L’UNIONE MONETARIA
EUROPEA DAL 1992 AD OGGI
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
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COSA IMPAREREMO
LA COSTRUZIONE DELL’EURO (19921997) : costi e i benefici di una moneta unica
e i parametri di Maastricht
IL MANTENIMENTO DELL’EURO (19972010): il Patto di Stabilità e Crescita
LA CRISI DELL’EURO (2010-oggi): cause,
azioni intraprese, e quelle da intraprendere.
1. LA COSTRUZIONE DELL’EURO
(1992-1997)
Rispondiamo alle seguenti domande:
1) Perché nel 1992 gli Stati membri dell’Unione
Europea decisero di dotarsi di un’unica moneta?
2) I benefici e i costi (teoria delle aree valutarie
ottimali) di adottare una moneta unica.
3) Come ci riuscirono? I parametri di Maastricht
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1) Perché una UEM dopo la UE?
L’Unione Europea (fino al 1993 Comunità Economica
Europea) è composta da 28 Stati membri, e
nacque col Trattato di Roma del 25 marzo 1957
con un unico obiettivo:
Pace e prosperità.
Il processo di integrazione europea nasce quindi
con un obiettivo politico.
Non economico.
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E che c’entra l’economia allora?
Si scelse di arrivare all’obiettivo di una più
stringente unione politica (necessaria per
raggiungere “pace e prosperità”) tramite una
progressiva unificazione economica.
Dal punto di vista economico l’ UE è :
a) un’unione doganale: libera circolazione di
beni e servizi
b) un’unione economica: libera circolazione di
fattori produttivi (lavoro e capitale)
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E che bisogno c’era di fare pure il
terzo passo (Unione monetaria)?
Motivazione economica:
a) c’è un singolo mercato? E allora ci vuole una
singola moneta. Avete mai fatto shopping in un
centro commerciale dove dovete cambiare
banconote ad ogni negozio?
[b) un’area economicamente molto integrata non
può reggere un sistema a cambi fissi (fallimento
dello SME nel 1992-1993)]
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Motivazione politica:
Tu vuoi realizzare un’unione politica tra i popoli
europei, con lo scopo di instaurare perenne
pace e prosperità….?
E allora comincia a fargli usare, almeno, la
stessa moneta.
Ricordate l’importanza della moneta: nel
Medioevo c’era l’effige del sovrano. E ancor
oggi sulla banconota sono stampate immagini
dell’identità nazionale.
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E quindi
Il 7 febbraio 1992 i Capi di Stato e di Governo
dell’Unione Europea firmarono il Trattato
Istitutivo Unione Europea (che in quell’occasione
cambiò nome, da CEE a UE) che prevedeva
l’adozione di un’unica moneta.
Il Trattato fu firmato in una cittadina olandese
chiamata Maastricht.
Da qui il nome “giornalistico” di Trattato di
Maastricht o i parametri di Maastricht.
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2) Costi e benefici di un’unione
monetaria
a) Benefici
A parte le considerazioni fatte in precedenza, i
principali benefici sono soprattutto di tipo
microeconomico.
b) Costi
I costi sono principalmente di tipo
macroeconomico (Teoria delle Aree Valutarie
Ottimali)
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a) Benefici
1) Riduzione dei costi di transazione negli
scambi commerciali (tra lo 0,25% e il 0,50% del
Pil ogni anno)
2) Maggiore confrontabilità dei prezzi
3) Annullamento volatilità dei tassi di cambio
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Insomma…
I benefici di adottare una moneta unica (in un
mercato unico) sono riassumibili dall’immagine
già ricordata:
Non avere una moneta unica in un mercato
unico è come avere un centro commerciale in
cui in ogni negozio si paga con una moneta
diversa.
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Per i paesi ad alta inflazione e
moneta debole….
C’è un altro – fondamentale – beneficio.
Emettere titoli di Stato in una moneta più forte (e con
una banca centrale caratterizzata da un obiettivo di
inflazione più basso e credibile) riduce due dei fattori di
rischio che determinano il rendimento dei titolo di Stato
in asta, e quindi il costo medio del debito e quindi il
deficit:
a) rischio inflazione
b) rischio valuta
E, se vogliamo, riduce pure il rischio di credito.
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Quindi, abbandonare una moneta debole e ad
alto potenziale inflattivo per una moneta forte e
credibile, permette in teoria di spendere meno
per interessi.
E in pratica?
L’abbassamento dei rendimenti dei titoli di Stato
in asta dal 1996 al 2011 ha permesso di
risparmiare cumulativamente una cifra intorno ai
500-600 miliardi di euro.
(stime di Alberto Bisin in http://noisefromamerika.org/articolo/negazionistieuro)
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b) Costi
Torniamo al modello AS-AD.
Prendiamo due Paesi: Francia e Germania
E chiediamoci cosa accade se essi sono colpiti
da uno shock di domanda asimettrico.
Vale a dire, uno shock che colpisca
positivamente un paese, e negativamente un
altro.
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SENZA unione monetaria
La soluzione è semplice, l’abbiamo studiata per
mesi.
Il paese colpito dallo shock negativo (Germania)
dovrebbe mettere in atto una politica
macroeconomica (monetaria, fiscale, tasso di
cambio) espansiva, per contrastare la
disoccupazione.
Il paese colpito dallo shock positivo (Francia)
dovrebbe mette in atto una politica
macroeconomica restrittiva, per contrastare
l’inflazione.
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16 Government Debt and Budget Deficits
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…..e CON l’unione monetaria,
invece?!
Francia e Germania non possono utilizzare 2/3
della loro politica macroeconomica (quella
monetaria e quella del tasso di cambio; poi,
come vedremo, anche quella rimanente – la
politica fiscale – in un’unione monetaria è
soggetta a limitazioni).
E quindi come fanno a riportare l’equilibrio
macroeconomico di breve periodo in linea
con quello di lungo periodo?!
Per evitare disoccupazione o inflazione?
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Accelerando il meccanismo di aggiustamento e
quindi di rientro al livello di produzione (e
occupazione) potenziale.
Rendendo breve la transizione da breve a lungo
periodo.
