembrano andare
nel senso di programmi attivi sul mercato del lavoro. Tuttavia esse consistevano perlopiù in
prestazioni supplementari concesse ai disoccupati che avessero deciso di accettare un lavoro
o di partecipare ad un programma di formazione professionale. Tra le misure in questione
figurano la possibilità che i lavoratori mantengano i sussidi di disoccupazione durante la
formazione, piani per la reintegrazione nel mondo del lavoro ed il trasferimento delle
prestazioni o la concessione di altri sussidi salariali al datore di lavoro che assuma un
disoccupato (B, D, E, NL, P, FIN, S, UK). Taluni paesi (B, P, A, FIN) si sono inoltre
impegnati ad incoraggiare il lavoro a tempo parziale come alternativa alla disoccupazione,
soprattutto rendendo meno rigide le condizioni per beneficiare di sussidi di disoccupazione
anche in caso di lavoro a tempo parziale.
Sebbene si riscontri una certa tendenza a fare un maggiore ricorso alle prestazioni durante
l'attività lavorativa o a quelle legate all'occupazione (B, F, IRL, UK), il passaggio da misure
passive a misure attive è rimasto un fenomeno limitato. Le prestazioni "passive" continuano
a rivestire una rilevante importanza ed in particolare non si è avuta un'introduzione su più
vasta scala di sussidi durante l'attività lavorativa. Inoltre, molte riforme, in particolare quelle
a favore dei disoccupati giovani e di lunga durata, sembrano offrire solo un aiuto
temporaneo in termini di maggiori incentivi al lavoro. Resta da vedere se essi sono
sufficienti a far sì che i soggetti in questione continuino a lavorare in maniera permanente, o
quantomeno per un periodo significativamente superiore a quello durante il quale
percepiscono le indennità supplementari.
Dopo un lungo periodo durante il quale il prepensionamento rappresentava la norma, la
maggior parte degli Stati membri (B, DK, D, F, I, NL, A, FIN, S, UK) ha deciso di
introdurre riforme volte ad indurre i lavoratori più anziani a prolungare la loro attività
lavorativa. Tra gli strumenti utilizzati a tal fine figurano anche l'inasprimento delle
condizioni per l'ammissibilità alle prestazioni pensionistiche e misure volte a rendere il
prepensionamento meno conveniente (B, DK, F, I).
33
Nell'interpretare i cambiamenti descritti nell'allegato B, si deve tenere presente che la tabella
non tiene conto delle situazioni di partenza dei vari paesi e di riforme meno direttamente
legate al funzionamento del mercato del lavoro. Non è pertanto possibile trarre conclusioni
univoche sui tentativi di riforma compiuti. Inoltre, l'attuazione di una strategia di riforma di
ampio respiro richiede tempi lunghi ed i risultati sono visibili solo dopo un certo numero di
anni. Le esperienze di alcuni Stati membri (ad esempio DK e NL) dimostrano che è
possibile ridurre in maniera significativa la disoccupazione perseguendo una strategia di
riforma a lungo termine.
Valutazione generale
Nel complesso, le riforme fiscali attuate negli ultimi tre anni costituiscono un passo avanti
nella giusta direzione. Molti Stati membri hanno compiuto dei progressi rendendo i loro
sistemi fiscali più favorevoli all'occupazione, alleggerendo la pressione fiscale sul lavoro e
riducendo al tempo stesso le aliquote fiscali marginali. In numerosi Stati membri, le imposte
sul lavoro rimangono tuttavia complessivamente molto elevate rispetto agli standard
internazionali. Inoltre, non tutti gli Stati membri hanno profuso lo stesso impegno nelle
riforme. Alcuni paesi hanno adottato un approccio di più ampio respiro, mentre in altri le
riforme del sistema fiscale sono state meno sistematiche.
Come dimostra il grafico 4.2, le riforme fiscali già attuate o programmate stanno riducendo
la pressione fiscale sul lavoro nella maggior parte degli Stati membri. Sulla base delle
previsioni della Commissione dell'autunno 2000, le aliquote fiscali implicite sul lavoro
dipendente dovrebbero scendere di più di un punto percentuale nell'insieme dell’UE, nonché
nell'area dell'euro. Riduzioni piuttosto sostanziali sono previste per D, IRL, L e NL12. Le
riforme finora introdotte o annunciate riguardano in prevalenza le imposte dirette, che
producono di norma gravi distorsioni.
12
Le modifiche riportate nel grafico dovrebbero essere interpretate con cautela, poiché è possibile che
esse non riflettano semplicemente cambiamenti strutturali nella pressione fiscale sul lavoro, dovuti
alle riforme fiscali, ma anche andamenti congiunturali indipendenti da tali riforme.
34
Grafico 4.2. Modifiche delle aliquote fiscali implicite sul lavoro dipendente, 1998-2002
(SPA)
3
2
1
0
-1
-2
-3
-4
-5
-6
B
DK D
E
ES F
IR
L
I
L
NL
A
P
FI
N
S
UK UE UE
-11 -15
Fonte: servizi della Commissione
Per quanto concerne la pressione fiscale sui bassi salari, è già possibile osservare i primi
effetti delle riforme sul suo andamento tra il 1997 ed il 1999 (grafico 4.3). Ad eccezione di
B e NL, dove le imposte sulle retribuzioni medie e basse sono leggermente aumentate, si è
avuto un alleggerimento della pressione fiscale un po' ovunque nell'UE. Particolarmente
significative sono state le riduzioni osservate in IRL, I e E. Si prevedono inoltre ulteriori
riduzioni, incentrate sui salari più bassi, a seguito delle più recenti misure di diminuzione
delle imposte, specialmente in Francia, Germania, Italia e nei Paesi Bassi. Nel complesso, si
può ancora affermare che nella maggior parte dei paesi le riduzioni delle imposte sul lavoro
sono state più di carattere generale che mirate.
Per quanto riguarda i sistemi previdenziali, gli sforzi volti ad aumentare gli incentivi al
lavoro sono stati finora incentrati più sulle condizioni di ammissibilità alle prestazioni che
sui tassi di sostituzione netti, per i quali le variazioni sono state relativamente contenute e
non sembravano essere il frutto di interventi mirati. Nella maggior parte dei paesi i
disoccupati hanno ancora pochi incentivi economici ad accettare un lavoro scarsamente
retribuito. Si è registrata una certa tendenza ad incrementare le prestazioni legate
all'occupazione, sostenendo in tal modo i programmi attivi sul mercato del lavoro. Come
evidenziato nella relazione congiunta sull'occupazione è stata posta una maggiore enfasi
sulle politiche del lavoro attive, tuttavia, gli sforzi intesi a spostare l'accento dalle politiche
passive a quelle attive devono essere accelerati, potenziati e intensificati.
35
Grafico 4.3. Variazioni delle aliquote fiscali medie sui salari più bassi, 1997-1999
Variazioni 1997-1999
A
U
ST
RI
B
EL
GI
U
D
E
N
M
A
FI
NL
A
N
F
R
A
N
G
E
R
M
A
G
R
E
E
IR
EL
A
N
IT
AL
Y
L'
B
O
U
N'
LA
N
D
P
O
R
T
U
4
S
P
AI
S
W
E
D
U
K
JA
P
A
U
S
2
0
-2
-4
-6
-8
SINGLE4
CONIUGATI1
SINGLE1
Fonte: OCSE, La tassazione dei salari 1998-1999
36
CONIUGATI4
5. LE FINANZE PUBBLICHE AL SERVIZIO DELL'ECONOMIA BASATA SULLA CONOSCENZA
5.1. Confronto della struttura della spesa delle amministrazioni pubbliche degli Stati
membri
Differenze notevoli nella struttura della spesa pubblica degli Stati membri
La spesa pubblica degli Stati membri assorbe una quota variabile tra il 40% e il 50% del
loro PIL. L'incidenza totale della spesa pubblica sul PIL varia considerevolmente da uno
Stato membro all'altro, dal 50% in B, DK, F, A e S a meno del 40% in IRL e UK. Negli
Stati Uniti, tuttavia, le dimensioni del settore pubblico, che pesa per il 31% sul PIL, sono
nettamente inferiori che negli Stati membri dell'Unione.
Nella maggior parte degli Stati membri la spesa per consumi delle amministrazioni
pubbliche rappresenta quasi la metà del totale della spesa pubblica, mentre le prestazioni
sociali assorbono circa un quarto delle uscite (si veda il grafico 5.1). I vari paesi presentano
differenze significative nelle rispettive quote di investimenti pubblici e di spese per
interessi. L'incidenza degli investimenti pubblici sulla spesa complessiva si colloca ai livelli
più elevati in EL, E, IRL, P e L. La quota degli interessi sul debito sul totale della spesa
delle amministrazioni pubbliche è relativamente elevata in B, IRL e EL.
Grafico 5.1
La struttura della spesa delle amministrazioni pubbliche per il 2000
100%
80%
Altri
Investimenti
Consumi
Trasferimenti sociali
Interessi
60%
40%
20%
0%
JP
US
EU-14
UK
S
EL
DK
EU-10
FIN
P
A
NL
L
I
IRL
F
E
D
B
Fonte: i servizi della Commissione
Tra il 1970 e il 2000 quasi ogni singola componente della spesa pubblica ha subito un
incremento rispetto al PIL (si veda il grafico 5.2), ad eccezione degli investimenti pubblici.
In molti paesi quasi la metà dell'aumento complessivo della spesa pubblica, registrato tra il
1970 e il 2000, si deve al pagamento degli interessi sul debito e ai trasferimenti sociali.
37
Grafico 5.2. Evoluzione delle componenti della spesa delle amministrazioni pubbliche nel
periodo 1970-2000 (% del PIL)
30
25
20
Altri
Investimenti
Consumi
Trasferimenti sociali
Interessi
15
10
5
0
-5
-10
JP
US
EU-14
UK
S
EL
DK
EU-10
FIN
P
A
NL
L
I
IRL
F
E
D
B
Fonte: i servizi della Commissione
Le difficoltà connesse al confronto della spesa pubblica degli Stati membri
Il Consiglio europeo di Lisbona ha dato particolare risalto alle componenti della spesa
pubblica che forniscono un più diretto contributo alla crescita e all'occupazione, in
particolare quelle componenti che fanno da sostegno all'obiettivo strategico di incentivare
l'economia basata sulla conoscenza. Il Consiglio europeo ha chiesto che si appuri, in base a
dati e indicatori comparabili, se siano state prese misure concrete per riorientare la spesa
pubblica al fine di accrescere l'importanza relativa dell'accumulazione di capitale – sia fisico
che umano – e sostenere la ricerca e lo sviluppo, l'innovazione e le tecnologie
dell'informazione.
La restante parte del presente capitolo sarà pertanto dedicata all'esame degli sforzi degli
Stati membri diretti a riorientare la spesa pubblica a favore dell'accumulazione di capitale,
sia fisico che umano, nonché della ricerca e dello sviluppo, dell'innovazione e delle
tecnologie dell'informazione. Il dibattito in corso sulla cosiddetta “nuova economia” rende
tale esame quanto mai opportuno.
La presentazione segue modalità analoghe a quella seguite negli altri capitoli della presente
comunicazione. Ogni sezione si apre con l'illustrazione di alcuni fatti stilizzati attinenti alle
pertinenti voci della spesa pubblica. Dove possibile, viene data una valutazione dell'impatto
della spesa e viene indicato se sono state adottate misure per riorientare le risorse verso le
aree prioritarie in oggetto.
Tuttavia, il confronto tra i singoli paesi presenta notevoli difficoltà che impongono una
doverosa cautela nell'interpretazione dei dati. Diversamente da quanto avviene per altri
capitoli della presente comunicazione, si riscontra in quest'ambito un'acuta carenza di dati
aggiornati sia in merito alle risorse pubbliche impiegate (vale a dire una comparabile
classificazione funzionale della spesa) che in merito agli effetti prodotti (l'efficienza e i
benefici economici delle spese attivate). Pari difficoltà si è riscontrata nell'ottenere
informazioni dettagliate sulle recenti misure avviate dagli Stati membri. Di conseguenza la
38
Commissione non è in grado, per il momento, di soddisfare appieno la richiesta del
Consiglio europeo di Lisbona e un ulteriore lavoro di analisi si renderà necessario in futuro.
Il confronto della spesa pubblica dovrebbe altresì tener conto delle diversità istituzionali tra
i paesi, ivi compresa la ripartizione dell'accumulazione totale dei fattori tra il settore
pubblico e quello privato. In ultima analisi, fattore decisivo ai fini della crescita è
l'accumulazione totale e non l'accumulazione pubblica considerata isolatamente. Per quanto
riguarda gli incentivi a favore della “nuova economia”, la capacità di predisporre
un'adeguata struttura d'incentivazione degli operatori privati riveste un'importanza quanto
meno altrettanto grande di quella dell’intervento diretto del settore pubblico13. A tale
riguardo la spesa pubblica attuata in forma di aiuti di Stato deve essere sottoposta ad un
attento controllo per evitare che gli aiuti ritardino la necessaria ristrutturazione o proteggano
le imprese dall’impatto dell'evoluzione dei mercati. Va altresì data opportuna
considerazione alle differenze esistenti tra gli Stati membri per quanto attiene alle procedure
di gara, agli appalti pubblici, all'outsourcing e ai sistemi fiscali. Purtroppo i dati attualmente
disponibili non consentono un'analisi approfondita di tali fattori.
Malgrado tali limitazioni, si impone uno sforzo maggiore per accrescere gli investimenti
nelle infrastrutture fisiche necessarie per promuovere lo sviluppo della società
dell'informazione. I governi devono inoltre attribuire un più elevato grado di priorità
all'istruzione e alla formazione al fine di fornire ai cittadini europei le competenze
necessarie nella società dell'informazione, incentivando allo stesso tempo il coinvolgimento
del settore privato nelle attività di innovazione e ricerca e sviluppo.
Questi sforzi devono essere compiuti nel quadro di sane politiche di bilancio in modo da
mantenere l’andamento decrescente della pressione fiscale e consentire ai paesi di prepararsi
all'invecchiamento della popolazione. Per conseguire gli obiettivi fissati dal Consiglio
europeo di Lisbona, gli sforzi diretti a favorire l'accumulazione di capitale devono prevedere
una ristrutturazione della spesa piuttosto che un suo aumento generalizzato. Inoltre, la
ristrutturazione della spesa pubblica dovrebbe essere accompagnata da riforme istituzionali
e strutturali che consentano di ottimizzare la spesa delle pubbliche amministrazioni, di
accrescere il ruolo dei meccanismi di mercato e di introdurre opportuni incentivi
all'accumulazione di capitale fisico e umano da parte dei privati. Il maggior grado di
progresso tecnico raggiunto negli Stati Uniti è dovuto in parte ai più ingenti sforzi nel
settore della ricerca e sviluppo compiuti dalle imprese statunitensi. È necessario analizzare
se i sistemi fiscali in vigore nella UE siano sufficientemente favorevoli agli investimenti in
capitale immateriale, in maniera tale da consentire all'Europa di competere con gli Stati
Uniti nel settore delle tecnologie avanzate.
Sarà grazie ad una combinazione equilibrata di misure di ristrutturazione della spesa
pubblica, di politiche fiscali e di riforme strutturali che l'UE potrà affrontare la sfida posta
dal nuovo contesto economico, tecnologico e istituzionale.
13
Ciò sembra applicarsi soprattutto agli investimenti in infrastrutture fisse di telecomunicazione. Queste
infrastrutture sono finanziate o interamente da operatori privati o da imprese di cui lo Stato conserva
in parte la proprietà ma i cui investimenti sono classificati non come pubblici bensì come privati. In
particolare, tutti gli investimenti nelle infrastrutture mobili sono investimenti privati. Inoltre, le
licenze per gli operatori mobili della terza generazione si sono rivelate una fonte di introito per le
finanze pubbliche.
39
5.2. Capitale fisico (infrastrutture)
Malgrado il consistente aumento della spesa pubblica complessiva verificatosi nel corso
degli ultimi 40 anni, la quota degli investimenti pubblici in rapporto al PIL è scesa da un
livello superiore al 4%, negli anni '60 e primi anni '70, a meno del 2% negli ultimi anni '90.
Nel 2000 si prevede che tale quota tocchi il suo valore più basso all’1,8% del PIL. Secondo
le stime della Commissione la quota degli investimenti pubblici sul PIL si attesterà intorno
al 2½% entro il 2002.
I dati aggregati dell'UE celano alcune importanti differenze tra gli Stati membri. Nel corso
degli ultimi trent'anni gli investimenti pubblici sono aumentati in misura significativa in L,
P e EL, mentre hanno fatto registrare un consistente calo in B, D, A, DK, S e UK. Diversa la
situazione negli Stati Uniti, dove la quota è rimasta stabile e, con un valore del 3% del PIL,
continua a mantenersi a livelli superiori alla media UE (grafico 5.3). In E, F, L, NL, P e EL,
la quota degli investimenti pubblici in rapporto al PIL è a livelli paragonabili se non
superiori a quelli degli Stati Uniti, mentre in B, D, A, DK e soprattutto in UK, gli
investimenti pubblici rappresentano meno del 2% del PIL.
Grafico 5.3. Quota degli investimenti pubblici in rapporto al PIL per il 2000.
8
7
6
5
4
3
2
1
0
JP
US
EU-14
UK
S
EL
DK
EU-10
FIN
P
A
NL
L
I
IRL
F
E
D
B
Fonte: Servizi della Commissione
Secondo le previsioni della Commissione, nel quadriennio 1999-2002 gli investimenti
pubblici registreranno una dinamica contenuta (grafico 5.4). Una significativa eccezione è
rappresentata da L. Altri incrementi consistenti sono previsti per UK e per i tre paesi in fase
di riallineamento, P, EL e E (con percentuali vicine al 4% del PIL). Per A, D e B si prevede
un calo degli investimenti pubblici, sebbene di portata ridotta, fino a raggiungere livelli
relativamente bassi. Una riduzione della quota degli investimenti pubblici in rapporto al PIL
è prevista inoltre in FIN, S e IRL, paesi in cui comunque rimarrà superiore alla media UE.
Sia nell'area dell'euro che nell'UE nel suo complesso, la quota degli investimenti pubblici in
rapporto al PIL farà registrare un leggero aumento fino a portarsi, nel 2002, rispettivamente
al 2,6% e al 2,4% del PIL.
40
Grafico 5.4. Previsto andamento degli investimenti pubblici nel periodo 1999-2002
(% del PIIL)
:
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
-0,2
-0,4
B
DK
D
EL
E
F
L
IR
I
L
NL
A
P
N
FI
S
1
15
UK R-1
UE
U
E
Nell'analisi delle variazioni degli investimenti pubblici si impone tuttavia una certa cautela.
I nuovi approcci più orientati al mercato, seguiti dai governi nelle loro decisioni di
investimento, potrebbero falsare sempre più la rilevazione dei dati sugli investimenti
pubblici. Tali approcci sono stati adottati al fine di conseguire una maggiore efficienza e una
migliore allocazione delle risorse finanziarie e hanno determinato un più marcato ricorso ai
meccanismi di mercato nelle attività pubbliche, la privatizzazione dei servizi a valenza
commerciale e un più diretto coinvolgimento del settore privato nella produzione e
nell'erogazione di servizi pubblici.
I governi hanno compiuto sforzi per accrescere l'efficienza e il controllo di gestione,
introducendo meccanismi di mercato nelle loro procedure interne. Tra i metodi adottati
vanno citate la fatturazione interna, la fissazione di obiettivi di bilancio e la determinazione
delle tariffe sulla base dei prezzi di mercato. Si tratta di metodi utilizzati non soltanto nelle
imprese pubbliche bensì, in generale, nella gestione degli organismi pubblici. Il fatto che a
volte i grandi progetti infrastrutturali vengano gestiti facendo ricorso ad imprese in parte o
totalmente di proprietà dello Stato o operanti secondo criteri commerciali è anch'esso indice
di un approccio più orientato al mercato.
