Scenario macroeconomico IL DEF E L’ATTUALE FASE ECONOMICA la ripresa internazionale e' tutt'altro che solida. L'intero paradigma di politica economica, sia in Italia che in Europa, deve essere cambiato di Alberto Berrini Il DEF fissa la cornice macroeconomica su cui impostare la prossima legge di stabilità e l’intera strategia di politica economica nel triennio 2015-2017. Non si tratta solo di prendere atto dei “grandi numeri” dell’economia italiana o sbilanciarsi in previsioni (più o meno ottimistiche o più o meno ispirate alla cautela) ma piuttosto questa cornice segnala “l’interpretazione” che l’Esecutivo dà della fase economica in atto. Il documento nella sostanza sancisce il definitivo aggancio alla ripresa economica da parte del nostro Paese, lasciandosi definitivamente alle spalle la “falsa partenza” del 2014 (PIL - 0,4%). Pur probabilmente sottostimando la crescita del PIL per il 2015 (+ 0,7%) si prevede un’accelerazione della stessa nel 2016 (+ 1,4%) e nel 2017 (+ 1,5%). Se le previsioni di crescita per il 2015 sono sicuramente attendibili, diventa più problematico credere che il PIL italiano potrà addirittura raddoppiare nel 2016 (+ 1,4%). Dal DEF non emerge infatti alcuna indicazione, diretta o indiretta, di manovre indirizzate a colmare il vuoto di domanda interna (consumi e investimenti) che invece rappresenta l’ostacolo maggiore sulla strada della ripresa. Un ritardo in questa direzione potrebbe costare caro. Il nostro sistema economico è ancora debole e stremato dagli effetti della crisi. Si tratta senza indugio di cogliere appieno le opportunità derivanti dai primi segnali di una pur timida ripresa. Sono necessari importanti sforzi dal lato dei consumi (con tagli fiscali a favore delle categorie meno abbienti) ma anche e soprattutto rivedere la politica degli investimenti, che vede quelli pubblici in continua contrazione. In realtà su questo punto il DEF è purtroppo assai chiaro quando afferma testualmente: “il contributo decisivo all’accelerazione del ciclo economico verrà dalla domanda estera”. Ma quest’ultima è figlia di condizioni favorevoli congiunturali che possono non perdurare. (Basso prezzo del petrolio; politiche monetarie ultraespansive). La ripresa internazionale sembra infatti tuttaltro che solida e appare al contrario assai lenta come sottolineato da molti (da ultimo il FMI). Inoltre è la stessa crescita “potenziale” (ossia quella che si otterrebbe utilizzando appieno i fattori produttivi) a rimanere lontana dai livelli pre-crisi. In Europa ciò significa ipotizzare un tasso “naturale” di disoccupazione (ossia un tasso di disoccupazione in presenza di una crescita al suo potenziale) attorno al 10%. Qui l’analisi congiunturale lascia spazio a quella strutturale. Ed essa suggerisce che è l’intero paradigma di politica economica che, sia in Italia che in Europa, deve essere cambiato. Il limite di questo DEF è che sembra indicare per l’Italia un modello economico basato sulle esportazioni proprio mentre dall’economia globale vengono segnali di rallentamento sia congiunturale che strutturale. In ogni caso trovare uno spazio economico nello scenario della competizione internazionale implica un progetto di politica industriale, in particolare rivolto all’innovazione, di cui per ora non c’è traccia in nessun documento né atto dell’odierno Esecutivo.