Cioè?
a) flessibilità di prezzi e salari
b) mobilità dei lavoratori
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a) Flessibilità dei salari
Se la curva di offerta aggregata di breve periodo
si sposta velocemente verso sinistra in Francia e
verso destra in Germania, in entrambi i paesi si
torna velocemente alla piena occupazione.
Questo accade se i costi di produzione salgono
velocemente in Francia (che ha avuto lo shock
positivo) e scendono velocemente in Germania
(che ha avuto lo shock negativo).
Questo accade se i salari sono sufficientemente
flessibili.
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Come il libro specifica, questo discorso è perfettamente
intuitivo qualora per spiegare la curva di offerta di breve
periodo si adotti il modello dei salari vischiosi (cap.13).
Noi invece abbiamo studiato il modello dei prezzi
vischiosi.
Ma il concetto di fondo non cambia.
Infatti, nel modello dei prezzi vischiosi, l’aggiustamento
della SRAS è quanto più veloce tanto più rapido è il
meccanismo di aggiornamento delle aspettative di
prezzo (visto che gli agenti economici sono stati
“sorpresi” da un livello di prezzo superiore a quello
atteso).
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E cosa può rendere più veloce il meccanismo di
aggiornamento delle aspettative di prezzo?
La flessibilità dei salari (che rappresentano una
parte preponderante dei costi di produzione).
Dopo uno shock positivo di domanda gli agenti
osservano un livello di prezzo superiore a quello
atteso, quindi cominciano a rivedere al rialzo le
proprie aspettative.
Ma lo fanno più velocemente se nel frattempo i
salari (= costi di produzione) reagiscono
velocemente.
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Ad esempio, i sindacati contrattano un aumento
dei salari anche in vigenza di un contratto
collettivo nazionale, questo accelera il
meccanismo di revisione al rialzo del livello dei
prezzi.
Graficamente, questo accelera lo spostamento
verso sinistra della SRAS in Francia.
….ovviamente tutto questo è applicabile (ed è
più comprensibile!) nel caso della Germania.
Vediamo.
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La Germania è stata colpita da uno shock di domanda
negativo; non può usare la politica macroeconomica,
perché è parte di un’unione monetaria.
In che modo la flessibilità dei salari l’aiuta a tornare
all’equilibrio di lungo periodo (= piena occupazione)?
Se i salari si adeguano presto al ribasso (adattandosi al
contesto recessivo, o comunque di crescita bassa), le
aspettative di ribasso dei prezzi (o di inflazione minore)
spostano velocemente la SRAS verso destra e quindi si
ritorna velocemente all’equilibrio di lungo periodo,
caratterizzato da un livello dei prezzi (o inflazione) più
basso.
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Quindi
Qualunque modello utilizziamo per spiegare
l’inclinazione positiva della SRAS (prezzi
vischiosi o salari vischiosi)….
….la flessibilità dei salari (= la loro velocità di
adeguamento alle condizioni cicliche) accelera
la dinamica di rientro del PIL al suo livello
naturale nei due paesi colpiti dallo shock
asimmetrico, e pertanto ne attenua le
(asimmetriche) fluttuazioni cicliche.
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b) Mobilità dei lavoratori
C’è un altro modo per ristabilire l’equilibrio di
lungo periodo in Germania e in Francia.
In Germania la disoccupazione è superiore al
livello naturale (u > uN ), cioè ci sono “troppi”
disoccupati - rispetto alla struttura economica
del Paese - per non creare inflazione.
In Francia è inferiore (u < uN ), cioè ci sono
“troppo pochi” disoccupati – rispetto alla
struttura economica del Paese – per non
creare….disoccupazione!
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Quale sarebbe la soluzione più
semplice?
I disoccupati tedeschi……
….vanno a lavorare in Francia!
In Francia la forza-lavoro aumenta,
aumentando il PIL di lungo periodo e
ristabilendo l’equilibrio tra breve e lungo.
In Germania la forza-lavoro diminuisce,
diminuendo il PIL di lungo periodo e ristabilendo
l’equilibrio tra breve e lungo.
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Ma questo cosa implica?
Che ci sia una perfetta mobilità del lavoro tra
Francia e Germania.
Anche (e soprattutto) in termini di assenza di
barriere culturali e linguistiche allo spostamento
della forza-lavoro.
Cioè deve essere possibile – e facile – per un
lavoratore spagnolo trasferirsi in Finlandia a
lavorare.
“possibile” lo è dal 1993. “facile”, beh….
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RIASSUMENDO
Formare un’unione monetaria significa
abbandonare due (vedremo in realtà due e
mezzo….) politiche macroeconomiche su tre, e
quindi la possibilità di contrastare a livello
nazionale gli shock di domanda.
A meno che non si disponga di un mercato del
lavoro molto flessibile (sia in termini di
quantità che di prezzo) in grado di attenuare le
fluttuazioni del Pil, la scelta di formare un’unione
monetaria rappresenta un (considerevole) costo
macroeconomico.
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E se invece si dispone di tale mercato
del lavoro?
Allora i paesi in questione vengono definiti un’
Area Valutaria Ottimale (Optimal Currency
Area, OCA).
La teoria delle aree valutarie ottimali è stata
formulata dall’economista americano Robert
Mundell nel 1961.
Per quell’articolo egli è stato insignito nel 1999
del Premio Nobel per l’Economia. Insegna a
tutt’oggi alla Columbia University di New York.
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E l’Europa è un’area valutaria
ottimale….?
Studiate bene l’analisi contenuta nel par.16.5
del libro (cap.16)
Sintesi
Se guardiamo alla flessibilità del mercato del
lavoro: mica tanto….
Se guardiamo alla possibilità di shock
asimmetrici: un po’ meglio…..ma non troppo
(alla luce di quanto discuteremo tra poco).
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Importante: cos’altro può far
assorbire gli shock asimmetrici?
Pensiamo al settore bancario-finanziario.
Nel nostro esempio precedente, se gli agenti
economici tedeschi (che hanno subito lo shock
negativo) hanno nel loro portafoglio attività
finanziare francesi (dove c’è stato lo shock
positivo) questo rappresenta per i tedeschi……
Uno shock positivo alla ricchezza (perché tali
attività finanziarie hanno un valore maggiore,
visto il boom in Francia)
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E questo sposta la curva di domanda tedesca
verso destra, aiutando a compensare lo shock di
domanda negativo.
Allo stesso tempo….