Ulteriori incrementi di efficienza potrebbero essere ottenuti grazie all'applicazione efficiente
delle norme comunitarie sugli appalti pubblici in modo che si giunga alla creazione di
mercati degli appalti pubblici competitivi e di dimensioni europee. Nonostante la crescente
pressione esercitata sugli Stati membri affinché liberalizzino i loro mercati degli appalti
pubblici, gli attuali ridotti livelli di operazioni transnazionali all'interno dell'UE su tali
mercati confermano la necessità di ulteriori sforzi in tale ambito. Malgrado l'andamento
positivo fatto registrare nel corso degli anni '90, gli appalti pubblici pubblicati sulla Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee equivalgono ad un valore inferiore al 2% del PIL14.
14
Il dato è considerevolmente inferiore all'entità reale dei mercati degli appalti pubblici che
ricomprendono non soltanto gli investimenti pubblici ma anche il grosso dei consumi pubblici.
41
L'apertura effettiva e completa di tali mercati contribuirebbe ad ottimizzare la spesa
pubblica in infrastrutture.
Elemento importante di cui tener conto nell'analizzare i dati dei conti nazionali relativi agli
investimenti pubblici è il numero crescente di "partenariati pubblico-privato" (PPP). I PPP
sono accordi istituzionali diretti ad appaltare l'erogazione di servizi pubblici, che consentono
ai governi di concentrarsi maggiormente sugli aspetti qualitativi del servizio fornito. Sul
piano contabile tale approccio ha l'effetto di ridurre l'investimento pubblico diretto operato
all'inizio del periodo di riferimento, in quanto certi investimenti, che finora sarebbero stati
registrati nella contabilità pubblica, vengono invece sostenuti acquistando servizi forniti dal
settore privato. L'acquisto del servizio da parte delle pubbliche amministrazioni viene
contabilizzato tra le spese correnti di modo che l'acquisto consecutivo di servizi per un
periodo di diversi anni sostituisce la spesa pubblica per investimenti attuata all'inizio del
periodo di riferimento.
Infine, nel valutare e confrontare l'andamento della spesa pubblica, va tenuto conto del fatto
che i crescenti investimenti pubblici in infrastrutture non sempre si traducono in uno stimolo
alla crescita, dato che lo stock di infrastrutture può essere soggetto alla legge dei rendimenti
decrescenti. Nelle economie più ricche gran parte delle esigenze d'investimento in settori
tradizionali dell'attività pubblica sono state soddisfatte e ulteriori incrementi potrebbero
rivelarsi superflui15. Ciò implica che la composizione settoriale e funzionale degli
investimenti pubblici è un fattore importante da tenere in debita considerazione. Purtroppo i
dati al riguardo sono quasi del tutto inesistenti e, qualora disponibili, si presentano
frammentari e difficili da confrontare. Dovranno essere compiuti ulteriori sforzi per valutare
in che misura gli Stati membri siano pronti a far fronte alle pressioni che si eserciteranno in
futuro sull'investimento pubblico a seguito di:
• una diffusa introduzione delle tecnologie dell'informazione che obbligherà ad attuare
un'espansione della capacità delle reti;
• l'integrazione delle considerazioni ambientali. Le infrastrutture dovranno conformarsi a
nuovi requisiti, in particolare a quello relativo al minore consumo energetico, necessari
per il conseguimento degli obiettivi di Kyoto: ciò richiederà maggiori investimenti in
modalità di trasporto diverse dal trasporto stradale e aereo;
• l'allargamento e l'esigenza di rafforzare le dimensioni est-ovest e nord-sud delle reti.
5.3. Gli investimenti in capitale umano
Nonostante sia classificata tra le spese correnti, la spesa per l'istruzione rappresenta un
contributo diretto delle finanze pubbliche all'accumulazione di capitale umano. L'aumento
dell'investimento in risorse umane si rivela strumento fondamentale anche al fine di
consentire una regolare transizione verso l'economia e la società della conoscenza. È per
questo che gli orientamenti in materia di occupazione attribuiscono grande priorità allo
15
Tuttavia, è probabile che l'obsolescenza e la necessità di mantenere funzionante lo stock di
infrastrutture esistente richiedano cospicui investimenti pubblici. Inoltre, la crescita economica in sé
potrebbe richiedere investimenti aggiuntivi anche nei paesi più ricchi al fine di prevenire strozzature
che potrebbero porre un freno alla loro crescita.
42
sviluppo delle risorse umane e pongono l'obiettivo di garantire a tutti l'accesso all'istruzione
e alla formazione e di promuovere strategie di ampio respiro che favoriscano
l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato
obiettivi chiari nell'intento di accrescere l'investimento pro capite in risorse umane e gli Stati
membri sono stati invitati a fissare obiettivi nazionali.
L'analisi dettagliata dell'accumulazione pubblica di capitale umano dovrebbe essere
compiuta sulla base di una classificazione funzionale della spesa pubblica che, come
evidenziato in precedenza, non è facilmente disponibile.
Nell'UE l'istruzione è tradizionalmente finanziata dallo Stato. Nel 1997 le risorse pubbliche
destinate a finanziare i vari gradi dell'istruzione costituivano in media il 5% del PIL dell'UE
(tabella 5.1). Sebbene nel periodo considerato16 l'incidenza sul PIL del totale della spesa
pubblica per l'istruzione tenda a rimanere approssimativamente stabile negli Stati membri, i
dati evidenziano alcune rilevanti differenziazioni tra di essi. Nel 1997 DK e S presentano la
quota più elevata mentre EL si colloca al limite inferiore. FIN e A presentano anch'esse
valori nettamente sopra la media. I rimanenti Stati membri non si discostano
significativamente dalla media UE, in particolare se si eccettua l'istruzione prescolastica.
16
I dati complessivi per il 1997 non sono interamente confrontabili con quelli relativi agli anni
precedenti in quanto i dati relativi al PIL del 1997 sono stati redatti sulla base del SEC95. Inoltre i
dati dell'OCSE evidenziano una diminuzione dell'incidenza della spesa per l'istruzione sul PIL nel
periodo tra il 1990 e il 1996.
43
Tabella 5.1. La spesa pubblica nel settore dell'istruzione (in % del PIL)*
1997
B (1)
DK
D (2)
EL (3)
E
F
IRL
I
L
NL
A
P
FIN
S
UK
EU-15
Prescolastica +
Primo
Totale 1995 Totale 1996
non
grado
precisata
n.a.
n.a.
0,7
1,2
8,0
8,8
1,2
1,8
4,8
4,7
0,6
:
2,9
3,1
:
1,1
4,9
4,8
0,3
1,2
6,0
6,0
0,7
1,2
5,2
5,0
0,1
1,6
4,7
4,9
0,5
1,1
4,4
4,3
0,0
1,9
5,2
5,3
0,4
1,2
5,6
6,5
0,6
1,3
5,8
5,7
0,6
1,7
7,3
7,4
0,8
1,6
7,8
8,0
0,5
2,1
5,2
5,1
0,4
1,1
5,2
5,3
0,5
0,9
Secondo Terzo
grado
grado
2,7
3,2
3,0
1,3
2,2
3,0
2,0
2,2
2,1
1,9
2,9
2,4
2,3
3,2
2,1
2,5
1,2
1,8
1,1
0,8
0,9
1,1
1,3
0,7
0,2
1,4
1,7
1,0
2,0
2,1
1,1
1,1
Totale
5,7
8,0
4,7
3,2
4,6
6,0
4,9
4,5
4,1
4,8
6,4
5,7
6,7
7,9
4,7
5,0
* Comprende istituti pubblici e istituti privati che dipendono dallo Stato.
Fonte: Eurostat, dati UOE.
(1) I dati per B si riferiscono al 1994.
(2) Nei dati per D l'istruzione di primo e secondo grado sono cumulate.
(3) Nei dati per EL i dati per l'istruzione prescolastica e di primo grado sono cumulati.
Analizzando i dati relativi ai vari gradi dell'istruzione emerge che nel 1997 la spesa pubblica
nella UE è stata pari all'1% del PIL, sia per l'istruzione primaria che per quella postsecondaria, mentre la spesa per l'istruzione secondaria è risultata del 2,5% del PIL: come
emerge dalla tabella 5.1, si registrano ampie variazioni tra gli Stati membri.
I governi devono dare maggiore priorità all'istruzione e alla formazione al fine di fornire ai
cittadini europei le conoscenze, le abilità e le competenze che consentiranno loro di adattarsi
a modelli di vita, di apprendimento e di organizzazione del lavoro in rapido cambiamento.
Tra le varie iniziative intraprese a questo scopo si annoverano gli orientamenti in materia di
occupazione, il memorandum sull'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, i programmi
di azione comunitari Leonardo e Socrates, le strategie per l'occupazione nella società
dell'informazione. Gli Orientamenti in materia di occupazione (13, 14, e 16) invitano gli
Stati membri a fissare obiettivi di incremento dell’investimento pro capite in risorse umane.
La Commissione ha compiuto un importante passo in questa direzione varando nel 1999
l'iniziativa eEurope e nel 2000 l'iniziativa eLearning. Gli Stati membri hanno deciso di
collaborare all'armonizzazione delle rispettive politiche in materia di strumenti tecnologici
per l'apprendimento e di mettere in comune le esperienze acquisite. eLearning mira a
sostenere e coordinare gli sforzi e ad accelerare l'adeguamento dei sistemi dell'istruzione e
della formazione in Europa.
44
Grafico 5.5: Tasso di occupazione (%) disaggregato per titolo di studio nel 1995 (fascia di
età 30-59)
100
50
0
B Dk D El E F Irl It
Secondaria
inferiore
L Nl A P Sf Sf Uk EU
Secondaria
superiore
Terzo
grado
Fonte: Labour Force Survey, Eurostat.
I dati sui titoli di studio rivelano l'ampiezza degli sforzi compiuti dagli Stati membri, nel
corso degli ultimi 25 anni, per accrescere lo stock di capitale umano. Nel 1996, la
percentuale di cittadini dell'UE compresi nella fascia di età 30-34 che ha conseguito un
diploma di scuola media superiore è stata pari al 44%, mentre tale percentuale è pari solo al
30% per le persone appartenenti alla fascia di età 55-59, che hanno frequentato la scuola 25
anni prima. Allo stesso modo, il 21% delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni ha
conseguito un diploma di istruzione post-secondaria rispetto ad una percentuale pari solo al
13% degli appartenenti alla fascia di età 55-59. Inoltre, nella fascia di età 30-34, il livello di
istruzione raggiunto dalle donne è molto vicino a quello dei loro coetanei maschi, mentre è
molto più basso nella fascia di età 55-59.
L'accumulazione di capitale umano accresce considerevolmente le opportunità di lavoro. Più
cresce il livello di alfabetizzazione e di istruzione, migliori sono le prospettive sul mercato
del lavoro. Come illustrato nel grafico 5.5, sembrerebbe esistere una correlazione positiva
tra livelli di istruzione e tassi di occupazione. Allo stesso modo è possibile dimostrare
l'esistenza di una relazione diretta tra livelli stimati di alfabetizzazione e di istruzione da un
lato e tassi di disoccupazione, vulnerabilità alla disoccupazione e reddito da lavoro
dall'altro.
Le sfide future richiedono un'analisi approfondita del ruolo dei governi nella promozione
dell'accumulazione di capitale umano. Per quanto riguarda l'istruzione, sebbene nessuno
metta in dubbio la necessità dell'intervento pubblico, si impone nondimeno una riflessione
45
circa i limiti di tale intervento. Nel complesso, se da una parte sembra esistere un ampio
consenso sull'esigenza di garantire un'istruzione primaria e secondaria gratuita e
obbligatoria, l'erogazione diretta e gratuita dell'istruzione post-secondaria dovrebbe essere
valutata alla luce di possibili asimmetrie tra i corsi di studio disponibili, le opportunità
offerte dal mercato del lavoro e le preferenze degli studenti.
La soluzione del problema delle asimmetrie non implica la rinuncia del settore pubblico o
un suo minore impegno in termini di spesa, quanto piuttosto un cambiamento nel modo in
cui il denaro pubblico viene speso e nelle modalità dell'intervento pubblico. Alcuni paesi
hanno introdotto nuove forme di finanziamento: le tasse scolastiche e i prestiti hanno
sostituito la gratuità degli studi o le borse di studio. Queste misure tentano, nello stesso
tempo, di influire sul comportamento degli studenti al fine di ottimizzare le spese, senza
però scoraggiare la partecipazione delle famiglie a basso reddito.
L'istruzione non è comunque l'unico strumento per incrementare l'accumulazione di capitale
umano. La formazione continua all'interno delle imprese costituisce uno degli elementi
principali di sviluppo del capitale umano e riveste un'importanza fondamentale in tempi di
rapidi progressi tecnici. Le informazioni sull'offerta formativa disponibile sul mercato del
lavoro, costituita per lo più da formazione informale, è frammentaria e poco attendibile. Il
sostegno pubblico viene fornito sia tramite il finanziamento diretto di azioni di istruzione e
di formazione sia attraverso varie forme di incentivo, ivi compresi gli incentivi fiscali,
diretti alle imprese e ai privati. È dai contributi delle imprese alla formazione aziendale che
vengono le maggiori indicazioni sui finanziamenti privati destinati alle azioni di formazione
nel quadro del mercato del lavoro. Secondo le stime relative al 1993, la spesa delle imprese
per la formazione sarebbe stata pari solo all'1,6% del totale delle retribuzioni dei dodici Stati
membri dell'Unione europea. Questo valore medio cela profonde differenze tra gli Stati
membri - dallo 0,7% del Portogallo al 2,7% del Regno Unito - dovute alla disparità
nell'intensità delle azioni di formazione e nei costi unitari.
La maggior parte degli Stati membri ha da allora accresciuto i propri sforzi e la formazione
è diventata un elemento chiave della strategia europea per l'occupazione, come stabilito
negli orientamenti in materia di occupazione che indicano come obiettivi prioritari sia la
formazione professionale che l'approccio di ampio respiro all'apprendimento lungo tutto il
corso della vita. Tali sforzi sono ogni anno analizzati in una relazione comune
sull'occupazione. Per quanto la transizione da politiche del lavoro passive verso politiche
attive rappresenti ormai un fatto acquisito, ulteriori sforzi si rendono necessari sia a livello
pubblico che privato per promuovere l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita e
l'aggiornamento costante delle competenze professionali.
46
Tabella 5.2. Tassi di partecipazione alle attività di istruzione e formazione per la fascia
di età 25-64 anni
1998
1999
B
4,4
6,9
DK
19,8
19,8
D
5,2
5,3
GR
1,0
~
E
4,1
4,9
F
2,7
2,6
~
~
I
4,8
5,5
L
5,1
5,3
NL
12,8
13,6
A
~
~
P
3,0
3,2
FIN
16,1
17,6
S
10,9
24,1
UK
11,1
18,5
EU-15
6,0
8,0
IRL
Fonte: Indagine sulle
forze di lavoro nell'UE
Secondo la relazione comune sull'occupazione 2000, nel 1999 la maggior parte degli Stati
membri ha posto un più forte accento sulle politiche attive del lavoro, e nel frattempo si è
registrata una diminuzione nel numero di disoccupati iscritti. A questo proposito, emerge
dai piani di azione nazionali per l'occupazione che tutti gli Stati membri hanno dedicato un
crescente spazio alla promozione delle attività di istruzione e di apprendimento lungo tutto
l'arco della vita. Diversi Stati membri sottolineano le carenze in materia di istruzione e di
formazione e riconoscono la necessità di adeguare l'offerta di formazione e di adottare
specifiche misure per migliorare le competenze. I dati statistici disponibili sulla
partecipazione alle attività di istruzione e di formazione nell'ambito del mercato del lavoro
offrono un quadro piuttosto deludente. In particolare i tassi di partecipazione tra gli adulti
(soggetti di età compresa tra i 25 e i 64 anni) rimangono molto bassi nella UE, nonostante
un leggero miglioramento fatto registrare negli ultimi anni dal 6,5% nel 1997 all'8% nel
47
1999. I tassi di partecipazione più elevati si sono avuti in S, DK e UK dove hanno segnato
una media del 20,8% nel 1999 (cfr. tabella 5.2). Questi dati confermano il fatto che alle
azioni di formazione nel quadro del mercato del lavoro è stata destinata soltanto una quota
limitata del PIL. Simili programmi sono più sviluppati nei paesi del Nord Europa dove, nel
1999, S e DK hanno stanziato rispettivamente il 2% e l'1,9% a tale scopo.
Tabella 5.3. Totale delle spese per misure attive per il periodo 1990-1998
1990
1998
B (1997)
1,21
1,29
DK
1,13
1,89
D
1,04
1,27
GR (1994)
0,36
0,30
E
0,85
0,72
F (1997)
0,82
1,37
I (1996)
1,43
1,08
IRL (1996)
1,44
1,66
L (1997)
0,30
0,31
NL
1,28
1,76
A
0,31
0,44
*P
0,62
0,87
FIN
1,01
1,23
S
1,68
2,01
**UK
0,61
0,37
* Il totale per il Portogallo si riferisce al 1997
** Per la Svezia i dati relativi al 1990 si
riferiscono al biennio 1990-1991
** Per il Regno Unito i dati relativi al 1990 si
riferiscono al biennio 1990-1991, quelli per il
1998 al biennio 1997-1998
Fonte:
OCSE,
Expenditures,1999.
Labour
Market
48
5.4. Ricerca e sviluppo e innovazione
Non diversamente dalla spesa per l'istruzione, la spesa pubblica per la ricerca e sviluppo
(R&S) viene classificata tra le spese correnti anche se in realtà essa contribuisce
all'accumulazione del capitale conoscitivo, nonché allo sviluppo di processi produttivi e di
prodotti.
La tabella 5.4 riporta i dati relativi all'attività di R&S realizzata dal settore pubblico
(colonna II) in rapporto al PIL e quelli della spesa pubblica per R&S in rapporto al totale
della spesa pubblica (colonna III). In termini di quota percentuale della spesa per R&S sul
totale della spesa pubblica, l'Europa si situa, con un valore pari all'1,7%, di gran lunga dietro
gli Stati Uniti, la cui quota ammonta al 2,9%. Tuttavia, in rapporto al PIL, l'attività di R&S
attuata dal settore pubblico presenta valori quasi analoghi, per quanto nell'ultimo decennio
gli stanziamenti pubblici siano diminuiti in termini reali in maniera più marcata nella UE
che negli Stati Uniti.
Tabella 5.4 Spesa pubblica per R&S
I
II
III
Ultimo anno
In % sul PIL
In % sul totale
della spesa
pubblica
Crescita reale
media annua nel
periodo 1990-1999
(6)
(7)
(5)
B
p 1997
0,5
1,36
3,3
DK
s 1998
0,7
1,44
5,4 (1)
D
s 1998
0,7
1,86
-1,2 (2)
EL
1997
0,4
0,80
4,8
E
1998
0,4
1,82
5,3
F
p 1998
0,8
1,964
-3,1 (3)
IRL
1997
0,4
0,89
8,0
I
p 1998
0,5
1,38
-1,5
NL
1997
0,9
1,88
1,4
A
1993
0,7
1,32
3,4
P
1998
0,4
1,39
8,7
FIN
p 1998
0,9
2,28
6,6 (4)
S
1997
0,9
1,45
-7,2 (4)
UK
1998
0,6
1,85
-1,2
UE
s 1998
0,7
1,73
-0,7 (2)
US
p 1998
0,6
2,90
-0,4
JP
1998
0,7
1,80
5,2
Fonte: Commissione europea, DG Ricerca "Verso uno spazio europeo della ricerca - Scienze, tecnologia e
innovazione. Dati chiave per il 2000".
Legenda:
p = previsione, s = stima
49
(1) 1993-1999; (2) 1991-1999; (3) 1992-1998; (4) 1995-1999; (5) spesa delle amministrazioni pubbliche per
attività di R&S intramurale+spesa degli istituti di istruzione superiore in R&S; (6) stanziamenti di bilancio o
spese per R&S in percentuale delle spese pubbliche complessive; (7) degli stanziamenti di bilancio o delle
spese per R&S.
Secondo la comunicazione della Commissione L'innovazione in un'economia fondata sulla
conoscenza (COM(2000)567), le differenze in termini di spesa per R&S del settore privato
sono molto più evidenti e presentano una maggiore rilevanza per lo sviluppo della “nuova
economia”. La ricerca industriale nell'UE raggiunge soltanto il 60% di quella degli Stati
Uniti e i finanziamenti del governo federale sono pari al 13% delle spese di R&S delle
imprese americane, mentre nell'Unione europea solo il 9% della spesa per R&S del settore
privato è coperta da finanziamenti pubblici. La spesa totale per la ricerca negli Stati Uniti
ammonta quasi al 3% del PIL, mentre il corrispondente dato per l'Europa è inferiore al 2%.
Per quanto riguarda la situazione nei singoli Stati membri, solo in F, NL, FIN e S la spesa
pubblica per R&S è superiore a quella statunitense. All'estremo opposto, in paesi come EL,
E, IRL e P, la spesa pubblica per R&S è inferiore a mezzo punto percentuale del PIL.
Il Consiglio europeo di Lisbona ha evidenziato in termini espliciti l'importanza
dell'innovazione e della R&S quale strumento per rispondere alla sfida della globalizzazione
e dell'economia della conoscenza.
Nel gennaio 2000 la Commissione ha proposto la creazione di uno Spazio europeo di
ricerca (COM(2000) 6). La Commissione ha ribadito l'importanza che riveste la continuità
dell’attività di ricerca e sviluppo tecnologico per la crescita, la competitività e l'occupazione
in quanto consentono lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e mercati e la modernizzazione
delle imprese europee.
Concepite come contributo alla creazione di un più stretto partenariato tra gli Stati membri e
tra questi e l'Unione, gli orientamenti per l'attuazione dello Spazio europeo di ricerca,
(COM(2000) 612), presentati dalla Commissione all'inizio dell'ottobre 2000, prevedono in
particolare quanto segue: l'uso di nuovi strumenti, quali ad esempio la partecipazione
dell'Unione ai programmi di ricerca nazionali realizzati in comune, nonché reti di eccellenza
e grandi progetti di ricerca orientata che consentano di costituire una massa critica di
competenze; l’ampliamento e la diversificazione delle azioni a livello europeo nel settore
delle infrastrutture, della mobilità e dell'interfaccia tra ricerca e innovazione; la
concentrazione degli sforzi dell'Unione su specifici temi prioritari e in settori che presentino
un chiaro valore aggiunto europeo.
La comunicazione della Commissione L'innovazione in un'economia fondata sulla
conoscenza sottopone ad approfondita analisi le tendenze nella politica europea in materia
di innovazione e fissa le linee politiche generali per la promozione dell'innovazione
nell'Unione.
Per creare un ambiente favorevole all'innovazione, la Commissione ha sottolineato la
rilevanza che il quadro regolamentare, amministrativo e finanziario riveste per la ricerca e
l'innovazione e ha messo l'accento sulla necessità di migliorare le interfacce del sistema
della ricerca e dell'innovazione. Ciò consentirà alle imprese di avere accesso alle
conoscenze, alle competenze, ai finanziamenti bancari, alle fonti di consulenza e alle
informazioni di mercato.
50
Una simile strategia politica riconosce esplicitamente che il problema maggiore è costituito
dall’assetto istituzionale e regolamentare che non fornisce al settore privato opportuni
incentivi all'innovazione e all'investimento in R&S. In alcuni Stati membri si verifica
pertanto, come illustrato in precedenza, che gli stanziamenti pubblici per R&S sono molto
limitati e che il coinvolgimento del settore privato non è per nulla ottimale se misurato in
base agli standard internazionali. Inoltre, nella maggior parte dei paesi gli interventi pubblici
e privati vanno di pari passo. Pertanto, queste riforme istituzionali e strutturali dovrebbero
essere accompagnate da una rafforzata collaborazione tra il settore pubblico e quello privato
per accrescere lo sforzo complessivo di spesa per la R&S. È necessario analizzare se i
sistemi fiscali in vigore nella UE siano favorevoli agli investimenti in capitale immateriale,
in maniera tale da consentire all'Europa di competere con gli Stati Uniti nel settore delle
tecnologie avanzate.
51
6. SOSTENIBILITÀ A LUNGO TERMINE DELLE FINANZE PUBBLICHE
6.1. Panoramica delle conseguenze dell'invecchiamento della popolazione per il
bilancio
Molti fattori influenzeranno la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche
Il Consiglio europeo di Lisbona ha invitato a presentare una relazione che valuti quale sia il
contributo delle finanze pubbliche alla crescita e all'occupazione e se siano state prese
misure concrete per “… garantire la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche,
esaminandone i vari aspetti, incluso l'impatto dell'invecchiamento della popolazione, alla
luce della relazione che dovrà essere elaborata dal Gruppo ad Alto livello sulla "Protezione
sociale".17
Il mandato riconosce che fattori diversi dall'invecchiamento della popolazione influenzano
la sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche. Ad esempio, anche l'evoluzione
della struttura delle famiglie e l'aumento del tasso di attività delle donne influenzeranno la
spesa pubblica e il sistema tributario. Peraltro, con il rafforzamento dell'integrazione
economica, i governi avranno probabilmente difficoltà sempre maggiori ad aumentare il
gettito fiscale per via della mobilità della base imponibile dovuta alla concorrenza fiscale,.
La presente comunicazione si limita ad esaminare le conseguenze dell'invecchiamento della
popolazione per il bilancio, in particolare per le pensioni pubbliche e, in misura minore, per
la spesa sanitaria. Essa non tratta quindi altre implicazioni politiche altrettanto importanti,
ad esempio le conseguenze per l'adeguatezza dei sistemi di protezione sociale, che sono
attualmente esaminate dal Gruppo ad alto livello per la protezione sociale.
Evoluzione demografica
Nel corso dei prossimi decenni, la popolazione degli Stati membri dell'UE continuerà a
subire modifiche sostanziali dovute principalmente, da un lato, al perdurare di tassi di
fecondità troppo bassi per consentire la sostituzione naturale della popolazione e, dall'altro,
17
Nel quadro dell'obiettivo di modernizzazione della protezione sociale, il Consiglio europeo di
Lisbona ha incaricato “…il Gruppo ad alto livello « Protezione sociale » di fornire un supporto a tale
cooperazione tenendo conto dei lavori attualmente svolti dal Comitato di politica economica e, in via
prioritaria, di preparare, sulla base di una comunicazione della Commissione, uno studio sulla futura
evoluzione della protezione sociale in un’ottica di lungo periodo, ponendo in particolare risalto la
sostenibilità dei sistemi pensionistici in contesti temporali diversi sino al 2020 e oltre, se necessario".
Una relazione sullo stato di avanzamento dei lavori dovrebbe essere presentata entro il dicembre
2000. Il Gruppo ad alto livello "Protezione sociale" ha elaborato una relazione intermedia
sull'Evoluzione futura della protezione sociale - pensioni per il Consiglio europeo di Nizza nel
dicembre 2000 (documento del Consiglio 2949/00 del 6.11.2000). Questa relazione intermedia è stata
preparata in base ad una comunicazione recente della Commissione intitolata La futura evoluzione
della protezione sociale nel lungo periodo: pensioni sicure e sostenibili (COM(2000) 622 def.).
52
all'allungamento dell'aspettativa di vita. Un fattore particolarmente importante per
l'equilibrio tra persone attive e pensionati sarà il fatto che le numerose persone nate dopo la
seconda guerra mondiale giungeranno all'età della pensione. Le proiezioni aggiornate di
Eurostat riguardanti la popolazione per il periodo 2000-2005 dimostrano che la popolazione
dell'UE in età lavorativa (persone di età compresa tra 20 e 64 anni) si manterrà stabile
attorno ai 230 milioni di persone fino al 2015. Scenderà in seguito a 224 milioni entro il
2025 e a 192 milioni entro il 2050. Nel contempo il numero di persone di età pari e
superiore ai 65 anni passerà da 61 milioni nel 2000 a 86 milioni nel 2025 e a 103 milioni
entro il 2050. L'aumento più consistente riguarderà le persone molto anziane (85 anni ed
oltre), il cui numero quasi triplicherà passando da 7 milioni nel 2000 a 19 milioni nel 2050.
Globalmente la popolazione totale dovrebbe cominciare a diminuire dopo il 2020 (cfr.
tabella 6.1). La popolazione totale dell'UE dovrebbe, secondo le stime, salire da 376 milioni
di persone nel 2000 a 386 milioni nel 2020, per scendere progressivamente a 364 milioni
entro il 2050. Si prevedono tuttavia notevoli differenze da Stato membro a Stato membro.
Riduzioni consistenti della popolazione sono previste per I, D e E, mentre si prevede un
aumento per F, UK, NL, IRL e P.
Tabella 6.1
(in milioni)
Popolazione totale negli Stati membri dell'UE 2000-2050
2000
2010
2020
2030
2040
2050
B
10,2
10,4
10,5
10,5
10,4
10,1
DK
5,3
5,5
5,6
5,6
5,6
5,6
D
82,1
83,4
83,3
82,0
79,6
76,0
EL
10,5
10,8
10,8
10,7
10,6
10,2
E
39,4
39,9
39,5
38,6
37,3
35,1
F
59,2
61,4
62,8
63,7
63,5
62,2
IRL
3,8
4,1
4,4
4,6
4,7
4,8
I
57,6
57,3
56,0
54,0
51,5
48,1
L
0,4
0,5
0,5
0,5
0,5
0,6
NL
15,9
16,7
17,3
17,7
17,9
17,7
A
8,1
8,1
8,2
8,1
7,9
7,6
P
10,0
10,3
10,5
10,7
10,8
10,7
FIN
5,2
5,3
5,3
5,3
5,1
5,0
S
8,9
9,0
9,1
9,3
9,2
9,2
UK
59,5
60,9
62,2
63,2
62,9
61,8
EU-15
376,2
383,4
386,0
384,6
377,6
364,5
Fonte: Eurostat, scenario di base
L'indice di dipendenza degli anziani (rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e
oltre e la popolazione in età lavorativa, ovvero compresa nella fascia di età 20-64) crescerà
rapidamente passando dal 27% nel 2000 al 39% nel 2025 e al 53% nel 2050 per l'UE (cfr.
grafico 6.1). Una più forte immigrazione potrebbe stabilizzare la popolazione totale ma, per
53
frenare in parte la progressione dell'indice di dipendenza degli anziani, dovrebbe
raggiungere livelli superiori a quelli finora registrati (e forse inaccettabili sotto il profilo
politico) per mantenere gli indici ai loro livelli attuali o a livelli prossimi a questi ultimi.
Anche in questo caso si osservano differenze rilevanti da Stato membro a Stato membro. Se
si prende il suo punto di partenza nel 2000, si vede che l'Irlanda ha l'indice di dipendenza
degli anziani più basso, pari al 19%, rispetto a tassi prossimi al 30% per B, EL, I e S. Varia
anche il momento in cui intervengono le modifiche demografiche. È dopo il 2005 che si
cominciano ad osservare forti progressioni dell'indice di dipendenza degli anziani in D, EL,
I, NL e A, mentre questo fenomeno si verifica un po' più tardi, attorno al 2010, per B, E, F,
FIN e S. Nella maggior parte degli Stati membri l'indice di dipendenza degli anziani si
stabilizzerà attorno al 2040, mentre i livelli più elevati vengono raggiunti nelle stime per il
2050 in EL, E e I. L'ampiezza dei cambiamenti è impressionante, in quanto i tassi di
dipendenza degli anziani aumentano di quasi 40 punti percentuali per I e E.
Grafico 6.1
Indice di dipendenza degli anziani 2000-2050*
75%
Anno 2050
Anno 2025
65%
Anno 2000
55%
45%
35%
25%
EU
UK
S
FIN
P
A
NL
L
I
IRL
F
E
Gr
D
Dk
B
15%
Le proiezioni demografiche a lungo termine sono incerte. Per contro le proiezioni a medio
termine sono in genere affidabili per quanto concerne le persone già nate, ad esempio i
pensionati per i prossimi 30-40 anni. Dal punto di vista della finanza pubblica, esistono in
particolare due rischi di sottovalutazione. In primo luogo è possibile che il previsto aumento
dei tassi di fecondità rispetto agli attuali minimi storici non si realizzi, il che significherebbe
meno ingressi nel mercato del lavoro nel corso dei prossimi decenni. In secondo luogo, un
aumento significativo dell'aspettativa di vita, superiore a quello previsto attualmente, dovuto
ad esempio a progressi in materia di tecnologie mediche o medicinali potrebbe accrescere
ulteriormente gli indici di dipendenza degli anziani ed aumentare la pressione esercitata
sulle pensioni e la sanità pubbliche. Questi rischi dimostrano che è necessario monitorare
attentamente l'evoluzione demografica e le sue implicazioni per la finanza pubblica.
54
In che modo l'invecchiamento delle popolazioni influenza le finanze pubbliche
Pensioni18: l'invecchiamento della popolazione provocherà un forte calo del rapporto tra
contribuenti e pensionati di qui al 2050. Negli Stati membri la maggior parte dei redditi che
i pensionati percepiscono provengono da enti previdenziali pubblici. Si osservano tuttavia
differenze considerevoli tra gli Stati membri per quanto riguarda la natura e il finanziamento
delle pensioni pubbliche (cfr. tabella 6.2). Le pensioni pubbliche sono finanziate
normalmente in base al sistema a ripartizione, ovvero sono pagate direttamente con i
contributi versati dalla popolazione attiva e dai datori di lavoro. In taluni Stati membri i
regimi a ripartizione forniscono solo una pensione minima, destinata a coprire le esigenze di
base. Le parti sociali o i singoli datori di lavoro e dipendenti possono completarla con
pensioni aziendali o private basate in genere su regimi a capitalizzazione. In altri Stati
membri i regimi a ripartizione funzionano sulla base di un'assicurazione e vi è un
collegamento tra pensioni e salari pagati.
Il volume della spesa pubblica corrente destinata alle pensioni varia notevolmente. È più
elevata per A e I in quanto rappresenta circa il 15% del PIL, mentre raggiunge solo il 5% del
PIL in IRL, NL e UK. Negli altri Stati membri, queste spese sono dell'ordine del 10% del
PIL. Si osservano inoltre differenze marcate per quanto riguarda l'entità dei patrimoni dei
fondi pensione a seconda dei paesi. È più elevata per NL (87% del PIL), UK (75%), DK
(75%) et IRL (45%). Per contro, il livello dei patrimoni dei fondi pensione è basso,
nettamente al di sotto del 10% del PIL, nella maggior parte degli Stati membri, comprese le
quattro maggiori economie dell'area dell'euro.
L'elaborazione di proiezioni di bilancio di lungo termine richiede un certo numero di ipotesi
su variabili quali i tassi di interesse, la crescita della produttività e l'evoluzione del mercato
del lavoro. Sebbene queste proiezioni siano teoricamente in grado individuare gravi squilibri
di bilancio, i risultati devono essere interpretati con prudenza. Un'altra difficoltà riguarda il
fatto che in linea di massima le proiezioni nazionali non sono comparabili, in quanto
utilizzano ipotesi demografiche ed economiche diverse ed anche le specificazioni dei
modelli e le definizioni differiscono. Le organizzazioni internazionali hanno superato taluni
di questi problemi utilizzando ipotesi demografiche ed economiche standard, ma
accontentandosi di una modellizzazione meno esatta delle modalità istituzionali dei regimi
nazionali di pensioni e sicurezza sociale.
18
Il trattato contiene alcune disposizioni di garanzia che vietano il trasferimento delle passività di uno
Stato membro ad altri paesi UE. In particolare l'articolo 103 contiene una norma che stabilisce che
"La Comunità non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli
enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese
pubbliche di qualsiasi Stato membro...".
55
Tabella 6.2: Panoramica dei sistemi pensionistici negli Stati membri dell'UE
Età di
pensionamento
stabilita dalla
legge
Indicizzazione
Pensioni
pubbliche in
% del PIL del
19981
Patrimoni dei
fondi pensione
in % del PIL
del 19962
4,1
Uomini
Donne
B
65
61
Prezzi
9,5
DK
678
67
Salari
11,8
75
D
65
60
3
4
EL
55/655
E
Salari netti
12,4
5,8
55/60
Salari
12,1
12,7
65
65
Prezzi
9,6
3,8
F
60
60
Prezzi
12,7
5,6
IRL
65/66
65/66
Discrezionale
3,0
45,0
I
65
60
Prezzi
14,2
3,0
L
65
65
Salari/prezzi
10,6
19,7
NL
65
65
Salari/prezzi
5,0
87,3
A
65
60
Salari netti
15,0
1,2
P
65
65
Discrezionale
9,8
9,9
FIN
65
65
Salari/prezzi
11,5
40,8
S
65
6
65
Altri
11,1
32,6
UK
65
60
Prezzi
5,3
74,7
Fonte: Relazione del gruppo di lavoro del CPE sull'invecchiamento della popolazione
Note (1) Le definizioni di spesa pubblica non sono identiche e pertanto non propriamente comparabili.
Per l'Irlanda, i dati indicati sono quelli dei contributi sociali. (2) Fonte OCSE salvo per la Danimarca, i
cui dati emanano da autorità nazionali. In alcuni paesi questi fondi non fanno parte in generale del
sistema di pensioni pubbliche. (3) Sarà elevata a 65 a partire dal 2005: (4) Regime legale generale e
regime speciale per la funzione pubblica: (5) Settore pubblico: il regime è identico per le donne: (6)
L'età di pensionamento è 61 e può essere rinviata liberamente fino a 65 anni. Si tratta di un sistema
contributivo, cosicché ogni anno di lavoro supplementare aumenta di conseguenza le prestazioni
pensionistiche. Per la pensione "di garanzia" l'età minima obbligatoria è 65 anni: (7) Formula basata
sulla crescita nominale del PIL: (8) 65 a partire dal 2004.
Questo compromesso tra comparabilità e trasparenza ha spinto il Comitato di politica
economica ad adottare un nuovo approccio contenuto in un rapporto sull’impatto
dell'invecchiamento della popolazione sui bilanci pubblici esaminato dal Consiglio Ecofin il
7 novembre 2000.19 Le autorità nazionali sono state invitate a far funzionare i loro modelli
nazionali utilizzando le ipotesi demografiche ed economiche standard di EUROSTAT, che
19
Report of the impact of ageing populations on public pension systems, EPC/ECFIN/581/00-EN. I
lavori del CPE proseguono parallelamente a quelli in corso in sede OCSE (gruppo di lavoro 1). Per
garantire la coerenza nei lavori dei due organismi, le ipotesi demografiche ed economiche sono state
elaborate in collaborazione con il segretariato dell'OCSE.
56
offrono il grado di flessibilità necessario per tenere conto delle specificità nazionali.20 I
risultati presentati di seguito non sono propriamente comparabili, ma rappresentano
comunque un progresso importante, in quanto consentono di ottenere stime quasi
comparabili delle proiezioni a lungo termine in materia di pensioni.
Il punto di partenza è stato lo scenario basato sulle politiche esistenti, che mira a prevedere
l'evoluzione della spesa pensionistica sulla base delle legislazioni vigenti. Sono state
effettuati anche diversi test di sensibilità e simulazioni di politiche, descritti nel dettaglio
nella relazione del CPE.