Se i francesi posseggono molte attività
finanziarie tedesche (colpite dalla recessione, e
pertanto aventi prezzi in discesa), questo
rappresenta uno shock di domanda negativo, e
quindi compensa (in tutto o in parte) lo shock
positivo da cui tutto è iniziato.
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In altre parole…
L’integrazione finanziaria è un meccanismo
automatico di riassorbimento degli shock
asimmetrici.
O, se volete fare i sofisticati, di risk-sharing (=
condivisione del rischio).
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E com’è messa l’UE su quel fronte?!
Mica tanto bene neanche qui.
Il mercato bancario/finanziario è ancora
segmentato (=è ancora nazionale). Il che, tra
l’altro, è in contrasto con i principi dell’Unione
Economica, che dettano un mercato unico per
tutti i settori.
Abbiamo già studiato che persino la vigilanza
bancaria è ancora in mani nazionali (a tutt’oggi è
in capo alle banche centrali nazionali).
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E allora….
Vi stupisce che uno dei temi di cui si sta
discutendo in questi giorni è l’Unione
Bancaria…..?
Una maggiore integrazione finanziaria infatti:
a) attuerebbe un meccanismo di risk-sharing in
grado di attenuare gli shock asimmetrici (e
quindi ridurre i costi di un’unione monetaria)
b) completerebbe la realizzazione del mercato
unico, anche nel settore finanziario.
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Costi Vs Benefici
Non è che la valutazione costi vs benefici sia
così incoraggiante…..
Ho capito i benefici microeconomici…..ma il
costo macroeconomico (OCA) mi pare, nel caso
europeo, abbastanza pesante…..non ci avevano
pensato, 20 anni fa?
Si, ci avevano pensato. Forse, come vedremo
tra poco, non abbastanza a lungo.
Però…..
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A volte l’economia si deve arrendere alla politica
e alla storia.
E abbiamo studiato (guai se ve lo dimenticate!)
che il processo di integrazione economica è un
processo politico, che ha scelto l’economia
come strumento per la sua realizzazione.
Tra i benefici dell’adozione dell’euro dobbiamo
contare, dunque, un beneficio non-economico:
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Monsieur Michel e Herr Thomas sono entrambi
nati nel 1922, uno in Francia e l’altro in
Germania.
Alla vostra età, si sono battuti l’uno contro l’altro
nella battaglia delle Ardenne, sparandosi
addosso migliaia di colpi di mitragliatrice.
Michel è stato catturato, e rinchiuso nel campo
di concentramento di Auschwitz; la sua guardia
carceraria era proprio Thomas.
Si sono odiati per anni.
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Oggi, da dieci anni, quando
vanno a fare la spesa con i
nipotini, usano la stessa
moneta.
Emessa da un’istituzione comune (la BCE) nella
quale ripongono la loro fiducia.
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3) Come si fa un’unione monetaria?
A Maastricht fu deciso che per aderire all’Unione
Monetaria Europea, si sarebbero dovuti
rispettare dei criteri di convergenza
macroeconomica.
Che sono passati alla storia come i parametri di
Maastricht.
Fare un’unione monetaria significa abbandonare
le monete nazionali e adottare tutti una stessa
unica moneta (che al Consiglio Europeo di Madrid nel
1995 si decise di chiamare “euro”).
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I PARAMETRI DI MAASTRICHT
Ricordate i “tre prezzi della moneta”?
Tasso di interesse (nei confronti di sé stessa in
futuro)
Tasso di inflazione (nei confronti di beni e
servizi)
Tasso di cambio (nei confronti di altre valute)
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Per adottare una moneta unica, dunque,
bisogna necessariamente armonizzare le tre
variabili macroeconomiche che rappresentano i
prezzi (= costo-opportunità) della moneta nei
confronti di sé stessa, dei beni e servizi, e delle
altre valute.
E poi, per assicurare un’armonizzazione vera di
tasso di interesse e tasso di inflazione,
occorreva avere dei criteri di convergenza
anche per il debito pubblico (la cui
accumulazione, come abbiamo visto, influenza
tasso di interesse e tasso di inflazione).
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Come fa il debito pubblico a influenzare tasso
di interesse e tasso di inflazione?
L’accumulazione di debito (B) influenza:
a) i tassi di interesse a cui vengono aggiudicati i
titoli di Stato (tramite il premio al rischio di
credito)
b) il tasso di inflazione:
b1) un governo molto indebitato non ha incentivo a
combattere inflazione
b2) un debito elevato è sintomo di politica fiscale
espansiva che aumenta l’inflazione
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Oltre il debito, il deficit
Abbiamo però studiato che l’unico modo di
controllare (dal punto di vista della policy) lo
stock (= il debito) è controllare il flusso (= il
deficit).
Se quindi occorreva armonizzare i livelli di
debito pubblico, occorreva anche avere dei
criteri di convergenza per il deficit (=
indebitamento netto delle pubbliche
amministrazioni)
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Tirando le somme….
I paesi che vogliano costruire un’unione
monetaria, devono armonizzare i rispettivi:
I tassi di interesse
I tassi di inflazione
I tassi di cambio
Il debito e il deficit
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Il primo parametro di Maastricht
Ogni paese candidato deve avere un tasso di
interesse a lungo termine (= rendimento sui titoli
di Stato a 10 anni) uguale o inferiore alla media
osservata dai tre paesi con inflazione più bassa,
+ un 2%.
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Il secondo parametro di Maastricht
Ogni paese candidato deve avere un tasso di
inflazione uguale o inferiore alla media dei tre
paesi con inflazione più bassa, più un 1.5%.
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Il terzo parametro di Maastricht
Ogni paese candidato deve aver mantenuto il proprio
tasso di cambio nominale entro le bande di fluttuazione
del Sistema Monetario Europeo nei due anni precedenti
l’ingresso nella moneta unica.
Il Sistema Monetario Europeo era un sistema a cambi
fissi in vigore dal 1979 al 1996; prevedeva un tasso di
cambio nominale fisso tra le valute, con bande di
“tolleranza” (=bande di fluttazione) pari a +15% e -15%
rispetto al valore fissato.
Oggi esiste un Sistema Monetario Europeo II tra l’euro e
alcune valute di paesi aderenti all’Unionone Europea.
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Il quarto parametro di Maastricht
Ogni paese candidato deve avere un rapporto
debito/PIL uguale o inferiore al 60%. Se questa
condizione non è soddisfatta, il debito pubblico
deve essere in discesa e avvicinarsi al valoreobiettivo ad un passo sufficiente.
Ogni paese candidato deve avere un rapporto
deficit/PIL uguale o inferiore al 3%.
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…..perchè 60% del debito/PIL?
Perché era la media dei rapporti debito/PIL degli
Stati dell’Unione Europea, all’epoca.
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….e perché 3% del deficit/PIL?
Trasformando l’equazione che abbiamo studiato
settimana scorsa – e ipotizzando che il debito
debba essere stabilizzato ad un livello bt = bt −1 = b
arriviamo a:
d = b( g + π )
Y
Cioè esiste una relazione tra rapporto deficit/PIL
e rapporto debito/PIL.
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Ma aspetta un attimo….
Abbiamo capito che b = 0.60
Perché era il valore medio dell’epoca.
Ma per trovare il valore del deficit/PIL che
stabilizzi il debito/PIL al 60%......
Devo fare delle ipotesi sul tasso di crescita
nominale (tasso crescita reale + inflazione).
Sennò è un’equazione con due incognite!
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La questione dimenticata. Ma
cruciale.
Se ipotizziamo un’inflazione al 2% (come
obiettivo della BCE):
( g + 0.02) *(0.60) = 0.03
Y
Se e solo se:
g = 0.03
Y
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Cioè – in presenza di un’inflazione al 2% - un
rapporto deficit/PIL al 3% riesce a stabilizzare il
rapporto debito/PIL ad un valore medio (60%)
solo se l’economia cresce ad un tasso medio
annuo del 3%.
Altrimenti, non ce la fa.
A inizio Anni Novanta, un tasso di crescita
del 3% era normale.
L’errore è stato credere che quel tasso di
crescita potesse continuare per sempre.
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Gli esami di ammissione all’euro
Il 2 Maggio 1997 avvennero gli “esami di
ammissione” alla moneta unica.
Dei 15 paesi allora membri dell’UE, tre (Svezia,
Gran Bretagna e Danimarca) decisero di non
farne parte.
Una (Grecia) non superò i parametri di
Maastrict.
I rimanenti 11 costituirono, dal 1 gennaio
1999, l’Unione Monetaria Europea.
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Per tre anni l’euro è esistito solo come valuta virtuale (i
prezzi furono esposti in lira e in euro).
Dal 1 gennaio 2002 entrarono in circolazione monete e
banconote in euro.
Nel 2001 la Grecia dichiarò di aver superato tutti i
parametri di Maastricht, e fu ammessa nell’euro. Dieci
anni dopo si scoprì che quest’ avvenne grazie ad una
manipolazione del rapporto deficit/PIL.
Successivamente, entrarono nell’Euro i seguenti paesi:
Slovenia (2007), Cipro e Malta (2008), Estonia (2011)
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2. IL MANTENIMENTO DELL’EURO
(1997-2010)
A fine Anni Novanta, l’UME era costruita.
La politica macroeconomica dell’area-euro
1) Politica del tasso di cambio: unica (tasso di
cambio flessibile)
2) Politica monetaria: unica, in capo alla BCE
3) Politica fiscale: rimase su base nazionale (in
capo ai Governi e ai Parlamenti nazionali).
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In poche parole, non si ebbe la forza/coraggio di
unificare anche la politica fiscale, oltre alle altre
due politiche macroeconomiche.
Perché?
Motivazione economica: si volle lasciare in capo
agli Stati nazionali almeno uno strumento di
reazione agli shock asimmetrici, in virtù delle
preoccupazioni incarnate dalla Teoria delle Aree
Valutarie Ottimali.
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Motivazione politica: la politica fiscale (il poter di
“mettere le mani in tasca ai cittadini” in nome del popolo)
è il cuore del contratto sociale tra rappresentanti e
rappresentati. Un contratto sociale che trova la sua
legittimazione nell’elezione dei rappresentanti da parte
dei rappresentati.
Delegare questo potere (= la politica fiscale) a un
organismo sovranazionale dalla dubbia legittimazione
democratica (la dialettica potere legislativo Vs esecutivo
e la natura di stato federale Vs organizzazione
intergovernativa sono nodi ancora irrisolti
nell’architettura istituzionale e politica della UE) all’epoca
parve un passo troppo azzardato.
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Le conseguenze di questa scelta
Avere una politica monetaria comune e 17
politiche fiscali nazionali senza coordinamento
era un’opzione non percorribile.
Perché?
Perché crea una situazione in cui un paese
gode del beneficio di una politica fiscale
espansiva, scaricando il costo sugli altri paesi
membri dell’Unione Monetaria.
In poche parole, fa il free-rider.
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Vediamo di capire il perché
Il beneficio di un’espansione fiscale è ovvio.
Aumenti di G o Tr (o diminuzioni di T) provocano
aumenti di spesa programmata e quindi – nel
breve periodo – un aumento del PIL e
dell’occupazione.
E qual è il costo di un’espansione fiscale?
L’aumento dei tassi di interesse.
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Lo possiamo vedere da tre punti di vista
complementari:
a) il modello ISLM (la IS scorre lungo la LM)
b) il modello DAS-DAD (la banca centrale,
attraverso la Taylor Rule, reagisce all’aumento
di Y aumentando il tasso nominale)
c) l’aumento della componente del premio al
rischio del tasso di interesse, se l’espansione
fiscale peggiora sensibilmente una (magari già
critica) situazione di finanza pubblica
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Se ci fermiamo ad a) e b)….
Abbiamo già finito il discorso…..
….infatti in un’Unione Monetaria il tasso di
interesse (oggetto sia del modello ISLM che del
modello AS-AD) non è più responsabilità
nazionale, ma è unico e determinato dalla
Banca Centrale comune.
Quindi realizzando un’espansione fiscale uno
Stato ne incamera il beneficio, ma scarica gran
parte dei costi sul tasso di interesse unico. Ecco
l’esternalità positiva che deve essere rimediata.
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Se invece guardiamo al punto c)..
….la domanda verrebbe spontanea:
“Se uno Stato esagera con la sua politica
fiscale, sarà il suo premio al rischio che salirà, e
quindi il suo tasso di interesse sulle sue aste dei
titoli di Stato, e quindi il suo costo medio del
debito”.