Tabella 6.3 Proiezioni delle spese pensionistiche per il periodo 2000-2050 (in % del
PIL, al lordo delle imposte)21
2000
2005
2010
2020
2030
2040
2050
Variazione
2000/anno
record
B
9,3
8,7
9,0
10,4
12,5
13,0
12,6
3,7
DK
10,2
11,3
12,7
14,0
14,7
13,9
13,2
D
10,3
9,8
9,5
10,6
13,2
14,4
14,6
4,3
EL
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
E
9,4
9,2
9,3
10,2
12,9
16,3
17,7
8,3
F
12,1
12,2
13,1
15,0
16,0
15,8
N,A,
3,9
IRL
4,6
4,5
5,0
6,7
7,6
8,3
9,0
4,4
I
14,2
14,1
14,3
14,9
15,9
15,7
13,9
1,7
L
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
NL
7,9
8,3
9,1
11,1
13,1
14,1
13,6
6,2
A
14,5
14,4
14,8
15,7
17,6
17,0
15,1
3,1
P
9,8
10,8
12,0
14,4
16,0
15,8
14,2
6,2
FIN
11,3
10,9
11,6
14,0
15,7
16,0
16,0
4,7
S
9,0
8,8
9,2
10,2
10,7
10,7
10,0
1,7
5,1
4,9
4,7
4,4
4,7
4,4
UK
Fonte: Relazione del gruppo di lavoro del CPE sull'invecchiamento della popolazione
3,9
0,0
20
21
22
Ad esempio, i tassi di partecipazione sono basati sulle proiezioni del BIT, ma gli adeguamenti
apportati fino al 2010 possono riflettere le differenze tra paesi a livello delle riforme della politica del
mercato del lavoro e delle riforme delle istituzioni sociali. La disoccupazione, secondo la definizione
dell'OCSE, dovrebbe scendere al suo livello strutturale entro il 2005 e in seguito stabilizzarsi fino al
2050. Tuttavia questo livello potrebbe essere corretto per tenere conto delle riforme del mercato del
lavoro già adottate, a condizione che l'aggiustamento non superi un terzo del tasso strutturale stimato
di disoccupazione per il 2005. La produttività del lavoro dovrebbe convergere verso l'1,75% su base
annua tra il 2020 e il 2030.
Per Grecia e Lussemburgo le autorità nazionali forniranno stime nel gennaio 2001.
Per la Danimarca, al netto del regime complementare ATP, basato in parte sul sistema di
capitalizzazione, l'aumento registrato tra il 2000 e l'anno record è pari solo al 3,1% del PIL.
57
22
4,5
Le simulazioni indicano che la spesa per le pensioni pubbliche, in percentuale del PIL,
dovrebbe aumentare in modo sostanziale in tutti gli Stati membri, nel corso dei prossimi
decenni, salvo nel Regno Unito. Tuttavia l'ordine di grandezza di questi aumenti ed il
momento in cui si producono variano a seconda degli Stati membri. Secondo le proiezioni,
solo due Stati membri, I e S, avranno aumentato la loro spesa pensionistica di meno del 2%
del PIL nel periodo 2000-2050.
Nella maggioranza dei casi gli effetti dell'invecchiamento aggiungeranno da 3 a 5 punti
percentuali del PIL alla spesa per le pensioni: B (3,7%), DK (4,5%), D (4,3%), F (3,9%),
IRL (4,4%), A (3,1%) e FIN (4,7%).
Pressioni al rialzo ancora più forti della spesa per le pensioni pubbliche sono previste per P,
per NL (6,2% del PIL) e per E, dove è previsto l'aumento più consistente (+ 8,2% del PIL
sul periodo di previsione). Per quanto riguarda le scadenze temporali, la spesa per pensioni
pubbliche di DK, F, I, A, P e S dovrebbe culminare attorno al 2030. Il culmine sarà
raggiunto attorno al 2040 per B, NL e FIN, e negli altri paesi verso il 2050. In linea di
massima occorre anche osservare che sebbene l'aumento previsto della spesa pubblica sia
assai rilevante, esso resta comunque inferiore all'innalzamento previsto dell'indice di
dipendenza degli anziani, il che fa supporre che le riforme intraprese negli anni 90 hanno
consentito in certa misura di ammortizzare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione
sui regimi pensionistici pubblici.
A parte l'ampiezza dell'aumento della spesa per le pensioni pubbliche, si debbono prendere
in considerazione altri fattori. Occorre tenere conto del livello di partenza di questa spesa
che, nel 2000, varia dal 5% del PIL per IRL e UK, ad oltre il 14% per I e A. Si devono
inoltre prendere in considerazione le imposte prelevate sui redditi da pensione, per appurare
l'importo netto della spesa pubblica per pensioni. Un altro elemento importante è che i
contributi ai regimi pensionistici basati sulla capitalizzazione (ad esempio nei Paesi Bassi)
sono in genere deducibili dalle imposte, ovvero la tassazione è differita fino al versamento
delle prestazioni. Ciò significa che in questi paesi l'aumento della spesa per pensioni
pubbliche sarà compensato da un aumento del gettito fiscale sui redditi da pensioni
provenienti da regimi a capitalizzazione.
Sanità: in media la spesa pubblica per la sanità nell'UE si situa appena al di sopra del 6%
del PIL, il che rappresenta approssimativamente i tre quarti dell'insieme delle spese
sanitarie. Questa spesa è una componente consistente della spesa pubblica globale ed occupa
una posizione centrale nel dibattito sulle conseguenze dell'invecchiamento della popolazione
per il bilancio.
Gli studi riguardanti la struttura della spesa sanitaria per i diversi gruppi d'età indicano che
via via che invecchiano, le persone hanno in genere la tendenza a spendere sempre più per le
cure sanitarie. In effetti il profilo delle spese sanitarie medie per le persone dei diversi
gruppi d'età tende ad avere la forma di una U, con l'infanzia e la vecchiaia caratterizzate da
livelli di spesa elevati. Il previsto aumento del numero di anziani alimenta pertanto i timori
di un incremento della spesa sanitaria.
58
Tuttavia misurare l'impatto dei cambiamenti demografici sulla spesa sanitaria globale non è
così semplice come si potrebbe credere a prima vista. Taluni studi recenti sembrano
dimostrare che con l'aumento dell'aspettativa di vita (nonché del numero di persone
anziane), le persone potranno vivere un numero maggiore di anni in buona salute rispetto
alle generazioni precedenti. Ciò significa che anche se vi saranno più persone anziane in
futuro, non necessariamente vi sarà un aumento proporzionale della spesa sanitaria. Inoltre
una quota elevata dei servizi connessi alle cure sanitarie è consumata nel corso degli ultimi
mesi di vita e non è dunque collegata direttamente all'età.
Nel corso dei tre ultimi decenni, l'invecchiamento non è stato un fattore determinante
nell'aumento della spesa sanitaria negli Stati membri. Come emerge dall'allegato C, gli studi
dell'OCSE sull'evoluzione della spesa sanitaria tra gli anni '60 e gli anni '90 sembrano
indicare che i fattori seguenti hanno svolto un ruolo più importante: maggiore copertura
dell'offerta pubblica di cure sanitarie o dell'assicurazione malattia, aumento della domanda
(del consumo) di cure sanitarie derivante dall'incremento della prosperità e diversi fattori a
livello dell'offerta come il maggiore ricorso a tecnologie nuove e più onerose ed un rialzo
dei prezzi nel settore medico superiore all'inflazione generale. Sul fatto se questi fattori
continueranno o meno a svolgere un ruolo importante in futuro, i pareri sono diversi. Altri
elementi, come ad esempio la maggiore frammentazione delle famiglie per via dell'aumento
del tasso di partecipazione delle donne alle forze di lavoro, potrebbero anche cominciare a
contribuire all'aumento della domanda di cure sanitarie. D'altro canto, una maggiore
sensibilizzazione al legame tra il comportamento degli individui ed il loro stato di salute o,
ancora di più, l'effetto delle riforme adottate in passato nel settore della sanità potrebbero
consentire di contenere la pressione all'aumento della spesa sanitaria.
Il fatto che siano numerosi i fattori all'origine dell'incremento della spesa sanitaria complica
considerevolmente la proiezione delle tendenze future e la possibilità di prevedere il ruolo
particolare dei cambiamenti demografici. Inoltre la natura dei sistemi sanitari complica
ulteriormente la preparazione di proiezioni delle spese sanitarie per più paesi. Questi sistemi
sono estremamente complessi e la loro struttura può variare considerevolmente a seconda
del paese. Tuttavia la struttura organizzativa dei sistemi sanitari e gli incentivi creati per i
diversi tipi di agenti possono svolgere un ruolo estremamente importante nel determinare le
pressioni esercitate sulla spesa a livello di offerta e di domanda. Di conseguenza è possibile
che tendenze analoghe sul piano delle tecnologie mediche o dei prezzi dei medicinali
abbiano implicazioni molto diverse per l'evoluzione della spesa sanitaria nei diversi Stati
membri.
Nonostante queste difficoltà, vi sono già stati taluni tentativi di effettuare proiezioni delle
spese sanitarie. L'OCSE ritiene che l'effetto diretto dell'invecchiamento sulla spesa sanitaria
pubblica sarà un aumento pari al 3% nell'UE e in Giappone e di 2 punti negli Stati Uniti.
Parecchi Stati membri hanno tentato di quantificare il futuro aumento della spesa sanitaria
pubblica collegato all'invecchiamento della popolazione. Da questi studi emerge che
l'aumento della spesa pubblica sarà dell'ordine di 2-3 punti percentuali del PIL. Tutto
considerato, si è d'accordo nel riconoscere che la spesa sanitaria aumenterà, ma i pareri
divergono quanto all'ampiezza di tale aumento. Tutto ciò sottolinea la necessità di disporre
di misure efficaci di contenimento dei costi, di cui l'allegato C presenta una sintesi.
Nell'esame delle conseguenze dell'invecchiamento per il bilancio, una questione importante
è quella delle cure di lunga durata agli anziani. Questo tipo di spesa sarà una delle principali
cause dell'aumento della spesa pubblica dovuto all'invecchiamento. Tuttavia in molti Stati
membri le cure di lunga durata non fanno più parte formalmente del settore sanitario e sono
59
coperte sovente dai bilanci di assistenza sociale. È probabile che le proiezioni della spesa
sanitaria che escludono questo tipo di cure sottostimino notevolmente l'incidenza
dell'invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica globale.
Istruzione: la riduzione della spesa pubblica per l'istruzione derivante dalla diminuzione
del numero di giovani sarà verosimilmente modesta e probabilmente nettamente inferiore
all'aumento della spesa per pensioni e cure sanitarie. Potrebbe essere necessario un aumento
della spesa pro capite per incrementare l'investimento in capitale umano e promuovere la
formazione permanente che consente ai lavoratori anziani di ritornare sul mercato del lavoro
o di restarvi.
Valutazione generale delle conseguenze per le finanze pubbliche
Se è vero che occorre interpretare con prudenza le proiezioni sopra esposte, è altrettanto
vero che in assenza di nuove riforme l'impatto globale dell'invecchiamento della
popolazione per i regimi pubblici di pensione e sanità dovrebbe dar luogo, nella maggior
parte degli Stati membri, ad un aumento della spesa pubblica compreso tra 5 e 8 punti
percentuali del PIL o addirittura di più in caso di scenari meno favorevoli. Anche se questa
pressione emergerà nel corso di diversi decenni, costituisce comunque un rischio consistente
per la sostenibilità delle finanze pubbliche. La sfida dell'invecchiamento della popolazione
sarà più difficile da affrontare nei paesi che hanno un debito pubblico rilevante e regimi
pensionistici fondati sulla ripartizione.
È evidente che aumenti della spesa così rilevanti non potrebbero essere finanziati con
l'accumulo di disavanzi strutturali consistenti ed un debito pubblico sempre più elevato. Il
ritorno a disavanzi strutturali consistenti minerebbe tutti gli sforzi di risanamento finanziario
intrapresi in vista dell'attuazione dell'UEM e sarebbe contraria al patto di stabilità e di
crescita. Un deterioramento insostenibile della finanza pubblica complicherebbe l'attuazione
della politica monetaria unica da parte della BCE e pregiudicherebbe la fiducia nel processo
dell'UEM, il che provocherebbe di per sé un rialzo dei tassi di interesse.
Rispondere a questa sfida limitandosi a procurarsi risorse supplementari per finanziare un
supplemento di spesa pensionistica e sanitaria potrebbe andare contro le conclusioni del
Consiglio europeo di Lisbona. Ad esempio, l'innalzamento delle aliquote di contribuzione ai
regimi pensionistici pubblici (che sono già molto elevate in numerosi Stati membri)
accentuerebbe il differenziale tra costo del lavoro e salari netti (cuneo fiscale) e
disincentiverebbe l'assunzione di lavoratori e la partecipazione al mercato del lavoro. Questa
misura accentuerebbe inoltre gli squilibri tra generazioni. Analogamente, un aumento della
pressione fiscale globale potrebbe accrescere i disincentivi all'occupazione e
all'investimento, il che potrebbe nel tempo aggravare anziché migliorare la sostenibilità
delle finanze pubbliche. Infine, tagliare altre voci di spesa pubblica essenziali quali le
infrastrutture, l'istruzione e la formazione, le tecnologie dell'informazione e la R&S
potrebbe essere controproducente in quanto queste spese contribuiscono a rafforzare il
potenziale di produzione dell'UE.
Parallelamente alla crescita della pressione fiscale per un aumento della spesa collegata
all'età, le basi imponibili mobili potrebbero essere erose dall'integrazione economica
(concorrenza fiscale). Potrebbe diventare sempre più difficile per i governi sostenere un
rafforzamento della pressione fiscale per finanziare l'aumento delle spese collegate
all'invecchiamento. Oppure questi governi potrebbero trovarsi costretti a spostare l'onere
60
fiscale gravante su basi mobili (ad esempio il capitale) verso basi non mobili (ad esempio il
lavoro), un'evoluzione che potrebbe falsare il funzionamento del mercato del lavoro.
6.2. La via da seguire e la risposta degli Stati membri
Queste sfide richiedono riforme di ampio respiro. Tra di esse dovrebbero figurare: misure
destinate a rafforzare il risanamento delle finanze pubbliche prima del 2010, data in cui
comincerà ad avvertirsi l'impatto dell'invecchiamento; misure riguardanti il mercato del
lavoro destinate a rafforzare il tasso di occupazione e di partecipazione, in particolare dei
lavoratori più anziani; e riforme destinate a garantire la solidità finanziaria dei regimi
pensionistici pubblici. Le misure correttive dovrebbero essere decise ben prima che gli
indici di dipendenza degli anziani aumentino, cosicché le persone possano adottare i
provvedimenti necessari per garantirsi un certo livello di prestazioni al momento della
vecchiaia.
Rafforzare il risanamento delle finanze pubbliche
Gli Stati membri dovrebbero approfittare dell’attuale congiuntura favorevole per proseguire
i loro sforzi di risanamento finanziario e ridurre più rapidamente il livello del loro debito
pubblico. Ciò consentirà loro di affrontare l'evoluzione demografica con un debito pubblico
alleggerito e un servizio del debito meno oneroso. I calcoli presentati alla tabella 6.4 a titolo
esemplificativo indicano quale sarebbe la situazione del debito pubblico nel 2010 e nel 2020
se gli Stati membri rispettassero rigorosamente gli obiettivi di medio termine per il 2003
fissati nel loro programma di stabilità e di convergenza del 1999/2000.23 Questa tabella
dimostra chiaramente che il rispetto rigoroso dell'obiettivo di medio termine consentirebbe
ai paesi di ridurre considerevolmente l'ammontare del debito e di alleggerire l'onere degli
interessi: ciò consentirebbe di coprire in parte le spese di bilancio supplementari derivanti
dall'invecchiamento della loro popolazione. Questo effetto è particolarmente marcato per i
paesi con debito elevato. Il mantenimento delle posizioni di bilancio al livello previsto per il
2003 comporterebbe una riduzione delle loro spese per interessi entro il 2020 di circa 3
punti percentuali del PIL.
Un ulteriore duraturo miglioramento del saldo strutturale dell’ordine di un punto percentuale
del PIL oltre questi obiettivi comporterebbe una nuova riduzione del debito pubblico di
circa 12 punti percentuali del PIL per il 2010 e 2020 nella maggior parte degli Stati membri.
Tutti i paesi si troverebbero al di sotto del massimale del 60% definito a Maastricht e, nel
caso dei paesi nordici, il debito scomparirebbe completamente lasciando il posto ad un
attivo. I nuovi livelli del debito implicano una diminuzione supplementare della spesa per
interessi di 0,4 punti percentuali del PIL per il 2010 e di 0,6 punti per il 2020. La
diminuzione della spesa per interessi sarebbe superiore ad un punto percentuale del PIL
rispetto al livello del 2000 in tutti gli Stati membri e a 3 punti del PIL in otto Stati membri.
L'importanza di questi risparmi sottolinea il contributo che una rigorosa disciplina
finanziaria può dare nella prevenzione degli effetti dell'invecchiamento della popolazione
sui bilanci pubblici. Tuttavia, alla luce delle proiezioni appena menzionate, è poco probabile
23
Parecchi Stati membri hanno già presentato il loro programma aggiornato di stabilità e di
convergenza per il 2000/2001. Tuttavia gli obiettivi di medio termine indicati nella tabella non sono
stati modificati di conseguenza. Sarà possibile includere una tabella rivista nella relazione
Commissione-Consiglio che riprenda gli obiettivi contenuti nei programmi 2000/2001 di tutti i paesi.
Questi calcoli si fondano sull'ipotesi di uno scarto di circa il 2,25% tra tasso di crescita e tasso di
interesse, che è prossima alla soluzione a lungo termine del modello QUEST della Commissione.
61
che il risparmio potenziale sia sufficiente a compensare integralmente il supplemento di
spesa provocato dall'invecchiamento.
Tabella 6.4. Prevenire l'effetto dell'invecchiamento: riduzione del servizio del debito (%
del PIL)
Obiettivi a medio termine
Obiettivi a medio termine - 1%
"Obiettivi a
medio
Debito Debito Variazio Debito Variazio Debito Variazio Debito Variazio
ne
ne
ne
ne
termine”
in % del in % servizio in % servizio in % servizio in % servizio
del PIL
del PIL
del PIL
del PIL
PIL
del
del
del
del
(def:+;
2000
2010
debito
2020
debito
2010
debito
2020
debito
avanz: -)
B
-0,2
112
69
-2,1
44
-3,4
63
-2,5
31
-4,1
DK
-2,5
50
12
-1,9
-12
-3,1
5
-2,2
-25
-3,8
D
0,5
61
40
-1,0
26
-1,7
33
-1,4
14
-2,4
EL
-0,2
103
64
-2,0
38
-3,3
58
-2,3
26
-3,9
E
-0,2
63
37
-1,3
22
-2,1
30
-1,6
9
-2,7
F
0,5
59
43
-0,8
32
-1,4
36
-1,2
19
-2,0
IRL
-2,6
46
1
-2,3
-20
-3,3
-6
-2,6
-33
-3,9
I
0,1
112
73
-1,9
48
-3,2
66
-2,3
36
-3,8
NL
1,1
62
38
-1,2
29
-1,6
31
-1,6
17
-2,3
A
1,3
64
52
-0,6
45
-0,9
45
-0,9
32
-1,6
P
0,3
57
41
-0,8
28
-1,5
34
-1,2
16
-2,1
FIN
-4,7
43
-7
-2,5
-45
-4,4
-14
-2,9
-57
-5,0
S
-2,0
59
20
-2,0
-3
-3,1
13
-2,3
-16
-3,7
UK
0,3
44
24
-1,0
18
-1,3
17
-1,3
5
-1,9
Gli obiettivi a medio termine corrispondono ai saldi di bilancio per il 2003 (EL, F, A e S: nel 2002) previsti
nei programmi di stabilità e di convergenza del 1999
Fonte: Servizi della Commissione
Riforme volte ad innalzare i livelli di occupazione
Un aumento dei tassi di occupazione contribuirebbe a controbilanciare l'impatto negativo
dell'evoluzione demografica sulle dimensioni della forza lavoro. Dal punto di vista delle
finanze pubbliche, tale aumento provocherebbe un incremento del gettito dell'imposta sul
reddito e dei contributi ai sistemi pensionistici a ripartizione, un calo della spesa per le
62
pensioni pubbliche ed altri diritti a prestazioni e rafforzerebbe il livello globale della
produzione. Sono queste le ragioni per cui la recente comunicazione della Commissione su
pensioni sicure e sostenibili e la relazione del Gruppo ad alto livello sulla protezione sociale
hanno attirato l'attenzione sulla necessità di rafforzare il tasso di occupazione globale ed in
particolare quello dei lavoratori più anziani, in quanto questo rafforzamento costituisce un
elemento essenziale della strategia da attuare per far fronte all'invecchiamento della
popolazione. La relazione invita ad una mobilitazione di tutte le risorse della società, come
proposto dal Consiglio europeo di Lisbona, il che implica riforme vigorose a livello delle
politiche economiche e sociali e delle politiche del lavoro.