Più formalmente, i mercati finanziari sono in grado di
penalizzare selettivamente gli stati fiscalmente
indisciplinati, facendo salire il premio al rischio solo sulle
sue emissioni, e non su quelle di tutti gli altri partner
dell’UEM.
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“Però”….: la trasmissione del rischio
Ci sono due “però”:
1) In un’area finanziariamente integrata, il
premio al rischio su un titolo di Stato si trasmette
agli altri, tramite il sistema bancario: se le
banche tedesche sono piene di titoli di Stato
greci, la caduta di prezzo di questi ultimi provoca
deterioramenti degli attivi delle banche tedesche
e quindi la necessità che il governo tedesco
intervenga per ricapitalizzarle.
(il motivo per cui il default greco è un problema
anche per altri paesi).
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2) Il paese il cui premio al rischio sale (e,
possibilmente, si avvicina al default) condivide la
stessa moneta con altri. E’ quindi credibile che
gli altri paese non stiano a guardare, e siano
tentati di “salvare” il paese in crisi. Così facendo,
però, deteriorano anche le proprie finanze
pubbliche. Ecco quindi che il premio al rischio
sale anche sugli altri Paesi.
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Per prevenire il punto 2), nel Trattato di
Maastricht fu inserita la clausola di no-bail-out:
se uno Stato si fosse trovato in difficoltà,
nessuno avrebbe dovuto aiutarlo.
In questo modo si sperava che il mercato si
convincesse – qualora se ne fosse presentata la
necessità – a “punire” (elevando il premio al
rischio) solo il paese fiscalmente irresponsabile,
e non tutti gli altri.
Cioè riconciliare appieno costi e benefici.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
65
Era un impegno credibile….?
No. Come la storia ha dimostrato.
Allora arriviamo al punto di prima…..in
un’unione monetaria occorrono regole fiscali per
impedire il problema del free-rider.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
66
Ok….ma quali regole fiscali?
Beh, ce n’era una già bella e pronta……..
Il quarto parametro di Maastricht
60% di limite al rapporto debito/PIL
3% di limite al rapporto deficit/PIL
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
67
Il Patto di Stabilità e Crescita
Al Consiglio Europeo di Amsterdam (1997) fu
sottoscritto il Patto di Stabilità e Crescita (PSC):
a) ogni anno il rapporto deficit/PIL non può
superare il 3%. In caso di violazione, viene
emessa una sanzione pari allo 0,5% del Pil
(tranne nei casi in cui lo sforamento è dovuto a
calamità naturali o a recessioni in cui il Pil
diminuisca di più del 2%).
b) Nel medio termine i paesi UEM devono puntare al
pareggio di bilancio.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
68
Errare è umano…perseverare….
Viene “riesumato” il famoso 3%, che abbiamo
visto dipendere in maniera cruciale
dall’ipotesi che il tasso di crescita del Pil
reale rimanesse al 3% (con inflazione al 2%).
Non a caso, appena la crescita rallenta (con lo
scoppio della bolla della New Economy nel
2000, e gli attentati dell’11 settembre nel 2001),
cominciano le violazioni del PSC.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
69
2001: Portogallo
2002: Francia e Germania
2003: Grecia e Olanda
2004: Italia
Nel novembre 2003, il Consiglio Europeo
doveva far partire la EDP (Excessive Deficit
Procedure) per Germania e Francia.
Non ne ebbe il coraggio.
Il Patto fu sospeso, in attesa di riforme.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
70
Nel marzo 2005 il Patto fu riformato, ma senza
cambiare il limite del 3%.
La riforma si limitò ad inserire un po’ più di
flessibilità e tolleranza.
Sforamenti furono ammessi non solo per
recessioni, ma anche per crescita al di sotto del
potenziale.
Gli sforamenti dovevano essere valutati
nazione-per-nazione, con riferimento anche alle
riforme strutturali in azione.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
71
Ma era chiaro che era solo un palliativo.
Dal 1997 in poi, ci sono state 97 violazioni del
limite del 3% (e solo 29 di queste furono
riconosciute essere dovute a “circostanze
eccezionali”.
Non è mai stata emessa alcuna sanzione.
Mentre era in corso una profonda riflessione su
questo meccanismo (siamo nel 2007-2008),
sull’Europa e sul mondo si abbatte un uragano.
La crisi finanziaria mondiale.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
72
3. LA CRISI DELL’EURO (2010-oggi)
Proviamo a prenderla in questo modo.
Raccontiamo la crisi dell’euro da due punti di
vista diversi:
a) quello di un giornalista (economico)
b) quello di un economista.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
73
a) Il racconto di un giornalista economico
La crisi finanziaria scoppiata nel 2007 ha avuto le sue
radici in due settori:
a) quello immobiliare
b) quello finanziario
a) e b) erano legati dagli eccessi dell’ingegneria
finanziaria degli Anni Novanta e Duemila, che ha
permesso al settore finanziario – “liberato” dalla
separazione tra banche di investimento e banche
commerciali – di creare prodotti derivati che invece di
suddividere il rischio hanno finito per moltiplicarlo. Così,
quando la bolla immobiliare è scoppiata, gli attivi
patrimoniali delle banche si sono fortemente deteriorati.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
74
Questo ha determinato:
a) una contrazione del credito concesso
all’economia
b) la necessità di ricostituire il capitale delle
banche
Il fattore a) ha provocato un forte shock di
domanda e quindi una recessione
Il fattore b) ha provocato un forte aumento del
deficit e debito pubblico (a loro volta aumentati
dalla recessione)
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
75
In Europa, quest’aumento dei debiti pubblici ha
provocato la crisi dei debiti sovrani in alcuni
Stati: Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia e Italia.
Ma questo problema è comune a tutti i paesi
(USA, UK, Giappone)…come mai la crisi dei
debiti sovrani è particolarmente acuta nell’eurozona ?
Perché questi paesi non hanno una propria
valuta nazionale, ma sono parte dell’Unione
Monetaria Europea. E questo crea problemi per
l’intera area-Euro.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
76
b) Il racconto di un economista
Fino al corsivo di prima, sostanzialmente
corrisponde.
Forse il linguaggio è un po’ più rigoroso.
La crisi nasce da un eccesso di indebitamento
nel settore privato, causato da disfunzioni nel
processo di moltiplicazione del credito nel
settore bancario/finanziario, che ha fatto uso
eccesso di prodotti derivati basati sull’attività
edilizia e ha diffuso un rischio sistemico
all’interno dei mercati finanziari mondiali.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
77
La caduta dei prezzi del settore immobiliare
(come conseguenza dello sgonfiarsi della bolla)
e l’insolvenza dei mutuatari subprime ha
prodotto un’illiquidità degli assets finanziari
derivati e di tutti i prodotti finanziari che in
qualche modo ne erano contaminati.
Conseguentemente, gli attivi patrimoniali degli
istituti di credito hanno subito gravi perdite, e
messo a rischio la loro tenuta patrimoniale,
stante l’eccessiva leva finanziaria assunta (a
sua volta dovuta a scarsa regolamentazione del
settore bancario/finanziario).
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
78
La conseguenza immediata è stata l’immediata
paralisi del mercato interbancario, e quindi
l’interruzione “a monte” del meccanismo di
trasmissione della liquidità.
In questo momento, la Crisi Finanziaria è
diventata Crisi Economica; lo shock finanziario
infatti è divenuto shock di domanda aggregata,
che ha causato nel 2009 la più grande
recessione dal Dopoguerra.
Sia la necessità di ricapitalizzare le banche, sia
gli stabilizzatori automatici, hanno gravemente
deteriorato le finanze pubbliche.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
79
In più, la Crisi Finanziaria aveva aumentato
considerevolmente l’avversione al rischio sui
mercati finanziari, e questo ha aumentato il
premio al rischio sui debitori già caratterizzati da
livelli di esposizione debitoria particolarmente
elevati.
Ecco perché nell’Euro Zona sono “finiti nei guai”
alcuni paesi: Spagna e Irlanda per l’eccessivo
indebitamento privato (divenuto poi pubblico),
Italia e Grecia per l’avversione al rischio che ha
“acceso i fari” sui livelli di indebitamento pubblico
già eccessivi prima dello scoppio della crisi.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
80
Quanto avete letto non è altro che lo stesso
concetto espresso dal “giornalista economico”,
solo con un linguaggio più tecnico.
Invece, sulla risposta alla domanda “perché la
crisi è così grave nell’area-euro?” abbiamo
qualcosa in più da imparare dalla spiegazione
fornita dall’economista.
Vediamola.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
81
Prima però…..Il racconto di un
politico medio
“Siamo finiti nei guai per colpa della
speculazione internazionale, della finanza e
delle banche! Ora l’economia deve tornare al
servizio della politica!”
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
82
Rivediamo i 10 anni dell’euro
Che cos’è stata, alla fine, la “scommessa
dell’euro”?
Formare un’unione monetaria senza procedere
ad una politica fiscale unica (il libro la chiama
“federalismo fiscale”), per le ragioni che abbiamo
esposto.
Si ritenne opportuno risolvere il problema del
free-rider (un paese si appropria del beneficio di
una politica fiscale espansiva scaricandone il
costo sugli altri) con il Patto di Stabilità e
Crescita.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
83
La scommessa quindi era duplice:
a) dimostrare che era possibile avere una
politica monetaria unica, e 17 politiche fiscali
nazionali, coordinate dal PSC.
b) dimostrare che era possibile avere una
politica monetaria unica per 17 paesi.
E com’è andata?
a) è indubbiamente fallita, come abbiamo visto.
Ma la brutta notizia è che pure b) non se la
passa bene.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
84
E perché?
Per due motivi:
1) dubbio: uno stesso tasso d’interesse (=
strumento di politica monetaria) può andar bene
per tutta l’area-euro?
2) Perché non sembra funzionare – stante
l’architettura istituzionale attuale – il
meccanismo di trasmissione della politica
monetaria: gli stimoli-BCE non si trasmettono
uniformemente a tutta l’UEM, a causa del rischio
di credito sui titoli di Stato di alcuni paesi.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
85
1) Un unico tasso di interesse per
tutti?
Nel corso degli Anni Duemila, i paesi della
periferia dell’euro-zona (Irlanda, Spagna e
Portogallo) avrebbero avuto bisogno di una
politica monetaria restrittiva (=un tasso di
interesse più alto), per due motivi:
a) i prezzi stavano crescendo troppo (soprattutto
quelli immobiliari)
b) il PIL era sopra al potenziale
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
86
Allo stesso tempo, i paesi del centro (Germania,
Francia, Italia) avrebbero avuto bisogno di una
politica monetaria espansiva (= un tasso di
interesse più basso), per i motivi opposti.
Poiché la BCE deve guardare alle condizioni
generali della zona-euro (e non ai singoli paesi),
come risultato il tasso-strumento della politica
monetaria della zona-Euro negli anni Duemila è
stato troppo basso rispetto a quello che le
proprie condizioni macroeconomiche
avrebbero richiesto.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
87
Tassi troppo bassi hanno favorito l’emergere e il
crescere della bolla immobiliare.
Che infatti in Irlanda e Spagna ha avuto le sue
conseguenze più estreme.
In Irlanda nel 2010 il deficit dello Stato è balzato
al 32% del PIL per la necessità di salvare l’intero
sistema bancario, troppo esposto verso i crediti
immobiliari.
In Spagna le banche sono ancora, attualmente,
in forte sofferenza, e attendono un probabile
salvataggio europeo.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
88
Allora c’aveva ragione Mundell…?!?!
La Teoria delle Aree Valutarie Ottimali diceva
proprio questo.
Se non sei sicuro di riuscire a mettere in campo
meccanismi alternativi di riassorbimento di
shock asimmetrici, lascia perdere l’Unione
Monetaria….
Perché in quel caso i paesi non hanno più gli
strumenti di politica economica per poter gestire
la propria situazione macroeconomica.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
89
2) Quando si rompe la trasmissione
Dopo l’arrivo da Oltreoceano della crisi
finanziaria – e il suo tramutarsi in crisi
economica – la BCE ha portato (quasi) a zero il
suo tasso-strumento.