Il prepensionamento dei lavoratori più anziani è una questione essenziale per l'equilibrio
finanziario dei sistemi pensionistici. Attualmente, nella maggior parte degli Stati membri,
l'età effettiva del pensionamento è di gran lunga inferiore al limite minimo previsto dai
regimi obbligatori. Questa situazione provoca un rapido calo dei tassi di occupazione a
partire dall'età di 55 anni nella maggior parte degli Stati membri (cfr. tabella 6.5). Questa
tendenza è dovuta essenzialmente a cattive pratiche di gestione sul mercato del lavoro, dove
i prepensionamenti sono stati utilizzati per ridurre gli organici. È evidente che negli Stati
membri dell'UE gli incentivi contenuti nei sistemi pensionistici e i dispositivi di
prepensionamento (cfr. capitolo 4.1) hanno contribuito a far scendere l'età effettiva del
pensionamento ben al di sotto del limite obbligatorio. Sono pertanto indispensabili riforme
per ristabilire la neutralità a livello degli incentivi al pensionamento.
Tabella 6.5: Tassi di occupazione per classi d'età nel 1999
B
DK
D
EL
E
F
IRL
I
L
NL
A
P
FIN
S
UK EU15
50-54 60,3 80,4 73,4 60,1 57,2 74,1 62,1 57,2 64,6 70,2 72,7 71,4 78,9 84,2 75,9 69,2
55-59 36,9 70,9 55,1 47,4 44,8 46,8 50,5 36,6 38,2 49,6 41
59,1 54,6 77,8 62,1 50,7
60-64 12,9
34 19,6 30,4 24,7 10,1 35,9 17,9 12,9 18,6 11,7 43,6 22,2 47,9 35,6 22,3
65-69 3,8
6,2
5
11,5 3,9
2,1 14,3 6,2
n.d. 5,2
4,9 24,8 4,4 10,7 11,6
6,5
Fonte: Inchiesta sulle forze lavoro - Eurostat, riprodotto dalla relazione del Gruppo ad alto livello sulla
protezione sociale
Se si vuole ritardare l'età effettiva del pensionamento per rafforzare i tassi di occupazione
dei lavoratori più anziani, sono indispensabili diversi provvedimenti. Sarà necessario, a tal
fine, scoraggiare i prepensionamenti (salvo, ad esempio, in caso di lavori pericolosi o
usuranti) e migliorare le opportunità di lavoro per i lavoratori più anziani. Occorre, da un
lato, sopprimere gli ostacoli e i disincentivi a lavorare più a lungo. D'altra parte è necessario
che i lavoratori più anziani possano accedere come gli altri alla formazione permanente e
migliorare le loro qualifiche; devono inoltre poter conservare condizioni di lavoro
interessanti ed avere accesso a provvedimenti mirati di promozione dell'occupazione sul
mercato del lavoro in generale. Per fare in modo che i sistemi pensionistici favoriscano
maggiormente l'occupazione, occorre limitare l'accesso ai prepensionamenti, instaurare
regole più flessibili per la transizione verso il pensionamento e vigilare affinché le politiche
63
del mercato del lavoro nei confronti dei lavoratori più anziani diventino realmente attive. Le
risorse che sono state utilizzate per far uscire i lavoratori dal mercato del lavoro dovrebbero
invece essere destinate al loro mantenimento o alla loro reintegrazione in un posto di lavoro.
In molti Stati membri, una più forte partecipazione delle donne al mercato del lavoro
costituisce un'altra via per migliorare il rapporto dipendenti/pensionati. A tal fine, è tuttavia
necessario facilitare la conciliazione tra vita professionale e vita familiare, prevedendo in
particolare l'offerta di strutture a costi accessibili per la custodia dei bambini. La mancanza
di servizi di sostegno per le famiglie agisce da freno per le donne che restano sul mercato
del lavoro e può anche condurre ad una diminuzione dei tassi di fecondità che nel lungo
termine aggrava il problema dell'invecchiamento.
La relazione del Gruppo di lavoro del CPE sull'invecchiamento della popolazione fornisce
la prova della necessità di aumentare il tasso di occupazione per rimediare all'impatto
dell'invecchiamento sul bilancio. Le proiezioni della spesa pensionistica sono state effettuate
sulla base di uno scenario macroeconomico coerente con le conclusioni del Consiglio
europeo di Lisbona che invitava l'UE ad “.. accrescere il tasso di occupazione dall'attuale
media del 61% a una percentuale che si avvicini il più possibile al 70% entro il 2010 e
nell'aumentare il numero delle donne occupate dall'attuale media del 51% a una media
superiore al 60% entro il 2010” 24. I risultati delle proiezioni del cosiddetto "scenario di
Lisbona" dimostrano che in taluni paesi (P, DK, UK, S, F) le spese pensionistiche sarebbero
inferiori a quelle indicate nella tabella 6.3 derivante da uno scenario costruito sulla base
delle politiche attuali. Il rafforzamento del tasso di occupazione presuppone l'adozione di
misure appropriate, ma da solo non sarà sufficiente a compensare integralmente le
conseguenze economiche e di bilancio dell'invecchiamento della popolazione. In molti Stati
membri occorrerà probabilmente apportare taluni aggiustamenti al rapporto
prestazioni/contributi nei sistemi pensionistici pubblici.
24
Tra le ipotesi figurano quelle di una convergenza progressiva verso l'83% dei tassi di partecipazione
degli uomini e delle donne entro il 2045 e verso il 4% dei tassi di disoccupazione degli uomini e delle
donne entro il 2045 (le proiezioni riguardanti la popolazione attiva sono tratte dallo scenario "alto"
fornito da EUROSTAT), quella di una convergenza tra I paesi europei dei livelli di produttività e di
crescita della produttività e verso i livelli degli Stati Uniti entro il 2050.
64
Riforma dei regimi pensionistici pubblici
Riforme sono in via di attuazione in parecchi Stati membri da un certo numero di anni. Esse
hanno avuto per oggetto essenzialmente la modifica delle regole applicabili in materia di
accesso, di contributi e di diritti a prestazioni. Ciò ha lasciato più spazio alle pensioni
private, il cui sviluppo è stato incoraggiato da misure politiche quali l'esenzione fiscale dei
contributi, l'obbligo di ricorrere alla previdenza privata e l'invito alle parti sociali a
concludere accordi sulle pensioni aziendali. L'allegato D fornisce una sintesi delle riforme
attualmente in corso a livello degli Stati membri. I progressi sono disuguali e in parecchi
paesi i negoziati si trovano in una fase chiave. Tutte queste riforme comportano tuttavia un
certo numero di caratteristiche comuni:
• la maggior parte degli Stati membri sta progressivamente allineando l'età del
pensionamento per gli uomini e le donne e ha in taluni casi innalzato l'età di
pensionamento obbligatoria, pur non essendo riusciti ad elevare l'età effettiva del
pensionamento;
• in taluni paesi le prestazioni pensionistiche globali sono state ridotte tramite l'aumento
del numero di anni presi in considerazione ai fini del calcolo dell'importo dei diritti
maturati sulla base dei contributi versati da un individuo (ad esempio pensione calcolata
sulla base degli stipendi percepiti durante tutta la vita attiva piuttosto che sull'ultimo
stipendio), la modifica del coefficiente di accumulazione, l'aumento del numero di anni
di lavoro richiesti per percepire la pensione massima, l'agganciamento delle prestazioni
pensionistiche all'inflazione piuttosto che ai salari netti;
• modifiche sono state apportate anche per migliorare l'equità attuariale delle pensioni, cioè
per rafforzare il legame tra contributi e prestazioni;
• in taluni Stati membri (UK, NL, IRL, DK) i sistemi pensionistici a capitalizzazione
costituiscono una parte relativamente importante dei redditi versati alle persone anziane.
Altri paesi stanno valutando di adottare misure destinate ad incoraggiare lo sviluppo di
pensioni private.
Non vi è dubbio che queste riforme hanno reso più sostenibili i regimi pensionistici
pubblici. Tuttavia, come indicato in precedenza, in molti Stati membri la spesa per pensioni
dovrebbe comunque aumentare in modo significativo nel corso dei prossimi decenni
cosicché saranno necessarie nuove riforme. Queste riforme devono tener conto delle
aspettative delle persone che hanno già versato contributi per parecchi decenni e richiedono
un ampio consenso se si vuole evitare che i governi futuri ritornino sulle riforme realizzate
dai loro predecessori.
Questo ampio consenso esiste sulla necessità di ricorrere ad un approccio globale in materia
di pensioni. La responsabilità dei politici non si limita ai regimi basati sulla ripartizione
(primo pilastro). L'intervento pubblico influisce anche sullo sviluppo dei sistemi aziendali
(secondo pilastro), che assicurano un legame con gli stipendi percepiti durante la vita attiva,
e sul risparmio privato (terzo pilastro). Occorre tuttavia ricordarsi che la qualità della vita
degli anziani è determinata anche dalle politiche realizzate in altri settori quali l'edilizia, la
sanità e le cure di lungo termine o la prestazione di servizi gratuiti o sovvenzionati
(trasporto, cultura, ecc.).
65
In molti Stati membri ci si aspetta che la capitalizzazione sia chiamata a svolgere un ruolo
più importante per via dell'invecchiamento della popolazione. Vista la necessità di frenare la
crescita della spesa pensionistica pubblica, l'incoraggiamento delle pensioni aziendali e
personali può contribuire a garantire un reddito adeguato dopo il pensionamento. Un
maggiore ricorso alla capitalizzazione può migliorare la sostenibilità delle finanze pubbliche
a lungo termine ed apportare un contributo importante allo sviluppo dei mercati dei capitali
nell'UE. Per questa ragione è importante istituire un quadro legislativo che garantisca
standard elevati cosicché i regimi pensionistici integrativi siano ampiamente accessibili e
ben adattati alle esigenze di una forza lavoro sempre più mobile. L'UE sta partecipando a
questo processo con l'adozione nell'ottobre del 2000 di una proposta di direttiva relativa alle
attività di enti pensionistici per lavoratori autonomi o subordinati25. Ulteriori provvedimenti
sono necessari per coordinare le regole nazionali riguardanti la tassazione delle pensioni
integrative. Il Forum europeo delle pensioni sta attualmente esaminando gli ostacoli alla
mobilità dei lavoratori derivanti dai regimi di pensione integrativa.
Il contributo a livello UE
L'invecchiamento delle popolazioni pone un gran numero di sfide di ordine sociale,
economico e finanziario. Il presente capitolo ha esaminato in particolare l'impatto
dell'invecchiamento della popolazione sulle pensioni pubbliche e, in misura minore, sulla
spesa sanitaria. Le misure destinate a rispondere ai problemi della sostenibilità a lungo
termine delle finanze pubbliche devono far parte di un pacchetto di riforme conforme agli
orientamenti proposti dal Consiglio europeo di Lisbona.
In primo luogo, il Consiglio ECOFIN ha invitato il gruppo di lavoro del CPE ad estendere la
sua analisi alle conseguenze dell'invecchiamento per il sistema sanitario. La Commissione
parteciperà attivamente a questi lavori. Parallelamente continueranno i lavori del Gruppo ad
alto livello sulla protezione sociale lungo le linee proposte nella comunicazione della
Commissione e nella relazione intermedia presentata dal Gruppo al Consiglio europeo di
Nizza.
In secondo luogo, i lavori del CPE illustrano la diversità degli approcci possibili quando si
tratta di analizzare le conseguenze dell'invecchiamento della popolazione. Esiste un'ampia
varietà di modelli (ad esempio i modelli CGE, la contabilità generazionale) e di indicatori e
le proiezioni non coprono il medesimo orizzonte temporale. Taluni Stati membri elaborano
regolarmente relazioni sulla spesa pensionistica e le presentano ad organismi legislativi,
mentre altri lo fanno solo ad hoc. La Commissione propone di incoraggiare uno scambio di
vedute sui metodi utilizzati per simulare l'evoluzione futura delle pensioni e delle altre spese
legate all'invecchiamento.
In terzo luogo, come proposto nella comunicazione della Commissione dell'11 ottobre 2000
sulle pensioni sostenibili, sarebbe possibile utilizzare studi statistici europei per farsi un'idea
della misura in cui il pubblico è sensibilizzato alla modernizzazione dei sistemi di
protezione sociale e delle attese che nutre sotto questo profilo.
25
COM(2000)507 dell'11 ottobre 2000.
66
In quarto luogo, l'analisi che precede ha posto in evidenza il ruolo sempre più importante
che i sistemi pensionistici integrativi saranno chiamati a svolgere nel contesto
dell'adeguamento dei regimi pensionistici pubblici reso necessario dalle conseguenze
finanziarie dell'invecchiamento della popolazione. Ciò dimostra chiaramente la necessità di
adottare rapidamente la proposta di direttiva relativa alle attività degli enti pensionistici.
Si dovrebbe inoltre esaminare come fare per integrare la sostenibilità nel Patto di stabilità e
di crescita. Gli indirizzi di massima per le politiche economiche ed i pareri del Consiglio sui
programmi di stabilità e di convergenza già contengono raccomandazioni generali sulla
necessità di prepararsi agli oneri di bilancio futuri derivanti dall'evoluzione demografica.
Tuttavia l'ampiezza delle sfide poste in evidenza e le ricadute transfrontaliere
potenzialmente importanti nell'UEM sembrano indicare che le conseguenze
dell'invecchiamento della popolazione sulla finanze pubbliche devono essere affrontate in
modo più sistematico a livello europeo. Nella sua relazione al Consiglio europeo di Helsinki
sul coordinamento delle politiche europee, il Consiglio ECOFIN raccomandava “che le
questioni di finanza pubblica assumano maggiore importanza nei programmi di stabilità e
di convergenza e che l'accento sia posto maggiormente sui problemi di sostenibilità a medio
e lungo termine.” È arrivato il momento di porre in atto questa conclusione. Gli Stati
membri hanno concordato di provvedere affinché i futuri programmi di stabilità e di
convergenza contengano un capitolo sulla sostenibilità a lungo termine della finanza
pubblica. Questo capitolo dovrebbe descrivere la strategia generale adottata dal governo per
affrontare il problema delle conseguenze dell'invecchiamento della popolazione sul bilancio
e presentare proiezioni di bilancio a lungo termine.
Infine la Commissione esaminerà la possibilità di avviare, in collaborazione con gli Stati
membri, un'inchiesta europea longitudinale sull'invecchiamento delle popolazioni.26 Si
disporrebbe così di dati essenziali per concepire politiche efficaci in settori quali la sanità e
la protezione sociale che sono chiamati a rispondere alle diverse esigenze derivanti
dall'invecchiamento della popolazione. L'utilità di questo tipo di inchieste è stata dimostrata
dalla Health and Retirement Survey realizzata negli USA e dall'inglese Longitudinal
Ageing Survey (ELSA). L'organizzazione a livello europeo di un'inchiesta longitudinale
sull'invecchiamento presenterebbe vantaggi importanti, in termini di risparmio di costi, ma
anche in quanto consentirebbe di garantire dati di elevata qualità e la comparabilità tra i
paesi. Peraltro costituirebbe una tappa importante verso l'introduzione di un metodo di
coordinamento aperto, fondato su dati ed indicatori comparabili, come raccomandato dal
Consiglio europeo di Lisbona.
26
Questa inchiesta riguarderebbe un campione rappresentativo di persone anziane, ad esempio
ultracinquantenni, e comprenderebbe dati sulla salute, la situazione economica (reddito, istruzione,
occupazione, diritti a pensione, ecc.) nonché informazioni sull'assistenza sociale (aiuto in seno alle
famiglie, trasferimento di attività, ecc.).
67
7. ALLEGATO A: RIFORME DEI SISTEMI TRIBUTARI
Contributi di sicurezza
sociale
Imposte sul reddito delle
persone fisiche
B
Nel 2000 riduzione dei CSS,
in particolare per le fasce
salariali basse (riduzione
forfetaria dei CSS versati dai
datori di lavoro e dai
lavoratori). Uniformazione tra
il regime per gli impiegati e il
regime per gli operai.
Dal 1999 è stata ripristinata
l'indicizzazione
integrale
degli scaglioni d'imposta. Il
prelievo
di
crisi
sarà
soppresso nel 2004.
DK
Dal 1999 è stato reso
permanente il contributo
temporaneo al regime di
pensione complementare per i
lavoratori (ATP), pari all'1%
dell'importo
del
salario.
Maggiorazione dei contributi
per
il
regime
del
pensionamento anticipato.
Riduzione graduale (19992002)
delle
aliquote
marginali, in particolare per i
redditi bassi e medi. Per i
redditi bassi le riduzioni delle
aliquote marginali arrivano
sino a 8 punti percentuali.
Imposte sulle società e sui
capitali
Imposte sui consumi
Altre imposte
(energia, ambiente)
Riduzione dell'IVA sui servizi
ad impiego intensivo di
manodopera.
Nel bilancio per il 2001 è
inclusa la proposta di ridurre
le aliquote dell'imposta sulle
società (dal 32 al 30%).
Semplificazione delle norme
fiscali sulle azioni detenute da
privati.
Introduzione
di
un'imposta del 5% sul
rendimento
delle
azioni
detenute dai fondi pensione.
Riduzione (1999-2001) delle
detrazioni fiscali per i
pagamenti d'interessi.
68
Nel 1999-2000, aumento delle
imposte sull'energia.
D
Tra il 1998 e il 2000
riduzione
di
1
punto
percentuale dei CSS per il
sistema pensionistico.
Riduzione generale delle
imposte sul reddito: l'aliquota
marginale minima dal 22,9%
(2000) al 15% (2005), la
massima dal 51% (2000) al
42% (2005). Si rialzerà la
soglia minima di reddito
esente.
Dal 2001 riduzione al 25%
dell'aliquota dell'imposta sulle
società (rispetto al 40 e al
30%
per
gli
utili
rispettivamente distribuiti e
non distribuiti).
Dal 2002 soppressione delle
imposte sui redditi di capitale
in caso di vendita di azioni tra
società.
69
Le ecotasse introdotte nel
1999 saranno aumentate
gradualmente per finanziare le
riduzioni dei CSS.
GR
E
Contributi di sicurezza
sociale
Imposte sul reddito delle
persone fisiche
Imposte sulle società e sui
capitali
Imposte sui consumi
Riduzione (50%) dei CSS a
carico dei datori di lavoro per
i nuovi assunti.
Maggiorazione degli sgravi
fiscali sul reddito, aumento
dei crediti d'imposta per i
figli, abrogazione dei criteri
presuntivi.
Sgravio fiscale per il capitale
di rischio. Riduzione delle
aliquote d'imposta per le
società in nome collettivo.
Equiparazione
dell'imposta
sugli interessi percepiti sulle
obbligazioni di società e sui
titoli di Stato.
Riduzione dell'IVA sui servizi
ad impiego intensivo di
manodopera e sull'elettricità.
Nel 1999 riforma generale
dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche.
Nessuna imposta cedolare per
i valori mobiliari. Incentivi
fiscali per i capitali di rischio.
Si è introdotta una nuova
aliquota fiscale unica per tutte
le categorie; le aliquote
marginali minima e massima
sono
state
ridotte
rispettivamente d 2 e 8 punti
percentuali. Si è ridefinito il
concetto
di
reddito
imponibile, che viene ottenuto
previa detrazione di uno
sgravio fiscale personale.
Riduzione della cedolare sui
dividendi.