Ciònonostante, anche dopo aver risolto la
questione-Euribor, il costo del credito per
famiglie e imprese (quello che conta per far
ripartire la domanda) non è sceso
uniformemente in tutta la zona-Euro.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
90
Questo è accaduto perché in alcuni Stati il
premio al rischio sui titoli di Stato era troppo
elevato, e quindi falsava il meccanismo di
trasmissione degli impulsi espansivi di politica
monetaria su tutta l’Unione Monetaria Europea.
Quindi, gli squilibri fiscali hanno
compromesso l’uniformità del meccanismo
di trasmissione della politica monetaria.
Ma il fatto che potesse funzionare una politica
monetaria comune….era proprio la scommessa
dell’euro.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
91
COME SE NE ESCE?
1) I rimedi temporanei messi in campo finora
2) Le soluzioni strutturali non ancora messe in
campo.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
92
1) I rimedi temporanei trovati finora
Sul piano della politica monetaria, abbiamo già
visto due settimane fa:
a) L.T.R.O. (Long Term Rifinancing Operations)
b) Quantitative Easing “all’europea”
Vedi slides “La politica monetaria nel mondo
reale”
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
93
Sul piano della politica fiscale andava trovata
una soluzione a questo problema:
Alcuni paesi (prima Grecia, poi Irlanda e
Portogallo, e a momenti pure Spagna e Italia) si
trovavano in crisi di liquidità: non riuscivano
più a finanziarsi sui mercati dei capitali.
Cioè le loro aste di Titoli di Stato andavano
deserte….e lo Stato non riusciva a coprire il
proprio fabbisogno.
E allora chi glieli dava i soldi a quegli Stati?
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
94
Il Meccanismo Europeo di Stabilità
(ESM)
Da luglio 2012 è attivo uno strumento chiamato
European Stability Mechanism (ESM).
Da maggio 2010 a luglio 2012 era attivo uno strumento
simile, chiamato EFSF (European Financial Stability
Facility).
Che cos’è l’EMS (o MES, in italiano)?
Un fondo comune costituito dai 17 paesi
dell’Unione Monetaria, che hanno versato 80
miliardi di euro di capitale in cinque tranches da
quest’anno in poi (l’Italia ha versato 5,7 miliardi).
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
95
Chi versa quanto
PAESE
CAPITALE DA
VERSARE entro 2014
%
GERMANIA
21,7 miliardi
27,1%
FRANCIA
16,3 miliardi
20,4%
ITALIA
14,3 miliardi
17,9%
SPAGNA
9,5 miliardi
11,9%
OLANDA
4,6 miliardi
5,7%
altri 12 paesi UME
13,6 miliardi
17%
TOTALE
CHAPTER 16
80 MILIARDI
Government Debt and Budget Deficits
100%
96
Due curiosità
1) I 14,3 miliardi da versare per l’Italia (di cui 5,7 già
versati) sono acquisizione di attività finanziarie: una di
quelle poste di bilancio che compaiono nel fabbisogno
ma non nell’indebitamento. Quindi lo vediamo come
incremento del debito, ma non del deficit.
2) I prestiti dell’EFSF venivano conteggiati pro-quota
come parte dei debiti pubblici degli Stati nazionali,
perché tecnicamente EFSF era una società pubblica.
ESM è stato invece considerato istituzione
internazionale, quindi i prestiti erogati (frutto della
raccolta sul mercato) non verranno conteggiati come
parte dei debiti pubblici nazionali.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
97
Che cosa fa questo fondo?
Usando la leva finanziaria, emette obbligazioni
comuni (garantite da quel capitale, versato
da tutti) e si finanzia sul mercato dei capitali.
E che se ne fa, dei soldi raccolti?
Li presta agli Stati UE in crisi di liquidità (che
non riescono a finanziarsi da soli sui mercati).
Potenza di fuoco stimata del EMS: 500 miliardi
di euro di prestiti
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
98
Il predecessore dell’EMS (il EFSF) ha già
erogato alcuni prestiti:
a) Novembre 2010: 17,7 miliardi di euro
all’Irlanda (che ne ha ricevuti in tutto 85, anche
dal Fondo Monetario)
b) Marzo 2011: 26 miliardi di euro al Portogallo
(che ne ha ricevuti in tutto 78)
c) svariate decine di miliardi di euro alla Grecia
(contrattazione ancora in corso, ultima decisione
lo scorso 26 novembre).
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
99
Ovviamente, per evitare il moral hazard (=
comportamenti opportunistici, sapendo che
“tanto qualcuno di viene a salvare”) il EMS
eroga questi prestiti a fronte di precisi impegni
da parte dello Stato a risanare le finanze
pubbliche.
Negli ultimi mesi è stato deciso che il EMS può
intervenire anche nel capitale bancario.
Nel 2013 l’EMS ha versato 41 miliardi di euro
alla Spagna per la ricapitalizzazione del proprio
sistema bancario.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
100
Però questa roba assomiglia molto
a…
…Stati che si mettono insieme (versando 80
miliardi di euro di capitale) per creare un fondo
che emette obbligazioni comuni…….
…i cui proventi vengono spesi a nome dell’intera
Unione……
Il primo, timido, embrione di politica fiscale
comune.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
101
Che ostacoli sta trovando?
I paesi del Sud Europa: “vogliamo aiuti,
altrimenti l’Euro crolla. Non potete pensare solo
al vostro interesse”.
I paesi del Nord Europa: “Noi ti aiutiamo….ma in
cambio mettiamo in comune i nostri bilanci, o
almeno permetteteci un controllo stretto sui
vostri bilanci”.
E la discussione si infiamma, spesso su canali
non scientificamente rigorosi. Noi proveremo a
fare i rigorosi, tra poco.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
102
2) Le soluzioni strutturali ancora da
attuare
1) Fiscal Compact (in via di approvazione)
2) Unione Bancaria (in discussione)
3) Politica fiscale comune (in discussione)
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
103
Queste misure trattano tutte lo stesso tema:
Un meccanismo di condivisione del rischio (=
risk-sharing) in grado di far funzionare meglio
l’unione monetaria.
Questo può avvenire tramite un’ulteriore
integrazione del mercato finanziario/bancario,
come abbiamo già visto.
E tramite una politica fiscale comune.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
104
1) Il Fiscal Compact
L’espressione fu usata per la prima volta nel
corso del 2011 da Mario Draghi.