Riduzione dell'IVA sui servizi
ad impiego intensivo di
manodopera: parrucchieri e
piccoli lavori di riparazione
nelle abitazioni.
Riduzioni generali dei CSS
per i contratti a tempo
indeterminato (nel 2000, di
0,2 punti percentuali per i
datori di lavoro e di 0,05 punti
percentuali per i lavoratori).
Dal 1997 riduzioni mirate dei
CSS per i nuovi contratti a
tempo indeterminato.
70
Altre imposte
(energia, ambiente)
Adeguamento delle imposte
indirette sulle automobili e sui
combustibili
per
il
riscaldamento alle aliquote
medie UE.
F
Riduzioni dei CSS a carico
dei datori di lavoro per il
livello inferiore della scala
salariale (in combinazione
con la riduzione della
settimana lavorativa).
Riduzioni fiscali generali nel
2001-2003 (0,5% del PIL,
pari a 22 Mrd FRF nel 2001).
Nei
prossimi
tre anni
riduzione
graduale
del
contributo
sociale
generalizzato (CSG) e del
contributo per il rimborso del
debito sociale (CRDS) per i
lavoratori il cui reddito non
supera più di 1,3 volte il
salario minimo.
Incentivi fiscali per le nuove
imprese innovatrici.
Nel 2000 abolizione della
sovrattassa sui profitti delle
imprese.
Introduzione ed estensione di
un'imposta intesa a finanziare
la riduzione della settimana
lavorativa.
Riduzione delle imposte sugli
alloggi.
Tra il 2001 e il 2003
riduzione graduale, dal 36,6 al
33,3%,
delle
aliquote
dell'imposta sulle società.
Per le piccole e medie
imprese, riduzione al 15%
dell'aliquota dell'imposta sulle
società per i primi 250.000
FRF di profitti.
71
Riduzione generale (di 1
punto percentuale) delle
aliquote IVA.
Riduzione delle aliquote IVA
sulle riparazioni e sui servizi
domestici.
Soppressione della “vignette”
per le automobili ad uso
privato.
Aumenti
ecotasse.
progressivi
delle
Riduzione, in alcuni settori,
delle accise sui prodotti
petroliferi .
IRL
Contributi di sicurezza
sociale
Imposte sul reddito delle
persone fisiche
Imposte sulle società e sui
capitali
Imposte sui consumi
Dal 2000 viene applicata ai
datori di lavoro una nuova
imposta a favore del fondo
nazionale per la formazione,
controbilanciata da riduzioni
delle aliquote dei contributi
per le assicurazioni sociali
correlate ai salari (PRSI) a
carico dei datori di lavoro (dal
12 all'11,3% e dall'8,5 al
7,8%).
Riduzione delle aliquote
standard (dal 24 al 22%) e
massima (dal 46 al 44%).
Ampliamento dello scaglione
dell'aliquota standard, con
attribuzione generalizzata, e
aumento delle detrazioni
personali.
Riduzione
dell'aliquota
dell'imposta sulle società dal
28% nel 1999 al 24% nel
2000, per giungere al 12,5%
entro il 2003.
Aumento
delle
imposte
indirette
sul
tabacco.
Soppressione, nel 2000, delle
imposte sui trasporti aerei e
marittimi internazionali.
Mercato
immobiliare:
introduzione di una nuova
imposta del 2% intesa a
combattere la speculazione.
72
Altre imposte
(energia, ambiente)
Riduzione, nel 2000, delle
accise sul cherosene.
I
L
Nel Mezzogiorno è stato
introdotto dal 1999, per la
durata di tre anni, lo sgravio
integrale dei CSS per i nuovi
posti di lavoro. Riduzioni dei
CSS al livello inferiore della
scala salariale. Riduzioni dei
CSS dello 0,82% nel 1999,
dello 0,7% nel 2000. Altre
riduzioni previste per il 2001.
Con la riforma fiscale del
1998, revisione dell'imposta
sul reddito delle persone
fisiche
(riduzione
degli
scaglioni d'imposta da 7 a 5,
aumento dell'aliquota minima
dal 10 al 19%, riduzione
dell'aliquota massima dal 51
al 46%). Nel 2000 riduzione,
dal 27 al 26%, dell'aliquota
per il secondo scaglione.
Riduzione della pressione
fiscale sulle pensioni più
basse.
Aumento
delle
detrazioni per le famiglie più
povere. Per il 2001 sono
previsti aggiustamenti delle
aliquote fiscali e altri aumenti
delle detrazioni.
Con la riforma tributaria del
1998 sono state introdotte
un'imposta regionale sulle
attività produttive (IRAP)
dall'aliquota forfetaria del
4,25% e la Dual Income Tax.
Inizialmente la DIT si
applicava solo alle società, ma
nel 2000 è stata estesa alle
assicurazioni e alle banche e
ne
è
stata
accelerata
l'attuazione e per il 2001 ne è
prevista l'estensione ad ancora
altri tipi d'imprese. Nel 1998
riorganizzazione delle norme
tributarie sui redditi da
capitale, ampliamento della
base imponibile e riduzione
delle aliquote fiscali a due
(12,5% e 27%). Nuovi
aggiustamenti previsti per il
2001.
In seguito alla riforma
tributaria del 1998, aumento
al 20% dell'aliquota minima
IVA
e
soppressione
dell'aliquota intermedia del
16%. Nel 1999 riduzione
dell'IVA sui servizi a impiego
intensivo di manodopera
(lavori d'innovazione negli
alloggi
ecc.).
Questo
provvedimento è stato esteso
al 2000.
Tra il 2001 e il 2002,
riduzione degli scaglioni
d'imposta da 16 a 14.
Riduzioni
delle
aliquote
marginali di 2 (2001) e di 4
punti percentuali (2002).
Aumento del reddito minimo
imponibile.
Riduzione dell'imposizione
fiscale effettiva sulle imprese
dal 37,5% a meno del 35%
nel
2002.
Soppressione
dell'imposta
locale
sulle
imprese.
Riduzione delle aliquote IVA
su alcuni servizi a impiego
intensivo di manodopera.
73
Alcune accise sono state
riclassificate nel 1999 come
imposte
sul
CO2.
Sospensione
temporanea
dell'imposta sul CO2 nel 2000
e forse anche nel 2001.
NL
Contributi di sicurezza
sociale
Imposte sul reddito delle
persone fisiche
Imposte sulle società e sui
capitali
Imposte sui consumi
Riduzione dei CSS per i
lavoratori di età superiore ai
65 anni.
Nel 2001, riduzione delle
imposte dirette per tutti gli
scaglioni
di
reddito.
Riduzione
dell'aliquota
massima dal 60 al 52%,
dell'aliquota intermedia dal 50
al 44,2% e dell'aliquota
inferiore dal 4,5 al 2,8%.
Modifiche degli scaglioni
d'imposta e aumento del
reddito minimo esente.
Nel 2001 l'imposta ora
vigente sul patrimonio netto
sarà sostituita con un'imposta
sui redditi
di
capitale
(dell'aliquota forfetaria del
30% su un rendimento
imputato del 4%). Il reddito
proveniente
da
ingenti
partecipazioni azionarie sarà
soggetto a un'imposta del
25%.
L'aliquota
standard IVA
aumenterà dal 17,5 al 19%.
Riduzione
dell'imposta
sull'occupazione (al massimo
803 EUR sul salario minimo).
74
Altre imposte
(energia, ambiente)
Aumento delle ecotasse.
P
A
Armonizzazione dei CSS tra i
lavoratori autonomi ed i
lavoratori subordinati.
Nel 2001 entrerà in vigore
una riforma della pensioni,
che comporterà un aumento
dello 0,8% dei contributi
previdenziali per i pubblici
dipendenti in servizio e in
pensione.
Conversione delle detrazioni
in crediti d'imposta (dal
1999). Nel progetto di
bilancio per il 2001 è previsto
un nuovo regime semplificato
per i lavoratori autonomi:
riduzione
generale
delle
aliquote fiscali; riduzione
delle aliquote per la fascia
inferiore dei redditi da lavoro;
consolidamento del reddito
minimo
imponibile;
possibilità
d'imposizione
fiscale distinta tra i coniugi;
crediti
d'imposta
più
favorevoli per i risparmi e per
le spese per gli alloggi, per la
sanità e per l'istruzione. Parità
di trattamento per le imposte
personali sui redditi da
capitale.
Nel 2000, aumento dei
pagamenti
in
acconto
dell'imposta sul reddito (dal
75 all'85%). Nel 2001,
riduzione delle aliquote fiscali
sui profitti delle imprese (dal
32% nel 2000 al 30% nel
2002 e al 25% nel 2006).
Introduzione di un regime
semplificato per le piccole
imprese (in caso di fatturato
inferiore a 150.000 EUR,
riduzione del 20% delle
aliquote
tributarie).
Eliminazione della doppia
imposizione
fiscale
sui
dividendi.
Aumento
degli
assegni
familiari. Riduzione delle
aliquote fiscali sui redditi
bassi e medi.
Assistenza per la costituzione
d'imprese. Riduzione delle
imposte sulle cessioni di
aziende.
Riduzione dell'IVA su alcuni
servizi a impiego intensivo di
manodopera.
Nel primo trimestre 2001 sarà
proposta al Parlamento una
riforma delle ecotasse.
Aumento dei crediti d'imposta
per gli investimenti in R&S.
Entro la fine del 2000 sarà
presentata al Parlamento una
riforma
dell'imposta
sul
patrimonio.
75
Revisione del regime di
prestiti ipotecari agevolati,
così
da
favorire
gli
investimenti negli alloggi nei
periodi di congiuntura bassa
Nel 2000, aumenti delle
imposte sul tabacco e sulle
assicurazioni
degli
autoveicoli. Modifiche del
regime di aliquota forfetaria
IVA sul reddito degli
agricoltori.
Contributi di sicurezza
sociale
Imposte sul reddito delle
persone fisiche
Imposte sulle società e sui
capitali
FIN
Aggiustamento al ribasso dei
contributi
per
la
disoccupazione e le pensioni.
Dal 1997 riduzione delle
aliquote
di
1,7
punti
percentuali. Nel 2000-2001,
riduzioni cumulative per tutti
gli scaglioni di reddito, ma in
particolare per i redditi più
bassi, con la soppressione
dello scaglione ad essi
relativo.
Nel
2000
l'aliquota
aumentata dal 28 al 29%.
è
Nel medio periodo, quando
scadranno le esenzioni dalle
restrizioni
di
scambio
correlate all'adesione all'UE,
possibile riduzione delle
imposte e accise sugli
autoveicoli, sull'alcool e sul
tabacco.
Aumento
delle
imposte
sull'energia e delle ecotasse.
S
Revisione neutra dei CSS a
carico dei datori di lavoro:
maggiorazione di 3,8 punti
percentuali dei contributi per
le pensioni di vecchiaia, la cui
aliquota è passata ora al
10,21%, e maggiorazione di 1
punto
percentuale
dei
contributi per l'assicurazione
malattia.
Riduzione
dei
contributi generali sui salari
nella misura di 4,95 punti
percentuali. Dal 2000, sgravio
fiscale del 25% sui contributi
a carico dei lavoratori.
Nel 1999 riduzione delle
aliquote dell'imposta
sul
reddito nella fasce inferiore e
media della distribuzione dei
redditi. Aumento del reddito
minimo esente (la percentuale
dei contribuenti che pagano
l'imposta nazionale dovrebbe
scendere dal 18 al 15%).
Riduzioni delle imposte sulle
società nel 2000. Sarà
parzialmente soppressa nel
2000 l'imposta cedolare sui
dividendi pagati a società
estere. Nuovo sgravio fiscale
nel 2000-2001. Nel 2001
aumento delle imposte sul
patrimonio immobiliare.
Nel 2004, quando scadranno
le
esenzioni
correlate
all'adesione all'UE, saranno
ridotte le imposte e le accise
sull'alcool e sul tabacco.
Aumento nel 2000 delle
imposte sul carburante diesel
e sull'elettricità prodotta da
centrali nucleari.
Altre riduzioni previste per il
2001-2002.
76
Imposte sui consumi
Altre imposte
(energia, ambiente)
UK
Abolizione del contributo di
affiliazione
alla
NIC
(assicurazione
nazionale).
Rialzo della soglia al di sopra
della quale i lavoratori pagano
i contributi NIC. Riduzione
dell'aliquota dei contributi
NIC a carico dei datori di
lavoro dello 0,3% nel 2001 e
dello 0,1% nel 2002.
Dal giugno 2000 aumenti dei
crediti d'imposta per le
famiglie di lavoratori, del
credito per i figli di età
inferiore a 16 anni e dei
benefici fiscali proporzionali
al reddito. Dal 2003 credito
dell'imposta sull'occupazione
(ETC).
Riduzione
delle
aliquote dell'imposta
sul
reddito dal 20 al 10% per
l'aliquota iniziale sulle prime
1.520 GBP di reddito
imponibile e dal 23 al 22%
per l'aliquota di base.
Riforma dell'imposta sui
redditi da capitale. Per le PMI
nel loro primo anno di
attività, detrazioni permanenti
del 40% in conto capitale.
Aumenti
dell'imposta
di
registro sulle cessioni di beni
immobiliari
di
valore
superiore a 250.000 GBP.
77
Aumento del 5% in termini
reali dell'accisa sul tabacco.
Imposta sugli aggregati.
Introduzione dal 2001 di
un'imposta progressiva sulle
automobili nuove.
Introduzione di un'imposta sui
mutamenti climatici.
8.
ALLEGATO B: RIFORME DEI SISTEMI DI PRESTAZIONI
Sussidi di disoccupazione:
entità, durata, diritto a
riceverli,
norme
per
l'accettazione di un nuovo
posto di lavoro
B
Regimi basati sull'entità
delle risorse: sovvenzioni
per l'alloggio, assistenza
sociale, assegni per i figli a
carico
Introduzione
di
una
prestazione per i giovani in
cerca
di
lavoro
che
frequentano
corsi
di
formazione (1999).
Lavoratori anziani: regimi
d'invalidità
e
di
pensionamento anticipato
Prestazioni
subordinate
all'occupazione
Sussidi di occupazione
Aumento (a 58 anni) dell'età
minima per il pensionamento
anticipato a tempo pieno ed
estensione dei sistemi di
pensionamento anticipato a
tempo parziale (1999).
Introduzione di una soglia per
il sussidio al reddito per i
lavoratori assunti nell'ambito
del regime di ritorno al lavoro
(1998).
Trasferimento dei sussidi di
disoccupazione ai datori di
lavoro per incentivarli ad
assumere disoccupati, da
lungo tempo o no, ed
esenzione dell'intero salario
dal pagamento dei CSS
(1999).
Adattamento delle norme
relative
ai
sussidi
di
disoccupazione per tener
conto delle nuove disposizioni
riguardanti la disoccupazione
temporanea e il volontariato
(1999).
Diritto
alle
prestazioni
dell'assicurazione contro la
disoccupazione
per
i
lavoratori del regime di
ritorno al lavoro e per i
giovani
in
corso
di
formazione (1998).
Erogazione di sussidi forfetari
ai genitori soli disoccupati da
lungo tempo o rimborso delle
eventuali spese di trasloco se
intraprendono
un
lavoro
altrove (1999-).
DK
Riduzione da 5 a 4 anni della
durata di erogazione del
sussidio di disoccupazione
(1999).
Inasprimento delle condizioni
Inasprimento delle condizioni
per i giovani di età inferiore a
25 anni per aver diritto al
"minimo garantito (assistenza
sociale)" (1998).
Modifica della legge sul
pensionamento anticipato per
renderla meno vantaggiosa
per i lavoratori di età inferiore
a 62 anni e incremento degli
incentivi a proseguire la vita
lavorativa, con combinazioni
78
di accettazione di un nuovo
posto di lavoro (1999).
Estensione del diritto e del
dovere di lavorare a tutti i
beneficiari
dell'assistenza
sociale (1999).
più flessibili di pensione e di
lavoro a tempo parziale
(1999).
Attenuazione della riduzione
della pensione di base per i
pensionati che esercitano
un'attività
professionale
retribuita (1999).
79
D
Sussidi di disoccupazione:
entità, durata, diritto a
riceverli,
norme
per
l'accettazione di un nuovo
posto di lavoro
Regimi basati sull'entità
delle risorse: sovvenzioni
per l'alloggio, assistenza
sociale, assegni per i figli a
carico
Lavoratori anziani: regimi
d'invalidità
e
di
pensionamento anticipato
Misure per il ritorno dei
disoccupati al lavoro (posti di
lavoro sovvenzionati) dopo
sei mesi invece dei dodici
previsti in precedenza (1999).
In seguito a sentenza della
Corte costituzionale, aumento
delle prestazioni e degli
assegni per i figli a carico
(1999-2001).
Promozione dell'occupazione
delle persone di 55 anni o più,
per la durata massima di
cinque anni, nei nuovi Länder
e nelle zone dove la
disoccupazione è elevata
(1999).
Inasprimento delle condizioni
del sistema di sicurezza
sociale relative alle risorse
provenienti dal lavoro a
tempo parziale: la cosiddetta
legge dei 630 DEM (1998).
GR
E
Prestazioni
subordinate
all'occupazione
Sussidi di occupazione
Alcuni progetti prevedono
sussidi per gli oneri sociali dei
datori di lavoro, come
incentivo
ad
assumere
lavoratori poco qualificati.
Introduzione della "legge sul
lavoro a tempo parziale per gli
anziani", per consentire ai
lavoratori anziani di lavorare
a metà tempo senza gravi
perdite di reddito (2000-).
Nuovi sussidi a favore dei
disoccupati di età superiore a
20 anni per incentivarli a
seguire corsi di formazione ed
a cercare lavoro nell'ambito di
un programma di durata
determinata (1998-2000).
Introduzione del congedo
parentale, con il diritto di
trasferire al padre dieci
settimane, e di norme per la
cessazione de contratto di
lavoro allo scopo di evitare il
licenziamento in seguito a
congedi di maternità e per
Concessione di premi e
d'incentivi per l'assunzione di
disoccupati giovani (di età
inferiore a 30 anni), più
anziani (45 anni e più) e di
disoccupati da lungo tempo
(1999) .
80
occuparsi
(1999).
F
della
famiglia
Inasprimento delle norme
relative al licenziamento dei
lavoratori anziani, mediante
aumento dell'ammenda per il
licenziamento di dipendenti di
età superiore a 50 anni.
81
Concessione ai lavoratori di
conservare il diritto a
determinate
prestazioni
durante i primi dodici mesi di
occupazione regolare (1998-).
Sussidi di disoccupazione:
entità, durata, diritto a
riceverli,
norme
per
l'accettazione di un nuovo
posto di lavoro
IRL
Regimi basati sull'entità
delle risorse: sovvenzioni
per l'alloggio, assistenza
sociale, assegni per i figli a
carico
Lavoratori anziani: regimi
d'invalidità
e
di
pensionamento anticipato
Diritto alla conservazione del
supplemento per il canone
d'affitto e per il prestito
ipotecario per i beneficiari del
regime di occupazione locale,
del regime di prestazioni per
il ritorno al lavoro e dei
supplementi al reddito da
lavoro (1999).
Prestazioni
subordinate
all'occupazione
Sussidi di occupazione
Estensione del sussidio di
ritorno al lavoro per i
disoccupati da lungo tempo
che intraprendono un'attività
lavorativa autonoma (1998)
Miglioramento del regime di
ritorno al lavoro: per esempio,
indennità di trasporto e premi
per chi intraprende una
formazione (1999).
Introduzione
anticipata
dell'aumento
dell'età
pensionabile da 53 a 57 anni:
dal 2002 invece che nel 2008
(1998-).
I
L
Introduzione dei congedi
parentale e per motivi
familiari, con garanzia di
ritorno al lavoro (1999-)
NL
Istituzione di un regime inteso
ad estendere le possibilità di
dedicarsi ai figli (1999).
Introduzione di un regime di
partecipazione al pagamento
dei sussidi di disoccupazione
per i lavoratori licenziati di
età superiore a 57 anni e
mezzo.