E da dove l’aveva tirata fuori…?!
Alla fine del 18esimo secolo, dopo aver vinto la
Guerra d’Indipendenza, le 13 ex-colonie
britanniche in Nord-America avevano un
problema:
Come passare da stati indipendenti ad un
unico Stato federale?
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
105
Alexander Hamilton (che poi fu il primo Ministro
del Tesoro) disse:
“The origin of all civil governments, justly
established, must be a voluntary compact
between the rulers and the ruled; and must be
liable to such limitations, as are necessary for
the security of the absolute rights of the latter”.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
106
Mario Draghi citò quella frase di Hamilton per
dire che gli stati membri dell’UEM avevano un
problema simile: ma poiché il punto debole
dell’integrazione europea fino a quel momento
era stato il versante fiscale, Draghi affermò che
c’era bisogno di un…..
Fiscal Compact
…al fine di dotarsi di regole comuni per poter
procedere più speditamente sul sentiero
dell’integrazione politica.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
107
Il 2 Marzo 2012 (quasi) tutti i membri dell’Unione
Europea – tranne Regno Unito e Repubblica
Ceca – hanno firmato il “Trattato sulla stabilità,
coordinamento e governance nell’unione
economica e monetaria”.
Volgarmente detto “Fiscal Compact”
Entrerà in vigore il 1 gennaio 2013, previa
ratifica di almeno 12 Stati membri.
L’Italia ha modificato la sua Costituzione, in tal
senso, il 23 luglio 2012.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
108
Che cosa prevede?
1) Inserire nelle Costituzioni nazionali l’obbligo
di pareggio di bilancio: il disavanzo corretto
per il ciclo non deve superare lo 0.5% del Pil.
2) Il rapporto debito/PIL, se superiore al 60%, deve ogni
anno ridursi di uno step pari al 5% della differenza tra il
valore corrente e la soglia del 60%.
Esempio Italia: 126%-60% = 66%
Il 5% di 66% = 3.3%
Il rapporto debito/PIL italiano deve ridursi, nel primo
anno, del 3.3%. E così via fino ad arrivare al 60%.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
109
Come lo giudichiamo?
Il primo punto non è l’obbligo di deficit/PIL
uguale a zero in ogni anno. E’ una cosa diversa.
Ma su questo punto, tornano cruciali due
considerazioni già fatte:
a) come calcolare la crescita potenziale
b) l’entità degli stabilizzatori automatici
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
110
Il secondo punto – sicuramente più
preoccupante dato il livello dell’aggiustamento
fiscale che richiederebbe – è tuttavia stato molto
“smussato”.
Infatti si prevede che tale percorso di rientro
possa essere opportunamente graduato a
seconda delle condizioni specifiche del Paese e
del grado di riforme strutturali attuati.
Che di solito, in gergo, è la frase che si usa per
dire “vabbè, questo mettiamolo un attimo da
parte…..”
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
111
2) Unione bancaria
Ne abbiamo già parlato.
La costruzione di un vero mercato unico per i
servizi finanziari (e quindi bancari) non è solo
garanzia di uniformità di regole (vedi
discussione su capitalizzazione banche, ecc).
Ma è anche, come abbiamo studiato, un
meccanismo di risk-sharing in grado di far
funzionare meglio l’unione monetaria.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
112
3) Politica fiscale comune come
strumento di condivisione del rischio
Perché il Sud Italia (caratterizzato da livelli di
reddito pro-capite inferiori al Nord) non è
lasciato a sé stesso?
Perché le tasse raccolte al Nord vanno in parte
a finanziare la spesa pubblica nel Sud.
Questo avviene perché il bilancio dello Stato è
unico (al netto dello scarso livello di
decentramento presente oggi in Italia) e
automaticamente trasferisce risorse dal Nord al
Sud.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
113
Il bilancio dell’Unione Europea invece
rappresenta a malapena l’1% del Pil dell’intera
Unione.
Se andassimo verso un vero bilancio europeo
(con una G europea, Tr europei, e T europei, e
quindi D e B europei) avremmo uno strumento
per combattere gli shock asimmetrici e quindi
condividere il rischio macroeconomico.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
114
Infatti, nell’esempio precedente, le tasse in più
raccolte in Francia grazie agli stabilizzatori
automatici (il paese che subisce uno shock
positivo) andrebbero a finanziare
automaticamente maggiore spesa pubblica in
Germania (il paese colpito dallo shock
negativo).
Se però la situazione di squilibrio non è
temporanea, questo implica un trasferimento di
risorse perenne dalla Francia alla Germania.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
115
E questo è difficile da far accettare
politicamente, in assenza di una più stringente
unione politica, cementata da una nuova
architettura istituzionale (elezione diretta di un
Presidente UE? Rapporto di fiducia tra
Parlamento ed Esecutivo?).
O forse dobbiamo solo aspettare che anche in
Europa accada quello che in Italia è successo
dal 1861 fino al secondo dopoguerra.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
116
Cosa?
Ad un certo punto, abbiamo smesso di definirci
“siciliani”, “toscani”, “lombardi”.
E abbiamo iniziato a definirci “italiani” (?)
Quando smetteremo di definirci “italiani”, “spagnoli”,
“tedeschi” e inizieremo a definirci “europei”, allora i tempi
saranno maturi per una vera integrazione economica e
politica dell’Europa.
Che è condizione necessaria per poter mettere in atto i
successivi passi del processo di integrazione
economica.
CHAPTER 16
Government Debt and Budget Deficits
117
COSA ABBIAMO IMPARATO
1. Che cos’è l’Unione Europea, dal punto di vista
economico.
2. Che bisogno c’era di andare oltre e costruire
un’unione monetaria.
3. Costi e benefici di un’unione monetaria (Teoria
delle Aree Valutarie Ottimali)
4. Come fu costruita l’Unione Monetaria Europea (I
parametri di Maastricht)
5. Che bisogno c’era di un coordinamento fiscale
(Patto di Stabilità e Crescita) dopo aver costruito
l’UME.
COSA ABBIAMO IMPARATO
5. Che cos’è accaduto dal 2010 in poi: la crisi
dell’euro
6. I rimedi temporanei messi in campo finora.
7. Le soluzioni strutturali attualmente in discussione.
CHAPTER 1
The Science of Macroeconomics
119