82
Legge per la reintegrazione
degli inabili al lavoro, intesa a
promuovere l'assunzione di
disabili (1998-).
Introduzione
di
una
differenziazione dell'entità dei
contributi per i primi sei mesi
di sussidi di disoccupazione,
allo scopo di scoraggiare le
assunzioni per breve tempo o
stagionali.
P
Introduzione di un sussidio di
disoccupazione parziale per
promuovere il lavoro a tempo
parziale (1999).
Per i posti di lavoro vacanti,
preferenza per i beneficiari
del reddito minimo garantito
(il rifiuto del posto di lavoro
comporta la soppressione del
sussidio).
Introduzione
di
un
"supplemento straordinario di
solidarietà" per le pensioni dei
lavoratori anziani.
83
Sussidi di disoccupazione:
entità, durata, diritto a
riceverli,
norme
per
l'accettazione di un nuovo
posto di lavoro
A
Detrazione dai sussidi e
prestazioni di disoccupazione
soltanto di una parte del
reddito proveniente da lavoro
temporaneo (1998-).
FIN
Aumento dei sussidi di
disoccupazione parziale per
incentivare il lavoro a tempo
parziale (1997-).
Prolungamento delle durata di
maturazione del diritto alle
prestazioni dell'assicurazione
contro la disoccupazione:
dieci mesi invece di sei
(1997-).
Regimi basati sull'entità
delle risorse: sovvenzioni
per l'alloggio, assistenza
sociale, assegni per i figli a
carico
Lavoratori anziani: regimi
d'invalidità
e
di
pensionamento anticipato
Prestazioni
subordinate
all'occupazione
Sussidi di occupazione
Introduzione di prestazioni
per i lavoratori anziani che
intraprendono un lavoro a
tempo parziale (2000-2001).
Modifica del regime di
assistenza sociale, allo scopo
di abbassare la soglia del
salario minimo (1998).
Salvaguardia
dell'importo
della pensione per chi accetta
un posto di lavoro a
retribuzione inferiore (1998-).
Riduzione del 4% del sussidio
di disoccupazione e aumento
da 58 a 60 anni dell'età per il
pensionamento
anticipato
(2000-).
Aumento della quota a carico
dei datori di lavoro del
sussidio di disoccupazione e
della pensione d'invalidità
(2000-).
Aumento da 55 a 57 anni
dell'età alla quale gli anziani
disoccupati da lungo tempo
acquisiscono il diritto a
prestazioni per un periodo
supplementare (1997-).
84
Sussidi ai datori di lavoro che
assumono disoccupati da
lungo tempo (1997-).
S
Inasprimento delle condizioni
dell'assicurazione contro la
disoccupazione, in termini di
mobilità occupazionale e
geografica (2000-)
Sgravi fiscali, pari al 75% dei
costi salariali per due anni,
per i datori di lavoro che
assumono persone di 57 anni
o più (2000-).
85
Sgravi fiscali per i datori di
lavoro
che
assumono
disoccupati da lungo tempo
(1999-).
UK
Sussidi di disoccupazione:
entità, durata, diritto a
riceverli,
norme
per
l'accettazione di un nuovo
posto di lavoro
Regimi basati sull'entità
delle risorse: sovvenzioni
per l'alloggio, assistenza
sociale, assegni per i figli a
carico
Lavoratori anziani: regimi
d'invalidità
e
di
pensionamento anticipato
Prestazioni
subordinate
all'occupazione
Sussidi di occupazione
Introduzione nel regime di
prestazioni dell'obbligo di un
colloquio di orientamento al
lavoro (ONE, 1999-).
Introduzione del minimo
salariale nazionale, a sostegno
della politica intesa a rendere
vantaggioso il lavoro (1999).
Prestazione esente da imposta
e sussidio per la formazione
sul posto di lavoro per i
disoccupati di 50 anni o più: è
una
delle
iniziative
nell'ambito del New Deal
(2000-).
Subordinazione più rigorosa
delle
prestazioni
alla
partecipazione alle iniziative
nell'ambito del New Deal per
i giovani (18-24 anni)
disoccupati, i disabili, i
genitori soli ed i coniugi di
disoccupati.
Sussidi a copertura dei
pagamenti per il periodo
massimo di sei mesi (e costi
di formazione in caso di
assunzione
di
giovani
disoccupati) per i datori di
lavoro
che
assumono
beneficiari delle iniziative del
New Deal.
Introduzione di un'aliquota di
10p/GBP dell'imposta sul
reddito per le prime 1.500
GBP di reddito imponibile
(1999).
Introduzione
di
crediti
d'imposta per le famiglie che
hanno figli o nelle quali vi
sono disabili, per garantire
loro il reddito minimo se
intraprendono
un
lavoro
(1999).
Fonti: Relazione congiunta sull'occupazione nel 2000 (28 luglio 2000); MISSOC INFO: Evoluzione della protezione sociale negli Stati membri dell'Unione europea (II/99, II/2000);
DG EMPL: Piani nazionali d'azione a favore dell'occupazione, 1998, 1999 e 2000
86
9.
ALLEGATO C: RIFORME DEI SISTEMI DI ASSISTENZA SANITARIA
Introduzione
Nell'analizzare l'andamento generale delle pubbliche spese e nel valutarne la qualità e il
contributo alla crescita è essenziale tener conto del settore dell'assistenza sanitaria. Oltre
a provvedere un servizio pubblico essenziale, l'assistenza sanitaria prestata negli Stati
membri è importante in una visuale economica. Secondo i dati dell'OCSE, nel 1998 il
totale delle spese per l'assistenza sanitaria si situava negli Stati membri dell'UE tra il
5,9% e il 10,6% del PIL. Negli anni '90 la percentuale del PIL degli Stati membri
assorbita dalla spese sanitarie è stata in media di circa l'8%, e le spese pubbliche per la
sanità hanno costituito una delle voci principali di spesa per i pubblici bilanci: la
percentuale media di tali spese pubbliche rispetto al PIL è di circa il 6%. Inoltre, in
genere i settori sanitari degli Stati membri sono importanti fonti di occupazione.
I sistemi nazionali di assistenza sanitaria: analogie e differenze
I sistemi di assistenza sanitaria degli Stati membri differiscono in misura considerevole
per quanto riguarda i metodi di prestazione dei servizi, i mezzi per finanziare il sistema
nel suo complesso, i sistemi di pagamento degli ospedali e dei medici. Altre differenze
che non vengono trattate nel presente Allegato riguardano il numero di medici, le cure
non ospedaliere ed odontoiatriche, l'ampiezza della scelta di cui dispongono i pazienti ed
i regimi normativi.
Sistemi di finanziamento27: Sono essenzialmente due le impostazioni di base per il
finanziamento e la prestazione dell'assistenza sanitaria. Un gruppo di paesi ha optato per
l'imposizione fiscale generale come fonte principale di finanziamento, mentre qualche
altro paese si basa a titolo primario sulle assicurazioni sociali. Inoltre, in tutti gli Stati UE
sono previsti sistemi supplementari di finanziamento, quali le assicurazioni malattia su
base volontaria e gli oneri a carico dei pazienti.
Il gettito fiscale generale è la fonte principale di finanziamento in otto paesi (DK, UK, S,
IRL, I, FIN, E, P); un'imposta destinata specificamente a tale scopo costituisce una quota
rilevante del finanziamento soltanto in Italia. Altri Stati membri si basano in misura
maggiore sulle assicurazioni: si tratta in particolare di F, NL, D, A, L, nei quali
l'affiliazione ai sistemi di assicurazione sociale è obbligatoria, con l'eccezione dei Paesi
Bassi, dove è prevista una combinazione di assicurazioni sociali e di assicurazioni
private. In Belgio le imposte e le assicurazioni sociali hanno pari importanza quali fonti
di finanziamento, mentre in Grecia la maggior parte del settore è finanziata dagli oneri a
carico dei pazienti e il resto dal gettito fiscale generale e dalle assicurazioni sociali.
Negli ultimi 15 anni vi sono state alcuni rilevanti modifiche nei sistemi di finanziamento:
in Spagna il gettito fiscale generale ha sostituito le assicurazioni sociali come fonte
dominante di finanziamento, mentre nella massima parte dei paesi si è accresciuto in
certa misura il ruolo delle assicurazioni malattia su base volontaria e in molti paesi (B,
FIN, S, P) sono aumentati in misura considerevole gli oneri a carico dei pazienti.
27
Fonte: Mossialos e Le Grand (1999)
87
Prestazione dei servizi: In passato, nei sistemi finanziati mediante il gettito fiscale la
tendenza era che i prestatori di servizi fossero perlopiù pubblici dipendenti. In genere, nei
paesi in cui vige tale regime il settore pubblico funge tuttora da agente principale per la
prestazione dei servizi in alcuni settori, quali gli ospedali, i centri di assistenza sanitaria
fondamentale e gli ambulatori. Tuttavia molti di questi paesi, soprattutto il Regno Unito,
hanno introdotto e continuano a sperimentare regimi di servizi convenzionati, il che
implica la separazione tra acquirenti e prestatori di servizi, e quindi maggiore
indipendenza dei pubblici prestatori e maggiore ricorso ai prestatori privati e ai prestatori
senza scopo di lucro operanti sul mercato. In tal senso, il regime di prestazione dei servizi
si sta avvicinando a quello dei sistemi basati sulle assicurazioni.
Sistemi di pagamento: Negli ultimi 15 anni si sono avuti considerevoli cambiamenti nei
sistemi di finanziamento degli ospedali negli Stati membri: si sta passando dal
finanziamento illimitato a posteriori delle attività ospedaliere all'introduzione di bilanci
di previsione e di convenzioni tra acquirente e prestatore. I tipi principali di
finanziamento degli ospedali sono i bilanci di previsione basati principalmente sulle
spese registrate in passato (DK, EL, F); i bilanci di previsione basati sulle attività o
funzioni ospedaliere (D, IRL, L, NL, P); i bilanci di previsione combinati con pagamenti
in funzione delle attività (B, E, A); i pagamenti in funzione delle attività combinati con
pagamenti basati sulla varietà dei casi (S, I) e l'acquisto di pacchetti di servizi ospedalieri
(UK, FIN). Diversi sono pure i metodi di pagamento dei medici: la capitazione, ossia il
pagamento in funzione del numero di pazienti (IRL, I, UK); la retribuzione fissa (EL, P,
FIN, S); e/o l'onorario per ogni servizio prestato (B, D, F, L). In qualche paese il
pagamento dei servizi dei medici è caratterizzato da una combinazione dei tre suddetti
sistemi di pagamento. I sistemi di pagamento possono applicarsi secondo modalità
diverse per i medici generici e gli specialisti: la capitazione o la retribuzione fissa è
prevista più spesso per i medici generici, mentre per gli specialisti vige più spesso il
sistema dell'onorario per servizio prestato.
Tendenze nelle spese per la sanità
Dal 1960 le spese per la sanità negli Stati membri hanno mostrato in generale una
continua tendenza all'incremento: come percentuale del PIL, nel periodo 1960-1990 si
sono pressoché raddoppiate. Inoltre, le spese pubbliche per la sanità si sono accresciute a
un ritmo ancora più rapido, come risultato dell'incremento numerico degli affiliati alle
assicurazioni sociali.
I dati più recenti relativi agli anni '90 mostrano che negli Stati membri il totale delle
spese per la sanità come percentuale del PIL ha registrato in generale un continuo
aumento sino alla metà degli anni '90, anche se a un ritmo più lento che negli anni
precedenti. Nella seconda metà degli anni '90, invece, le spese per la sanità come
percentuale del PIL si sono o stabilizzate o ridotte (vedasi la Tabella C.1.). Purtroppo, dal
1999 non si dispone di dati comparabili e quindi non è possibile constatare se vi siano
stati mutamenti in sede politica in seguito alla ripresa economica degli ultimi tempi.
88
Tabella C.1: Totale delle spese per la sanità come percentuale del PIL
1990
1993
B
7,4
8,1
DK
8,4
8,7
D
8,7
9,7
EL
7,6
8,3
E
6,9
7,6
F
8,8
9,7
IRL
7
7,8
I
8,1
8,6
L
6,6
6,7
NL
8,8
9,4
A
7,2
8,1
P
6,4
7,5
FIN
7,9
8,3
S
8,8
8,9
UK
6
6,9
UE*
7,6
8,3
*media non ponderata
Fonte: OCSE, Dati sanitari 2000
1996
8,6
8,3
10,6
8,3
7,1
9,7
7,2
8,1
6,4
8,8
8,9
7,7
7,7
8,7
7
8,2
1998
8,8
8,3
10,6
8,3
7,1
9,6
6,4
8,4
5,9
8,6
8,2
7,8
6,9
8,4
6,7
8,0
Anche la spesa nominale pro capite per la sanità (in standard di potere d'acquisto SPAeuro, vedasi la Tabella C.2) mostra una tendenza all'aumento per gli anni '90. Tra il 1990
e il 1998 la spesa nominale pro capite è aumentata in tutti i paesi, secondo tassi compresi
tra il 2,1% e il 9,2%. In Svezia e Finlandia le spese registrano una tendenza un po'
diversa rispetto agli altri Stati membri: infatti nei primi anni '90 si è avuto in questi due
paesi un certo calo delle spese sanitarie pro capite in termini nominali.
Tabella C.2: Totale delle spese per la sanità pro capite in SPA-euro (prezzi nominali)
1990
1993
B
1177
1496
DK
1360
1600
D
1515
1709
EL
667
855
E
769
941
F
1457
1724
IRL
752
1040
I
1246
1429
L
1402
1750
NL
1329
1558
A
1137
1440
P
581
815
FIN
1217
1242
S
1409
1405
UK
904
1119
UE*
1128
1342
*media non ponderata
Fonte: OCSE, Dati sanitari 2000
1996
1761
1850
2111
1028
1034
1860
1223
1560
2011
1779
1818
1002
1371
1583
1289
1552
1998
1974
2023
2298
1108
1151
1968
1377
1691
2099
1965
1863
1172
1425
1654
1378
1676
89
aum. %
medio
1991-98
6,7
5,1
5,4
6,6
5,2
3,9
8,0
4,0
5,2
5,0
6,5
9,2
2,1
2,1
5,5
5,4
Tabella C.3: Spese pubbliche per la sanità come percentuale del PIL
1990
1993
B
6,6
7,2
DK
7
7,2
D
6,7
7,5
EL
4,8
4,8
E
5,4
6
F
6,7
IRL
5
5,7
I
6,3
6,3
L
6,1
6,2
NL
6,1
7
A
5,3
6
P
4,2
4,7
FIN
6,4
6,3
S
7,9
7,7
UK
5,1
6
UE*
6,0
5,9
*media non ponderata
Fonte: OCSE, Dati sanitari 2000
1996
7,6
6,8
8,3
4,9
5,5
7,4
5,2
5,5
5,9
6
6,3
5,1
5,8
7,4
5,9
6,2
1998
7,9
6,8
7,9
4,7
5,4
7,3
4,8
5,7
5,4
6
5,8
5,2
5,3
7
5,6
6,1
Nella Tabella C.3 figurano i dati sulle pubbliche spese per l'assistenza sanitaria come
percentuale del PIL negli anni '90, mentre nella Tabella C.4 sono riportati i dati sulla
quota di spese pubbliche rispetto al totale delle spese. La quota delle spese sanitarie a
carico del settore pubblico è andata diminuendo negli anni '90 nella maggior parte dei
paesi, nella massima misura in Italia, dove si è avuto un calo del 10,1% tra il 1991 e il
1998. In alcuni paesi, invece, la quota pubblica delle spese sanitarie è aumentata: in
particolare in Irlanda, dove tra il 1991 e il 1998 si è accresciuta del 4,1%.
Tabella C.4: Spese pubbliche per la sanità come percentuale delle spese totali
1990
1993
1996
1998
B
88,9
88,7
88,8
89,7
DK
82,6
82,6
82,4
81,9
D
76,2
77,5
78,3
74,6
EL
62,7
58,2
58,7
56,8
E
78,7
79,7
78,5
76,9
F
76,9
76,3
76,4
IRL
71,7
72,8
72,5
75,8
I
78,1
73,1
67,8
68,0
L
93,1
92,9
92,8
92,3
NL
68,7
74,7
67,7
70,4
A
73,5
74,2
70,5
70,5
P
65,5
63,0
66,7
66,9
FIN
80,9
76,1
75,9
76,3
S
89,9
85,7
84,8
83,8
UK
84,2
85,9
83,7
83,7
UE*
78,1
77,5
76,4
76,3
*media non ponderata UE 14 esclusa F per 1991-94
Fonte: OCSE, Dati sanitari 2000
90
Fattori che incidono sull'andamento delle spese sanitarie
Vari fattori differenti, relativi alla domanda e all'offerta, hanno portato all'aumento delle
spese sanitarie pro capite negli ultimi anni, ma non si sa se questi stessi fattori potranno
continuare a esercitare il medesimo effetto in futuro.
Per quanto riguarda la domanda, numerosi fattori hanno influito sull'andamento delle
spese per l'assistenza sanitaria:
• Incremento dei livelli di reddito: con l'aumento dei livelli di reddito, cresce la
domanda di assistenza sanitaria da parte dei consumatori. L'analisi empirica mostra
che in vari paesi il livello di reddito è un elemento importante per determinare il
livello generale di spese sanitarie pro capite, anche se non vi è parere unanime sul
valore dell'elasticità del reddito in relazione alle spese sanitarie: secondo alcuni
studi è superiore a uno, secondo altri è inferiore.
• Estensione dell'assistenza sanitaria: negli ultimi decenni l'assicurazione
obbligatoria si è estesa in grande misura. A fine secolo, in pressoché tutti gli Stati
membri si è raggiunta in pratica la copertura dell'intera popolazione. Tuttavia,
alcuni di tipi di cure restano generalmente esclusi.
• Invecchiamento demografico: invecchiando, si tende a ricorrere in misura maggiore
alle cure sanitarie. Gli studi su questo tipo di spese registrate in passato mostrano
che l'invecchiamento non incideva in grande misura sull'aumento delle spese nel
XX secolo, ma le proiezioni demografiche suggeriscono un possibile cambiamento
nella prima metà del XXI secolo. Nondimeno, non è del tutto chiaro quanto
l'invecchiamento demografico possa incidere sulle spese sanitarie, poiché secondo
alcune fonti con l'aumento della vita media ci si può aspettare di vivere un numero
maggiore di anni in buona salute. L'incidenza globale dell'invecchiamento
demografico sulle spese pubbliche dipenderà principalmente dalla politiche relative
all'assistenza medica a lungo termine degli anziani.
Per quanto riguarda l'offerta, vari fattori influiscono sull'andamento delle spese per
l'assistenza sanitaria:
• Mutamenti tecnologici: in generale, i progressi nelle tecnologie mediche registrati
nel settore dei prodotti farmaceutici, delle attrezzature e delle procedure mediche
hanno portato a un aumento dei costi medici. Alcuni progressi hanno consentito un
risparmio dei costi, ma altri hanno introdotto tecnologie più costose (di solito a
maggior vantaggio dei pazienti) o hanno consentito il trattamento di casi prima
incurabili.
• Domanda indotta dall'offerta: in molti sistemi sanitari degli Stati membri si è
riscontrata un'eccedenza di offerta di capitale fisico, per esempio in posti letto.
Questa situazione, associata a inadeguati sistemi di pagamento, può certamente
condurre a un utilizzo delle infrastrutture indotto dall'offerta (per esempio degenze
ospedaliere più lunghe).
• Grave inflazione dei costi sanitari: in molti paesi i costi sanitari hanno registrato
un'inflazione molto superiore all'inflazione generale dei prezzi, con conseguente
aumento della quota delle spese sanitarie in rapporto al PIL. Alti livelli d'inflazione
91
dei prezzi sanitari riflettono in genere un basso livello di concorrenza nella
prestazione di assistenza sanitaria.
Riforme intese a contenere i costi28
Contenere i costi è un tema dominante della politica sanitaria nella maggior parte degli
Stati membri sin dalla metà degli anni '70. Da allora, quasi tutti gli Stati membri hanno
introdotto provvedimenti intesi a contenere direttamente o indirettamente le pubbliche
spese per l'assistenza sanitaria, ma il fulcro di tali riforme è cambiato di molto nel corso
del tempo: dalla metà degli anni '70 alla metà degli anni '80 si è ricorso soprattutto ai
controlli diretti e indiretti sulle spese sanitarie, comprendenti controlli delle infrastrutture,
quali i posti letto e il personale, controlli sulle decisioni d'investimenti in capitali e in
tecnologia e controlli sull'accesso agli studi di medicina.
Tra la metà degli anni '80 e la metà degli anni '90 l'attenzione principale è stata rivolta a
provvedimenti d'imputazione in bilancio, comprendenti in un primo tempo massimali e
obiettivi di bilancio, ma con un'evoluzione successiva verso la determinazione di bilanci
per i singoli prestatori, spesso in combinazione con pagamenti in funzione delle attività.
Si sono modificati spesso anche i sistemi di pagamento dei medici.
In questo periodo sono proseguite le misure di controllo diretto e indiretto, evolvendosi
tuttavia in controlli dei prezzi (prodotti farmaceutici, sistemi di prezzi di riferimento,
schemi alternativi per il rimborso delle spese per prodotti farmaceutici) e in incentivi ad
avvalersi di cure alternative a quelle ospedaliere.
Dagli anni '80, gli Stati membri ricorrono anche a trasferimenti di bilancio, consistenti
soprattutto in un maggiore partecipazione ai costi (per esempio gli oneri a carico dei
pazienti) e nell'assicurazione sanitaria su base volontaria. Inoltre, si sono introdotte
restrizioni relative alle cure (stabilendo priorità e limitando il rimborso per alcuni tipi di
servizi, come le cure odontoiatriche) e al rimborso per certi tipi di medicinali. Alcuni
paesi, non molti, hanno anche modificato il sistema di trasferimenti all'interno del
bilancio pubblico, perlopiù trasferendo al bilancio dei servizi sociali i costi delle cure a
lungo termine degli anziani.
Dalla metà degli anni '90, gli elementi principali delle riforme dell'assistenza sanitaria
consistono in trasferimenti di bilancio, nel razionamento e nelle decisioni di acquisto
basate su fabbisogno comprovato. Negli anni '90 si è fatto anche crescente ricorso a
dispositivi di controllo indiretto, quali la valutazione della tecnologia sanitaria, e
all'introduzione di sistemi di gestione e d'informazione. Le riforme attuate tra gli anni '70
ed i primi anni '9029 hanno avuto un certo successo nel contenere il totale dei costi, ma le
informazioni disponibili non sono sufficienti per valutare gli effetti a lungo termine dei
provvedimenti adottati. In particolare, macromisure intese a contenere i costi spesso
possono avere considerevoli ripercussioni sull'efficienza al microlivello delle prestazioni
di assistenza sanitaria. Non è neanche possibile distinguere gli effetti dei singoli
provvedimenti, o perché nuove misure sono seguite in tempi brevi a quelle precedenti o
28
29
Le informazioni sulle riforme riportate più oltre sono attinte da E. Mossialos e J. Le Grand (a cura di,
1999): "Health Care and Cost Containment in the European Union" (L'assistenza sanitaria e il
contenimento dei costi nell'Unione europea), London School of Economics and Political Science.
Sulle riforme più recenti vi sono scarse informazioni. La Commissione ha chiesto agli Stati membri
d'informarla al riguardo.
92
perché numerosi paesi hanno attuato pacchetti di riforme comprendenti vari
provvedimenti distinti.
In termini di risultati, sembra che i provvedimenti relativi all'imputazione in bilancio
siano stati il mezzo più efficace per controllare le pubbliche spese nell'assistenza
sanitaria. In particolare, questi provvedimenti hanno avuto il massimo successo nei paesi
nei quali l'assistenza sanitaria è finanziata principalmente mediante il gettito fiscale e nei
quali vi è una situazione di monopsonio degli acquirenti unici di assistenza sanitaria.
D'altro canto, i sistemi basati sulle assicurazioni di solito sono stati più efficaci nel
controllare i costi, regolamentando gli onorari dei medici e attuando controlli diretti, ma i
loro risultati complessivi sembrano meno uniformi e meno positivi rispetto a quelli dei
paesi i cui sistemi sono finanziati mediante il gettito fiscale.
93
Quadro generale delle riforme dei sistemi sanitari
METÀ ANNI '70/METÀ ANNI '80
METÀ ANNI '80/METÀ ANNI '90
FINE ANNI '90
Fulcro: Controlli diretti e indiretti
Fulcro: Imputazione in bilancio
Fulcro: Trasferimenti di bilancio, razionamento e decisioni
di acquisto basate sul fabbisogno comprovato
Acquisto/prestazione di servizi: Nei sistemi finanziati
principalmente mediante il gettito fiscale predomina il
modello pubblico integrato (del tipo Beveridge), mentre nei
sistemi finanziati mediante assicurazione obbligatoria
predomina il modello della pubblica convenzione (del tipo
Bismarck). In alcuni sistemi basati sulle assicurazioni
sociali, i contribuenti si sono trasformati gradualmente in
acquirenti.
Acquisto/prestazione di servizi: Il modello della convenzione
pubblica sostituisce il modello pubblico integrato in
Danimarca, Svezia e Regno Unito ed è il modello
predominante nel settore ospedaliero anche in Finlandia e in
Italia. In alcuni sistemi basati sull'assicurazione gli
acquirenti fissano bilanci per ciascuno dei servizi
convenzionati, negoziano gli onorari dei medici, i prezzi e il
volume di servizi.
Acquisto/prestazione di servizi: Il modello della convenzione
pubblica predomina nella maggior parte dei paesi. Si
accresce il ruolo del finanziamento privato, ma non
necessariamente delle prestazioni private.
Trasferimenti di bilancio
Trasferimenti di bilancio
Trasferimenti di bilancio
• Partecipazione ai costi da parte dei pazienti ancora
limitata
• Rilevante aumento della partecipazione ai costi da parte
di pazienti
• Aumento degli oneri a carico dei pazienti
• Assicurazione malattia su base volontaria poco frequente,
tranne nei Paesi Bassi, in Germania, Austria e Francia
• Aumento dell'assicurazione malattia su base volontaria
• Esclusione dal rimborso limitata ad alcuni servizi, ma
esclusione delle cure termali in Italia. Altrove,
introduzione di liste di medicinali esclusi dal rimborso e
in molti paesi esclusione di alcune cure odontoiatriche.
• Inclusione di altri medicinali negli elenchi di esclusione e
passaggio in libera vendita di un numero ancora
maggiore di medicinali
• Esclusione di altri servizi dal rimborso (soprattutto cure
odontoiatriche, chirurgia estetica, cure oftalmiche).
• Maggior numero di medicinali in vendita libera
• Riduzione del numero degli esenti dalla partecipazione ai
costi (per esempio i pensionati agiati)
• Riduzione del numero di
partecipazione ai costi
affezioni
esenti
dalla
• Decisioni esplicite di razionamento
• Ancor maggiore diffusione dell'assicurazione malattia su
base volontaria
• Ancor maggiore sviluppo delle alternative alle cure
ospedaliere e dei sistemi di copertura delle cure di lunga
durata, ma finanziate soprattutto da fonti private.
Imputazione in bilancio
Imputazione in bilancio
Imputazione in bilancio
• Massimali di bilancio per gli ospedali (bilanci globali di
• Introduzione di bilanci fissi o di obiettivi di bilancio per
• I bilanci fissi sostituiscono gli obiettivi di bilancio
94
previsione in Francia, bilanci basati sul passato in
Danimarca)
• Obiettivi di bilancio per ogni settore convenzionato
(Germania e Paesi Bassi)
• Scale relative di valori per il pagamento dei medici
(Germania) o dei servizi ospedalieri (test diagnostici in
Belgio)
• Modifica dei sistemi di pagamento dei medici
(capitazione in Italia, retribuzione fissa per i medici
generici in Portogallo e per gli specialisti negli ospedali
in Irlanda)
le spese sanitarie globali o pubbliche
• Bilanci settoriali per i servizi sanitari, soprattutto per gli
ospedali e per le cure farmaceutiche
• Bilanci fissi od obiettivi di bilancio individuali per i
medici (Regno Unito, Irlanda)
• I bilanci vengono combinati con pagamenti in funzione
delle attività
• I bilanci settoriali vengono sostituiti da bilanci per i
singoli prestatori di servizi.
• Scale relative di valore per il pagamento dei medici
(Lussemburgo, e sistema di pagamenti compensatori in
funzione degli onorari e del volume di servizi in Francia)
• Un numero maggiore di paesi introduce la capitazione
per il pagamento dei medici generici
• Nei sistemi basati sulla capitazione s'introduce l'onorario
per servizio prestato, nell'intento di promuovere la
medicina preventiva (immunizzazione, accertamento
precoce) e la chirurgia in ambulatorio
• In vari paesi vengono introdotti per gli ospedali sistemi
di pagamento in funzione del rendimento (del tipo dei
gruppi omogenei di pazienti o in funzione delle attività)
Controlli diretti e indiretti
Controlli diretti e indiretti
Controlli diretti e indiretti
• Controlli sull'entità del personale ospedaliero (Irlanda,
Spagna)
• Sistemi di controllo dei prezzi dei medicinali in tutti i
paesi tranne Germania e Regno Unito
• Ruolo accresciuto della valutazione delle tecnologie in
campo sanitario per decidere la copertura e gli acquisti
• Controlli sui pezzi (prodotti farmaceutici, diaria per la
degenza ospedaliera)
• Sistemi di prezzi di riferimento per i medicinali non
brevettati in Germania, Svezia e Danimarca e per tutti i
medicinali nei Paesi Bassi e in Italia
• Ulteriori controlli sugli investimenti in capitale e nelle
nuove tecnologie
• Controlli sui quantitativi (per esempio numero massimo
di medicinali in ogni prescrizione)
• Controlli sui posti letto negli ospedali (nella maggior
parte dei paesi)
• Controlli sugli investimenti in capitale e nelle nuove
tecnologie
• Maggiore incentivi a offrire alternative alla cure
ospedaliere (soprattutto in Belgio e Danimarca)
• Ulteriore riduzione dei posti letto ospedalieri
• Orientamenti per la prassi dei medici che ricevono in
studio, con previsione di sanzioni finanziarie (Francia e
95
• Ulteriore riduzione dei posti letto ospedalieri
• Sviluppo e impiego di sofisticati sistemi d'informazione
• Ulteriori controlli sul personale sanitario (soprattutto sui
medici)
• Maggiori investimenti nello sviluppo di competenze di
• Incentivi a proporre alternative alle cure ospedaliere
(paesi nordeuropei)
• Controlli sul personale sanitario (numerus clausus per gli
studi di medicina e di odontoiatria, controllo sull'accesso
ai corsi di specializzazione)
Austria)
gestione
• In vari paesi si sono creati Istituti di valutazione delle
tecnologie
• Controllo sul comportamento dei medici, con o senza
sanzioni in caso di eccesso di prescrizioni
Fonte: E. Mossialos e J. Le Grand: "Health Care and Cost Containment in the European Union" (L'assistenza sanitaria e il contenimento dei costi nell'Unione europea), London School
of Economics, 1999
96
10. ALLEGATO D: RIFORMA DEI SISTEMI PENSIONISTICI PUBBLICI30
B
DK
D
EL
E
30
In seguito alle grandi riforme introdotte nel 1997 per i dipendenti del settore privato, in
collaborazione con le parti sociali il Governo sta prospettando altre riforme per i pubblici
dipendenti e per i lavoratori autonomi. È in progetto anche di promuovere i fondi pensionistici
privati.
Da qualche anno è in atto la trasformazione dell'attuale sistema pensionistico, che si basa in
ampia misura sulla ripartizione, con un sistema basato in misura molto sulla capitalizzazione.
Nel 1999 è stato reso permanente il contributo temporaneo al regime di pensione complementare
per i lavoratori (ATP), pari all'1% del salario medio, e si sono rese più severe le norme sul
pensionamento anticipato.
La riforma delle pensioni è tuttora un punto prioritario del programma politico. È stato approvato
un pacchetto di riforme fiscali grazie al quale la maggiorazione del gettito derivante dalle
imposte sull'energia compensa parzialmente la riduzione delle aliquote contributive previdenziali
a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro. Per il 2000 e il 2001 si sono approvate modifiche
che vincolano gli aumenti delle pensioni pubbliche all'inflazione piuttosto che all'aumento dei
salari netti. Tuttavia, nei dibattiti in corso sulla riforma delle pensioni, il Governo federale ha
offerto di tornare a vincolare gli aumenti delle pensioni pubbliche previsti per il 1° luglio 2001 ai
salari netti (aggiustamento per tener conto dell'aumento dei salari netti in seguito alla riforma
dell'imposta sul reddito). Con la programmata riforma delle pensioni ci si prefigge di ridurre
l'aumento degli oneri sociali dovuto ai mutamenti demografici, così da assicurare per le pensioni
un livello adeguato sino al 2030 e oltre. È in esame un sistema di pensione complementare
finanziato mediante capitalizzazione. In attesa di tali riforme, si applicheranno quelle approvate
nel 1998 dal Governo precedente e sospese dal suo successore.
Nel 1998 è stata annunciata una strategia di riforma in due fasi: la prima è di natura ampiamente
organizzativa, comprendente per esempio l'introduzione di un numero unico di assicurazione
sociale, mentre la seconda richiederà una profonda revisione delle pensioni pubbliche e potrebbe
comprendere l'uniformazione dell'età pensionabile nei vari sistemi pensionistici, aggiustamenti a
livelli sostenibili dei tassi dei contributi e delle prestazioni pensionistico e l'introduzione di un
regime pensionistico professionale obbligatorio. Si è ancora in attesa dell'annuncio del passaggio
alla seconda fase.
Nel 1997 si sono introdotte grandi riforme (basate sul "Pacto de Toledo" del 1995) per conferire
alle pensioni pubbliche una base più sostenibile. Per il 2000 sono previste altre riforme,
comprendenti misure per rialzare l'età pensionabile effettiva e per scoraggiare il pensionamento
anticipato e riguardanti anche i sistemi pensionistici speciali (per esempio per i lavoratori
autonomi, per gli agricoltori). Nel 1999 si è manifestato un disaccordo tra il Governo centrale e
le regioni circa l'eventualità di aumentare in misura superiore al tasso d'inflazione le pensioni
regionali non alimentate da contributi. Nel 2000, per affrontare il problema dell'invecchiamento
Base della seguente tabella è la relazione sull'attuazione degli Indirizzi di massima per le politiche
economiche. La tabella non è ancora completamente aggiornata.
97
demografico si è istituita una riserva del fondo per la sicurezza sociale. Lo stanziamento iniziale
ammonta allo 0,1% del PIL. Nel programma aggiornato di stabilità la Spagna si è impegnata ad
incrementare tale riserva.
F
Dopo aver posposto le riforme adottate nel 1997, è stata presentata nel 1999 una relazione che
deve servire da base per il dialogo ora in corso tra le autorità e le parti sociali. Nel marzo 2000 il
capo del Governo ha annunciato a grandi linee gli orientamenti per la riforma, comprendenti
l'incremento degli stanziamenti del fondo di riserva per le pensioni, l'istituzione di un organo di
controllo sulle pensioni ("Conseil d’Orientation des Retraites") e, per i pubblici dipendenti, la
possibile estensione del periodo contributivo minimo necessario per aver diritto alla pensione
integrale.
98
IRL
I
L
NL
A
P
FIN
Nel maggio 1998 il Governo ha presentato piani per istituire un sistema pensionistico ben
strutturato. In base a una decisione governativa del luglio 1999, viene accantonata una
provvigione annuale pari all'1% del PNL per prefinanziare i costi futuri delle pensioni pubbliche.
Inoltre, parte dei proventi della privatizzazione della telecom statale sarà versata nel fondo
nazionale di riserva per le pensioni (da istituire nel 2000: si attende la legge al riguardo), mentre
un'altra parte di tali proventi è stata utilizzata per riscattare gli obblighi statali futuri relativi alle
pensioni maturate dal personale della telecom prima della privatizzazione.
Negli anni '90, da ultimo nel 1997, si è intrapresa una serie di riforme grazie alle quali si è potuto
ridurre il tasso di crescita delle spese per le pensioni in rapporto al PIL rispetto alla situazione
precedente. Tuttavia, le spese per le pensioni pubbliche restano elevate e potrebbero minare la
sostenibilità a lungo termine delle pubbliche finanze. Le principali manchevolezze del sistema
attuale sono l'eccessiva lunghezza del periodo di transizione e l'entità piuttosto generosa delle
prestazioni, sotto il profilo attuariale. Inoltre, vi è tuttora molta incertezza sulle future riforme.
Nel 1999 e nel 2000 non si è apportata al sistema nessuna modifica. Per l'inizio del 2001 è
prevista una revisione dei parametri del sistema.
Nel 1998 si sono introdotte riforme per equiparare al sistema pensionistico del settore privato il
sistema per i pubblici dipendenti di nuova assunzione.
Poiché un'ampia percentuale delle pensioni è già finanziata mediante capitalizzazione, si stanno
affrontando gli effetti dell'invecchiamento demografico riducendo il debito pubblico e adottando
misure per accrescere il tasso di occupazione.
Nel 1993 e più di recente nel 1998 si sono adottati grossi pacchetti di riforme. L'ultima riforma
prevede incentivi per il pensionamento anticipato e norme più rigorose per la concessione della
pensione d'invalidità ed ha equiparato al sistema generale il sistema pensionistico per i pubblici
dipendenti. Inoltre è stata introdotta una formula di adeguamento annuale per far fronte
all'incidenza finanziaria dell'aumento della vita media. Tuttavia, questo provvedimento è stato
sospeso nel 1998 e nel 1999 e sarà riesaminato nel 2000.
In seguito a un Libro bianco presentato nel 1998, il Parlamento ha approvato nel luglio 2000 una
nuova legge quadro, che si dovrebbe attuare nel prossimo futuro. Le novità sono maggiore
flessibilità dell'età pensionabile e modifica del calcolo della pensione (invece che dei 10 anni
migliori sugli ultimi 15, si terrà conto di tutto il periodo contributivo), il che renderà il sistema
molto meno generoso. Inoltre, il fondo di stabilizzazione sarà incrementato sino a raggiungere
l'equivalente di quasi il 50% delle attuali prestazioni annuali per le pensioni del settore privato. A
fine 1999, gli attivi accumulati di questo fondo erano pari a circa il 3% del PIL.
Nel 1999 le organizzazioni del mercato del lavoro hanno raggiunto l'accordo su provvedimenti
intesi a posporre il pensionamento e ad estendere la partecipazione attiva. Grazie anche a un
99
cospicuo saldo primario del bilancio, sarà così più agevole affrontare nei prossimi anni l'aumento
delle spese dovuto all'invecchiamento demografico. Tuttavia, permangono interrogativi sulla
sostenibilità a lungo termine dei sistemi attuali di pensioni pubbliche; inoltre, potrebbero essere
necessarie altre riforme per porre rimedio a squilibri alla fonte.
S
UK
Si stanno introducendo le riforme adottate nel 1998, che prevedono un aumento del sistema di
capitalizzazione delle pensioni e stabiliscono un più stretto nesso tra i contributi versati e le
prestazioni che si ricevono, tenendo conto quindi dell'intera carriera lavorativa. Si sono
modificate le clausole d'indicizzazione.
Secondo le stime pubblicate nel 1999, gli oneri che l'invecchiamento demografico comporta per
le pubbliche finanze si prospettano relativamente poco gravosi. Le vaste riforme proposte a fine
1998 e adottate nel 1999 prevedono la "garanzia di reddito minimo" e la sostituzione del regime
di pensioni statali correlato ai redditi (SERPS) con una seconda pensione forfetaria.
100
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